( Lettre ouverte à M. Pierre Moscovici, Vice-président du Parlement européen

par Jean-Michel BERARD, Chroniqueur au mensuel B.I. Balkans-Infos,

à lire ici: http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/5513 )



L’indipendenza del Kosovo consacrerebbe
  il più nero arbitrio e aprirebbe la via ai diversi separatismi

(Elaborazione e traduzioni di Curzio Bettio di Soccorso Popolare di Padova.

Ulteriori materiali e traduzioni curate da Curzio Bettio sulla problematica kosovara e pan-albanese saranno diffusi nel corso dei prossimi giorni attraverso questa lista JUGOINFO)

 
Lettera aperta al Signor Pierre Moscovici, 
Vice-presidente del Parlamento Europeo, 
inviata da Jean-Michel Berard, cronista del mensile B.I. Balkans-Infos
 
Il 28 e il 29 marzo 2007, il Parlamento Europeo ha approvato con 319 voti contro 268 la relazione presentata dal Signor  Joost Lagendijk sul futuro del Kosovo e il ruolo dell’Unione Europea.(1). Questa relazione rappresenta una proposta di risoluzione del Parlamento Europeo che convalida le conclusioni del Signor Martti Ahtisaari, Inviato Speciale del Segretario Generale delle Nazioni Unite per i negoziati sullo statuto finale della Provincia Serba. Il diplomatico Finlandese raccomanda caldamente per Pristina una forma di indipendenza a sovranità limitata. Gustatevi l’ossimoro... Il Signor Ioannis Kasoulides, eurodeputato Cipriota aderente al Partito Popolare Europeo, si è ribellato a questa originale nozione : «Un paese indipendente è interamente sovrano, oppure non è indipendente». Tutto questo si presterebbe al sorriso, se le 14 pagine della relazione, malgrado le loro affermazioni contrarie, (specialmente al paragrafo 3 p.5), non rappresentassero una violazione specifica, quasi ad ogni comma, della Carta delle Nazioni Unite relativa alla sovranità degli Stati, dell’Atto Finale di Helsinki del 1975 sull’intangibilità delle frontiere dei paesi europei, e della risoluzione 1244 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite del 10 giugno 1999, che si rifaceva giustamente al Trattato di Helsinki per riaffermare la sovranità di Belgrado sul Kosovo e la conservazione delle sue frontiere.      
Ma gli eurodeputati Francesi hanno votato a favore di questo testo! Io fremo in anticipo per le conseguenze implicite che questo non mancherà di comportare. Bisogna accusare di ignoranza i nostri rappresentanti? No, Signor Moscovici, io non permetterò che ve ne usciate a così buon mercato. Voi, voi siete ben consapevoli!

La relazione inizia (paragrafo B, p.3) con il giustificare l’aggressione della Jugoslavia da parte della NATO, stravolgendo la cronologia degli avvenimenti per farli aderire alla propria tesi.  
L’Alleanza Atlantica sarebbe intervenuta per impedire una espulsione di massa di popolazioni civili. Questo non è esatto: voi scambiate le cause e le conseguenze. Prima del 23 marzo 1999 esistevano 2.000 persone profughe, e nel giro di qualche giorno, dopo l’inizio dei bombardamenti, un milione di Albanesi del Kosovo prese la via della fuga o fu espulso dalla Provincia dalle forze armate Serbe. 
Solamente cinque giorni prima dello scatenarsi della guerra, il 19 marzo 1999, una nota del Ministero per gli Affari Esteri Tedesco, classificata come «molto confidenziale», concludeva che la repressione Serba non era diretta contro gli Albanesi in quanto gruppo etnico, ma contro i membri dell’UCK e contro coloro che li sostenevano.(2) Questo cambia tutto: non si trattava più di purificazione etnica, ma di legittima difesa di uno Stato sovrano a fronte di una guerriglia separatista. Questa nota metteva giustamente in guardia contro un’iniziativa militare occidentale che rischiava di attirare rappresaglie contro la popolazione civile Albanese. Ed è stato precisamente questo ciò a cui si è arrivato. 
Le conseguenze, che il vostro relatore rifiuta ostinatamente di chiamare «guerra», furono 78 giorni di bombardamenti. Quindicimila tonnellate di bombe sganciate su tutto il paese, fra cui munizionamento all’Uranio Depleto pure proibito dalla Convenzione di Ginevra, vergogna flagrante rispetto alle vostre pretese umanitarie. La vostra non-guerra, violando la Carta dell’ONU, quella della NATO, la Convenzione di Vienna, di Ginevra, di Helsinki, e in via accessoria perfino la nostra Costituzione Francese, apriva nel contempo la strada all’unilateralismo, come viene praticato dagli Americani in Iraq. Gli stessi, che oggi denunciano questo, dimenticano per opportunismo di ricordarsi che loro sono stati i promotori zelanti del primitivo unilateralismo.
Voi trattate la Serbia come se al potere in questo Stato ci fosse sempre Slobodan Milosevic. Devo io ricordarvi che è stato deprivato del potere nell’ottobre 2000 e che poi è deceduto ? La Serbia è uno Stato perfettamente democratico, e, malgrado il marasma economico in cui si dibatte questo Stato, paria della vostra «comunità internazionale», per quel che concerne la sicurezza, si vive molto meglio a Belgrado che a Pristina. 
Dopo otto anni, il Kosovo è separato dalla Serbia e l’indomani radioso di plurietnismo, che voi ci avevate promesso, si fa ancora attendere. Che cos’è che vi permette di supporre che in questo territorio l’indipendenza produrrà quello che otto anni di protettorato ONU non sono riusciti a stabilire? Con la vostra « società tollerante e non segregazionista» (comma D, p.4) voi vi compiacete di parole, di un ottimismo forzato degno dell’era Brežnev. In Kosovo, la suddivisione etnica è una realtà. Che i Serbi, attualmente, abbiano una tale paura dell’indipendenza, a cui voi fate appello malgrado le vostre promesse, da esumare i loro morti e da trasportarli in ciò che resta della Serbia, per voi rimane un puro sogno! 
Dopo l’indipendenza, se voi arriverete ad impedire la secessione delle enclavi del nord della Provincia, per i Serbi otterrete al meglio delle riserve indiane, al peggio dei ghetti. Tenuto conto della Sua storia famigliare, come potete rendervi garante di tutto ciò?
   
Che ironia quella di strappare alla Serbia il 15% del suo territorio per farne uno Stato indipendente secondo criteri etnici, (il vostro famoso « 90% d’Albanesi e 10% di Serbi », formula che richiama alla mente il vergognoso abbandono dell’Europa dell’Est da parte di Churchill a Yalta), quando nel contempo vi state sfiancando per mantenere unitaria una Bosnia-Erzegovina che di multiculturale ha solo l’apparenza, dopo che le tre comunità che la compongono hanno votato per partiti nazionalisti e si voltano in modo ostentato le spalle!
Voi convalidate (commi E, F e G, p.4) le proposizioni di Martti Ahtisaari di indipendenza del Kosovo, rimettendo schiena contro schiena le due fazioni, le cui posizioni si sarebbero radicalizzate. Di fatto, voi penalizzate Belgrado per le pretese capricciose di Pristina. La Serbia ha proposto per il Kosovo « tutto, salvo l’indipendenza ». Quale paese d’Europa concederebbe una tale libertà d’azione ad una delle proprie regioni ? Le dichiarazioni radicali, voi potrete riscontrare che sono degli Albanesi del Kosovo, loro che non concepiscono null’altro che la secessione. Inoltre è il non rispetto della Risoluzione 1244 da parte della NATO e della Missione delle Nazioni Unite (la MINUK), particolarmente sul piano monetario, anche da parte dell’amministrazione controllata, e la carenza di vigilanza alle frontiere, che hanno mandato in frantumi i legami fra la capitale e la sua Provincia. Ora, come prendere a pretesto questa rottura per renderla definitiva? Come invocare (paragrafo J, p.4) la mancanza di fiducia fra le comunità e l’instabilità della situazione per proporre una fuga in avanti ? Soprattutto, quando un poco prima, (paragrafo I, p.4) voi ammettete che « le relazioni fra il Kosovo e la Serbia dovevano, essendosi venuta a creare una limitatezza di legami culturali, religiosi ed economici, essere rinforzate ». Che ragionamento assurdo ! Prima innalzate una frontiera fra la Provincia Serba e il resto del Paese, poi voi richiamate Pristina e Belgrado a rinforzare i loro legami al di sopra dei vostri reticolati!  

Il vostro relatore si felicita (paragrafo 8, p.6) della proposta  di Martti Ahtisaari che disegna «i contorni di una larga autonomia per le comunità Serbe e le altre, comportando un sostanziale grado di autonomia municipale». Traducendo, voi raccomandate l’indipendenza per la Provincia, e l’autonomia per le municipalità Serbe della Provincia. Estendere il frazionamento all’estremo, balcanizzare i Balcani, che bel programma! Vi si ritrova lo spirito della Commissione Badinter, quando, durante l’inverno 1991-1992, questa sfilza di apprendisti stregoni, non contenta di affrettarsi a siglare l’atto di morte di una Jugoslavia ancora viva, aprendo la strada all’indipendenza delle repubbliche separatiste di Slovenia e Croazia, ha esteso le sue elargizioni all’insieme delle repubbliche della Federazione, precipitando la Bosnia-Erzegovina nell’inferno che si sa.                
Signor Moscovici, state riservando la sorte della Bosnia alle disgraziate popolazioni del Kosovo? O meglio, è per la posizione strategica del Kosovo, la sola confessione sincera presente nella relazione   Lagendijk (paragrafo L, p.4), che voi desiderate prolungare il caos, pretesto ad una presenza militare Occidentale? Perché avete tanta urgenza (comma 1 p.5) di sotterrare la Risoluzione 1244 che ribadiva il diritto internazionale?
In uno strano spirito democratico, la relazione richiama i suoi desiderata (comma 4 , p.5) di un insediamento in Serbia di un governo filo Europeo. Bisogna essere ben cinici per meravigliarsi della percentuale di voto registrata dall’estrema destra nazionalista a Belgrado, perché ancora una volta questo è l’effetto specchio della vostra attitudine nei confronti del popolo Serbo: il disprezzo richiama il disprezzo. Quale altra scelta concedete ai Serbi, dei quali voi state mutilando il Paese? Dopo avere strappato alla Serbia il Kosovo, coccolerete la secessione degli Albanesi della vallata di Presevo, dei Musulmani del Sangiaccato di Novi Pazar, degli Ungheresi della Voïvodina ? Quando della Serbia non resterà altro che un riquadro per legumi, cosa credete che avverrà? Scaglierete ancora l’infamia sui Serbi che dissotterreranno i loro fucili per difendere i resti della loro casa comune?
   
Al comma 34, p.10, il Signor Lagendijk invita « i paesi confinanti a rispettare le frontiere esistenti». Bisogna che l’Europa paventi l’Anschluss del Kosovo e di una parte della Macedonia in favore dell’Albania, perché essa proibisca a questi paesi quello che lei stessa si autorizza da sola a fare: tagliare nel vivo di uno Stato sovrano, membro dell’ONU.                     
Signor Moscovici, immagini per un istante il medesimo scenario in Francia. 
La Bretagna, le Fiandre, l’Alsazia, i Paesi Baschi, l’Occitania, la Catalogna, la Corsica che reclamano una « indipendenza a sovranità limitata»... Impossibile ? E perché, dato che voi avete scoperchiato il vaso di Pandora ? Pensate voi di essere credibili nelle città-ghetto delle nostre periferie, quando voi in Francia sostenete la cittadinanza, mentre a Bruxelles agitate le bandiere delle etnie ? Bisogna scegliere: o la Repubblica, o il comunitarismo. Il secondo non è proprio solubile nella prima...   
Voi avete presente il proverbio della Romania : quando la casa del vicino va a fuoco, fa provvista di acqua. Che segnale inviate a questo membro dell’Unione Europea, che sedendo a Bruxelles dopo appena quattro mesi, assiste sbalordito nel consesso del Parlamento Europeo allo squartamento del suo vicino, quando Bucarest, con 1.620.000 cittadini di ceppo Ungherese concentrati in Transilvania, ospita anche nel suo interno un suo specifico Kosovo? Dato che voi mettete in pericolo il suo equilibrio, come potete stupirvi dei risultati prestigiosi del tribuno dell’estrema destra Corneliu Vadim Tudor, che intende « governare il paese con raffiche di mitraglia»? [Come potete stupirvi] Della crescita folgorante dell’euroscetticismo in questo paese, che tuttavia si è sottoposto a considerevoli sacrifici, dopo la caduta di Ceausescu, per riunirsi all’Europa? Dunque, non avete il timore di vedere la Romania prendere la deriva verso una nuova direzione « di anni di sconvolgimenti », di fasci e camice verdi? (3) Signor Moscovici , io leggo quotidianamente molti titoli della stampa Rumena. Dunque, conosco il vostro impegno personale per l’adesione di Bucarest all’UE. Voi conoscete la situazione e le paure che hanno prevalso a ragione del suo voto negativo alla relazione Lagendijk, a fianco della Grecia, della Bulgaria, di Cipro, della Slovacchia e della Spagna. Perché non avete avuto la bontà di rispondere alla proposta originale e costruttiva di Adrian Severin, eurodeputato Rumeno e socialista come voi?
Perché non tenete in alcun conto le doglianze di quei paesi che si oppongono al vostro piano?  Certamente che Atene e Bucarest sono alleati tradizionali di Belgrado. Ma lasciar credere che la Romania, la Bulgaria e la Grecia abbiano votato spinte da ragioni di buon vicinato con la Serbia è molto inadeguato e voi lo sapete. Cosa pensate che la minoranza Turca della Bulgaria (10% della popolazione), già di per sé abbastanza turbolenta, vada a fare attualmente? Andrete anche a macellare le frontiere Bulgare, quando le autorità di Sofia reprimeranno brutalmente le aspirazioni separatiste delle loro popolazioni turcofone? La prevedibile frattura della Macedonia, dove un abitante su tre è Albanese, non rischia forse di estendersi a macchia d’olio sul versante Greco? Atene non ha forse delle ragioni valide per contestare il vostro approccio al problema del Kosovo, Atene che ha sempre in memoria il doloroso evento traumatico noto come “disastro di Smirne”, quando nel 1922, 1.500.000 Greci dell’Asia Minore furono buttati a mare dai Turchi, che cancellavano così 2.500 anni di presenza ellenica nell’altro lato del Mare Egeo? 
E la sfortunata Cipro, che vive sotto la permanente minaccia di Ankara, che nega perfino la sua esistenza, conosce meglio di qualsiasi altro, dopo Nicosia, l’ultima capitale divisa d’Europa, ciò che significa la spartizione etnica di un paese. Perché dunque siete rimasti sorpresi che due eurodeputati Ciprioti abbiano preso la parola per opporsi con forza alla vostra relazione? Il loro intervento poteva essere considerato solo puramente chimerico?
Chimerico anche il comportamento della Slovacchia, lavorata al corpo dalla sua popolazione di origine Ungherese (10% della popolazione)? 
Chimerico, infine, il comportamento della Spagna, che mette in gioco la sua sopravvivenza per contrastare le inesorabili forze centrifughe che tentano di staccare poco a poco le sue Province, i Paesi Baschi, la Catalogna e l’Andalusia? 
Rendersi garanti dell’indipendenza del Kosovo, significa avvalorare la scelta delle armi. Vale a dire cedere alla legge del più forte, quella della jungla, la quale, lo sappiamo, non ha nulla a che vedere con il diritto. Voi pretendete che la vostra Europa sia una garanzia di pace per il futuro, ma sono dei temibili germi di guerra che la vostra Europa si accinge a seminare. 
Puntati gli occhi sul Kosovo, voi vi dimenticate che si tratta di una Provincia della Serbia, ed è al livello di questi paesi che bisogna esaminare chi è la maggioranza e chi la minoranza. I Serbi del Kosovo non sapranno mai essere una minoranza nel loro stesso Paese. Se si ragiona con il metro della Serbia, sono gli Albanesi, che si sono stabiliti principalmente in Kosovo, che con il loro 17% della popolazione nazionale costituiscono una minoranza. 

Il Kosovo, che lo si voglia o no, costituisce una delle più forti concentrazioni di arte medioevale religiosa al mondo. Per rendere meglio l’idea, prima della tragedia che ha insanguinato la regione, io ho potuto constatare con i miei occhi ciò che significa la presenza di 1370 santuari disseminati su un territorio tanto piccolo. Il nome ufficiale della Provincia, Kosovo e Metoja, sempre eluso nei nostri media, non è così per caso : Kosovo è il genitivo di Kos, una parola Serba che significa «merlo», e Metoja, che deriva dal greco Metohos, designa un territorio ricollegato ad un monastero. Alcuni di questi monasteri, come Gracanica o Decani, sono giudicati appartenenti al Patrimonio Mondiale dell’Umanità da parte dell’UNESCO. 
Dopo l’inizio del protettorato ONU, nel giugno 1999, più di un centinaio di edifici religiosi, di cui alcuni molto importanti, risalenti al XIII.esimo o al XIV.esimo secolo, sono stati ridotti in polvere da parte di estremisti Albanesi. Quando in Afghanistan, i Talebani hanno devastato con la dinamite i Budda di Bâmyân, assegnati  al Patrimonio Mondiale dell’Umanità da parte dell’UNESCO, il grido di indignazione e di collera è stato generale, per denunciare la barbarie e l’oscurantismo. Quando « i Talebani d’Europa » hanno devastato con la dinamite un monastero ortodosso del XIII.esimo secolo in Kosovo, il vostro silenzio è stato eloquente... Allora, consultate l’opera magnifica di Gojko Subotic, « Terra consacrata del Kosovo » (Edizioni Thalia, 2006). Aprite la pagina relativa alla chiesa della Madre-di-Dio di Ljevisa, a Prizren, datata XIV.esimo secolo. Ammirate bene le sue linee, i suoi affreschi di una emozionante bellezza. Restano solo quelle pagine dove potrete ancora ammirare tutto ciò. L’edificio è stato incendiato e distrutto dagli Albanesi in occasione degli « avvenimenti del marzo 2004 », così questi vengono designati pudicamente dal vostro relatore (comma C, p.4), troppo sconvolto per impiegare la parola giusta: pogroms. In questo stesso mese, il villaggio Serbo di Svinjare è stato sgomberato dei suoi abitanti, saccheggiato prima di essere completamente arso dagli Albanesi, sotto lo sguardo impassibile dei soldati Francesi della KFOR. 
Ed è a questa gente che voi auspicate accordare l’indipendenza! Senza dubbio, per incoraggiarli nei loro progressi democratici? 

Voi, che avete così duramente criticato il Presidente François Mitterrand per avere avuto frequentazioni  con René Bousquet, uno ben addentro nei meccanismi della Soluzione Finale, non vi siete proprio imbarazzato di fiancheggiare Agim Ceku, il quale, prima di diventare Primo Ministro del Kosovo, è stato un ex “barbouze” dell’esercito Croato, che si è messo in evidenza nella  Krajina per le sue atrocità, prima di comandare le bande di scorticatori dell’UCK e di essere messo sotto accusa per crimini di guerra commessi fra il 1995 e il 1999? Perché, malgrado la presenza di migliaia di soldati della KFOR, i rapimenti e gli assassinati sono moneta corrente in Kosovo, e i Serbi non sono le uniche vittime : ci sono anche i non-Albanesi, i Rom, gli Ebrei, i Gorani, gli Ashkali che vengono minacciati. (4)
Voi, che vi definite socialista, non siete imbarazzato di ritrovarvi nella indegnità interessata dell’Europa, che il grande Jaurès denunciava in circostanze simili più di un secolo fa ? (5) Non la imbarazza proprio il silenzio compiacente dei media occidentali ? 
   
Voi affermate : « La soluzione predisposta per il Kosovo non creerà un precedente nel diritto internazionale». Le circonvoluzioni dei paragrafi 6 p.6 e 2 p.11 sono altrettanti prodigi di acrobazie giuridiche. Si indovina l’imbarazzo del relatore, che sicuramente ha dovuto ripetere per molto tempo il suo numero da equilibrista, ma ecco, senza convinzione : tutti i vostri postulati non possono mascherare i fatti reali. Come procederete per impedire che questo non costituisca un precedente ? In nome di cosa rifiuterete agli Albanesi di  Macedonia (vale a dire al 30% della popolazione Macedone) quello che voi avete concesso agli Albanesi di Serbia (al 17% degli abitanti)? Cosa direte agli Ungheresi e ai Siculi di Transilvania che hanno moltiplicato, specialmente lo scorso anno, le azioni politiche aggressive, i referendum illegali sull’autonomia di un Territorio Siculo che copre circa tre Dipartimenti della Romania? Non capite proprio che la relazione Lagendijk va incontro al modo di sentire di questa gente, di costoro che propiziano dichiarazioni e manifestazioni di provocazione contro i simboli dello Stato, che sfoggiano bracciali neri in segno di lutto in occasione della festa nazionale della Romania, e che addestrano una milizia paramilitare nei Carpazi? 
Come vi comporterete davanti alla riconoscenza, sulla base del precedente Kosovaro, della Transnistria nei confronti del Cremlino, e di quale margine di manovra disporrà l’Europa per opporsi ad una presenza Russa dotata del più grande arsenale militare del nostro continente a Colbasna, in questa  enclave alle sue porte?
Il Kosovo è Serbo per più del 58% dal punto di vista catastale.(6) Questa è una realtà totalmente passata sotto silenzio dal rapporto di Joost Lagendijk. Come vi apprestate a gestire il diritto imprescrittibile alla proprietà privata (Articolo 17 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo) con l’indipendenza di un Kosovo Albanese che spoglia i Serbi nella culla stessa della loro nazione? Voi avete appoggiato il ritorno degli Albanesi cacciati dalle loro case, ma la sorte dei non-Albanesi, dei Serbi, Rom, Ashkali, Ebrei, Gorani, che non hanno avuto altra scelta che la valigia o la bara, vi è indifferente. In otto anni, non avete fatto nulla per il loro ritorno. La vostra pretesa società multietnica porta soprattutto il marchio “multistandard” dei Dirittti dell’Uomo!      

Il voto sulla relazione Lagendijk al Parlamento Europeo è avvenuto in modo precipitoso, per il timore che venga messa in discussione. Il vostro stesso relatore ha dovuto riconoscere che due giorni prima Martti Ahtisaari aveva ottenuto l’appoggio del Segretario Generale dell’ONU rispetto al suo piano. Il mettersi al seguito e la fuga in avanti come linea politica, ecco non costituiscono passi gloriosi. Al contrario, il coraggio politico è saper affermare il proprio « no », quando tutti pedissequamente affermano il « sì », affermare le proprie convinzioni, soprattutto quando queste vanno in direzione contraria alle posizioni dominanti. 
La Vostra storia familiare vi collega alla città Rumena di Braïla, grande porto sul Danubio e patria di  Panaït Istrati. Si tratta di una eredità drammatica, dolorosa, che vi consegna una responsabilità particolare e supplementare. 
Voi siete un eurodeputato Francese, che dovrebbe affermare dall’emiciclo di Strasburgo i valori del nostro Paese, dove i cittadini sono uguali in diritti e doveri, qualsiasi siano le loro origini o la loro religione? Per caso, non sarete divenuto, per parafrasare Panaït Istrati, la campana stonata dell’idea europea, al punto da perdere tutto il senso critico, finanche sulla questione decisiva del Kosovo? In questo caso voi comprenderete facilmente che io respingo la relazione del Signor Joost Lagendijk con lo stesso disgusto e la stessa indignazione con cui rigetto la vostra Costituzione Europea. Quella che state per costruirci è l’Europa delle tribù, Signor Moscovici. La dittatura delle minoranze agitatrici. E io non la voglio, ne’ per me, ne’ per i miei figli.  
Per le nostre comodità occidentali, possiamo contentarci delle vostre decisioni irresponsabili adottate in nostro nome, come dire « che non c’è fumo senza fuoco », che il Kosovo è comunque perso per la Serbia e che, se il passato della Provincia è stato incontestabilmente Serbo e cristiano ortodosso, il suo presente è del tutto incontestabilmente Albanese e musulmano sunnita. 
In effetti, possiamo chiudere gli occhi sui pogroms anti Serbi, come quelli del marzo 2004, e sul saccheggio irrimediabile di un patrimonio artistico e religioso unico! 
O meglio, da uomini liberi – ma ne esistono ancora ?– possiamo ribadire che ciascun uomo che viene ammazzato per quello che é , è una parte della nostra stessa umanità che se ne va, che ogni chiesa che viene fatta saltare in aria con la dinamite nel cuore del nostro continente è una violenza arrecata alla nostra stessa chiesa.
Ora che si va a decidere lo stato giuridico finale del Kosovo, in questa direzione si rivolge tutto il senso del mio impegno. Avevo sperato – senza dubbio in modo tanto ingenuo – che questo fosse anche il vostro...

Jean-Michel Berard, cronista del mensile B.I. Balkans-Infos
 
 NOTE:                                                                                    

(1) Parlamento europeo, rapporto n° A6-0067/2007, disponibile sul sito Internet http//:www.europarl.europa.eu /

(2) Jürgen Elsässer, La RFA dans la guerre du Kosovo, chronique d’une manipulation – La Repubblica Federale Tedesca nella guerra del Kosovo, cronaca di una manipolazione -  Edizioni L’Harmattan, Paris, 2002, p.48 a 51

(3) Pierre Moscovici è il figlio di Serge Moscovici, nato nel 1925 a Braïla, in Romania. Nato da una famiglia di origine ebraica, fu espulso dal suo liceo a causa delle leggi antisemite, sfuggito per poco al pogrom di Bucarest nel gennaio 1941 scatenato dalla Guardia di Ferro, milizia fascista Rumena, in seguito fu costretto al lavoro forzato fino al 1944. Nel 1947, abbandonava la Romania per raggiungere Parigi, dove diventava, come si sa, il grande psicologo sociale. Serge Moscovici racconta questa ossidea nelle sue memorie, Chronique des années égarées – Cronaca di anni sperduti, Edizioni Stock, Parigi, 1997.

(4) Vedere l’eccellente documentario in DVD di Michel Collon e Vanessa Stojilkovic, Les damnés du Kosovo – I dannati del Kosovo, Bruxelles, 2000.

(5) Jean Jaurès, « Il faut sauver les Arméniens – Bisogna salvare gli Armeni », Edizioni Mille et Une Nuits, Paris, 2006. Discorsi dal 1896-1897.

(6) Ziua, (« Le Jour », quotidiano Rumeno di diffusione nazionale), « Le Kosovo, propriété des Serbes – Il Kosovo, proprietà dei Serbi »,  Bucarest, 8 gennaio 2007.