1967.-KOSOVSKA MITROVICA-TREPČA-ZVEČAN-SPOMENIK KOSOVSKIM JUNACIMA -PRIŠTINA-PRIZREN-SPOMENIK BORI I RAMIZU -SINAN PAŠINA DŽAMIJA-CRKVA BOGORODICA LJEVIŠKA-MANASTIR DEČANI-ĐAKOVICA-RUGOVSKA KLISURA-PEĆ-PEĆKA PATRIJARŠIJA
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Kosovo : les mines de Trepça, « c’est l’histoire, c’est la vie, c’est tout pour nous » (Par Nerimane Kamberi / CdB, 27 janvier 2015)
Serbia e Kosovo: il nodo delle miniere di Trepča
Il 19 gennaio, il premier kosovaro Isa Mustafa ha annunciato che la questione relativa all’acquisizione totalitaria del complesso minerario di Trepča, di proprietà (in gran parte) dello Stato serbo, è stata espunta dal provvedimento generale sulla riorganizzazione delle imprese pubbliche, adottato il 15 gennaio. Verrà riconsiderata invece a Bruxelles, con la mediazione dell’UE, nel quadro del negoziato Pristina-Belgrado, prossimo incontro fissato per il 9 febbraio. Una scelta più moderata, dopo che nei giorni scorsi il governo serbo aveva alzato la voce contro l’intenzione del Kosovo di acquisire, unilateralmente, il 100% dell’impianto minerario, situato nella “problematica” zona del Kosovo del Nord. Il complesso si trova infatti presso Mitrovica, città divisa in due dal fiume Ibar ed abitata da serbi (a nord) e kosovari di etnia albanese (a sud).
Il complesso ha rivestito nel tempo un’importanza rilevante. L’apice dell’importanza è stato raggiunto negli anni Settanta, nel pieno periodo titino, quando nel complesso, costituito da quaranta miniere d’oro, argento, piombo, zinco e cadmio, lavoravano oltre 20.000 operai. Fino al 1998-1999, prima dello scoppio della guerra, addirittura l’80% dell’economia kosovara dipendeva dall’estrazione mineraria. Ed a sua volta le miniere kosovare costituivano il 70% dell’intera attività minerario-estrattiva dell’intera Jugoslavia. Le vicende belliche e le questioni etniche si sono riverberate in maniera rovinosa anche sull’immenso complesso. La situazione attuale è quella di un patrimonio di fatto non adeguatamente sfruttato. Lo stabilimento di Mitrovica nord, che impiega in maggioranza serbi, è decadente, ma fornisce lavoro a circa mille persone. Quello di Mirtovica sud, che impiega in maggioranza kosovari di etnia albanese, sembra in condizioni migliori.
La notizia dell’intenzione del governo kosovaro di acquisire interamente la proprietà delle miniere di Trepča era stata, senza troppo stupore, accolta male dalle autorità serbe. Infatti prima che il premier kosovaro annunciasse la decisione di accantonare -per il momento – la questione, Marko Djuric, Direttore dell’Ufficio serbo per Kosovo, l’aveva definita una vera e propria “confisca”, dal momento che dal complesso industriale dipendono le sorti economiche di circa 4.000 serbo-kosovari (circa 20.000 se si considera l’indotto), aggiungendo che tale operazione, se dovesse essere realizzata, andrebbe ad inficiare gravemente l’intero processo di normalizzazione delle relazioni tra Serbia e Kosovo. Il 56% circa del capitale sociale del complesso minerario è inoltre di proprietà del “Fondo per lo sviluppo della Repubblica di Serbia”, complesso a cui corrisponde un ammontare di debiti di circa 400 milioni di dollari.
In Serbia non sono mancate altre reazioni. Il complesso di Trepča era stato inizialmente incluso nella lista delle 502 aziende da privatizzare nell’ambito del piano di privatizzazioni avviato dal governo serbo. Pare ci fossero anche manifestazioni di interesse provenienti da Ungheria, Canada, Svizzera e Stati Uniti. Belgrado aveva però deciso, in seguito, di escludere dal piano 19 aziende localizzate in Kosovo, al fine di evitare intoppi con Pristina (e soprattutto con Bruxelles). “Se però le autorità di Pristina non si asterranno dall’acquisire unilateralmente la proprietà di Trepča, l’Agenzia serba avvierà nuovamente le procedure per privatizzare il complesso. La Serbia è tenuta a proteggere le sue proprietà”, ha avvertito il Ministro dell’Economia serbo, Željko Sertić.
La decisione del governo kosovaro di sospendere l’acquisizione potrebbe temporaneamente calmare le acque. Via del compromesso cui non giovano sicuramente le parole – poco diplomatiche – dell’attuale Ministro degli Esteri kosovaro (ed ex premier) Hashim Thaçi, che ha affermato: “su Trepča non si negozia con la Serbia, poiché Trepča è una ricchezza del Kosovo”.
Sempre il 19 gennaio, David McAllister, relatore del Parlamento Europeo, dopo aver presentato la propria relazione sui progressi della Serbia sul percorso di adesione europea, si è augurato che i capitoli negoziali vengano aperti entro giugno, aggiungendo che “la Serbia non dovrebbe considerare la questione della nazionalizzazione di Trepča come una condizione per la normalizzazione delle relazioni tra i due Paesi, altrimenti verrebbe meno il dialogo, una delle condizioni per il prosieguo del percorso europeo della Serbia”. Questione al momento rimandata, quindi. Il braccio di ferro tra Pristina e Belgrado sulla questione Trepča sembra però ben lungi dall’essere risolto.
KOSOVO: Tensioni con la Serbia sulla nazionalizzazione delle miniere di Trepča
Da BELGRADO - Da alcuni giorni le tensioni tra Serbia e Kosovo sono tornate sulle prime pagine di tutti i media locali. Questa volta, a provocare le tensioni è stata una decisione del governo di Pristina che avrebbe trasformato in azienda pubblica e dunque in proprietà della Repubblica del Kosovo, il mastodontico complesso minerario-industriale di Trepča/Trepça, situato a Mitrovica nel nord del Kosovo. É cosi che un problema di natura economica si è trasformato in una crisi politica che nel corso dello scorso fine settimana ha rischiato di causare l’ennesima rottura tra Belgrado e Priština.
Che cos’è Trepča e cosa rappresenta?
Il complesso minerario industriale di Trepča è stato una delle più grandi società della Jugoslavia socialista che al culmine della propria storia dava lavoro a circa 23.000 dipendenti e produceva circa il 70% delle risorse minerarie utilizzate e distrubuite in Jugoslavia. Trepča all’epoca era un conglomerato di circa 40 miniere e fabbriche distribuite sul territorio di Serbia e Kosovo, il cui cuore pulsante ruotava attrono al complesso minerario situato ad est di Mitrovica, nel nord del Kosovo.
Dal 1999 la situazione di Trepča è diventata ancora più complessa: il mastodontico complesso venne di fatto suddiviso “su base etnica”, tra parte serba ed albanese, tralasciando quindi tutto l’aspetto tecnologico necessario a garantire la produttività del sito. Trepča è quindi stata ufficiosamente suddivisa sull’asse nord – sud, dove la parte meridionale albanese comprende il 70% delle capacità produttive, ma anche quattro miniere tra le quali la più grande e famosa, “Stari Trg”. La parte settentrionale “Trepča Sever” è legalemente una holding serba che assume ufficialmente 1.200 dipendenti, che di fatto sono 4.000. Grazie infatti ad un sistema di rotazione mensile, in base al quale i dipendenti si sostituiscono ogni 30 giorni, si garantisce la sopravvivenza di larga parte della popolazione serba del nord del Kosovo. Trepča risulta dunque una risorsa fondamentale per ambo le parti.
Trepča oggi
Quindi, seppur ufficialmemte considerata un’unica entità, in Trepča convivono di fatto due componenti tecnologico-economiche. Per questo motivo le compenenti di Trepča si trovano cosi a dover rispettare le leggi della repubblica di Serbia così come la normativa kosovara e quella della missione UNMIK che ha prima posto sotto amministrazione speciale parte del complesso e poi e’ rimasta parte della sua gestione.
I problemi politici, legislativi ed economici legati al complesso sono tuttavia sintomo di interesse multilaterale per lo stesso. Le miniere infatti hanno ancora un potenziale enorme che rimane ancora da sfruttare: circa 3 milioni di tonnellate di piombo, 2 milioni di tonnellate di zinco e circa 5000 tonnellate di argento. In base ad alcune stime Trepča è inoltre il quinto bacino al mondo per la lignite.
La mossa del governo di Priština
La situazione già caotica è stata ulteriormente complicata quando in una seduta straordinaria del governo del Kosovo, è stata approvata una proposta di modifica della Legge sulle aziende pubbliche, che avrebbe consentito alla Repubblica del Kosovo di ottenere il pieno controllo sul complesso di Trepča, trasformandolo in azienda pubblica e di fatto nazionalizzandola in base al principio di territorialità. “Trepča è su territorio kosovaro e di conseguenza proprietà di tutti i cittadini che vi vivono, siano essi serbi, albanesi o altri” Con questa dichiarazione si è espresso il premier del Kosovo, Isa Mustafa, annunciando che lunedì 19 gennaio il Parlamento avrebbe votato l’approvazione della proposta.
La risposta di Belgrado
La decisione ha suscitato l’immediata reazione del governo di Belgrado che ha dichiarato che qualora la proposta di legge fosse stata approvata, la Serbia non avrebbe in nessun modo riconosciuto l’acquisizione unilaterale di Trepča. La motivazione è che il proprietario di maggioranza del complesso è il Fondo per lo sviluppo della repubblica di Serbia che ne detiene il 56%. Il premier Aleksandar Vučić ha inoltre aggiunto che tale decisione del governo kosovaro avrebbe minato alla base i negoziati a seguito degli Accordi di Bruxelles, ed ha invitato anche la comunità internazionale ad intervenire per trovare una soluzione consona e corretta per tutte le parti coinvolte. “Non toccate ciò che è nostro, è una rapina. Con questo atto unilaterale minate Bruxelles-2 con il quale dovremmo discutere il tema della proprietà e gestione degli immobili in Kosovo e Metohija. Gli atti unilaterali vanificano gli accordi di Bruxelles e riporteranno l’instabilità nella regione” - queste le parole di Marko Đurić, direttore dell’Ufficio della Serbia per Kosovo e Metohija.
Trepča appariva anche nella lista delle 502 aziende offerte in privatizzazione dalla Serbia. Per Trepča, l’Agenzia serba di competenza ha infatti ricevuto quattro lettere d’interesse da parte di società estere ma ne aveva posticipato la procedura di privatizzazione, per dare priorità allo svolgimento dei negoziati nel contesto degli accordi di Bruxelles. Tale decisione si riferiva a tutte le 18 società serbe operanti su territorio kosovaro ed offerte ai privati. La buona fede della componente serba ha subito traballato ed il ministro dell’economia serbo Željko Sertić ha subito dichiarato che “qualora le autorità non modifichino la loro posizione su Trepča, avvieremo immediatamente la privatizzazione della società perchè la Serbia ha l’obbligo di tutelare la propria proprietà”.
La giornata di lunedì si è tuttavia conclusa con un dietrofront del governo kosovaro che ha ceduto alle pressioni degli ambasciatori internazionali presenti in Kosovo e del governo serbo. Il premier Mustafa ha infatti chiesto al parlamento kosovaro di approvare la modifica alla legge, ma di escluderne Trepča, La motivazione presentata è che la proposta di legge presentata al parlamento non includeva anche la questione relativa ai 1.4 miliardi di euro di debiti che pesano sul complesso, aggiungendo che gli stessi non fossero noti al governo. A conclusione della giornata l’unica vera certezza è che le negoziazioni sulla gestione della proprietà previste dagli accordi di Bruxelles (cosìddetti Bruxelles-2) verranno aperte prima del previsto.
Il futuro di Trepča
Il destino di Trepča rimane dunque incerto. La crisi è rientrata ma ha lasciato dietro di se due importanti segnali. In primis, gli accordi di Bruxelles per la prima volta vengono visti come un quadro desiderabile entro il quale risolvere le questioni tra Belgrado e Pristina. Secondo, sono emersi segnali di instabilità nel governo kosovaro, mentre l’opposizione ha invitato i lavoratori della parte kosovara di Trepča allo sciopero. Stabilito poi che il fallimento di Trepča non sarebbe favorevole né all’una né all’altra parte, il destino dei numerosissimi dipendenti del colosso industriale sarà salvo solo se le parti politiche coinvolte sapranno riportare la discussione sul piano economico piuttosto che politico. Un po’ a ricordare Germania e Francia, la CECA e il 1951.