I serbi hanno boicottato in massa le cerimonie ufficiali per i cento anni dall'attentato a Sarajevo, il 28 giugno 1914, che nella pubblicistica storica viene considerato - a torto - l'elemento scatenante dell'inizio della Grande Guerra, e, in cambio, hanno reso omaggio all'eroe Gavrilo Princip, il nazionalista che in quel giorno uccise l'Arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono asburgico, e la consorte Sofia.
I leader serbi-bosniaci e di Serbia hanno deciso di rendere omaggio a Princip, un serbo di Bosnia, a Visegrad, città della Bosnia orientale che ospita il celebre ponte costruito dagli ottomani sul fiume Drina (che dà il titolo al romanzo "Il ponte sulla Drina", del premio Nobel della Letteratura yugoslavo Ivo Andric). Già ieri diverse centinaia di persone hanno partecipato all'inaugurazione a Sarajevo est, nella zona serba della città bosniaca, di una statua alla sua memoria. Centinaia di persone sono intervenute oggi ad "Andricgrad", cittadina che il regista serbo Emir Kusturica, padrino della cerimonia, ha fatto costruire per l'occasione nel cuore di Visegrad e a cui ha dato il nome del celebre scrittore. I lavori sono iniziati nel 2011 e la location servirà per girare il prossimo film del cineasta di "Underground" (1995). La via principale di Andricgrad porta il nome di Mlada Bosna (Giovane Bosnia), organizzazione che ha fomentato l'attentato contro Francesco Ferdinando.
Goran Marković (*)
La Filarmonica di Vienna ha tenuto il concerto per il centenario … Di che cosa? Dell'attentato a Sarajevo o dell'inizio della Prima guerra mondiale?
Questa musica dei viennesi non è altro che un sberleffo al sacrificio di Gavrilo Princip e dei compagni. Questo non è altro che un proseguimento »culturale ed artistico« della revisione e falsificazione della storia degli appartenenti all'organizzazione Giovane Bosnia presentati come terroristi e guerrafondai, che avrebbero provocato la Prima guerra mondiale. Questa storia che sta prendendo piede di nuovo fra i politici gli intellettualoidi di Sarajevo oggi serve a soddisfare due scopi. Il primo sarebbe di dimostrare al mondo che la attuale élite politica di Sarajevo fa parte del »mondo civilizzato«, che ha accettato i valori europei, quindi condanna i terroristi, istruiti dalla Serbia. L'altro scopo è di brandire un colpo al nazionalismo serbo, visto che Princip e compagni sarebbero stati nazionalisti serbi, che avrebbero agito sotto la tutela del governo di Serbia e dell'organizzazione „La mano nera“ di Apis Dimitrijević.
Quindi, la Bosnia deve essere moderna, europea e libera dalle pretese granserbe e perciò bisogna fare un monumento a Ferdinando, il portatore della civiltà europea, ammazzato dal terrorista Princip.
Difficilmente si potrebbe inventare una tesi più servile e contraria alla verità, a rappresentare una spiegazione dell'attentato di Sarajevo e della Giovane Bosnia. Risulta che gli Stati capitalisti europei fossero oasi di pace e di libertà, mentre i fanatici bosniaci sono stati incitati dalla Serbia. La Serbia, fra l'altro, in quel momento, a causa delle due guerre balcaniche sanguinose, era la meno pronta ad una nuova guerra, tantomeno per la più grande guerra mai vista fino ad allora. Eppoi, quella guerra sarebbe scoppiata in tutta Europa soltanto a causa d'un attentato commesso in una periferia europea? Questo lo potrebbe considerare vero soltanto chi non sa assolutamente nulla della storia europea all'inizio di XX secolo, chi non ha alcuna nozione sul carattere imperialista degli Stati europei, Stato austro-ungarico compreso - o forse sa, ma semplicemente mente.
La stessa Austria-Ungheria che qualcuno in Bosnia reclama come portatrice della cultura e del progresso economico, si contraddistinse in quei tempi per una seria deficienza democratica proprio in Bosnia, mentre molte nazioni facenti parte di quell'Impero si sentivano oppresse. Nella Bosnia ed Erzegovina l'Austria-Ungheria aveva stabilito una specie di parlamento (Sabor) assolutamente inefficace, che non legiferava e che fu eletto sulla base di un sistema di voto circoscritto e limitato - chiamato sistema curiale, il quale sceglieva gli elettori in base ai loro redditi, alla loro istruzione, nonché alla loro professione. Quindi è impossibile dire che l'Austria-Ungheria ha portato un progresso civile alla Bosnia e Erzegovina.
Lo sparo di Princip rappresentava allora lo sparo contro una forza imperialista, che non conduceva una politica pacifista bensì una politica di oppressione e di sfruttamento in Bosnia ed Erzegovina più ancora che dalle altre parti. Lo sparo di Princip simboleggiava la resistenza all'oppressione nazionale, della quale hanno sofferto tutti i popoli slavi viventi sotto l'Impero austro-ungarico, ivi compresa anche una buona parte dei popoli jugoslavi nelle terre degli Slavi del Sud: Slovenia, Croazia, Bosnia ed Erzegovina e Vojvodina. Perciò, questo non fu lo sparo d'un terrorista, ma d'un uomo che amava il proprio popolo e che lottava per la sua liberazione. E non lottava soltanto per quella del proprio popolo, ma per la liberazione di tutti gli Slavi del Sud tenuti sotto il giogo dell'Austria-Ungheria.
Rispondiamo alla domanda di inizio testo. Cent'anni di che cosa bisogna segnare in questi giorni? Cent'anni dall'inizio della Prima guerra mondiale? Se le cose stanno così, i Giovani bosniaci dovrebbero essere incolpati persino per lo scoppio della Guerra mondiale. Oppure, se quelli sono stati strumento nelle mani del governo serbo, allora della guerra sarebbe stata responsabile la Serbia. Però, il 28 giugno non rappresenta il centenario dello scoppio della Prima guerra mondiale. La guerra non scoppiò il 28 giugno, ma il 28 luglio, con la dichiarazione di guerra dell'Austria-Ungheria alla Serbia. La guerra non inizia con l'attentato, bensì con la dichiarazione di guerra e con i preparativi di guerra. I preparativi di guerra devono essere preceduti da uno scopo politico, essi servono per raggiungere certi obiettivi. Quindi, responsabile per lo scoppio della guerra diventa colui che sta preparando la guerra, e, in definitiva, colui che inizia la guerra. La verità è che alla guerra non si preparava soltanto l'Austria-Ungheria, ma anche le altre potenze mondiali, visto che all'inizio del XX secolo tutto era già pronto per una nuova divisione del mondo. La Francia e l'Inghilterra volevano conservare il loro dominio nel mondo, mentre la Germania e l'Austria-Ungheria volevano metterlo in discussione. Quella fu una guerra imperialista, e lo sparo di Princip in tutto questo non poteva cambiare nulla, né è stato esso a provocare lo scatenamento degli appetiti imperialisti. La guerra intervenne in un momento che non conveniva affatto alla Serbia, visto che in quegli anni essa era appena uscita da due guerre, le mancavano gli uomini e le capacità materiali e certamente non aveva nessun desiderio di iniziare una guerra con un nemico talmente superiore ad essa nella potenza militare.
I falsari in Oriente
Al presidente Dodik le stelle hanno sorriso ancora una volta, sicché le elezioni si sono tenute proprio nel momento in cui stava cadendo il centenario dell'attentato. Lui si è affrettato ad erigere il monumento a Gavrilo Princip a Sarajevo Est, e quindi ad inviare un messaggio al proprio e agli altri popoli della Bosnia ed Erzegovina. Il suo messaggio si è ben inserito nel contesto: »La Repubblica Srpska farà di tutto per rafforzare la propria autonomia, finché non riuscirà ad essere indipendente.«
Lasciamo da parte il fatto che questo messaggio è anticostituzionale, visto che significa un invito alla spartizione dello Stato. Per la nostra storia è più importante capire come Dodik e i suoi strumentalizzano le gesta della Giovane Bosnia e dei suoi membri per i propri scopi politici odierni. Visto da un lato, potrebbe sembrare che Dodik propugna una specie di continuazione della lotta politica di Princip, partendo dal fatto che tutti e due difendono il popolo serbo dall'odioso nemico. E il quadro coincide a pennello con il fatto che uno degli Alti rappresentanti oggi in Bosnia è austriaco di nazionalità.
E' vero che siamo occupati, se non formalmente, senz'altro sostanzialmente, in un modo molto simile a come lo eravamo cent'anni fa, ai tempi di Princip. Ma né gli ideali di Princip né la sua politica hanno alcunché di simile con le posizioni delle élites politiche serbe nella Bosnia ed Erzegovina di oggi. I nazionalisti serbi semplicemente abusano del fatto che Princip e molti dei Giovani Bosniaci erano di nazionalità serba. Ma quelli non furono mai inclini alla disuguaglianza fra le nazionalità della Bosnia ed Erzegovina, proprio il contrario. La esclusività della nazione serba e dell'idea serba e la costituzione d'uno Stato esclusivamente serbo in Bosnia sono sempre stati estranei e lontanissimi ai membri della Giovane Bosnia e quindi ogni paragone con »i militanti odierni per l'interesse nazionale serbo« non è altro che una falsificazione storica.
Liberazione nazionale e sociale
I Giovani bosniaci erano, come è già stato detto, dei rivoluzionari. Alcuni di loro, come Gavrilo Princip e Vladimir Gaćinović, sono stati ispirati dalla letteratura anarchica, mentre altri sono stati socialisti (tenendo conto che i socialisti all'inizio del XX secolo erano rivoluzionari, a differenza di quelli dei nostri giorni). Loro vedevano enormi ingiustizie sociali ed erano nemici del vigente stato di cose nella società, anche se non avevano nozioni chiare su come combatterlo. Il lavoro nelle organizzazioni operaie era allora proprio agli albori come anche la creazione d'un legame fra le lotte contadine e operaie. In questo senso si potrebbe discutere se i metodi di lotta politica dei Giovani bosniaci fossero giusti, ma rimane fuor di dubbio che essi appartenevano ideologicamente ai movimenti di sinistra, ai movimenti rivoluzionari.
Secondo Veselin Masleša, comunista e marxista jugoslavo nonché eroe della Resistenza, i Giovani bosniaci discutevano fra di loro se fosse il caso di orientarsi al lavoro politico spicciolo, il che voleva dire scegliere nell'alternativa fra un lavoro politico di lungo termine per preparare la rivoluzione, istruire socialmente il popolo, creare le organizzazioni politiche ed altre per poter aspirare ad un cambiamento sociale, oppure, dall'altra parte, tentare un gesto come l'attentato, per arrivare in fretta ai cambiamenti politici e sociali. In questo senso l'attentato per loro rappresentava il mezzo per provocare grandi movimenti di massa e sconvolgimento sociale, e non era un mero assassinio politico.
In queste poche righe sulla natura del movimento dei Giovani bosniaci come organizzazione politica vogliamo mostrare che non si trattò d'un gruppo di »terroristi« radunati per ammazzare la gente, fra cui persino donne incinte (!), come oggi gli si imputa artatamente, bensì di un organizzazione rivoluzionaria che mancava d'una struttura ben ramificata e nel programma poteva soffrire di lacune ed imprecisioni ideologiche, ma aveva propri membri ai quali non mancava il coraggio, che pur partendo da posizioni ideali differenti e con differente grado di coscienza politica, erano uniti da un'unico pensiero – quello della liberazione nazionale e sociale dall'occupazione straniera.
Qualcuno potrebbe dire che guesti giovani non possedevano un chiaro programma politico e che adoperarono i metodi sbagliati nella lotta politica, ma non si possono contestare le loro idee; anche se non abbastanza chiare, quelle idee erano giuste, perché colui che lotta per la liberazione sociale e nazionale non può avere torto. Si possono discutere certe opinioni su come raggiungere lo scopo prefisso, ma nell'obiettivo storico esse sono incontestabili, se si prende il loro valore nei suoi tratti più salienti.
Infine, ma non meno importante: nessuno può contestare il sacrificio in prima persona di quei giovani, che avevano compiuto vent'anni appena (alcuni erano anche più giovani), che erano pronti a sacrificare ogni cosa, mentre avrebbero potuto fare una vita comoda - essendo istruiti abbastanza per i tempi che correvano - ottenendo i posti impiegatizi lautamente pagati. Una scelta simile risulta incomprensibile ai piccoli borghesi dei nostri tempi, che facilmente omettono questo dato di fatto. Probabilmente perché per loro stessi sarebbe inconcepibile poter compiere di un simile sacrificio.
(*) Goran Marković, dott.sc., insegnante all'Università di Sarajevo, Facoltà di Giurisprudenza
Sarajevo 100 anni dopo: chi fu e cosa rappresenta oggi Gavrilo Princip
A un secolo esatto dall'attentato di Sarajevo è ancora acceso il dibattito intorno alla figura di Gavrilo Princip, giovane che uccise Francesco Ferdinando
Sarajevo, 28 giugno 1914, l’arciduca Francesco Ferdinando d’Asburgo sta visitando la città. C’è nervosismo, poche ore prima il nobile è sfuggito a un attentato dinamitardo e ora si sta recando all’ospedale della città per visitare i feriti. Durante il tragitto, all’altezza del ponte latino, la macchina incrocia un ragazzo di diciannove anni. Il giovane riconosce la vettura, si avvicina, estrae la pistola e spara due colpi, uccidendo l’arciduca e la moglie Sofia. Inizia così la storia di Gavrilo Princip e del casus belli della Prima Guerra Mondiale. Ma chi era veramente questo ragazzo di appena diciannove anni? Un eroe jugoslavo o un terrorista accecato dal nazionalismo?
UN NAZIONALISTA? – È corretto identificare Gavrilo Princip come un nazionalista? Nel procedimento che lo vide condannato per l’omicidio dell’arciduca lui stesso dichiarò apertamente la sua identità, affermando: «Sono un nazionalista jugoslavo, che punta all’unificazione di tutti gli jugoslavi». Lontano dal nazionalismo aggressivo che si paleserà in Italia e Germania negli anni venti e trenta, quello di Gavrilo è al contrario assimilabile a quel sentimento che ispirò i movimenti anti-coloniali del Novecento. È ciò che viene definito “nazionalismo non-aggressivo“, e che si basa fondamentalmente sul principio di autodeterminazione dei popoli. In questo senso, come sottolineato anche da Filip Balunovic, Princip era un nazionalista come lo era Simon Bolivar, il simbolo della lotta anti-coloniale in Sud America, e può a pieno titolo essere inquadrato come il simbolo del Risorgimento jugoslavo contro l’Austria.
EROE JUGOSLAVO – Come scritto recentemente da Muharem Bazdulj, è corretto affermare che la Jugoslavia, tanto il Regno del 1918 quanto la Repubblica Socialista nata nel 1945, nasce dall’eco di quel colpo di pistola, dallo sparo di Princip. Non è un caso che nel 1920 i resti di Gavrilo, precedentemente tenuti in luogo segreto dagli austro-ungarici, vennero riesumati e trasportati a Sarajevo, dove furono sepolti con cerimonia solenne. Durante il Regno di Jugoslavia Princip viene considerato come un patriota e a ridosso del ponte latino viene inaugurata una targa commemorativa in suo onore. Nella seconda Jugoslavia, quella socialista, Gavrilo è considerato narodni heroji – eroe del popolo. Alla sua figura è dedicato un museo, le sue impronte vengono incise nel punto preciso dal quale sparò, ed il ponte latino cambia nome, diventando principov most cioè il ponte di Princip. La sua abitazione nella sua città natale diviene un museo che attira visitatori da tutto il mondo.
IL REVISIONISMO POST-JUGOSLAVO – Il mito di Princip segue la Jugoslavia in tutto e per tutto, condividendone, anche se solo parzialmente, la triste fine. Con la disintegrazione dello Stato federale inizia una fase di forte revisionismo. Durante la guerra le orme di Gavrilo vengono nuovamente rimosse e la sua casa natale viene data alle fiamme dai paramilitari croati. E dire che nel 1970 Safet Isovic, uno dei più conosciuti musicisti bosniaci, musulmano, scrisse un brano su Princip, in cui lo definisce «un giovane eroe della Bosnia, fonte di orgoglio per i suoi connazionali» proseguendo nel finale con i versi «prigione dolorosa, preziosa libertà. A Princip rende onore il suo Paese, dove il Milajacka scorre, c’è ancora l’orma delle sue scarpe».
LA SOSTITUZIONE DELLA TARGA – Il particolare significato simbolico della storia di Princip è racchiuso nel destino della targa commemorativa di quel particolare giorno. Nella versione apposta dal governo jugoslavo vi era scritto: «Da questo posto il 28 giugno 1914 Gavrilo Princip sparando ha espresso la protesta popolare contro la tirannia e l’aspirazione secolare dei nostri popoli per la libertà». La targa è posta quindi a ricordo della volontà di un popolo, quello jugoslavo, di liberarsi dall’occupante. La quantità di significati che racchiude è dimostrata dalla rapidità con cui i nazisti la rimossero una volta entrati a Sarajevo nel 1941. Dopo la guerra dei primi anni novanta, e la nascita della Bosnia indipendente, la targa venne cambiata. La nuova incisione recita: «Da questo posto il 28 giugno 1914 Gavrilo Princip ha assassinato l’erede al trono Francesco Ferdinando e sua moglie Sofia». Com’è evidente, il significato di liberazione viene meno, ciò che rimane è solo il ricordo di un omicidio.
COSA RAPPRESENTA GAVRILO PRINCIP OGGI? – Si può affermare con sicurezza che attualmente a Sarajevo, così come in Bosnia, esistano due Gavrilo Princip. Nella parte a maggioranza musulmana è in programma per oggi un concerto dell’orchestra filarmonica di Vienna, che si esibirà sulle note di “Dio salvi l’Imperatore” di Joseph Haydn. Non è raro da quelle parti sentire oggi discorsi che rimpiangono la tolleranza ed il carattere multi-culturale dell’Impero Asburgico, così come è probabile sentir parlare di Gavrilo come di un terroristaaccecato dall’ultra-nazionalismo serbo, responsabile unico dello scoppio della prima guerra mondiale. Di tutt’altro sapore questo anniversario viene sentito nella parte serba della città, nella quale ieri è stata inaugurata una statua in onore di Princip, ricordato come un eroe nazionale che ha sacrificato se stesso per l’unificazione dei serbi. Terrorista e martire, due immagini opposte che in questa storia sono racchiuse nella stessa figura. Quella di un eroe del popolo jugoslavo.
Carlo Perigli
@c_perigli