su Il Manifesto del 27.05.2021
Un esercito segreto di circa 60.000 effettivi è stato costituito dal Pentagono nel corso degli ultimi dieci anni. A rivelarlo un corposo reportage di Newsweek costato due anni di inchiesta, decine di interviste e dozzine di richieste di informazioni appellandosi al «Freedom of Informations Act».
IL NOME DEL programma è “Signature Reduction”, in gergo militare qualcosa che suona come «riduzione della captabilità». Molti degli effettivi di questo programma (militari, civili e anche contractors) vivono infatti la loro vita sotto copertura per essere attivati alla bisogna in operazioni segrete sia militari che informatiche sia negli Stati uniti che nel resto del mondo.
QUESTO ESERCITO di ombre ha una dimensione dieci volte maggiore degli operativi clandestini della Cia. È la più grande forza sotto copertura che il mondo abbia mai conosciuto e secondo Newsweek è completamente non regolamentata: non si conosce la reale dimensione del programma mentre la sua creazione ed il suo sviluppo non sono mai state oggetto di un’audizione al Congresso.
Di sicuro, come per qualsiasi altro pezzo del gigantesco complesso militare industriale statunitense anche “Signature Reduction” rappresenta un grosso affare.
Una dozzina di agenzie governative sconosciute al pubblico o del tutto segrete distribuiscono 900 milioni di dollari in appalti e contratti classificati ad almeno 130 aziende private che si occupano di supportare questa entità clandestina: dalla creazione di documenti falsi alla gestione della contabilità del personale sotto copertura, dalle produzione di travestimenti e dispositivi per eludere sistemi di identificazione alla produzione sofisticati dispositivi ad hoc per fotografare e ascoltare.
Almeno la metà degli effettivi di questo esercito ombra sono membri delle varie forze speciali in grado di coprire qualsiasi impiego in ogni angolo del pianeta anche dietro le linee, il secondo gruppo più consistente è quello degli specialisti dell’intelligence militare tra cui analisti e linguisti anche questi sotto copertura mentre sono in aumento vertiginoso i reclutamenti di giovani hacker per il lavoro di cyberwar e guerriglia digitale: dalla raccolta e analisi delle informazioni pubblicamente disponibili alla manipolazione dei social media, alla profilazione degli obiettivi, a veri e propri cyber attacchi.
Se è certo che tutti i Paesi (tanto più le superpotenze) hanno una loro dotazione di forza clandestina da impiegare in operazioni coperte risulta altrettanto certo che gli Stati uniti, anche in questa dimensione della guerra mondiale a pezzi sono quelli che tirano la carretta e che spingono sempre più in alto l’asticella della generale corsa agli armamenti.
LO CONFERMA implicitamente un generale in pensione intervistato in forma anonima da Newsweek e che oggi si occupa di supervisionare il programma “Signature Reduction”: «Stiamo vincendo questa guerra, anche dal lato cyber, anche se la segretezza su ciò che stiamo facendo asseconda la rappresentazione mediatica dei russi come se fossero alti tre metri».
L’UFFICIALE, riporta la rivista, considera il segreto legittimo ma fa presente anche come i servizi militari dovrebbero porsi più domande sull’etica, la correttezza e persino la legalità dei soldati trasformati in spie e assassini, e cosa questo significhi per il futuro. Al netto delle “speranze” del generale in pensione, la rappresentazione dei “russi alti tre metri” è una precisa operazione mediatica volta a sostenere la nuova guerra fredda e l’amministrazione di Joe Biden non sembra particolarmente interessata né ad «aggiornare l’etica» della mastodontica ed ineguagliata macchina bellica globale degli Stati uniti (ammesso che sia possibile se non ritirandosi da tutti i continenti e oceani) né ad impegnarsi nella distensione.