Zone grigie e azione antifascista, in Italia. Oggi
Lunedì, 09 Dicembre 2013 11:07 - Redazione Contropiano
Ad Arezzo, sabato scorso, si è tenuto un interessante convegno organizzato dal Caat (Comitato antifascista e antirazzista toscano), dalla ong “Un Ponte per”, dal Coordinamento nazionale per la Jugoslavia e dalla redazione di Contropiano [oltre all'ANPI di Arezzo, NdCNJ].
Il tema del convegno era “I falsi amici”, l’obiettivo dei lavori era quello di affiancare alla classica controinformazione sulle attività e le dinamiche del mosaico neofascista in Italia, anche la discussione sulle contromisure da prendere a fronte dei ripetuti tentativi da parte dei neofascisti di occupare gli spazi politici e sociali storicamente occupati dalla sinistra. L’intervento “nel sociale”, l’infiltrazione e l’appropriazione dalle manifestazioni e delle parole d’ordine antimperialiste, le proteste contro le misure di austerity imposte dall’Unione Europea, vedono sempre più spesso i gruppi fascisti – direttamente e indirettamente - cercare di penetrare nelle pieghe del conflitto sociale in corso per diventare parte di un nuovo senso.
Il lavoro di penetrazione dei fascisti nello spazio politico e sociale che dovrebbe essere occupato dalle forze della sinistra, viene agevolato dall’aver creato negli anni scorsi una “zona grigia” nella quale vengono dichiarate morte le ideologie, le differenze tra destra e sinistra e le contrapposizioni del passato. Emergono obiettivi, interventi nel sociale, spregiudicate azioni di trasversalità culturale che – grazie alla smobilitazione ideologica e politica della sinistra su temi come l’antimperialismo o l’intervento sociale e un drastico abbassamento delle difese immunitarie antifasciste - hanno cooptato non tanti - ma neanche pochi - militanti o intellettuali di sinistra nella pacificazione politica e nella resa ideologica alla collaborazione con gruppi di destra o con un passato di destra. Questo fenomeno è stato definito “rossobrunismo” ed è servito ad agevolare la ripresa e l’estensione dell’influenza dei neofascisti in ambiti politici e sociali che negli anni precedenti gli erano preclusi.
Il convegno di Arezzo è stato aperto dal saluto di Guido Occhini dell’Anpi locale seguito dalla relazione di Laura Vichi del Comitato antifascista che ha presentato il dossier sulla Fondazione RSI di ricerche storiche che ha sede proprio nei pressi di Arezzo. Un dossier ricchissimo di informazioni sulle connessioni e le attività di un centro neofascista che, disponendo di larghi mezzi finanziari, ha creato una sorta di Predappio nel cuore della Toscana. Intorno a questo centro gravitano e si attivizzano sia vecchie conoscenze anche “pesanti” del neofascismo tradizionale sia le nuove generazioni dell'estrema destra.
Le relazioni di Alessandro De Meo (Un Ponte per..) e Andrea Martocchia (Coordinamento nazionale Jugoslavia) hanno affrontato il tema dell’attività neofascista – in modo particolare di Casa Pound – “a difesa” dei monasteri cristiani in Kosovo dove hanno cercato di inserirsi in progetti di sostegno alla minoranza serba ma che di fatto si sono rivelati un affiancamento acritico della missione militare Kfor seguita ai bombardamenti della Nato sulla Serbia. Martocchia ha fatto un'ampia ricostruzione storica delle contraddizioni insanabili tra l’ossessione antislava del fascismo e l’attuale tentativo di presentarsi come difensori dell’identità cristiana contro la pulizia etnica messa in atto dal “governo del Kosovo”. Il neofascismo di oggi si manifesta diviso in due grandi correnti: una “guelfa” (cattolica, carolingia, tradizionalista) e una “ghibellina” (movimentista, antioccidentale, euroasiatica).
Nel pomeriggio è intervenuto Sergio Cararo per Contropiano/Rete dei Comunisti (vedi la relazione nella sezione documenti del giornale) che ha cercato delineare un'analisi del ruolo e delle connessioni dei fascisti del terzo millennio, partendo però dalla asimmetria evidenziata dalla relazione annuale dei servizi segreti che dedica ben cinque pagine alla “pericolosità sovversiva” dei gruppi della sinistra e solo mezza pagina ai gruppi neofascisti liquidati come innocui, impegnati esclusivamente nel sociale e al proselitismo attraverso il web. Una visione rassicurante smentita invece dai fatti ma indicativa di come gli apparati dello Stato ritengano ancora oggi – a quaranta anni dalla guerra di bassa intensità e dalla stagione delle stragi – i fascisti più integrati per il sistema dominante di quanto lo siano le organizzazioni della sinistra.
E’ toccato ai giovani storici come Claudia Cernigoi, Fabio De Leonardis e Davide Conti approfondire i molti aspetti mistificatori con cui i gruppi neofascisti oggi cercano di riscrivere la storia “ripulendola” dalle pagine più scomode e piegandola alle loro esigenze di camaleontismo. Claudia Cernigoi, storica “di frontiera” in tutti i sensi, ha ricostruito la genesi della forma più diffusa ed insidiosa di travisamento usata dalla destra: il comunitarismo. Il fondatore di questa corrente, l’ex SS belga Thiriart, parlava esplicitamente di puntare a infiltrarsi nei sindacati, nell’informazione e nei movimenti giovanili. Fabio De Leonardis ha decostruito nei dettagli come l’antisionismo dei fascisti non sia altro che antiebraismo mentre l’antisionismo antimperialista abbia tutt’altra ragione sociale e chiave di lettura, inclusa quella della denuncia della connessione tra il progetto coloniale sionista con il fascismo e il nazismo. Davide Conti, altro storico di nuova generazione, ha ricostruito le fasi decisive della guerra di bassa intensità scatenata dal 1966 dagli apparati dello Stato insieme ai neofascisti contro la sinistra. Interessante la ricostruzione – evocata anche da Pasolini nel suo famoso scritto del 1974 – sulla fase prima fascista e poi “antifascista” della stagione delle stragi. Sono poi intervenuti Enzo Brandi della Rete Nowar denunciando i danni provocati dalla rinuncia della sinistra a scendere apertamente in campo contro le aggressioni militari alla Libia e alla Siria che hanno consentito ai fascisti di occupare questo spazio, mentre Martina Pignatti (neopresidente del Ponte per…) ha segnalato la necessità di tenere i fascisti fuori da campagne come il Bds (Boicottaggio, disinvestimento, sanzioni) verso Israele perché ne distruggerebbero immagine ed efficacia. Pignatti ha anche sottolineato alcuni elementi di dissenso sulla Siria dall’intervento di Brandi. Infine c’è stata una interessante relazione di Ilaria della Brigate di Solidarietà Attiva che ha esposto un dossier in via di messa a punto sull’azione delle associazioni collaterali ai fascisti di Casa Pound sul terreno sociale ed umanitario. Associazioni come la Salamandra (nella protezione civile), Identità e Solidarietà (aiuti umanitari ai popoli), L’Uomo Libero, la Foresta che avanza (naturalismo ed escursionismo) vedono gli attivisti a tempo pieno di Casa Pound presentarsi con casacche diverse per cercare di fare poi sintesi politica “tra gli italiani” coinvolti nelle emergenze (vedi il terremoto in Emilia o l’alluvione a Olbia) e tra le persone di buona volontà che affidano a queste associazioni il loro contributo a operazioni umanitarie. Il dossier è ricchissimo e ben ragionato e per molti aspetti mette i piedi nel piatto delle questioni che il convegno di Arezzo voleva lanciare come allarme e come terreno di mobilitazione delle prossime settimane e nei prossimi mesi. Anche e soprattutto alla luce della necessaria e inevitabile competizione tra le opzioni progressiste e di classe e quelle reazionarie e xenofobe nelle soluzioni con cui fare fronte alla crisi economica, sociale e morale in corso. La “zona grigia” creatasi intorno alla “rivoluzione del 9 dicembre” ne è un esempio drammaticamente calzante.
Il tema del convegno era “I falsi amici”, l’obiettivo dei lavori era quello di affiancare alla classica controinformazione sulle attività e le dinamiche del mosaico neofascista in Italia, anche la discussione sulle contromisure da prendere a fronte dei ripetuti tentativi da parte dei neofascisti di occupare gli spazi politici e sociali storicamente occupati dalla sinistra. L’intervento “nel sociale”, l’infiltrazione e l’appropriazione dalle manifestazioni e delle parole d’ordine antimperialiste, le proteste contro le misure di austerity imposte dall’Unione Europea, vedono sempre più spesso i gruppi fascisti – direttamente e indirettamente - cercare di penetrare nelle pieghe del conflitto sociale in corso per diventare parte di un nuovo senso.
Il lavoro di penetrazione dei fascisti nello spazio politico e sociale che dovrebbe essere occupato dalle forze della sinistra, viene agevolato dall’aver creato negli anni scorsi una “zona grigia” nella quale vengono dichiarate morte le ideologie, le differenze tra destra e sinistra e le contrapposizioni del passato. Emergono obiettivi, interventi nel sociale, spregiudicate azioni di trasversalità culturale che – grazie alla smobilitazione ideologica e politica della sinistra su temi come l’antimperialismo o l’intervento sociale e un drastico abbassamento delle difese immunitarie antifasciste - hanno cooptato non tanti - ma neanche pochi - militanti o intellettuali di sinistra nella pacificazione politica e nella resa ideologica alla collaborazione con gruppi di destra o con un passato di destra. Questo fenomeno è stato definito “rossobrunismo” ed è servito ad agevolare la ripresa e l’estensione dell’influenza dei neofascisti in ambiti politici e sociali che negli anni precedenti gli erano preclusi.
Il convegno di Arezzo è stato aperto dal saluto di Guido Occhini dell’Anpi locale seguito dalla relazione di Laura Vichi del Comitato antifascista che ha presentato il dossier sulla Fondazione RSI di ricerche storiche che ha sede proprio nei pressi di Arezzo. Un dossier ricchissimo di informazioni sulle connessioni e le attività di un centro neofascista che, disponendo di larghi mezzi finanziari, ha creato una sorta di Predappio nel cuore della Toscana. Intorno a questo centro gravitano e si attivizzano sia vecchie conoscenze anche “pesanti” del neofascismo tradizionale sia le nuove generazioni dell'estrema destra.
Le relazioni di Alessandro De Meo (Un Ponte per..) e Andrea Martocchia (Coordinamento nazionale Jugoslavia) hanno affrontato il tema dell’attività neofascista – in modo particolare di Casa Pound – “a difesa” dei monasteri cristiani in Kosovo dove hanno cercato di inserirsi in progetti di sostegno alla minoranza serba ma che di fatto si sono rivelati un affiancamento acritico della missione militare Kfor seguita ai bombardamenti della Nato sulla Serbia. Martocchia ha fatto un'ampia ricostruzione storica delle contraddizioni insanabili tra l’ossessione antislava del fascismo e l’attuale tentativo di presentarsi come difensori dell’identità cristiana contro la pulizia etnica messa in atto dal “governo del Kosovo”. Il neofascismo di oggi si manifesta diviso in due grandi correnti: una “guelfa” (cattolica, carolingia, tradizionalista) e una “ghibellina” (movimentista, antioccidentale, euroasiatica).
Nel pomeriggio è intervenuto Sergio Cararo per Contropiano/Rete dei Comunisti (vedi la relazione nella sezione documenti del giornale) che ha cercato delineare un'analisi del ruolo e delle connessioni dei fascisti del terzo millennio, partendo però dalla asimmetria evidenziata dalla relazione annuale dei servizi segreti che dedica ben cinque pagine alla “pericolosità sovversiva” dei gruppi della sinistra e solo mezza pagina ai gruppi neofascisti liquidati come innocui, impegnati esclusivamente nel sociale e al proselitismo attraverso il web. Una visione rassicurante smentita invece dai fatti ma indicativa di come gli apparati dello Stato ritengano ancora oggi – a quaranta anni dalla guerra di bassa intensità e dalla stagione delle stragi – i fascisti più integrati per il sistema dominante di quanto lo siano le organizzazioni della sinistra.
E’ toccato ai giovani storici come Claudia Cernigoi, Fabio De Leonardis e Davide Conti approfondire i molti aspetti mistificatori con cui i gruppi neofascisti oggi cercano di riscrivere la storia “ripulendola” dalle pagine più scomode e piegandola alle loro esigenze di camaleontismo. Claudia Cernigoi, storica “di frontiera” in tutti i sensi, ha ricostruito la genesi della forma più diffusa ed insidiosa di travisamento usata dalla destra: il comunitarismo. Il fondatore di questa corrente, l’ex SS belga Thiriart, parlava esplicitamente di puntare a infiltrarsi nei sindacati, nell’informazione e nei movimenti giovanili. Fabio De Leonardis ha decostruito nei dettagli come l’antisionismo dei fascisti non sia altro che antiebraismo mentre l’antisionismo antimperialista abbia tutt’altra ragione sociale e chiave di lettura, inclusa quella della denuncia della connessione tra il progetto coloniale sionista con il fascismo e il nazismo. Davide Conti, altro storico di nuova generazione, ha ricostruito le fasi decisive della guerra di bassa intensità scatenata dal 1966 dagli apparati dello Stato insieme ai neofascisti contro la sinistra. Interessante la ricostruzione – evocata anche da Pasolini nel suo famoso scritto del 1974 – sulla fase prima fascista e poi “antifascista” della stagione delle stragi. Sono poi intervenuti Enzo Brandi della Rete Nowar denunciando i danni provocati dalla rinuncia della sinistra a scendere apertamente in campo contro le aggressioni militari alla Libia e alla Siria che hanno consentito ai fascisti di occupare questo spazio, mentre Martina Pignatti (neopresidente del Ponte per…) ha segnalato la necessità di tenere i fascisti fuori da campagne come il Bds (Boicottaggio, disinvestimento, sanzioni) verso Israele perché ne distruggerebbero immagine ed efficacia. Pignatti ha anche sottolineato alcuni elementi di dissenso sulla Siria dall’intervento di Brandi. Infine c’è stata una interessante relazione di Ilaria della Brigate di Solidarietà Attiva che ha esposto un dossier in via di messa a punto sull’azione delle associazioni collaterali ai fascisti di Casa Pound sul terreno sociale ed umanitario. Associazioni come la Salamandra (nella protezione civile), Identità e Solidarietà (aiuti umanitari ai popoli), L’Uomo Libero, la Foresta che avanza (naturalismo ed escursionismo) vedono gli attivisti a tempo pieno di Casa Pound presentarsi con casacche diverse per cercare di fare poi sintesi politica “tra gli italiani” coinvolti nelle emergenze (vedi il terremoto in Emilia o l’alluvione a Olbia) e tra le persone di buona volontà che affidano a queste associazioni il loro contributo a operazioni umanitarie. Il dossier è ricchissimo e ben ragionato e per molti aspetti mette i piedi nel piatto delle questioni che il convegno di Arezzo voleva lanciare come allarme e come terreno di mobilitazione delle prossime settimane e nei prossimi mesi. Anche e soprattutto alla luce della necessaria e inevitabile competizione tra le opzioni progressiste e di classe e quelle reazionarie e xenofobe nelle soluzioni con cui fare fronte alla crisi economica, sociale e morale in corso. La “zona grigia” creatasi intorno alla “rivoluzione del 9 dicembre” ne è un esempio drammaticamente calzante.