(Ovaj tekst na srpskohrvatskom:
A proposito delle battaglie del fronte dello Srem, dove tra gli altri morirono numerosissimi partigiani italiani confluiti nell'Esercito Popolare di Liberazione della Jugoslavia il cui sacrificio è oggi disconosciuto in Italia, si veda anche: https://www.cnj.it/PARTIGIANI/monumenti/sremskifront.htm )
La memoria del Fronte dello Srem (Sremski front) 1944 - 1945
Il Fronte dello Srem è il tema anti-partigiano prediletto dei sostenitori delle parti perdenti, del Regno di Jugoslavia e della Serbia di Nedić, che fallirono totalmente nella guerra contro il fascismo nel periodo '41 – '45: gli uni si erano messi al servizio degli occupatori, gli altri fuggirono dal paese sotto la tutela degli Alleati (USA, Inghilterra) e attesero che questi gli portassero la libertà su d'un piatto d'argento. Nel 1943 gli Alleati se ne sbarazzarono, considerandoli scansafatiche, e tesero la mano in sostegno all'Esercito popolare di liberazione jugoslavo (NOVJ) e a Tito poiché erano questi quelli che facevano ciò che veniva chiesto a tutti i popoli in quel periodo: combattere con le armi contro Hitler. I cetnitzi - ladri di uova, da quel momento furono cancellati dalle liste alleate dei combattenti contro il fascismo. Purtroppo, questa storia si ripete oggi in Serbia, perché il suo Governo è in attesa di qualcuno che gli porti il Kosovo libero sul vassoio d'argento!
Nella scia del tradimento e della vigliaccheria, lo scolaretto londinese, lo storico Cedomir Antic, sul quotidiano "Politika" si è recentemente soffermato in modo poco civile in merito alla Lotta popolare di liberazione (NOB), mettendo in discussione la necessità e l'importanza delle nostre battaglie sulla Neretva e la Sutjeska e sul Fronte dello Srem per la causa degli Alleati, nonché della Lotta popolare di liberazione in generale. Il quesito se queste battaglie siano state importanti per gli Alleati, e quanto, non è il tema che ci riguarda. Noi non le abbiamo mai particolarmente sopravvalutate nè accentuate. Sappiamo solo che combattevamo per un mondo migliore - un mondo senza fascisti, mentre quelle erano innanzitutto le nostre battaglie per la nostra libertà e per una vita migliore dopo la guerra. Loro invece, questi personaggi come lo storico Antic, ancora giocherellano sul problema del Kosovo, lasciandolo alla mercè delle grandi potenze, con l'argomentazione che noi non possiamo fare niente per esso, dato che siamo un paese piccolino. Essi dimostrano così solamente di essere loro stessi piccoli e piccini, proprio come lo erano allo scoppio di guerra nel 1941!
Ci sono anche certi "storici e pubblicisti" che considerano il Fronte dello Srem - parte del più vasto fronte alleato contro la Germania di Hitler - come un fronte nostro autonomo, inutile, che avremmo dovuto lasciare all'esercito russo. Eppure, dicono, Tito e il Partito Comunista erano desiderosi di fama mondiale, Tito era un croato e come tale ha voluto che sul Fronte dello Srem "cadesse il più alto numero possibile di giovani serbi"! Naturalmente, questa è follia. Tito, il Partito comunista jugoslavo ed i partigiani, in quell'epoca erano già entrati nella storia della libertà ed erano ormai diventati leggenda. Questi "storici" sostengono quest'ultima tesi sul sacrificio dei giovani Serbi con il "fatto" che l'80% dei combattenti dell'Esercito di Liberazione della Jugoslavia nella provincia dello Srem, di cui la maggior parte Serbi, erano stati poco addestrati per la guerra e perciò morivano in tanti, e aggiungono che così fu durante tutta la Guerra di liberazione (NOR).
Come combattente sul Fronte di Srem, volontario diciassettenne, inquadrato nel plotone mitragliatori del 3. battaglione della 10. brigata della Krajina della 5. divisione (il mio fratello maggiore Živojin nel contempo era combattente mitragliatore nella 4. brigata della Krajina), mi è ben chiaro che tutte queste sono menzogne. In primo luogo, come giovani resistenti contro gli occupatori, sapevamo già qualcosa della guerra dalle nostre operazioni clandestine, e in secondo luogo il nostro addestramento era un impegno fondamentale del comando e degli ufficiali. Con passione abbiamo lavorato, prima di andare al fronte, sull'addestramento con armamenti nuovi, ricevuti dall'Esercito Sovietico (gli automatici Shpagin, mitragliatrici e fucili Maxim, e il fucile anti-carro Simonova). Questo addestramento si svolgeva ininterrottamente nel corso del consolidamento e delle operazioni di combattimento al fronte così come durante i periodi di riposo nelle retrovie. Sulle pianure della provincia dello Srem noi diventavamo guerrieri esperti. Non eravamo carne da cannone, e neanche ragazzi immaturi e adolescenziali, bensì consapevoli combattenti: abbiamo sfondato il Fronte dello Srem, uccidendo tedeschi, ustascia, cetnitzi di Draza Mihajlovic, guardie bianche, balisti, ed infine abbiamo circondato e catturato, in Slovenia, i resti di quello che un tempo era il possente Gruppo E delle armate da mezzo milione di uomini, assieme con il loro comandante generale Lehr che, dopo averlo condannato a morte, fucilammo a Belgrado il 16.02.1947. Questi ragazzi hanno vinto la Guerra popolare per la liberazione (NOR) nel 1941-1945 facendosi carico sulle proprie spalle di tutto il rinnovamento postbellico del paese e della sua ricostruzione. E non soltanto i ragazzi, ma anche le ragazze, sebbene fragili e giovani, furono orgogliose partecipanti in quella crudele e gloriosa lotta per libertà e per un mondo migliore.
Noi eravamo fieri di avere partecipato al Fronte dello Srem - la più grande battaglia della liberazione e la più grande vittoria del nostro esercito nella Seconda Guerra mondiale. E' stata una battaglia non solo per la libertà, ma anche una battaglia per un mondo più umano e la democrazia di cui godono o potranno godere tutti i bambini nel nostro paese e nel mondo. Noi non ci eravamo arruolati nella lotta per Tito, ma per la causa del comunismo!
Per un gran numero di giovani serbi e serbe, il Fronte dello Srem è stato il loro "1941", l'opportunità di dare un personale contributo alla liberazione della patria e alla creazione di una nuova società. Tutti siamo voluti diventare partigiani, e mentre nel 1944 partivamo da Belgrado liberata, comunicavamo alle madri e ai padri: "Andiamo a Berlino." Questi erano i nostri sogni, come il comunismo davanti a noi. Questa era la maniera in cui in quell'epoca noi concepivamo la difesa della patria. Nessuno ci ha obbligato ad andare al fronte, al macello, come ora scrivono alcune menti squilibrate. Alcuni ci andavano per precetto, da mobilitati, altri da volontari. Appartengo a questi ultimi e nel mio plotone perlopiù eravamo tali. Ho ascoltato con gioia in questi giorni Svetozar Gligoric, combattente dal 1943, il quale, dopo aver combattuto in Montenegro nel 1944, ha chiesto e ottenuto il permesso di andare sul Fronte dello Srem - come ha detto lui, famosissimo giocatore di scacchi: ero un po' in ritardo con il mio arruolamento nei partigiani.
Il Fronte dello Srem si presentava come l'ultima opportunità per i seguaci dello slogan dei cetnitzi: "Aspettiamo, non è giunta l'ora"; perciò molti di loro a quel punto hanno preso parte ai combattimenti. Ci sono anche stati latitanti, disertori, come lo scrittore Borislav Mihiz Mihailovic, che si è vantato pubblicamente di avere schivato la mobilitazione andando a nascondersi da qualche parte intorno a Smederevo fino alla fine della guerra, e purtroppo non era piccolo il numero di coloro che legarono il loro destino al Gruppo E delle armate hitleriane.
Come in ogni guerra, anche sullo Srem fu difficile e pericoloso per la vita e la salute. Ma fu molto più facile che nei combattimenti precedenti dell'Esercito e delle formazioni popolari jugoslave (NOV e POJ). Eravamo giovani e in grado di combattere, bene armati, e facevamo parte di un fronte alleato che si estendeva dall'Italia al Nord Europa. Ci guidavano comandanti esperti. Nelle trincee ci arrivavano perfino i giornali, le lettere da casa, e le unità di solito dopo dieci giorni al fronte venivano ritirate nelle retrovie per un breve riposo, per farsi il bagno, la disinfezione dei vecchi indumenti o la assegnazione di indumenti nuovi, per l'addestramento supplementare, e così via.
La pianura della provincia dello Srem era la nostra retrovia. Il popolo dello Srem, da sempre insurrezionale, ci aveva preso sotto la sua protezione come loro figli e figlie, aprendoci le sue abitazioni e condividendo con noi tutto ciò di cui disponeva in quei giorni difficili. Alloggiavamo in quelle abitazioni dopo i turni del fronte, per il riposo e il ristoro in vista dei successivi combattimenti. Durante le riunioni analizzavamo le ultime battaglie, lodavamo e criticavamo, sempre in attesa di tornare nuovamente alle postazioni. Preparavamo i nostri giornali murali descrivendo gli eventi, incollavamo foto e disegni dei nostri eroi, alfabetizzavamo gli analfabeti, assistevamo ai discorsi dei nostri commissari politici, dai pochi apparecchi radio disponibili ascoltavamo i notiziari, scrivevamo lettere a casa. Molti di noi, in quelle case dello Srem, sono diventati membri della Lega della gioventù comunista di Jugoslavia (SKOJ) e del Partito comunista jugoslavo (KPJ) - come me per esempio, a Šarengrad nel febbraio 1945.
Queste stanze fungevano da nostre camere da letto, da cucine, bagni, infermerie ed ospedali, officine per la riparazione delle armi, sale per la visita dei genitori e dei parenti che venivano a trovarci essendosi dapprima informati sulla nostra ubicazione attraverso canali noti soltanto a loro, portandoci doni semplici - i calzini, solitamente di lana, e i guanti, le torte fatte in casa e qualche pezzo di carne secca, o di pancetta.
Siccome io fui gravemente ferito durante la battaglia dello Srem, posso porre in rilievo l'ottimo servizio sanitario sul fronte: l'impegno dei medici e degli infermieri partigiani, i treni sanitari sovietici e gli ospedali mobili, e sopratutto la cura e l'attenzione della nostra gente nei villaggi e nelle città delle retrovie, dove di solito i feriti gravi venivano evacuati. "Tutto per il fronte, tutto per la vittoria" fu la parola d'ordine fino alla fine della guerra. Oggi questa potrebbe essere: "Tutto per il Kosovo, tutto per la vittoria." Ma ragazzi impazienti di entrare nelle file partigiane oggi non ce ne sono! Oggi si celebrano e si da amnistia ai fuggitivi e ai disertori di allora, alle personalità egoistiche, che non hanno obbiettivi di umanità nella loro vita!
Quella cura e l'attenzione da parte dei militari, del governo e della gente, era presente anche nei confronti dei caduti e loro familiari. Le maggiori perdite furono durante lo sfondamento del fronte. Nella 1. Armata caddero in 1400 nostri amici e amiche, e 4500 furono feriti. Senza il loro sacrificio e quello di 300.000 soldati, caduti dell'Esercito e delle formazioni popolari di liberazione, nella futura RFS di Jugoslavia non ci sarebbe stata alcuna libertà né una vita migliore.
Mi sembra che non esista peccato più grande del disprezzare la morte dei combattenti per la libertà, e addirittura per scopi politici. L'epopea del Fronte dello Srem è una delle fonti cristalline dei sentimenti profondi, umani e nazionali, del popolo serbo, e così sarà per sempre. Ne sono convinto!
Stevan Mirkovic, generale dell'esercito in pensione e Presidente del Centro Tito