Jugoinfo

> Most za Beograd ? Un ponte per Belgrado in terra di Bari
>
> Associazione culturale di solidarietà con la popolazione jugoslava
>
> via M. Cristina di Savoia 40, BARI
>
> tel/fax 0805562663 e-mail: ponte@... sito Web:
> www.isf.it/ponte Codice Fiscale 93242490725
>
> __________________________________________________________
>
>
>
> !!Pericolosissima reazione serba... !! All'argomento delle armi
> contrappone l'arma degli argomenti
>
> Alle bombe all'uranio impoverito, ai bombardamenti della NATO che
> hanno falcidiato migliaia di vite innocenti e distrutto fabbriche e
> scuole, ponti e centrali elettriche, ospedali e ambasciate,
> all'inquinamento chimico e radioattivo che mina la vita delle
> generazioni presenti e future, all'embargo che vuole mettere
> definitivamente in ginocchio il paese e vieta persino l'acquisto di
> medicinali e delle tecnologie idonee a contrastare l'inquinamento
> ambientale provocato dai bombardamenti,
>
> la Serbia risponde con un'arma micidiale: libri, tantissimi libri (del
> valore di oltre 15 milioni di lire) che arrivano in dono - in dono!! -
> dalla Serbia per gli studenti e gli studiosi dell'Università di Bari.
>
> venerdì 5 maggio ore 10.00 Facoltà di Lingue e Letterature straniere ?
> via Garruba 4 ? Bari
>
> Cerimonia di consegna di numerosissimi libri di lingua, letteratura e
> storia donati dalla repubblica serba all?Università di Bari.
>
> Intervengono
>
> il prof. Niksa Stipcevic, docente di Letteratura italiana presso
> l?Università di Belgrado e membro dell?Accademia Serba delle Scienze e
> delle Arti,
>
> il console capo della Repubblica Federale di Jugoslavia, dott. Dragan
> Mraovic,
>
> il prof. Francesco Saverio Perillo, preside della Facoltà di Lingue
> dell?Università di Bari.
>
>
>
> venerdì 5 maggio, ore 11.30 Facoltà di Lingue e Letterature straniere
> ? via Garruba 4 ? Bari.
>
> Il prof. Stipcevic terrà una conferenza sul tema
>
> ?Serbia e Italia nel XIX secolo?.
>
> *********************************************
>
> Ricordiamo che
>
> giovedì 4 maggio - ore 19.00
>
> presso la Biblioteca Provinciale ?De Gemmis?
>
> via De Rossi 226 Bari
>
> sara' presentato il libro
>
> La Serbia, la guerra e l?Europa (Jaca Book, 1999)
>
> Intervengono
>
> Niksa Stipcevic, curatore del libro, docente di Letteratura italiana
> presso l?Università di Belgrado e membro dell?Accademia Serba delle
> Scienze e delle Arti
>
> Nico Perrone, docente di Storia contemporanea presso la facoltà di
> Scienze Politiche dell?Università di Bari
>
> don Rocco d?Ambrosio, direttore dell?ufficio Problemi Sociali della
> diocesi di Bari
>
> Augusto Ponzio, docente di Filosofia del Linguaggio presso la Facoltà
> di Lingue e Letterature straniere dell?Università di Bari
>
> Francesco Saverio Perillo, docente di lingua e letteratura
> serbo-croata e preside della Facoltà di Lingue dell?Università di Bari
>
> Nicola Cufaro Petroni, Dipartimento di Fisica all?Università di Bari e
> membro del Centro Interdipartimentale Ricerche sulla pace
> dell?Università di Bari
>
> padre Gerardo Cioffari, direttore del Centro Studi Nicolaiani,
> ricercatore di slavistica e autore di studi sui rapporti tra Serbia,
> Puglia e la basilica di San Nicola
>
> coordina Andrea Catone, dell?Associazione Most za Beograd, Un ponte
> per Belgrado in terra di Bari
>

--------- COORDINAMENTO ROMANO PER LA JUGOSLAVIA -----------
RIMSKI SAVEZ ZA JUGOSLAVIJU
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http://www.egroups.com/group/crj-mailinglist/
------------------------------------------------------------

NON C'E' PIU' IL MURO DI BERLINO, OH COME SIAMO CONTENTI!


"Beirut, 24 aprile 2000.

Il governo israeliano ha lanciato una gara per la costruzione di un muro
lungo 120 km e alto 3 metri che separi lo stato ebraico dal vicino
Libano,
anche se ci sono dubbi che la costruzione rispettera' la frontiera
ufficiale.
La monumentale cintura verticale partira' dal Mediterraneo per arrivare
fino alle alture del Golan, territorio siriano occupato da Tel Aviv da
circa un quarto di secolo, al centro di una disputa irrisolvibile tra i
due paesi.
Varie imprese private si stanno gia' sfregando le mani in virtu' dei
permessi
per costruire, che esigono che la cortina sia eretta nel minor tempo
possibile e sia pronta prima dell'annunciato ritiro israeliano dal sud
del
Libano, previsto per il luglio di quest'anno.

Fonte: Prensa Latina"

...e non dimentichiamoci della sorvegliatissima muraglia che taglia in
due la penisola coreana!


--------- COORDINAMENTO ROMANO PER LA JUGOSLAVIA -----------
RIMSKI SAVEZ ZA JUGOSLAVIJU
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VERSO IL COORDINAMENTO NAZIONALE
DEGLI AMICI DELLA JUGOSLAVIA


>
> A tutte le Associazioni di Amicizia e Solidarietà con il popolo jugoslavo
> Appello per l¹Assemblea nazionale del 20 maggio a Firenze
>
> Cari Amici,
>
> Abbiamo ricevuto l¹appello del 5.4.u.s del ³Comitato contro la guerra e
> la NATO² di Ravenna per un incontro nazionale fra le varie realtà di lotta:
> organizzazioni, comitati, singoli compagni, ecc. che sono attivi sul
> territorio e stanno continuando tuttora un prezioso lavoro di denuncia, di
> controinformazione e di opposizione contro la perdurante aggressione della
> NATO ai danni della Iugoslavia e del suo popolo.
> Come Associazione Italia-Jugoslavia dell¹Umbria (Assijug) abbiamo
> comunicato subito ai nostri amici di Ravenna, non solo la nostra adesione
> all¹iniziativa, ma anche la nostra totale disponibilità ad impiegare tutte
> le forze a nostra disposizione per la riuscita del progetto più generale di
> unificazione delle realtà di opposizione che è stato proposto nell¹appello.
> Sarebbe questa la maniera migliore per cercare di superare,
> l¹altrimenti inevitabile, frammentazione delle nostre forze e per cercare di
> dare più potenza ed unità alla nostra azione. Cosa quest¹ultima che noi
> riteniamo ormai sia necessaria, se non addirittura indispensabile.
> L¹aggressione alla Iugoslavia non é affatto terminata con la fine dei
> bombardamenti. Nel sud dei Balcani continua regnare uno stato di perdurante
> guerra, complice la NATO che non rispetta neanche gli accordi di pace e
> continua a fomentare tensioni, conflitti e scontri. Lo scopo
> dell¹imperialismo é evidente: mantenere uno stato di tensione in tutto il
> sud dei Balcani, così da giustificare in futuro una nuova aggressione armata
> ai danni della Iugoslavia.
> Non possiamo dunque abbassare la guardia! Il nostro grado di attenzione
> e di mobilitazione deve continuare ad essere alto. Ancora oggi gli
> antimperialisti, i sinceri democratici devono sapere continuare la loro
> preziosa opera di mobilitazione, di denuncia, di controinformazione di
> opposizione alla aggressione continuata alla Iugoslavia , contro l¹embargo
> canagliesco decretato dai briganti imperialisti. E questo potrà essere fatto
> in maniera ancora più efficace, unendo e coordinando le nostre forze su
> scala nazionale, in un fronte il più ampio possibili di lotta e di
> opposizione.
> Abbiamo comunicato direttamente agli amici di Ravenna, nel corso del
> nostro recente incontro alla nostra cena sociale del 15.4. u.s. che
> concordiamo sui punti che essi hanno indicato nell¹appello, più precisamente
> a:
>
> - promuovere una vasta mobilitazione nazionale contro l¹embargo
> - indire una giornata di lotta contro la NATO e contro l¹aggressione alla
> Jugoslavia
> - continuare la nostra opera, coordinandola a livello nazionale, di raccolta
> di aiuti e sottoscrizioni per il popolo jugoslavo, in particolare per le
> fasce più deboli e più colpite di esso
> Questi punti ci sembrano centrali per dare, fin dall¹inizio, una certa
> concretezza e sostanza al progetto che intendiamo avviare. Su altri ancora
> potremo discuterne assieme, collettivamente, in occasione dell¹assemblea che
> si terrà Sabato 20 Maggio a Firenze (la data l¹ abbiamo scelta assieme al
> Comitato di Ravenna ed agli amici del Tribunale Clark contro i crimini di
> guerra, mentre il luogo lo comunicheremo non appena possibile) e che durerà
> per tutta la giornata.
> Questa, a nostro avviso, può essere concepita come momento di
> discussione e di conoscenza reciproca, ma anche come luogo in cui prendere
> delle decisioni operative, individuare tempi e modi sicuri per lo sviluppo
> del progetto più generale dell¹unificazione nazionale delle nostre forze.
> Riteniamo indispensabile che essa si concluda con una mozione finale che
> riassuma sinteticamente gli impegni che prenderemo. Infine l¹ordine del
> giorno (che comunque ci sembra già implicito nell¹appello) potremmo
> indicarlo più dettagliatamente, allorché saranno arrivate altre adesioni.
> Attendiamo, quindi, una vostra risposta in tempi rapidi. Quest¹ultima potrà
> essere indirizzata indifferentemente all¹Assijug di Perugia
> (assijug@...) al Comitato contro la guerra e contro la NATO di
> Ravenna (red-ghost@...) o al Tribunale Clark (s.deangelis@...)
>
> Fraterni saluti
>
> L¹Associazione Italia-Iugoslavia - ASSIUG - Umbria
> Via Duranti,5 06128 Perugia
> Tel/Fax 075-42686 e mail: assijug@...

--

TRIBUNALE ITALIANO CONTRO I CRIMINI DELLA NATO IN YUGOSLAVIA
065181048- FAX 068174010
E-MAIL: s.deangelis@... ponac@...

In preparazione della giornata del 6 maggio (riunione nazionale degli
aderenti al tribunale clark, e nel pomeriggio seduta sulla
disinformazione
strategica) alla libreria del manifesto a Roma, e tenendo presente gli
appelli lanciati dal coordinamento romagnolo contro la guerra e
dall'assijug, confermiamo l'interesse della sez.italiana del tribunale
"clark" a promuovere e dar spinta alla necessita' di costruire un
percorso
unitario, chiaro e senza ambiguita' o annacquamenti vari per favorire la
riuscita di un assemblea nazionale che abbia come momento iniziale il
confronto tra le realta' che da un anno a questa parte si stanno
mobilitando
senza sosta su dei terreni che riteniamo oggi strategicamente prioritari
per
la ripresa di un coerente movimento di lotta per la pace.
I punti che noi riteniamo centrali per la ripresa dell'iniziativa sono:
1) la lotta contro la nato e contro le basi militari
2) il lavoro per la denuncia e l'incriminazione di D'Alema e company.
3) l'attivita' di solidarieta' con la jugoslavia, paese colpito in
maniera
criminale dall'imperialismo occidentale
4) smascheramento del falso pacifismo
5) disponibilita' ad un percorso unitario per obiettivi nel rispetto
delle
autonomie politiche di ogni struttura.

per far cio' riteniamo che la riunione del 6 maggio pur avendo
caratteristiche di incontro tra gli aderenti all'iniziativa del
tribunale,
che avra' la sua sessione finale il 3 giugno a roma, possa essere un
momento
interlocutorio per la preparazione di questo percorso ed in preparazione
della riunione del 20 maggio a firenze che, comunque avra' come
caratteristica principale il coordinamento delle strutture che stanno
lavorando per la solidarieta' con la yugoslavia con l'obiettivo della
creazione di una associazione di amicizia italia-jugoslavia .

Pur comprendendo il rischio di poter far confusione tra il percorso di
costruzione di un coordinamento nazionale contro la guerra e contro la
nato,
ed il percorso di costruzione per una grande associazione di amicizia
italia -jugoslavia, riteniamo importantissimo cominciare il dibattito
tra le
realta' che nonostante le difficolta' non hanno abbassato la guardia.

stefano de angelis

---

From: Coordinamento Romano per la Jugoslavia <crj@...>
To: red*ghost <red-ghost@...>

Cari compagni,

abbiamo ricevuto e letto con estremo interesse il vostro appello.
Riteniamo di essere in sintonia con voi su alcune questioni di fondo;
peraltro, avevamo avvertito anche noi la necessita' di coordinare a
livello nazionale i soggetti attivi nella solidarieta' alla Jugoslavia,
ed incominciato a sondare il terreno in tal senso.

Con "solidarieta' alla Jugoslavia", si badi bene, intendiamo non un
generico interessamento ed aiuto umanitario, bensi', in senso stretto,
una campagna di appoggio politico alla attuale Repubblica Federale di
Jugoslavia, che riteniamo ancora depositaria di alcuni valori della
Repubblica Federativa e Socialista - primi tra tutti la
multinazionalita' e l'indipendenza - ed alla idea jugoslava (dal Triglav
al Vardar, dal Danubio all'Adriatico) in senso lato. In particolare, ci
opponiamo alla frammentazione ulteriore nello scenario balcanico, alla
espansione imperialista ed alla svendita al capitale straniero di quanto
costruito dalla Guerra Popolare di Liberazione in poi.

Soggetti concordi con noi su questi punti ce ne sono ormai un po'
dappertutto in Italia. Possiamo citarvi ad esempio il Tribunale Clark,
F. Grimaldi, l'Associazione Italia-Jugoslavia (Umbria), il Coordinamento
Torinese per la Jugoslavia, altri compagni a Bologna, Milano, Bari. La
nostra intenzione sarebbe quella di creare un coordinamento nazionale
per la Jugoslavia, all'interno del quale possano convivere tutti questi
soggetti e che si possa impegnare principalmente nello scambio
conoscitivo ed informativo (contro-informativo) e sulla solidarieta'
internazionalista tra i popoli che vivono su entrambe le sponde
dell'Adriatico.

Se vi riconoscete in questo discorso, per noi possiamo fissare da subito
un incontro, anche solo "bilaterale", all'inizio di maggio. Vorremmo
pero' evitare di prendere parte ad altre fasi preliminari-perlustrative
con soggetti che partono da posizioni distanti, non perche' questo non
sia importante, ma perche' non abbiamo la possibilita' materiale di
occuparci di tutto. Riteniamo per noi, adesso, urgente piuttosto la
creazione del coordinamento di cui sopra, sulla base di una piattaforma
precisa e coraggiosa.

Smrt fasizmu - sloboda narodu!
Coordinamento Romano per la Jugoslavia


red*ghost wrote:
>
> APPELLO PER UN INCONTRO NAZIONALE
>
> Pur fra mille difficoltà, da più di un anno dalla nascita del
> Coordinamento Romagnolo contro la Guerra e la Nato, nonostante
> l?evidente calo di tensione, abbiamo prodotto e continuiamo a produrre
> sul territorio decine di iniziative di informazione, di solidarietà e
> di lotta contro la guerra e la Nato, sulle cause della disgregazione
> della Federazione Jugoslavia e a sostegno della resistenza del popolo
> jugoslavo alla aggressione imperialista. Fortunatamente ci siamo resi
> conto che anche altre realtà continuano con determinazione a muoversi
> sulla guerra nei Balcani e sulla solidarietà al popolo jugoslavo (non
> ci riferiamo evidentemente alle patetiche iniziative di alcune
> correnti della "sinistra" sindacale della CGIL noto sindacato
> pacifista sostenitore delle bombe umanitarie considerate "contingenti
> necessità"), che oggi solidarizzano "con i lavoratori jugoslavi".
> Partendo dal presupposto che tutta la vicenda Jugoslavia-Serbia è
> assai più complessa del modo schematico e superficiale con cui spesso
> la sinistra antagonista e rivoluzionaria l?ha trattata sarebbe
> interessante aprire un dibattito al fine di tracciare un percorso di
> lavoro negli anni a venire considerando che la guerra nei Balcani sta
> continuando e continuerà ancora? Da parte nostra, non condividiamo
> quelle posizioni di equidistanza (NATO-JUGOSLAVIA), anche se partono
> con coerenza e sincerità da una critica radicale tout-court contro
> ogni forma stato, che, di fatto, impediscono una comprensione reale
> dei conflitti di classe non solo nella ex Jugoslavia ma in tutto l?Est
> Europa. Il riferimento ad un generico "internazionalismo proletario",
> contro ogni forma di nazionalismo se da un lato conserva tutto il suo
> fascino e romanticismo rivoluzionario non coglie la natura e lo stato
> dei rapporti sociali e del grado di sviluppo dei processi storicamente
> determinati nelle varie aree di conflitto nel Mondo. Prevale una
> visione eurocentrica dell?antimperialismo, di come vorremmo fossero i
> movimenti di liberazione ma che spesso non sono?(neanche in Chiapas,
> Colombia, Kudistan, ecc.). Nel caso della Jugoslavia vi è da ricordare
> che la parte maggioritaria del popolo è schierata contro la politica
> NATO nei Balcani e non tutta, invece, è schierata con Milosevic o con
> la destra nazionalista, o nutre sentimenti sciovinisti, o ha perso la
> memoria storica sulla occupazione nazista (altra colpa imperdonabile).
> Il problema non è la caduta di Milosevic che è ciò che vuole la Nato o
> la sua equiparazione alla Nato, ma fermare: l?avanzata della Nato nei
> Balcani, i processi di penetrazione del capitale e la distruzione
> definitiva di quello che rimane della federazione jugoslava che è
> ancora, nonostante tutto, un paese multietnico; mascherare il
> grottesco umanitarismo sempre "politicamente corretto" della sinistra
> imperialista europea; costruire le relazioni con quelle organizzazioni
> o realtà della società civile jugoslava (sociali, politiche,
> sindacali), che sono interessate a ricostruire un percorso di classe
> nei Balcani.
>
> DISCUTERE NON GUASTA.
>
> Sarebbe interessante aprire un dibattito su queste tematiche mettendo
> a confronto realtà e situazioni diverse di compagni /e. Pensiamo anche
> a forme di operatività e coordinamento nell'immediato partendo dalle
> poche forze che ci sono per abbattere il muro di silenzio sulla
> continuazione della guerra da parte della Nato, sugli effetti
> disastrosi della contaminazione ambientale, ecc.? A tale proposito
> vorremmo lanciare alcune proposte a tutti quei compagni\e che in forma
> associata, singola, organizzata stanno lavorando su questi temi o sono
> intenzionati a farlo: aggressione alla Jugoslavia, basi Nato,
> solidarietà con il popolo jugoslavo (Embargo, profughi, ecc.?);
> l?organizzazione di un incontro nazionale per conoscerci e scambiarci
> esperienze, informazioni, proposte; una campagna nazionale contro
> l?embargo alla Jugoslavia ed un maggiore coordinamento per eventuali
> futuri progetti di solidarietà, scambi culturali, invio di aiuti,
> culminante con l?organizzazione di una carovana nazionale di aiuti al
> fine di rompere il muro di silenzio attorno all?embargo criminale. A
> tale proposito proporremmo la stesura di un manifesto nazionale, la
> preparazione di assemblee territoriali e la giornata di mobilitazione
> in varie città con presidi nelle piazze, di fronte alle prefetture o
> alle sedi DS; lanciare una campagna nazionale in forma di petizione
> popolare (come momento aggregatorio di controinformazione) per il
> ritiro delle truppe italiane dal Kosovo, per rilanciare la battaglia
> contro la Nato e l?ideologia militarista che va prendendo piede fra i
> giovani. Contiamo sull?interesse (anche critico) di molti compagni \e
> per quello che proponiamo. Vi preghiamo di rispondere entro aprile,
> per verificare la possibilità di organizzare l?incontro nel mese di
> maggio con data e luogo da definire.
>
> Un saluto a tutti
>
> Coordinamento romagnolo contro la guerra e la NATO
>
> email red-ghost@...
>
> Vi saremo grati se inoltrate questo appello ai vs. contatti.


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* Appoggiamo i detenuti in sciopero della fame a Kosovska Mitrovica !

* La KFOR garantisce l'impunita' agli assassini pan-albanesi
* La Albanian-American Civil League spalanca la porta del Congresso USA
al killer dell'UCK Ramush Hajredinaj
* Ancora un articolo sulla alleanza USA-UCK
* 5 marzo: leader del "disciolto" UCK commemora il terrorista Jashari
tra gli spari urlando "Lunga vita all'UCK!"


---

Pls. support this call. We intent to hand over the petition by a
solidarity
delegation to K Mitrovica. The specific Austrian references will be
omitted
for the use in Kosovo.

JÖSB, Vienna, April 29, 2000

*******

To:
Bernard Kouchner, UNMIK governor
Juan Ortuno, KFOR commander
chief protectorate prosecutor
Kaplan Baruti, president of the court of Kosovska Mitrovica
Sven Eric Laarsen, UNMIK police chief of Kosovska Mitrovica
Benita Ferrero-Waldner, minister of foreign affairs
Albert Rohan, general secretary of the Ministry of Foreign Affairs

Freedom for the political prisoners in Kosovo who are in hunger strike

We, the undersigned individuals and organisations, request the UN
protectorate authorities, UNMIK, to immediately release the thirty-six
Serbs
and Roma who are in hunger strike, as well as their five fellow
detainees in
the UN prison of Kosovska
Mitrovica, if they are only being accused of summary offences.
We request the Austrian Ministry of Foreign Affairs to bring their
influence
to bear in this sense.

Substantiation:
1
For almost one year the non-Albanian detainees are being held without
the
prospect of trials in court. According to press statements, not even
preliminary examinations are being conducted.

2
At the same time, assassins motivated by Albanian nationalism?such as
the
recent case of Dzeljalj Ademi, who threw a hand grenade in the Serb
Ghetto
of Mitrovica, injuring 22 Serb civilians and 14 French NATO soldiers?are
released without being tried.

3
Until now the protectorate judiciary was not at all able to dispel the
massive doubts of their impartiality.

4
Under the given circumstances?as the UÇK/KSK is still armed and still
acting
as a belligerent power in a civil war and expelled great parts of the
national minorities and political critics?to own and to carry weapons,
which
is the main accusation against
the detained non-Albanians, is pure self-defence.

To detain the non-Albanians of Kosovska Mitrovica obviously has
political
and nationalist motives and they have to be freed immediately.

Yugoslav Austrian Solidarity Movement
(Jugoslawisch-Österreichische Solidaritätsbewegung)
Vienna, April 27th, 2000

****************************
Jugoslawisch-Österreichische Solidaritätsbewegung (JÖSB)
PF 217, A-1040 Wien, Österreich
joesb@...

---

KFOR refused to arrest Albanian assassin
http://www.serbia-info.com, April 14, 2000

Kosovska Vitina, April
14th, - KFOR patrol
refused to arrest
20-year-old Albanian,
who, on October 22nd last
year, killed teacher
Milivoje Ilic from Binca
near Kosovska Vitina with
a gun shot, radio amateurs
reported today.

This young Albanian was identified by late Ilic`s
family
near Serbian Orthodox Church St. Petka in Vitina. The
family appealed to the nearest KFOR patrol demanding
that this Albanian be arrested. The patrol refused to
do
so, explaining that they were not authorized for such
actions and that it was UNMIK police's
responsibility.

UNMIK police arrived only after one hour, as the
amateur radio report says, but in the meantime
Albanian
interpreter warned his suspected compatriot and he
managed to run away.

KFOR has arrested Serbs so far even without the
International Police's presence, without evidence and
according to false charges on the Albanian side.

Ilic was wounded on October 22nd last year, radio
amateurs remind, when a group of Albanians ran into
his
front yard, allegedly looking for their tractor. When
Ilic
said that there was no tractor around, the young
Albanian shot him in cold blood, after which the
terrorists escaped from the crime scene by car.
Milivoje
Ilic died from his wounds a month later.

---


STOP NATO: NO PASARAN! - HTTP://WWW.STOPNATO.HOME-PAGE.ORG

Public "servants" must be required sub-poena to divulge contributions///


Tue, 11 Apr 2000 13:27:32 -0400
From: deepfrote

In the Rayburn Building DioGuardi and his KLA cronies, including
Cdr Ramush will be lying.

WHY IS THE U.S. CONGRESS HOSTING THE TERRORIST RAMUSH HAJREDINAJ?

One of today's invited speakers is the commander of the KLA's
Southern Region, Ramush Hajredinaj. While most Congressmen may not at
this
time be aware of Commander Ramush's background as a cold-blooded
terrorist,
his record over the past two years, including his attacks on moderate
Albanians, makes him a better candidate for a prison cell than as a
speaker
in the home of American democracy. This memorandum provides some
background information on the murderer who was invited to sit before you
today.

The first Associated Press article chronicles Hajredinaj's
"hard-line" refusal to participate in a peaceful solution to Kosovo's
mayhem. Among his other exploits, Hajredinaj oversaw the grenade attack
on
the "Panda" cafe in Pec in December 1998, in which six children were
killed. Note particularly his uncompromising desire for Kosovo's
violent
secession, and his stated willingness to use force to achieve this
aim. NATO and UN policy opposes Kosovo's secession from
Yugoslavia. Despite this policy, Hajredinaj has been appointed as a
deputy
commander of the KLA's successor, the Kosovo Protection Force, placing
him
in a position to subvert the agreement that ended the war. Instead of
promoting stability in Kosovo, the appointment of this "hard-liner" is a
guarantee of future violence.

The second Associated Press article describes a KLA-run torture
center in Prizren where moderate Albanians and Roma were subject to
physical abuse, and several were killed. The KLA commander responsible
for
this barbaric treatment of his fellow citizens? None other than Ramush
Hajredinaj, the man invited here today.

The Times of London (Oct. 10, 1999) quotes a diplomat's
description of Hajredinaj as one of "a bunch of
local thugs". Perhaps Hajredinaj does qualify as an expert on Kosovo's
violence, because he was responsible for so much of it.

Kosovo Rebels Won't Give Up Guns, by Anne Thompson, The Associated Press
(March 8, 1999)

JABLANICA, Yugoslavia (AP) -- Sitting in his headquarters along the
snow-capped mountains of the Albanian border, hard-line rebel commander
Ramush Hajredinaj remains adamant that the Kosovo Liberation Army will
never give up its guns.

Disarmament is the biggest barrier to getting the KLA to sign a
U.S.-backed
peace agreement, and a second day of ethnic Albanian rebel meetings
Monday
produced no firm results despite the entreaties of U.S. envoy
Christopher
Hill.

The deal envisions the KLA becoming a political party, with some rebels
joining an ethnic Albanian-run police force. But after years of covert
planning, of training in the woods and smuggling guns into Kosovo for
the
fight for independence, the KLA is unwilling to forsake the army it
worked
so hard to build up.

They also fear not having a defensive force against the Serbs.

"Not to have an army would be a big mistake," said Hajredinaj, one of
five
KLA commanders invited to visit Washington in another diplomatic move to
persuade rebels to adopt the deal for Kosovo self-rule.

Without the rebels, Kosovo Albanian politicians will not sign. And
without
full cooperation from all Albanian factions, NATO cannot follow through
on
military threats aimed at getting Yugoslav President Slobodan Milosevic
to
also agree.

The negotiations come after a year of bitter ethnic war in Kosovo, a
southern province in the Serb republic that dominates Yugoslavia, where
ethnic Albanians outnumber Serbs nine to one.

Hajredinaj (pronounced high-re-DEE-nai) is one of the most militant
commanders in the rebel army, and some observers worry hard-liners might
continue to fight even if politicians and other rebel leaders accept
peace.

His men already are suspected of carrying out the Panda Cafe murders,
when
masked rebels opened fire in December on a restaurant the city of Pec,
killing six Serbian youths. His men also are suspected of shooting at
U.S.
diplomatic monitors. And Hajredinaj himself is wanted by the Serb regime
as
a terrorist.

His territory, along the western flank of Kosovo, hums with a military
spark and efficiency, with a tight chain of command and a fierce loyalty
to
a leader almost worshipped for his fighting skill and strategic prowess.

"When I mention his name, I feeling like bowing. That's how much I
respect
him,"' said battalion leader Arzen Bytyqi, 23, wearing a red beret and a
green camouflage uniform with KLA patches emblazoned with their emblem:
the
two-headed black eagle.

Now 30, Hajredinaj served one year in the Yugoslav army, during which he
says he was learning to be a soldier to fight for Kosovo independence.
Like
many ethnic Albanians, he also lived in Switzerland and France, earning
money for the cause before coming home in the early 1990s to take up
arms.

"I've been thinking of independence since I was a child. It was my
training
from my parents," said the commander.

His wife also serves in the KLA, as do his sister and five brothers.

"We can accept everything that doesn't destroy the way to independence,"
Hajredinaj said Monday, suggesting that he, like other commanders, are
ready to accept autonomy as a first step. "If NATO comes, we won't have
to
be a liberation army anymore. We'll change and become a regular army,"
the
commander said.

"Washington knows what we want," he added with a smile. "We've been
clear
from the very beginning."

AP-NY-03-08-99 1527EST

KLA discovered torturing Albanians in Kosovo, by Melissa Eddy,
Associated
Press (June 18, 1999)

PRIZREN, Yugoslavia -- (AP) -- German soldiers detained 25 ethnic
Albanian
rebels today after finding one elderly man dead and more than 15 others
hurt in a police station that had been under control of the Kosovo
Liberation Army since early this week.

Most of the victims seemed to be ethnic Albanians or Gypsies between the
ages of 50 and 60, said Lt. Col. Dietmar Jeserich, a spokesman for the
German army serving in the Kosovo peace force in the region.

During the Kosovo conflict that started February 1998 and ended in a
peace
deal last week, the KLA had assassinated not only Serbs but also ethnic
Albanians and Gypsies believed loyal to the Belgrade regime of Slobodan
Milosevic.

One man in his 70s was found dead, chained to a chair. He appeared to
have
died shortly before the German soldiers arrived, Jeserich said. Most of
the
injured had bloody wounds and bruises, many on their faces. One man had
huge purple welts across his back. Two or three others had what
appeared
to be stab wounds in their legs. Many were found chained to radiators,
Jeserich said.

The wounded received first aid at the scene, then were transferred to a
nearby military hospital.

About 25 KLA members were detained and marched away from the police
station
under German guard. It was unclear where they were taken. One man, who
gave
his name as Gani Berisha, said the KLA had beaten him, although he
insisted
he had done nothing wrong.

German troops found a stash of weapons, including grenades, machine
guns,
mortars and shells. They also found heavy wooden sticks and spikes with
nails that they said appeared to be "instruments of torture."

Memorandum prepared on April 11, 2000.



At 10:49 PM 04/07/2000 -0400, Penn1023@... wrote:
>THE ALBANIAN AMERICAN CIVIC LEAGUE
>
>is pleased to announce the arrival of a delegation from Kosova
>
>for
>
>THE FIRST CONGRESSIONAL HEARING ON POSTWAR KOSOVA
>
>Capitol Hill, Washington, DC, Tuesday, April 11
>
>Testimony for Kosova will be given by:
>
>Bajram Rexhepi, M.D., Mayor of Mitrovice
>Major General Ramush Haradinaj, TMK, formerly Supreme Command, UCK
>Prof. Muhamet Mustafa, President, Riinvest Institute for Development
>Research
>Former Congressman Joe DioGuardi, President, Albanian American Civic League
>Shirley Cloyes DioGuardi, Balkan Affairs Adviser, Albanian American Civic
>League
>
>The delegation from Kosova also includes Halil Berani, chairman of the
>Mitrovice chapter of the Council for the Defense of Human Rights and
>Freedoms, Musa Januzi, Council of Trepca Mine Workers, Shyqyri Kelmendi,
>former director of the Trepca mines, and Dr. Esad Stavileci, Professor of
>Law, University of Prishtina.
>

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British documentary substantiates US-KLA collusion in
provoking war with Serbia

Related Sunday Times article alleges CIA role

By Chris Marsden
16 March 2000

On Sunday, March 12, Britain's BBC2 television channel ran a documentary
by Alan Little entitled
"Moral Combat: NATO At War". The program contained damning evidence of
how the Clinton
administration set out to create a pretext for declaring war against the
Milosevic regime in Serbia
by sponsoring the separatist Kosovo Liberation Army (KLA), then pressed
this decision on its
European allies. The revelations in the documentary were reinforced by
an accompanying article in
the Sunday Times.

Little conducted frank interviews with leading players in the Kosovo
conflict, the most pertinent
being those with US Secretary of State Madeline Albright, Assistant
Secretary of State James
Rubin, US Envoy Richard Holbrooke, William Walker, head of the UN
Verification Mission, and
KLA leader Hashim Thaci. These were supplemented by many others.

The documentary set out to explain how "a shared enmity towards
Milosevic" made "allies of a
shadowy band of guerrillas and the most powerful nations on
earth”.

Ever since the Bosnian war of 1995, the KLA, seeking to capitalise on
popular resentment among
Kosovan Albanians against the regime in Belgrade, had pursued a strategy
of destabilising the
Serbian province of Kosovo by acts of terrorism, in the hope that the US
and NATO would
intervene. They ambushed Serb patrols and killed policemen.

"Any armed action we undertook would bring retaliation against
civilians," KLA leader Thaci
explained. "We knew we were endangering a great number of civilian
lives." The benefits of this
strategy were made plain by Dug Gorani, a Kosovo Albanian negotiator not
tied to the KLA: "The
more civilians were killed, the chances of international intervention
became bigger, and the KLA
of course realised that. There was this foreign diplomat who once told
me, 'Look, unless you pass
the quota of five thousand deaths you'll never have anybody permanently
present in Kosovo from
foreign diplomacy.'"

Albright was receptive to the KLA's strategy because the US was anxious
to stage a military
conflict with Serbia. Her series of interviews began chillingly with the
words: "I believed in the
ultimate power, the goodness of the power of the allies and led by the
United States." The KLA's
campaign of provocations was seized upon as the vehicle through which
the use of this power could
be sanctioned.

A March 5, 1998 attack by the Serbian army on the home in Prekaz of a
leading KLA commander,
Adem Jashari, in which 53 people died, became the occasion for a meeting
of the Contact group of
NATO powers four days later. Albright pushed for a tough anti-Serbian
response. "I thought it
behoved me to say to my colleagues that we could not repeat the kinds of
mistakes that had
happened over Bosnia, where there was a lot of talk and no action," she
told Little.

NATO threatened Belgrade with a military response for the first time.
"The ambitions of the KLA,
and the intentions of the NATO allies, were converging," Little
commented. He then showed how a
subsequent public meeting between US Envoy Richard Holbrooke and KLA
personnel at Junik
angered Belgrade and gave encouragement to the Albanian separatists.
General Nebojsa Pavkovic,
the commander of the Yugoslav army in Kosovo, states, "When the official
ambassador of another
country arrives here, ignores state officials, but holds a meeting with
the Albanian terrorists, then
it's quite clear they are getting support."

Lirak Cejal, a KLA soldier, went further, "I knew that since then, that
the USA, NATO, will put us
in their hands. They were looking for the head of the KLA, and when they
found it they will have it
in their hand, and then they will control the KLA."

By October 1998 NATO had succeeded in imposing a cease-fire agreement,
partly by threat of
force and partly because of Serbia's success in routing the KLA. A
cease-fire monitoring force [the
Kosovo Verification Mission] was sent into the province under the
auspices of the Organisation for
Security and Co-operation in Europe (OSCE) and headed by William Walker.

The interview with Cejal is the only reference to US control of the KLA
in Little's documentary,
and then it is only anecdotal. It seems that the BBC for its own reasons
chose to back-pedal on this
issue, given the article in the Sunday Times that ran the same day
Little's documentary was aired.

Times journalists Tom Walker and Aidan Laverty wrote: "Several Americans
who were directly
involved in CIA activities or close to them have spoken to the makers of
Moral Combat, a
documentary to be broadcast on BBC2 tonight, and to The Sunday Times
about their clandestine
roles ‘in giving covert assistance to the KLA' before NATO began
its bombing campaign in
Kosovo."

The Sunday Times explained that the anonymous sources "admitted they
helped to train the Kosovo
Liberation Army". They add that CIA officers were "cease-fire monitors
in Kosovo in 1998 and
1999, developing ties with the KLA and giving American military training
manuals and field
advice on fighting the Yugoslav army and Serbian police.”

The Times article continued: "When the Organisation for Security and
Co-operation in Europe
(OSCE), which co-ordinated the monitoring, left Kosovo a week before
airstrikes began a year
ago, many of its satellite telephones and global positioning systems
were secretly handed to the
KLA, ensuring that guerrilla commanders could stay in touch with NATO
and Washington.
Several KLA leaders had the mobile phone number of General Wesley Clark,
the NATO
commander."

The article goes on to cite unnamed "European diplomats then working for
the OSCE" who "claim
it was betrayed by an American policy that made air strikes inevitable."
They cite a European
envoy accusing OSCE head of mission Walker of running a CIA operation:
"The American agenda
consisted of their diplomatic observers, aka the CIA, operating on
completely different terms to the
rest of Europe and the OSCE."

Walker was the American ambassador to El Salvador when the US was
helping to suppress leftist
rebels there and is widely suspected of being a CIA operative. He denies
this, but admitted to the
Sunday Times that the CIA was almost certainly involved in the countdown
to air strikes:
"Overnight we went from having a handful of people to 130 or more. Could
the agency have put
them in at that point? Sure they could. It's their job."

The newspaper cites the more candid comments of its CIA sources: "It was
a CIA front, gathering
intelligence on the KLA's arms and leadership," one says. "I'd tell them
[the KLA] which hill to
avoid, which wood to go behind, that sort of thing," said another.

To back up these claims, the Sunday Times notes that Shaban Shala, a KLA
commander now active
in the campaign to destabilise ethnic Albanian areas in Serbia, claims
to have met British,
American and Swiss agents in northern Albania in 1996.

Little's BBC documentary makes no such explicit suggestion of CIA
backing for the KLA, but it
does put flesh on the bones of how the cease-fire became the occasion
for strengthening the
separatists' grip on Kosovo. He explains that wherever the Serbs
withdrew their forces in
compliance with the agreement, the KLA moved in. KLA military leader
Agim Ceku says, "The
cease-fire was very useful for us, it helped us to get organised, to
consolidate and grow." Nothing
was done to prevent this, despite Serbian protests.

Little explains that the BBC has obtained confidential minutes of the
North Atlantic Council or
NAC, NATO's governing body, which state that the KLA was "the main
initiator of the violence"
and that privately Walker called its actions a "deliberate campaign of
provocation". It was this
covert backing for the KLA by the US which provoked Serbia into ending
its cease-fire and
sending the army back into Kosovo.

The next major turn of events leading up to NATO's war against Serbia
was the alleged massacre
of ethnic Albanians at Racek on January 15, 1999. To this day, the issue
of whether Serbian forces
killed civilians in revenge attacks at Racek is hotly contested by
Belgrade, which claims that the
KLA staged the alleged massacre, using corpses from earlier fighting.

It is certainly the case that when the Serb forces pulled out after
announcing the killing of 15 KLA
personnel, international monitors who entered the village reported
nothing unusual. It was not until
the following morning, after the KLA had retaken control of the village,
that Walker made a visit
and announced that a massacre by the Serbian police and the Yugoslav
army had occurred. Little
confirms that Walker had contacted both Holbrooke and General Clarke
before making his
announcement.

Racek was to prove the final pretext for a declaration of war, but first
Washington had to make
sure that the European powers, which, aside from Britain, were still
pushing for a diplomatic
solution, would come on board. Talks were convened at Rambouillet,
France backed by the threat
of war.

Little explains: "The Europeans, some reluctant converts to the threat
of force, earnestly pressed for
an agreement both the Serbs and the Albanians could accept. But the
Americans were more
sceptical. They had come to Rambouillet with an alternative outcome in
mind."

Both Albright and Rubin are extraordinarily candid about what they set
out to accomplish at
Rambouillet. They presented an ultimatum that the Serbian government
could not possibly accept,
because it demanded a NATO occupation of not just Kosovo, but
unrestricted access to the whole of
Serbia. As Serbian General Pavcovic comments: "They would have unlimited
rights of movement
and deployment, little short of occupation. Nobody could accept it."

This was the US's intention. Albright told the BBC: "If the Serbs would
not agree [to the
Rambouillet ultimatum], and the Albanians would agree, then there was a
very clear cause for
using force." Rubin added, "Obviously, publicly, we had to make clear we
were seeking an
agreement, but privately we knew the chances of the Serbs agreeing were
quite small."

KLA leader Thaci was the only problem, because he was demanding the
inclusion of a referendum
on independence. So Albright was despatched on St. Valentines Day to
take charge of winning him
over. Veton Suroi, a political rival of the KLA involved in the talks,
gives a candid description of
Albright's message to Thaci: "She was saying, you sign, the Serbs don't
sign, we bomb. You sign,
the Serbs sign, you have NATO in. So it's up to you."

After three weeks of discussions, Thaci finally agreed to sign the
Rambouillet Accord. The path
was cleared for the US to begin an open war against Serbia, a war that
had been prepared with the
aid of CIA dirty tricks and political manoeuvring with terrorist forces.

---


Kosovo Albanian fighters put on show of force PREKAZ, Yugoslavia, March
5 (AFP) -

A memorial service for a slain ethnic Albanian warlord Sunday became a
show of force for the ex-Kosovo Liberation Army (KLA) as 20,000 people
stood in the snow to hear heated speeches. The ceremony took place in
Prekaz, in the heart of the KLA stronghold of central Drenica, where
Adem Jashari and 50 others -- mostly women, children and elderly men --
were gunned down by Serbs exactly two years ago.
More than 1,000 members of the KLA's civilian successor, the Kosovo
Protection Corps (KPC), filed into town both in formation and
individually.
While officially a demilitarised disaster-relief organisation, the KPC
paraded in military-style fatigues and berets, with many members
carrying side arms.
After a march-past to review his "troops" and the raising the Albanian
two-headed eagle flag, KPC commander General Agim Ceku saluted his
"general staff, the Kosovo guard, the companies of the six zones, the
military academy ... and squadron number 70 of the air force." "By being
united, we soldiers of the KLA, who joined the ranks of the KPC, will
make of the KPC the force that Kosovo really needs," said Ceku in a
speech punctuated by celebratory salvoes of Kalashnikov gunfire from
youths in KLA berets.
The KLA's former political leader Hashim Thaci also made a fiery speech
pledging to "liberate" the divided town of Kosovska Mitrovica. "The
legendary commander Adem Jashari wanted a single Kosovo, free and
independent. We will bring that about. Mitrovica, like all the other
parts of Kosovo, will be liberated. Kosovo will be ruled by Kosovars,"
Thaci said.
Mitrovica has been split between Serbian and ethnic Albanian communities
since last June, when NATO bombed Yugoslav forces out of Kosovo and
installed the international peacekeeping force KFOR. In his address,
Thaci recalled the situation in southwest Serbia, home to some 75,000
ethnic Albanians and scene of gunfights this week between an Albanian
rebel group and Serb police.
Thaci, now a leading member of a joint Kosovo administration sponsored
by the United Nations, accused Belgrade of "pursuing a policy of ethnic
cleansing and genocide against the Albanian population" in Presevo,
Medvedja and Bujanovac, the main towns of southwest Serbia. "We are
following events there with great concern," he said, adding that he was
"studying the issue with the international community and in particular
with those good friends of the Albanians, the Americans," who patrol the
Kosovo side of the boundary.
"The ethnic Albanians of these regions cannot afford to make mistakes in
trying to stop Belgrade's campaign. Let Belgrade make its own mistakes
and they will be severely punished for it," he said. KFOR peacekeepers
have denounced the presence of "ethnic Albanian extremists" in the
five-kilometre (three-mile) wide border zone, demilitarised under an
accord between NATO and Belgrade which ended the Atlantic alliance's air
campiagn.
The self-styled "Liberation Army for Presevo, Medvedja and Bujanovac
(UCPMB)" has vowed to protect local ethnic Albanians from a Serbian
police force they accuse of killing two Albanian brothers in January.
The UCPMB fought Serb police around its base in the village of Dobrosin,
a few hundred metres (yards) from US checkpoints late Friday, KFOR said.
Thaci ended his speech by proclaiming "Long Live the KLA!" a declaration
greeted by prolonged salvoes of automatic rifle fire.


--------- COORDINAMENTO ROMANO PER LA JUGOSLAVIA -----------
RIMSKI SAVEZ ZA JUGOSLAVIJU
e-mail: crj@... - URL: http://marx2001.org/crj
http://www.egroups.com/group/crj-mailinglist/
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