(castillano / english / italiano)
Panturchìa / 3:
Aspirazioni neo-ottomane
0) Segnalazioni e link
1) Inaugurazione della moschea di Banja Luka dopo la ricostruzione: provocazioni di Davutoglu
– 7 e 8 maggio a Banja Luka (J.T.M. Visconti)
– Додик: Давутоглу послао неоосманске поруке (Politika)
2) Terroristi bosgnacchi in Siria
– Vienna airport suspends "IS sympathizer from Bosnia" (Apr. 6, 2016)
– Terroristas bosnios arrepentidos quieren regresar a su país desde Siria (08-03-2016)
=== 0 ===
--- Nuovo libro in uscita:
Jean Toschi Marazzani Visconti
LA PORTA D'INGRESSO DELL'ISLAM
Bosnia Erzegovina: un Paese ingovernabile
Frankfurt: Zambon, 2016
Formato: 14x20,5 cm – 240 pagine – 18,00 € – ISBN 978 88 98582 32 7
Il 14 dicembre 2015 compiva vent’anni il Trattato di Dayton, firmato a Parigi nel 1995 alla presenza dei massimi rappresentanti delle potenze occidentali. L’accordo metteva così fine a tre anni e mezzo di feroce guerra civile in Bosnia-Erzegovina. L’amministrazione Clinton considerava un grande successo aver fermato il conflitto e creato una nazione composta di tre etnie divise in due entità: la Federazione Croata - musulmana e la Republika Srpska. Però aveva distrutto il multiculturalismo in favore del nazionalismo.
Oggi la Bosnia Erzegovina è nello stesso stato d’allora, congelata dalla costituzione imposta a Dayton, in uno stato di caos contenuto e di odio. Nel corso degli anni si sono alternati Alti Commissari europei al controllo del paese, ma anche altre nazioni sono intervenute nel delicato equilibrio. La Turchia ha una forte presenza. Ricchi finanziamenti giungono da Iran e Arabia Saudita per costruire moschee e scuole islamiche. Dalle parole di diversi protagonisti della politica locale e internazionale intervistati in queste pagine esce un'imbarazzante realtà.
Un’importante geopolitico francese, il Generale Pierre Marie Gallois, esaminando nel 1997 la politica statunitense in Bosnia-Erzegovina, aveva commentato che era stata aperta all’Islam la porta d’Europa, un paese a tre ore e mezzo d’autostrada da Trieste.
Oggi la Bosnia Erzegovina è nello stesso stato d’allora, congelata dalla costituzione imposta a Dayton, in uno stato di caos contenuto e di odio. Nel corso degli anni si sono alternati Alti Commissari europei al controllo del paese, ma anche altre nazioni sono intervenute nel delicato equilibrio. La Turchia ha una forte presenza. Ricchi finanziamenti giungono da Iran e Arabia Saudita per costruire moschee e scuole islamiche. Dalle parole di diversi protagonisti della politica locale e internazionale intervistati in queste pagine esce un'imbarazzante realtà.
Un’importante geopolitico francese, il Generale Pierre Marie Gallois, esaminando nel 1997 la politica statunitense in Bosnia-Erzegovina, aveva commentato che era stata aperta all’Islam la porta d’Europa, un paese a tre ore e mezzo d’autostrada da Trieste.
[Dell'Autrice si legga anche il report da Banja Luka, più avanti in questo email al punto 1: "7 e 8 maggio a Banja Luka" (ndCNJ)]
--- Altri link recenti segnalati:
JIhad on Europe started in 1990 -ies (by Grey Carter, Feb. 6, 2016)
1992-1995: US, Saudis, Turkey Collaborate on Illegal Weapons Deliveries to Bosnian Muslims; 1998 to Muslim terrorist Albanian KLA
June 1991: Bosnian Muslims Begin Forming and Arming Private Army
Mid-1991-1996: Bin Laden-Linked Charity Front Funnels Billions of Dollars to Bosnia for Weapons
March 1992: Bosnian Mafia Figure Negotiates Arms Deals between Turkey and Bosnia
September 1992: Charity Front Exposed as Illegal Weapons Pipeline, but No Action Taken Against It
Late 1992-1995: US and Saudis Allegedly Collaborate on Illegal Weapons Deliveries to Bosnian Muslims
December 1992-Early February 1993: Islamist Militants Learn to Fight at Pennsylvania Training Camp
1993: US Government Turns Blind Eye to Illegal Weapons Pipeline to Muslim Bosnia
Early April 1993: FBI Links Bombers in US to Bosnian Charity Front; But Bosnian Link Is Not Explored (!?)
Late 1994-Late 1995: US Secretly Supplies Bosnian Muslims Through Remote Airport Controlled by Corrupt and Radical Militant Clan
February 21, 1995: Mysterious US Militant Arrested on Minor Charges, Disappears from View
January 25, 2002: Suspect Bosnian Charities Not Shut Down
Mid-October 2002: British Administrator Fires Bosnian Official Vigorously Investigating Terrorism and Corruption
Mid-October 2002: British Administrator Fires Bosnian Official Vigorously Investigating Terrorism and Corruption
May 5, 2007: Bosnian Politicians Connected to Bosnian War Arms Pipeline Under Investigation
BOSNIE-HERZÉGOVINE : LA POLICE ARRÊTE ONZE PERSONNES EN LIEN AVEC L’ÉTAT ISLAMIQUE (par Rodolfo Toé / CdB, mardi 22 décembre 2015)
Les unités spéciales de la Police fédérale bosnienne ont lancé, mardi 22 décembre, une vaste opération pour démanteler une cellule islamiste en lien avec l’État islamique. Onze personnes ont été arrêtées. Elles sont soupçonnées de recruter des volontaires pour des opérations terroristes...
http://www.courrierdesbalkans.fr/le-fil-de-l-info/bosnie-herzegovine-terrorisme.html
Les unités spéciales de la Police fédérale bosnienne ont lancé, mardi 22 décembre, une vaste opération pour démanteler une cellule islamiste en lien avec l’État islamique. Onze personnes ont été arrêtées. Elles sont soupçonnées de recruter des volontaires pour des opérations terroristes...
http://www.courrierdesbalkans.fr/le-fil-de-l-info/bosnie-herzegovine-terrorisme.html
BOSNIE-HERZÉGOVINE : PREMIÈRES CONDAMNATIONS POUR DES VOLONTAIRES DU JIHAD EN SYRIE (CdB, mercredi 7 octobre 2015)
La justice a rendu, mardi 6 octobre, sa première sentence contre des ressortissants bosniens qui voulaient joindre les rangs de Daech en Syrie. Les peines infligées sont toutefois légères et peu dissuasives, et la répression suffira-t-elle à dissuader les volontaires du jihad ?...
La justice a rendu, mardi 6 octobre, sa première sentence contre des ressortissants bosniens qui voulaient joindre les rangs de Daech en Syrie. Les peines infligées sont toutefois légères et peu dissuasives, et la répression suffira-t-elle à dissuader les volontaires du jihad ?...
IMAM HALILOVIĆ POZIVA NA UNIŠTENJE REPUBLIKE SRPSKE (RTRS vijesti, 10 lug 2015)
Glavni imam džamije Kralja Fahda u Sarajevu Nezim Halilović Muderis pozvao je na "uništenje" lobista protiv rezolucije o Srebrenici i njihovih porodica, kao i "entiteta sazdanog na zločinu i genocidu"...
Glavni imam džamije Kralja Fahda u Sarajevu Nezim Halilović Muderis pozvao je na "uništenje" lobista protiv rezolucije o Srebrenici i njihovih porodica, kao i "entiteta sazdanog na zločinu i genocidu"...
Sarajevo: BOSNIAN IMAM KNOWN AS JIHADIST CALLS FOR DESTRUCTION OF THE REPUBLIC OF SERBSKA (by Grey Carter, September 8, 2015)
Nezim Halilovic, imam of the mosque of King Fahd in Sarajevo, in his last sermon, (religious lecture), called upon Allah to demolish the Republic of Serbska, or as he said, “entity built on crime and genocide”...
Nezim Halilovic, imam of the mosque of King Fahd in Sarajevo, in his last sermon, (religious lecture), called upon Allah to demolish the Republic of Serbska, or as he said, “entity built on crime and genocide”...
--- Documentazione:
IL RUOLO DELLA TURCHIA NELLA CRISI JUGOSLAVA (1999)
https://www.cnj.it/CHICOMEPERCHE/sfrj_02.htm
https://www.cnj.it/CHICOMEPERCHE/sfrj_02.htm
ARAB MUJAHEDEENS IN BOSNIA-HERZEGOVINA, 1992-1995. Documentary movie by SKY News. 8.17 min
Recently revealed SkY NEWS video documentary reveals uncomfortable truth concerning Bosnia as the first ISIS and Islamic Caliphate in Europe...
VIDEO: http://sendvid.com/69gcsdj2 and on youtube: https://www.youtube.com/watch?v=Wx-REROXvtg
VIDEO: http://sendvid.com/69gcsdj2 and on youtube: https://www.youtube.com/watch?v=Wx-REROXvtg
TURKISH INFLUENCE IN THE BALKANS (JUGOINFO 2.1.2016)
1) Turkey’s Islamist Agenda in Kosovo (D.L. Phillips)
2) Erdogan Fulfilling His NeoOttoman Dream Through Bosnia (G. Carter) / MR. IZETBEGOVIC’S MEIN KAMPF
3) FLASHBACK: Il caso Cesur– Ikanovic– Bektasevic (2005-2006)
2) Erdogan Fulfilling His NeoOttoman Dream Through Bosnia (G. Carter) / MR. IZETBEGOVIC’S MEIN KAMPF
3) FLASHBACK: Il caso Cesur– Ikanovic– Bektasevic (2005-2006)
WAHABITI BOSNIACI (Eldina Pleho | Sarajevo 17 maggio 2010)
L'Islam radicale in Bosnia. La guerra, il dopoguerra, il rapporto con la Comunità islamica ufficiale e con la maggioranza dei fedeli. Indagine sul fenomeno al centro dell'ultimo film di Jasmila Žbanić, Na Putu...
=== 1 ===
In merito alla recente inaugurazione della moschea di Banja Luka dopo la ricostruzione abbiamo ricevuto da Jean Toschi Marazzani Visconti la significativa riflessione, che riportiamo di seguito.
Le preoccupazioni qui espresse dall'Autrice ovviamente non sono condivise dalla lobby filo-bosgnacca, né dalla cordata "europeista" di cui è espressione Osservatorio Balcani Caucaso, che della inaugurazione presenta una descrizione edulcorata se non omertosa:
Ferhadija, un messaggio di speranza (di Rodolfo Toè | Sarajevo 10 maggio 2016)
http://www.balcanicaucaso.org/aree/Bosnia-Erzegovina/Ferhadija-un-messaggio-di-speranza-170855/
http://www.balcanicaucaso.org/aree/Bosnia-Erzegovina/Ferhadija-un-messaggio-di-speranza-170855/
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7 e 8 maggio a Banja Luka
di Jean Toschi Marazzani Visconti
Desidero premettere, prima che qualcuno avanzi supposizioni, che sono profondamente laica con un quasi ossessivo rispetto del territorio altrui e che ritengo la libertà di religione assolutamente capitale. Allo stesso tempo difenderei a spada tratta i miei diritti alla laicità, cultura, tradizione e storia occidentali. Insomma, vivi e lascia vivere.
Detto questo, vorrei raccontare cosa mi ha colpito a Banja Luka nella Republika Srpska, sabato 7 maggio. Ecco la storia che mi ha portato a riflettere. Sabato 7 maggio ero a Banja Luka per partecipare alla riunione biennale del Comitato internazionale del campo di sterminio croato di Jasenovac (1941-1945), di cui sono membro.
Quando sono approdata all’hotel Bosna, ho notato un brulicare di signori ben vestiti, come se ne vedono solo a dei meeting di alta finanza a Londra. Erano marziani rispetto all’abbigliamento maschile locale. Si trattava di giordani, sauditi, rappresentanti del Katar, Dubai, alcuni impeccabili notabili europei, britannici e americani.
Molta polizia, alcuni enormi costoloni vestiti di scuro con la cordicella all’orecchio, un’ala dell’albergo off limit e, finalmente, con un’imponente seguito di uomini di svariate taglie, tutti regolarmente in blu, c’era il premier turco dimissionario Ahmet Davutoglu.
La sensazione era che questa gente si comportasse come fossero in una loro colonia senza nessuna attenzione per gli indigeni. Rispetto alla situazione i serbi sembravano assenti, chiusi in un loro mondo parallelo.
Perché questa insolita presenza? In quel giorno il Mufti Edhem Camdžić inaugurava la moschea ricostruita in seguito all’esplosione che nel 1992 l’aveva fatta saltare. Alla cerimonia presenziavano il presidente musulmano Bakir Izetbegović e l’ex premier turco Davutoglu, oltre a rappresentanti di molti paesi arabi. L’ex premier turco ha pronunciato un discorso di un’arroganza incredibile con espressioni molto forti che hanno creato scandalo fra i serbi e sono state riportate dai giornali. Non mi sembra sia uscita una parola in proposito nei nostri media. Cito alcune frasi di Davutoglu.
La Turchia è stata qui per lungo tempo, è qui ora, e rimarrà per sempre.
I musulmani non devono temere perché dietro di loro ci sono 70 milioni di turchi.
Il discorso è riportato nel quotidiano Politika di Belgrado, 7 maggio 2016.
http://www.politika.rs/sr/clanak/354537/Davutoglu-u-Banjaluci-Turci-su-bili-ovde-sada-su-i-bice-zauvek
di Jean Toschi Marazzani Visconti
Desidero premettere, prima che qualcuno avanzi supposizioni, che sono profondamente laica con un quasi ossessivo rispetto del territorio altrui e che ritengo la libertà di religione assolutamente capitale. Allo stesso tempo difenderei a spada tratta i miei diritti alla laicità, cultura, tradizione e storia occidentali. Insomma, vivi e lascia vivere.
Detto questo, vorrei raccontare cosa mi ha colpito a Banja Luka nella Republika Srpska, sabato 7 maggio. Ecco la storia che mi ha portato a riflettere. Sabato 7 maggio ero a Banja Luka per partecipare alla riunione biennale del Comitato internazionale del campo di sterminio croato di Jasenovac (1941-1945), di cui sono membro.
Quando sono approdata all’hotel Bosna, ho notato un brulicare di signori ben vestiti, come se ne vedono solo a dei meeting di alta finanza a Londra. Erano marziani rispetto all’abbigliamento maschile locale. Si trattava di giordani, sauditi, rappresentanti del Katar, Dubai, alcuni impeccabili notabili europei, britannici e americani.
Molta polizia, alcuni enormi costoloni vestiti di scuro con la cordicella all’orecchio, un’ala dell’albergo off limit e, finalmente, con un’imponente seguito di uomini di svariate taglie, tutti regolarmente in blu, c’era il premier turco dimissionario Ahmet Davutoglu.
La sensazione era che questa gente si comportasse come fossero in una loro colonia senza nessuna attenzione per gli indigeni. Rispetto alla situazione i serbi sembravano assenti, chiusi in un loro mondo parallelo.
Perché questa insolita presenza? In quel giorno il Mufti Edhem Camdžić inaugurava la moschea ricostruita in seguito all’esplosione che nel 1992 l’aveva fatta saltare. Alla cerimonia presenziavano il presidente musulmano Bakir Izetbegović e l’ex premier turco Davutoglu, oltre a rappresentanti di molti paesi arabi. L’ex premier turco ha pronunciato un discorso di un’arroganza incredibile con espressioni molto forti che hanno creato scandalo fra i serbi e sono state riportate dai giornali. Non mi sembra sia uscita una parola in proposito nei nostri media. Cito alcune frasi di Davutoglu.
La Turchia è stata qui per lungo tempo, è qui ora, e rimarrà per sempre.
I musulmani non devono temere perché dietro di loro ci sono 70 milioni di turchi.
Il discorso è riportato nel quotidiano Politika di Belgrado, 7 maggio 2016.
http://www.politika.rs/sr/clanak/354537/Davutoglu-u-Banjaluci-Turci-su-bili-ovde-sada-su-i-bice-zauvek
Durante lo stesso discorso Davutoglu ha avuto parole di apprezzamento per gli adempimenti di Alija Izetbegović, padre, l’autore della Dichiarazione Islamica nella quale prospettava un mondo islamico dall’Indonesia al Mediterraneo. Violando il protocollo l’ex premier turco ha anche esplicitamente escluso qualsiasi possibilità di separazione della serba Banja Luka e della croata Mostar da Sarajevo. E’ sorprendente che un dignitario straniero si permetta di affrontare argomenti interni alla Bosnia Erzegovina, argomenti molto delicati e sensibili, che non gli dovrebbero competere. L’ex premier turco aveva tenuto un discorso similare nel Sandjak, regione della Serbia sopra il Kosovo, poco tempo prima.
Fra l’altro, il giorno dopo, sulla cima del minareto ho visto svettare la bandiera verde dei musulmani, non quella della Bosnia Erzegovina o della Republika Srpska.
Il presidente serbo Dodik ha dichiarato in una conferenza stampa di non aver partecipato all’inaugurazione per rispetto a una cerimonia religiosa, dove la politica avrebbe dovuto essere esclusa. Ha anche aggiunto che l’opposizione cerca in ogni modo di toglierlo di mezzo e che il partito Alleanza per il cambiamento, all’opposizione, è finanziato con denaro turco e britannico.
http://www.klix.ba/vijesti/bih/dodik-o-protestima-opozicija-turskim-parama-realizuje- izdaju/160509116
Pochi giorni prima, il capo della CIA John Brennan era stato a Sarajevo. La sua visita sarebbe stata interpretata come un tentativo di frenare gli estremisti musulmani in Bosnia. Ovviamente le pesanti dichiarazioni dell’ex premier turco devono aver dato ai radicali musulmani un notevole stimolo contrario.
Il giorno seguente, 8 maggio, si sarebbe svolta la cerimonia commemorativa per il 71° anniversario delle vittime di Jasenovac a Donja Gradina, campo 8 del complesso di concentramento dove avvenivano le uccisioni di massa. Qui si trovano tuttora le fosse comuni. Di fronte, al di la del fiume Sava, in Croazia c’è il campo 3 dove entravano i prigionieri.
Ovviamente la scelta del 7 per l’inaugurazione della moschea è stata interpretata come una mancanza di rispetto per la cerimonia del giorno seguente.
Di fronte all’incredibile disinvoltura del premier turco mi sono posta alcune domande:
. Come è possibile che un ministro turco si permetta di affrontare argomenti inerenti al paese che lo ospita con tanta sicumera? E di fronte ad alcuni rappresentanti della politica europea e americana.
. Cosa significa la presenza di tanti rappresentanti dei paesi arabi? Erano gli sponsor della ricostruzione? O testimoniavano un’unità ideale?
. Considerata la condizione precaria dell’Europa, prossima a dissolversi a causa dell’immigrazione dalla Turchia, è possibile che l’ondata di siriani per i Balcani sia stata concertata dalla Turchia con il beneplacito americano e ora sia sfuggita di mano agli USA e le fila siano tirate dalla Turchia e dall’Iran?
. Si può ipotizzare che la Dichiarazione Islamica di Aljia Izetbegović faccia parte di un piano che con il tempo e la pazienza il mondo islamico stia mettendo in opera? L’Islam ha dalla sua parte una raffinata e antica sapienza di attendere, di usare l’aumento demografico e la frustrazione dei giovani islamo europei.
. I disastri compiuti dai paesi occidentali in passato attendono ancora vendetta. Possibile che i conflitti fra wahabiti e salafiti, fra sciiti e sunniti possano annullarsi nella volontà comune di piegare l’Occidente? L’Europa in particolare
. Possibile che gli USA non si rendano conto dei giochi della politica islamica, turca, iraniana o saudita? Possibile che nella loro arroganza abbiano sopravalutato la loro capacità di controllare questo mondo?
Questi dubbi mi sono nati durante i miei vari soggiorni nei Balcani e confermati, sempre con tanti punti interrogativi, mentre facevo le interviste per il libro in uscita La porta d’ingresso dell’Islam. Bosnia Erzegovina: paese ingovernabile (*), il cui titolo proviene da un commento che il generale Pierre Marie Gallois, noto geopolitico francese, aveva espresso nel 1997 a proposito della politica americana in Bosnia Erzegovina. Aveva detto che gli Stati Uniti avevano aperto la porta d’ingresso in Europa all’Islam.
Fra l’altro, il giorno dopo, sulla cima del minareto ho visto svettare la bandiera verde dei musulmani, non quella della Bosnia Erzegovina o della Republika Srpska.
Il presidente serbo Dodik ha dichiarato in una conferenza stampa di non aver partecipato all’inaugurazione per rispetto a una cerimonia religiosa, dove la politica avrebbe dovuto essere esclusa. Ha anche aggiunto che l’opposizione cerca in ogni modo di toglierlo di mezzo e che il partito Alleanza per il cambiamento, all’opposizione, è finanziato con denaro turco e britannico.
http://www.klix.ba/vijesti/bih/dodik-o-protestima-opozicija-turskim-parama-realizuje- izdaju/160509116
Pochi giorni prima, il capo della CIA John Brennan era stato a Sarajevo. La sua visita sarebbe stata interpretata come un tentativo di frenare gli estremisti musulmani in Bosnia. Ovviamente le pesanti dichiarazioni dell’ex premier turco devono aver dato ai radicali musulmani un notevole stimolo contrario.
Il giorno seguente, 8 maggio, si sarebbe svolta la cerimonia commemorativa per il 71° anniversario delle vittime di Jasenovac a Donja Gradina, campo 8 del complesso di concentramento dove avvenivano le uccisioni di massa. Qui si trovano tuttora le fosse comuni. Di fronte, al di la del fiume Sava, in Croazia c’è il campo 3 dove entravano i prigionieri.
Ovviamente la scelta del 7 per l’inaugurazione della moschea è stata interpretata come una mancanza di rispetto per la cerimonia del giorno seguente.
Di fronte all’incredibile disinvoltura del premier turco mi sono posta alcune domande:
. Come è possibile che un ministro turco si permetta di affrontare argomenti inerenti al paese che lo ospita con tanta sicumera? E di fronte ad alcuni rappresentanti della politica europea e americana.
. Cosa significa la presenza di tanti rappresentanti dei paesi arabi? Erano gli sponsor della ricostruzione? O testimoniavano un’unità ideale?
. Considerata la condizione precaria dell’Europa, prossima a dissolversi a causa dell’immigrazione dalla Turchia, è possibile che l’ondata di siriani per i Balcani sia stata concertata dalla Turchia con il beneplacito americano e ora sia sfuggita di mano agli USA e le fila siano tirate dalla Turchia e dall’Iran?
. Si può ipotizzare che la Dichiarazione Islamica di Aljia Izetbegović faccia parte di un piano che con il tempo e la pazienza il mondo islamico stia mettendo in opera? L’Islam ha dalla sua parte una raffinata e antica sapienza di attendere, di usare l’aumento demografico e la frustrazione dei giovani islamo europei.
. I disastri compiuti dai paesi occidentali in passato attendono ancora vendetta. Possibile che i conflitti fra wahabiti e salafiti, fra sciiti e sunniti possano annullarsi nella volontà comune di piegare l’Occidente? L’Europa in particolare
. Possibile che gli USA non si rendano conto dei giochi della politica islamica, turca, iraniana o saudita? Possibile che nella loro arroganza abbiano sopravalutato la loro capacità di controllare questo mondo?
Questi dubbi mi sono nati durante i miei vari soggiorni nei Balcani e confermati, sempre con tanti punti interrogativi, mentre facevo le interviste per il libro in uscita La porta d’ingresso dell’Islam. Bosnia Erzegovina: paese ingovernabile (*), il cui titolo proviene da un commento che il generale Pierre Marie Gallois, noto geopolitico francese, aveva espresso nel 1997 a proposito della politica americana in Bosnia Erzegovina. Aveva detto che gli Stati Uniti avevano aperto la porta d’ingresso in Europa all’Islam.
Il libro contiene anche una intervista al Muftì di Banja Luka.
Ovviamente sono lieta che la moschea sia stata finalmente ricostruita.
(*) Maggiori dettagli sul libro più su in questo email, al punto 0: "Nuovo libro in uscita" (ndCNJ)
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Il “messaggio neoottomano” del premier turco Ahmet Davutoglu all’ inaugurazione della moschea a Banja Luka (R. Srpska)
Додик: Давутоглу послао неоосманске поруке
Izvor: www.politika.rs – недеља, 08.05.2016.
Додик: Давутоглу послао неоосманске поруке
Izvor: www.politika.rs – недеља, 08.05.2016.
КОЗАРСКА ДУБИЦА – Председник Републике Српске Милорад Додик оценио је данас да је турски премијер Ахмет Давутоглу послао „неоосманске поруке” на отварању бањалучке џамије Ферхадије и тиме поручио Србима да Турска не одустаје од мешања у унутрашње ствари у БиХ.
„Јуче смо имали прилику да видимо да премијер турске владе у оставци није оклевао да пошаље неоосманске поруке, да упути поруке које иду несумњиво у правцу тога да нама Србима каже да Турска не одустаје од мешања у унутрашње ствари у БиХ, да сматра да је то њихово природно право”, рекао је Додик новинарима у Козарској Дубици, пренела је Фена.
То је, оценио је, јасна порука свима у РС да морају да јачају своје институције.
Он је истакао да није одржао говор на отварању обновљене Ферхат-пашине џамије у Бања Луци, јер је, како тврди, одбијен захтев да на церемонији буде постављена и застава РС.
Додик сматра да је застава требало да буде постављена „јер се све и одвијало на простору РС”.
За Додика је важно и да се Срби држе заједно, без обзира на најављене протесте опозиције 14.маја у Бањалуци, а присуство опозиционара на комеморацији у Доњој Градини види као знак да су и они свесни важности очувања српског идентитета, преноси Танјуг.
„Јуче смо имали прилику да видимо да премијер турске владе у оставци није оклевао да пошаље неоосманске поруке, да упути поруке које иду несумњиво у правцу тога да нама Србима каже да Турска не одустаје од мешања у унутрашње ствари у БиХ, да сматра да је то њихово природно право”, рекао је Додик новинарима у Козарској Дубици, пренела је Фена.
То је, оценио је, јасна порука свима у РС да морају да јачају своје институције.
Он је истакао да није одржао говор на отварању обновљене Ферхат-пашине џамије у Бања Луци, јер је, како тврди, одбијен захтев да на церемонији буде постављена и застава РС.
Додик сматра да је застава требало да буде постављена „јер се све и одвијало на простору РС”.
За Додика је важно и да се Срби држе заједно, без обзира на најављене протесте опозиције 14.маја у Бањалуци, а присуство опозиционара на комеморацији у Доњој Градини види као знак да су и они свесни важности очувања српског идентитета, преноси Танјуг.
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Vienna airport suspends "IS sympathizer from Bosnia"
An unnamed man originally from Bosnia-Herzegovina, employed by Vienna's Schwechat airport, has been suspended for being "a sympathizer of Islamic State."
SOURCE: TANJUG WEDNESDAY, APRIL 6, 2016 | 10:58
This discovery came after Belgian police unions warned, in the wake of last month's terrorist attacks in Brussels, that "supporters of Islamic State can be found among the employees of airports across Europe."
Media in Vienna are reporting that the Bosnian man worked as a technician at the airport for many years.
He in the past posted pictures of himself online showing him "holding a raised index finger, in a victorious pose - similar to Islamic State fighters."
In addition, he "used some websites" to express his liking of Islamic State, "and followed radical Salafi messages," while other employees thought he stood out due to his "radical world view."
Media in Vienna are reporting that the Bosnian man worked as a technician at the airport for many years.
He in the past posted pictures of himself online showing him "holding a raised index finger, in a victorious pose - similar to Islamic State fighters."
In addition, he "used some websites" to express his liking of Islamic State, "and followed radical Salafi messages," while other employees thought he stood out due to his "radical world view."
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Terroristas bosnios arrepentidos quieren regresar a su país desde Siria
Source: Agencias
08-03-2016
Un cierto número de takfiris bosnios que se unieron a las filas del EI, del Frente al Nusra u otras organizaciones wahabíes y takfiris buscan volver a Bosnia-Herzegovina, donde están dispuestos a hacer frente a penas de prisión, afirmó el martes el fiscal bosnio encargado de delitos de terrorismo.
“Debido a las condiciones insoportables sobre el terreno, un cierto número de ciudadanos bosnios que se encontraban en Siria o en Iraq han contactado con las agencias de seguridad de Bosnia para manifestar su deseo de volver al país”, dijo el fiscal general en un comunicado.
“Ellos están dispuestos a declararse culpables y a cumplir una pena de prisión”.
El fiscal se felicitó por un acuerdo suscrito con un takfiri, Emin Hodzic, de 24 años, en septiembre de 2014. Él se reconoció culpable de haberse unido al EI en Siria y aceptó cumplir una pena de 12 meses de prisión.
El fiscal no precisó el número de combatientes takfiris que querían volver al país balcánico, que adoptó una nueva legislación en 2014, que prevé penas que van hasta los 20 años de cárcel para los militantes takfiris y sus reclutadores.
“Varias decenas de personas han sido objeto de investigaciones”, dijo Boris Grubesic, portavoz del fiscal.
“Hasta el momento, 20 personas han sido condenadas por reclutamiento o por haberse unido a grupos terroristas extranjeros”.
Las autoridades bosnias calculan que entre 230 y 330 ciudadanos bosnios se han unido a grupos terroristas en Siria o Iraq, algunos con sus familias. Al menos 26 han muerto y unos 50 han vuelto a su país”.
“Debido a las condiciones insoportables sobre el terreno, un cierto número de ciudadanos bosnios que se encontraban en Siria o en Iraq han contactado con las agencias de seguridad de Bosnia para manifestar su deseo de volver al país”, dijo el fiscal general en un comunicado.
“Ellos están dispuestos a declararse culpables y a cumplir una pena de prisión”.
El fiscal se felicitó por un acuerdo suscrito con un takfiri, Emin Hodzic, de 24 años, en septiembre de 2014. Él se reconoció culpable de haberse unido al EI en Siria y aceptó cumplir una pena de 12 meses de prisión.
El fiscal no precisó el número de combatientes takfiris que querían volver al país balcánico, que adoptó una nueva legislación en 2014, que prevé penas que van hasta los 20 años de cárcel para los militantes takfiris y sus reclutadores.
“Varias decenas de personas han sido objeto de investigaciones”, dijo Boris Grubesic, portavoz del fiscal.
“Hasta el momento, 20 personas han sido condenadas por reclutamiento o por haberse unido a grupos terroristas extranjeros”.
Las autoridades bosnias calculan que entre 230 y 330 ciudadanos bosnios se han unido a grupos terroristas en Siria o Iraq, algunos con sus familias. Al menos 26 han muerto y unos 50 han vuelto a su país”.