Aggiornamenti da Ucraina e Donbass / 2: Le elezioni e il dopo
Zakharchenko: nel Donbass non si terranno le elezioni di Kiev
Le autorità della Repubblica di Donetsk hanno riferito che non permetteranno alle istituzioni ucraine l'organizzazione e lo svolgimento delle prime elezioni locali nella regione del Donbass il 7 dicembre. Lo ha affermato oggi all'agenzia "Interfax" il Primo Ministro della Repubblica di Donetsk, Alexander Zakharchenko.
"Abbiamo il nostro Consiglio Supremo e ci accingiamo a decidere da soli come e quando condurre le nostre elezioni. Nessuna elezione organizzata da Kiev verrà presa in considerazione" - ha detto Zakharchenko.
Il Premier della DNR ha aggiunto che non prenderà parte alle riunioni del gruppo di contatto sull'Ucraina, che si prevedono nel prossimo futuro.
http://novorossia.su/ru/node/6714
Petro Simonenko, leader del Partito Comunista di Ucraina, si è rivolto ai cittadini del suo paese in vista delle elezioni parlamentari del 26 ottobre…
http://www.marx21.it/comunisti-oggi/in-europa/24644-il-leader-del-partito-comunista-di-ucraina-rivolge-un-appello-agli-elettori.html
The election campaign, ending this week in today's pro-Western Ukraine, is characterized by extremist nationalism. According to opinion polls, the party of the politician, who had promoted himself using videos of his violations of the human rights of alleged pro-Russian separatists, is set to become second in Sunday's elections. Considering the civil war's nationalist upsurge, other parties have begun accepting militiamen into their ranks. The commander of the fascist Asov Battalion, for example, is a member of the "military council" of Prime Minister Arseniy Jazenjuk's party. Last week, Asov Battalion militia members participated in the violent attacks on the Ukrainian parliament. During the election campaign, it was alleged that Kiev's troops had used internationally banned cluster munitions in the Donetsk region. New social cuts are anticipated - regardless of the winner of the elections - to pay for the essential supplies of Russian gas. Berlin and the EU, whose hegemonic sphere Ukraine joined this year, are refusing to give Kiev additional material assistance. Aside from these issues, the former Polish foreign minister, Radoslaw Sikorski, admitted that he had completely invented the serious allegations he made against the Russian president. German media have widely reported on these allegations…
http://www.german-foreign-policy.com/en/fulltext/58793
27 Ottobre 2014 – da www.kpu.ua – Traduzione dal russo di Mauro Gemma
http://www.marx21.it/internazionale/area-ex-urss/24674-petro-simonenko-le-elezioni-in-ucraina-non-sono-democratiche-e-legittime.html
http://en.ria.ru/world/20141027/194677905/Right-Sector-Leader-Yarosh-Becomes-Member-of-Ukraines-Parliament.html
http://www.marx21.it/internazionale/area-ex-urss/24681-la-farsa-elettorale-in-ucraina.html
http://www.wsws.org/en/articles/2014/10/28/ukra-o28.html
http://www.resistenze.org/sito/te/po/uc/poucem04-015293.htm
--- DONBASS:
Ucraina: Mosca riconoscerà voto ribelli del 2 novembre. A breve elezioni parlamentari e presidenziali (ANSA, 28 ottobre 2014)
http://www.ansa.it/sito/notizie/cronaca/2014/10/28/ucraina-mosca-riconoscera-voto-ribelli-del-2-novembre_46131107-57df-481a-9ede-c443ba88d030.html
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=Vpi4ZpcEYO0
http://www.marx21.it/internazionale/area-ex-urss/24704-ghennady-zyuganov-le-elezioni-nelle-repubbliche-di-donetsk-e-lugansk-sono-una-vittoria-della-vera-democrazia.html
http://www.marx21.it/internazionale/area-ex-urss/24700-il-partito-comunista-della-federazione-russa-riconosce-le-elezioni-nella-repubblica-popolare-di-donetsk.html
http://italian.ruvr.ru/2014_11_06/Che-cosa-sappiamo-delle-elezioni-nel-Donbass-7620/
http://www.workers.org/articles/2014/10/29/fraudulent-ukraine-elections-donbass-republics-brace-new-attack/
http://contropiano.org/internazionale/item/27232-l-ucraina-e-piu-nera-poroshenko-azzoppato-cerca-alleati-a-destra
http://www.wsws.org/en/articles/2014/11/04/ukra-n04.html
http://popoffquotidiano.it/2014/11/04/lucraina-svolta-ancora-piu-verso-destra-nazi-sempre-piu-al-potere/
http://www.german-foreign-policy.com/de/fulltext/58985
Ucraina: pronto il governo di destra, i soldati sparano agli osservatori OSCE (di Marco Santopadre, 24 Novembre 2014)
http://contropiano.org/internazionale/item/27707-ucraina-pronto-il-governo-di-destra-i-soldati-sparano-agli-osservatori-osce
Storica la giornata di oggi nel Donbass dove, salvo «interferenze esterne» si tengono le elezioni nelle Repubbliche popolari di Donetsk e di Lugansk e la cui data, scrive Kommersant, basandosi su una fonte, sembra, vicina addirittura agli ambienti presidenziali ucraini, era prevista negli accordi di Minsk del 5 settembre scorso, a differenza di quella del 7 dicembre su cui ora insiste Kiev.
La campagna elettorale è proseguita anche ieri, senza il canonico «giorno di silenzio»: le cannonate governative lo hanno escluso. A parere del Ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov, il voto del 2 novembre costituirà una legittimazione della leadership delle due repubbliche, così come i referendum del maggio scorso avevano sancito la volontà delle popolazioni del Donbass di separare i propri destini dalle forze golpiste di Kiev. Il leader della Crimea Sergej Aksenov ha sottolineato il «legittimo diritto delle Repubbliche popolari all’autodeterminazione».
Diverso, ovviamente, il parere di Poroshenko e della Ue: Mogherini, nel congratularsi telefonicamente con lui per «la democraticità delle elezioni» alla Rada, ha escluso che gli accordi di Minsk prevedessero elezioni nel Donbass e la Commissione europea minaccia di inasprire le sanzioni, se Mosca le riconoscerà. Washington insiste sulla data del 7 dicembre, secondo lo status speciale del territorio previsto negli accordi di Minsk; pressoché identica la posizione dell’Osce. Il Segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon ha espresso «preoccupazione» per le elezioni in Novorossija.
Secondo osservatori russi, il protocollo di Minsk non indica una data precisa per le elezioni e dice solo che è necessario «garantire lo svolgimento di elezioni locali in conformità con la legge sullo status speciale». «Su questo punto cominciano le divergenze» scrive il Pc russo; «Il 16 settembre la Rada adottò la legge «sui poteri speciali delle autorità locali e le misure di ripristino in una serie di zone del Donbass», in cui si fissava la data del 7 dicembre. Ma i rappresentanti delle Repubbliche popolari rifiutarono di riconoscere un atto alla cui redazione non avevano preso parte.
Successivamente hanno definito quella legge «giuridicamente inconsistente»: l’articolo 1 stabilisce infatti che la Rada fisserà l’elenco delle regioni dotate di status speciale; ma ciò non è stato fatto e quindi la legge è giuridicamente nulla».
E comunque, a parere del vice direttore dell’istituto per i Paesi della Csi, Igor Shishkin, le elezioni nel Donbass, indipendentemente dal fatto che si tengano il 2 novembre o il 7 dicembre, non saranno riconosciute dall’Occidente, per il semplice fatto che questo sta dietro al golpe di Majdan.
D’altra parte, c’è chi giudica non conseguente la posizione del Cremlino rispetto alla Novorossija: sul sito legato al Pc russo «Stampa libera», il direttore del Centro di ricerche di cultura politica, Sergej Vasiltsov, scrive che «i nostri politici non sanno fino in fondo cosa vogliano»: è il caso anche delle recenti elezioni alla Rada suprema, che alcuni esponenti qualificano dapprima “sleali e ciniche” e poi lo speaker della Duma si dichiara pronto alla collaborazione con la Rada. Se in un primo tempo si può pensare a un piano ingegnoso, poi ci si rende conto dell’assenza di qualsiasi piano».
Comunque, i sondaggi per l’elezione del Consiglio popolare e del capo della Repubblica di Donetsk indicano un 39% di intenzioni di voto per «Repubblica di Donetsk»; 31,6% per «Donbass libero«, contro un 29% di indecisi. Per la carica presidenziale, in testa l’attuale premier Aleksandr Zakharcenko con il 51% delle intenzioni di voto. In un paese in cui la pensione media (che non si vede da alcuni mesi) non arriva ai 60 euro e il salario supera di poco i 200 e in cui al 31 ottobre l’Onu ha calcolato 4.035 morti e 9.336 feriti, gli elettori si attendono dal nuovo parlamento «la pace e la soluzione dei problemi quotidiani». Vari partiti russi, tra cui Pc, Ldpr, Russia giusta e Patria (la delegazione di quest’ultimo, ieri l’altro è stata presa a fucilate prima di giungere a Donetsk) hanno annunciato l’invio di osservatori al voto.
«Dopo tutto, è grazie a Lenin che il nostro paese ha ricevuto molte regioni. Guardate la carta dell’Ucraina – dove si trova il Donbass, per esempio? I bolscevichi hanno donato all’Ucraina quasi la metà del territorio» dice il segretario del Pc ucraino Petr Simonenko.
Pochi dubbi che proprio il Donbass sembri rispondere a quelle caratteristiche di «nazione» – una comunità stabile di gente, formatasi storicamente sulla base della comunanza di lingua, territorio, vita economica e struttura psichica — che già nel 1913 nient’altri che Stalin indicava come determinanti per proclamare il diritto all’autonomia regionale, soprattutto in presenza di un potere centrale uscito da un golpe.
fonte: pagina FB "Con l'Ucraina antifascista", 2/11/2014
https://www.facebook.com/ucrainaantifascista/posts/718811271533463
<< La testata online GLAGOL titola, commentando le elezioni di oggi nel Donbass, che "L'affluenza alle urne nella Rep. Popolare d Lugansk fa invidia a molte repubbliche riconosciute".
Alle ore 20.00 (di Mosca) avevano votato 628.238 mila cittadini, pari al 61,74%, dati elevati anche considerando la situazione di guerra nell'intera regione del Donbass. I dati sono forniti da Sergej Kozjakov, capo della Commissione Elettorale Centrale della RPL. Tra i profughi fuggiti in Russia, l'affluenza oscilla dal 67 al 70 %. Alla cara di Presidente della Repubblica, ricordiamo che sono candidati l'attuale capo di stato I. Plotnickij, il capo dela Federazione Sindacale Akimov, l'attuale Ministro della Salute Larisa Ajrapetjan e l'imprenditore V. Penner. Tre invece le liste, per i 50 seggi del Consiglio Popolare. >>
http://glagol.su/2014/11/02/yavke-na-vyiboryi-v-lnr-mogut-pozavidovat-mnogie-priznannyie-respubliki/
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http://italian.irib.ir/notizie/politica5/item/172182
2 Novembre 2014
Ucraina: exit poll, trionfo capo separatisti Zakharcenko a Donetsk
DONETSK - Il premier dell'autoproclamata repubblica popolare di Donetsk, Alexandr Zakharcenko, è stato eletto presidente con l'81,37% dei voti secondo un exit poll i cui risultati sono stati resi noti dal presidente della commissione elettorale, Roman Liaghin, citato dalla tv filo-Cremlino Russia Today.
Sul voto le autorità di Kiev hanno aperto un'inchiesta per "azioni miranti a cambiare l'ordine costituzionale e a prendere il potere". Lo ha annunciato su Facebook Markian Lubkivski, un alto dirigente dei servizi segreti ucraini (Sbu). Già ieri il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale ucraino Volodimir Poliovi aveva annunciato l'apertura in un prossimo futuro di un'inchiesta contro gli organizzatori del voto separatista per "azioni mirate a prendere il potere con la forza organizzate da un gruppo di persone" in base "al comma 3 dell'articolo 109 del codice penale ucraino". Kiev denuncia anche che "continua un intenso spostamento di mezzi militari e truppe dal territorio russo" nel sud-est ucraino controllato dai separatisti. Lo riferisce il portavoce del Consiglio di sicurezza ucraino, Andrii Lisenko, citato dall'agenzia Unian.
Ma alla fine l’affluenza alle urne è stata alta, più alta delle aspettative, dopo i partecipati referendum indipendentisti di maggio un ennesimo atto di separazione dalle sorti di un’Ucraina governata da un regime nazionalista e russofobo. Assai più alta rispetto a quel misero 52% registrato esattamente una settimana prima per le elezioni legislative dalle quali era emersa una Rada ancora più a destra e dominata dagli oligarchi, sebbene sotto l’ombrello formale dell’Unione Europea. Lo ha spiegato al regime maidanista - e forse pure a Mosca - Roman Ljaghin, Presidente della Commissione elettorale centrale di Donetsk quando ha detto: «Kiev deve mettersi l’animo in pace: il Donbass non fa più parte dell’Ucraina.
Mettendo insieme i dati delle Repubbliche di Donetsk e Lugansk si supera il 60% di affluenza alle urne, con lunghe file di elettori che attendevano il loro turno già al mattino presto. Un risultato che – considerando l’assedio militare che dura ormai da molti mesi, le migliaia di morti e le distruzioni – smentisce coloro che continuano a parlare di uno scarso sostegno della popolazione delle zone ribelli nei confronti della scelta ‘separatista’. A decine di migliaia hanno votato anche dalle regioni di confine della Russia - Rostov sul Don, Voronezh e Belgorod - dove sono quasi un milione gli ucraini rifugiati dopo esser scappati dai bombardamenti, dai combattimenti e dai pogrom antirussi dell’esercito e delle formazioni fasciste di Kiev, e anche dall’estero.
Il regime di Kiev ha reagito stizzito all’alta partecipazione popolare al voto organizzato da quelli che il governo Yatseniuk continua a chiamare ‘terroristi’ ed ha addirittura avvisato che dichiarerà “persone non grate” le centinaia di osservatori internazionali arrivati in Donbass da Roma (tutti forzisti, nessuna traccia dei partiti di sinistra italiani), Praga, Berlino, Mosca, Atene, Belgrado, Washington, Vienna e Sofia, che hanno parlato tutti di elezioni trasparenti e democratiche. Non si sono registrati incidenti particolari, tranne la scoperta e la neutralizzazione di due commandos di sabotatori armati e pronti ad attaccare i seggi in due cittadine, Marinovka e Yelenovka.
Nonostante questo l’Unione Europea, gli Stati Uniti e una lunga sfilza di istituzioni internazionali hanno tuonato contro le elezioni di domenica, tacciate di farsa, di provocazione, di attentato alla pace e all’unità dell’Ucraina e definite “illegali e illegittime”. Non si sono discostati dal coro, naturalmente, né Renata Mogherini né il suo successore alla Farnesina Paolo Gentiloni.
Da parte sua invece il governo di Mosca – che ieri ha spedito nel Donbass un nuovo convoglio di camion carichi di aiuti umanitari per la popolazione assediata – ha riconosciuto la validità delle elezioni separate di domenica, dopo aver accettato l’esito di quelle organizzate in Ucraina dai nazionalisti sotto l’egida di Ue e Nato, e si è detta delusa dalla reazione scomposta dell'Occidente.
Dal punto di vista politico dopo l’esclusione “tecnica” dei partiti ereditati dal panorama politico ucraino - compresi i comunisti che avrebbero compiuto alcuni errori nella presentazione delle loro candidature - ad affermarsi nelle due repubbliche sono state liste collegate con i due leader vincitori. Quindi «Repubblica di Donetsk» capeggiata da Zakharcenko e «Pace a Lugansk» guidata da Plotnitskij hanno stravinto sbaragliando gli avversari. Il 38enne responsabile della difesa di Donetsk prima della sua scelta alla guida della Repubblica Popolare di Donetsk e il 50enne ex ministro della Difesa della Repubblica di Lugansk hanno guidato coalizioni eterogenee, improntate al nazionalismo, in molti casi all'antifascismo e ad una certa ‘nostalgia’ nei confronti dell’Unione Sovietica, con la presenza anche di ampi settori di sinistra. Esclusi dal voto invece Pavel Gubarev e il suo movimento ‘Nuova Russia’, collegati invece con movimenti nazionalisti russi decisamente più reazionari.
Chiuse le operazioni di voto i militari e gli estremisti di destra inquadrati nei battaglioni punitivi hanno subito intensificato i bombardamenti su Donetsk e su altre località del Donbass, dove si teme l’inizio imminente di una massiccia offensiva governativa. Stamattina numerosi sono stati i colpi di mortaio e di cannone sparati contro l’aeroporto della maggiore città ribelle. Inizio modulo
Ieri il presidente ucraino Petro Poroshenko aveva d’altronde annunciato che Kiev intende rivedere l'accordo di pace siglato a Minsk a inizio settembre e mai rispettato.
Ukraine communists comment on elections in Donetsk and Lugansk
On Nov. 2, against the backdrop of the U.S. and NATO’s provocative “Iron Sword” war games in nearby Lithuania, residents of the Donetsk and Lugansk People’s Republics (DNR and LC) went to the polls for the first elections since declaring independence from Ukraine.
Donetsk Prime Minister Alexander Zakharchenko won 75 percent of the vote, while in Lugansk, Prime Minister Igor Plotnitsky won with 63 percent. Both incumbents’ parties won strong majorities in the Supreme Soviet. Washington, the European Union and the Organization for Security and Cooperation in Europe all joined Ukraine’s far-right regime in denouncing the vote as “illegitimate.”
Workers World is publishing a statement issued by the revolutionary Marxist organization Union Borotba (Struggle), analyzing this important development. WW contributing editor Greg Butterfield translated the statement.
On the elections in the Donetsk and Lugansk People’s Republics
Despite continued shelling in areas of Donbass by Kiev’s armies, there was mass participation by residents of the Donetsk and Lugansk People’s Republics in the Nov. 2 elections. All TV channels broadcast footage of the long lines at polling stations in the DNR and LC.
The activity of Donbass residents at the polls shows that, despite all the hardships of the civil war, they have remained faithful to the choice made in the May 11 referendum [for independence from Ukraine].
Despite the war and internal turmoil, despite the fact that transformations in the interests of the people have not really begun, the people’s republics remain much more attractive to the people of Donbass than the state of Ukraine, which is under the full control of the new neoliberal bureaucrats and far-right politicians.
Voter turnout in the DNR and LC contrasts vividly with the de facto boycott of the Oct. 26 elections to the Verkhovna Rada [parliament] of Ukraine by residents of the southeast regions remaining under the rule of the nationalist regime in Kiev. The power of the nationalists in Odessa and Kharkov, Dnepropetrovsk, Kherson and Nikolayev is based on fear and terror. The power of the militias and civilian institutions of the DNR and LC, by contrast, has the support of the population.
However, despite the high voter turnout, the elections in the DNR and LC revealed serious shortcomings in the political system of people’s republics. These deficiencies are caused first of all by the continuation of the war, despite the formal truce.
Some of the militia commanders objected to holding the electoral campaign under these conditions, since significant areas of the republics are under Kiev’s control, and the militia fighters — the most active part of the population — would not be able to fully take part in the elections.
As a result, the campaign did not become a public debate on the development of the people’s republics. Several political parties and individual leaders of the militia were not included on the ballot. Especially troubling was the exclusion of the Communist Party of the DNR from the race.
The elections show that the original democratic, anti-fascist and anti-oligarchic direction of the uprising in Donbass is under threat. There are major forces, and not only within the DNR and LC, that do not want the people’s republics to become an example of revolutionary anti-capitalist development and grassroots democracy. In the republics there are forces that are trying to replace the anti-oligarchic and anti-fascist tendencies of the popular uprising with archaic ideas, thus directing the energy of the masses onto a track that is safe for the old elites.
The winners of the elections will have to justify the trust which the citizens of the DNR and LC gave them in the Nov. 2 election. This means, first of all, to waste no time implementing the promised nationalizations and building of a people’s economy. Not in words but in deeds, the oligarchs and their henchmen must be removed from the decision-making process. On this depends the fate of the people’s republics, which the people showed their support for on May 11 and again on Nov. 2.
The Nov. 2 election showed that the people of Donbass believe that “another world is possible,” so all is not lost.
On elections in Donetsk and Lugansk
On Nov. 2, against the backdrop of the U.S. and NATO’s provocative “Iron Sword” war games in nearby Lithuania, residents of the Donetsk and Lugansk People’s Republics (DNR and LC) went to the polls for the first elections since declaring independence from Ukraine.
Donetsk Prime Minister Alexander Zakharchenko won 75 percent of the vote, while in Lugansk, Prime Minister Igor Plotnitsky won with 63 percent. Both incumbents’ parties won strong majorities in the Supreme Soviet. Washington, the European Union and the Organization for Security and Cooperation in Europe all joined Ukraine’s far-right regime in denouncing the vote as “illegitimate.”
Workers World is publishing a statement issued by the revolutionary Marxist organization Union Borotba (Struggle), analyzing this important development. WW contributing editor Greg Butterfield translated the statement.
Despite continued shelling in areas of Donbass by Kiev’s armies, there was mass participation by residents of the Donetsk and Lugansk People’s Republics in the Nov. 2 elections. All TV channels broadcast footage of the long lines at polling stations in the DNR and LC.
The activity of Donbass residents at the polls shows that, despite all the hardships of the civil war, they have remained faithful to the choice made in the May 11 referendum [for independence from Ukraine].
Despite the war and internal turmoil, despite the fact that transformations in the interests of the people have not really begun, the people’s republics remain much more attractive to the people of Donbass than the state of Ukraine, which is under the full control of the new neoliberal bureaucrats and far-right politicians.
Voter turnout in the DNR and LC contrasts vividly with the de facto boycott of the Oct. 26 elections to the Verkhovna Rada [parliament] of Ukraine by residents of the southeast regions remaining under the rule of the nationalist regime in Kiev. The power of the nationalists in Odessa and Kharkov, Dnepropetrovsk, Kherson and Nikolayev is based on fear and terror. The power of the militias and civilian institutions of the DNR and LC, by contrast, has the support of the population.
However, despite the high voter turnout, the elections in the DNR and LC revealed serious shortcomings in the political system of people’s republics. These deficiencies are caused first of all by the continuation of the war, despite the formal truce.
Some of the militia commanders objected to holding the electoral campaign under these conditions, since significant areas of the republics are under Kiev’s control, and the militia fighters — the most active part of the population — would not be able to fully take part in the elections.
As a result, the campaign did not become a public debate on the development of the people’s republics. Several political parties and individual leaders of the militia were not included on the ballot. Especially troubling was the exclusion of the Communist Party of the DNR from the race.
The elections show that the original democratic, anti-fascist and anti-oligarchic direction of the uprising in Donbass is under threat. There are major forces, and not only within the DNR and LC, that do not want the people’s republics to become an example of revolutionary anti-capitalist development and grassroots democracy. In the republics there are forces that are trying to replace the anti-oligarchic and anti-fascist tendencies of the popular uprising with archaic ideas, thus directing the energy of the masses onto a track that is safe for the old elites.
The winners of the elections will have to justify the trust which the citizens of the DNR and LC gave them in the Nov. 2 election. This means, first of all, to waste no time implementing the promised nationalizations and building of a people’s economy. Not in words but in deeds, the oligarchs and their henchmen must be removed from the decision-making process. On this depends the fate of the people’s republics, which the people showed their support for on May 11 and again on Nov. 2.
The Nov. 2 election showed that the people of Donbass believe that “another world is possible,” so all is not lost.