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Sul
perdurante genocidio dei Rom di Kosovo e
Metohija
Recensione
del libro UN NOMADISMO FORZATO di
A. Bejzak e K. Jenkins
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Adem Bejzak e Kristin Jenkins
UN NOMADISMO FORZATO
...di guerra in
guerra... Racconti rom dal Kosovo all'Italia
Edizioni Archeoares, 2011
7
euro, 180 p., ISBN 978-88-96889-22-0
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Qualcuno ha
scritto che "la Giornata della Memoria non
funziona" (1). Sicuramente sussiste un problema di
fondo, che riguarda l'oggetto
stesso della ricorrenza. Infatti, a rendere
giustizia, non solo dal punto di vista morale ma
proprio dal punto di vista storico, alle vittime
del nazifascismo si dovrebbero includere
tutti i crimini del nazifascismo verso intere
categorie e soggetti nazionali e/o razziali;
viceversa, nella
stessa legge istitutiva della Giornata della
Memoria nel nostro paese (2) si chiede di ricordare
solamente "la Shoah
(sterminio del popolo ebraico), le leggi
razziali, la persecuzione italiana dei
cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto
la deportazione, la prigionia, la morte",
e con loro "i giusti", cioè coloro che "si sono
opposti al progetto di sterminio, ed a rischio
della propria vita hanno salvato altre vite e
protetto i perseguitati".
L'omissione è
dunque flagrante. Non è ricordato, ufficialmente,
il
genocidio dei Rom - genocidio che, vista
l'attualità italiana, visti i ripetuti pogrom ai
danni della comunità Rom in Italia, visto
il razzismo così diffuso, generalizzato, nella
nostra società, nessuno dovrebbe osare di
omettere dalla narrazione sulla nostra storia
recente, tantomeno nella Giornata della
Memoria. Non
c'è spazio,
sulla carta, nemmeno per ricordare - o scoprire
e studiare - il
genocidio dei disabili, dei gay, le immani
stragi commesse sulle popolazioni civili, le
politiche razziste del nazifascismo verso i
popoli slavi, i pogrom
che i cattolici "uniati" commisero contro altri
cristiani in Ucraina e Bielorussia; né per
ricordare il sistema concentrazionario ed i
crimini degli ustascia nei Balcani, pur
così vicini all'Italia sia per rapporti
storico-politici (attraverso Fascismo e
Vaticano) sia geograficamente.
In questo
"mare di silenzio" si perde in particolare la
vicenda - pluridecennale, in verità, ma che toccò
un apice drammatico proprio sotto l'occupazione
nazifascista - delle pulizie etniche commesse
in Kosovo e Metohija (Kosmet). A ricordarla,
dallo specifico punto di vista della comunità Rom
kosovara, è uno straordinario libricino frutto
della collaborazione di un esule rom
kosovaro, Adem Bejzak, e di una esperta di
diritti delle minoranze, Kristin Jenkins.
Bejzak, classe
1957, è originario di Kosovo Polje. Di mestiere
autista e meccanico, militante nella Lega
dei Comunisti di Jugoslavia, risiede nella sua
terra e vive tante vicende, raccontate nel libro,
finché l'aggravarsi della situazione sociale ed
economica non gli fa scegliere l'emigrazione
all'estero. Soprattutto l'embargo imposto dai paesi
occidentali contro la Repubblica Federale di
Jugoslavia a partire dal 1990, finalizzato a
piegare il paese per poterlo successivamente
smembrare, costringe Bejzak a cercare migliore
fortuna all'estero per
sostenere finanziariamente a distanza la
famiglia rimasta in Kosovo.
A
Bologna, però, per la prima volta vede in
quali condizioni disumane vivano i rom in Italia.
Dal 1993 si stabilisce nel campo dell'Olmatello
a Firenze; a partire dall'agosto 1999 si uniscono a
lui tutti i suoi famigliari, costretti all'esilio
dal nuovo regime razzista instaurato in Kosovo
dalla NATO. E' allora che anche la moglie Bedria e i
figli "scoprono" le condizioni miserabili dei campi
rom italiani - e non possono credere ai loro
occhi...
Solo
nell'ottobre 2006, dopo innumerevoli difficoltà, la
famiglia Bejzak ottiene una casa vera e propria dove
risiedere, dal Comune di Firenze. E per questo
dovrebbe ritenersi fortunata, vista la condizione
della maggiorparte dei rom che abitano in Italia.
Eppure, i Bejzak non erano "nomadi" prima, in
Jugoslavia...
Bejzak scrive che in Kosovo "per secoli prima
della guerra, la popolazione rom ha vissuto una
vita sedentaria svolgendo lavori onesti... Con la
guerra del 1999, le nostre case ed i nostri
terreni sono stati bombardati, bruciati e derubati
ed i rom sono stati costretti a fuggire attraverso
il mare Adriatico verso altri paesi
europei... Oggi nell'ex Jugoslavia sono stati
creati nuovi stati ed i rom storici rimasti lì non
hanno avuto nessun
riconoscimento... Nonostante varie distinte
ricerche etnografiche sui rom, c'è una mancanza di
ricerca della verità sull'origine del nomadismo
forzato [sic] del popolo rom e di
conseguenza sono nati molti pregiudizi e
discriminazioni" (p.17).
Le parole di Adem, Bedria e dei loro figli sono
state raccolte da Kristin Jenkins, studiosa della
problematica dei rom del Kosovo, con vero e proprio
sgomento: quella stessa sensazione che molti di
noi hanno dovuto sperimentare in questi anni
incontrando la verità della tragedia
jugoslava. Una verità a tutti gli effetti
elusa, mistificata tra fiumi di parole "a effetto"
che dicono di solito il contrario di quello che
sarebbe necessario dire e sapere. Sul Kosovo, ad
esempio: il nostro telespettatore è abituato ad
imputare allo Stato jugoslavo, plurinazionale e
improntato ai valori socialisti di giustizia sociale
ed eguaglianza nazionale (fino al suo
scioglimento avvenuto il 4 febbraio 2003), quei
crimini di prevaricazione e "pulizia etnica" che
sono stati invece commessi dalla parte
antagonistica, cioè il secessionismo pan-albanese e
l'imperialismo della NATO.
Il libro è anche un viaggio nella storia recente del
popolo Rom. Vi incontriamo rom partigiani, attivi
combattenti contro il nazifascismo oppure vittime
del genocidio praticato nei lager gestiti dagli
ustascia; vi incontriamo attivisti del movimento per
i diritti nazionali rom, sorto in Kosovo a partire
dal 1968; vi incontriamo rom comunisti,
impegnati a frequentare scuole di formazione
politica nella Jugoslavia degli anni Settanta, e
donne rom impegnate ad emanciparsi dalle
tradizioni arcaiche della cultura di provenienza. Vi
incontriamo rom giovani e anziani, donne e uomini
tutti insieme bloccati in coda in una
autocolonna lunga 30 chilometri che il 17 giugno
1999, a passo d'uomo, li conduce fuori dalla loro
terra, e poi in agosto a Bar (Montenegro),
sotto un grande albero nei pressi del porto ad
attendere per un mese la nave che li deve portare in
esilio. Vi incontriamo rom che nolenti o volenti
vengono registrati come "albanesi" dalla
burocrazia - perché è "politicamente corretto" e
così, forse, si riesce a far valere qualche diritto
umano elementare.
Nel libro, oltre a leggere, vediamo Bejkaz
in fotografia, partecipare ad una manifestazione ad
Aviano nella primavera 1999, per protesta contro
le "bombe imperialiste" e la politica
della NATO di strumentalizzazione della questione
"etnica" nella sua terra. Sempre in fotografia
vediamo la casa di famiglia di Adem nei giorni
felici (pp.19 e 60) e devastata (a p.50 e in
copertina) da NATO e UCK tra di loro alleati. E
vediamo Adem in visita da suoi connazionali e presso
i luoghi-simbolo della tragica storia Rom: ad
esempio a Kragujevac, nel parco delle Sumarice. (3)
C'è il
racconto di una visita di Bejkaz ad Auschwitz,
nell'ambito di una delegazione del Comune di
Firenze: lì Adem rivive, fino a sentirsi male, i
patimenti dei suoi avi. C'è il racconto toccante del
primo ritorno della famiglia Bejzak in Serbia, 6
anni dopo i bombardamenti, in visita dai genitori di
Adem a Nis: nella Serbia meridionale riconoscono i
tristi effetti dei bombardamenti nella vita sociale,
ma anche la laboriosità e la dignità della loro
gente, ed incontrano ex partigiani rom, attivisti
dell'associazionismo rom, parenti ed amici originari
del Kosovo con le loro storie drammatiche. Ritrovano
i segni del genocidio attuato dai nazifascisti e
della Resistenza eroica di tanti rom:
storie della II G.M. che non hanno goduto
del riconoscimento storiografico e morale che era
dovuto.
Il libro si
chiude con alcune note sulle principali tradizioni
Rom (Djurdjevdan, matrimoni) e con alcune poesie di
Adem Bejzak. Ci auguriamo che una seconda
edizione, che si pensa imminente, consentirà una ben
maggiore diffusione di questo piccolo tesoro, la cui
lettura è di grande aiuto a chiunque voglia
comprendere la stretta concatenazione esistente tra
questioni apparentemente distinte: condizione Rom,
secessione del Kosmet, crimini del nazifascismo,
Giornata della Memoria.
Note
(1)
"2010: Perché la giornata della Memoria non
funziona", su http://www.olokaustos.org/2010.htm
.
(2) Il Giorno della Memoria (27 Gennaio) è
una ricorrenza istituita con la legge n. 211 del
20 luglio 2000 dal Parlamento italiano che ha in
tal modo aderito alla proposta
internazionale. Il testo dell'articolo 1 della
legge così definisce le finalità del Giorno
della Memoria: « La Repubblica
italiana riconosce il giorno 27 gennaio,
data dell'abbattimento dei cancelli di
Auschwitz, "Giorno della Memoria", al fine di
ricordare la Shoah (sterminio del popolo
ebraico), le leggi razziali, la persecuzione
italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che
hanno subìto la deportazione, la prigionia, la
morte, nonché coloro che, anche in campi e
schieramenti diversi, si sono opposti al
progetto di sterminio, ed a rischio della
propria vita hanno salvato altre vite
e protetto i perseguitati. » (Legge 20
luglio 2000, n. 211, Istituzione del "Giorno
della Memoria" in ricordo dello sterminio e
delle persecuzioni del popolo ebraico e dei
deportati militari e politici italiani nei campi
nazisti pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica Italiana n. 177 del 31 luglio
2000, dal sito web Parlamento Italiano.
Riportato il 12 aprile 2007.)
E' il caso di rammentare il significato del
termine GENOCIDIO: ogni atto commesso con
l'intenzione di distruggere, in tutto o in
parte, un gruppo nazionale, etnico,
razziale o religioso.
(3) https://www.cnj.it/VALORI/Kragujevac/sumarice.htm
.
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