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Regime Titino e Democrazia Italiana

A PROPOSITO DI REGIMI

Nel corso di una tavola rotonda sul tema della “informazione di
frontiera”, organizzata a Trieste con la partecipazione del direttore
del “Manifesto” Gabriele Polo, abbiamo sentito il giornalista, nonché
noto esponente politico sloveno di etnia italiana Franco Juri,
esprimere il seguente concetto, che noi sintetizziamo per renderlo
più chiaro: per fortuna che il “regime titino” aveva garantito a noi,
minoranza italiana in Jugoslavia, determinati canoni di tutela che
noi abbiamo poi potuto far valere, in termini di diritti acquisiti,
perché la democrazia non ce li avrebbe sicuramente concessi.
Dunque secondo Juri il “regime titino” (negativo, si suppone, in
quanto “regime” che andava cambiato) aveva garantito ad una
componente della popolazione diritti civili di tale portata che non
sarebbero state garantite da quella “democrazia” per la quale tutta
la “dissidenza” jugoslava aveva lottato, arrivando al risultato
finale di sfasciare la Jugoslavia, portare il libero mercato nelle
repubbliche indipendenti (con la conseguente eliminazione di buona
parte dello stato sociale garantito prima dal “regime”, come accade
in quasi tutte le “democrazie” del mondo capitalista, fatti salvi
pochi casi come la Danimarca), ed avere portato in alcune di queste
anche la guerra civile. Ci chiediamo a questo punto cosa intenda Juri
per “regime” e cosa intenda per “democrazia”, e cosa abbia di più
positivo, rispetto ad un “regime”, una “democrazia” che non riconosce
ai propri cittadini gli stessi diritti che gli garantiva il deprecato
“regime”.
Ma è un concetto generale (non solo di Franco Juri) che la Jugoslavia
fosse stata un “regime”, nonostante sia riconosciuto che aveva
garantito cinquant’anni di pace, di stato sociale, di diritto allo
studio e di riconoscimento alle minoranze etniche.
Ora, ci chiediamo, cosa distingue un “regime” da una “democrazia”? Il
“regime titino” garantiva diritti alle minoranze etniche, mentre dopo
sessant’anni la “democrazia” italiana deve ancora decidere in quali
termini la comunità slovena della nostra regione possa godere di una
legge di tutela. Nella “democratica” Italia è accaduto che un
anarchico sia precipitato dal quarto piano della questura di Milano,
senza che su questa tragedia sia mai stata fatta chiarezza, così come
non è mai stata fatta chiarezza, essendo stato invocato il segreto di
stato, su varie stragi, da piazza Fontana ad Ustica. Il “regime
titino” ha prodotto i campi di prigionia di Goli Otok dove i
prigionieri politici venivano maltrattati, umiliati e picchiati; ci
furono dei periodi, nella “democratica” Italia, quando i prigionieri
politici venivano pure sottoposti a violenze, ricordiamo lo scandalo
delle torture inflitte negli anni Sessanta agli indipendentisti
sudtirolesi, il caso del brigatista Di Lenardo che nel 1981 denunciò
le violenze cui fu sottoposto dopo il suo arresto, l’uccisione da
parte di corpi speciali di polizia del ricercato (sarebbe stato
prosciolto se fosse arrivato al processo) Pietro Greco in mezzo alla
strada a Trieste nel 1985, ricordiamo, per chiudere, cos’è accaduto a
Genova nel 2001. Ed accenniamo ancora al vergognoso comportamento di
alcuni militari in missione “di pace” in Somalia nel 1994, denunciati
per avere fatto violenza a delle donne con razzi illuminanti e
fotografati mentre applicavano elettrodi ad un ragazzo nudo. Dove lo
scandalo peggiore non è che tanto che questi abusi siano avvenuti,
quanto il fatto che i responsabili non siano stati doverosamente puniti.
Aggiungiamo infine che mentre sotto il “regime titino” il sistema
sanitario e scolastico in Jugoslavia funzionava, oggi, nell’Italia
“democratica” così come nella Slovenia “democratica”, scuola e sanità
fanno schifo ugualmente.
Abbiamo esternato parte di queste nostre riflessioni nel corso della
serata di presentazione della mostra “Jugostalgija”, cioè una mostra
sulla nostalgia per la Jugoslavia, apertasi ad Opicina il 18 agosto
scorso. Questa mostra raccoglie “pezzi di Jugoslavia”, mobili,
elettrodomestici, libri, libri di scuola, giornali, scatole di
prodotti tipici della Jugoslavia tra gli anni Sessanta ed Ottanta,
tesserini e distintivi di associazioni varie, in modo tale da
ricostruire degli “ambienti” di vita jugoslavi dell’epoca. Diciamo
subito che, fatti salvi i ritratti di Tito, le bandiere ed i libri di
testo (molto migliori dei nostri, ci si consenta...), il resto
dell’arredamento non era molto dissimile da quello delle case dei
ceti medi italiani, il che fa pensare che, quantomeno da un punto di
vista economico, sotto il “regime titino” non si stava troppo male.
Quasi tutti i relatori del convegno hanno tenuto a precisare che la
nostalgia delle popolazioni di Slovenia e Croazia va non tanto al
“regime” jugoslavo quanto alle condizioni di vita nel periodo
jugoslavo. Ma, obiettiamo noi, le condizioni di vita di un Paese,
sono determinate da chi sta al governo, lo stato sociale jugoslavo
era evidentemente garantito dal “regime titino”, e allora se era il
“regime titino” che garantiva lo stato sociale di cui hanno oggi
nostalgia gli ex-jugoslavi, perché mai non si dovrebbe avere
nostalgia anche del “regime”, se la “democrazia” fa vivere peggio?
Alle nostre riflessioni ha così risposto Giorgio Rossetti, già
europarlamentare del PCI, ora diessino: “anche la democrazia è un
regime, si tratta di capire l’uso dei termini”.
Benissimo: anche la democrazia è un regime. Perché allora si usa il
termine “regime” solo quando si sottintende dare un giudizio di
negatività ad un governo? e perché per l’Italia non si dice mai che
sotto il “regime democristiano”, abbiamo vissuto la strategia della
tensione, sotto il “regime social-craxiano” abbiamo vissuto
Tangentopoli, ed il “regime berlusconiano” ci ha portato con le
truppe in mezzo mondo, ci ha dato Genova 2001 ed ha impoverito il
Paese? ed oggi se qualcuno parla di “regime ulivista”, come viene
visto dai “benpensanti” al potere?
Noi siamo dell’opinione che la Jugoslavia è stato un esperimento, un
tentativo (non fu socialismo nella vera accezione del termine, su
questo siamo d’accordo) di governare in maniera diversa, e che è
purtroppo (e ribadiamo il purtroppo) fallito per questioni che sono
dipese relativamente dagli equilibri e dalla situazione interni;
piuttosto il suo crollo fu provocato da pressioni ed intrighi a
livello internazionale, dato che una Jugoslavia politicamente
autogestita, economicamente non sottoposta al controllo delle
multinazionali e che ricopriva un riconosciuto ruolo di paese guida
nell’ambito dei paesi non allineati, doveva assolutamente sparire nel
momento in cui veniva a crollare il sistema dei due blocchi Est –
Ovest, e si stava realizzando il sistema del Nuovo ordine mondiale
teorizzato da Bush padre.
Ma pensiamo che a distanza di tanti anni da questi eventi, almeno la
sinistra potrebbe cercare di analizzare quanto accaduto parlandone al
di là di quei luoghi comuni che hanno l’unico effetto di appiattire
la storia e di avallare la vulgata corrente che vede tutte le
“ideologie” come negative e da gettare, perché è in questo modo che
ha preso piede il vigente pensiero qualunquista che ci impedisce di
migliorare la nostra situazione di vita.

settembre 2006