Sul Discorso del sindaco di Monfalcone Anna Cisint in occasione della ricorrenza farlocca del 12 giugno
– Da quest'anno Gorizia ricorderà la liberazione ... dall'occupazione titina (TeleFriuli, 9 giugno 2020)
3) ADOZIONE NELLE SCUOLE DI PUBBLICAZIONI FASCISTE
Nei loro confronti non è mancata una vicinanza e un affetto trasversali: tutti noi avremmo fatto lo stesso se ci fossimo trovati al loro posto. L'antifascismo è uno dei valori più importanti con cui siamo cresciuti ed è importante fare tutto il possibile perché una delle ideologie più aberranti della storia non riprenda spazio.
Chi non si è mai espresso su quelle giornate è l'Università di Torino, permettendo non solo che un'organizzazione dichiaratamente fascista volantinasse in università, ma anche che un ingente schieramento di polizia la difendesse, e restando in silenzio davanti all'arresto di tre studenti antifascisti ha sconfessato in una sola giornata tutti i valori che dichiara di condividere.
Questo silenzio è troppo assordante per tutti gli studenti antifascisti che studiano all'interno di questa istituzione. Continuare a frequentare un luogo dove si propaganda nell'indifferenza odio razziale e falsità storiche non è accettabile.
A queste responsabilità dell'Università si aggiungono tutte quelle accumulate durante questi mesi di pandemia globale: nonostante le gravissime difficoltà economiche e sociali in cui si trovano moltissimi studenti e studentesse, nessuna reale misura per tutelare il diritto allo studio è stata messa in campo, né dal Rettore, né dall'ente regionale Edisu.
A pochi giorni di distanza dalla data in cui il tribunale di Torino dovrebbe esprimersi sulla conferma delle privazioni verso gli studenti antifascisti coinvolti pretendiamo che il rettore prenda pubblicamente una posizione:
Quello che sta risultando sempre più chiaro è che si sta seriamente compromettendo il diritto allo studio su diversi piani: tra le misure cautelari assegnate troviamo alcuni domiciliari e divieti di dimora, che chiaramente limitano le possibilità di movimento all'interno dell'università dei soggetti coinvolti; dall'altra parte abbiamo le dichiarazioni di Sciretti, presidente Edisu, che da mesi ormai continua a sbandierare la sua richiesta di revocare le borse di studio alle studentesse e agli studenti presenti in quelle giornate.
Pretendiamo il ritorno in Università in sicurezza e in presenza per tutti e tutte, compresi i nostri compagni di corso colpiti dalla repressione e delle misure concrete per il diritto allo studio che non facciano pagare a noi studenti questa crisi.
Giovedì 10 settembre h. 15 saremo in Rettorato!
PIEMONTE
23 lug 2020
I fatti del 13 febbraio
Regione Piemonte: "Via borse di studio a violenti"
Elena Chiorino: "Via i sussidi pubblici ai violenti"
Data ultima modifica
23/02/2020
Il Campus Luigi Einaudi di Torino, che raccoglie i dipartimenti di scienze sociali, giuridiche e economiche è stato il 13 e il 14 febbraio teatro di gravi provocazioni e violenze da parte delle forze dell’ordine che, come ormai d’abitudine, si sono presentate in assetto antisommossa per proteggere un volantinaggio di uno sparuto gruppetto di aderenti all’organizzazione studentesca neofascista FUAN. I neofascisti volantinavano contro un evento organizzato dall’ANPI per quel giorno intitolato “Fascismo, colonialismo e foibe” nei locali dell’università. Notata la presenza dei fascisti, gli studenti si sono spontaneamente mobilitati. La risposta? Cariche violente e inseguimenti e tre arresti. Dottorandi, precari e docenti si sono riuniti quindi in un’assemblea antifascista e hanno prodotto il seguente comunicato.
Da molti anni alcune rumorose forze politiche e culturali, caratterizzate da un nazionalismo grottesco, usano le vicende storiche che attraversarono il cosiddetto confine orientale dell’Italia nei primi anni quaranta del Novecento per rivalutare il ventennio fascista e le figure che lo incarnarono: Mussolini, in primo luogo. Intorno al “giorno del ricordo”, si gioca una partita ideologica che punta a rimuovere il collaborazionismo del regime fascista con il nazismo e nascondere i crimini contro l’umanità compiuti dall’esercito italiano. È invece in tale contesto che la questione delle Foibe andrebbe inserita.
Tuttavia, in una città come Torino, insignita molti anni fa di una medaglia al valore per ricordarne l’impegno antifascista nella Resistenza, sono ormai frequenti le aggressioni di stampo neofascista e antisemita, con scritte ingiuriose e minacciose sotto le abitazioni dei discendenti di alcuni dei protagonisti di quella stagione antica e degli antifascisti di oggi. Aggiungiamo l’aggressione allo storico Eric Gobetti, autore di ricerche solide e riconosciute nel mondo scientifico su temi ai quali la Regione Piemonte si accosta invece annunciando il proposito di diffondere nelle scuole pubbliche un fumetto piuttosto volgare e di stampo fascistoide, intitolato Foiba rossa.
In questo contesto, giovedì 13 febbraio, mentre al Campus Einaudi dell’Università si svolgeva un convegno con l’intenzione di affrontare con piglio critico la complessità di un tema quale Fascismo, colonialismo e foibe, il gruppo Fuan distribuiva un volantino, colmo della solita retorica nazionalista, attaccando l’Anpi, tra i promotori dell’iniziativa.
Il gruppetto, protetto come accade da molti anni da poliziotti in tenuta antisommossa, si è in verità dileguato dopo pochi minuti: nessuno “scontro” con i numerosi studenti che li contestavano. E i momenti di contatto tra antifascisti e polizia avrebbero potuto essere derubricati a poca cosa, a essere onesti: invece interviene la decisione delle forze dell’ordine di operare un fermo.
Non ci rivolgiamo alla Questura, la cui gestione delle piazze torinesi negli ultimi mesi è stata quanto meno discutibile, all’insegna di una aggressività troppo spesso ingiustificata; non ci rivolgiamo ai giornali, i cui resoconti, salvo poche eccezioni, sono tutti convergenti per non dire artificiosi, troppo uguali nei toni di un racconto dei fatti, cui probabilmente nessun giornalista ha potuto davvero assistere; in questo frangente denunciamo i ripetuti attacchi personali alla Professoressa Raffaella Ferrero Camoletto, le cui parole sono state distorte dai giornali e interpretate ottusamente dal sindacato di polizia. Non ci rivolgiamo nemmeno alla Magistratura, in particolare ai frettolosi uffici che convalidano arresti e dispensano poi condanne e lezioni di morale con una leggerezza inquietante.
Ci rivolgiamo alla comunità universitaria, ai cittadini del quartiere in cui ha sede il Campus, a ogni spirito libero e critico: la contestazione al Fuan non è stata organizzata ma spontanea; la resistenza alle pressioni delle forze dell’ordine non è stata frutto di azioni “premeditate”: nessuno dei partecipanti al presidio è apparso travisato o armato di alcunché; gli studenti si sono contrapposti ad un fermo che appariva in quel momento totalmente ingiustificato e per cui ci si aspettava un rilascio immediato. Al suo posto si sono susseguite almeno quattro cariche scomposte e violente da parte delle forze dell’ordine.
Ma qui, oltre le cariche, contano gli atteggiamenti, tanto più gravi se agiti dalle forze dell’ordine: i poliziotti agitano non solo i manganelli, battuti ripetutamente contro i loro scudi, quasi a rammemorare pose guerresche, ma lanciano insulti umilianti all’indirizzo dei manifestanti: insulti, è quasi inutile dirlo, sessisti e razzisti, tanto che una funzionaria superiore in grado si sente in dovere di tacitarli imperiosamente, mentre i responsabili delle istituzioni universitarie presenti assistono passivi. E poi gli altri tre fermi, tanto per rasserenare il clima.
Il giorno successivo ad attizzare gli animi ci pensano i vertici dell’Università: non solo vengono posizionate due guardie armate (!) davanti all’aula che era stata del Fuan, ma si chiede ai docenti e agli studenti presenti nella palazzina Einaudi di sgomberare i locali… dando nel contempo ampie garanzie che la polizia non sarebbe intervenuta contro gli studenti antifascisti riuniti in assemblea. Un atteggiamento irresponsabile, che ha creato insicurezza, non il contrario, e ha impedito il regolare svolgimento degli esami in corso.
Ultimo ma non meno importante, giunge puntuale come l’allergia in primavera, la provocazione del leghista di turno, che si agita nello stesso brodo di coltura dei revisionisti fascistoidi: ora a parlare è il Presidente dell’Ente regionale per il diritto allo studio universitario Sciretti che, per non sapere parlare né scrivere, propone di sospendere le borse per gli “antagonisti” arrestati e denunciati. Si tratta della stessa figura che esattamente un anno fa, in occasione delle manifestazioni contro lo sgombero dell’Asilo di via Alessandria, affermò: “Ci vorrebbe un po’ di scuola Diaz”. Visto che intorno al “giorno del ricordo” la memoria pare vacillare più del solito, rammentiamo che per quel raid indegno di un paese democratico numerosi esponenti della Polizia di Stato furono condannati e interdetti dai pubblici uffici…
Che ognuno si faccia le sue opinioni, cercando di acclarare i fatti. Alla Professoressa Ferrero Camoletto esprimiamo la nostra più piena solidarietà, così come agli studenti e alle studentesse coinvolte\i in questa vicenda.. Noi nel rispetto dei nostri ruoli e dei principi fondamentali di qualsiasi convivenza civile, siamo e restiamo antifasciste\i.
Assemblea dottorand*, precar* e docenti del Campus Luigi Einaudi
di Noi Restiamo
Da anni le organizzazioni fasciste e i partiti di destra come la Lega e Fratelli d’Italia promuovono la giornata del ricordo, istituita dal 2004 con l’accordo con i partiti di centro sinistra. Il “giorno del ricordo“, che promuove una visione fascista della storia è l’occasione per fare avanzare la visione reazionaria della Storia che oggi si è fatta “verità di stato”, come ci dimostrano le dichiarazioni di Mattarella di questi giorni.
Il capo dello Stato, seguito ovviamente dal Partito Democratico, ha equiparato nazismo a comunismo falsificando ancora una volta il corso storico e mascherando i carnefici dell’occupazione italiana in ex Jugoslavia.
Le conseguenze di queste decisioni non hanno tardato a raggiungere il mondo dell’istruziome: la regione Piemonte vuole distribuire in tutte le scuole il fumetto “Foiba Rossa” sulla storia dell’Istriana fascista Norma Cossetto iscritta ai gruppi universitari fascisti e uccisa nel 1943.
Il fumetto è edito da Ferrogallico, casa editrice che, giusto per fare qualche titolo, ha pubblicato i diari di Mussolini a fumetti e diverse graphic novel a difesa di “martiri fascisti” che sono sono stati colpito durante le lotte operaie degli anni settanta. Nei fatti la Regione promuove, tramite una casa editrice vicina all’estrema destra una rilettura reazionaria della storia a fumetti.
Ma le conseguenze non riguardano solo le scuole superiori.
Ieri l’Università di Torino ancora una volta, si è resa complice del revisionismo storico dei fascisti, si è resa complice della repressione che si abbatte su tutti coloro che si oppongono a questa modo di interpretare la Storia con l’antifascismo militante.
Il Fuan, collettivo fascista vicino a CasaPound, ha fatto un volantinaggio in università sulla giornata del ricordo delle foibe. Proprio nella stessa giornata in cui Moni Ovadia era in università a parlare di fascismo e del colonialismo italiano in Jugoslavia.
Ovviamente insieme ai fascisti del Fuan c’era la polizia in assetto antisommossa che ha ripetutamente caricato gli studenti che volevano cacciare i fascisti.
Le cariche sono state violentissime e sono stati fermati tre antifascisti. Un corteo spontaneo è poi andato in rettorato per spingire il rettore a prendere una posizione netta e chiaramente antifascista oltre che a dare spiegazione della violenza della polizia dentro l’università. Il rettore non s’è visto. Il silenzio di fronte a questi eventi pesa più di un macigno!
L’assenza del rettore e la polizia che difende i fascisti che portano avanti questa lettura della Storia ci mostrano quali possono essere le pratiche del revisionismo anche nelle nostre università.
Oggi h. 11.30 assemblea antifascista al Campus Einaudi per riflettere e agire contro le organizzazioni fasciste e contro le istituzioni che le giustificano e proteggono in continuazione.
https://www.comune.trieste.it/-/giunta-municipale-approvata-la-delibera-che-istituisce-la-solenne-ricorrenza-del-12-giugno-quale-giornata-della-liberazione-della-citta-di-trieste-dall-occupazione-jugoslava-
15 giugno 2020
LA FALSIFICAZIONE DELLA STORIA MEDIANTE L'INDIZIONE (TUTTA POLITICA) DI RICORRENZE INCONGRUE
“Dal 1° maggio 1945 sino al 12 giugno, la nostra città conobbe il terrore sistematico e decine e decine di persone furono uccise o scomparvero; cittadini italiani sacrificati a una logica di violenza e di pulizia etnica".
FALSO: a Monfalcone furono arrestate 77 persone nel periodo di amministrazione (non occupazione) jugoslava; in uno studio da noi recentemente pubblicato risulta quanto segue.
"Per quanto concerne le qualifiche reali degli scomparsi abbiamo 46 appartenenti alle Forze Armate, comprendenti 13 in forza all’esercito di Salò (di cui 1 nel Battaglione Volontari Mussolini e 1 ausiliaria della Brigata nera femminile, che risulta anche avere operato nella segreteria del Fascio), 29 in forza all’MDT (15 nel 1° MDT Trieste, 7 nel 2° MDT Istria, 2 nel 3° MDT Gorizia, 2 nell’MDT Portuale, 1 MDT Ferroviaria, 1 senza specifica ed 1 ausiliaria femminile non meglio inquadrata), 1 milite della Decima Mas, 1 ausiliaria femminile Flack (contraerea) ed 1 membro della Capitaneria di porto.Ci sono poi il nominativo di 1 ex prigioniero IMI di cui non sono note le modalità del nuovo arresto ed 1 ex Carabiniere divenuto poi “ufficiale giudiziario”. .
Gli appartenenti alla Pubblica Sicurezza sono 13, 2 dei quali in forza all’Ispettorato Speciale (la Banda Collotti).
È indicato anche 1 appartenente alla Guardia di Finanza, peraltro in forza alla caserma di Campo Marzio di Trieste e fatto prigioniero a Trieste; ed 1 membro della Polizia Economica.
Tra i “civili” abbiamo 3 funzionari del Fascio (di cui 2 podestà); 1 messo comunale; 7 impiegati CRDA (“operai militarizzati”) dei quali 3 anche inquadrati nella Todt, 1 segnalato come sindacalista, 1 come “controllore” ed 1 dell’Opera nazionale dopolavoro (una delle organizzazioni associative del Fascio); ed ancora 1 inquadrato nella Todt e 2 nella Marina Mercantile".
Evidenziamo inoltre che sulla targa si legge che sarebbero state "milizie partigiane titine" a giungere a Monfalcone, quando nei fatti fu l'Esercito di Liberazione Popolare Jugoslavo a liberare (sì, "liberare", signora Cisint, prima cittadina di Monfalcone) la città. esercito a tutti gli effetti "alleato", con tutti i diritti e doveri degli altri eserciti alleati, da quello britannico a quello sovietico a quello statunitense,
Politicanti da bar che non hanno come fine quello di fare chiarezza e rendere giustizia, ma solo attizzare odio ed intolleranza non possono fare altro che stravolgere i fatti storici diffondendo falsità per mera propaganda. Questo è il risultato dopo anni ed anni di campagna denigratoria della Resistenza in generale e di quella internazionalista in particolare, campagna condotta purtroppo non solo dalla destra nostalgica di olio di ricino ma anche da esponenti che si ritengono "democratici" e quindi in dovere di prendere le distanze sì dal fascismo ma anche dal comunismo.
Lo stabilisce una delibera comunale che estende da oggi l'elenco della commemorazioni. Il 12 giugno il sindaco Ziberna e il prefetto Marchesiello deporranno alle 9 un omaggio floreale al lapidario del parco della Rimembranza
“Oltre alle ricorrenze che Gorizia condivide con il resto del Paese – ha spiegato il sindaco Rodolfo Ziberna – come quelle del 4 novembre e del 25 aprile, vi sono per la nostra città alcune date particolarmente significative della storia contemporanea che riteniamo sia doveroso ricordare. All'elenco di queste ricorrenze abbiamo aggiunto la data del 12 giugno 1945, giornata che corrisponde alla vera liberazione di Gorizia. Mentre il resto d'Italia, infatti, si era già liberata dal giogo delle dittature totalitarie, Gorizia sarebbe stata di lì a poco occupata dalle truppe dei partigiani del maresciallo Tito, il quale com'è noto intendeva occupare la Venezia Giulia, Gorizia e Trieste in particolare, per arrivare al tavolo dei vincitori con questo importante bottino di guerra. Come sappiamo, Gorizia per più di quaranta giorni, a guerra finita, ha subito la deportazione di oltre 650 goriziane e goriziani che avevano l'unica “colpa” di poter rappresentare un ostacolo alla realizzazione delle velleità annessionistiche del maresciallo Tito”.
Foiba rossa. È questa l'immagine della violenza alle donne che si vuole dare a scuola?
Questa mattina Rifondazione Comunista, davanti a Palazzo Lascaris, sede del Consiglio Regionale del Piemonte, ha inscenato una protesta contro la decisione di Elena Chiorino, assessora piemontese all’istruzione di Fratelli d’Italia, di distribuire in tutte le scuole superiori un #libro sulle foibe edito da una casa editrice contigua ad ambienti #neofascisti...
L’impatto del Giorno del Ricordo nelle scuole
di Marco Noris
Se qualcuno lavorasse nelle scuole, si renderebbe facilmente conto che, bene o male, quasi tutti gli studenti sanno delle Foibe, ma non conoscono nulla dell’occupazione italiana in quei territori, anzi, molti “esperti” di Foibe, non sanno neppure che c’è stata un’occupazione italiana. Così come nelle nostre scuole dove si deve parlare delle Foibe, nella giornata del 10 febbraio, si ignorano i crimini contro l’umanità e di guerra commessi dagli Italiani, dalle colonie africane alla Grecia e Albania, e il progetto di pulizia etnica condiviso e praticato insieme ai tedeschi nei confronti delle popolazioni slave. Perché nelle scuole capita leggendo le lettere dei condannati a morte della resistenza che ci siano studenti che ti dicano: “Bisogna poi vedere se quella roba lì poi è vera, eh!” Perché in fondo “ha fatto anche cose buone” colui che diceva ai soldati in Dalmazia nel 1943 “So che a casa vostra siete dei buoni padri di famiglia, ma qui voi non sarete mai abbastanza ladri, assassini e stupratori.” Perché oggi molti storici, ricercatori e accademici non possono parlare di questo argomento per paura di avere rogne, o semplicemente, cominciano ad aver paura ad affrontare, oggi, in Italia, Anno Domini 2020, tutto un periodo storico.
Perché in questo paese la tv di stato co-produce e propina un film come “Rosso Istria” che ricorda i film di propaganda nazista ma, nello stesso tempo, acquista dalla Bbc – per poi nasconderlo e non trasmetterlo – “The fascist legacy” nel quale, tra le moltissime altre cose, si ricorda che la tecnica dell’infoibamento era auspicata dagli occupanti italiani nei confronti degli oppositori.
Si potrebbe continuare ancora a lungo ma se non ci rendiamo conto che la narrazione sulle Foibe non è nient’altro che un tassello funzionale alla costruzione di una precisa narrazione e che tale narrazione sta pesando come un macigno nella cultura o, semplicemente, nella conoscenza della storia reale in questo paese, allora non parliamo di equidistanza di giudizio di morti uguali ecc., ecc, perché non viviamo nel paese delle meraviglie ma in Italia nel 2020, e chi non vuole vedere gli effetti dei condizionamenti culturali ormai in atto da molti anni o è cieco o complice, tertium non datur.