Male di Pansa

1) A PROPOSITO DEL PANSIERO, CIOÈ IL PENSIERO DI PANSA (C. Cernigoi)
2) Giampaolo Pansa: il grande bugiardo (G. Carotenuto)
3) Le strambe teorie del dott. Pansa (Istcom)
4) Il grande bugiardo contestato a Reggio Emilia (CdS / Militant)


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A PROPOSITO DEL PANSIERO, CIOÈ IL PENSIERO DI PANSA.

 

Non ho letto gli ultimi due libri di Pansa, ed ho interrotto (ho smesso perché il mio stomaco si ribellava: o era il mio animo?) la lettura del “Sangue dei vinti”, fermandomi inorridita al capitolo in cui il giornalista che rimpiange la morte di aguzzini fascisti lamenta l’esecuzione sommaria di Gaetano Collotti, pescando a piene mani per questa storia (pur senza citare la fonte) nel libro “I giorni di Caino” (Mondadori 2003) di Antonio Serena, autore che ebbe un periodo di notorietà per essersi fatto espellere dal gruppo parlamentare di Alleanza Nazionale dopo che aveva diffuso in aula il video e il libro con l’autodifesa di Erich Priebke, ed entrò poi nel gruppo parlamentare di Alternativa Sociale.
Perché mi ha fatto tanto effetto il capitolo dedicato alla fucilazione (sì, sommaria) di Collotti? Perché, e questo Pansa non lo spiega, Collotti era un sadico commissario di polizia, dirigente l’Ispettorato Speciale di PS a Trieste, organismo che causò la morte di centinaia di persone, tra esecuzioni sommarie, rastrellamenti, internamenti nei lager nazisti, od anche soltanto perché i prigionieri non sopravvivevano agli interrogatori condotti con la corrente elettrica, le bastonate e vari strumenti di tortura. Ai quali interrogatori spesso e volentieri Collotti non si limitava a dirigere le operazioni, ma ci si applicava di persona, come risulta dalle testimonianze di chi sopravvisse.
Ma allora Collotti è, secondo Pansa, un vinto, quindi una vittima, una persona per la cui fine bisogna criminalizzare la Resistenza? Ma Pansa lo sa che era un ordine emanato dal CLNAI quello di fucilare sul posto tutti i fascisti e i militari (anche i poliziotti erano militari) della RSI che non si arrendevano e venivano trovati con le armi in pugno (come fu trovato Collotti, ad esempio)?.
Immagino che Pansa, una volta visto dove tirava il mercato, si sia impegnato a fondo nello scrivere di quello che va di moda oggi, cioè che la Resistenza, dato che non va angelicata, come sostenne a suo tempo Bertinotti, di conseguenza va demonizzata: e una volta demonizzati i partigiani, a questo punto viene naturale di santificare i fascisti.
È ben vero che siamo tutti esseri umani, e che erano esseri umani sia i partigiani sia i fascisti. Detto un tanto, tagliamo la testa al toro. Chi ha preso il potere con violenza, ammazzando e torturando gli oppositori politici, il fascismo o gli antifascisti? Chi ha iniziato una guerra d’aggressione assieme alla Germania nazista contro il resto dell’Europa e del mondo, il governo fascista o gli antifascisti? La guerra e le dittature non sono un gioco, dove si vince o si perde ma si resta amici: dopo vent’anni di dittatura e cinque di guerra, il meno che possa accadere è che vi siano vendette e rese dei conti. Non è una cosa bella, ma è una cosa umana.
Vorrei ora raccontare due storie, due piccole storie minori, come piace raccontare a Pansa.
A Trieste nel 1947 sotto amministrazione angloamericana è stato celebrato un processo contro alcuni partigiani che avevano ucciso, “infoibandole”, dopo la fine della guerra, le spie che li avevano traditi, e a causa delle quali erano morti diversi loro compagni, tra i quali il padre di uno degli imputati.
Naturalmente farsi giustizia sommaria è un reato, e questi partigiani sono stati condannati.
Ma a Trieste vive anche un signore che aveva sedici anni quando è stato arrestato e torturato dai nazifascisti. Subito dopo la fine della guerra, un tribunale jugoslavo gli ha chiesto di testimoniare contro uno dei suoi aguzzini, un giovane di pochi anni maggiore di lui. Al processo vide la madre dell’imputato che piangeva, perché sapeva che il figlio sarebbe stato condannato a morte. Il torturato non se la sentì di testimoniare contro il suo torturatore, perché provò pena per la madre che piangeva, e disse che non ricordava bene.
Due storie simili, completamente diverse, dove la prima rientra nella “normalità” della vita, la seconda nelle eccezioni che trasformano una persona in un eroe, un santo. Ma non possiamo pretendere che tutti siano santi od eroi, e di conseguenza criminalizzare le reazioni (anche eccessive) di chi ha sofferto cose indicibili.
E del resto, chi siamo noi, che oggi viviamo sereni nelle nostre tiepide case, che non sappiamo cosa sia l’olio di ricino, le bastonate e le torture, che non conosciamo l’impossibilità di parlare nella nostra lingua e di dire ciò che pensiamo, noi che non abbiamo vissuto i rastrellamenti, gli incendi delle nostre case, le deportazioni ed i campi di sterminio, la fame e le esecuzioni, i genocidi, chi siamo noi per giudicare oggi chi si fece giustizia da sé, signor Pansa?

 


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Giampaolo Pansa: il grande bugiardo

E' in uscita un'altra pansata. Questa volta si chiama addirittura La grande bugia. Le sinistre italiane e il sangue dei vinti, Sperling & Kupfer, 18 euro. La grande bugia sarebbe la Resistenza. Tra lo spellarsi le mani di tutte le destre passate e presenti, basta dare un'occhiata alle lodi del Giornale o del Tempo, Pansa ha "scoperto" le vulgate antiresistenziali di destra ed estrema destra. Le ha fatte proprie, pretende che siano verità rivelate e dogmi di fede. Le spaccia come frutto di un proprio cammino di purificazione e intima alla sinistra, alla comunità scientifica, a chiunque si sia occupato con professionalità e dedizione della guerra di Liberazione negli ultimi sessant'anni di ammetterlo: erano tutte balle inventate dai comunisti.


Per Pansa va buttato nella spazzatura il lavoro di sessant'anni di decine di storici professionisti. Ventila tra le righe che fossero tutti pagati dal Cremlino e che per esempio a Torino nel 1943 non ci siano stati scioperi, nessuna insurrezione nel 1945, "a noi c'hanno liberato l'americani" e chi ricorda anche i partigiani, ricorda male perché vuole ricordare male. Ci sciorina il suo microcosmo di Casale Monferrato dove i contadini "non ne potevano più dei partigiani razziatori" come se in Italia nel 1944 qualcuno potesse pretendere di fare la propria vita disinteressandosi della guerra e dell'occupazione.
Bisogna domandarsi se Pansa sappia per esempio chi sia Claudio Pavone, se conosca un lavoro come Una guerra civile. Saggio storico sulla moralità nella Resistenza, ripubblicato quest'anno da Bollati Boringhieri, che lo aveva pubblicato originariamente nel 1991, che già 15 anni fa faceva con rigore scientifico il punto sull'uso pubblico della Resistenza da parte della sinistra comunista, e sul rapporto con gli sconfitti che per Pansa non dovremmo più neanche chiamare fascisti. Perché chiamarli fascisti è una maniera di levare loro voce (sic!).
Forse bisognerebbe ignorare l'oramai annuale almanacco antiresistenziale di Pansa, ogni anno più gridato e grossolano, che con la scusa di dare voce agli sconfitti finisce per riabilitare le presunte ragioni di questi, e debilitare le ragioni dell'antifascismo e della stessa costituzione repubblicana. Bisognerebbe ignorare quell' "io, che pure sono di sinistra, devo ammettere che" sul quale Pansa costruisce il suo successo di vendite. Una formuletta ammiccante a destra che in conclusione vuol dire che noi eravamo uguali a loro, torturatori e torturati, occupanti ed occupati, pescecani e morti di fame, chi con il fascismo e la guerra ha fatto i soldi (eccola parte della zona grigia) e chi ha dato la vita per liberare l'Italia dal nazifascismo.
I comunisti volevano la Rivoluzione e sarebbero andati sui monti per questa. Combattere il fascismo era incidentale. Tutta la Resistenza sarebbe macchiata da questo peccato originale. Riuscire a far passare un ideale rivoluzionario, la speranza di un mondo migliore, una militanza generosa e spesso eroica, ricondotta sempre alla legalità repubblicana dai dirigenti del PCI, come un complotto criminale del quale i comunisti si sarebbero macchiati, è un'operazione di profonda malafede politica da parte di Giampaolo Pansa. Da Salerno alla Costituente e per tutta la storia del PCI, la realtà non è quella che si ostina a disegnare Pansa. La realtà è che nessuna insurrezione, nessun colpo di stato, nessuna rottura democratica è mai venuta dal PCI, né con la Resistenza, né nel dopoguerra, né successivamente, né negli anni '70 con lo stragismo e la strategia della tensione, quando proprio il PCI ha rappresentato la pietra angolare della nostra democrazia.
Ma Pansa non fa lo storico, e neanche più il giornalista. Quindi può prescindere dalla realtà storica per riprendere ogni vulgata revisionista (nel senso deleterio del termine) ed affidarsi ai peggiori umori neri di questo paese. Pansa fa il polemista, non deve dimostrare una sola parola di quello che dice, e infatti non la dimostra. Gli basta appoggiarsi alla rivisitazione delle sue memorie giovanili per scegliere la sua redditizia nicchia di mercato e vendere in quella fetta di pubblico recettiva, nella quale si accomunano le destre di sempre e quelle sinistre che hanno capito come va il mondo. Se le penne di destra, fasciste e postfasciste, i Veneziani, i Tarchi, non hanno né credito né credibilità per scrivere bestseller antiresistenziali, un Pansa, spacciandosi come uomo di sinistra, ha il fisico del ruolo.
E Pansa si presta volentieri; oramai di mestiere fa la velina della vulgata antiresistenziale. Come le veline mostrano tette e curve così Pansa mostra il partigiano cattivo e il fascista che "c'aveva diritto di essere fascista" come l'italiano del 2006 ha diritto di essere xenofobo. Il Pansa antiresistenziale perché oggi la resistenza non va più di moda, rappresenta il peggior trasformismo di questo paese. Pansa, come pure le veline, mostrano ai loro rispettivi pubblici quello che vogliono vedere: tette, curve, partigiani cattivi e fascisti innocui. Non importa che veline e fascisti -ognuno nel suo specifico- siano il peggio di questo paese: hanno mercato.


=== 3 ===

ISTITUTO DI STUDI COMUNISTI
KARL MARX – FRIEDRICH ENGELS

Le strambe teorie del dott. Pansa

Le tesi di fondo di Pansa sono due.
1. l'Italia è stata liberata dagli Americani,
2. i fascisti erano i italiani che combattevano in difesa di … al
pari di altri italiani che combattevano
per .. .
Non dice però in difesa di che i fascisti e per cosa gli altri:
dimenticanze.
La Resistenza in sé è un mito e se episodi vi sono stati sono stati
stupri, violenze, eccidi, crimini.
Questo significa che l'avanzata americana è avvenuta scontrandosi
con i fascisti ed i nazisti e quindi parte dei morti americani in
Italia sono stati uccisi dai fascisti.
I fascisti, quindi, erano i nemici degli americani.
Che fa Pansa si mette contro gli Usa?
L'esaltazione, la difesa dei fascisti è allora lo stare dalla parte
dei nemici degli Usa, contro l'operato degli americani in Italia nel
periodo 1943-45. Ma tale tesi si oppone all'altra tesi, sostenuta
nel libro, secondo la quale l'Italia è stata liberata dagli
americani; avrebbe dovuto dire " occupata" dagli americani e non "
liberata". Se " liberata", siamo stati liberati anche dai fascisti.
I fascisti sono allora quelli che occupano e che devono essere
cacciati per poter liberare l'Italia e chi si oppone è nemico
dell'Italia stessa, che deve essere liberata.
I fascisti non sono nemici dell'Italia e degli americani, non hanno
ucciso soldati americani che lottavano per liberare l'Italia, se e
solo se i fascisti non vi si sono opposti. Ed in questo caso i
fascisti come entità storica nel periodo 1943-45 non esistono.
Esistono allora solo i tedeschi che si oppongono all'avanzata
americana in Italia.
Diventano allora falsi i comunicati dei fascisti di Salò, falsi i
comunicati tedeschi in Italia, i comunicati delle SS tedesche, e dei
vari stati maggiori di divisioni tedesche sui " Banditi", ossia i
Partigiani. Che cosa sono prove fabbricate a Mosca?
Se questi comunicati sono falsi, e quindi i Partigiani non
esistevano come entità militare e storica, cosa sono i fatti delle "
fosse Ardeatine", " Marzabotto", ecc. ecc. ecc.? Ovviamente
Cefalonia è attacco della marina sovietica contro gli italiani, ecc.
ecc. ecc. !
Se tutti questi fatti e comunicati sono veri, allora sono veri i
Partigiani, la Resistenza e con essi i fascisti ed i nazisti che in
blocco operavano contro l'Italia e gli americani.
Ancora.
La tesi di Pansa è in assoluta opposizione al Codice
Militare di Guerra ( l'Italia in quel periodo era in guerra, almeno
questo Pansa lo concede? ) e l'azione dei fascisti si configura,
secondo il Codice Militare di Guerra, come alto tradimento,
intellezione con il nemico, collaborazione con le truppe nemiche che
occupano il suolo d'Italia, punito con la fucilazione sul posto.
L'Italia l'8 settembre. 1943 stipula la resa alle truppe anglo-
americane e nelle clausole della resa vi era la partecipazione
dell'Italia alla guerra contro la Germania ed il Giappone.
L'esercito italiano, l'Italia è così schierata in campo con gli
anglo-americani e contro la Germania. La 2a guerra mondiale vede
adesso da un lato: sovietici, anglo-americani, francesi, canadesi,
ecc. e tedeschi e giapponesi. Questi sono dall'8 settembre gli
schieramenti in campo, queste le alleanze.
Questo determina ipso facto che qualsiasi rapporto di amicizia,
sostegno passivo o non riferimento alle autorità di azioni e notizie
in possesso circa i tedeschi si configura come tradimento e
qualsiasi sostegno o solo notizie a tedeschi come azione di
spionaggio, collaborazione, attiva azione militare. Il Codice
Militare di Guerra prevede fino alla fucilazione sul posto per
spionaggio ed azione militare con il nemico; l'accusa e
consequenziale condanna è per TRADIMENTO.
{ Il Codice Militare di Guerra è uguale in tutti i paesi. }.
Ancora.
Posta vera la tesi di Pansa non si comprende il Trattato
di Pace che riconosce all'Italia lo status di Paese belligerante e
quindi le favorevoli condizioni di pace.
Al tavolo delle trattative sarà la sola Gran Bretagna che vi si
opporrà, ricusando le clausole dell'accordo dell'8. settembre e si
farà strenua sostenitrice di pesanti condizioni di resa e
mutilazioni territoriali. E sarà solo la posizione dura,
inconciliabile, dell'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche,
U.R.S.S., che costringerà gli Usa a spostarsi sulle posizioni
dell'Italia paese belligerante, ed opponendosi alla Gran Bretagna,
isolerà Churchill, imponendogli il riconoscimento all'Italia di
Paese belligerante.
Adesso delle due l'una:
o De Gasperi, che rappresentava l'Italia al tavolo delle trattative
di pace, doveva essere un gran buffone se si oppone alla Gran
Bretagna e porta a sostegno del dover riconoscere all'Italia lo
status di paese belligerante le azioni militari della Resistenza, le
dichiarazioni degli Stati maggiori delle varie divisioni anglo-
americane e dei generali inglesi ed americani e tutti gli altri
dovevano proprio essere il concentrato della fessaggine se si sono
bevuti le panzane di De Gasperi,
oppure Pansa mente spudoratamente.
Per quanto attiene, infine, la riconciliazione.
Esiste un ben preciso atto dello Stato italiano a firma del Ministro
di Grazia e Giustizia, Palmiro Togliatti, che va sotto il nome di
Amnistia ed approvato dal Parlamento della Repubblica Italiana,
proprio, e specificamente, in riferimento al tradimento contemplato
nel Codice Militare di Guerra.

Pansa sostiene che il suo intento è quello di dare voce ai
vinti, di volersi mettere dalla parte dei vinti.
Cosa questa del tutto legittima ed utile per avere la doppia visione
di quel periodo, per capire come venivano lette le cose dall'altra
parte, " oltre la collina".
Questo metodo d'indagine è stato applicato in maniera magistrale, e
ne costituisce metodo nuovo d'indagine specie nel campo della
Scienza Militare, da Liddel Hart, il " Clausewitz del XX secolo",
fine stratega, ideatore assieme ad altri della tattica militare "
avanzata a fiume in piena", che consiste nella combinazione
dell'azione militare della fanteria e dell'aviazione e del nuovo
ruolo dei carri armati, come la nuova cavalleria, che sarà poi posta
a base della tattica militare del III Reich ed il cui massimo
esperto nazista fu Guderian. I generali e gli ammiragli nazisti
erano prigionieri degli Alleati e questo permise a Liddel Hart di
interrogarli. Le campagne di Francia, dell'Urss, d'Africa, dei
Balcani vengono ripercorse nella particolarissima ottica, passata al
vaglio di un oggettivo filtro critico, dell'esercito sconfitto.
Il testo di Liddel Hart è " Storia di una Sconfitta" ( Bur editore ).
Testo poderoso, che a distanza di cinquant'anni ancora ci si ritorna
per questioni di metodo, oltre che come strumento di lavoro di
indagine sulla 2a guerra mondiale.
Ma non costituisce in alcun modo giustificazione o una qualche
accettazione o una qualche legittimazione dell'operato nazista. Le
responsabilità non vengono affatto attenuate e meno che mai
controbilanciate da responsabilità vere o presunte degli Alleati nel
corso della guerra. L'azione di Hart è sempre presente ed interviene
come filtro critico, giacché egli stesso è in grado di ben intendere
e filtrare quanto la parte " interessata" nazista ha interesse a
presentare.
Ed in questo modo, effettivamente i vinti hanno voce, ed i vinti
concorrono alla comprensione dei processi avvenuti ed i vinti
concorrono all'elaborazione della scienza militare, giacché ci si
arrichisce di una importante esperienza: la lettura delle due
angolazioni di lettura di uno stesso processo ed il seguire il fatto
stesso seguendo le due angolazioni di lettura costituisce un
importante bagaglio di esperienza teorica.
Ben altra cosa da Pansa.
Avrebbe avuto a disposizione, se il suo vero intento era quello di
dare voce ai vinti, un vasto materiale teorico, una salda struttura
teorica e metodologica e documentale su cui poggiare le ricerche,
gli studi.
E così anche da questo versante Pansa fallisce, naufraga.
E tutto si configura come operazione ideologica, che si è cercato di
imbellettare, di vestire a festa, ma si presenta come prodotto
genuino, sincero delle altezze a cui riesce a giungere la piccineria
provinciale dell'intellettualità italiana, i " Franza o Alemagna,
basta che se magna" e che ben ha fermato Antonio Gramsci, ne " I
quaderni dal Carcere – Gli Intellettuali".
Il lavoro di Pansa non ha così alcuna sostanzialità teorico-storica
e meno teorico-metodologica e si configura unicamente come ideologia.
Ed in verità è tanto smaccato tale progetto che oramai ogni
tentativo è infantile e sguaitamente evidente:
l'attacco alla Resistenza è l'attacco alla Costituzione.
Si denigra, sminuisce, attacca, calunnia, mistifica la Resistenza
per poter poi attaccare la Costituzione.
Hanno perso il referendum e ci riprovano!
Tutto qui.

istcom
giovedì 12 ottobre 2006
istcom @...


=== 4 ===

 

Reggio Emilia, pugni e schiaffi alla presentazione del libro.
Lo scrittore: disonorate la Resistenza Skinhead di sinistra e partigiani, rissa per Pansa Calci e pugni, lo scrittore: disonorate la Resistenza

Giampaolo Pansa
REGGIO EMILIA — È la prima presentazione de «La grande bugia. Le sinistre italiane e il sangue dei vinti», il libro in testa alle classifiche. Giampaolo Pansa ha scelto Reggio Emilia, «città di misteri, terra del triangolo della morte», e ha invitato il cronista del Corriere a intervistarlo. L’autore esordisce rievocando quanto è accaduto un anno fa, in questa stessa sala dell’hotel Astoria, al termine della presentazione del suo penultimo libro, «Sconosciuto 1945». «Si alzò un signore sulla sessantina e disse: "Io non mi sento un cittadino di serie A. Sono solo un cittadino di serie B. Perché da sessant’anni cerco le ossa di mio padre, e non le ho ancora trovate».
In quel momento nella sala entra un giovane dalla testa rasata, scaraventa una copia de «La grande bugia» sul tavolo, si avventa contro Pansa e urla: «Io sono un cittadino di serie A, e lei ha scritto un libro infame per fare soldi sulle spalle della Resistenza! ». Entrano di corsa venti giovani dei centri sociali, alcuni di Reggio, altri venuti da Roma. Lunghi capelli con le treccine, pugni chiusi. Occupano la sala, srotolano striscioni rossi con le scritte «Revisionisti assassini» e «Ora e sempre Resistenza», cantano in coro «Bella Ciao».
La sala è strapiena, e ognuno reagisce a modo suo. Un gruppo di ragazzi di destra si scaglia contro i contestatori, tenta di strappare le bandiere rosse, volano spintoni e insulti. Ma pure alcuni ex partigiani si ribellano: «Siamo comunisti da cinquant’anni ma siamo qui per ascoltare Pansa, se non lo fate parlare siete peggio dei fascisti!». Altre botte, altri insulti. Dalla prima fila, dove siedono tra gli altri il direttore della Mondadori Gian Arturo Ferrari, quello della Sperling Marco Ferrario, Paolo Pisanò, l’avvocato Odoardo Ascari e l’editorialista di Repubblica Edmondo Berselli, alcuni si alzano per stringersi attorno a Pansa, che però rifiuta di abbandonare la sala: «Sono qui per incontrare i miei lettori reggiani e non mi lascerò intimidire da un gruppo di intolleranti».
Il cronista del Corriere tenta di convincere i più disponibili al dialogo a leggere un comunicato e andarsene. «La sala è occupata, sarete voi ad andarvene! ». Altri cori di Bella Ciao, minacce, tafferugli con i fotografi. Vengono distribuiti volantini: «Pansa prezzolato/ con l’infamia c’hai speculato». Dalla sala ritmano: «Libertà! ». I ragazzi dei centri sociali urlano: «Viva i fratelli Cervi! Viva Giorgio Bocca!». Coro di «buuu». Pansa tenta di farli ragionare: «Non state rendendo un servizio alla memoria dei partigiani». Alla fine arrivano tre volanti della polizia e la sala viene sgomberata.
Lungo applauso per Pansa, che a tarda sera può cominciare a parlare. «Sono contento di quanto è avvenuto. Perché indica di quale carica d’odio sia intrisa la vita pubblica italiana, e quanti pregiudizi ideologici facciano velo al dibattito libero sulla storia. L’importante è comportarsi come abbiamo fatto noi stasera: restare calmi, non lasciarci intimidire, e rendere ognuno libero di esprimere la sua opinione. Loro, e noi».

 

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CONTESTAZIONE A PANSA - COMUNICATO MILITANT

 



by Militant Tuesday, Oct. 17, 2006 at 4:18 PM
mail:

 

Iniziativa a Reggio Emilia contro il libro di Pansa

download PDF (1.1 mebibytes)

Dedicato ai fratelli Cervi e a Lauro Ferioli, Ovidio Franchi, Emilio Reverberi, Marino Serri e Afro Tondelli.

Ieri, Lunedì 16 ottobre a Reggio Emilia abbiamo contestato pubblicamente la presentazione del nuovo libro di Giampaolo Pansa “La grande bugia”. Ritenevamo fosse doveroso sacrificare una giornata di lavoro o di studio e sobbarcarci oltre quattro ore di viaggio e cinquecento chilometri per cercare di impedire quello che credevamo e crediamo sia un vero e proprio sfregio alla memoria della nostra Storia. Dalla pubblicazione de “Il sangue dei vinti” il dottor Pansa ha sempre scelto Reggio Emilia come luogo di partenza per la presentazione della sua pubblicistica revisionista. La sua è stata una provocazione voluta e dichiarata, proprio nella città che lui considera l’epicentro del “triangolo della morte” convinto che anche questa volta non avrebbe trovato nessuno a contestarne le tesi. La nostra iniziativa, alla luce di quanto pubblicato e trasmesso dalla stampa, ha evidentemente colpito un nervo scoperto. E’ opportuno, a questo punto, fare chiarezza su quanto accaduto realmente ieri sera all’Hotel Astoria Mercure.
La presentazione si è aperta alle 21,15 con l’introduzione del giornalista del Corriere Aldo Cazzullo; il quale dopo aver affermato di condividere il 95% di quanto detto e scritto da Pansa si è soffermato, tra l’ilarità complice della sala, sull’incapacità della sinistra di “disturbare” iniziative come quella che era in corso. Al momento di passare la parola all’ospite della serata, come convenuto, uno di noi si è alzato e dirigendosi verso la presidenza ha riconsegnato polemicamente la propria copia de “La grande bugia”. Quello era il segnale. Nello stesso momento infatti, da diverse parti della sala i compagni si sono alzati urlando Viva la Resistenza, Viva i Partigiani e hanno rapidamente occupato il palco srotolando uno striscione su cui campeggiava la scritta “Triangolo rosso? nessun rimorso”. La platea, tutt’altro che bipartisan, ha cominciato ad inveire contro di noi rispolverando saluti romani, inni al duce e nostalgiche marcette ( evidentemente è questo il pubblico a cui si rivolge il dottor Pansa). Ne è seguito un patetico tentativo di scipparci lo striscione subito rientrato di fronte alla nostra reazione decisa. Nel caos generatosi abbiamo comunque trovato il tempo per regalare al dottor Pansa un libro di storia per bimbi “Il mio primo libro di storia” consigliandogli di approfondire le sue conoscenze.
L’azione si è protratta per altri venti minuti tra canti partigiani e di lotta che hanno finito col sovrastare gli ormai flebili “Viva il Duce” pronunciati a distanza di sicurezza da alcuni giovani virgulti di Alleanza nazionale.
All’arrivo di Polizia e Carabinieri abbiamo deciso di avere abbondantemente raggiunto il nostro scopo e dopo l’inevitabile identificazione siamo ripartiti alla volta di Roma non senza aver brindato alla riuscita dell’iniziativa.
Ci preme, per concludere, correggere alcune inesattezze riportate da Aldo Cazzullo ( inesattezze dovute al fatto che il sopra citato ha pensato bene di dileguarsi immediatamente dopo il nostro arrivo):
• Non è stato esposto alcune striscione con scritto “Revisionisti assassini” (anche se ne avremmo condiviso il contenuto).
• Non c’è stata da parte nostra nessuna aggressione.
• Portare i capelli corti non significa necessariamente essere uno “skinhead di sinistra” (a cui comunque vanno i nostri saluti)
• Non c’era alcun partigiano tra i presenti ad insultarci, solo un sedicente comunista “da ben 55 anni” che evidentemente non aveva letto il libro, visto che i comunisti ne sono i principali bersagli.

Questo è il comunicato ufficiale della Militant rispetto a quanto accaduto il 16 ottobre, qualsiasi altro commento o dichiarazione non ci appartiene.
Saluti resistenti

Roma, 17 ottobre 2006