KOSOVO
Mafia, politica e agenti segreti
La spy-story che sfiora Thaci
A Priština pochi giorni fa tre tedeschi sono stati arrestati con l’accusa di aver compiuto un attentato contro la sede dell’Ico, l’organismo internazionale che vigila sulle istituzioni della nuova Repubblica. Ma forse dietro l’arresto, c’è l’inchiesta sui possibili legami tra il premier e la criminalità organizzata.
I Balcani sono i Balcani, ma una storia come questa pare incredibile pure nel Kosovo di tutte le trame, tra spioni (in proprio e di Stato), doppiogiochisti, mestatori e trafficanti d’ogni risma. Una decina di giorni fa, con grande clamore mediatico la polizia di Priština arresta tre tedeschi. Su Andreas J., Andreas B. e Robert Z. pesa un’accusa molto pesante: avrebbero organizzato e portato a termine, il 14 novembre, un attentato contro la sede dell’ICO, l’organismo amministrativo internazionale che, in base alle intese sull’indipendenza del Kosovo, vigila sulle istituzioni della nuova Repubblica ed è diretto dall’inviato speciale dell’Unione europea, l’olandese Piether Feith. In effetti, quel giorno qualcuno, da un vicino edificio disabitato, ha gettato una bomba di modesta potenza contro la palazzina dell’ICO, senza provocare ne´ feriti ne´ danni troppo seri: niente di grave, insomma, in una terra abituata a ben altre violenze.
I due Andreas e Robert, però, non sono tre persone qualunque: come comunica pubblicamente, contravvenendo alle regole non scritte in questo genere di relazioni, il pubblico ministero di Priština Feti Tunuzliu i tre sono agenti del Bundesnachrichtendienst (BND), il servizio segreto della Repubblica federale, e sono alle dipendenze di una società privata che “notoriamente” assiste per conto del BND le imprese tedesche che investono nel Kosovo. Fotografati e ripresi in tutte le pose, citati per nome e cognome su tutti i giornali del paese e mostrati in tv, insomma bruciati di brutto, Andreas J., accusato di aver materialmente gettato la bomba, Andreas B. e Robert Z., possono cominciare subito a cercarsi un altro lavoro, non prima di aver sperimentato le durezze del carcere di Priština in cui vengono rinchiusi nonostante che Berlino, un paio di giorni dopo l’arresto, abbia inviato un aereo militare per riportarli a casa, com’è d’uso nelle faccende di spionaggio andate a male. Poi tre o quattro giorni fa, all’improvviso, gli spioni tedeschi scompaiono dalle tv e dai giornali. Si dice che, alla fine, i kosovari abbiano accettato di farli partire e di giudicarli in contumacia. Si dice pure che abbiano posto una condizione: nessun clamore, in Germania, sulla conclusione della vicenda.
Fine, apparente, della storia. Della quale, così com’è stata raccontata, non si capisce un accidenti. Anzi, si capisce che ci sono molte cose che non quadrano. La prima è l’esistenza di una ripresa televisiva nella quale, secondo la polizia e la magistratura di Priština si vedrebbe Andreas J. nell’atto di gettare l’ordigno. Le immagini, però, non vengono mai mostrate in pubblico. L’avvocata Bytyqi-Gashi, che difende i tre agenti, sostiene che, a differenza di quanto afferma la polizia, nelle riprese non si distinguerebbe alcun volto. Tanto che i funzionari dell’ambasciata tedesca, i quali ammettono che i tre agenti possano essere stati sul posto, ma dopo l’attentato e per svolgere indagini, invitano le autorità giudiziarie a renderle pubbliche. Invano. Inoltre non si capisce proprio perchè sull’attentato, che era passato quasi inosservato, e sull’arresto sia stato montato un tale battage, a rischio di compromettere molto seriamente le relazioni della giovane Repubblica indipendente con la Germania. La cosa più inspiegabile di tutte, però, è un’altra. Quale sarebbe la ratio dell’attentato? Perchè i tedeschi avrebbero dovuto colpire un organismo politico dell’Unione europea, nel quale, oltretutto, hanno un ruolo centrale?
Perchè il Paese che dopo gli Stati Uniti è stato quello che più si è dato da fare per il distacco del Kosovo dalla Serbia ed è impegnatissimo nella Eulex (European Union Rule of Law in Kosovo), la missione di 2mila tra giuristi, poliziotti e amministratori inviati dalla Ue per costruire il tessuto amministrativo del Paese, avrebbe dovuto mandare i propri agenti a buttare bombe contro, in un certo senso, se stessi? Molto confusamente, esponenti del governo kosovaro hanno sostenuto che la missione dei tre tedeschi era quella di “destabilizzare” la situazione politica a Priština per favorire lo smembramento del Kosovo, con la secessione delle province a maggioranza serba, a cominciare da quella settentrionale, e contigua alla Serbia, di Kosovska Mitrovica. L’accusa, sostengono fonti diplomatiche tedesche, è surreale: la Germania non ha alcun interesse alla creazione diun nuovo contenzioso serbo-albanese su Mitrovica. E però un granello di distorta verità le accuse e le mezze accuse kosovare potrebbero contenerlo: nei piani dell’Eulex ci sono anche programmi di gestione amministrativa delle province e dei comuni kosovari a maggioranza serba, che potrebbero essere “cantonalizzati”, nonche´ precise raccomandazioni al rispetto dei diritti civili, religiosi e linguistici delle minoranze presenti nel Paese: serbe, ma anche rom, turche e “egiziane”. Ne´ le cantonalizzazioni, ne´ gli statuti di protezione delle minoranze incontrano troppe simpatie nell’attuale governo kosovaro.
Ma la stampa tedesca che ha sollevato il caso, in particolare la Süddeutsche Zeitung, ha un’altra chiave di lettura dell’accaduto. Forse meno raffinata ma certo più convincente. L’arresto dei tre agenti sarebbe una vendetta e un messaggio di stampo mafioso che una parte dell’establishment di Priština avrebbe inviato a Berlino. Si sa che il Bundesnachrichtendienst, tra tutti i servizi segreti operanti nel Kosovo, è il più attento ai legami, profondi e organici, che l’attuale potere politico di Priština intrattiene con la criminalità organizzata. Il BND, in un certo senso, lavora per tutti i paesi occidentali, e in particolare per noi italiani, visto che gran parte dei traffici di droga, di prostituzione forzata e di commercio di esseri umani della potente mafia kosovara fanno capo alle organizzazioni italiane, la Sacra Corona Unita, la ‘ndrangheta, Cosa Nostra, la camorra. Pare che la società fittizia per cui lavorano i tre tedeschi, la Logistic Coordination Assessment Service (LCAS) sia in realtà un’agenzia di controllo sulla “pulizia” dei legami d’affari tra le imprese kosovare e i loro referenti nel resto d’Europa. E pare che dedichi una certa attenzione alle attività di buona parte del governo e dell’apparato del Partito democratico del Kosovo (Pdk), erede dell’Uck che condusse la lotta armata contro i serbi. A cominciare dal capo del governo, nonché presidente del partito, Hashim Thaci.
Non è la prima volta che il nome dell’uomo forte del Kosovo viene evocato in relazione ai traffici criminali che fanno della piccola Repubblica priva di risorse e di materie prime il nodo principale del traffico di eroina e di cocaina dall’Oriente all’Europa, nonché una inesauribile riserva di “materiale umano” da avviare alla prostituzione o alla schiavitù. Thaci era abbondantemente “chiaccherato” già una decina di anni fa quando, appena trentenne, come leader dell’Uck fortemente appoggiato dagli Usa partecipò ai negoziati che sarebbero poi falliti provocando nella primavera del ‘99 l’intervento armato della Nato contro la Serbia.
Una vendetta? Un avvertimento a non indagare più di tanto? Certo, questo spiegherebbe meglio di qualsiasi altra ipotesi la nuova spy-story andata in scena sul palcoscenico
della più complicata e ambigua capitale balcanica. Una storia alla quale sarebbe bene che le nostre autorità prestassero molta attenzione.
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La copertura
I tre arrestati dalla polizia kosovara lavorano per il Bnd, il servizio segreto tedesco
LA SÜDDEUTSCHE ZEITUNG
Secondo il quotidiano tedesco, l’arresto dei tre sarebbe una sorta di messaggio di stampo mafioso che una parte dell’establishment kosovara avrebbe inviato a Berlino per fermare ulteriori indagini.
Il giro d’affari
Contrabbando e droga, l’economia "sommersa" di un Paese povero
Le cifre del disastro economico del Kosovo dicono che la regione è, con ogni probabilità, la più povera d’Europa. Almeno ufficialmente, perchè in realtà se si guarda alla “economia sommersa” nel Kosovo girano molti più soldi di quanti ce ne dovrebbero essere. Solo che “economia sommersa”, da queste parti, significa criminalità: dalla falsificazione dei grandi marchi europei (film, cd, tessuti, cuoieria) al contrabbando ai traffici di ogni genere, droga e prostituzione in testa. Il Pil del paese non tocca i 2 miliardi di euro; la media salariale degli occupati (appena un terzo della popolazione attiva) non tocca i 250 euro mensili e su 100 kosovari 15 sopravvivono con meno di un euro al giorno.
Va un po’ meglio a quanti lavorano per le organizzazioni internazionali, intorno alle quali si è sviluppata, specie a Priština, una assai precaria rete di servizi. Ma la bilancia dei pagamenti dà la misura di quanto il Kosovo, che al tempo della Jugoslavia ospitava fabbriche, miniere e un’agricoltura in grado di esportare, si sia impoverito negli ultimi anni. La piccola repubblica importa beni per quasi un miliardo di euro, ma ne esporta solo per 37 milioni, soprattutto legname e funghi. Eppure a Priština e nelle altre città non è raro vedere ricchezze ostentate, soprattutto negli ambienti vicini ai gruppi oggi al potere. E a una mafia che ha forti legami al di qua dell’Adriatico.
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Il sito dei servizi segreti della Germania: www.bnd.de
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Erzwungene Einigung
Anlass einer aktuellen Stellungnahme der Bundestagsabgeordneten Marieluise Beck (Bündnis 90/Die Grünen) ist der Start der EU-Polizeimission im Kosovo (EULEX) am vergangenen Dienstag. EULEX ist inzwischen mit rund 1.300 Polizisten, Richtern und Zollbeamten vor Ort und soll bis auf 2.000 Personen anwachsen. Ihre Aufgabe besteht darin, den Aufbau eines Rechtsstaates im Kosovo zu begleiten. In besonderen Fällen kann EULEX auch exekutiv tätig werden. Ihrer Entsendung gingen monatelange Auseinandersetzungen voraus, weil EULEX eigentlich wesentliche Teile von UNMIK ablösen soll. Den dazu nötigen Beschluss im Sicherheitsrat der Vereinten Nationen verhinderte Moskau, da es die gesetzwidrige Sezession Pristinas nicht anerkennt. UN-Generalsekretär Ban war trotz westlichen Drucks nicht bereit, Russland unter Bruch der UN-Regularien zu übergehen. Berlin und Brüssel waren daher zu einer Einigung mit Moskau und Belgrad gezwungen, um die Entsendung von EULEX nicht zur offenen Konfrontation mit UNMIK werden zu lassen. Die Einigung trifft in Pristina auf empörten Protest.
EULEX und UNMIK
Hintergrund ist, dass das kosovarische Sezessionsregime weiterhin Einschränkungen seiner Macht hinnehmen muss. Das betrifft vor allem den serbischsprachigen Norden des Kosovo. Während in den übrigen Teilen des Landes EULEX unter EU-Kontrolle mit Pristina kooperiert, werden die Beamten aus der EU im Nordkosovo der UNO unterstellt. Im Norden operiert EULEX also entsprechend internationalem Recht und erfüllt damit eine Bedingung, von der Moskau seine Zustimmung im UN-Sicherheitsrat abhängig gemacht hatte. Bedingung Nummer zwei - ebenfalls von EULEX erfüllt - war, dass die Polizeimission statusneutral operiert, also keinerlei Aussagen über die Rechtmäßigkeit der Sezession präjudiziert. Pristina lehnt dies ab und hat die Einigung lange zu hintertreiben versucht, ist damit jedoch gescheitert. Proteste halten an.
Blutige Unruhen
Wie Marieluise Beck (Bündnis 90/Die Grünen), Mitglied im Auswärtigen Ausschuss des Bundestages, jetzt in einem Namensartikel in der Frankfurter Allgemeinen Zeitung schreibt, sei der Sprengstoffanschlag auf das EU-Hauptquartier in Pristina Teil dieser Proteste.[1] "Die EU riskiert die Unterstützung im albanischen Kosovo zugunsten eines faulen Kompromisses mit Serbien", urteilt die Abgeordnete und warnt: "Die Mission droht zu scheitern, bevor sie begonnen hat." Ihr zufolge wird der "Kompromiss mit Serbien - und Russland - (...) einen neuen dauerhaften Konflikt erzeugen".[2] Frau Beck legt nahe, dass der Sprengstoffanschlag und die kurz darauf folgenden Anti-EULEX-Demonstrationen in Pristina als Beginn einer neuen Eskalation einzustufen seien: "Die blutigen Unruhen des Jahres 2004 sind noch in lebhafter Erinnerung."
Taktik
Die Stellungnahme der Abgeordneten aus der Partei des früheren Außenministers Fischer entspricht einer Taktik, auf die Berlin bereits mehrfach zurückgegriffen hat. Treten Hindernisse auf, die den Sezessionsprozess bremsen, dann nutzt man kosovo-albanische Gewalttaten als Argument, um ihn zu beschleunigen: Nur eine Erfüllung der Forderungen Pristinas könne die Gewalt beenden, heißt es jeweils. Auf die Pogrome vom März 2004 etwa reagierte Berlin mit der Forderung, es müsse rasch eine Klärung der Statusfrage erreicht werden.[3] Schon damals wiesen Kritiker darauf hin, dass dem BND bereits vor den Pogromen Hinweise auf bevorstehende Unruhen vorlagen, diese Hinweise jedoch nicht weitergegeben wurden; ein Einschreiten gegen die Gewalttaten an Serben und Roma wurde dadurch erschwert. Die Parallelen, die Frau Beck jetzt öffentlich zieht, haben einen bekannten Geheimdienstexperten veranlasst, die Täter des Sprengstoffanschlags auf das Pristinaer EU-Hauptquartier in den drei inhaftierten BND-Agenten zu sehen. "Der Geheimdienst will der Weltöffentlichkeit den Eindruck vermitteln, die Kosovaren holten sich mit unfriedlichen Mitteln, was ihnen die Weltgemeinschaft verwehrt" [4], urteilte Erich Schmidt-Eenboom. "Für mich ist klar: Die drei BND-Mitarbeiter (...) waren an dem Anschlag auf das EU-Hauptquartier beteiligt."
Ungeklärt
Während in Berlin einmal mehr kosovo-albanische Sezessionsakte unterstützt werden, plädiert die Menschenrechtsorganisation amnesty international dafür, dem Aufbau eines Rechtssystems den Vorrang zu geben. "Zehn Jahre nach dem Ende des Krieges" müsse EULEX sicherstellen, dass "die Angehörigen von mehr als 3.000 verschwundenen und entführten Personen die Wahrheit" über deren Schicksal erführen. Zudem sei es nötig, diejenigen, "die diese Verbrechen begangen haben, vor Gericht zu stellen".[5] "Angesichts von mehr als 1.500 nicht abgeschlossenen Ermittlungsverfahren wegen Kriegsverbrechen und Hunderten oder gar Tausenden von Kriegsverbrechen, die noch untersucht werden müssen, sollte die Mission ihre Ressourcen dem Bemühen widmen, den Opfern auf allen Seiten Gerechtigkeit widerfahren zu lassen", fordert amnesty. Die Organisation hat schon im Januar ihre Erkenntnisse über den desaströsen Zustand publiziert, in dem sich Justiz und Polizei im Kosovo befinden - trotz jahrelanger westlicher Protektoratsaufsicht.[6] Die OSZE hat den Befund im Sommer in einem eigenen Bericht weitgehend bestätigt.[7]
Einfallstor
Berliner Regierungsberater empfehlen ebenfalls, endlich den Kampf gegen mafiöse Strukturen im Kosovo zu forcieren.[8] Wie etwa die Berliner Stiftung Wissenschaft und Politik (SWP) schreibt, bestehe im Kosovo "mehr als irgendwo sonst in der Region" eine "personelle Union zwischen Amtsträgern und Mitgliedern von Verbrechersyndikaten". Südosteuropa - und dort insbesondere das Kosovo - gelte mittlerweile weithin als "Einfallstor für organisierte Kriminalität in die Europäische Union". So seien laut Europol "albanische Gangstergruppen in einigen EU-Staaten gegenwärtig dabei, sich vom 'Dienstleister' für vorhandene Verbrechersyndikate zur beherrschenden Macht auf dem Gebiet des Drogenschmuggels, der Zwangsprostitution und anderer Formen der organisierten Kriminalität" zu entwickeln. Vor allem in den Repressionsbehörden wächst der Unmut über die kaum behinderten Aktivitäten mafiöser Strukturen etwa im Kosovo, das als Basis für die Ausdehnung im Westen dient. EULEX müsse jetzt im Unterschied zu UNMIK ganz entschieden "von der Praxis Abstand nehmen, kompromittierte lokale Politiker, denen Korruption und Kriminalität vorgeworfen werden, als vermeintlich loyale Partner zu akzeptieren, die für Ruhe und Ordnung sorgen", fordert die SWP.
An der Spitze
Die Forderung gründet auf negativen Erfahrungen mit den westlichen Besatzern, die im Jahr 2006 Experten aus den USA pointiert beschrieben haben. Demnach "besteht berechtigter Grund anzunehmen, dass es nicht im Interesse der entscheidenden Akteure in der internationalen Zivilverwaltung Kosovos lag, die Korruption im öffentlichen Dienst anzuprangern und strafrechtlich zu verfolgen".[9] "Um ihre Ziele zu erreichen, sind die internationalen Beamten auf die Zusammenarbeit mit den tatsächlichen Führern der Kosovo-Albaner angewiesen." Die aber sind zuweilen Mafiabosse und sitzen in Pristina - an Spitze des Sezessionsregimes.
Weitere Informationen über die deutsche Kosovo-Politik finden Sie hier:
Die Herren des Rechts,
Paketlösung,
Abmontiert,
Sieger im Kalten Krieg,
Selbstbestimmung,
Die zweite Welle,
Dayton II,
Mit kreativen Tricks,
Angelpunkt,
Countdown,
Kooperationsraum,
Aufs engste verflochten,
Politische Freundschaften,
Heldenfigur,
"Danke, Deutschland!",
Wankendes Gefüge,
Unter deutscher Aufsicht,
Organhandel,
Blankes Chaos,
Willkür an der Macht,
Nach NATO-Standards,
Der Zauberlehrling und
Die Mafia als Staat.
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Nach der Freilassung der drei deutschen BND-Agenten, die vor zehn Tagen in Pristina festgenommen worden waren, weil sie einen Sprengstoffanschlag auf das EU-Hauptquartier begangen haben sollen [1], zieht die Bundesregierung Strafmaßnahmen gegen das kosovarische Sezessionsregime in Betracht. Bis heute ist nicht geklärt, ob die Vorwürfe gegen die BND-Männer begründet sind oder ob sie frei erfunden wurden, um die deutsche Auslandsspionage zu attackieren. In der deutschen Hauptstadt wird kolportiert, letzteres sei der Fall; dabei gehe man davon aus, dass diese Attacke wegen der klaren Abhängigkeit des Kosovo von deutscher Unterstützung nicht ohne Rückendeckung aus den USA oder Großbritannien habe erfolgen können. Tatsächlich rivalisieren die Auslandsgeheimdienste der westlichen Mächte seit geraumer Zeit um Einfluss in dem südosteuropäischen Protektorat. Der deutsche BND unterhält dort eine seiner weltweit rund 80 offiziellen Residenturen sowie diverse Undercover-Spione, zu denen auch die drei kürzlich festgenommenen Agenten gehörten. Sie waren unter dem Deckmantel einer Tätigkeit für die BND-Tarnfirma "Logistics Coordination Assessment Services" aktiv.
Überprüfung
Wie es jetzt in Berlin heißt, werde man die Enttarnung der BND-Agenten durch die kosovarische Führung um Hashim Thaci nicht ohne Reaktion hinnehmen. Seit 1999 habe Pristina aus dem Bundeshaushalt insgesamt 280 Millionen Euro Direkthilfen erhalten, für die Jahre 2009 und 2010 seien rund 100 Millionen Euro zugesagt - eine beträchtliche Summe, die keinen Spielraum für Unbotmäßigkeiten aus Pristina lasse. Man diskutiere unter anderem über eine Kürzung der Gelder, die für den Aufbau der kosovarischen Armee vorgesehen seien, ist zu vernehmen. Die Bundesregierung erhöht zudem den politischen Druck. Wie der Bundestagsabgeordnete Johannes Jung (SPD), Mitglied im Auswärtigen Ausschuss des Bundestages, erklärt, müsse man die deutsche Strategie gegenüber dem Kosovo "überprüfen".[2] Das Sezessionsgebiet sei "ein Zentrum der organisierten Kriminalität, das jetzt ein Staat sein darf". Ein BND-Beamter lässt sich mit einer fast gleichlautenden Einschätzung zitieren: Im Kosovo sei "organisierte Kriminalität die Staatsform".[3]
Mafiotische Elemente
Tatsächlich kooperiert die Bundesregierung schon seit den 1990er Jahren mit mutmaßlich kriminellen Strukturen im Kosovo - obwohl seit langem umfangreiche Dossiers vorliegen, die deren Charakter ausführlich belegen. Bereits die Kooperation mit dem heutigen Ministerpräsident Hashim Thaci bei den Verhandlungen im Rambouillet Anfang 1999 stand im Schatten schwerer Beschuldigungen. Thaci hatte der jugoslawischen Polizei zufolge 1993 an einem Überfall auf eine Streife teilgenommen und war 1997 wegen weiterer Verbrechen von der jugoslawischen Justiz zu zehn Jahren Haft verurteilt worden. Den deutschen Behörden konnten die Vorwürfe gegen den kosovarischen Verhandlungsführer in Rambouillet nicht verborgen geblieben sein. Thacis Miliz UCK war ohnehin kurz zuvor im Westen noch ausdrücklich als "terroristische Organisation" klassifiziert worden und galt als mit mafiotischen Elementen aufs engste verflochten. Die öffentliche Zusammenarbeit mit mutmaßlich kriminellen Strukturen aus dem Kosovo begann in Rambouillet.
Frauenhändler
Wenig später, unmittelbar nach dem Einmarsch der westlichen Truppen im Sommer 1999, begann offenkundig der rasche Aufstieg des Organisierten Verbrechens im Kosovo. Dies belegte spätestens 2004 ein Bericht, den die Menschenrechtsorganisation amnesty international damals vorlegte; er beschrieb den Handel mit Frauen sowie Zwangsprostitution in dem vom Westen besetzten Gebiet. Hatte es vor 1999 allenfalls einen "örtlichen Prostitutionsmarkt in kleinem Maßstab" gegeben, wurde das Kosovo laut amnesty international "binnen Monaten" zu einem "Hauptzielland" für Frauenhandel zum Zwecke der Zwangsprostitution.[4] Dafür verantwortlich waren mafiotische Strukturen, die die KFOR im März 2004 in einem Bericht beschrieb. KFOR nannte darin eine "bekannte kriminelle Figur, involviert in den Waffen- und Drogenhandel": Xhavit Haliti. Über ihn schrieb der BND kurz darauf, er stehe mit "Frauenhandel und dem Prostitutionsgeschäft" in Verbindung.[5] Konsequenzen hatte all dies nicht: Trotz der offenkundig mafiotischen Entwicklung war in Berliner Parlamentskreisen Anfang 2005 zu hören, das Kosovo solle ein eigener Staat werden.[6] Mit Männern, die der BND für Frauenhändler hält, arbeitet Berlin daher heute auf staatlicher Ebene zusammen: Xhavit Haliti ist stellvertretender Vorsitzender des Auswärtigen Parlamentsausschusses in Pristina.
Florierende Geschäfte
Nicht nur über Haliti, auch über Thaci äußerte sich der BND. Via "Key-Player" wie ihn bestünden "engste Verflechtungen zwischen Politik, Wirtschaft und international operierenden OK-Strukturen im Kosovo", war in einem Bericht der deutschen Auslandsspionage aus dem Jahr 2005 zu lesen.[7] "Die dahinter stehenden Netzwerke fördern dort die politische Instabilität", hieß es weiter: "Sie haben kein Interesse am Aufbau einer funktionierenden staatlichen Ordnung, durch die ihre florierenden Geschäfte beeinträchtigt werden können." Deshalb strebten einflussreiche Mafiabosse "entweder in hohe Regierungs- oder Parteiämter" oder pflegten "gute Beziehungen zu diesen Kreisen". Den Recherchen des BND folgten keine Konsequenzen. Anfang 2006 hielt sich der schwer beschuldigte Thaci zu politischen Gesprächen in Berlin auf, unter anderem im Auswärtigen Amt. Eingeladen hatte ihn die Friedrich-Ebert-Stiftung (SPD).[8]
Berufswunsch: Mafiaboss
Ein vernichtendes Urteil nicht nur über Thaci, sondern über die Entwicklung des Kosovo insgesamt fällte Anfang 2007 ein umfangreicher Bericht, den die Bundeswehr in Auftrag gegeben hatte. Darin hieß es unter anderem, der einzig florierende Wirtschaftszweig in dem Gebiet sei die Organisierte Kriminalität - der illegale Handel mit Waffen, Drogen und mit Frauen, der täglich einen Umsatz von rund 1,5 Millionen Euro erziele. "Aus früheren UCK-Strukturen", resümiert die Studie, die im selben Jahr in Auszügen öffentlich bekannt wurde, hätten sich dabei "unter den Augen der Internationalen Gemeinschaft mittlerweile mehrere Multi-Millionen-Euro-Organisationen entwickelt". Zu den Anführern gehörten Clanchefs wie etwa Thaci.[9] Die Organisierte Kriminalität hat der Studie zufolge längst gesellschaftsprägende Kraft: "Bereits heute", hieß es in dem Bericht, "stellt 'Mafiaboss' den meistgenannten Berufswunsch von Kindern und Jugendlichen dar."
"Abstand nehmen!"
Zu dem Zeitpunkt, zu dem das Papier in Berlin vorgelegt wurde, forcierte die Bundesregierung immer noch die Sezession des Kosovo - und ließ sich trotz aller Warnungen nicht davon abbringen. Im Gegenteil: Wie heute unumwunden zugegeben wird, war Deutschland weiter der finanziell bedeutendste Förderer Pristinas. Selbst Regierungsberater von der Stiftung Wissenschaft und Politik (SWP) wurden ignoriert, als sie noch Ende 2007 mahnten, man müsse "von der Praxis Abstand nehmen, kompromittierte lokale Politiker, denen Korruption und Kriminalität vorgeworfen werden, als vermeintlich loyale Partner zu akzeptieren".[10] Zwei Monate später erkannte Berlin die Sezession des Kosovo an - unter Bruch des internationalen Rechts und unter Billigung einer kosovarischen Führung, deren mutmaßliche kriminelle Energie schon seit Jahren in Regierungskreisen bestens bekannt war.
Keine Konsequenzen
Ob das mafiotische Gebilde im Kosovo mit deutscher Hilfe auch militärisch aufgerüstet wird, ist nach der Enttarnung der drei BND-Agenten in Pristina unsicher. Berlin hatte kürzlich zugesagt, für den Aufbau der kosovarischen Armee ("Kosovo Security Force", KSF) zunächst sieben Millionen Euro bereitzustellen. Zudem sollten deutsche Soldaten "personelle Unterstützung" leisten, umfangreiche Lieferungen von Militärgerät waren eingeplant.[11] Teile des Programms werden nun womöglich gestrichen, um Thaci zu disziplinieren. Weitere Konsequenzen sind nicht geplant, schon gar nicht die Einstellung aller deutschen Beihilfen, ohne die das der Organisierten Kriminalität bezichtigte Regime in Pristina nicht überlebensfähig wäre. Berlin setzt die Unterstützung der mafiotischen Strukturen im Kosovo fort.
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http://news.trend.az/index.shtml?show=news&newsid=1352704&lang=enDeutsche Presse-Agentur - November 22, 2008
Germans arrested in Kosovo were intelligence agentsThree Germans arrested in Kosovo in connection with a
bomb attack on the European Union (EU) headquarters
were intelligence service operatives, German media
reported Saturday, dpa reported.
Spiegel news magazine said the trio told Kosovo
anti-terrorism police they were inspecting the site of
the blast in Pristina but had nothing to do with the
attack, which damaged the building but caused no
injuries.
On Friday, a German government spokesman declined to
be drawn on speculation about the possible involvement
of the foreign intelligence service BND in the case
and instead pointed to the ongoing investigations.
However, the spokesman said if it emerged any of the
three were BND employees, the matter would be referred
to the parliamentary committee responsible for
monitoring the secret services.
Kosovo police arrested the three Germans on Wednesday,
five days after an explosive device was hurled at the
office of the EU's Special Representative for the
region.
One of the men was reportedly photographing the
damaged office from an adjacent empty building from
where the device is believed to have been thrown,
Spiegel said.
The newspaper Sueddeutsche Zeitung said one of the men
told the investigators he was working for the BND.
The suspects were in Kosovo "in a private capacity"
and had no immunity from prosecution, Kosovo police
spokesman Veton Elshani told Deutsche Presse-Agentur
dpa.
The BND did not comment on the case. An EU mission is
due to take over the oversight of law-enforcement in
Kosovo after more than eight years as a United Nations
protectorate.
Kosovo declared independence from Serbia in February
and Pristina, Belgrade, the UN and EU are currently
wrangling over the conditions for the deployment of
the EU mission, Eulex, comprising 2,000 police,
judicial and customs officials.
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http://www.alertnet.org/thenews/newsdesk/LM220169.htmReuters - November 22, 2008
No comment from Germany on Kosovo spy report PRISTINA - Germany declined to comment on Saturday on
reports that three Germans arrested on suspicion of
throwing explosives at an EU office in Kosovo were
intelligence officers.
The explosive charge was thrown on Nov. 14 at the
International Civilian Office (ICO), the office of EU
Special Representative Pieter Feith, who oversees
Kosovo's governance, but caused only minor damage.
The men were detained on Thursday.
A spokesman for the German foreign ministry in Berlin
confirmed that three Germans had been arrested, but
declined to make any further comment as an
investigation was under way.
A police source in Kosovo told Reuters: "They are
members of the BND", but gave no further details.
The German weekly Der Spiegel also said the men worked
for the German intelligence agency BND, and that they
had told investigators they had been examining the
scene of the explosion, but had not been involved in
it.
Kosovo declared independence from Serbia in February
after nine years under U.N. stewardship and is
recognised by more than 50 countries, including
Germany.
Four days before the bomb attack, its leaders rejected
a plan by U.N. Secretary General Ban Ki-moon's for the
deployment of an EU police and justice mission, EULEX.
Der Spiegel said the BND agents had not been
officially registered with Kosovo authorities, which
would have secured them diplomatic immunity.
A judge in Pristina was due to decide on Saturday
whether to extend the men's detention or release them
on bail. (Reporting by Fatos Bytyci; Writing by
Kerstin Gehmlich, Editing by Matthew Jones and Kevin
Liffey)
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A judge in Kosovo ordered late Saturday a 30-day
detention for three suspected German intelligence
agents arrested on Wednesday in connection with a bomb
attack on European Union offices in Pristina, dpa
reported.
Lawyers of the men said prosecutors were trying to
link their clients to "acts of terrorism," punishable
with up to 20 years in prison.
Kosovo and German media reports have claimed the
suspects were working for the German intelligence
service, the BND. Berlin officials have not commented
on the allegations.
Police arrested the three Germans on Wednesday, five
days after an explosive device was hurled at the
office of the EU's Special Representative for the
region. Nobody was injured in the blast.
An EU mission is due to take assume oversight of
law-enforcement in Kosovo after more than eight years
as a United Nations protectorate.
Kosovo declared independence from Serbia in February
and Pristina, Belgrade, the UN and EU are currently
wrangling over the conditions for the deployment of
the EU mission, Eulex, comprising 2,000 police,
judicial and customs officials.
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http://www.makfax.com.mk/look/novina/article.tpl?IdLanguage=1&IdPublication=2&NrArticle=133369&NrIssue=831&NrSection=20MakFax (Macedonia) - November 27, 2008
Albanian paramilitary group claims responsibility for Pristina bombing
Pristina - A previously unknown Albanian group took
credit Thursday for a bomb attack on a European Union
office in Kosovo that took place two weeks ago.
"This attack marks the start of the armed battle
against the EU mission in Kosovo EULEX that operates
under conditions set by the Serbs, which is
unacceptable for the Albanians," the obscure Army of
the Republic of Kosovo (ARK) said in a statement.
The spokesman of Kosovo's Police, Veton Elshani, said
that they are taking the threats very seriously.
Three Germans alleged to be working for the BND,
Berlin's intelligence agency, who were arrested last
week in connection with the bombing of the EU office,
could be released from detention upon approval of the
Kosovo Supreme Court.
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http://www.b92.net/eng/news/crimes-article.php?yyyy=2008&mm=11&dd=28&nav_id=55352Tanjug News Agency - November 28, 2008
Germans arrested in Kosovo confirmed as secret serviceBERLIN - The German government has stated today that
the three German nationals arrested in Kosovo are in
fact members of the German secret service (BND).
This was confirmed by Bundestag Speaker Thomas
Oppermann.
The Germans were arrested last week over the bombing
of the International Civilian Office (ICO) in
Pristina, since which time speculation has been rife
that they may have been secret service operatives.
....
“They worked for the BND there,” Oppermann told
reporters after a meeting of the committee, which,
according to Reuters, is responsible for “overseeing
intelligence operations.”
Oppermann did not want to reveal the nature of the
German operatives’ mission in Kosovo.
He said that the government in Kosovo has been holding
the Germans for nine days in inhumane conditions and
that the “arrest is a mystery.”
A special commission was formed yesterday by the
Kosovo Supreme Court, which is expected to decide on
whether the German operatives should be freed. Supreme
Court Judge Anton Nokaj said that the case would be
referred to an international judge who would take the
final decision, according to Macedonian news agency
MIA.
The German press writes that the operatives will be
released by the end of the weekend at the latest.
Yesterday, an unknown group calling itself the Army of
the Republic of Kosovo claimed responsibility for the
attack, and warned international community officials
and Serb officials in Kosovo of further attacks.
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By Marcus Klockner
Kosovar officials have released three German
intelligence service agents who were arrested on
suspicion that they threw a small bomb Nov. 14 at the
European Union headquarters in Pristina.
"There was not enough evidence to raise reasonable
suspicion," Judge Vinod Boolell, one of three
international judges who investigated the charges,
told The Associated Press.
German media also are reporting that the German
government placed political pressure on Kosovo
officials.
According to the German newspaper Welt am Sonntag,
Germany’s chancellery department head Thomas De
Maiziere called Kosovar government officials and
threatened to cut Germany’s financial aid to Kosovo if
the agents were not set free immediately.
Additionally, the German media reported that the
intelligence agency, the Bundesnachrichtendienst, or
BND, was unhappy with the German government’s initial
response to the arrests.
Bernd Uhrlau, head of the BND, said he has missed the
support by the government necessary to help its
agents.
The Suddeutsche Zeitung newspaper quoted another
high-ranking BND member as saying: "The German
government had allowed itself to be dragged by the
nose through global politics by a country in which
organized crime is the form of government."
Erich Schmidt-Eenboom, a German author who has written
articles about the BND, told the Netzzeitung that he
believes the agents had indeed carried out the bombing
to make the international community more aware of the
Kosovar struggle for independence.
The lack of casualties in the bombing also has the
markings of the intelligence unit, Schmidt-Eenboom
said. The building was damaged.
"They wanted something like a political bang, but took
care that no one was hurt. Terrorists would have acted
much more violently."
The three agents have been called to testify before a
special commission of the German parliament this week.
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http://news.trend.az/index.shtml?show=news&newsid=1365174&lang=enDeutsche Presse-Agentur - December 7, 2008
Kosovo minister expresses regret over arrest of German agentsThe government of Kosovo, while expressing regret over
the circumstances in which three German intelligence
agents were arrested and detained for more than a
week, announced that it would not apologize for the
arrests, dpa reported.
Deputy Foreign Minister Vlora Citaku in an interview
published Sunday in the weekly Welt am Sonntag said
the arrests were "a very unfortunate incident."
She however said Kosovo government would not apologize
for the affair "with which we had nothing to do,"
adding that if a mistake had been made, "it was not
the fault of our government."
Arrested on November 17, the three members of the
Germany's BND foreign intelligence service despite
protestations from Berlin and the BND of their
innocence spent 10 days in detention accused of
throwing an ex
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