Informazione

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Dominik Mandic

Era ``rappresentante ufficiale del Vaticano presso la
Confraternita di San Girolamo: [...] era, inoltre, un alto funzionario
dell'ordine francescano,
poich� ricopriva la carica di economo generale (tesoriere)''
(109). ``Mandic era l'alto funzionario francescano che mise la
stampatrice
dell'ordine a disposizione della Confraternita di San Girolamo in
modo da poter fornire le carte d'identit� false ai fuggiaschi'' (128).
``Padre
Dominik Mandic controllava le finanze dell'istituto di san
Girolamo con notevole destrezza [nella veste di] tesoriere della sezione
ufficiale
croata della Pontificia Commissione di Assistenza Profughi'' e
provvide a riciclare il denaro sporco di sangue degli ustascia
(127-128).

Josip Bujanovic

Sacerdote fascista croato (134) e criminale ricercato (95).
``Durante la guerra era stato il leader ustascia della citt� di Gospic''
(134-135).
``Prese parte al massacro dei contadini ortodossi'' (135).
``Bujanovic abbandon� la Croazia all'arrivo dei comunisti e divenne un
alto ufficiale
krizari'' (135). ``Organizz� il viaggio di Pavelic in Argentina e
poi [sembra che] lo segu� in Sudamerica, prima di stabilirsi
definitivamente in
Australia'', dove oggi vive ancora serenamente (95,135).

I nazisti

Ferenc Vajta

Ferenc Vajta era un ``criminale di guerra ungherese, tirapiedi
nazista'' (76), ``autore di spietati eccidi di massa'' (78).

Prima della guerra aveva studiato alla Sorbona e si era unito alla
loggia Grand Orient, ``specializzata nelle faccende dell'Europa centrale
e
orientale'' e con vedute filofrancesi (62). ``� stato protagonista
attivo della politica clandestina degli emigrati politici sin dal 1932,
quando
cominci� a impegnarsi in questi campi per ordine del Ministero
degli Affari Esteri ungherese'' (73).

Fu ``uno dei principali propagandisti nazisti nei quotidiani
patrocinati dalla Germania'' (71). Inoltre ``aveva lavorato per i
servizi segreti
ungheresi prima della guerra'' (71). ``Tra il 1941 e il 1944, i
governi ungheresi filonazisti avevano inviato spesso Vajta in missioni
speciali,
anche a Berlino, a Istanbul e in numerosi paesi balcanici che,
all'epoca, collaboravano attivamente con i tedeschi'' (71). Nel 1944 fu
promosso
a Console Generale a Vienna (71). Tent� poi di giustificare il suo
collaborazionismo con la necessit� di frenare l'avanzata comunista (71).

Alla fine della guerra fu ``console ungherese a Vienna, inviato
per organizzare il trasloco dell'industria ungherese e stabilire
itinerari di fuga per
i "profughi". [...] Allest� pi� di 7.000 vagoni ferroviari carichi
di macchinari e di pezzi di fabbriche per raggiungere la Germania
occidentale e
salv� dai sovietici la grande maggioranza dei borghesi e degli
aristocratici ungheresi. I francesi scoprirono presto che Vajta era uno
dei pochi
uomini a sapere dove fosse stata trasferita l'industria ungherese.
I francesi erano disperatamente a corto di soldi per finanziare le
operazioni
clandestine e il tesoro rubato di Vajta divenne, nel 1945, la
principale base finanziaria della ripresa d'interesse per l'Intermarium
da parte della
Francia'' (61).


Subito dopo la guerra ``fu preso in una retata del CIC e detenuto
a Dachau. Fortuna volle che uno dei suoi compagni di prigione fosse il
principe
ereditario del Siam; un funzionario inglese venne per liberare
quest'ultimo, e riconoscendo il nome di Vajta fece uscire anche lui''
(70).

Vajta, infatti, era ``considerato troppo prezioso nelle operazioni
di spionaggio da francesi e inglesi, per essere riconsegnato al governo
del suo
paese'' (71). E infatti nel 1945 ``fu assoldato dal Deuxi�me
Bureau e dall'Alto Comando Francese in Austria'' (62). Lavor� ``per pi�
di due
anni sia coi servizi segreti francesi sia con quelli inglesi,
organizzando due movimenti clandestini contro i russi'' (61). Sotto la
direzione
francese prima e inglese poi, fu il principale organizzatore
dell'Intermarium (62).


Il 10 aprile 1947, Vajta fu arrestato a Roma dalle autorit�
italiane, ``ma il 26 aprile venne rilasciato, malgrado si trovasse sulla
lista ufficiale dei
criminali di guerra e l'Italia dovesse consegnarlo come tale alle
autorit� straniere. [...] Il rilascio di Vajta era stato congegnato da
Pecorari,
segretario generale della Democrazia Cristiana [e vicepresidente
dell'Assemblea costituente] e da Insabato, capo del Partito Agrario
Italiano''
(69).

In seguito cerc� di ottenere l'appoggio degli Stati Uniti
all'Intermarium, e nel mese di luglio fu assoldato dal CIC (70). Aveva
``eccellenti
contatti in Vaticano, in Inghilterra, in Francia e in Spagna''
(73). Inoltre ``conosceva personalmente il generale Franco, il ministro
degli esteri
spagnolo Artajo e il cardinale primate di Spagna'' (74).

Nel 1947, Vajta intraprese un viaggio segreto con Casimir Papee,
``uno straordinario diplomatico polacco [...] presso la Santa Sede dal
1939,
[...] un autorevole membro dell'Intermarium [che aveva]
collegamenti con i servizi segreti occidentali. [...] Nel corso del loro
viaggio i due
s'incontrano con funzionari dei servizi segreti inglesi e
francesi'' (73-74).

A seguito di pressioni da parte del governo ungherese, la polizia
italiana emise un mandato d'arresto nei confronti di Vajta (73). Il 3
settembre,
al ritorno dal suo viaggio con Papee, l'ungherese fu avvisato
``del suo imminente arresto. [...] Vajta si rec� immediatamente a
Castelgandolfo,
la residenza estiva del Pontefice.'' La mattina del giorno
successivo pot� tornare impunemente a Roma, grazie alle sue potenti
amicizie:
``Alcide De Gasperi, che era anche primo ministro, aveva
personalmente garantito per la [sua] salvezza.'' Inoltre egli aveva
ottenuto dei
documenti falsi, rilasciati dai francesi. A Roma ottenne una breve
ospitalit� ``presso un padre gesuita ungherese nell'Universit�
Gregoriana
Gesuita'', e scapp� poi per Livorno con l'agente del CIC Gowen,
per poi scappare in Spagna (74).

Da quell'anno, si mise a lavorare per gli americani al progetto
dell'Unione Continentale (74-75). Il 16 dicembre 1947 arriva a New York
``con
un visto emesso dal consolato americano a Madrid e contrassegnato
dalla dicitura "Diplomatico"'' (76). Negli USA, Vajta incontr� ``il
cardinale Spellmann, il leader gesuita padre La Farge e un gran
numero di capi politici emigrati'' allo scopo di ``procurarsi appoggi
per l'Unione
Continentale'' (77).

La visita di Vajta non pass� inosservata, e grazie all'intervento
dei due noti giornalisti Drew Pearson e Walter Winchell ``il governo fu
sommerso dalla pubblicit� negativa'' (77). ``Vajta fu
immediatamente arrestato, e il 3 febbraio 1948 gli ungheresi chiesero la
sua
estradizione.'' ``Gli americani non volevano restituirlo
all'Ungheria'' e finalmente fu ``cacciato dagli Stati Uniti nel febbraio
del 1950 [e] dopo
il rifiuto da parte di Italia e Spagna di raccoglierlo, and� in
Colombia'' (77).

``Il Vaticano intervenne e fece in modo che la Colombia lo
accettasse e che un piccolo collegio cattolico situato laggi� lo
impiegasse. Trascorse il
resto della sua vita a Bogot� come professore di economia'' (78).

Walter Rauff

Criminale di guerra, capo della Gestapo nella Repubblica di Sal� e
terminale milanese della rete di fuga del vescovo Hudal nel dopoguerra.

Partecip� direttamente allo sterminio degli Ebrei, mettendo a
punto un'innovativa tecnica di morte:
``A seguito dell'angoscia provata da Himmler [ministro degli
interni] nell'assistere a una fucilazione di massa di ebrei a Minsk nel
1941, Rauff
aveva diretto lo svolgimento del programma per la messa a punto di
furgoni a gas mobili'' nei quali morirono ``circa centomila persone, per
la
maggior parte donne e bambini dell'Europa orientale'' (41).

``In seguito alla caduta del regime di Mussolini, nel settembre
del 1943 Rauff fu inviato in Italia settentrionale, dove prest� servizio
presso le
SS nella zona intorno a Genova, Torino e Milano. Ancora una volta
il suo incarico era quello di sterminare la popolazione ebrea'' (41).

Nella primavera del 1943, il vescovo Hudal ``entr� in contatto con
questo famigerato autore di stragi'', incontrandolo a Roma, dove Rauff
era
stato mandato dal suo superiore Martin Borrmann per sei mesi
(41-42). ``In quei mesi furono stabiliti i primi contatti col Vaticano,
che
avrebbero portato, infine, all'istituzione da parte di Hudal di
una rete per l'espatrio clandestino dei criminali nazisti'' (42).


``Con l'aiuto di Rauff, i pi� alti funzionari della Wehrmacht
nell'Italia settentrionale [ed in particolare l'Obergruppenf�hrer Karl
Wolff]
intrapresero una serie di negoziati segreti per la resa. Allen
Dulles, il capo del servizio segreto americano in Svizzera, concluse la
resa con le
forze tedesche con l'aiuto di intermediari del Vaticano. A questi
negoziati venne dato il nome in codice di "operazione Sunrise" e, anche
se non
abbreviarono la guerra, gli ufficiali nazisti che vi parteciparono
sfuggirono ad una dura pena'' (46).

Sull'operazione Sunrise, Il Secolo Corto ci fornisce ulteriori
particolari (cap. 15).
L'operazione era condotta ufficialmente ``per risparmiare inutili
morti'', ma il suo scopo reale era invece ``di evitare che fossero i
partigiani
democratici italiani a conseguire la vittoria sull'esercito
tedesco, poich� ci� avrebbe rafforzato il loro potere.'' I contatti fra
Dulles e Rauff
erano cominciati ``gi� all'inizio del gennaio 1945. Nel marzo
dello stesso anno, le trattative fra OSS e SS erano giunte a un punto
talmente
avanzato da giustificare una prova concreta di buona fede da parte
tedesca. Il 3 marzo Walter Rauff ebbe un incontro a Lugano con Dulles.
[...]
L'incontro [...] serv� per organizzare il rilascio dei prigionieri
americani e inglesi che si trovavano nelle mani della Gestapo in Italia.
Le
trattative proseguirono poi a ritmo serrato.'' A met� aprile
``Wolff si rec� in Svizzera contando sulla sua reputazione personale
presso gli
anglo-americani per ottenere garanzie da parte di Dulles che "gli
elementi idealisti e rispettabili dell'esercito, del partito, e delle SS
avrebbero
potuto svolgere una parte attiva nella ricostruzione della
Germania". Non si trattava quindi soltanto della resa delle truppe
tedesche nell'Italia
settentrionale, ma di qualcosa che implicava una connivenza futura
con i quadri qualificati del nazismo. Dulles concesse in pratica
un'amnistia
ufficiosa alle SS. Quasi una pace separata, comprendente non solo
la salvaguardia della vita, ma anche la libert� personale e la
protezione
dell'espatrio verso luoghi lontani e sicuri.''

``Quando, il 29 aprile del 1945, l'esercito tedesco si arrese,
Rauff ottenne un falso passaporto a nome di Carlo Comte e affitt� un
appartamento
a Milano. Poi prese la sua copia dei documenti della polizia
segreta di Mussolini, che comprendevano le liste degli iscritti al
partito fascista, e
la seppell� di nascosto fuori citt�. Sapeva che quei documenti si
sarebbero rivelati molto utili nei mesi a venire e la sua previsione si
dimostr�
corretta. Il giorno seguente, tuttavia, Rauff venne arrestato
dagli americani e rinchiuso nella prigione di San Vittore a Milano. Nel
giro di alcune
ore, arriv� un sacerdote e fece in modo che l'ufficiale tedesco
venisse trasferito in un ospedale dell'esercito americano'' (46).

``Rauff venne rilasciato per essere affidato alla custodia della
"S Force Verona", un'unit� dell'OSS che operava con la squadra di
controspionaggio speciale anglo-americana in Italia, comandata da
James Jesus Angleton. Tra le altre cose, la S Force era l'equivalente
occidentale della sezione anticomunista di Rauff durante la
guerra'' (46).
NOTA: Angleton e Dulles divennero in seguito, rispettivamente,
capo del controspionaggio e direttore della CIA, e mantennero per tutta
la
durata della loro carriera il controllo esclusivo sui collegamenti
tra i servizi segreti americani ed il Vaticano (47).

Rauff fu rilasciato dopo un lungo interrogatorio sulle attivit�
anticomuniste della Gestapo (47). Monsignor Giuseppe Bicchierai,
segretario del
cardinale di Milano Schuster, ``organizz� le cose in modo tale che
questi potesse starsene nascosto nei conventi della Santa Sede'' (46).

``Rauff prese contatto con l'arcivescovo di Genova Siri e and�
immediatamente [a Milano] a lavorare per il Vaticano alla creazione di
un
sistema per far fuggire clandestinamente i nazisti'' (47).
Secondo Il Secolo Corto, dal 1945 al 1949 Rauff, agendo per conto
dei servizi segreti americani ``sotto la copertura di un'organizzazione
di
aiuto ai rifugiati gestita dal Vaticano, avrebbe fatto partire
clandestinamente verso asili sicuri pi� di 5.000 fra agenti della
Gestapo e SS.''

Nel 1949 Rauff lascia l'Italia per il Sud America, senza neanche
prendere la precauzione di usare documenti falsi: il nome sul passaporto
era
infatti proprio il suo. Visse tranquillamente in Cile, paese che
ne neg� l'estradizione anche dopo che fu eletto il socialista Salvador
Allende.

Franz Stangl

Fu comandante del campo di sterminio di Treblinka (33). Verso la
fine della guerra fu trasferito in Jugoslavia a combattere contro i
partigiani
(34). Catturato dagli americani, dal 1945 al 1947 fu rinchiuso nel
campo di prigionieri di guerra di Glasembach. Intorno al Natale 1947 gli
americani lo consegnarono agli austriaci, che lo trasferirono a
Linz. Da qui evase nel maggio successivo, e si incammin� verso Roma
(34).

``Dopo essere giunto a Roma, si mise alla ricerca del vescovo
Alois Hudal, [il quale gli procur�] un alloggio a Roma, [...] gli diede
[...] denaro,
[...] un passaporto della Croce Rossa, [...] un visto d'entrata in
Siria, un posto in una fabbrica di tessuti a Damasco, e un biglietto per
la nave''
(34-35).

Fugg� insieme a Gustav Wagner e ``alla fine giunsero in Brasile
entrambi e lodarono il vescovo Hudal per l'aiuto che aveva offerto
loro'' (36).

Stangl fu catturato definitivamente da Simon Wiesenthal nel 1967
in Brasile (35-36). Nel 1970 venne condannato all'ergastolo in Germania,
e
mor� in carcere un anno dopo.

Gustav Wagner

Comandante del campo di concentramento di Sobibor durante la
guerra (36). Arrestato, fugg� dalle prigioni alleate e percorse insieme
a Franz
Stangl la strada per Roma. Fugg� infine in Brasile grazie
all'opera caritatevole del vescovo Hudal (36).

Alois Brunner

``Uno degli ufficiali pi� spietati che portarono a compimento il
programma di deportazione degli ebrei'', riusc� a fuggire ``attraverso
la rete
ordita dal Vaticano per permettere la fuga dei nazisti'' (36).

``Fugg� a Damasco, in Siria, dove vive ancora sotto il nome di
dottor George Fischer, [...] impunito per le centinaia di migliaia di
vittime che
invi� a Stangl e Wagner affinch� le processassero'' (36).

Adolf Eichmann

``Principale artefice dell'olocausto'' nella veste di ``capo del
Dipartimento per gli affari ebrei'' (36).

Nel 1950, Hudal gli forn� ``una nuova identit�, quella del profugo
croato Richard Klement e lo mand� a Genova. L� Eichmann [...] fu
nascosto in
un monastero, sotto il controllo caritatevole dell'arcivescovo
Siri, prima di essere fatto fuggire clandestinamente in Sudamerica''
(36).

``La Caritas ha pagato tutte le spese di viaggio per permettere a
Eichmann di raggiungere il Sudamerica'' (37).

``Alla fine, Eichmann fu rintracciato in Argentina dal servizio
segreto israeliano, rapito, processato e giustiziato a Gerusalemme nel
1962''
(36).


(5/6 - continua)

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Security Advisroy for Belgrade
Date: Thu, 14 Jun 2001 14:45:28 +0200
From: Sinisa Durkulic <DURKULIC@...>
CC: icva-bgd@...




We have received the following security advisory from the UN
Designated Official for Security in the FRY (UNLO Belgrade):

Quote:

"On 16 June, at 16:00 hours, the Socialist Party of Serbia
(SPS) plans to stage a rally in Trg Republike.

If the gathering reaches about 30,000, the organizers may
march from Trg Republike to the Central prison.

International agencies based in Belgrade are recommended
to exercise caution on 16 June at the timing indicated and to
avoid being in the center of town at that time". unquote

Regards


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"SAREMO INESORABILI"

In applicazione dei diktat del sistema finanziario globale, che impone
la ristrutturazione drastica delle imprese statali e parastatali e la
loro veloce privatizzazione ovvero svendita al capitale monopolistico
transnazionale, circa 5000 addetti delle banche jugoslave perderanno il
lavoro nelle prossime settimane.
A chi gli chiedeva se se ne fosse reso conto e come intendesse reagire
al malcontento, il Governatore della Banca Centrale di Jugoslavia
Mladjan Dinkic - membro del "Gruppo G17", appoggiato dal FMI e dalla
"sinistra" italiana antimilosevic - ha risposto laconico: "Saremo
inesorabili".

DINKIC:WE WILL BE INEXORABLE
BELGRADE, June 13 (Tanjug) National Bank of Yugoslavia governor
Mladjan Dinkic said Wednesday that on June 15 will start preparations
for
interventions in the domestic banking system within the reconstruction
process, so that on July 1 it will be know which banks are "good" and
which are "bad."
Dinkic said at a working meeting with journalists, on the topic
"Strategy of reconstruction of the banking system," highlighted the fact
that 28 banks whose recovery is uncertain employ over 20,000 people,
while
the entire Yugoslav banking sector has about 24,000 employees.
The governor assessed that in the process of consolidation of
banks about 5,000 employees will lose their jobs.
Asked whether he was aware of possible political pressure on the
National Bank of Yugoslavia and on him as governor, not only because of
the
liquidation of banks but also because of protests of people who will be
left without jobs, Dinkic underlined that the process of recovery and
return of confidence in the domestic banking system must be carried out
without compromise, and warned: "we will be inexorable."

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I krizari

Il motivo per cui il Vaticano ed i servizi segreti occidentali
lasciarono fuggire gli ustascia era la necessit� di sconfiggere il
nemico "ateo bolscevico", creando un movimento di resistenza
clandestino per far scoppiare un'insurrezione nella neonata
Jugoslavia di Tito.

Oltre al compito di aiutarli a scappare, nel dopoguerra Draganovic
aveva anche ``quello di coordinare e dirigere l'attivit� degli ustascia
in Italia'' (108).

Poche settimane dopo la conclusione della guerra, il 25 giugno 1945,
gli ustascia si erano messi in contatto con la missione papale a
Salisburgo, nella zona dell'Austria controllata dagli Stati Uniti (60).
``Chiedevano l'assistenza del papa per creare un altro Stato croato
indipendente, o almeno un'unione adriatico-danubiana in cui la
Croazia, secondo le leggi di natura, avrebbe la possibilit� di
svilupparsi'' (60).

``Uno degli ecclesiastici che maggiormente si impegnarono ad
aiutare gli ustascia fu l'arcivescovo di Salisburgo Andreas
Rohracher [il quale] mise la Chiesa a disposizione della
Confederazione Pandanubiana dell'Intermarium'' (136).

I servizi segreti occidentali conoscevano benissimo queste trame, ed
un rapporto dei servizi segreti USA di quegli anni lo riassumeva con
le seguenti parole: ``Stanno tentando di istituire lo Stato
Intermarium o Inter-Danubio, composto da tutte le nazioni
cattoliche dell'Europa sudorientale'' (149). Anche ``importanti
politici e burocrati italiani aiutavano le operazioni terroristiche dei
krizari'' (135).


Nel 1945 gli ustascia formularono ``l'offerta di mettersi a
disposizione del comando anglo-americano. [...] Gli inglesi avevano
accettato immediatamente questa offerta'' (136).

``Sia gli inglesi sia, in un secondo momento, gli americani avevano
assoldato quegli stessi nazisti che venivano protetti dalla Chiesa''
(128) per ``colpire con azioni terroristiche bersagli strategici e
uomini al servizio dei comunisti'' all'interno della Jugoslavia (129).
``Questi agenti venivano presi dalle fila degli ustascia sconfitti di
Pavelic. Riandando ai giorni della cristianit� militante, il poglavnik
chiam� questi guerrieri cattolici "krizari", ossia i suoi crociati''
(129). Tale nome derivava da quello di un gruppo ecclesiastico
ufficiale degli anni Trenta, denominato anch'esso "krizari" (145).

``Il distaccamento del CIC a Trieste riceveva informazioni sulle
operazioni che inglesi e americani dovevano compiere
congiuntamente, tra cui una campagna di reclutamento patrocinata
dagli alleati al fine di procacciare volontari per il movimento
krizari. Molti di questi volontari erano gi� stati portati in un campo
di addestramento americano ad Udine o l� vicino, dove ricevevano la
preparazione necessaria. Venivano dati loro approvvigionamenti e
uniformi dell'esercito americano, pi� 700 lire al giorno di paga.
Alla fine del loro addestramento, gli uomini venivano muniti di armi
americane e portati in Austria, dai cui confini entravano in territorio
jugoslavo. Potevano utilizzare i campi inglesi in Austria, nei quali si
ritiravano periodicamente per riposarsi'' (145).

Uno dei principali collegamenti americani con la ratline di
Draganovic ``durante gli anni 1946-47 [era] il colonnello Lewis
Perry, [che] faceva parte del distaccamento del CIC a Trieste''
(145-146). Costui manteneva rapporti in particolare con Srecko
Rover (146).

``Pavelic e Draganovic collaboravano strettamente, impartendo di
comune accordo i loro ordini ai gruppi terroristici'' (132). ``Pavelic
e i camerati pi� vicini a lui s'incontravano regolarmente con
elementi simpatizzanti delle forze armate inglesi, che avevano
pagato per la riorganizzazione unitaria degli ustascia da usare, alla
fine, contro Tito'' (136).

``I rifornimenti militari ai krizari provenivano quasi esclusivamente
dagli inglesi e comprendevano mortai, mitragliatrici, fucili
mitragliatori, radio ricetrasmittenti da campo e uniformi di fattura
inglese'' (136-137). In Vaticano si trovava ``il centro del comando.
Gli aiuti [...] armi e altri rifornimenti di base arrivavano dal
Vaticano con metodi clandestini. [...] Le armi che giungevano in
Croazia provenivano dalla Svizzera'' (137).

Il finanziamento del movimento avveniva attraverso le operazioni di
riciclaggio di denaro sporco di sangue proveniente dal furto nei
confronti degli ebrei e dei serbi durante la guerra; inoltre
``attraverso figure molto influenti in ambito ecclesiastico, il
comando dei krizari riceveva dei fondi vaticani. Alcuni furono usati
per indurre il governo italiano di Alcide de Gasperi a fornire le armi
richieste per la loro crociata contro Tito'' (143).

``Il colonnello dei krizari Drago Marinkovic [...] aveva la
responsabilit� di procurarsi armi e fondi di provenienza italiana,
viaggiando in lungo e in largo per le missioni tra Trieste, Venezia e
Roma. Inoltre Marinkovic aveva contattato il Vaticano a Roma, dove
[era] riuscito ad ottenere una grossa somma di denaro. [...] Questi
soldi servirono per procurarsi delle armi: [...] un camion con
rimorchio che trasportava fucili mitragliatori nascosti tra pezzi di
mobilio [fu consegnato ad] un gruppo di persone in attesa di portare
le armi in Jugoslavia'' (143).

``I criminali comuni, soprattutto spacciatori di droga e operatori del
mercato nero, venivano spesso utilizzati per aiutare i krizari ad
attraversare il confine jugoslavo'' (145). Il traffico delle armi
avveniva ``dietro la copertura della Croce Rossa Italiana'' (145).

A dicembre 1945 ``padre Ivan Condric e altri quattro preti furono
riconosciuti colpevoli di aver organizzato le azioni terroristiche dei
krizari'' (131). Si trattava del primo processo contro i krizari in
Jugoslavia: in seguito ne vennero altri.

``Nell'agosto del 1946, una quantit� considerevole di opuscoli venne
gettata sul territorio croato da alcuni aeroplani, decollati, a quanto
pare, dalla zona inglese dell'Austria. Questi opuscoli, firmati da
Pavelic, dichiaravano che la guerra sarebbe continuata senza tregua
fino alla definitiva eliminazione di Tito [...]'' (136).

Negli anni 1946-47, i krizari si infiltrarono in Croazia a partire
dalle loro basi in Austria: ``i loro ordini erano di rafforzare il
movimento clandestino e di lanciare una violenta campagna di
assassinii e sabotaggi, per prepararsi al momento in cui avrebbero
finalmente regolato i conti coi loro vecchi nemici. Il loro scopo era
quello di ricongiungersi coi potenti reparti che operavano
sull'impervio terreno, distruggere le comunicazioni telegrafiche,
telefoniche e ferroviarie, attaccare l'industria e assassinare i pi�
importanti rappresentanti politici e militari. Invece di trovare un
movimento clandestino ben organizzato di 300.000 uomini,
s'imbatterono presto nell'efficiente e spietata polizia segreta di Tito.
A pochi giorni, se non addirittura a poche ore, dal superamento del
confine, la maggior parte di loro si ritrov� in mano ai comunisti''
(130-131).

Tra di loro ``c'erano alcune persone che avevano eseguito le stragi
pi� brutali per conto di Ante Pavelic, uomini che avevano messo in
atto i sanguinosi metodi politici e razziali del loro poglavnik con
incredibile accanimento'' (130).

``Il contatto radio era mantenuto mediante una radio da campo fatta
funzionare da Vrancic [...] e situata nella zona inglese dell'Austria.
Si ritiene che al servizio di corriere ustascia all'interno delle zone
austriache collaborasse la Chiesa cattolica romana in Austria [e in
particolare] il cardinale di Graz'' (133).

``L'uomo al comando delle operazioni era uno dei pi� fedeli
servitori del poglavnik, Bozidar Kavran, assistito da Lovro Susic''
(134).


``Gli Sloveni avevano istituito la loro sezione del movimento
krizari'' sotto la leadership spirituale del vescovo di Lubiana
Rozman, che si era rifugiato a Klagenfurt (137-138). Il capo dei
krizari sloveni era Franjo Lipovec (143). ``Nel 1945 [Lipovec] fu
arrestato dal SIS a Trieste, dove [...] fu assunto e stipendiato'' dal
servizio segreto inglese (143).

``Lipovec costituiva il principale legame tra i krizari e il governo
italiano. Nell'agosto 1946, s'incontr� con alti ufficiali del servizio
segreto militare italiano, i quali proposero di stabilire un certo
grado di collaborazione. Lipovec accett� la loro offerta e vendette
completamente se stesso e i suoi piani agli italiani. Tali piani
vennero a loro volta forniti al capo di gabinetto di De Gasperi e, in
seguito, il presidente del Consiglio italiano assicur� a Lipovec che il
suo governo avrebbe fatto, in via ufficiosa, qualsiasi cosa in suo
potere per rafforzare l'opposizione a Tito, promettendogli un
appoggio incondizionato nel caso in cui la situazione si fosse fatta
pi� favorevole.

Con il sostegno finanziario dei servizi segreti italiani, Lipovec e i
suoi camerati lanciarono quindi una campagna di propaganda per
procurarsi nuove reclute tra gli esuli politici a Trieste. Il passo
successivo fu quello di armare le unit� di krizari che si trovavano
nella zona e, dopo diversi incontri col servizio segreto italiano,
Lipovec raggiunse un accordo secondo cui armi provenienti dai
depositi dell'esercito italiano sarebbero state messe a sua
disposizione per essere inviate ad elementi krizari che si trovavano a
Trieste. Nei mesi di febbraio e marzo del 1947, secondo l'accordo,
[...] furono consegnati otto carichi d'armi, che comprendevano 500
armi automatiche, circa 4.000 granate a mano, 100 pistole e pi� di
30 bombe a orologeria. I servizi segreti italiani pagarono le spese di
trasporto per portare le armi fuori dalla zona alleata di Trieste fino
in Jugoslavia'' (143-144).

``Trieste [che si trovava sotto l'amministrazione militare degli
inglesi] rappresentava il punto d'incontro tra le forze di resistenza
all'interno della Jugoslavia e le forze che le stavano finanziando,
controllando e dirigendo in Italia. Il principale collegamento era
costituito dal professor Ivan Protulipac, [...] l'uomo di padre
Draganovic a Trieste'' (144-145). Protulipac ``dopo la guerra
assunse un ruolo di primo piano [...] finch� verso la fine del 1946 gli
agenti comunisti non lo assassinarono a Trieste'' (145).


``La sezione croata della Croce Rossa fondata da Cecelja era, in
effetti, sotto il controllo degli ustascia, che ne utilizzavano i vari
uffici come agenzia per la raccolta di informazioni per operazioni
clandestine in Jugoslavia e in Austria. Inoltre Cecelja era noto come
uno dei principali organizzatori ustascia in Austria, dove [venivano
organizzati] regolarmente raduni militari'' (104).

Una delle loro basi era a Trofaiach (Austria), ed era diretta da
Bozidar Kavran e Srecko Rover (146). Quest'ultimo fu
successivamente sospettato di essere una spia di Tito, in quanto tutte
le operazioni da lui dirette si rivelarono disastrose: i suoi uomini
venivano regolarmente arrestati appena mettevano piede in
Jugoslavia, mentre lui la scampava sempre (147-148).

``Tanti dei criminali di guerra che vennero [tratti in salvo dalla rete
di Draganovic] furono catturati in seguito durante missioni
terroristiche compiute all'interno della Jugoslavia'' (121).

In luglio ed agosto del 1948, si tenne a Zagabria un processo
giudiziario contro 57 imputati, per gli atti di terrorismo compiuti
dai krizari. ``Il verdetto, dichiarando colpevoli gli imputati, li
condannava a morte o a lunghi periodi di carcere'' (130).

In Ratlines, il procedimento viene chiamato sarcasticamente
"processo pilotato", e viene manifestato chiaramente il disprezzo
degli autori nei confronti della Jugoslavia di Tito. Dopo sei pagine di
denigrazione del processo, tuttavia, gli autori arrivano alla seguente
conclusione:

``� possibile che le strane accuse fatte dagli jugoslavi
durante il "processo pilotato" ai krizari avessero,
dopotutto, una certa sostanza'' (137).

Il Foreign Office smentiva le accuse che gli venivano formulate al
processo, accusando invece l'alleato americano; tuttavia ``dietro la
rinascita militare e politica degli ustascia c'era proprio il SIS''
(132).

``Nel 1948 le prove presentate durante il processo pilotato ai krizari
lasciarono ben pochi dubbi sul fatto che la polizia segreta comunista
si fosse servita di agenti doppiogiochisti per condurre una
contro-operazione molto sofisticata. Erano riusciti in qualche modo
a procurarsi i codici radio segreti usati dai krizari ed erano
informati, con buon anticipo, sui dettagli precisi delle loro
operazioni. Conoscevano gli itinerari esatti adoperati dai gruppi che
cercavano di entrare clandestinamente in Jugoslavia, come pure la
data e l'ora del loro ingresso nel paese. Grazie a questi vantaggi, era
facile per la polizia segreta attirare i krizari inconsapevoli nelle
loro
mani, servendosi dei loro stessi codici radio. Una volta all'interno
del paese, potevano catturarli quando volevano.

[...] Nonostante questi terribili rovesci, le operazioni proseguirono e
si estesero addirittura in altri paesi comunisti. Per tutti gli anni
Cinquanta, fino agli inizi degli anni Sessanta, il governo jugoslavo
continu� a processare gli agenti catturati, molti dei quali erano
presumibilmente finanziati da padre Draganovic e agivano dietro
suoi ordini'' (148-149).

``Altri eserciti cattolici clandestini erano stati radunati per
disgregare e, se possibile, rovesciare i regimi comunisti dell'Europa
centrale e orientale. In Cecoslovacchia, in Polonia, negli Stati
Baltici e in Ucraina gruppi di nazisti clandestini operavano a stretto
contatto con i krizari. [Fra i] complici dei krizari c'erano famigerati
[fascisti ucraini, sotto il comando di] Stjepan Bandera, per costruire
[...] il Blocco delle Nazioni Anti-bolsceviche. Cominciarono presto a
lavorare per l'occidente'' (149).



Riciclaggio di denaro sporco (di sangue)

Oltre a nascondere i fuggiaschi ed a impiegarli nel terrorismo, alcuni
funzionari ecclesiastici riciclavano i tesori rubati dai nazisti alle
loro
vittime (32). Erano coinvolte nelle operazioni numerose ``banche
situate in Gran Bretagna, in Palestina, in Italia e in Svizzera.''

Inoltre Walter Rauff, dopo aver preso contatto con l'arcivescovo Siri
``si impegn� a riciclare denaro falso con l'aiuto di Frederick
Schwendt, un ex-collega di Rauff nelle SS. Schwendt � considerato
tra i pi� grandi falsari della storia'' (47).


``Con l'aiuto dei preti cattolici, all'inizio del 1944 Pavelic aveva
cominciato a trasferire [a Berna] notevoli quantit� d'oro e di
valuta.'' Il tesoro doveva ammontare a 2500-3000 kg di oro (142),
``ossia in realt� i valori delle vittime assassinate da Pavelic, rubati
dagli ustascia in fuga'' (127-128).

Una parte del tesoro fu portata a Roma con dei camion dal tenente
colonnello inglese Jonson. ``Due autocarri [...] che trasportavano
una parte del tesoro degli ustascia avevano [...] raggiunto l'Austria''
e furono trasferiti in Italia ``per finanziare il movimento croato di
resistenza in Jugoslavia'' (133).

Inoltre, ``a Wolfsber erano stati nascosti 400 kg d'oro, del valore di
milioni di dollari, nonch� una considerevole quantit� di valuta
straniera, e l� si trovavano sotto il controllo dell'ex-ministro
ustascia Lovro Susic.'' Gli ufficiali ustascia ``dissero a Draganovic
di tenere [il tesoro] al sicuro. Il sacerdote obbed� fin troppo
volentieri; contatt� Susic e, con il suo accordo, prese 40 kg di
lingotti d'oro e li port� a Roma, nascosti in due casse da
imballaggio'' (133).

``Susic nomin� Draganovic membro di un comitato di tre persone
incaricato di controllare il tesoro. [Gli altri due erano]
l'ex-ministro ustascia Stjepan Hefer e il generale di gendarmeria
Vilko Pecnikar'' (134). Draganovic ``consent� a Pecnikar di avere
accesso al tesoro accumulato per la sua ratline. [...] Parte di quel
tesoro and� a finanziare anche una nuova campagna terroristica,
appoggiata dall'occidente, all'interno della Jugoslavia'', ossia il
movimento dei krizari (112).

Nella veste di ``tesoriere della sezione ufficiale croata della
Pontificia Commissione di Assistenza Profughi [padre Mandic]
provvedeva alla vendita dell'oro, dei gioielli e della valuta straniera
depositati dagli alti ufficiali ustascia in cambio di valuta italiana''
(127-128).

Nei primi mesi del 1948 il vescovo di Lubiana Rozman si rec� a
Berna, dove ``2400 kg d'oro e altri valori rimanevano ancora
nascosti. [...] Avrebbero dovuto essere usati per aiutare i profughi di
religione cattolica'', il solito eufemismo per dire gli ex-ustascia.
Gli alleati, e in particolare gli americani, erano perfettamente a
conoscenza dell'esistenza di questo tesoro (142). ``Gli amici ustascia
di Rozman erano impegnati in un'enorme truffa, in cui ci si serviva
del mercato nero per convertire l'oro in dollari e, pi� tardi, in
scellini austriaci'' (142).

(3/6 - continua)

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