1) NON È UN PAESE PER ROM (di Edoardo Corradi, 14/1/2019)
3) DISCONOSCIMENTO DEL KOSOVO: gli Stati Uniti cercano di arginare la marea (Wayne Madsen, 02.12.2018)
L’Europa è morta a Priština
Guerra nel Kosovo, primavera-estate 1999
ISBN.: 9788898582365 prezzo: 10.00 EUR
Quando hanno luogo gli eventi del Kosovo che conquistano le prime pagine nell’autunno 1998, Jacques Hogard è ufficiale superiore in servizio presso il Comando Operazioni Speciali (COS). Avviene così che all’inizio del 1999 assuma il comando del Gruppo congiunto delle forze speciali che verrà schierato dalla Francia in Macedonia e quindi in Kosovo, al fianco degli alleati americani, britannici, tedeschi e italiani.
Dopo vari mesi di incertezza, il 23 marzo 1999 la NATO scatena effettivamente la guerra contro la Serbia, dopo il fallimento dei negoziati di Rambouillet. Ciò che Jacques Hogard e i suoi uomini scoprono allora sul terreno non coincide affatto con quanto affermano i media occidentali.
Uomo di carattere, dai solidi principi, il colonello Hogard vivrà intensamente questa ultima operazione in Kosovo. Essa lascerà in lui l’amarezza della partecipazione irresponsabile a un conflitto ingiusto, emblema di tutti i fallimenti e i tradimenti francesi ed europeo.
Hogard offre qui la sua testimonianza per mezzo di un saggio breve, circostanziato e incisivo.
Тим поводом је у протеклој години, у оквиру још једног истраживачког пројекта Београдског форума под покровитељством Канцеларије за Косово и Метохију Владе Републике Србије, спроведено и објављено истраживање мисије EULEX KOSOVO. Пројектом је руководила чланица Управног одбора Форума и докторанткиња Факултета политичких наука у Београду Сандра Давидовић.
Ауторско дело ,,Деценија рада Европске мисије владавине права на Косову и Метохији EULEX KOSOVO: преглед, оцене и закључци'' представља осврт ауторке на деценију деловања највеће мисије ЕБОП/ЗБОП и обухвата преглед правног и политичког контекста оснивања EULEX-a, структуре и мандата мисије, као и општи приказ њених достигнућа.
Београд, јануар 2019.
У свечаној сали Дома војске у Београду промовисана је књига "1244 - кључ мира у Европи" аутора Живадина Јовановића, председника Форума за свет равноправних.
Професор др Мило Ломпар истакао је документарни карактер књиге, исказан у приказу дугогодишње дипломатске активности Јовановића као политичког чиниоца и сведока догађаја, што уз документе у склопу прилога у књизи потврђује историјску заснованост тврдњи самог аутора.
„Показује се стална експанизија сепаратизма заснованог на теророзму на једној страни, а на другој континуитет политичке и сваке друге подршке и помоћи водећих земаља Запада том расту сепаратизма и тероризма на Космету. Показује се такође да се методе мењају, а да циљеви остају исти, јер Запад третира Косово и Метохију искључиво у оквиру своје геополитике", каже за РТС Живорад Јовановић.
Јовановић наглашава да се само у глобалном геополитичком контексту ширења НАТО према границама Русије, које је почело још од педесетогодишњег јубилеја алијансе 1999. године у Вашингтону, могу разумети дешавања у вези са Косовом и Метохијом.
„Упркос свим притисцима којима је Србија и данас изложена, не треба губити визију и оптимизам. Потребно је интензивирати све путеве борбе за очување Космета у статусу који је предвиђен Резолуцијом 1244. У том смислу треба искористити и овај тренутак који представља покушај окончања етничког чишћења Срба са Косова и Метохије и упозорити међународну заједницу на катастрофалне последице које се неће ограничити ни на Србију ни на Балкан, које могу имати катастрофалне последице и за саму Европу", каже Јовановић.
Његова светост патријарх српски Иринеј, примио је аутора књиге Живадина Јовановића и издавача Драгана Лакићевића, испред Српске књижевне задруге, кјоји су поклонили патријарху примерак књиге.
IZVOR: RTS
Nonostante il Kosovo sia ancora sulla "lista nera" di Schengen, molti suoi cittadini sognano di un futuro all'estero. Tra le categorie professionali più qualificate, come i medici, si può già parlare di fuga di cervelli...
Il governo del Kosovo ha deciso di imporre dazi doganali al 100% contro Serbia e Bosnia Erzegovina. Una decisione fortemente criticata da Bruxelles, e che rischia di danneggiare ulteriormente il fragile dialogo con Belgrado...
Vendredi matin, les unités spéciales de la police du Kosovo ont arrêté quatre suspects dans le meurtre d’Oliver Ivanović, le 16 janvier dernier à Mitrovica. Elles ont aussi perquisitionné le domicile de Milan Radojčić, le véritable « boss » du Nord du Kosovo. Belgrade a dénoncé l’opération, tandis que les Serbes manifestaient dans tout le Kosovo contre la hausse des taxes...
Sur fond de guerre commerciale décidée par Prishtina contre les produits Serbes dont les taxes d'importation ont été augmentées de 100%, une vague d'arrestations menée par la force de sécurité du Kosovo vise des serbes et le représentant de l'organe représentatif des serbes du Kosovo Milos Dimitrijevic. La partie serbe de Kosovska Mitrovica est en alerte et dénonce la duplicité de la KFOR...
Liste partielle et non exhaustive des pays ayant pris part au vote de l'assemblée générale d'Interpol sur la demande d'adhésion de la République autoproclamée du Kosovo à cette agence...
https://www.balcanicaucaso.org/aree/Kosovo/Un-esercito-per-il-Kosovo-190853/
Le Parti Démocrate du Kosovo au pouvoir (PDK) a déposé une proposition de loi, avec le soutien d'un syndicat membre de la CSI, visant la suppression du 1er mai comme jour férié en raison de sa connotation "communiste" et "yougoslave"...
... A rendere la situazione interna ancora più turbolenta è stato lo scandalo legato alla falsificazione delle liste dei veterani di guerra appartenenti all’UCK, l’Esercito di Liberazione del Kosovo, protagonista del conflitto contro le forze di Slobodan Milosevic nel 1998-99...
Ils connaissent les arcanes du pouvoir et les gens qui comptent à Washington. Le Kosovo, tout comme ses voisins, dépense des fortunes en conseils, communicants et autres lobbyistes auprès de l’administration américaine. Dans les années 1990, il s’agissait de faire connaître au monde la situation politique de la région, mais aujourd’hui, les lobbyistes servent les intérêts privés des politiciens qui veulent afficher leurs bonnes relations avec la Maison Blanche...
La mission européenne Eulex n’aura plus de responsabilité exécutive à compter du 14 juin. Son mandat, prolongé de deux ans, se limitera à un rôle de « conseil » pour la justice du Kosovo. Eulex s’en va sur un maigre bilan, marqué par des scandales de corruption à répétition...
Un consistente numero di cittadino kosovari albanesi presentano i documenti per ottenere il passaporto della Repubblica serba. Nessun ritorno al passato, ma le facilitazioni di quel passaporto per espatriare in Europa in cerca di lavoro...
https://www.remocontro.it/2018/05/25/i-kosovari-albanesi-che-vogliono-il-passaporto-serbo/
...di guerra in guerra... Racconti rom dal Kosovo all'Italia
Edizioni Archeoares, 2011
7 euro, 180 p., ISBN 978-88-96889-22-0
per ordinare il libro
Recensione del libro a cura di A. Martocchia:
Sul perdurante genocidio dei Rom di Kosovo e Metohija
I rom sono una delle minoranze più discriminate al mondo. Ovunque si vada, razzismo e generalizzazioni colpiscono questa etnia, tanto peculiare e ricca di cultura quanto discriminata. Anche in Kosovo la discriminazione nei confronti dell’etnia rom è molto forte e i progetti volti alla loro inclusione sociale faticano a decollare.
Rom, ashkali ed egizi
Essere rom, in Kosovo, è una questione di identità. Il paese, diviso su linee etniche, ripercuote tale faglia anche nella comunità rom. I rom infatti si distinguono oggi tra rom, ashkali ed egiziani (RAE), differenziandosi prettamente da un punto di vista etnico e religioso. I rom propriamente detti, infatti, tendono ad essere cristiani ortodossi e parlano per lo più il serbo o il romanì, la loro lingua. Ashkali ed egizi, invece, sono prevalentemente musulmani e parlano in maggioranza l’albanese.
Rom, ashkali ed egizi vivono principalmente nel sud del paese e nella sua parte occidentale, in particolare nelle zone di Gjakovë/Đakovica, Pejë/Peć, Ferizaj/Uroševac e Prizren. Non è comunque raro incontrare rom, ashkali ed egizi anche in altre zone del paese, come nella municipalità di Fushë Kosovë/Kosovo Polje, dove rappresentano il 12,25% della popolazione, e nella capitale Pristina.
Le tutele sulla carta
Alla luce di ciò, la comunità rom in Kosovo gode di diverse tutele legislative, in campo linguistico, culturale e politico, tanto che una quota di seggi (4) all’interno del parlamento nazionale è assegnata a rappresentanti di questa comunità. Rom, ashkali ed egizi hanno dei propri partiti politici a livello nazionale e locale, e una delle sei stelle sulla bandiera nazionaledel Kosovo rappresenta proprio la comunità rom. Nel 2008, inoltre, il governo kosovaro ha approvato una Strategia per l’Integrazione delle comunità rom, ashkali ed egizi. Secondo questo piano, il governo si sarebbe impegnato a migliorare le condizioni dei rom in Kosovo entro il 2015
Tuttavia, la grave mancanza di personale e soprattutto di fondi hanno ridotto notevolmente gli interventi che sarebbero stati necessari per garantire una maggiore integrazione di rom, ashkali ed egizi nella società kosovara, rimanendo dunque ancora ai suoi margini. Di fatto, il divario tra i diritti garantiti sulla carta e quelli che, invece, sono effettivamente rispettati è enorme.
La realtà
Le condizioni di vita di rom, ashkali ed egizi in Kosovo, difatti, appaiono notevolmente diverse da quelle degli altri cittadini. Se già queste non sono ottimali, come ad esempio per quanto riguarda il sistema sanitario, la disoccupazione e l’impossibilità di viaggiare liberamente, la comunità rom si trova in condizioni addirittura peggiori. L’accesso all’istruzione, alla sanità e al mondo del lavoro appare notevolmente più complesso per rom, askhali ed egizi, come sottolineato anche dalle organizzazioni internazionali che operano nel paese. A questo si aggiunge il fattore abitativo, giacché i membri di questa comunità sono spesso costretti a vivere in abitazioni fatiscenti e dove le condizioni igieniche non sono minimamente rispettate.
Le enormi difficoltà che rom, ashkali ed egizi incontrano nel trovare un posto di lavoro certamente non aiutano nel processo di integrazione di queste comunità. Il paese si trova già ad affrontare dei drammatici tassi di disoccupazione che, secondo la Banca Mondiale, si attestano al 25,7% per quanto riguarda quella generale e al 52,4% per quella giovanile. In questo contesto, il tasso di disoccupazione di rom, ashkali ed egizi è notevolmente più alto. Infatti, tra i rom il tasso di disoccupazione si attesta al 43%, quello degli ashkali al 37,7%mentre quello degli egizi al 30%. Questo è anche dovuto ai tassi di abbandono scolastico, che nel caso dei componenti della comunità rom raggiungono livelli molto elevati. Ancora più preoccupante risulta la condizione delle donne, basti pensare che solo l’1,2% delle donne rom completa la scuola secondaria e solo lo 0,4% ottiene una laurea universitaria. La discriminazione certamente non aiuta a favorire l’ingresso di rom, ashkali ed egizi nei luoghi di lavoro, persino in quelli pubblici. La televisione di stato kosovara, inoltre, non trasmette nulla che possa interessare direttamente la comunità, e non vi sono membri nel consiglio direttivo che siano rom, ashkali o egizi.
I motivi di tali discriminazioni risalgono anche al periodo della guerra. Secondo quanto riportato dalla Rosa Luxemburg Foundation, i rom – all’epoca non ancora ufficialmente divisi tra di loro in tre gruppi distinti – venivano spesso usati dalle truppe militari e paramilitare serbe in azioni contro i civili albanesi [*]. Questo li ha spesso resi oggetto di discriminazione da parte degli albanesi e li ha sottoposti a vere e proprie vendette al termine della guerra. Il caso del quartiere Mahalla di Mitrovica è esemplificativo: questa zona abitata da rom, stretta tra il fiume Ibar e i serbi a nord e gli albanesi a sud, è stata quasi interamente raso al suolo negli anni seguenti la guerra, obbligando la comunità rom di Mitrovica a vivere in campi di fortuna, con condizioni igenico-sanitarie lontane dagli standard minimi per vivere.
Nonostante ciò, negli ultimi anni sono partiti alcuni progetti di integrazione locali, come nel caso del progetto pilota, voluto dal sindaco di Pristina Shpend Ahmeti, che ha coinvolto il quartiere di Dardania della capitale per sviluppare un’efficiente raccolta differenziata affidata a lavoratori appartenenti alla comunità rom. Proprio da questi pochi esempi positivi bisogna ripartire. Superare i pregiudizi, la memoria della guerra e favorire la collaborazione interetnica è l’unico modo per dare un futuro solido al Kosovo. Rom, ashkali ed egizi sono costretti ad affrontare la prova più complessa: la politica deve trovare la volontà e i mezzi per far sì che la loro inclusione sociale possa realizzarsi nel più breve tempo possibile.
Negli ultimi mesi sono tornate a livelli preoccupanti e tese le relazioni tra il governo serbo e le forze secessioniste del KosovoNATO e di conseguenza le trattative relative alla situazione della provincia serba che si è auto separata, in particolare a causa della decisione di Pristina di aumentare provocatoriamente i dazi relativi alle importazioni di merci dalla Serbia, rendendoli di fatto impossibili da esortare. Questo sta causando una vera e propria situazione di indigenza dentro le enclavi del Kosmet, soprattutto per quanto riguarda alimenti e farmaci. Oltre a questo anche l’istituzione della Comunità dei Comuni Serbi del Kosovo (a cui intendono aderire anche altre minoranze locali, dai Rom ai Goranci, dai turchi agli egizi, ecc…), non ha ancora trovato alcuna attuazione concreta, anzi è completamente ignorata da Pristina.
Il rappresentante russo alle Nazioni Unite V. Nebenzya ha espresso la preoccupazione della Russia per la situazione nella provincia, invitando l’ONU e la comunità internazionale a trovare soluzioni urgenti e immediate per evitare l’insorgere di nuovi conflitti e violenze e fermare crisi che potrebbero coinvolgere tutti.
Non vi è, di fatto alcun progresso verso il raggiungimento dell'obiettivo ambizioso di redigere un accordo globale sulla normalizzazione delle relazioni. Il principale svantaggio è che l'accordo chiave raggiunto in precedenza sull'istituzione della Comunità dei Comuni serbi in Kosovo non è stato raggiunto, ha sottolineato.
Sono passati quasi sei anni da quando è stato firmato questo accordo, ma il processo è stato sabotato da Pristina, mentre la parte serba è stata coerente nel rispettare i suoi obblighi…
…Va invece sottolineata la posizione costruttiva di Belgrado e il desiderio della parte serba di cercare soluzioni reciprocamente accettabili…Al contrario Pristina ha risposto con pretese inaccettabili dei leader albanesi del Kosovo su vasti territori della Serbia meridionale…”. Ha dichiarato Nebenzja.
Anche l’Ambasciatore russo in Serbia A. Chepurin ha sottolineato che Mosca opera per risolvere il problema del Kosovo con mezzi politici nel quadro del dialogo tra Belgrado e Pristina, senza imporre scadenze artificiali, in profonda cooperazione e sintonia con la dirigenza serba.
Circa l’incontro casuale tra Putin e Thaci a Parigi nella cerimonia legata all’anniversario della Prima guerra mondiale, ha dichiarato che nelle cerimonie internazionali ci sono decine e anche centinaia di fugaci contatti, ma non sono quelle, le occasioni dove si trattano questioni gravi o essenziali.
“…Putin è un uomo educato. Ha salutato centinaia di persone che ha incontrato scambiando alcune parole con loro. In secondo luogo, Putin era lì come ospite… quella cerimonia è stata organizzata dai francesi, e hanno chiamato quelli che pensavano di dover chiamare, compresi i rappresentanti di uno stato non riconosciuto come il Kosovo…in quelle situazioni c'è un problema, perché di solito si pensa che gli ospiti agiscano culturalmente, silenziosamente e modestamente, ma vediamo che alcuni ospiti non lo fanno....Abbiamo visto la stessa situazione a New York, dove nei corridoi delle Nazioni Unite hanno fermato tutte le persone che passavano, cercando di parlare con essi...Il problema è che i rappresentanti di stati non riconosciuti “lo fanno per stabiliti motivi" in tali eventi che coinvolgono ospiti di alto livello, e il loro comportamento a volte crea seri problemi…". Ha detto Chepurin a RTS
Ha poi aggiunto che è ridicolo pensare che questo fortuito incontro possa in alcun modo influenzare le relazioni tra Serbia e Russia o l'atteggiamento della Russia verso lo status del Kosovo, che resta di veto alle NU riguardo il riconoscimento dell’indipendenza.
Chepurin ha anche parlato della visita del presidente russo in Serbia a gennaio ( il 17),, dicendo che la data esatta non è stata ancora ufficialmente annunciata per vari motivi, ma che sarà a metà gennaio, sottolineando che questo sarà il terzo incontro dei due presidenti negli ultimi 10 mesi e che la cooperazione politica è ad un così alto livello che non ha precedenti.
Riguardo al Kosovo, Chepurin ha sottolineato che la posizione della Russia è molto chiara e netta, è stata confermata più volte, ma che qualcuno cerca continuamente di rimestarla.
“…La posizione della Russia non è cambiata, e si riduce a quanto segue: sosteniamo che il problema sia risolto politicamente nel quadro del dialogo tra Belgrado e Pristina. Questa è la prima cosa. In secondo luogo, ogni dialogo deve avere le sue basi giuridiche e in questo caso non esiste altra base legale oltre alla risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, come unico quadro giuridico.
La terza cosa, abbiamo cognizione della posizione della Serbia. Ad esempio, nel quadro del processo di Bruxelles, ed era stabilito sei anni fa, la Serbia ha adempiuto a tutti gli impegni assunti. Il problema è che Pristina non ha adempiuto alcun obbligo fondamentale come la formazione di uno ZSO (Comunità dei Comuni Serbi del Kosovo). Abbiamo anche visto tentativi di creare un esercito del Kosovo, con soldati nel nord del Kosovo…non è possibile condurre trattative, se una delle parti non adempie ai propri obblighi e responsabilità, in questo caso è Pristina, ma anche l’atteggiamento dei mediatori, che noi riterremo coresponsabili per l'adempimento di quegli impegni presi… ".
https://blogs.mediapart.fr/stantor/blog/071218/kosovo-madagascar-est-la-12e-nation-retirer-sa-reconnaissance
Republika Madagaskar obavestila je Ministarstvo spoljnih poslova Srbije da je povukla odluku o priznanju Kosova...
Après les 10 pays membres de l'ONU ayant déjà annulé leur reconnaissance du Kosovo comme pays indépendant et souverain, originellement concédée en 2008, les Iles Salomon sont la 11ème nation à retirer leur reconnaissance. Un camouflet pour l'OTAN, et particulièrement pour la France, la Grande-Bretagne et les USA qui lorgnent avec envie sur les ressources minières de cette province de Serbie...
La comunità internazionale è abituata alla cosiddetta “diplomazia del libretto degli assegni” utilizzata da Cina e Taiwan per raccogliere i reciproci alleati diplomatici scambiandosi il riconoscimento diplomatico con generosi pacchetti di assistenza finanziaria. Tuttavia, questa stessa battaglia per il riconoscimento e il de-riconoscimento diplomatico si gioca tra la Serbia e la sua provincia separatista del Kosovo. Gli Stati Uniti e gran parte della NATO non solo hanno concesso il riconoscimento diplomatico del Kosovo contro l’obiezione della Serbia, ma hanno anche fatto pressioni su altri Paesi per riconoscerne l’indipendenza. Tale processo ha incontrato un grosso ostacolo nelle accuse delle varie parti che emettono false lettere e proclami diplomatici da parte di nazioni che dichiarano di de-riconoscere il Kosovo. Il mondo della diplomazia internazionale e quello delle “false notizie” si sono ora riuniti.
L’amministrazione di Donald Trump, che ogni giorno ha sempre più tonalità neoconservatrice, con John Bolton che dirige il Consiglio di sicurezza nazionale e Richard Grenell che erode il gradimento diplomatico a Berlino come ambasciatore degli Stati Uniti, monetizza il riconoscimento diplomatico in un modo che avrebbe messo in imbarazzo i diplomatici dei libretti degli assegni di Pechino e Taipei. Mentre il ministro degli Esteri serbo, Ivica Dacic, fa il suo giro diplomatico, convincendo i ministeri degli esteri di tutto il mondo a disconoscere il Kosovo, il ministro degli Esteri del Kosovo, Behgjet Pacolli, faceva appelli nervosi alle capitali mondiali chiedendogli di chiarire o rovesciare il ritiro del riconoscimento. Se ciò non funziona, le autorità della capitale del Kosovo di Pristina si affideranno ai “fratelli maggiori” della NATO, Stati Uniti e Regno Unito, per intercedere a loro nome. Tale ping-pong diplomatico ha anche influito sul riconoscimento internazionale della Repubblica democratica araba sahariana, Sahara occidentale, con la sua potenza occupante il Marocco, disposto a costringere le nazioni a non riconoscere l’indipendenza del territorio che considera sua provincia. Ipocriticamente, mentre Washington e Londra insistono sul fatto che le nazioni che avevano riconosciuto il Kosovo mantengono tale politica, sono più che disponibili a permettere al Marocco di fare pressione sulle nazioni a tagliare i legami diplomatici col governo del Sahara occidentale, aderente a pieno titolo dell’Unione Africana. Ironia della sorte, mentre il Marocco cerca di convincere le nazioni a discconoscere la Repubblica Sahrawi, negava il riconoscimento del Kosovo perché non vuole dare credito al riconoscimento degli Stati separatisti. La differenza è che la Serbia considera il Kosovo una provincia ribelle che ha dichiarato unilateralmente l’indipendenza in violazione del diritto internazionale, mentre il Sahara occidentale non è mai stata parte legale del Marocco. Prima del 1975, il Sahara Occidentale era una colonia della Spagna.
Il Kosovo non è membro delle Nazioni Unite e molte agenzie specializzate. L’opposizione di grandi nazioni come Russia e Cina ed influenti nell’Unione Europea come Spagna e Grecia l’hanno escluso dalle Nazioni Unite e organizzazioni come Organizzazione Mondiale della Sanità e Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura (UNESCO). Il Kosovo è riuscito a far parte della FIFA e del Comitato Olimpico Internazionale (IOC), grazie alle pesanti pressioni da parte di Washington, Londra e Berlino. Alla fine del 2017, la Serbia ebbe qualche successo iniziale nel convincere le nazioni a disconoscere il Kosovo. Tra le prime vi furono Suriname e Guinea-Bissau. All’inizio del 2018, il Burundi seguì l’esempio, raggiunto dalla Liberia. Questa notizia provocò duelli sui comunicati diplomatici da Belgrado, Pristina e diverse capitali mondiali. Nel giugno 2018, il ministro degli Esteri liberiano Gbehzohngar Milton Findley annunciava che il suo Paese ritirava il riconoscimento del Kosovo e dichiarava di aver riconosciuto il Kosovo come “provincia serba del Kosovo e Metohija”. Da Pristina, Pacolli rispose affermando di aver parlato con persone del governo liberiano che negavano il riconoscimento del Kosovo. Copiando Trump, Pacolli definiva l’annuncio di Belgrado “false notizie”. Ma il ministro degli Esteri Findley non era un finto ministro e sembrava parlare a nome del governo di Monrovia. Quello che successe dopo fu una scena da operetta di Gilbert e Sullivan. Pacolli volò a Monrovia incontrando il presidente George Weah, l’ex-calciatore che, secondo fonti del Kosovo, promise un’amichevole partita di calcio tra Liberia e Kosovo e promise di aprire un’ambasciata della Liberia a Pristina. Apparentemente, Washington e Londra, che continuano a sostenere il governo problematico del Kosovo, nazione che ospita diverse mafie, fece pressione su Monrovia per invertire la decisione sul riconoscimento del Kosovo. La confusione regna ancora sul fatto che la Liberia riconosca o meno il Kosovo. Una cosa è certa, alcuna ambasciata liberiana è stata aperta a Pristina. A prescindere da ciò che accadde nell’incontro tra Pacolli e Weah, all’inizio del novembre 2018, la Liberia, così come Papua Nuova Guinea, Dominica, São Tomé e Príncipe, Grenada, Lesotho, Comore e Guinea-Bissau ufficialmente ritiravano il riconoscimento del Kosovo. Il Kosovo affermò che anche il micro-Stato del Sovrano Militare Ordine di Malta (SMOM), che ha sede a Roma e aveva riconosciuto diplomaticamente il Kosovo. Tuttavia, lo SMOM lo negava.
Quando il Suriname disconobbe il Kosovo nel 2017, le autorità di Pristina dichiararono, sbagliando, che “nel diritto internazionale non esiste il concetto di revoca del riconoscimento”. Non è certo quale legge internazionale il Kosovo si riferisse, ma ritirare o negare il riconoscimento all’indipendenza di una nazione avviene in ogni momento. Taiwan l’ha subito, così come Repubblica Popolare Cinese, Repubblica Democratica Araba Saharawi, Israele, Palestina, Repubblica Popolare Democratica di Corea, Repubblica Turca di Cipro Nord, Abkhazia e Ossezia del Sud. Il crollo di alcuni Stati-nazione portava anche al ritiro del riconoscimento da parte di altre nazioni. Questo fu il caso di Repubblica del (Sud) Vietnam, Repubblica del Vietnam del Sud (Viet Cong), Repubblica Democratica Tedesca, Biafra, Sultanato di Zanzibar, Repubblica Popolare di Zanzibar e Pemba, Sikkim, Tibet, Canato di Kalat, Regno di Sarawak, Repubblica popolare di Kampuchea, Repubblica democratica dello Yemen, Repubblica popolare di Tannu Tuva, Transkei, Bophuthatswana, Venda, Ciskei, Gazankulu, Rhodesia, Repubblica democratica finlandese, Neutral Moresnet, Città libera di Danzica, Città libera di Trieste, Tangeri International Zone e Manchukuo. Nella categoria del limbo ci sono i riconoscimenti dell’indipendenza del Kosovo da parte della “Repubblica di Cina” di Taiwan e di due Stati associati alla Nuova Zelanda, Isole Cook e Niue. Il Kosovo non ricambiava il riconoscimento di Taiwan perché vuole essere anche riconosciuto dalla Cina. A quanto pare Niue e Isole Cook non sapevano di aver riconosciuto il Kosovo, poiché l’annuncio proveniva solo dalle autorità di Pristina. Oltre a Stati Uniti e Regno Unito, la Turchia opera per estendere il riconoscimento al Kosovo da nazioni che non l’hanno mai riconosciuto o l’hanno disconosciuto.
La battaglia diplomatica tra Serbia e Kosovo continua in tutto il mondo. Nel maggio 2018, il Kosovo fu allarmato da un annuncio a Belgrado del presidente del parlamento del Ghana Aaron Mike Oquaye, che raccomandava a presidente e ministro degli Esteri del Ghana di non riconoscere il Kosovo. Oquaye parlò con affetto dei legami storici tra Ghana ed ex-Jugoslavia animati dalla stretta cooperazione tra il Presidente Josip Tito e il primo Presidente del Ghana Kwame Nkrumah, nel Movimento dei Non Allineati. La Serbia afferma che il Kosovo sostiene falsamente che meno di una decina di nazioni riconosce Pristina. Belgrado afferma che il Kosovo si limita a creare rapporti diplomatici con altre nazioni.
Benvenuti nel mondo post-fattuale dove non solo “notizie false” ma “finte relazioni diplomatiche” sono il nuovo protocollo.
Traduzione di Alessandro Lattanzio
U sljedeće tri godine će vlasti u Prištini, sjedištu samoproglašene “Republike Kosovo”, kupiti oružje vrijedno 300 milijuna eura za vlastitu vojsku.
Planovi za kupnju oružja su objavljeni su ubrzo nakon usvajanja zakona o uspostavi vojske Kosova koja će se sastojati od 5000 vojnika i navodno će biti “multinacionalna”.
Početkom listopada je američko veleposlanstvo u Prištini priopćilo kako kosovski Albanci imaju podršku Washingtona u ideji stvaranja “multinacionalne profesionalne vojske prema standardima NATO pakta, ali s ograničenim mandatom”.
Nakon toga je 18. listopada parlament u Prištini podržao prethodnu odluku vlade o formiranju punopravne vojske, a temelj ovih oružanih snaga bit će postojeće Snage sigurnosti Kosova.
Od prisutna 102 zastupnika u parlamentu, 101 je glasao je za stvaranje Ministarstva obrane na Kosova, prenosi Gazeta Express, te dodaje kako su predstavnici manjinske stranke “Srpska lista”napustili dvoranu parlamenta u Prištini.
Prema postojećem ustavu Kosova, vojska kosovskih Albanaca, koja će zbog formalnog “multinacionalnog” karaktera imati nekoliko pripadnika zajednice Srba, Roma, Bošnjaka i drugih manjina, može se stvoriti izmjenom ustava uz suglasnost najmanje dvije trećine od 120 zastupnika.
Kosovske vlasti su 2017. godine donošenjem zakona o proširenju ovlasti Sigurnosnih snaga iste pokušale transformirati u vojsku, ali su se suočile s otporom i zabranom ne samo međunarodne zajednice, nego i Sjedinjenih Država, koje iz baze “Bondsteel” i svog veleposlanstva u Prištini upravljaju Kosovom kao svojim protektoratom.
Kao što smo rekli, početkom listopada SAD odjednom mijenjaju stav i američko veleposlanstvo u Prištini vlastima Kosova daju “zeleno svjetlo” za uspostavu vojske i Ministarstva obrane.
Odobrenje Sjedinjenih Država dolazi neposredno nakon odluke u rujnu ove godine premijera Haradinaja i kabineta ministara samoproglašenog Kosova da se odobri formiranje vojske i preustroj u oružane snage postojećih Snaga sigurnosti.
U sigurnosnom smislu ovo znači dodatno zaoštravanje odnosa na uzavrelom jugu Balkana, gdje se spore Makedonija i Grčka, Srbija i Kosovo, kojeg podržava susjedna Albanija, gdje Makedoniju i Crnu Goru razdiru etničke i druge odjele, a susjedna Bosna i Hercegovina je nakon nedavno održanih izbora ušla u razdoblje institucionalne krize, budući da Hrvati kao konstitutivni narod za svog člana Predsjedništva ne priznaju Željka Komšića, izabranog uglavnom glasovima Bošnjaka.
“Zeleno svjetlo” američke uprave Prištini da može stvoriti vlastitu vojsku, što je radikalan zaokret u odnosu na ranije politike, dodatno će zakomplicirati ionako složene odnose na jugu regije. Čini se da aktualna američka uprava želi zacementirati silom nametnuti okvir, koji dugoročno definitivno nije održiv.
Osim toga, kosovski presedan je u samo deset godina poslužio kao pravni temelj za slične odluke u Južnoj Osetiji, Abhaziji, Iračkom Kurdistanu, na Krimu i Kataloniji. Međutim, na drugim su mjestima barem provedeni referendumi o samoodređenju, neki uspješno, a neki ne. Koliko dugo Makedonija može izbjegavati sličan scenarij? Kojim će putom poći Bosna i Hercegovina, koja jedva preživljava u “luđačkoj košulji” Daytonskog sporazuma, ali je još uvijek država s dva entiteta i tri konstitutivna naroda?
Nije važno tko će se još pozvati na ovaj presedan, ali se već sada može pretpostaviti da će Amerikanci i Europljani, ako im ne ide u prilog, tada na sav glas grmjeti kako je to bijedno i jadno, ili će podržati taj proces, ako je u njihovom interesu.
Davanje legitimiteta sili i kršenje sporazuma i Rezolucije Vijeća sigurnosti Ujedinjenih naroda, prema kojoj Kosovo ne može imati vojsku, SAD ne da narušavaju krhki mir između Srba i Albanaca, nego stvaraju preduvjete za napetosti u cijeloj regiji koje lako mogu prerasti u otvorene sukobe.
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