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Subject: [icdsm-italia] Diamo a Milosevic quel che e’ di Milosevic
Date: March 21, 2006 10:03:03 AM GMT+01:00
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http://www.resistenze.org/sito/te/pe/ed/peed6c19.htm
www.resistenze.org - pensiero resistente - editoriali - 19-03-06

"Diamo a Milosevic quel che e' di Milosevic..."


di Marcello Graziosi e Enrico Vigna


Slobodan Milosevic è morto, nel corso di un processo illegale,
organizzato da un tribunale illegale nel cuore dell'Europa, senza
poter godere di alcuno dei diritti che la grande maggioranza delle
legislazioni europee riserva ai detenuti. Si discuterà forse per mesi
di infarto, suicidio, avvelenamento, ma quello che colpisce è
l'arroganza politica e "burocratica" mostrata dal Tribunale Penale
Internazionale dell'Aja, un organo del tutto illegale ed illegittimo,
creato sotto le pressioni USA e NATO e non contemplato dalla Carta
dell'ONU; un organo politico più che giuridico finanziato dagli USA e
da soggetti privati come Soros, che da anni lavorano alla
destabilizzazione di quegli stati che ostacolano i disegni
geostrategici dell'imperialismo statunitense come europeo, a partire,
proprio in queste settimane, dalla Repubblica di Bielorussia.

Il TPI ha violato nelle sue stesse procedure tutti i principi del
diritto internazionale, avendo formulato proprie leggi e propri
regolamenti, modificabili nel corso dei procedimenti con la sola
delibera del suo Presidente o del Procuratore; avendo la facoltà di
rifiutare a proprio arbitrio gli avvocati od i testimoni della difesa
e decretare contemporaneamente l'attendibilità di testimoni
sconosciuti e non contro-interrogabili, come di negare la
consultazione degli atti d'accusa, e via dicendo. Una moderna
Inquisizione.

La reazione stizzita della signora Carla del Ponte è comprensibile,
odiosa ma comprensibile, perché il TPI non è riuscito a piegare ed
umiliare l'imputato Milosevic, non è riuscito a scaricare sull'ex
presidente jugoslavo e sul popolo serbo le responsabilità delle tante
guerre balcaniche seguite ai disegni secessionisti di Slovenia e
Croazia. Nonostante una campagna di stampa capillare, che in questi
giorni è ripresa in grande stile, il TPI non è riuscito a riscrivere
in maniera unilaterale la storia di quegli anni terribili, fallendo di
fatto nella missione che gli era stata affidata dalle autorità di
Washington e Bruxelles. Sullo stesso processo a Milosevic, partito in
mondovisione, è calato gradatamente un silenzio impenetrabile e
misterioso da parte dei grandi mezzi di comunicazione, grazie
soprattutto alla caparbietà mostrata dall'imputato nel difendersi e
nel contrattaccare. Il solo rimpianto è non poter vedere Clinton, la
signora Albright, Solana, D'Alema, Fischer e tanti altri protagonisti
esterni delle tragedie jugoslave alla sbarra.

Sono stati spesi milioni di euro, è stata setacciata mezza Serbia in
una gigantesca caccia alle streghe, sono state prodotte decine di
milioni di pagine di atti di accusa, sono stati ricattati e minacciati
testimoni, imputati, avvocati nel tentativo di ostacolare la verità.
Nonostante questo, dopo quasi 5 anni, a 37 ore dalla fine del
dibattimento, Milosevic è morto ed il Tribunale si è trovato con un
pugno di mosche in mano. L'impianto accusatorio, che conteneva
evidenti elementi di strumentalità sul piano politico, non ha retto al
confronto con l'ex presidente, deciso a difendersi fino alla fine, a
sostegno del quale si sono mobilitati avvocati e giuristi
internazionali, accademici del diritto, giudici, deputati europei e di
diversi altri paesi del mondo. Alcuni, come Ramsey Clark, ex ministro
della Giustizia USA e tra i fondatori nel 2001 del "Comitato
Internazionale per la Difesa di Slobodan Milosevic", non si sono
schierati sulla base di simpatie partitiche ma come un atto di
resistenza e di giustizia contro l'arroganza e la cancellazione
progressiva del concetto stesso di diritto internazionale, come fin
qui riconosciuto a partire dalla Carta dell'ONU, da parte degli USA e
della NATO. E' del tutto evidente che la sentenza a carico di
Milosevic era già stata emessa all'inizio del processo, e nessun
elemento eventualmente emerso nel corso del dibattimento avrebbe
potuto modificare questa condizione: i finanziatori del Tribunale
hanno pagato per ottenere la condanna politica di Milosevic e degli
altri imputati serbi. Punto e basta.

Il 30 ottobre 2005 lo stesso Milosevic ha osservato con grande
realismo: "...se questo Tribunale per quanto illegale, riesce anche a
ignorare le falsità clamorose contenute negli atti di incriminazione…
tanto vale che leggiate la sentenza contro di me, la sentenza che
siete stati istruiti ad emettere… Se la Corte non si rende conto
dell'assurdità del rinvio a giudizio letto ieri in aula, dove si
sostiene che la Jugoslavia non è stata vittima di un attacco della
NATO, ma ha aggredito sé stessa, è consigliabile risparmiare tempo e
passare direttamente alla sentenza. Leggetela e non mi annoiate...".

Su una cosa, per la verità, sussistono pochi dubbi: la morte di
Milosevic è avvenuta alla vigilia di avvenimenti che potrebbero
incendiare di nuovo l'intera penisola balcanica, alla vigilia di
nuove, probabili mortificazioni ed umiliazioni per il popolo e la
nazione serbi, mentre emergono con sempre maggiore nettezza le enormi
responsabilità dei contingenti di occupazione NATO e dei rispettivi
governi. Il 21 maggio il Montenegro voterà il referendum per la
probabile secessione dalla federazione con la Serbia, completando così
il quadro di disgregazione dei territori della ex-Jugoslavia, mentre
tra pochi mesi il Kosovo potrebbe non essere più nemmeno formalmente
una provincia autonoma serba. Un duplice, ulteriore schiaffo per un
popolo che ha subito più di ogni altro la disgregazione della
ex-Jugoslavia, vittima di un embargo terrorista, di 78 giorni di
pesanti bombardamenti, di un vero e proprio colpo di stato (ottobre
2000) con rischi concreti di guerra civile. Un popolo che ha sofferto
e pagato duramente le politiche imperialiste di espansione ad est
della NATO e del "blocco occidentale" dalla metà degli anni '80 del
secolo scorso ad oggi. Nel 1984 gli Stati Uniti hanno deciso di
sfruttare le contraddizioni e le debolezze di quella che era la
Repubblica Socialista Federale Jugoslava per liquidare, a qualsiasi
costo, il "socialismo di mercato" come parte di quell'offensiva che
avrebbe travolto anche l'Unione Sovietica e l'intero blocco
socialista. Non sono stati i serbi a destabilizzare la Jugoslavia ed a
muovere guerra a sloveni e croati, pur potendo essere discutibili
alcune scelte operate dallo stesso Milosevic a partire dal 1989,
quando però altri e più pericolosi nazionalismi erano cresciuti grazie
a potenti appoggi esterni. Per conferma basterebbe chiedere tanto
all'attuale presidente croato Mesic, tra gli autori della famigerata
"Operazione Tempesta", un'operazione in grande stile contro le
popolazioni serbe e rom residenti in Croazia, quanto, se fosse ancora
in vita, all'ex presidente bosniaco Izetbegovic, musulmano
secessionista, criminale di guerra e stretto alleato dell'Occidente.

Nessuno si ricorda dei serbi di Kraijna e Slavonia, delle vittime
civili serbe di Srebrenica. Nessuno si ricorda di Fikret Abdic, che ha
combattuto con le sue forze musulmane nella Zapadna Bosna a fianco
dell'Armata Jugoslava contro i secessionisti di Izetbegovic. Nessuno,
oggi, difende i serbi che tentano disperatamente di sopravvivere nelle
enclavi kosovare dopo la pulizia etnica subita dai fascisti dell'Uçk,
amici ed alleati della NATO?

Nei Balcani si staglia il profilo politico dell'Unione Europea,
imperialista e subalterna agli USA, forte con i deboli e debole con i
forti. Un'Europa che ha fatto la scelta strategica di sostenere a
piene mani le forze e le istanze più reazionarie.

Se, da una parte, la Croazia governata dai nipotini di Pavelic,
Stepinac e del "padre della patria" Tudjman, che ha le maggiori
responsabilità nelle guerre che hanno insanguinato la ex-Jugoslavia
(dalla cacciata dei serbi, al intervento diretto nel conflitto
bosniaco, alle politiche di assimilazione in Erzegovina), potrebbe
negoziare l'ingresso nell'Unione Europea, dall'altra la Serbia,
nazione nemica dell'Occidente, è destinata a subire un nuovo scacco,
l'ennesimo.

Milosevic muore all'Aja, mentre le bande fasciste del criminale di
guerra Ceku governano il Kosovo e si rendono protagoniste di una
spietata pulizia etnica, nel silenzio assordante di tutte le
istituzioni ed organizzazioni europee ed internazionali, a danno di
tutti coloro, anche albanesi, che tentano di contrastarne l'egemonia.
Non la pulizia etnica utilizzata per giustificare la "guerra
umanitaria" della primavera 1999, vera come le armi di distruzione di
massa di Saddam (a partire dalla supposta strage di Racak, una sorta
di "reality show" allestito ad uso e consumo delle titubanti opinioni
pubbliche occidentali), ma un vero e proprio progetto di annullamento
dell'identità nazionale serba e multietnica nella provincia. Una
politica apertamente fascista sostenuta dalla NATO, così come un
futuro Kosovo indipendente segnerebbe senza alcun dubbio una vittoria
postuma per Mussolini ed il fascismo italiano. Una vergogna,
un'infamia della quale dovrebbero rispondere davanti al mondo tutti i
governi europei, incluso il governo D'Alema.

Non è su questa strada che si potrà costruire un futuro di pace in
questa tormentata e tribolata parte di Europa. Nuovi rancori sono
destinati a covare sotto la cenere, con esiti potenzialmente
drammatici per l'intera comunità internazionale.

Pristina, Podgorica, la stessa Albania "democratica e moderna" sono
diventati il centro di ogni sorta di traffici illeciti, dalle armi
alla prostituzione, dalla droga all'immigrazione clandestina, alle
sigarette (chi ricorda la fatidica "retata" della polizia a Napoli con
arresto dell'allora ministro degli esteri montenegrino?), ma le
istituzioni europee preferiscono concentrarsi sulla destabilizzazione
"umanitaria" di Bielorussia e Transnistria, nel tentativo di portare a
termine l'ennesima umiliazione per la Russia. Uno dei tanti strumenti
per far sapere a Putin che disturbare il manovratore è rischioso.

Milosevic ha disturbato il manovratore, ha tentato di impedire la
penetrazione imperialista nei Balcani ed ha pagato con la vita. Dopo
aver tentato di fermare la disgregazione della federazione jugoslava,
funzionale ai disegni di Stati Uniti ed Unione Europea, Milosevic ha
evitato di prendere parte direttamente alla guerra in Bosnia
(contrariamente all'esercito fascista croato), ricoprendo un ruolo
importante nella chiusura degli Accordi di Dayton, sottoscritti anche
facendo pressioni sui serbi di Bosnia.

Nonostante questo, l'ex presidente jugoslavo continuava ad essere
definito "macellaio".

Egli ha tentato di governare il proprio paese (la "mini" Jugoslavia),
il solo multietnico dell'area, perseguendo un modello di sviluppo
originale, in grado di salvaguardare la transizione al mercato con
l'intervento pubblico in economia ed un forte stato sociale, aprendo
così un durissimo contenzioso con Fondo Monetario e Banca Mondiale.
Una "mini" Jugoslavia sovrana, con una collocazione autonoma sul piano
internazionale ed una marcata propensione anti-atlantica,
continuatrice della tradizione del "non-allineamento".

Una "mini-Jugoslavia" multipartitica, dove l'opposizione governava dal
1996 la maggior parte delle grandi città, inclusa Belgrado (nel
"regime" della RFJ vi erano 186 partiti legalmente riconosciuti, 78
reti televisive ed 87 radio private, il 75% delle quali finanziate
dall'occidente, oltre a decine di quotidiani di opposizione).
Nonostante questo, in Occidente Milosevic è stato e rimane un
"dittatore": una ben strana dittatura davvero quella che ha governato
Belgrado fino all'ottobre 2000.

La Repubblica Federale Jugoslava (oggi Unione serbo-montenegrina)
costituiva in realtà un'esperienza anomala, non allineata e troppo
indipendente, anche rispetto alla deriva moderata delle
socialdemocrazie europee (soprattutto occidentali), un pericoloso
precedente da cancellare con ogni mezzo. In teoria e, purtroppo, anche
in pratica: dai bombardamenti al golpe dell'ottobre 2000, benedetto
anche dalla sinistra radicale italiana (da "Belgrado ride"
all'entusiasmo per la caduta del "Muro di Belgrado"). Dall'ottobre
2000 non esistono in Serbia quotidiani o televisioni di opposizione,
mentre le condizioni di vita e di lavoro delle masse popolari sono
drasticamente peggiorate. Un gran bel risultato davvero.

Il popolo serbo ricorda in queste ore il suo ex Presidente, con lunghe
code nelle Federazioni del Partito Socialista Serbo, al Museo della
Resistenza di Tito e con veglie nelle chiese ortodosse, dalla Serbia
alle enclavi del Kosovo, alla Bosnia serba.

All'interno del quadro politico serbo si è aperto, intanto, un braccio
di ferro sulla sepoltura in patria. Contro si sono schierati i settori
più aggressivi della ex opposizione, una volta legati a Djindjic ed
oggi al presidente Tadic, filo-atlantici e legati a doppie mani
all'Occidente; a favore il presidente Kostunica esponente di una
borghesia nazionale non in sintonia con le borghesie compradore nel
cartello delle opposizioni, già frantumatosi miseramente, il quale
cerca con molte contraddizioni, almeno di difendere la sovranità e
l'autonomia della Serbia nel quadro balcanico ed internazionale,
sostenuto in questo da socialisti e radicali. Conclusione: i funerali
di Milosevic si terranno sabato 18 marzo a Pozarevac, suo paese natale.

"Io sono il vincitore morale! – ha detto Milosevic all'Aia il 30
ottobre 2001-. Io sono fiero di ogni cosa da me fatta, perché sempre
fatta per il mio popolo ed il mio paese, ed in modo onesto. Io ho solo
esercitato il diritto di ogni cittadino a difendere il proprio paese,
e questo è il vero motivo per cui mi hanno illegalmente arrestato. Se
voi state cercando dei criminali di guerra l'indirizzo non è qui a
Scheveningen (il carcere olandese dov'era detenuto, Ndt) ma al
Quartier Generale della Nato e nelle capitali occidentali, dove è
stata pianificata la distruzione del mio paese, la Jugoslavia, e del
mio popolo... Noi non abbiamo attaccato o aggredito nessuno, ma ci
hanno costretto a combattere a casa nostra, per difendere il nostro
paese e la nostra terra...
Questo abbiamo fatto e lo rifaremmo perché questa non è un'infamia ma
un onore per qualsiasi popolo e uomo...".








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IN DIFESA DELLA JUGOSLAVIA
Il j'accuse di Slobodan Milosevic
di fronte al "Tribunale ad hoc" dell'Aia"
(Ed. Zambon 2005, 10 euro)

Tutte le informazioni sul libro, appena uscito, alle pagine:
http://www.pasti.org/autodif.html
http://it.groups.yahoo.com/group/icdsm-italia/message/204

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*** Conto Corrente Postale numero 86557006, intestato ad
Adolfo Amoroso, ROMA, causale: DIFESA MILOSEVIC ***
LE TRASCRIZIONI "UFFICIALI" DEL "PROCESSO" SI TROVANO AI SITI:
http://www.un.org/icty/transe54/transe54.htm (IN ENGLISH)
http://www.un.org/icty/transf54/transf54.htm (EN FRANCAIS)