Informazione


"WE ARE THE WAR..."

I Ministri degli Esteri della NATO credono di essere intonati.
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=VqaeriPlYDQ

Russia unimpressed with NATO’s ‘We are the War’ performance (Al Gurnov, RT, May 20, 2015)
... When NATO foreign ministers, after a banquet in Turkey, let their hair down and sang“We Are the World,” people around the world heard instead the words, “We are the WAR” ...





CNJ-onlus aderisce alla campagna GUERRA ALLA GUERRA.
Si tratta del tentativo, promosso dalla Rete dei Comunisti, di riavviare la mobilitazione contro la guerra, costituendo un coordinamento tra le iniziative antimilitariste "sopravvissute" nel contesto nazionale, data la delicatezza e pericolosità dello scenario globale attuale: strumentalizzazione del problema dei "barconi" e minacce di nuova guerra alla Libia, continue stragi saudite/wahabite in Yemen, Siria e altrove, propaganda antirussa alle stelle e, ovviamente, progetti di Grande Albania e ri-destabilizzazione nei Balcani... Andare oltre l' "antiamericanismo" e riconoscere i pericoli derivanti anche dal complesso di interessi europei e dal rinato imperial-revanscismo tedesco in particolare.

Trovate di seguito i materiali relativi ad alcune delle iniziative già in programma: 
* Assemblea Cittadina a BOLOGNA 27/5
* Manifestazioni a ROMA, BOLOGNA e PISA per il 2 GIUGNO festa della Repubblica


=== BOLOGNA MERCOLEDÌ 27 MAGGIO 2015 
alle ore 20.30 presso la Sala Consiliare - Giardino Lorusso, Via dello Scalo 21, Bologna:

ASSEMBLEA CITTADINA: GUERRA ALLA GUERRA

La pace in Europa non è più un dato scontato
L’imperialismo dell’Unione Europea è una minaccia per i propri popoli.
Fermiamo la guerra e opponiamoci ad ogni interventismo militare
 
Coordina Carlos Venturi (Rete dei Comunisti Bologna) 
Partecipano: 
Marco Santopadre (RdC) 
con un report dalla Carovana di solidarietà antifascista in Donbass
Partecipano:
Campagna Noi Restiamo
Ross@
Comitato Ucraina antifascista (Bo)
PCL
Comitato Naz. per la Jugoslavia (onlus)

Vedi volantino allegato
Si raccomanda la massima partecipazione e diffusione dell’appuntamento


=== BOLOGNA MARTEDI 2 GIUGNO 2015
alle ore 10:00 in Piazza 8 Agosto, Bologna

2 GIUGNO - DICHIARIAMO GUERRA ALLA GUERRA

L’articolo 11 della Costituzione proclama il ripudio della guerra come strumento di risoluzione delle controversie internazionali. Nella realtà, il coinvolgimento dell’Italia negli scenari della “guerra globale” è crescente e multiforme: dalla partecipazione dirette alle missioni militari, alla concessione delle basi militari in territorio italiano alle guerre USA e NATO nel Mediterraneo e nel Medio-Oriente, non trascurando l’aumento folle delle spese militari per l’ammodernamento dell’arsenale bellico. Insomma, tutta la politica estera del nostro paese è intrisa della scelta bellica, con una chiara responsabilità in devastazione e massacri sempre meno occultabile. L’Italia permane il solido alleato di Stati apertamente impegnati in politiche di aggressione contro altri Stati sovrani e popolazioni civili inermi. Ciò avviene per Israele contro la Palestina e l’Arabia Saudita contro lo Yemen, o con il sostegno agli “amici della Siria” coalizione complice degli jihadisti (contro cui combatte l’eroica resistenza curda), ma anche in Europa con il sostegno ai golpisti internamente alleati ai nazisti al potere in Ucraina e in guerra per impedire la autodeterminazione delle repubbliche indipendenti ed antifasciste.

MOBILITARSI AFFINCHE’ L’ITALIA ESCA DALLA SPIRALE DI GUERRA 
La guerra era e resta sempre solo strumento di distruzione e morte; le devastazioni di intere regioni, i crimini perpetrati contro moltitudini di esseri umani la cui unica colpa è quella di essere nati nelle “parti sbagliate” del globo hanno visto il proliferare di meccanismi di sostegno ideologico agli interventi militari e di mistificazione della loro reali motivazioni, sotto la coltre della guerra umanitaria e di liberazione dai regimi tirannici, operazioni alimentate in modo pressoché unanime da tutto il mondo dell’informazione occidentale. Nel nostro paese inoltre l’assunzione piena della legittimità della “guerra umanitaria o per l’estensione della democrazia” nell’orizzonte politico della maggiore forza politica di derivazione progressista, il Partito Democratico, ha indebolito notevolmente la diffusione di analisi critiche di stimolo alla mobilitazione di massa contro la guerra, che per decenni ha rappresentato una prerogativa
dei movimenti.

RIANNODARE LE RETI DELLA SOLIDARIETA’
Il 2 giugno data della festa della Repubblica, è l’occasione per promuovere una giornata di mobilitazione nazionale contro la guerra, articolata nelle realtà territoriali, concepita come contraltare alle parate militari, rimettendo al centro dell’attenzione il carattere pacifista e antifascista della nostra Costituzione.

COSTRUIAMO LA GIORNATA NAZIONALE CONTRO LA GUERRA
L’ITALIA RIPUDIA LA GUERRA E I GUERRAFONDAI

PER QUESTO LANCIAMO L’APPUNTAMENTO PER IL 2 GIUGNO ORE 10.00
PIAZZA 8 AGOSTO A BOLOGNA

Prime adesioni: Rete dei Comunisti Bologna, Noi Restiamo, Ross@ Bologna, Partito Comunista dei Lavoratori Bologna, Partito comunista d'Italia Bologna, Comitato Palestina Bologna, Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia Onlus, Comitato Ucraina Antifascista Bologna …
Per adesioni: retedeicomunistibologna@...


=== ROMA MARTEDI 2 GIUGNO 2015

DA ROMA UN APPELLO PER UNA GIORNATA NAZIONALE CONTRO LA GUERRA IL 2 GIUGNO

L’articolo 11 della Costituzione proclama il ripudio della guerra come
strumento di risoluzione delle controversie internazionali. Nella realtà, il
coinvolgimento dell’Italia negli scenari della “guerra globale” è crescente
e multiforme: dalla partecipazione dirette nelle missioni militari, alla
concessione delle basi militari in territorio italiano alle guerre USA e
NATO nel Mediterraneo e nel Medio-Oriente, non trascurando l’aumento folle
delle spese militari per l’ammodernamento dell’arsenale bellico.

Insomma, tutta la politica estera del nostro paese è intrisa della scelta
bellica, con una chiara responsabilità in devastazione e massacri sempre
meno occultabile. L’Italia permane il solido alleato di potenze straniere
apertamente impegnate in politiche di aggressione contro stati sovrani e
popolazioni civili inermi. Ciò avviene per Israele contro la Palestina e
l'’Arabia Saudita contro lo Yemen, o con il sostegno agli “amici della Siria”
coalizione complice degli jiadisti (Contro cui combatte l’eroica resistenza
curda), ma anche in Europa con il sostegno ai golpisti internamente alleati
ai nazisti al potere in Ucraina e in guerra contro le autoproclamate
repubbliche indipendenti ed antifasciste.
ALLORA E’ ORA DI MOBILITARSI AFFINCHE’ L’ITALIA ESCA DALLA SPIRALE DI GUERRA
IN CUI E’ IMMERSA

Lo scenario della competizione economica, industriale, commerciale,
finanziaria deborda sempre più frequentemente in guerra militare, ponendo in
fibrillazione gli istituti politici e militari sopravvissuti alla guerra
fredda, ONU E NATO in primis, il primo, incapace di fungere da camera di
compensazione delle forze in campo; la seconda, diventata una alleanza di
guerra proiettata ad invadere territori di paesi sovrani.

La costituzione dell’Unione Europea , in quello che comunemente si definiva
come il campo occidentale, in veste di competitore globale e portatore di
interessi materiali non sempre armonizzabili con quelli della superpotenza
USA è l’aspetto peculiare con cui il movimento contro la guerra è chiamato a
confrontarsi.
La distruzione e la conseguente tribalizzazione delle entità statali in
Iraq, Libia, Siria rispondono ad un preciso disegno di dominio
geo-strategico perseguito dagli USA in proprio o in ambito NATO, che lascia
sul campo i suoi frutti avvelenati principalmente ai suoi “alleati europei”,
vedi situazione in Libia, dove il nostro paese è storicamente coinvolto.

La guerra era e resta sempre solo strumento di distruzione e morte ; le
devastazioni di intere regioni, i crimini perpetrati contro moltitudini di
esseri umani la cui unica colpa e quella di essere nati nelle “parti
sbagliate” del globo hanno visto il proliferare di meccanismi di sostegno

ideologico agli interventi militari e di mistificazione della loro reali
motivazioni, sotto la coltre della guerra umanitaria e di liberazione dai
regimi tirannici, operazioni alimentate in modo pressoché unanime da tutto
il mondo dell’informazione occidentale. Nel nostro paese inoltre
l’assunzione piena della legittimità della “guerra umanitaria o per
l’estensione della democrazia” nell’orizzonte politico della maggiore forza
politica di derivazione progressista, il partito democratico, ha indebolito
notevolmente la diffusione di analisi critiche di stimolo alla mobilitazione
di massa contro la guerra, che per decenni ha rappresentato una prerogativa
dei movimenti.
Allora riannodare le reti della solidarietà e della denuncia che, pur in
condizioni di difficoltà, sono attive può essere il punto di rilancio del
movimento contro la guerra: dalla denuncia dell'’ignavia della politica di
fronte alla tragedia quotidiana degli annegamenti dinanzi alle nostre coste
di derelitti in fuga dalla guerra ( di cui il nostro paese è direttamente
responsabile); alla contestazione di tutta la politica estera italiana e dei
processi di militarizzazione dei nostri territori ( da ultimo il MUOS in
Sicilia).
Comitati di solidarietà internazionali con le vittime delle guerre e
comitati territoriali impegnati in battaglie contro la presenza delle basi
militari, delle armi di distruzione di massa e delle politiche di incremento
delle spese belliche possono costituire la base materiale per la
ricostruzione del protagonismo di massa contro la guerra.

Il 2 giugno data della festa della Repubblica, può essere l’occasione per
promuovere una giornata di mobilitazione nazionale contro la guerra,
articolata nelle realtà territoriali, concepita come contraltare alla
parata militare sui Fori Imperiali, rimettendo al centro dell’attenzione il
carattere pacifista e antifascista della nostra Costituzione.
Una giornata che si svolga in ogni luogo d’Italia con le iniziative ritenute
idonee, presidi, volantinaggi marce, ecc., in prossimità di luoghi simbolo
della militarizzazione e delle vittime delle politiche belliciste, caserme,
CIE, CPT.

Costruiamo la giornata nazionale contro la guerra!
L’Italia ripudia la guerra e i guerrafondai!!!

RETE NOWAR
COLLETTIVO MILITANT
RETE DEI COMUNISTI
COMITATO CON LA PALESTINA NEL CUORE
COMITATO PER IL DONBASS ANTINAZISTA
PCDI
ROSS@


=== PISA MARTEDI 2 GIUGNO 2015

MOBILITAZIONE CONTRO LA GUERRA

ORE 18 PRESIDIO IN CORSO ITALIA 
(zona Logge di Banchi, di fronte farmacia Petri) 

Condividiamo e sosterremo contenuti e obiettivi dell’appello nazionale per una giornata di mobilitazione contro la guerra il 2 giugno e quelli della campagna per l’uscita dell’Italia dalla NATO: http://contropiano.org/documenti/item/30706-appello-per-un-mobilitazione-contro-la-guerra-il-2-giugno
In continuità con le lotte del recente passato, lo faremo tornando a denunciare il ruolo centrale che giocano le basi militari, la ricerca universitaria e le industrie di vecchio e nuovo insediamento a Pisa. Parliamo della base militare statunitense di Camp Darby, dell’Hub all’aeroporto militare dall’Oro, del ComFoSe (Comando Forze Speciali), quest’ultimo insediato recentemente all’interno della caserma dei parà Gamerra. Intorno a queste basi cresce un’economia di guerra fatta d’industrie specializzate (IDS droni per truppe speciali), d’investimenti infrastrutturali (darsena pisana, scolmatore, porto di Livorno) di finanziamenti milionari a una ricerca al servizio delle tecnologie duali (Scuola Superiore S.Anna).

Questo succede - a Pisa come in tutta Italia - nonostante l’articolo 11 della nostra Costituzione proclami il ripudio della guerra come strumento di risoluzione delle controversie internazionali. 
Il coinvolgimento dell’Italia negli scenari della “guerra globale” è crescente e multiforme: dalla partecipazione diretta nelle missioni militari, alla concessione delle basi militari in territorio italiano, alle guerre pianificate dall’Unione Europea, dagli USA e dalla NATO nel Mediterraneo, in Medio-Oriente e nell’Est europeo. In questo senso, sosteniamo la campagna per l'uscita dell'Italia dalla NATO per un’Italia neutrale “No guerra No NATO”.
In una situazione di crisi economica sempre più devastante per le classi popolari, queste scelte di guerra costano alle casse dello Stato italiano oltre 80 milioni di euro al giorno, che mancano alla sanità, alla scuola, ai servizi sociali, al lavoro, alla sicurezza del territorio. 

OCCORRE QUINDI TORNARE A MOBILITARSI AFFINCHE’ I NOSTRI TERRITORI ESCANO DALLA SPIRALE DI GUERRA IN CUI SONO IMMERSI

I crimini perpetrati contro centinaia di milioni di esseri umani la cui unica colpa è di essere nati nelle “parti sbagliate” del globo sono usati per sostenere ideologicamente nuovi interventi militari, mistificando le loro reali motivazioni. Sotto la coltre di “interventi umanitari” per difendere la popolazione dall'Isis, un terrorismo finanziato dall'imperialismo Usa e dai suoi alleati Arabia Saudita, Qatar, Israele, si prepara la prossima operazione militare in Libia. La tragedia quotidiana degli annegamenti dinanzi alle nostre coste di derelitti in fuga dalle guerre si trasforma così in una nuova occasione di aggressione, finalizzata a difendere gli affari delle multinazionali del petrolio come Total, ENI, BP, EXXON, non certo chi fugge e muore in mare.

Per tutto questo Il 2 giugno data della festa della Repubblica nata dalla Resistenza antifascista, sarà una giornata di mobilitazione nazionale contro la guerra, anche a Pisa.

PRIME ADESIONI: COMITATO NO HUB, CIRCOLO AGORA’, ROSS@ PISA, RETE DEI COMUNISTI, SEZIONE E.BERLINGUER, GIOVANI COMUNISTI-PRC, CIRCOLO CHE GUEVARA PONSACCO (PI)

Per adesioni: agorapi@...




(deutsch / srpskohrvatski)

Živadin Jovanović an Angela Merkel

1) Offener Brief an die deutsche Bundeskanzlerin Frau Dr. Angela Merkel / Отворено писмо канцеларки Ангели Меркел
2) Може ли Србија да испоручи све а не добије ништа? Шта су САД добиле санкцијама против Русије
3) Албанија и Бугарска желе делове македонске територије, може се умешати и Турска


=== 1 ===


Ihre Exellenz
Frau Angela Merkel
Kanzlerin der Bundesrepublik Deutschland
Berlin
Deutschland

Belgrad, den 26. Mai 2015

Sehr geehrte Frau Bundeskanzlerin,
aus unseren Medien haben wir erfahren, dass Sie demnächst einen offiziellen Besuch der Republik Serbiens abstatten werden. Es ist ein großer Wunsch von uns allen, dass Ihr Besuch und Ihre Gespräche mit den führenden politischen Vertretern Serbiens zur Vetiefung der gegenseitigen Beziehungen unserer Länder und Völker beitragen werden.
Unser Belgrader Forum für die Welt der Gleichberechtigten, ein unabhängiger, nicht parteigebundener und nicht profitorientierter Verein, möchte zum Ausdruck bringen, dass Ihr Besuch im Zeitraum des Gedenkens an 70 Jahre nach dem Sieg ueber den Nazifaschismus und an 16 Jahre nach der NATO-Aggression gegen Serbien und Montenegro zustandekommt.
Ungeachtet weiterer Folgen wollen wir Ihre Aufmerksamkeit darauf lenken, dass in beiden Kriegen auch eine sehr große Anzahl an Kindern ums Leben gekommen ist.
Wir sind zutiefst davon überzeugt, dass Sie den 1941. von Faschisten erschossenen 300 Schülern und Professoren des Gymnasiums der Stadt Kragujevac und den beim NATO–Angriffums Leben gekommenen Kindern durch eine Blumengabe in der Gedenkstätte ŠUMARICE Kragujevac und am Denkmal im Park TAŠMAJDAN in Belgradeine große Ehre erweisen würden.
Die serbische Öffentlichkeit würde sicher solche symbolische Gesten als wichtige und staatsmännisch verantwortliche Schritte zur Versöhung und Verständigung positiv aufnehmen.
Dies verdienen nicht nur die immensen Opfer Serbiens, sondern auch die großen und bedeutenden Persönlichkeiten der serbischen, deutschen und europäischen Kultur wie Vuk Stefanović Karadžić, Gebrüder Grimm und Johann Wolfgang Goethe. Ihr Werk stellt ein leuchtendes und inspirierendes Vorbild für den Aufbau fruchtbarer Beziehungen und gegenseitiger Achtung des serbischen und deutschen Volkes.

Mit respektvoller Hochachtung 
Vorsitezender des Belgrader Forums
Živadin Jovanović

--- ORIG.:


Бр. 72/15

Веома поштована госпођо Савезна Канцеларко,

Из медија масовног комуницирања сазнали смо да ускоро долазите у званичну посету Републици Србији. Желимо да Ваша посета и разговориса највишим представницима Србиједоприносуразвојуи побољшању односа између наше две земље и њихових народа.

Београдски форум за свет равноправних, независно, нестраначко и непрофитно удружење, жели да примети да се Ваша посета остварује у време обележавања 70-е годишњице победе над наци-фашизмом и 16-е годишњице агресије НАТО на Србију и Цену Гору (март-јуни 1999). Не губећи из вида друге последице, желимо да скренемо Вашу пажњу на чињеницу да је у оба рата страдао велики број деце. Зато смо дубоко уверени да би било прикладно уколико бисте, поводом 70-е годишњице победе над фашизмом током Ваше посете нашли време да положите цвеће у Спомен парку „Шумарице“, Крагујевац, у коме су наци-фашисти 1941. године стрељали око 300ђака Крагујевачке гимназијеи њихових професора. Једнако би било прикладно уколико бисте поводом 16-е годишњице напада НАТО положили цвеће и код Споменика палој деци, у парку „Ташмајдан“, у Београду.

Најдубље смо уверени да би ови симболички гестови били поздрављени у српској јавности као важан и државнички одговоран корак у правцу помирења и разумевања. То заслужују огромне жртве народа Србије, али ништа мање ивеликани српске, немачке и европске културе, као што су Вук Стефановић Караџић, браћа Грим, Јохан Волфганг Гетечија су дела светао пример и инспирација за изградњу односа узајамног поштовања између српског и немачког народа.

Примите, госпођо Савезна Канцеларко, изразе нашег најдубљег поштовања.


Њена Екселенција
Др Ангела Меркел
Савезни канцелар Савезне Републике Немачке
Берлин
Немачка

Председник Београдског форума
Живадин Јовановић



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Живадин Јовановић

У јавности се провлачи теза да Србија, ако жели у ЕУ што је проглашено за национални и државни приоритет, мора и да уведе санкције Русији јер је то део заједничке, или јединствене, спољне политике ЕУ. Притом се, намерно или због незнања, изоставља да је заједничка спољна и безбедносна политика ЕУ и даље, добрим делом, циљ а не усаглашена и применљива стратегија. Питање је да ли унутар ЕУ и може доћи до консенсуса у погледу сваког конкретног спољно-политичког питања. Као што је познато, консенсус не постоји ни о питању признавања Косова и Метохије. Друго, Србија још није чланица ЕУ да би била у обавези да примењује чак и оно што чланице ЕУ, од случаја до случаја, усагласе. Треће, пријатељски, савезнички односи Србије и Русије уобличени током историје, заједнички корени у култури, језику и духовности представљају део идентитета српског народа и Србије. Очекивати од Србије да уведе санкције Русији било би равно захтеву да се Србија одрекне дела свог идентитета, што свакако није стандард ЕУ. Бар не декларисани. 
Иронично је да било ко у име ЕУ захтева од Србије, нечланице, да уведе санкције према Русији када у самој ЕУ расту отпори па чак и случајеви кршења тих истих санкција од њених чланица. Иронија је тим већа што сви знају да тзв. пут Србије ка ЕУ, превасходно ако не искључиво, зависи од одрицања од Косова и Метохије. Отуда иза захтева за увођење санкција према Русији треба видети жељу и стратегију САД да трајно одвоје Србију од Русије, да је лише руске подршке суверенитету и територијалном интегритету, бесцаринског извоза на руско тржиште, више милијарди евра вредних инвестиција, енергетске безбедбности (са, или без Јужног, Турског тока), да је потпуно оголе и загосподаре њеном тероторијом и ресурсима. Верујемо да до тога, ипак, неће нити може доћи, да ни моћна гошћа са севера, нити још моћнији домаћин нашег Премијера с оне стране Атлантика, неће наступити ауторитаристички. 
Србија жели добре односе са свима, али пре свега мора да опстане и да се развија као слободна и независна, на сопственим коренима и сопственом историјом. Србија зна да се то не постиже непрекидним одрицањем од својих животних интереса, нити прихватањем улоге монете за поткусуривање рачуна унутар ЕУ, између ЕУ и САД, или у односима Запад - Исток. СФРЈ је својевремено била монета за успостављање (привидног) јединства ЕУ (ЕЕЗ) уочи Мастрихта 1992. тако што је разбијена. Слична је била и судбина СРЈ. Србија нема права да прихвата улогу такве монете.

Потребно је да се Србија окрене себи, потребама и интересима које сама дефинише, да сачува и покрене своје ресурсе, за сопствено добро. Распродаја преосталих економских и природних ресурса била би фатална, тешко поправљива, грешка. Потврда да не схвата савремене процесе и да долази крај ере либералног капитализма. Одрицање од (преостале) слободе и суверенитета. Тотална неодговорност према долазећим генерацијама.
Србија је у много чему специфична. Њена савезништва и историјска искуства су јединствена. Историја њених односа и са ЕУ, НАТО и њиховим кључним чланицама, различита је од историје суседа. Зато је неутралност Србије природна, логична и једино одржива стратешка опција. Ту опцију треба развијати, јачати и уздићи на ниво уставног принципа. Теза да Србија не може седети на две столице, да се мора определити, у суштини, је хладноратовска и треба је одлучно одбацити. Она само привиднно једнако нуди једну или другу „столицу“, уствари, представља прикривен захтев да се Србија, без остатка, преда Западу (САД, НАТО, ЕУ).
Глобални услови и процеси данас су битно различити него почетком 90-тих. На једној страни, Империја и њени савезници чине све да сачувају доминацију стечене позиције и привилегије. Раст војних издатака, глобализација интервенционизма, енормни раст броја војних база САД/НАТО у Европи, прерастање НАТО-а из одбрамбеног у офанзивни. Растућа агресивност војног фактора само је видљив израз дубоких поремећаја система. На на другој страни, успостављају се нови феномени и распореди. Постепено се успоставља мултиполарни систем односа. Кина незадрживо израста у најмоћнију светску економску силу. Функционишу Шангајски савез, ОДКБ, ЕАУ, БРИКС, Г-20. Конституишу се нове глобалне финансијско-кредитне институције изван система Бретон-Вудса, нагрижена је монополска улога долара као светске монете. 
У тим условима, аналитичари и политичари све више размишљају о питањима као што су – за који од наведена два основна глобална процеса време ради, коме се и зашто жури, које су опције најпримереније за мале и средње земље? И многа друга. 
Србија никоме ништа не дугује, поготову не дугује ЕУ и НАТО-у. Велики број њихових чланица, поготову оне кључне, итекако дугују Србији – морално и материјално. Није јасно зашто се српске владе почев од 2000. до данас, држе снисходљиво пред њиховим комесарима, амбасадорима, министрима, зашто се толико примају на њихове празно звучеће комплименте? Када ће, на пример, да поставе питање накнаде ратне штете и затраже извињење за злочине из прошлости, укључујући и за агресију 1999.? Неће прихватити, неће се извинити? У реду, то зависи од њих. Нека одбију. Наљутиће се? Не желимо никога да љутимо. Зашто би се љутили они који су јавно признали да су грубо кршили међународне законе - НАТО, обожавани Герхард Шредер, Тони Блер и многи други! 
Што се Русије тиче, она се од њих не разликује само по томе што никада није ратовала против Србије, иако је то, разуме се, веома важно и тачно. Сарађивала је отворено, безусловно, пружала хуманитарну, економску и војну помоћ увек када је могла. Од почетка 2000. Србија је једини партнер изван ЗНД који на тржиште Русије извози без царине. Прошле године обележавали смо смо 100 година од почетка Првог светског рата. Подсетили смо се, поред осталог, и на то колико су велике заслуге Русија за спас српске војске и народа после албанске голготе. Ове године прослављамо 70 година од победе над наци-фашизмом. Подсећамо се огромних жртава српског народа и његовог незаменљивог доприноса победи над највећим злом у новијој историји цивилизације. Али, и чињенице да су, у завршници рата, Београд и делови Србије (Југославије) ослобођени заједничком борбом Народно-ослободилачке војске и Црвене армије. 
Тачно је, разуме се, и то да је Србија у оба светска рата имала и друге савезнике, оне са Запада. И њих поштује и цени. Тако ће остати. Крајем рата они су бомбардовали Србију и Црну Гору – Београд, Ниш, Прокупље, Приштину, Никшић, Подгорицу, да поменемо само неке градове - наносећи Србији огромне људске губитке и разарања. То се не може ни оправдати, ни заборавити. 
Током тзв. југословенске кризе, односно, разбијања СФРЈ, наши западни савезници су помагали сецесију бивших југословенских република, достављали им оружје (кршећи емгарго УН), обезбеђивали логистику, обавештајне податке, војне стручњаке, пропаганду, саветнике. Истовремено, Србију су „помагали“ – екскомуникацијом, изолацијом, санкцијама без преседана, сатанизацијом. Русија Јељцина и Козирјева учинила је велику грешку 1992. Гласајући за санкције СБ УН. С друге стране, Русија је све време трајања санкција слала велику хуманитарну помоћ Србији, а руска јавност, Руска Државна дума, интелектуална елита и други чиниоци руског друштва, су на све начине подржавали Србију (СРЈ), изражавали солидарност са српским народом. 
Центри моћи из најутицајнијих земаље чланица ЕУ и НАТО, су финансирали, обучавали и наоружавали терористичку ОВК годинама пре агресије 1999. Док су водеће земље Запада (САД, ВБ, Немачка) припремале оружану агресију, у савезништву са терористичком ОВК, подржавале сепаратисте, криминалаце са потерница и терористе на Косову и Метохији, Русија је подржавала изналажење мирног политичког решења, упозоравала на опасности од ширења тероризма, кршења принципа УН и ОЕБС-а. Током и после агресије НАТО, Руска влада је јачала пружање хуманитарне помоћи Србији и Црној Гори, покретала међународне акције. Зхваљујући Сергеју Шојгуу, тадашњег министра за ванредне ситуације, формирана је посебна међународна хуманитарна група – Русије, Грчке, Швајцарске – за финансирање, прикупљање и транспорт помоћи. 
У новије време Запад је, благо речено, покровитељ једностраног отцепљења Косова и Метохије. Оружаном агресијом и окупацијом извршио је припреме, да би потом иницирао једнострано отцепљење и признавање. Русија је осудила агресију НАТО као ударац на међународни правни поредак, кршење основних принципа УН, ОЕБС. Председник Владимир Путин континуирано упозорава да је отцепљење Косова и Метохије од Србије опасан преседан, а не „уникални случај“, како су говорили лидери Запада. Русија не признаје отцепљење Косова и Метохије, нити намерава то да учини, како јер ових дана у Београду потврдио и руски министар спољних послова Сергеј Лавров. „Уникална“ је изјава америчког председника Обаме да је одлука о отцепљењу Косова (и Метохије, прим.аут.) исправна јер је донета на референдуму(!). Да ли због незнања, или пристрастности и двоструких стандарда, мање је битно, али је свакако „уникална“!
Серијска разбијања СФРЈ, СРЈ и Србије, могу само за неупућене или злонамерне бити последица погрешно вођене политике српских политичара, неразумевања времена и нових односа после пада Берлинског зида. Реч је о дугорочној стратегији продирања на Исток и глобалне доминације САД. Дробљење, изнуривање и дезоријентација српског народа као политичког фактора на Балкану је последица те стратегије. 
Стратегија ширења на Исток и глобалне доминације је безизгледна, безизлазна и осуђена на пропаст. Она се већ враћа као бумеранг, најпре и најдиректније погађајући ЕУ, а потом и целу западну хемисферу.
Ако је Запад, на челу са САД, оружаном агресијом 1999. против СРЈ, узео залет за „стратешки скок“ на Исток (Русија, Централна Азија, Каспиј), онда је потпаљивањем пожара у Кијеву 15 година касније демонстрирао велики дефицит способности за оријентацију у новом времену и простору. 
Америчка стратегија изолације и кажњавања Русије доживела је неуспех. 
САД су најпре наметнуле своју одлуку о санкцијама савезничкој ЕУ, а онда их у јавности представиле као санкције тзв. међународне заједнице (читај НАТО/ЕУ) против Русије. Наводно, због руске агресије на Украјину. Суштински, циљ санкција је спречавање даље сарадње и повезивања ЕУ и Русије, изазивање економских проблема на обе стране, подстицање социјалних и политичких проблема у Русији, њена дестабилизација, а посебно - слабљење положаја Путина. Сукоби у Украјини су изазвани да би дали покриће и повод за санкције, дисциплиновање и увлчачење Европе у конфронтацију са Русијом. Узрок је – немирење САД са све осетнијим слабљењем утицаја и губљењем привилегија у глобалним односима.
А шта су САД и Запад добили? 
Прво, постало је јасно (што се од самог почетка могло и морало знати) да се тако велика тероторија као што је Русија, не може држати под санкцијама и изолацијом. Јер Русија има огромно унутрашње тржиште, ресурсе и стратешке партнере (земље БРИКС-а, на пример), којима не пада на памет да је кажњавају, односно, да се самокажњавају. Друго, Русија се брзо преоријентисала на развој сопствене индустрије и производње хране смањујући на тај начин зависност од увоза са Запада (ЕУ) и уједно, отклањајући дугорочну неуравнотеженост у економији која се ослањала, углавном, на производњу и извоз енергената и сировина. Треће, покушаји кажњавања и изолације Русије, лишили су западни бизнис приступа како руском тржишту за које немају рационалну алтернативу (близина), тако изворима стратешких сировина. Четврто, дошло је до убрзања и ширења сарадње Русије и Кине, као стратешких партнера - у развоју, енергетици, инфраструктури (нафтовод, гасовод, железнице), наоружању, финансијама (банкарству). Пето, даље је подгрејано питање да ли ЕУ и даље треба слепо да следи америчку политику и империјалне циљеве што, како пример санкција против Русије показује, наноси огромну, ненадокнадиву штету и заостајање Европе у развоју. И шесто, санкције су даље ојачале патриотску хомогенизацију руског друштва, унутрашњи и међународни престиж Путина. Нису ли то на свој начин потврдиле и манифестације у Москви и широм Русије, поводом прославе 70. годишњице победе над наци-фашизмом. 
Шта је од свега тога био циљ америчких санкција!? Које од горућих међународних проблема, од Украјине преко Сирије, Либије, Блиског и Средњег Истока, до међународног тероризма, организованог међународног криминала и пиратства –Запад може решити без сарадње са Русијом? Бумеранг санкција је очигледан. 
Потребно је да се Србија окрене себи, потребама и интересима које сама дефинише, да сачува и покрене своје ресурсе, за сопствено добро. Распродаја преосталих економских и природних ресурса била би фатална, тешко поправљива, грешка. Потврда да не схвата савремене процесе, да крај ере либералног капитализма није далеко. Одрицање од (преостале) слободе и суверенитета. Тотална неодговорност према долазећим генерацијама.
Србија је у много чему специфична. Њена савезништва и историјска искуства су јединствена. Историја њених односа и са ЕУ, НАТО и њиховим кључним чланицама, различита је од историје суседа. Зато је неутралност Србије природна, логична и једино одржива стратешка опција. Ту опцију треба развијати, јачати и уздићи на ниво уставног принципа. Теза да Србија не може седети на две столице, да се мора определити, у суштини, је хладноратовска и треба је одлучно одбацити. Она само привиднно једнако нуди једну или другу „столицу“, уствари, то је маскирани захтев да се Србија, без остатка, преда Западу (САД, НАТО, ЕУ).

Политика уравнотежених односа са свим важним међународним чиниоцима није илузија, већ реални, прави пут који успешно следе многе земље света. Србија је слободна и мирољубива земља која може успешно да сарађује и са чланицама НАТО и ОДКБ, као и са нечланицама, поготову са неутралним и несврстаним земљама, без обзира да ли су у суседству, или удаљене. Београд треба да остане отворен за евроинтеграције, да усваја универзалне стандарде, али је погрешно да чланство у ЕУ третира као питање живота, или смрти. 
Невероватно је како су политичари и медији само отварање преговарачких поглавља претворили у готово митски догађај који само треба да се деси што пре и онда ће све бити у реду! Нико не поставља питање колику цену Србија плаћа само за отварање и само на питању Косова и Метохије! Колико ће трајати преговори након отварања поглавља. Нисмо злослути, али зашто не бисмо бар, онако, успут, имали на уму и искуство Турске! Србија је, некако, увек у политици Запада третирана као изузетак. Наравно, не у позитивном смислу. 
Отварање поглавља условљава се и распакивањем Устава Србије. И поред свих политичких и медијских манипулација, јасно је да је питање броја посланика Народне скупштине, иако маргинално, џокер у кампањи придобијања подршке јавности. Да ли је неморално, обмањивати грађане да је мотив уставних промена уштеда на смањивању броја посланика са садашњих 250 на 150! Разуме се, да у земљи са са толико сиромаштва, беде и незапослености, доста људи у то поверује. Али, каквое време, какви су то људи који злоупотребљавају јадни положај доброг дела грађана, да им потурају кукавичје јаје! Утисак горчине тим је већи што се немуштим језиком избегавају одговори на питање - шта ће се друго мењати у Уставу. Поготову, нема одређене реакције на раширено уверење да је основни разлог промена – захтев ЕУ да се из Устава изостави преамбула због помињања Покрјине Косова и Метохије. На то и слична питања задужени координатори промена са провидним лицемерјем подсећају да су део демократског система у коме све мора да тече по процедури и без прејудицирања. Осим разуме се, кад је реч о смањивању броја посланика са 250 на 150. То се зна, израчунато је да ће се по том основу, годишње уштедети до два милиона евра „наших грађана“. Чак је израчунато и колико ће се нових радних места на тој уштеди отворити! Свака част! Колико бриге за „наше грађане“! 
А тек, шта се крије иза захтева за регионализацијом Србије? Колико ће бити аутономних региона? У којим областима ће се ширити надлежности покрајине Војводине, не само по захтеву Бојана Пајтића и политичара сличне оријентације, већ, посебно, на иницијативу подгрејаног и ојачаног „цивилног сектора“ „проевропске оријентације“ (читај: про-ЕУ, про-Сорошевих, про-НДИ, про-УСАИД фондова). Ако то не буде довољно да Војводина де-факто постане федерална јединица у Србији као некаквом савезу аутономних региона, или покрајина, припомоћиће „саветници“ из иностранства чији је статус већ легализован. (Кад смо се навикли на Тонија Блера, перјаницу агресије НАТО 1999. и расистичке сатанизације Срба, у улози саветника Владе, сви други представници ЕУ и „међународне заједнице“ којима је упућен општи, јавни позив, да прискоче у помоћ, биће право освежење, такорећи, уживање за српску јавност). 
Ако Србија за отварање поглавља испоручи све (и Косово и Метохију, и Устав, и преостале фирме, и Војводину као федералну јединицу, и регионе као нове аутономне покрајине, и подршку унитарној БиХ на рачун надлежности РС), шта ће и када добити за узврат? 
При садашњим конфликтним политичким и социјално-економским токовима унутар Србије, при одомаћеној дубокој умешаности страних фактора у унутрашње послове, при растућим апетитима агресивних и деструктивних снага у региону, при, мање или више, отвореним ревизионистичким апетитима неких суседа, при много чему другом, бојим се распакивања садашњег Устава маколиико сам свестан његових недостатака од дана када је усвојен. Када једном распакује свој садашњи Устав, питање је колико ће Србија бити у стању да обезбеди да његове промене буду усклађене са основним националним и државним интересима. 
ЕУ јесте опција и нека остане. Опција за чланство, али и опција за добросусество. Јер, ЕУ се не може похвалити историјатом разумевања за интересе Србије у последње две и по деценије. Погледајмо како се ЕУ огледала и како се данас огледа у огледалу Косова и Метохије, да ли поштује резолуцију СБ УН 1244 за коју је листом гласала; колико поштује и колико се залаже за примену Дејтонског, Ердутског, Бриселског или било којег другог споразума, када је реч о интересима Србије и српског народа; Колико је Еулекс „статусно неутралан“ у пракси; шта је ЕУ предузела, или шта предузима за слободан и безбедан повратак 250.000 протераних Срба и других неалбанаца у своје домове на Косову и Метохији; у каквој су пропорцији њене донације према више десетина милијарди евра које су из Србије исисале њене банке и корпорације од 2001. до данас?... Наша економија јесте повезана са немачким и фирмама земаља ЕУ. Колико Србија зарађује из те сарадње и ЕУ инвестиција, када ће преко те сарадње зарадити, на пример 51милијарду САД долара колико су у процесу куповине српског тржишта, посебно финансијског, зарадиле фирме из ЕУ? Најчешће ради о повезаности фирми из ЕУ са својим филијалама у Србији. Профит не остаје у Србији. Ако и остане, биће под контролом иностраних, а не српских корпорација. 
Потребно је да Србија у односима са свим другим земљама и интеграцијама поштује начело реципропцитета, боље, да се придржава начела - да су други потребни Србији само онолико колико ти други кроз праксу покажу, да поштују интересе Србије? 
Озбиљна политика не треба никога да проглашава као опцију без алтернативе. Једностране концесије и беспоговорна лојалност – ето нам колонијалног положаја. Комплименти страних фактора, поготову, ММФ-а и ЕУ комесара, лако могу да поведу, заварају. У принципу, свако се понаша и говори руковођен својим, не интересима Србије. И Србија друге треба да цени по томе колико разумеју и праведним компромисима допрносе њеним интересима. Једини објективни судија успеха или неуспеха једне политике је квалитет живота грађана Србије. 
Било би препоручљиво да се има у виду и могућност да Србија, из неког, данас можда теже видљивог разлога, не буде примљена у чланство ЕУ. Бескрајна листа условљавања, уцењивања и директног понижавања Србије, поодавно упућује да такву могућност не треба отписивати. Постоји и додатни разлог. У писму угледног немачког политичара Вили Вимера упућеног канцелару Герхарду Шредеру 2. маја 2000. године, поред осталог, цитиран је став представника Вашингтона који гласи: „Србију треба трајно држати ван европског развоја“. Засад сви знамо да је тај став поштован протеклих 15 година. Колики му је рок трајања?Србија се суочава са опасношћу да непрекидно испоручује све што се од ње тражи и што ће се тражити, а да не добије ништа. Не упозорава ли на то и салдо такозваних преговора о Косову и Метохији. Још од Тадића, Коштунице и Јеремића - до Вучића, Николића и Дачића.


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АЛБАНИЈА И БУГАРСКА  ЖЕЛЕ ДЕЛОВЕ МАКЕДОНСКЕ ТЕРИТОРИЈЕ, МОЖЕ СЕ УМЕШАТИ И ТУРСКА

„У Македонији постоје многи економски и социјални проблеми, пре свега незапосленост, и у томе се крије незадовољство које покушавају да искористе не за решавање социјално-економских проблема већ за спречавање повратка Русије на Балкан“,- каже министар иностраних послова СР Југославије (1998-2000) Живадин Јовановић.

Он је још крајем деведесетих на свом искуству осетио како отелотворени западни геополитички интереси заједно са милионима становника једноставно разарају државе. И нема сумње да ће део ове некада велике државе - мала Македонија - бити кажњена због одбијања увођења санкција Русији и због учешћа у енергетским пројектима.

„Премијер Груевски је подржао изградњу Турског тока. Значи, једна мала држава је подржала пројекат који није у складу са интересима САД и представља претњу америчкој стратегији да на узди држи Европу, користећи енергетске ресурсе и друге методе. Управо стога је Груевски добио опозицију и догађање народа“,- објашњава Живадин Јовановић.

(Преузето са:  http://fakti.org/rossiya/medija-menju/prvi-kanal-ruske-drzavne-televizije-o-americkom-podrivanju-makedonije)



(english / russkij / italiano)

Aleksej Mozgovoj, eroe antimperialista


Tra il 6 ed il 10 Maggio u.s. il Comandante Mozgovoj aveva consentito che la Carovana Antifascista della Banda Bassotti fosse ospitata ad Alchevsk, sotto la tutela della Brigata Prizrak ("Fantasma"), e si era imposto affinché il Forum AIS – Antifascismo Internazionalismo Solidarietà – si svolgesse regolarmente. Una delegazione del Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia ONLUS aveva partecipato ad entrambi gli eventi [ https://www.cnj.it/documentazione/ucraina/aisforum.htm ]. Di fronte alla scioccante notizia che un attentato di stampo mafioso due sere fa ha ucciso Mozgovoj ed altre sei persone, il Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia ONLUS si unisce al cordoglio dei miliziani, della popolazione di Alchevsk e degli internazionalisti del mondo intero. La figura di Mozgovoj resterà per sempre tra i simboli della lotta dei popoli contro l'imperialismo e il fascismo.


1) Vigliacca strage a Mihajlovka (Donbass/Novorossija), UCCISO IL COMANDANTE MOZGOVOJ
2) 27 MAGGIO: LE INIZIATIVE ad Alchevsk, Bologna, Milano, New York ...
3) BACKGROUND: Mozgovoj e la Brigata Prizrak, componente comunista nella Resistenza novorussa
4) Profilo di Aleksej Mozgovoj
A. Bogachev (kprf.ru), Colonel Cassad, A. Mozgovoj...
5) ANALISI
– Il Donbass tra competizione globale, resistenza antifascista e lotta di classe – di Marco Santopadre
– La sinistra russa che sostiene il Donbass – di Fabrizio Poggi

PER AGGIORNAMENTI NEI PROSSIMI GIORNI: https://www.cnj.it/documentazione/ucraina.htm#mozgovoj



=== 1 ===

Il 23 Maggio alle ore 17:30 è stato compiuto un attentato al Comandante Alexei Borisovich Mozgovoi della Brigata Prizrak. Dopo l'esplosione di una mina, la macchina con il comandante di brigata è stata colpita da due PK ed uno o due RPK [mitragliatrici].
Nella macchina - il comandante di brigata Mozgovoy, la sua segretaria Anna, l'autista "Song" e le sue guardie del corpo "Canvas" e "Broom" - sono morte sul colpo. Gli assassini hanno colpito anche altre tre macchine, uccidendo due civili, inclusa una donna incinta.
Le autorità della Repubblica Popolare di Lugansk stanno investigando per identificare i criminali. Un report ufficiale del comando della Brigata Prizrak sarà annunciato a breve.
Alexey Markov, commissario dell'Unità dei comunisti combattenti, Brigata Prizrak.
InformBrigata 404

Fonte: Comitato per il Donbass Antinazista, 24/5/2015 
https://www.facebook.com/1464626327135220/photos/a.1464626383801881.1073741825.1464626327135220/1604811363116715/?type=1&theater
ORIG.: http://trueredrat.livejournal.com/13885.html

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Plotnitsky, presidente della Rep. Popolare di Luhansk: "Avevo vedute diverse dalle sue rispetto alle questioni politiche, ma nel combattere per la RPL eravamo fianco a fianco. La morte di Mozgovoy giova solamente alla junta di Kiev; invece di muoversi verso la pace e nel contesto degli accordi di Minsk, cercano di minare la stabilità politica delle nostre repubbliche e di spingere verso un percorso di instabilità, portandoci ad una nuova escalation del conflitto militare. Ordino all'Ufficio Generale della Procura della RPL, al Ministro degli Interni della RPL ed alla milizia popolare della RPL di usare una attenzione speciale nella ricerca di quelli che hanno compiuto questo assassinio."

Fonte: Truth about situation in Ukraine, 24.5.2015
The attack on Alexey Mozgovoy was an attack on all of us, the head of the Lugansk People's Republic Igor Plotnitsky told the Lugansk Information Center today.
“The attack on Alexey Mozgovoy and his companions was an attack on all of us, on the people that protect the LPR’s right to exist. I grieve with all who knew Alexey Borisovich Mozgovoy, and who were his close associates. I had different views from his on political matters, but in fighting for the LPR, we stood shoulder to shoulder. Mozgovoy’s death is only beneficial for the Kiev junta; instead of moving towards peace in the framework of the Minsk accords, they seek to undermine political stability in our republics and push us on a shaky path, leading us to a new escalation of the military conflict. I order the LPR Prosecutor's General Office, the LPR Ministry of Internal Affairs, and the LPR people's militia to special care in searching for those who carried out this assassination,” – Igor Plotnitsky said.

Source: Нападение на Мозгового стало нападением на всех нас – глава ЛНР (23.5.2015)

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Unit 404: The murder of Mozgovoy [sub ENG\ITA] (Voxkomm, 24.5.2015)
(parlano il comandante Piotr Biriukov "Arkadic" ed il commissario Alexej Markov "Dobrij")
ORIG.: Убийство Мозгового. "Arkadich" and "Dobrii" statement on the murder of Mozgovoy

TRAD.:


Ghost Brigade communist commanders' statement on assassination of Alexei Mozgovoi

Statement of Political Commander Alexey Markov and Military Commander Pyotr Biryukov, Volunteer Communist Detachment, Ghost Brigade Unit 404:

Alexey Markov: With great sorrow we have to communicate to our friends of Western Europe, the U.S., Latin America and Africa, that today around 17:30 an assassination attempt happened against our brigade commander Mozgovoi. 

His car was hit by an explosive and there were several machine-gun shots. Unfortunately, all the people in the car are dead: our brigade commander Alexei Mozgovoi, his spokesperson Anna, the guards Holst and Metla, the driver Pesnya.

We are not going to build a castle of conjectures about who stands behind this barbaric crime. The police will think about it. The command of the brigade will do everything possible to help the Republic find the murderers, those ones who, I am sure, will be punished. From our site we will assist in all possible ways. 

Pyotr Biryukov: The Ghost Brigade, and communist unit as part of it, will not disappear as a force against fascism. Our volunteers are the proof of this fact, and the people who help us, who trust us and rely on us to defend them.

One of the combatants of the brigade has been killed; the commander. But his work lives with us. We will carry it on. 

AM: Our flag resists. I am sure that the brigade flag will be seen in Lysichansk, Kharkov and Kiev very soon, and will be the best memorial for our commander.

PB: This will be an authentic memorial for him. 

However, if the enemy on the opposite side is happy, they are happy for nothing. We are not scared. Fire tempers steel. As communists, we declare it simply and unequivocally.

AM: They will not scare us. We know very well where we are going and what we can lose along the way – and what we are fighting for. Anyone who thinks we will be scared or stop or get lost is going to be disappointed very soon. 

We feel pain and grief now, but soon our pain will turn into anger. And on the front line our “very hated friends” from the opposite side … 

PB: … will feel this anger on themselves. The anger of our combatants.

AM: A person can be murdered, but not his ideas. The idea Alexei Mozgovoi had been carrying on since last year, the one which brought thousands of people to join us. With the death of one person, the ideas will not die. We are going to carry them through the war, through the misery, through the death. With these ideas, we will live, and build a better life. 

Unfortunately, the best things civilization brings are paid for with the blood and lives of many brave people. 

PB: The best people. 

AM: But if we were not ready to pay this price, humanity would still be wearing furs and smash each others heads with stone hammers. 

PB: Or split the community into nationalities or measuring the noses …

AM: Or skulls …

PB: Or burn itself in the furnaces of Auschwitz.

AM: Our foreign friends can be sure that the communist brigade exited, exists and will exist as long as it serves Novorossiya, and we suggest to our enemies not to celebrate ahead of time. Not much time remains to you. 

PB: And I would add, not only “as long as it serves Novorossiya” but till it serves all the people. All the people want justice. All the people need the truth. 

We are not afraid to die for this.

AM: Sometimes it is necessary.

Both: '¡No pasarán!

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Comunicato ufficiale della Brigata Prizrak a seguito del vigliacco assassinio di Mozgovoj ed altre sei persone. 
Parlano il comandante Shevcenko, il comandante Piotr Biriukov "Arkadic", Markov, e un altro miliziano.
Appeal of "Ghost" brigade command | ENG, DE Subs (Vox Populi Evo, 24.5.2015)
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=NtqKwxSmxMQ
Обращение командования бригады "Призрак" (Алексей Мозговой - Голос народа, 23.5.2015)

Biryukov: The Ghost Brigade will continue to carry out its mission (24.5.2015)

Mozgovoy was an ideal target - Dmitry Steshin (May 24, 2015)

Meeting ad Alchevsk per commemorare Mozgovoj e gli altri caduti nella vigliacca strage di Mihajlovka
Митинг-реквием в Алчевске в память о комбриге Мозговом (24.5.2015)


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LE INIZIATIVE

Dagli organizzatori del Forum AIS giunge il seguente APPELLO ALLA MOBILITAZIONE in coincidenza con i funerali delle vittime della vigliacca strage di Mihajlovka, che si terranno ad Alchevsk. L'APPUNTAMENTO E' MERCOLEDI' 27 MAGGIO ALLE ORE 10 del Donbass, ORE 8 italiane, IN TUTTI I LUOGHI-SIMBOLO DELLA RESISTENZA COMUNISTA: organizzare volantinaggi, presidii, deposizioni di fiori e tutto quanto possa servire a sottolineare che POSSONO UCCIDERE CHIUNQUE MA UN'IDEA NON MUORE


Call for International Solidarity Actions on May 27 in Connection with the Death of Alexei Mozgovoi (25.5.2015)

Together we held an International Solidarity Forum: “Antifascism, Internationalism, Solidarity” on May 8, 2015, in the city of Alchevsk. Delegates expressed international communist solidarity against fascism in all its forms. There were many difficulties and organizational challenges, and we were suddenly faced with opposition from a group of anti-communist officials in the Lugansk People's Republic who do not want to see the Lugansk region enter the socialist path of development. There were threats, accusations and sabotage, but we stood united and held this important and necessary event in solidarity with the people of Lugansk
As a result of the international forum, we adopted a number of decisions, one of which was a declaration of the unity of all leftists who want to help defend the rights of the inhabitants of Novorossiya to self-determination and support the communists fighting in Donbass. And today, all who support the ideology of social justice, equality and fraternity in Novorossiya need international solidarity.
Alexei Mozgovoi, one of the most prominent militia commanders, who loudly and openly spoke of his commitment to the ideas of socialism, fraternity and internationalism, and without fear told the truth about the problems of Novorossiya, has been killed. This is a very great loss for us and the entire communist, antifascist movement of Donbass.
Alexei Mozgovoi, who hosted the Forum, despite all the difficulties and threats, is dead. But while it is easy to kill a revolutionary, it is impossible to kill an idea. The ideas that guided him came from the dreams and aspirations of the suffering people of Donbass. Those ideas filled the Forum, which the participants carried home with them, ideas that became the engine of revolution in the Donbass.
Today, as we struggle to understand what happened and how to proceed, we are sure that there will be a lot of discussion and debate. However, now more than ever, the communists of Donbass need international support.
We call on all progressive, communist, socialist, leftist, antifascist international forces in Europe and around the world to hold actions in solidarity with Donbass-Novorossiya in connection with the tragic death of Alexei Mozgovoi, whose funeral will be held on May 27 at 10:00 in Lugansk. Actions in solidarity with all who are fighting here for the ideals of socialism, equality and fraternity.
In connection with the death of Brigade Commander Alexei Mozgovoi, we ask our comrades to organize in their cities, where possible, informational pickets, laying of flowers at memorial sites connected with the history of the Soviet Union or the communist movement, or pickets at embassies of the United States or Ukraine with the demand to stop killing people in the Donbass, under the flags of the Ghost Brigade, Novorossiya and the red flags of the communists.
Please share and send us information about planned activities.

Long live international solidarity!
We will not break! Together we will win!
Fascism will not pass!

With respect and gratitude,
Maksym Chalenko
Coordinator of the AIS Forum
in the Lugansk People's Republic

(Translated by Greg Butterfield)
ORIG.: Обращение Луганчан-участников форума «Антифашизм, интернационализм, солидарность»

Мы вместе 8 мая 2015 года в городе Алчевске провели форум, форум Антифашистской Интернациональной Солидарности. Солидарности коммунистов - интернационалистов против фашизма в любом его проявлении. Много было сложностей, проблем его организации, неожиданно мы столкнулись с противодействием группы чиновников-антикоммунистов внутри ЛНР не желающих видеть Луганщину идущей по социалистическому пути развития. Были угрозы, обвинения и противодействие, но вместе мы выстояли и провели важное и необходимое для народа Луганщины мероприятие солидарности.
Как итог интернационального форума мы приняли ряд решений, одним, из которым стала декларация о единство всех левых желающих на практике помогать отстаивать права жителей Новороссии на самоопределение и поддерживающих коммунистов борющихся на Донбассе. И сегодня нам, всем кто является сторонником идеологии социальной справедливости, равенства, братства в Новороссии нужна международная интернациональная солидарность.
Погиб Алексей Мозговой один из самых ярких командиров ополчения, который громко и открыто не боясь, говорил правду о проблемах в Новороссии, говорил о своей приверженности идеям социализма, братства, интернационализма. Это очень тяжелая утрата для нас и всего коммунистического, антифашистского движения Донбасса.
Алексей Мозговой, который принял форум, несмотря на все сложности и угрозы погиб. Но легко убить революционера, невозможно убить идею. Идеи которое были его целью исходили из чаяний и стремлений страдающего народа Донбасса. Идеи, которые пропитали форум, которые несли приехавшие на него участники, идеи которая стала двигателем революции свершившейся на Донбассе.
Сегодня нам всем не просто понять, что произошло и как действовать дальше, уверены, что будет еще много дискуссий и споров. Вместе с тем сегодня как никогда мы коммунисты Донбасса нуждаемся в международной интернациональной поддержке.
Призываем все прогрессивные коммунистические, социалистические, антифашистские, левые, интернациональные силы Европы и мира в связи с трагической гибелью Алексея Мозгового 27 мая в 10.00 по Луганскому времени провести акции солидарности с Донбассом-Новороссией. Солидарности со всеми кто борется здесь за идеалы социализма, равенства, братства.
В связи со смертью комбрига Алексея Мозгового просим по возможности организовать в своих городах информационные пикеты, возложения цветов к памятным местам, связанным с историей СССР, коммунистического движения или провести пикеты посольств США или Украины с требованием прекратить убийство людей на Донбассе, другие акции или мероприятия по мере возможности под флагами Бригады «Призрак», Новороссии» и Красных флагов коммунистов.
Да здравствует интернациональная солидарность!!! 
Нас не сломить!!! Вместе победим!!! 
Фашизм не пройдет!!!

С уважением и благодарностью,
Координатор АИС Форума
в Луганской Народной Республике 
Максим Чаленко

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BOLOGNA 
mercoledì 27 Maggio alle ore 11 in Piazza Verdi


"Si può uccidere un uomo, non le sue idee". Saluto al Comandante Aleksey Borisovich Mozgovoy

Il Comandante comunista Aleksey Mozgovoj è stato assassinato nel tardo pomeriggio di sabato 23 maggio, tra Alchevsk e Lugansk dagli sgherri fascisti della Junta di Kiev. Il capo della Prizrak (Brigata Fantasma) è caduto in una imboscata nella quale sono stati uccisi la sua segretaria Anna, due militari ed alcuni civili. L'auto a bordo del quale viaggiavano Mozgovoj e la scorta è stata crivellata di colpi. Attaccate con armi automatiche anche altre tre automobili che facevano parte del convoglio.
Il Comitato Ucraina Antifascista di Bologna e i Compagni di Noi Restiamo invitano gli antifascisti ad un presidio in memoria del Comandante Mozgovoy, combattente antifascista, mercoledì 27 Maggio alle ore 11 in Piazza Verdi - Bologna 

evento FB: https://www.facebook.com/events/455614004603586/

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MILANO 
mercoledì 27 Maggio alle ore 8 in Piazzale Loreto, davanti la Stele dei 15

Saluto al Comandante Mozgovoj, caduto per la Resistenza del Donbas

Il Comandante comunista Aleksey Mozgovoj è stato assassinato nel tardo pomeriggio di sabato 23 maggio, tra Alchevsk e Lugansk. Il capo della Prizrak (Brigata Fantasma) è caduto in una imboscata nella quale è stata uccisa la sua segretaria Anna, due militari ed alcuni civili. L'annuncio ufficiale della morte di Mozgovoj è stato diffuso dalla sua brigata e da numerosi organi di stampa locali e russi. L'auto a bordo del quale viaggiavano Mozgovoj e la scorta é stata crivellata di colpi. Attaccate con armi automatiche anche altre tre automobili che facevano parte del convoglio.
Il Comitato contro la guerra di Milano e i Compagni milanesi della Carovana Antifascista nel Donbass invitano gli antifascisti a portare il loro saluto mercoledì mattina alle 8 in Piazzale Loreto, davanti la Stele dei 15.


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NEW YORK
Wednesday, May 27, 6:00pm to 7:00pm
At the statue of the Liberator, Simon Bolivar
North side of 59th St. and Sixth Avenue, Manhattan (Southern end of Central Park)

Memorial for Commander Alexei Mozgovoi & Ghost Brigade Martyrs

We join with anti-fascists around the world to honor the memory of Commander Alexei Mozgovoi and the other members of his Ghost Brigade team assassinated in the Lugansk People's Republic on May 23. We stand in solidarity with the popular resistance in the Donbass people's republics. Commander Mozgovoi's funeral will be held May 27.
Meet at the statue of the Liberator, Simon Bolivar, on the north side of 59th Street at Sixth Avenue (southern edge of Central Park) at 6pm. Bring candles or tealights, flags and signs, and any words of solidarity you wish to express.

Called by the Solidarity with Ukraine Antifascists Committee of the International Action Center



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BACKGROUND

Sulla Brigata "Fantasma" di A. Mozgovoi e l'Unità 404

vedi anche:

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Fonte: pagina FB "Comitato per il Donbass Antinazista", 29/1/2015

(Una prima versione alla URL: 
pagina FB "Comitato per il Donbass Antinazista", 28/11/2014

ORIG.: Entrevista a Sergio, Héctor, Miguel y Oriol: “Estamos ante una oportunidad histórica de construir un estado socialista en Europa”
miércoles, 26 de noviembre de 2014
Respondiendo al llamamiento internacional para unirse a la resistencia contra el gobierno golpista de Poroshenko, son numerosos los voluntarios de toda Europa llegados al Donbass en defensa de la Nueva Rusia. Entre ellos también varios provenientes de Castilla y Catalunya, que tras su paso por el Batallón Vostok decidieron integrarse en la Brigada Prizrak, bajo las órdenes del carismático comandante Alexey Mozgovoy. Tras su breve paso por les brigades continentales, los jóvenes antifascistas acaban de integrarse en el Escuadrón rojo 404, una unidad de ideología comunista dentro de la Brigada Prizrak, en la que comparten tareas con otros jóvenes revolucionarios…
http://pravdainternacional.blogspot.it/2014/11/estamos-ante-una-oportunidad-historica.html?spref=fb )

 
"Abbiamo l'opportunità di costruire uno Stato socialista in Europa"
Intervista ai volontari antifascisti di Spagna, nel Donbass

Molti volontari provenienti da tutta Europa hanno risposto alla chiamata di aderire al movimento di resistenza contro il colpo di Stato di Poroshenko e sono arrivati nel Donbass per difendere la Novorossiya. Tra di loro c'è un gruppo di volontari di Castiglia e Catalogna, che hanno aderito alla Brigata Prizrak servendo sotto la figura carismatica di Aleksey Mozgovoy. Dopo un breve soggiorno con le Brigate Continentali, gli antifascisti spagnoli si sono uniti altri giovani rivoluzionari nell'Unità 404, una unità comunista all'interno della Brigata Prizrak .

Abbiamo incontrato Sergio, Héctor, Miguel Oriol per conoscere la loro vita con la 404 e sul loro ruolo nella resistenza popolare della Novorossiya.

-Prima di tutto, perché sei venuto alla Donbass per combattere contro il governo di Poroshenko?

Siamo tutti d'accordo che il massacro di Odessa è stato il punto di svolta per noi. Ma ci sono molte ragioni per cui abbiamo aderito alla lotta: per aiutare a costruire uno stato socialista in Europa, per contribuire a difendere il popolo di Donbass dall'esercito Kiev. Questa è una lotta contro il fascismo e siamo in debito con coloro che hanno aderito alle Brigate internazionali in Spagna nel 1936 per lottare contro il colpo di stato.

-Lasciando la tua vita, i tuoi amici e la tua famiglia per andare a combattere in una guerra in cui si può morire non può essere facile. È la Novorossiya vale tali rischi?

Siamo perfettamente consapevoli dei rischi che corriamo con la decisione di andare in guerra e sappiamo quello che abbiamo lasciato in Spagna, ma la causa vale il rischio. Siamo qui per lottare contro il fascismo. Per la prima volta in un tempo molto lungo, vi è una reale possibilità di contribuire alla costruzione di uno stato socialista in Europa. Come comunisti, non abbiamo potuto lasciare andare questa opportunità.

-Vi definite comunisti. Che cosa significa per voi per lottare per la Novorossiya? Quali sono i vostri obiettivi politici e militari?

Il nostro compito militare principale è quello di formare il futuro Stato della Novorossiya, liberandolo dalla feccia fascista. Sono loro che hanno causato questa guerra. E il nostro compito politico principale è quello di aiutare a costruire uno Stato socialista per far parte delle unità rivoluzionarie delle forze armate insieme ad altri comunisti che combattono qui. La bandiera rossa sventolerà ancora in alto in Europa.

-Come con il Kurdistan o la Palestina, la resistenza Donbass si basa sul sostegno popolare ed è politicamente diversificata, così si distingue che uno dei capi della milizia Lugansk è Vitaly Victorovich, un comunista noto. Qual è la reale presenza e l'influenza dei comunisti nella resistenza popolare?

I comunisti hanno una presenza di primo piano nella resistenza. Ci sono due unità formate esclusivamente da comunisti: uno nel Battaglione Vostok e un altro qui, nella Brigata Prizrak. Ci sono comunisti anche in altre unità . C'è grande nostalgia sovietica tra i volontari che combattono nella Milizia. Tutto si è deteriorato qui dopo il crollo dell'Unione Sovietica, tutti qui possono vederlo. Non possiamo dire esattamente quanti comunisti sono nella Resistenza, ma è l'ideologia predominante nella Milizia.

L'ideologia comunista è presente sulla scena politica anche. Igor Plotnitsky, il leader della LPR, ha un ideologia comunista. I comunisti sono influenti sia nella Lugansk e le milizie Donetsk. Molti dei comandanti stanno combattendo per una Novorossiya libera da fascisti e oligarchi.

-Dopo un breve soggiorno in altre unità e battaglioni, vi siete uniti all'Unità 404 della Brigata Prizrak. Perché vi siete trasferiti qui? Ci parli della sua nuova vita in questa unità.

La nostra vita in questa unità è simile a quella in altre unità: la stessa disciplina, stessi orari e stesse rotazioni al fronte. Ciò che cambia veramente è la gerarchia. Qui tutto è più egualitario, non ci sono comandanti. C'è un commissario politico che si occupa della disciplina ed il morale dei soldati. Ed abbiamo due leader: uno responsabile della formazione militare, un altro che comanda sul campo di battaglia.

Abbiamo preso la decisione di cambiare l'unità per motivi politici, anche se ci sono sempre stati i comandanti comunisti nelle nostre unità. Le differenze politiche ci hanno impedito di sentirci confortevoli quanto avremmo voluto. Ci sentiamo completamente a nostro agio con i nostri nuovi compagni qui nell'Unità 404.

-Anche se i nazionalisti sono una minoranza nella Milizia, una parte della sinistra spagnola [ndr: anche di quella italiana] hanno usato la loro presenza come una scusa per giustificare i crimini di Kiev e della NATO contro la popolazione civile. Alcuni addirittura vi chiamano "nazisti", non solo voi ma l'intera Resistenza. Cosa avete da dire a proposito di questo?

Qualsiasi tipo di sinistra che giustifica fascisti che uccidono i civili dovrebbero ripensare a cosa sia realmente la loro ideologia. Alcuni hanno chiamato noi "nazisti", che è divertente per noi, con la nostra pelle mezza scura (ride). Quelli di voi che sono stati qui sono gli unici che possono giudicare, tutti gli altri invece state solo speculando a 3.000 chilometri di distanza. E voglio chiarire [Sergio] che io sono più rosso che il sangue che scorre nelle mie vene. E questo non cambierà, non importa ciò che gli altri possono dire.

-Quale pensi sia la caratteristica principale della Resistenza novorussa: lotta di classe, la lotta contro il fascismo o di liberazione nazionale?

La Novorossiya è una lotta contro il fascismo, contro il dominio degli oligarchi ed è un movimento di liberazione nazionale. Stiamo combattendo contro i fascisti di Kiev e gli oligarchi che hanno saccheggiato l'Ucraina post-sovietica. E si tratta di un movimento di liberazione nazionale, in quanto essi difendono la loro cultura, la loro lingua e la loro gente.

-Parliamo della guerra che avete avuto modo di vedere qui. Come è la vita in prima linea? Cosa passa per la mente quando si è in combattimento?

La vita qui è dura. Fa freddo, hai fame e sei stremato, ma niente di tutto ciò che conta quando ti rendi conto che stai facendo la cosa giusta. Un milione di cose ti passano attraverso la mente, l'adrenalina entra in gioco, ma a volte si ha paura di morire. A volte ti chiedi cosa stai facendo qui.

-Che tipo di compiti militari hai svolto finora e quale è il vostro compito in prima linea?

Non possiamo rispondere a questa domanda per motivi di sicurezza, ma quello che possiamo dire è che la nostra unità svolge compiti di infiltrazione, sabotaggio e altre operazioni speciali.

-Siete volontari che lottano per la Novorossiya. Siete a conoscenza di mercenari occidentali che combattono per Kiev?

Sì, siamo volontari che combattono per la propria soddisfazione, non per soldi. Ma siamo consapevoli di mercenari che combattono per Kiev, sostenuti e finanziati dalla NATO e l'Unione Europea, i colpevoli di quello che sta accadendo in Ucraina.

-Quale sarà l'esito di questa guerra?

Vinceremo! La volontà del popolo è inarrestabile.


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http://www.marx21.it/internazionale/area-ex-urss/25655-aleksej-mozgovoj.html

Aleksej Mozgovoj

di Aleksej Bogachev 
da kprf.ru
25 Maggio 2015

Traduzione dal russo di Mauro Gemma

Il leggendario comandante dei combattenti antifascisti del Donbass, Aleksej Mozgovoj, è stato vigliaccamente ucciso in un attentato.

Per ricordare la figura di Mozgovoj, il sito del Partito Comunista della Federazione Russa ha ospitato un articolo, in cui vengono illustrate le ragioni che motivavano il suo coraggioso impegno.

“Mentre ci opponiamo con le armi al genocidio del popolo russo sul territorio dell'ex Ucraina, come nessun altro avvertiamo la mancanza di norme legali che riguardino la più grande  nazione  divisa al mondo” – si legge in un documento firmato dai comandanti popolari. “E nonostante la differenza dei termini “maledetto moskal” (“moskal” è termine usato in modo dispregiativo per indicare i cittadini russi e russofoni in Ucraina, ndt) e “popolazione di lingua russa”, la tendenza appare una sola: la spersonalizzazione e la disintegrazione del popolo russo... Il tempo ha dimostrato che solo in presenza di un progetto nazionale e del consolidamento del popolo russo è possibile rispondere alle minacce che dobbiamo affrontare oggi” (http://www.regnum.ru/news/polit/1926116.html).

Il nemico ha assassinato uno dei più popolari difensori dell'idea di civiltà russa. Ma Mozgovoj non ha difeso solo l'idea russa, ma anche, in una certa misura, l'idea sovietica! E' stato uno dei pochi che, con decisione e apertamente, si è opposto al potere degli oligarchi e si è espresso per la lotta di classe. Così, in una teleconferenza con Kiev aveva chiaramente dichiarato: “Noi stiamo combattendo... ma non contro il popolo ucraino. Noi combattiamo soprattutto per la giustizia, per l'onestà, affinché non esista l'oligarchia nella nostra società e non eserciti il potere, perché affari e potere rappresentano una miscela pericolosa”.

Sostenendo ciò, Mozgovoj era diventato nemico personale dei vampiri di ogni genere che si trovano su entrambi i lati della frontiera russa. Infatti stava mettendo in pratica un punto essenziale del Programma del Partito Comunista della Federazione Russa e delle forze popolari-patriottiche della Russia, quello relativo alla necessità di collegare la lotta di liberazione nazionale con la lotta sociale e di classe. Sono convinto che sia stato ucciso soprattutto per questa ragione. Ora il sacro dovere di ciascuno di noi è quello di raccogliere la bandiera del comandante di brigata Mozgovoj e combattere per la causa, sul cui altare ha sacrificato la propria vita. (...)

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While Revolutionaries Can Be Murdered, You Cannot Kill Ideas (by Boris Rozhin / Colonel Cassad, 23.5.2015)
"It is war that is the greatest injustice. We are not fighting the ones responsible. Those who finance, who stir it up, who through the media set one people against another—it is them whom we must fight." Aleksey Borisovich Mozgovoy
http://slavyangrad.org/2015/05/24/while-revolutionaries-can-be-murdered-you-cannot-kill-ideas/

Alexey Mozgovoy Was the Face of the Left Revolution in Donbass (Colonel Cassad, May 24, 2015)
ORIG.: Революционеров можно убить, идеи - никогда

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“It is a gift to die in May…”
A poetry by Aleksey Borisovich Mozgovoy, 22.05.2013

Мозговой и Дремов обратились к руководству России с просьбой поддержать «Русский Проект» (22 мая 2015)
Легендарные командиры армии Луганской Народной Республики Алексей Мозговой и Павел Дремов убеждены в том, что конфликт на Украине возник, в частности, еще и потому, что в России на государственном уровне отсутствует национальная идея и на законодательном уровне никак не закреплены права разделенного русского народа...

Oleg Tsarev: I helped reconcile Bolotov and Mozgovoy (video) (May 24, 2015)
Олег Царев - Болотов и Мозговой договорились о сотрудничестве (6.5.2014)

Mozgovoy will build a socialist Novorossiya [sub ENG\SPA\TR\ITA] (Voxkomm, 12 nov 2014)
Speech of Alexey Mozgovoi (commander of the brigade “Ghost’) at the celebration of October revolution on November 7 in Alchevsk, Lugansk People's Republic

Fonte: pagina FB "Comitato per il Donbass Antinazista"
Il "Manifesto" del comandante Mozgovoy tradotto in inglese ed italiano. Nel video le sue aspirazioni, i sogni, il suo modello di società. L'invito all'unione col popolo che vive sotto l'Ucraina inferocita dal nazionalismo, promosso e scatenato dai media di regime. Un appello che chiunque abbia intenzione di capirci qualcosa in questo conflitto ai margini dell'Europa non può farsi sfuggire...
Mozgovoy's Manifesto [sub ENG\TR\ITA] (Voxkomm, 3 feb 2015)
Socialist manifesto of one of the most important commanders of rebel's militia.
VIDEO: http://www.youtube.com/watch?v=RTyLXc9llwI
OR: www.youtube.com/watch?v=gH7jMS0VaCA



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Il Donbass tra competizione globale, resistenza antifascista e lotta di classe

di Marco Santopadre*
18/05 2015

Chi si ostina ad avere delle vicende internazionali una visione manichea o mitologica rischia alla lunga di rimanere assai deluso, e di prendere lucciole per lanterne. La mancanza di un punto di riferimento chiaro a livello internazionale per le forze progressiste e antimperialiste e i rapporti di forza sfavorevoli ad ogni ipotesi di cambiamento radicale dal punto di vista socio-economico rendono assai difficile l’affermarsi di ipotesi politiche organizzate e stabili in controtendenza rispetto allo status quo. 

Eppure nelle regioni orientali dell’Ucraina da più di un anno sopravvivono e in qualche modo di rafforzano delle statualità sperimentali sorte in reazione al colpo di stato filoccidentale realizzato a Kiev nel febbraio del 2014 da forze nazionaliste o apertamente fasciste. Il golpe scaturito da Maidan, oltre ad imporre l’ingresso del paese nell’orbita della Nato e dell’Unione Europea e a consegnare tutto il potere nelle mani di pochi voraci oligarchi, ha innanzitutto affermato la propria identità negando quella delle popolazioni russofone che rappresentano la maggioranza nelle regioni del sud est ucraino e che non hanno accettato il nuovo regime fondato su uno sciovinismo che nega la loro identità culturale e storica e che rivaluta l’oscura e criminale pagina del collaborazionismo con gli invasori nazisti nel corso della seconda guerra mondiale. 
La scelta da parte del regime di adottare fin da subito la carta della repressione militare, sostenuta dagli Stati Uniti e dalla Nato oltre che dagli appetiti degli oligarchi interessati a mettere le mani sulle ricchezze minerarie del Donbass, ha fatto il resto. La strage di Odessa – con decine di sindacalisti, attivisti di sinistra o semplici manifestanti o lavoratori assassinati all’interno della Casa dei Sindacati da parte delle bande fasciste supportate dal nuovo regime e dagli sponsor internazionali – ha rappresentato per molti versi il fattore scatenante di una ribellione che a Lugansk e Donetsk ha assunto forme stabili, organizzate, armate e anche politiche e che invece in altre località è stata presto schiacciata. Le popolazioni dell’est si sono convinte – non a torto – del fatto che non c’era spazio per loro, per la loro identità, per le loro aspirazioni all’interno della “nuova” Ucraina banderista ed hanno così dato vita a delle entità autonome – le Repubbliche Popolari – che hanno dato non poco filo da torcere al regime di Yatseniuk e Poroshenko.
Riprendendo l’avvertenza con cui abbiamo aperto quest’intervento, sarebbe sbagliato dare di queste esperienze una visione mitologica che pure può appagare alcune necessità identitarie all’interno di una sinistra poco avvezza all’analisi concreta della situazione concreta e spesso alla tifoseria. Le Repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk vanno difese e supportate per l’elemento di resistenza politica e popolare (oltre che militare) che oggettivamente rappresentano all’interno di un paese divenuto vittima dall’intervento di potenze straniere e di un imperialismo – nella doppia veste statunitense ed europea – che pur di perseguire i propri scopi egemonici non si è fatto scrupolo di demolire un paese come l’Ucraina, sostenendo le forze più scioviniste e soffiando sul fuoco delle divisioni culturali ed etniche fino a scatenare una guerra civile che ha prodotto decine di migliaia di vittime e distruzioni immani. Uno scenario che, all’interno di un mondo squassato dalla competizione globale tra poli imperialisti in concorrenza, vedremo riprodursi sempre più spesso. Appare quindi evidente che analizzare lo scenario ucraino decontestualizzandolo da quello di un globo divenuto campo di battaglia tra potenze concorrenti rischia di consegnarci una visione limitata, parziale e quindi inadatta.
E’ in questo quadro che le tendenze e le forze effettivamente in campo vanno considerate per quello che sono, e non per quello che vorremmo che fossero. E’ ad esempio palese che la Federazione Russa rappresenti nello scacchiere della competizione globale uno dei soggetti aggrediti dalla crescente voracità degli imperialismi statunitense ed europeo e che Mosca non possa in alcun modo accettare senza reagire l’assorbimento violento dell’Ucraina all’interno dello spazio economico e militare occidentale. E’ altresì evidente che senza l’aiuto russo – non solo del governo, ma anche di forze politiche e organizzazioni non necessariamente espressione del Cremlino – la resistenza novorussa avrebbe avuto vita assai più difficile. Se la Russia non può essere considerata una potenza imperialista è altrettanto evidente che all'opposto non può e non dev’essere considerata neanche una sorta di Unione Sovietica rediviva e sotto mentite spoglie – al di là dell’intelligente utilizzo putiniano della storia sovietica e dell’epopea della Grande Guerra Patriottica – e che Mosca supporterà le Repubbliche Popolari del Donbass nella misura in cui queste non metteranno a rischio equilibri interni ed internazionali che vedono la Russia sulla difensiva e in una condizione di svantaggio. Non è un segreto che alla realizzazione degli accordi di Minsk hanno contribuito soprattutto le spinte di Putin e dell’Unione Europea – interessati alla ricucitura di un conflitto che rischia in qualsiasi momento di prendere una brutta piega e di diventare irreversibile – mentre contro il cessate il fuoco e una risoluzione anche politica del contenzioso hanno operato, per motivi diametralmente opposti, sia le forze estremiste ucraine e l’amministrazione Usa da una parte sia, sull’altro fronte, alcune consistenti forze alla base delle esperienze delle Repubbliche Popolari. 
Il quadro oggi è più ingarbugliato che mai e lanciarsi in schematiche previsioni rischia di costituire un esercizio inutile quanto dannoso. Il cessate il fuoco regge, più o meno, da mesi, ma lo spettro di una ennesima offensiva delle forze armate ucraine e dei battaglioni neonazisti è dietro l’angolo, a maggior ragione dopo un periodo di relativa calma che il regime di Kiev ha utilizzato per riorganizzare le proprie forze sfruttando l’addestramento delle proprie truppe da parte dei consiglieri di Washington e di Londra. 
Mosca non può cessare di difendere la ribellione dell’est ucraino, se lo facesse subirebbe una sconfitta sul campo nei confronti delle pretese europee e statunitensi che potrebbe avere un effetto a catena in tutto lo spazio ex sovietico, già contraddistinto da una penetrazione economica e militare da parte della Nato che di fatto stinge il territorio russo in una morsa. Inoltre, se Putin e la sua cerchia dovessero mostrarsi arrendevoli sullo scenario ucraino, la classe dirigente di Mosca subirebbe l’ostilità e la rabbia di ampi settori della propria popolazione che già chiedono una risposta più contundente nei confronti dell’aggressione di Washington e Bruxelles. 
Ma ciò non vuol dire che la Federazione Russa sosterrà le rivendicazioni delle forze indipendentiste del Donbass a qualsiasi costo. Escluso già all’inizio della ribellione uno scenario come quello messo in atto in Crimea, Mosca sembra spingere per una federalizzazione dell’Ucraina che permetterebbe il mantenimento dell’influenza russa nell’est senza rompere formalmente l’integrità territoriale del paese. Il che cozza non solo con lo sciovinismo della nuova classe dirigente di Kiev e con le spinte guerrafondaie dei suoi sponsor – Stati Uniti, Repubbliche Baltiche, Polonia… - ma anche con le rivendicazioni e le aspirazioni di una parte delle forze protagoniste della resistenza a Lugansk e a Donetsk e che mai e poi mai accetteranno un ritorno della sovranità ucraina sul Donbass, seppure ‘temperata’ da una certa autonomia. Le spinte e le controspinte rispetto a questo tema sono più che evidenti e costituiscono l’elemento alla base della dura trattativa in corso – spesso lontano dai riflettori dei media internazionali – tra i rappresentanti locali e i governi dell’Ue e della Russia, con contraddizioni non certo secondarie anche all’interno dei rispettivi campi.
Contraddizioni rilevanti che esistono e rischiano di allargarsi anche in altri ambiti, come ad esempio quello della dialettica tra ‘civile’, ‘politico’ e ‘militare’. Se è vero che fin dall’inizio la ribellione del Donbass si è dotata di strumenti di governo formali e di meccanismi – per quanto imperfetti – di sanzione popolare degli organismi chiamati a governare, è anche vero che lo scenario bellico continua a concedere alle milizie e alle forme militari di organizzazione una rilevanza che spesso sovrasta l’ambito civile e che in alcuni casi entra in aperta contraddizione con l’infrastruttura politica. Di recente i governi delle due repubbliche hanno imposto a tutte le milizie formatesi spontaneamente nella prima fase della ribellione di sciogliersi e di integrarsi nelle forze armate ufficiali, ma alcune formazioni resistono a questa decisione, gelose non solo della propria autonomia militare ma anche della propria identità e progettualità politica specifica. 
E’ il caso ad esempio della Brigata Prizrak e dell’Unità 404, animate da centinaia di combattenti esplicitamente comunisti e antifascisti, e che nella zona visitata recentemente dalla Carovana Antifascista  coordinano numerose attività di sostegno alla popolazione – come la ‘Mensa Popolare di Alchevsk - e di gestione di attività economiche miranti a fornire loro autonomia economica e alimentare. 
E’ evidente che non si possono rappresentare le Repubbliche Popolari del Donbass come entità monolitiche, e che al loro interno agiscono forze e dinamiche a volte non coincidenti o addirittura in contrapposizione, come è ovvio che avvenga sulla spinta di un ‘normale’ conflitto politico e dell’esplicitarsi della lotta di classe che in un quadro di scontro bellico assumono spesso una manifestazione di tipo militare e quindi ancora più irriducibile.
La missione della Carovana Antifascista in Donbass a inizio maggio ha fornito alle realtà che vi hanno partecipato l’occasione per toccare con mano una situazione contraddistinta da diverse faglie. Da una parte vi sono i governi locali - che rappresentano forze e identità politiche composite, che vanno dai comunisti fino alle formazioni nazionaliste e tradizionaliste – con le loro esigenze di controllo e di normalizzazione, dall’altra formazioni politico-militari che resistono all’istituzionalizzazione e che tentano di sfruttare l’indeterminatezza della situazione per imporre una visione sociale ed economica più avanzata. Ovviamente i conflitti non mancano, a partire da quelli sulle competenze e con sullo sfondo il difficile rapporto con il governo russo e gli interessi della classe dirigente di Mosca.
Il Forum Internazionale che si è tenuto ad Alchevsk l’8 maggio scorso ha rappresentato una cartina di tornasole rispetto alle contraddizioni politiche e di classe in campo nelle Repubbliche Popolari. Alle varie delegazioni internazionali – provenienti da molti paesi europei ma anche dalla Russia – si sono aggiunte numerose realtà della sinistra comunista e antimperialista ucraine e del Donbass, e gli interventi dei vari rappresentanti hanno permesso ai partecipanti di avere una visione complessiva più vasta. Al piano della resistenza popolare e militare all�

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70.mo Liberazione / 5



Inizio messaggio inoltrato:

Da: Andrea Martocchia 
Oggetto: Sul futuro dell'ANPI e dell'antifascismo in Italia
Data: 21 maggio 2015 19:58:25 CEST
A: Carlo Smuraglia, Saverio Ferrari


Sul futuro dell'ANPI e dell'antifascismo in Italia
Una riflessione "a bocce ferme"

di Andrea Martocchia (*)


Prima di mettere nero su bianco questi miei pensieri ho voluto attendere il passaggio delle ricorrenze del 70.mo della Liberazione dell'Italia e dell'Europa, che ci hanno visto tutti impegnati in numerose iniziative, poiché ritengo che certe questioni vanno affrontate il più possibile a mente fredda, usando tutta l'attenzione, la lucidità e la pacatezza di cui siamo capaci.
Mi riallaccio solo in parte alla discussione pubblicamente inaugurata da Saverio Ferrari (1) poiché era da tempo che ragionavo sulle tematiche più larghe che vado ad esporre. Premetto che il mio intervento è motivato dalla passione personale, che mi porta ad avere a cuore sia le sorti dell'antifascismo in generale sia le più specifiche sorti dell'ANPI, Associazione della quale non ho la tessera pur frequentandone con assiduità crescente sedi, soci e soprattutto compagni partigiani per attività connesse alla ricostruzione storiografica oltre che per affinità ideale. 

Cos'è l'ANPI?

Ferrari a mio avviso pone il tema dell'antifascismo in un'accezione troppo larga, che travalica ciò che può essere davvero pertinente per l'ANPI (errore "per eccesso"); al contempo egli non tematizza, e dunque non aiuta ad affrontare, la questione specifica del carattere e dei compiti dell'ANPI (errore "per difetto"). Cosicché, gli interrogativi posti da Ferrari colgono solo alcuni aspetti nella ridda di discussioni sviluppate dentro, attorno e fuori dell'ANPI da qualche tempo; discussioni che peraltro hanno già portato ad alcune conseguenze e decisioni, quale è stata quella della concreta trasformazione dell'ANPI da associazione "chiusa" (riservata agli ex combattenti) ad associazione "aperta" (da qualche anno possono iscriversi tutti). Per quanto ne so io, il confronto sulla natura e sul destino dell'ANPI prosegue molto animato soprattutto all'interno della stessa Associazione.

Il momento simbolico del 70.mo coincide con un cruciale passaggio nella storia e nella natura dell'ANPI e della Repubblica Italiana. Siamo – già da qualche tempo, in realtà – al tornante storico della scomparsa degli ultimi partigiani; eppure le riflessioni sulle implicazioni anche politiche di questo tornante sono state finora assolutamente insufficienti.

In estrema sintesi, su che cosa debba essere l'ANPI prevalgono oggi due tesi:
– la prima riconduce l'ANPI ad una associazione combattentistica (ed in tal caso il suo ruolo sarebbe già pressoché esaurito) o comunque a realtà meramente testimoniale (e perciò sempre meno influente nella politica e nella società, e sempre meno interessante anche per lo storico professionista che si occupa di Resistenza); 
– la seconda, pur rivendicando all'ANPI la sua origine di testimone, ne sottolinea la funzione attuale come soggetto guardiano della Costituzione e/o, più genericamente, dell'etica della politica.
Questa seconda visione è prevalente oggi negli organismi direttivi dell'ANPI. Tuttavia, a parte il fatto che per poter imporre dei valori bisogna avere la forza/rappresentatività sociale necessaria, è innegabile che per lungo tempo quella dell'ANPI sia stata una funzione di servizio, in senso sia positivo – in quanto "fondamento morale" della Repubblica – sia negativo – in quanto strumento di legittimazione per istituzioni che troppo spesso hanno deluso le aspettative.

L'ANPI si trova di volta in volta presa in mezzo a tensioni da parti opposte, sulle questioni più diverse e tutte potenzialmente laceranti: dai reiterati casi di revisionismo storico fino allo scontro israelo-palestinese, dalla TAV alle nuove guerre, dalle "foibe" all'antifascismo militante... al contempo essa subisce gli scossoni provocati dalla deriva politica (indubbiamente verso destra) dell' "azionista di riferimento", cioè il Partito Democratico in quanto principale erede delle forze politiche egemoni nel processo di costituzione dell'Italia repubblicana. 

Antifascisti e Partigiani

Vorrei allora sgombrare il campo da una prima questione: certamente oggigiorno c'è un buon 75% di antifascismo che non è rappresentato dall'ANPI, ed anzi va detto che la percentuale non ha mai raggiunto il 100%. 

In effetti, l'ANPI non nasce come ambito organizzativo "degli antifascisti", bensì come Associazione Partigiani. Tale definizione la porta ad avere un ruolo sostanzialmente diverso rispetto a quello auspicato da Ferrari, e non da oggi: ad esemplificare tale specificità è l'esistenza di un'altra associazione, l'ANPPIA, preposta alla organizzazione delle istanze degli antifascisti "storici", che non necessariamente furono (o poterono essere) partigiani. 
Non è una distinzione di lana caprina: soprattutto, non lo è di fronte ad una estensione direi vertiginosa del concetto di "antifascismo", e alla concomitante perdita del senso esatto del termine "fascismo". Succede infatti che iniziative e festival "antifascisti" organizzati sul territorio portino in risalto battaglie e identità che molto poco hanno a che fare con il fascismo "storico": dai diritti LGBT ai vegani, dalla TAV al commercio equo e solidale... Un tale allargamento della prospettiva è accettabile solo nella misura in cui non travolge/oscura la esigenza di precisare e difendere la specificità ed i valori della guerra vinta contro il nazifascismo (1941-1945), specificità e valori che hanno diritto a sedi dedicate per essere affermati e tramandati.

Tuttavia, affermando che l'ANPI è il consesso "dei partigiani" più che degli "antifascisti" (tantomeno degli "antifascisti in senso lato"), ancora non abbiamo definito esattamente l'oggetto della nostra riflessione. 

E' ben noto il dibattito sul carattere "uno e trino" della Resistenza italiana, intesa di volta in volta come (a) movimento di liberazione nazionale (b) moto di emancipazione sociale (c) guerra civile tra diverse opzioni politiche. Per di più, nelle nostrane interpretazioni della Resistenza è normalmente eluso il suo carattere internazionale e internazionalista – al quale è soprattutto dedicato il lavoro storiografico che stiamo portando avanti in prima persona da qualche anno. (2) Di quest'ultimo aspetto l'ANPI si è fatta interprete in ritardo e con difficoltà: basti pensare alla recente sofferta battaglia interna all'Associazione sulla possibilità di tesseramento per i cittadini non italiani, o al fatto che solo da pochissimo l'ANPI ha aderito alla Federazione Internazionale delle organizzazioni sue omologhe (FIR). Tali ritardi si spiegano solo e precisamente con il fatto che l'ANPI ha a lungo operato essenzialmente come vestale di un culto della Resistenza intesa esclusivamente come "lotta di liberazione nazionale", cioè usando quella accezione della Resistenza che è l'unica funzionale alle esigenze istituzionali. Solo in tale accezione, infatti, la Resistenza può essere presentata come atto costituente di questa Nazione e di questo Stato ("Secondo Risorgimento").
Benché restrittiva, tale accezione era e rimane prevalente nel discorso pubblico tanto da essere stata addirittura rilanciata in occasione delle recentissime celebrazioni per il 70.mo: infatti, in occasione della sessione a Camere riunite del Parlamento, il 16 aprile u.s., cui su invito del Presidente Mattarella hanno presenziato un gran numero di partigiani, nei discorsi delle autorità (cito soprattutto la Boldrini) si è voluto fermamente ribadire che la Resistenza fu un moto "nazionale" e "interclassista". Per converso, le celebrazioni del 70.mo della Liberazione a livello europeo sono state sostanzialmente minimizzate e disertate, in un frangente dei rapporti internazionali che vede anche i nostri politici fomentatori di una rinnovata ostilità contro la Russia.
 
Il dilemma attuale dell'ANPI

Torniamo dunque all'ANPI. 
Nell'ANPI assieme all'anima antifascista convive, sin dall'inizio, un'anima patriottica che perfettamente interpreta quella concezione del "Secondo Risorgimento" di cui sopra. D'altronde le due anime – antifascista e patriottica – hanno convissuto già nel movimento partigiano, incontrandosi ma anche scontrandosi. Esse possono coincidere, ma non lo devono necessariamente. Andrebbe allora innanzitutto analizzata questa dialettica, che non è affatto risolta, come dimostrano le polemiche in merito al Giorno del Ricordo ed ai presunti crimini della Resistenza jugoslava.
Tuttavia, il problema attuale, che rischia di essere un problema di vita o di morte per l'ANPI, in questa fase, mi sembra soprattutto quello della sostenibilità del suo ruolo "istituzionale" tradizionale: tolte infatti le celebrazioni del 70.mo, le nuove istituzioni repubblicane dimostrano di non essere più completamente devote alla Costituzione cosicché sempre meno potranno in futuro essere considerate filiazione della Resistenza. Questa contraddizione, tutta politica, ha precipitato l'ANPI in una condizione imbarazzate, e questo sin dai tempi del passaggio dalla Prima alla Seconda Repubblica: tant'è vero che attorno al 1990 ci fu anche chi parlò di scioglimento dell'ANPI, ed alcune sezioni riversarono per intero gli archivi agli Istituti della rete ISMLI (Istituti per la storia della Resistenza e della società contemporanea in Italia).
Di fronte ai passaggi istituzionali in corso, che con la gestione Renzi sembrano soggetti ad una drammatica accelerazione, l'ANPI rischia di rimanere stritolata. Va rilevato che è proprio il presidente dell'ANPI, Carlo Smuraglia, uno dei più autorevoli critici dei progetti di riforma istituzionale/costituzionale sul tappeto.

Allora che cosa vogliamo dall'ANPI? Vogliamo trasformarla in qualcosa che non è mai stata? Lasciamo che sia cancellata dagli eventi politici e biologici? Mentre gli ultimi partigiani scompaiono, il 70.mo della Liberazione rischia di essere veramente l'anno del "botto" dell'ANPI.
Io credo che dobbiamo rispetto all'ANPI e perciò non le dobbiamo chiedere l'impossibile. Dobbiamo invece porre le questioni su di un piano più generale, che non riguarda solo il destino dell'ANPI bensì anche la sorte dello Stato italiano da un lato e la sorte della storiografia della Resistenza dall'altro

Liberare l'ANPI, liberare la storiografia della Resistenza

Rinnovate forme di "sovversivismo delle classi dirigenti" hanno minato la fondazione antifascista e costituzionale della Repubblica da molti anni oramai: su questo, o si affianca e difende l'ANPI in tutte le sedi associative e politiche possibili, oppure non si può pretendere proprio nulla dall'ANPI. Negli anni si è alzata la voce allarmata di chi ha parlato di tradimento della Resistenza, di chi ha ricordato la persecuzione antipartigiana del dopoguerra... Se l'ANPI non poteva reagire a suo tempo, tantomeno la si può caricare di ogni responsabilità per le sconfitte politiche che abbiamo subito tutti: si tratta casomai di proseguire in ogni sede con le battaglie per la democrazia e la giustizia sociale che i partigiani iniziarono. Anche la battaglia contro le nuove destre, non riguarda solamente l'ANPI e l'ANPI in nessun caso potrebbe farsene carico da sola.
Dunque l'ANPI non deve essere sovraccaricata di funzione politica, bensì eventualmente deve esserne emancipata, poiché è stata la politica che, per troppo tempo, ha "tenuto schiava" l'ANPI.

La questione a mio avviso si pone in maniera esattamente opposta per quanto riguarda la funzione "storiografica" dell'ANPI, che le è stata sottratta e dovrebbe esserle in qualche modo restituita
La politica ha oggettivamente condizionato la scrittura della Storia della Resistenza in Italia, per alcuni versi impedendola. Essa ha costretto l'ANPI a ruoli cerimoniali e ha demandato ad altre sedi la storiografia; ma quali sono queste altre sedi? Nel migliore dei casi sono sedi accademiche e para-accademiche, in particolare la rete ISMLI che, fondata 66 anni fa da Ferruccio Parri, è stata ristrutturata ad hoc a partire dagli anni Settanta, assumendo infine una funzione quasi "totalitaria" di scrittura della Storia della Resistenza attorno agli anni Novanta. Ebbene sulla attività di questi Istituti dell'ISMLI sarebbe necessario sviluppare una riflessione critica non meno importante di quella che riguarda l'ANPI. Da anni è in atto un processo di mutazione, spesso evidenziato dal cambiamento di nome – dalla "Storia della Resistenza" o "del Movimento di Liberazione" alla "Storia Contemporanea" –, per cui si tende ad occuparsi di ogni sorta di questioni che riguardano la contemporaneità e la realtà locale, dalle analisi paesaggistiche alle tradizioni culinarie, creando pesanti discontinuità quando non proprio dismettendo la funzione iniziale. Questo in un contesto in cui, nel corso di settant'anni e ancora oggi, si è sviluppata una rigogliosa sub-letteratura memorialistica locale e individuale sugli eventi della II Guerra Mondiale e sulla Resistenza, che per uno storico è ardua da manipolare ma che rappresenta in troppi casi l'unica fonte, benché secondaria, per la ricostruzione di eventi anche cruciali. Se aggiungiamo che le politiche archivistiche in questo campo sono state assenti o incoerenti, e che da un certo punto in poi si è colpevolmente sostituita una estetizzante ricognizione della "memoria" alla scientifica ricostruzione della Storia, il risultato netto è che la storiografia della Resistenza a 70 anni dagli eventi è lacunosa, dannatamente frammentata e prevalentemente ad uso e consumo delle necessità di portare acqua al mulino di interpretazioni di comodo. 
Cosicché, chiunque si occupi di questi temi incappa in una serie di paurosi "buchi" storiografici. D'altronde, il revisionismo, poi diventato rovescismo, si è innestato sulla narrazione già incompleta di una "guerra di liberazione nazionale" cui si sarebbe dovuto premettere il racconto di crimini di guerra italiani ed affiancare il contesto di una Resistenza che è stata internazionale e internazionalista più ancora che "italiana". Di tutto questo in molti partigiani combattenti c'è (o c'era) perfetta contezza: bisogna restituire a loro la parola, se non materialmente, almeno attraverso le testimonianze che hanno lasciato. 
Bisogna soprattutto restituire la parola ai tanti partigiani che nel dopoguerra sono stati emarginati, costretti alla emigrazione o alla irrilevanza politica, e che in molti casi hanno persino rinunciato a impegnarsi attivamente nell'ANPI o in altre realtà consimili. E' il caso ad esempio di decine di migliaia di partigiani italiani all'estero, le cui vicende sono colpevolmente trascurate, come quelle dei partigiani stranieri in Italia.

Sintesi conclusiva

Dal 1945 in poi si è imposta una chiave di lettura totalizzante per la vicenda della Resistenza in Italia, quella di una lotta di liberazione *nazionale* contro l'occupante *straniero* (tedesco). Questa operazione è stata possibile, e per certi versi anche legittima, nel contesto della Guerra Fredda, in virtù di una convergenza "multi-partisan" che oggi però mostra il segno. Di fronte ad attacchi perduranti rivolti contro *tutta* la memoria partigiana, è perdente e controproducente, oltreché anacronistica, la tendenza a forzare, ancora, la memoria storica nell'angusta strettoia "nazionale". In particolare, l'ANPI può farsi portatrice e promotrice di una visione più complessiva e meno "istituzionale" della vicenda partigiana, allentando i condizionamenti politici e tornando ad avocare a se anche una funzione di tipo storiografico, culturale, didattica e divulgativa. 
Definitivamente abbandonato lo status di associazione combattentistica – dal quale derivano solo vincoli e nessun vantaggio – l'ANPI dovrebbe a mio avviso in primis mantenere la funzione di depositaria della memoria storica dei partigiani combattenti, non solo e non tanto in senso morale-celebrativo quanto proprio nel senso concreto delle storie vissute e della loro documentabilità, recuperando le troppe memorie relegate nell'oblio a causa di contingenze politiche non favorevoli. Solo a queste condizioni l'ANPI può continuare nel proprio percorso, anche dopo la scomparsa della generazione dei partigiani, via via accogliendo anche le memorie degli altri antifascisti del passato e del presente e valorizzandole.
E' solo da tale tesoro di esperienze reali che all'ANPI deriva quella autorità morale per cui può indicare alla pubblica opinione che cosa sono stati il nazifascismo e le sue politiche di guerra, e come e perché il loro riaffacciarsi deve essere scongiurato.


(*) Saggista, co-autore de "I partigiani jugoslavi nella Resistenza italiana" e segretario del Coord. Naz. per la Jugoslavia ONLUS.

(1) Lo scambio tra il saggista Saverio Ferrari e il presidente nazionale dell'ANPI Carlo Smuraglia è riprodotto integralmente di seguito.


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IL TESTO DELL’ARTICOLO DI SAVERIO FERRARI (OSSERVATORIO DEMOCRATICO NUOVE DESTRE) SUL “MANIFESTO” DELLO SCORSO 4 MARZO 2015, LA RISPOSTA DEL PRESIDENTE NAZIONALE DELL'ANPI CARLO SMURAGLIA SU ANPI NEWS E IL COMMENTO FINALE DI FERRARI:

Saverio Ferrari: L’ANPI BATTA UN COLPO VERSO I NUOVI MOVIMENTI

L’antifascismo è oggi sempre più stretto fra due derive opposte. Tra la parte istituzionale, incarnata dall’Anpi, da un lato, e l’antifascismo antagonista e giovanile, dall’altro.
L’Anpi in questi ultimi anni ha cercato di rinnovarsi. Un’operazione riuscita a metà. Sono arrivate nuove iscrizioni, spesso di militanti in fuga dai partiti di sinistra, e si è assistito a una ripresa di vitalità. Ma in diverse situazioni si sono anche manifestate chiusure e indisponibilità al dialogo con le nuove generazioni. Un panorama vario e articolato, città per città. Prevalente è stato però, nel complesso, l’affermarsi di un profilo marcatamente istituzionale, con un’attività di tipo celebrativo quasi esclusivamente rivolta al passato. Lontano dal cogliere nella sua portata l’attualità e il pericolo delle nuove spinte xenofobe e razziste, quanto dell’irrompere sulla scena di nuove destre, nostalgiche e populiste. Emblematico il caso milanese, dove l’Anpi ha considerato “pericoloso” mobilitarsi il 18 ottobre scorso contro la manifestazione nazionale della Lega e di Casa Pound, con migliaia di camicie nere e verdi in piazza Duomo. Sistematica la rinuncia, anche in seguito, a contrastare ulteriori iniziative dell’estrema destra, tra l’altro in piazza Della Scala, sotto il comune, come di recente accaduto. L’opposto di Roma dove, invece, l’Anpi è scesa in piazza, senza tentennamenti, sempre contro Lega e Casa Pound, a fianco dei centri sociali, in un vasto schieramento antifascista, mobilitando decine di migliaia di persone. Due linee.

UNA REPUBBLICA ANCORA ANTIFASCISTA?

Vi sono certamente, sullo sfondo, le difficoltà del gruppo dirigente nazionale dell’Anpi a comprendere appieno alcuni mutamenti in corso nelle stesse istituzioni, sempre meno rispondenti al dettame costituzionale. In tutta Italia si tengono da anni iniziative pubbliche apologetiche del “ventennio”, con il costituirsi di formazioni apertamente neofasciste e neonaziste, con tanto di corollario di atti violenti, senza alcun vero contrasto istituzionale (si perseguono solo “i casi limite”). Ciò a prescindere dal succedersi di governi, ministri dell’interno, questori e prefetti, in una sorta di assoluta continuità. Un dato di fatto. Come la sospensione dell’applicazione di leggi ordinarie, in primis la legge Mancino, istituita proprio per contrastare l’istigazione all’odio razziale, etnico e religioso. Alla stessa Anpi, quando protesta, si replica asserendo la legittimità di tutti a esprimersi, fascisti compresi. Allo stesso modo si risponde alle interrogazioni parlamentari, a volte di deputati e senatori del Pd, paradossalmente da parte di altri esponenti del Pd al governo. Una rilegittimazione dei fascisti ormai avvenuta. Una nuova fase nella storia della Repubblica, al passaggio epocale del cambiamento della sua carta costituzionale. Affidarsi alle istituzioni democratiche per combattere i fenomeni neofascisti sta divenendo un evidente controsenso. Bisognerebbe prenderne coscienza. La crisi dell’antifascismo passa anche da qui.
Lo stesso futuro dell’Anpi appare incerto all’avvicinarsi del suo prossimo congresso nazionale. L’opposizione manifestata alle riforme in campo, sia elettorali sia costituzionali, sta producendo continui tentativi di contenimento, soprattutto attraverso l’azione del Pd ai livelli locali, volta a depotenziare, sfumare, se non apertamente intralciare, la linea ufficiale. Il rinnovo, in programma, del presidente nazionale dell’associazione sarà probabilmente l’occasione per cercare di “riallineare” l’Anpi, confinandola definitivamente a funzioni meramente celebrative. Un’eventualità più che concreta. 

L’ALTRO MOVIMENTO

Lontano dall’antifascismo istituzionale si muove ormai da diversi anni un’area composita di giovani organizzati in centri sociali, collettivi e associazioni, presente su una parte importante del territorio nazionale. Quasi un mondo a parte con cui l’Anpi il più delle volte rifiuta il dialogo. A questa realtà si deve spesso l’iniziativa di contrasto, in tantissime città, delle iniziative razziste e neofasciste. La loro generosità ricorda da vicino i «reietti e gli stranieri» di cui parlava negli anni Sessanta Herbert Marcuse ne L’uomo a una dimensione, quando negli Stati Uniti scendevano nelle strade per chiedere «i più elementari diritti civili», affrontando «cani, pietre e galera», a volte «persino la morte» negli scontri con la polizia. Rappresenta nel suo complesso una realtà antifascista di tipo diverso, per nulla istituzionale e poco propensa al perbenismo, cresciuta con propri simboli (le due bandiere dell’“antifa” sovrapposte, mutuate dalle battaglie di strada dei comunisti tedeschi a cavallo degli anni Trenta contro le squadre d’assalto naziste) e propri modelli storici, gli Arditi del Popolo, in primo luogo, espressione di un’unità dal basso dei militanti di sinistra oltre le appartenenze politiche.
Come nel caso recente di Cremona (gli scontri a gennaio dopo il ferimento quasi mortale di un militante di un centro sociale da parte degli squadristi di casa Pound), quest’area, a volte, fa prevalere l’azione diretta rispetto a ogni altro calcolo politico, restando priva di sbocchi e isolata anche dalla sinistra politica.
L’esigenza di un nuovo movimento antifascista è più che matura. Un movimento necessariamente plurale, aperto alle nuove generazioni, privo di steccati e istituzionalismi fuori tempo, in grado di relazionarsi con il presente e i pericoli rappresentati dagli attuali movimenti razzisti e neofascisti. La stessa capacità di trasmettere la memoria della Resistenza non può che partire da qui, per non ridursi a vuota retorica. Un rischio già presente. Questo nuovo movimento non può che nascere dal confronto e dalla capacità di dialogo fra i diversi antifascismi. Sarebbe il caso che per prima l’Anpi battesse un colpo.

SAVERIO FERRARI

Milano, 3 marzo 2015

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ANPI NEWS n. 157 – 31 marzo/7 aprile 2015:
NOTAZIONI DEL PRESIDENTE NAZIONALE ANPI CARLO SMURAGLIA:
Quasi un mese fa, ho letto un articolo di Saverio Ferrari su “il manifesto”, intitolato: “Appello all’ANPI: guardi ai nuovi antifascisti”. Un articolo molto ampio, in cui si fornisce un quadro non proprio esatto dell’ANPI di oggi e del suo antifascismo, contrapponendogli un quadro di “nuovi” movimenti antifascisti, a cui si dovrebbe, praticamente - secondo l’A. - l’unica vera ed efficace iniziativa di contrasto del riemergente neofascismo e neonazismo. Non occorrono molte
parole per confutare un simile assunto.
Anzitutto, ragioniamo sull’immagine dell’ANPI, che avrebbe cercato – senza riuscirci – di innovarsi, mantenendo tuttavia uno spiccato carattere “istituzionale” e “collaborativo”.
Strano che Ferrari, che pure è stato – fino a poco tempo fa – componente anche di un organismo dirigente periferico (dell’ANPI), ci conosca così poco. 
Teniamo viva la memoria, è vero, ma è nostro dovere (altrimenti, chi lo farebbe?), e comunque ci sforziamo di renderla attiva, per aiutare soprattutto a conoscere i fatti della storia, anche perché servano di esempio e di monito per il futuro e favoriscano la riflessione storica.
Ma facciamo anche tante altre attività; ci occupiamo della scuola e della “cittadinanza attiva” (vedi il protocollo di intesa sottoscritto col MIUR il 24 luglio 2014 e in corso di attuazione), ci occupiamo delle stragi nazifasciste degli anni ‘43-‘45, non solo partecipando alle iniziative di ricordo, ma anche promuovendo seminari e convegni per irrobustire, con gli storici, la conoscenza di tutto quanto è accaduto; mettendo in cantiere un “Atlante delle Stragi”, che sarà d’importanza storica e per il quale siamo riusciti ad ottenere un finanziamento da parte della Germania; ci occupiamo delle riforme costituzionali, contrastando con forza ed energia quelle che ci appaiono non come modifiche, ma come stravolgimenti della Carta costituzionale; ci occupiamo di diritti, di pace, di lavoro, esercitando quella “coscienza critica” che ci è stata indicata come un dovere primario da parte del Congresso nazionale del 2011;
ci occupiamo di donne, di emancipazione, di libertà e uguaglianza; e tantissimo, di formazione non solo dei giovani ma anche dei nostri dirigenti. 
E tutto questo non è né statico né tanto meno “istituzionale” (ma cosa vuol dire, alla fine, questa espressione?).
Ci occupiamo, e molto, piaccia o no a chi chiede che l’ANPI “batta un colpo”, di antifascismo, non solo perché siamo sempre attivi nel richiamare gli organi istituzionali ed elettivi al ruolo che loro è assegnato da una Costituzione profondamente e nettamente antifascista, in tutte le sue norme, i suoi princìpi ed i valori che esprime, ma anche perché cerchiamo, in tutte le forme possibili, di contrastare i movimenti neofascisti e neonazisti, che si stanno sempre più
espandendo, nonostante le nostre iniziative e nonostante gli sforzi di quello che Ferrari definisce come “l’altro movimento”.
Non a caso, abbiamo tenuto un Seminario, su questi temi, con l’Istituto Cervi e nella sua sede; non a caso abbiamo tenuto un Convegno, a Roma, nell’aprile 2014 proprio sul modo di contrastare questi fenomeni. A quel Convegno avevamo invitato tutte le istituzioni (dico tutte) e sono venuti solo due parlamentari! Poi abbiamo pubblicato e diffuso un opuscolo che riassume i contenuti di quel Convegno e in cui sono collocate, in appendice, due sentenze
della Corte di Cassazione che considerano reato il saluto romano in luogo pubblico, fornendo così indicazioni precise ai nostri organismi periferici perché si attivino sempre, contattino Sindaci, Prefetti, Questori, facciano denunce all’Autorità giudiziaria, insomma scuotano il silenzio e l’indifferenza con cui il nostro Paese affronta (o meglio, non affronta) un problema che è grave, storicamente e politicamente, e denso di incognite per il futuro.
Certo, noi preferiamo i presìdi agli scontri frontali, evitiamo le occasioni di contrasto violento, cerchiamo di coinvolgere i cittadini e non di allontanarli, ma non manchiamo di adottare, in ogni occasione, le iniziative che riteniamo utili, o anche solo opportune. Bisogna riconoscere che gli esiti di questo impegno sono, a tutt’oggi, ancora limitati. Ma ottiene qualcosa di più “l’altro movimento”? Un corteo, uno scontro, sono più efficaci di un presidio? La realtà ci dice di no e ci insegna che ciò che conta è non rassegnarsi mai e contestare sempre le iniziative neofasciste, assumendo per primi le iniziative necessarie per controbatterle, per ottenere che vengano impedite, per suscitare le reazioni che dovrebbero provenire proprio dagli organi dello Stato e dagli Enti locali.
Tutto questo è un “calcolo politico”, come sembra sostenere l’articolo? Non è così, anche se è ovvio che bisogna dotarsi, contro un fenomeno grave e pericoloso, di una qualche strategia.
Non la intravvedo, questa strategia, nell’articolo, anche se presentata con una certa enfasi, ma in realtà limitata ai cortei, che talora sono utili, se richiamano l’attenzione e coinvolgono i distratti, ma sono semplicemente rischiosi se conducono ad uno scontro, quanto meno privo di effetti positivi. Che sia meglio unire le forze, non è dubitabile, ma bisogna farlo con un minimo di umiltà e di vera disponibilità, senza essere convinti di essere gli unici detentori della verità. Ci si chiede di “battere un colpo”; ma su che cosa, se siamo già in campo da
sempre e continuiamo, doverosamente e quotidianamente, ad interrogarci se quanto facciamo è sufficiente o possiamo e dobbiamo fare qualcosa di più efficace e come?
Io sono convinto che il problema principale stia in questo Stato, che non riesce a diventare antifascista, che non sente la memoria come un valore da coltivare, che non si pronuncia neppure di fronte ai fenomeni più gravi e appariscenti. Sono convinto che se il Ministero degli Interni desse direttive precise e conformi alle linee ed ai valori della Costituzione, se i rappresentanti periferici dello Stato si adeguassero, se tutti i Sindaci facessero capire con chiarezza che nel territorio che amministrano, i fascisti e i nazisti, comunque si chiamino, non sono graditi, qualcosa comincerebbe a cambiare. E sono convinto che bisogna superare quel muro di indifferenza e disimpegno che caratterizza tanta parte degli italiani. Se su questo si è disposti a svolgere un’azione comune, noi siamo già in campo e non abbiamo alcun bisogno di inventare nuovi organismi, mentre sentiamo forte l’esigenza di un antifascismo diffuso.
Non a caso in molte città esistono da tempo “Comitati antifascisti”, nei quali c’è sempre l’ANPI, che cercano di realizzare il coordinamento di azioni e unità di intenti; soprattutto c’è l’ANPI, che ha aperto dal 2006 agli “antifascisti” e ne ha tratto enorme vantaggio, non per i numeri ma per la crescita delle idee, dei confronti, delle proposte, delle iniziative.
Se abbiamo ancora bisogno di “crescere”, come sostiene l’articolo, ci si dia un contributo di idee e di proposte, ma non si pretenda di risolvere il problema contrastando proprio la forza più determinata e forte che è impegnata, su questo terreno, praticamente dalla Liberazione.
Non c’è da inventare nulla di nuovo; abbiamo suggerito di prendere sempre le iniziative più “tempestive”, di organizzare presìdi quando occorre e di fare manifestazioni quando sono idonee non solo a richiamare l’attenzione, ma anche ad allargare il fronte antifascista, anziché rinchiuderlo in un recinto. Abbiamo anche fornito gli strumenti per investire l’Autorità giudiziaria dell’esigenza di far applicare le leggi che ci sono, checché se ne pensi; stiamo organizzando un incontro di riflessione per capire meglio che cosa attrae i giovani e che cosa può suscitare in loro positivi ed efficaci entusiasmi, nel solco della Costituzione. Possiamo sbagliare, possiamo avere incertezze e dubbi sulle iniziative da intraprendere, ma cerchiamo di fare sempre meglio e di più, senza avventure. Se esiste un problema dei giovani (che dobbiamo cercare di capire noi, prima di ogni altra cosa), bisogna affrontarlo con serietà e approfondimento, nello sforzo di individuare una strada, suscitare interessi, proporre precise scelte di campo, rendendoci conto che anche fra loro ci sono differenze, modi di vedere ed agire diversi; e soprattutto che nessuno ne può rivendicare il monopolio. Nelle loro mani sta il futuro del Paese: sono loro che dovranno combattere le battaglie necessarie per preservare la democrazia da ogni pericolo; anche loro, però, dovranno fare le loro riflessioni e mettere in campo ricerche di identità e di prospettive. Noi possiamo confrontarci, anche richiamandoci alle nostre esperienze, per quel che valgono e fornire qualche spunto di riflessione, però con l’umiltà di chi ha sperimentato in concreto il valore e il significato delle “scelte” e non pretende che vengano adottate come modello, ma al più siano oggetto di conoscenza e di riflessione. Siamo di fronte a fenomeni che sembravano inimmaginabili, in una Europa che ha vissuto gli orrori della dittatura, della persecuzione dei “diversi”, della barbarie più disumana.
Tutto questo non è bastato a vaccinarci, tutti, contro il pericolo di ritorni al passato, anche se in forme diverse. Dobbiamo, dunque, fare di più e meglio, dobbiamo capire come e perché nascono certi movimenti e perché suscitano attenzione anche da parte dei giovani; e dobbiamo cercare di combatterli in forme unitarie, ma capaci di ampliare il consenso. Lo facciamo, tutto questo, senza iattanza, ma con convinzione e fermezza e con la ricerca continua di andare oltre gli schemi che già conosciamo, soprattutto per creare, nel Paese, un vero “clima “ antifascista . Siamo pronti, come indica il documento politico del Convegno di Torino, ad essere la “casa degli antifascisti” se sono disponibili anche al confronto e se considerano con attenzione tutto ciò che, talora faticosamente e magari qualche volta sbagliando, cerchiamo di fare. Non c’è bisogno, dunque, di case “nuove”, perché una l’abbiamo già e da molto tempo ed è una casa aperta per tutti coloro che vogliono, sinceramente e lealmente, perseguire l’obiettivo di un Paese più intimamente e profondamente antifascista e caratterizzato da una più solida democrazia.

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COMMENTO FINALE DI SAVERIO FERRARI:

La risposta del presidente nazionale dell’Anpi Carlo Smuraglia in realtà è una non-risposta. Dopo più di un mese si è solo degnato di un commento sul bollettino interno dell’Anpi. Come dire: quell’articolo un dibattito pubblico non lo merita. Un atto di supponenza.
Per altro, con ogni evidenza, l’articolo uscito sul Manifesto, non è stato nemmeno davvero letto, preferendo procedere attraverso il metodo della caricatura. Lo schema è il seguente: da un lato c’è l’Anpi che agisce a tutto campo e che si impegna anche nei confronti delle istituzioni, ammettendo comunque non solo di non aver più sponde politiche in Parlamento, ma anche di non aver in questo campo conseguito alcun risultato, non traendo però l’ovvia conclusione che forse le stesse istituzioni stanno mutando natura (una delle considerazioni su cui si invitava a una riflessione), dall’altro si muove un informe movimento attraversato da pulsioni violente con cui nulla si vuole aver a che fare. 
Conclusione: c’è solo l’Anpi, non esiste nessuna altra realtà antifascista, tantomeno nata fra le nuove generazioni, qualora esistesse, è solo il frutto di un’invenzione o parte di una combriccola di teppisti, rimaniamo nella nostra torre d’avorio, autosufficienti e autoreferenziali. Non discutiamo, infine, con nessuno che ci pone problemi o mette in discussione le nostre certezze.
Peccato. Si tratta dell’ennesima occasione mancata per mettere l’Anpi in sintonia con la realtà. Fino a quando si penserà di poterlo fare?

SAVERIO FERRARI

Milano, 7 aprile 2015






Нови текстови од Живадина Јовановића

1) Шта су САД и ЕУ хтеле а шта добиле санкцијама
2) Србију трајно држати изван европског развоја


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http://www.beoforum.rs/komentari-beogradskog-foruma-za-svet-ravnopravnih/697-sta-je-yapad-dobio.html

Шта су САД и ЕУ хтеле а шта добиле санкцијама

Живадин Јовановић
- Изводи из одвојених изјава листовима Франкфуртске „Всти“ и „Дневник“ -

  

Комесар ЕУ за спољну политику и безбедност ЕУ Фредерика Могерини доилази у Београд да појача притисак и захтеве за нове уступке српске Владе гарнитури у Приштини, као и за увођење санкција Русији. Руски министар иностраних послова Сергеј Лавров долази у Београд да подржи суверенитет и територијални интегритет Србије, проширује обострано корисну сарадњу – сматра Живадин Јовановић, председник Београдског форума за свет равноправних и бивши југословенски министар за иностране послове. Јовановић додаје да је теза о немогућности седења на две столице виртуелна справа за ломљење кичме Србије како би се потпуно предала Западу.


Он сматра да не постоји јединствена спољна и безбедносна политика ЕУ и питање је да ли ће се икада успоставити. Разлике међу чланицама ЕУ се умножавају и продубљују као што расту национални егоизми, евроскептицизам и криза система ЕУ. Иронично је да комесари ЕУ захтевају од Србије, са којом у недоглед одлажу тзв.отварање поглавља, да поштује непостојећу спољну политику ЕУ. Не очекују, ваљда, да Србија непрекидним одрицањем од својих животних интереса плаћа успостављање непостојећег јединства ЕУ. Југославија јесте платила успостављање (привидног) јединства ЕУ уочи Мастрихта 1992. али је потом разбијена. Не верујем да ће Србија поновити ту грешку. А и услови и односи данас битно су другачији него пре две деценије. На светској сцени у међувремену су се појавили неки нови феномери и распореди.

Америчка стратегија изолације и кажњавања Русије доживела је неуспех. Прво, тако велика тероторија не може се држати под санкцијама и изолацијом, јер Русија има огромно унутрашње тржиште, ресурсе и стратешке партнере, као што су земље БРИКС-а, друге да не помињемо, којима не пада на памет да је кажњавају. Друго, Русија се брзо преоријентисала на развој сопствене индустрије и производње хране смањујући на тај начин зависност од увоза са Запада (ЕУ). Треће, покушаји кажњавања и изолације Русије, лишили су западни бизнис приступа како руском тржишту за које немају рационалну алтернативу (близина), тако ресурсима стратешких сировина. Четврто, дошло је до убрзања и ширења сарадње Русије и Кине, као стратешких партнера - у развоју, енергетици, инфраструктури (нафтовод, гасовод, железнице), наоружању, финансијама (банкарству). И, пето, отворено је питање колико је политика беспоговорног прихватања америчке политике корисна, а колико штетна за Европу (ЕУ).

Шта је од побројаних последица била намера и циљ америчко-ЕУ санкција против Русије? Које од горућих међународних проблема, од Украјине преко Сирије, Либије, Блиског и Средњег Истока, до међународног тероризма, организованог међународног криминала и пиратства –Запад може решити без истинског партнерства и сарадње са Русијом, Кином, Индијом? Бумеранг санкција је очигледан.

Јовановић је нагласио да Србија треба да се окрене себи, својим људским, економских, научним и природним ресурсима, да више у пракси уважава своја посебна историјска искуства, посебно она из два светска рата и да учвршћује политику неутралности у коју, пре свега, сама мора дубоко веровати. Политика уравнотежених односа са свим важним међународним чиниоцима није илузија, већ прави пут који успешно следе многе земље света. Србија је слободна и мирољубива земља која може успешно да сарађује и са чланицама НАТО и ОДКБ, као и са нечланицама, поготову са неутралним и несврстаним земљама, без обзира да ли су у суседству, или удаљене. Верујем да Србија не жели да се конфронтира са било којом земљом или интеграцијом, то јој свакако није у интересу. Београд треба да остане отворен за евроинтеграције, да усваја универзалне стандарде, али је погубно да чланство у ЕУ третира као питање живота, или смрти. Треба ли уопште подсећати да се ЕУ не може похвалити историјатом разумевања за било који легитимни интерес Србије у последње две и по деценије. Како се ЕУ огледала и како се данас огледа у огледалу Косова и Метохије, да ли поштује резолуцију СБ УН 1244 за коју је листом гласала, колико поштује и колико се залаже за примену Дејтонског, Ердутског, Бриселског или било којег другог споразума када је реч о интересима Србије и српског народа, Колико је Еулекс „статусно неутралан“, шта је ЕУ предузела, или шта предузима за слободан и безбедан повратак 250.000 протераних Срба и других неалбанаца у своје домове на Косову и Метохији, уз каквој су пропорцији њене неумерено извикане донације према више десетина милијарди евра које су из Србије исисале њене банке и корпорације од 2001. до данас?... Наша економија јесте доста везана за трговину и сарадњу са немачким и фирмама земаља ЕУ, али зашто се не постави и питање – када ће Србија из те сарадње зарадити, на пример 50 милијарди евра колико су у процесу приватизације и куповине српског тржишта, посебно финансијског, зарадиле фирме са Запада? Запад има и текако велики економски интерес, да не помињемо геостратешки, да задржи Србију уз себе, да је још тешње привуче, ако хоћете, и да је колонизира. Због свега тога, чудна је теза која, мање или више, доминира у наративима српских политичара, како су ЕУ и Запад уопште, потребнији Србији, него што је Србија потребна ЕУ и Западу! Крајње је време да представници Србије схвате и у односима са свим другим земљама и интеграцијама, прихвате начело реципропцитета, истину да су други потребни Србији само онолико колико ти други кроз праксу покажу, да је Србија потребна њима. 
Озбиљна политика и озбиљни политичари никада не говоре да су без алтернативе на међународном плану. Никада се никоме не заклињу на беспоговорну лојалност. То би посебно било непримерно када се ради о односима Србије према земљама које се кроз историју, укључујући и најновију, нису држале пријатељски, конструктивно, па чак ни неутрално, које су, напротив, увек биле на страни противника Србије, или су саму Србију третирале, чак и разарале, као свог непријатеља.

Ко жели да, због доказивања свог прагматизма, модернизма, европеизма, или било којих сличних изама, избегне, заборави или заобиђе историју, она ће га кад-тад сустићи. А историја није оно што тврде непријатељи, агресори, њихови пропагатори или њихови српски трабанти. Историја су чињенице које су документовали и утврдили, или ће тек утврдити, научници, историчари. Није посао политичара да векове српске историје проглашавају као „српске грешке“. Зар не схватају да тиме себе проглашавају богомданим спасиоцима, избавиоцима, бољим и далековидијима од плејаде славних и тешко достижних државотвораца, ослобиодилаца, дипломата и умова.

Рецимо да су сви бриселски комесари, изасланици, саветници, министри, председници и премијери искрени и јединствени кад хвале српске саговорнике, њихову посвећеност, европску опредељеност, окренутост будућности, предвидивост, реформски курс и све друге предивне особине, што у принципу може,али и не мора да буде тако, неопходно је све то примити са подоста соли, а по могућности и са још више резерви. Далеко већу пажњу треба посветити шта они после тих силних комплимената чине, да ли у пракси показују да су схватили потребе и интересе Србије. 
Дакле, неопходно је да Србија, себи самој покаже да је озбиљна држава и на тај начин што ће имати у виду и припремати се и за могућност да, из неког разлога, не буде примљена у чланство ЕУ. Није довољно, а ни нарочито мудро, рећи само – ми смо своје урадили, сада све зависи од неког у Брислу, или што је, у датим реалностима, коректније, од неког - у Вашингтону (ван ММФ и ИБРД)! Бескрајна листа условљавања, уцењивања и директног понижавања Србије, поодавно упшућује на таква закључак. Постоји још један разлог размишљања о алтернативи који још увек није ни примећен тамо где је то највише потребно. Тај разлог је записан у писму угледног немачког политичара Вили Вимера упућеног канцелару Герхарду Шредеру 2. маја 2000. године, опредмећен је у ставу представника Вашингтона који гласи: „Србију треба трајно држати ван европског развоја“. Засад се зна једино да је то поштовано пуних 15 година, још колико дуго ће се поштовати – зависи од држања дате речи.



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СТРАТЕГИЈА ПОКОРАВАЊА ЕВРОПЕ

Живадин Јовановић

 

СРБИЈУ ТРАЈНО ДРЖАТИ ИЗВАН ЕВРОПСКОГ РАЗВОЈА

15 година једног писма Вилија Вимера канцелару Герхарду Шредеру.

Овог месеца навршило се 15 година од једног пророчанског писма значајног за разумевање политике САД према Србији, али и према Русији, Европи и свету уопште. Пролазиле су године, низали се ратови вољних и невољних, расправљано о теоријама завера и краја историје, мењане су владе и лидери, отварале се и кризе и перспективе а текст од непуне две странице је остао и сведочанство и актуелно предсказање. Реч је о писму познатог немачког политичара, посланика Бундестага (ЦДУ), државног подсекретара за одбрану, потпредседника Парламентарне скупштине ОЕБС-а Вилија Вимера, упућеног немачком канцелару Герхарду Шредеру 2. маја 2000. године. Вољом аутора, писмо је постало јавни докуменат 2005. године. 
Да би било јасније о каквом се документу ради, ево његовог интегралног текста:

Берлин, дана 02. мај 2000.

Веома цењени господине Канцелару,

Крајем протекле недеље био сам у прилици да у словачком главном граду Братислави присуствујем Конференцији, коју су заједнички организовали Министарство иностраних послова САД и Спољнополитички институт Републиканске странке. Главне теме скупа биле су Балкан и проширење НАТО.

Конференцији су присуствовали високи политички представници, на што указује присуство великог броја председника влада, као и министара иностраних послова и министара одбране из тог региона. Међу бројним важним тачкама, о којима се расправљало, неке од тема заслужују да их се нарочито истакне: 
1. Организатори Конференције су захтевали да се у кругу савезничких држава што је могуће брже изврши међународно признање независне државе Косово. 
2. Организатори су саопштили да се СР Југославија налази изван сваког правног
поретка, а пре свега, изван Завршног документа из Хелсинкија. 
3. Европски правни поредак представља сметњу за спровођење планова НАТО. У том смислу, за примену и у Европи, знатно је погоднији амерички правни поредак. 
4. Рат против СР Југославије вођен је да би се исправила погрешна одлука генерала Ајзенхауера из доба Другог светског рата. Због тога се из стратешких разлога тамо морају стационирати амерички војници, те да се тако надокнади оно што је пропуштено 1945.г. 
5. Европски савезници су учествовали у рату против Југославије, да би, де факто, превазишли препреку и дилему, насталу после усвајања „Концепта нове стратегије“ Алијансе, у априлу 1999. године, односно настојањем Европљана да се претходно добије мандат УН или КЕБС-а.
6. Не умањујући важност накнадне легалистичке интерпретације Европљана, да је, наиме, код ширења задатака НАТО преко граница законски договореног подручја у рату против Југославије, била реч само о изузетку, ипак је јасно да је у питању преседан, на који се у свако доба свако може позвати, и тако ће многи убудуће и да поступају. 
7. Ваљало би да се приликом садашњег ширења НАТО поново успостави територијална ситуација од Балтичког мора до Анадолије, каква је постојала у време Римског царства, кад је оно било на врхунцу моћи и заузимало највеће територијално пространство. 
8. Због тога Пољска мора да буде окружена са севера и са југа демократским државама као суседима, а Румунија и Бугарска да обезбеде копнену везу са Турском. Србија (вероватно због обезбеђивања несметаног војног присуства САД) трајно мора да буде искљученаиз европског развоја. 
9. Северно од Пољске треба да се оствари потпуна контрола над прилазима Санкт Петербурга Балтичком мору. 
10. У сваком процесу, праву народа на самоопредељење треба дати предност над свим другим одредбама или правилима међународног права. 
11. Тврдња да је НАТО приликом напада на СР Југославију прекршио сва међународна правила, а нарочито све одговарајуће одредбе међународног права - није оспоравана. 
После ове конференције, на којој се расправљало веома слободно и отворено, не може да се избегне важност и далекосежност њених оцена, нарочито када се има на уму висок и компетентан састав учесника и организатора.

Америчка страна, изгледа, свесна је и спремна да у глобалном оквиру, због остваривања својих циљева, поткопа и укине међународни правни поредак, који је настао као резултат Другог светског рата у прошлом веку. Сила има да стоји изнад права. Тамо где међународно право стоји на путу, треба га уклонити.

Када је сличну судбину доживело „Друштво народа“, Други светски рат није више био далеко. Начин размишљања, који води рачуна само о сопственим интересима, може да се назове само тоталитарним.

С пријатељским поздравом,
Вили Вимер

Шта рећи о овој конференцији и писму Вилија Вимера 15 година после?

Конференција у Братислави одржана је на иницијативу америчке стране (Администрације) и то 10 месеци након окончања агресије НАТО против Србије (СРЈ). Из садржине писма јасно се види повезаност тема о којима се расправљало и агресије НАТО. Једнако се види амерички став да је агресија НАТО извршена као саставни део глобалне стратегије САД ради: 1. Трајног распоређивања америчких војника на Балкану (Бондстил, 4 нове базе у Бугарској, 4 нове базе у Румунији) као фазе остваривања политике ширења према руским границама; 2. Обавезивања европских савезника (укључујући тадашње кандидате за чланство у НАТО) да следе експанзионистичку политику САД; 3. Легализовање, у кругу савезника, агресије против Србије (СРЈ) као преседана за војне интервенције без сагласности Савета безбедности УН; 4. Разбијања свих мишељења, или илузија о вредности међународног права, па и читавог међународног правног поретка успостављеног на резултатима Другог светског рата; 5. Изоловања Русије од ЕУ и ЕУ од Русије успостављањем одговарајуће „просторне ситуације“ од Балтика до Анадолије.

За Србију су посебно важна три става: Први, да су амерички представници пре равно 15 година захтевали од својих савезника хитно признавање Косова (и Метохије) као неѕависне државе. Други, да се СР Југославија налази „изван сваког правног поретка“ (треба је укинути, прим. аут.). Трећи, да је циљ агресије био исправљање грешке Ајзенхауера из Другог светског рата, а не нека заштита Албанаца од „масовног кршења“ људских права. И четврти, став САД - да Србију треба трајно држати изван европпског развоја.

Где смо данас, 15 година после? Пођимо од тачке до тачке Вимеровог писма Герхарду Шредеру.

Ад 1)

Врхушка тзв. ОВК прогласила је 2008. године независност, односно, једнострано отцепљење од Србије. САД-у и њеним савезницима, није требало времена да одмах признају „независно Косово“, без обзира што је српска покрајина и тада и данас под окупацијом. Користећи себи својствене методе, САД су „убедиле“ и велики број несавезничих земаља (изван НАТО и ЕУ) да такође признају једнострано отцепљење дела државне територије Србије. Српске проамеричке власти су потом, под маском борбе за заштиту српских националних и државних интереса учиниле много кардиналних, неопростивих грешака. Прва и суштинска грешка је прихватање трговине – Косово и Метохија за путовање ка Европској унији. Из те основне, уследиле су конкретне грешке и понижавајуће концесије: Решавање питања статуса, као суштинског,српске власти су изместиле са колосека УН и предале на колосек ЕУ, одричући се тако постојане подршке Русије и Кине као сталних чланица СБ УН, „у корист“ уцена САД, ВБ и Немачке у Брислу; успоставиле граничне прелазе на којима ускоро треба и монтажне објекте да замене трајним бетонским; закључиле серију бриселских тзв. споразума који су против Устава Србије и против Резолуције СБ УН 1244; потписале одрицање од важења уставног система Србије и прихватиле устав и законе илегалне творевине коју, наводно, не признају; укинуле све постојеће српске институције на северу Косова и Метохије, од судова и полиције до тужилаштва, цивилне заштите и других јавних служби. Све то и много другога, у интересу наводне заштите „нашег народа“.

Крајње је време да Србија преиспита досадашњу политику отворене трговине интересима на Косову и Метохији за отварање преговарачких поглавља и да размотри стратешке алтернативе. Досадашња политика непрекидног узмицања и једностраних концесија носи опасност да Србија испоручи све што се од ње тражи (и што ће се тек тражити) а да не добије ништа. Влада би релативно лако могла да дође до таквог закључка уколико бар покушала да направи биланс досадашњих такозваних преговора о Косову и Метохији од Ђинђића, Коштунице , Тадића и Јремића до Вучића, Николића и Дачића.

Ад 2)

Знало се од раније да САД нису признавале СРЈ. У Београду су, уместо амбасаде, имале „представништво САД“ на чијем челу није био амбасадор, нити отправник послова, већ „шеф представништва САД“. Практично, од 27. априла 1992. године, било је јасно да САД не желе Србију ни у смањеној Југославији, нити у заједници са било којом другом бившом југословенском републиком, поготову не са Црном Гором, која има излаз на Медитеран и чије се становништво највећим делом, осећа српским, братским са Србима у Србији. Сада је јасно да су представници САД на Конференцији у Братислави о којој Вили Вимер извештава канцелара Герхарда Шредера, само изрекли раније донету пресуду – да се, после разбијања СФРЈ, и СРЈ, као заједница Србије и Црне Горе, мора такође разбити. Ту пресуду ће уверљиво и дисциплиновано извршити Хавијер Солана, бивши генерални секретар НАТО, потоњи комесар ЕУ за спољну политику и безбедност, 14. марта 2002. године, потписавши тада заједно са Војиславом Коштуницом и Милом Ђукановићем „Полазне основе за преуређење односа Србије и Црне Горе.“ Ово „преуређење односа“ ће, у више фаза, омогућити каснији „демократски референдум“ са испланираним резултатом и коначно - излазак Црне Горе из „Државне заједнице“ са Србијом. САД и њихови врли европски савезници могли су да одахну јер је Хавијер Солана отклонио кључни део опасности од „великосрпског хегемонизма.“ Ко би рекао да су Јосип Броз Тито, у визури Запада, комунистички вођа и Бил Клинтон, у тој истој визури, предводник демократизације на планети, имали идентичне погледе на „великосрпску опасност!“

Ад 3)

Kакве је то планове НАТО имао 2000. године за чије спровођење је европски правни поредак, по оцени америчких представника, представљао сметњу? Одговор је утолико важнији, али и тежи кад се тврди (понегде, чак, и верује) да је НАТО, не само војна већ и политичка, организација „демократских“ стандарда и вредности, априори изван свих „теорија завера“ или подривања таквих тековина као што су, на пример, УН, међународно право, суверенитет и територијални интегритет држава. Ту и тамо чује се поређење - да су САД најмоћнија сила света, али да мудрост, ипак, столује у Европи, колевки европске цивилизације. Став представника САД на Конференцији у Братислави да је амерички правни поредак погоднији и за примену у Европи доводи у питање поменуту компарацију сводећи је на пуку малициозност уображених Европљана. Али, оставимо да то процене сами Европљани јер је очигледно да су многе америчке изуме и методе, управо Европљани, прихватили као своје, да су,на пример, на својој територији прихватили „мини Гвантанама“, да су одмакли у међусобном прислушкивању телефона и интернета, да амерички војници у Европи уживају дипломатски статус, да у европским медијима доминирају НАТО и америчке вредности, да америчке корпорације у Европи одговарају по америчким законима...

Ад 4)

СРЈ и њени представници одувек су истицали да проблем Косова и Метохије није у „масовном кршењу људских права“ припадника албанске националне мањине, већ у територијалним аспирацијама, сецесионизму и тероризму чији је основни циљ отцепљење Косова и Метохије од Србије и стварање тзв. Велике Албаније. Циљ САД и њихових врлих европских савезника био је и остао територијално смањивање и опште слабљење Србије као државе и српског народа као политичког фактора на Балкану. Јасно је да је такав циљ одговарао сепаратистичко-терористичком вођству косово-метохијских Албанаца. Још је јасније да се САД и НАТО нису могли отворено и јавно ангажовати у прилог албанског сецесионизма и тероризма. Зато су, да би придобили своју јавност, покренули су огромну пропагандну машинерију са тезом да је њихов циљ заштита људских права и спречавање „хуманитарне катастрофе“. Из писма-извештаја Вимера Шредеру се види да је амерички циљ био да се ратом против СР Југославије „исправи једна погрешна одлука генерала Ајзнехауера из Другог светског рата“, односно, да се на тероторији Косова и Метохије, односно Србије, накнадно распоредиле америчке оружане снаге. У чему је генерал Ајзенхауер својевремено погрешио? Вероватно се његова одлука 1944. о искрцавању савезничких снага у Нормандији сматра погрешном зато што је Нормандија превише удаљена од ондашњег Стаљиновог СССР-а. Садашњи стратези САД и НАТО вероватно оцењују да је било далеко боље да је Ајзенхауер донео одлуку о искрцавању савезника на Балкану јер би ту, далеко ближе СССР-у заувек остали. Уз то, Балкан је стратешки веома атрактивна интерконтинентална раскрсница.

Код Урошевца је никао Бондстил, једна од највећих америчких војних база у свету. Била је то само прва карика у ланцу нових америчких војних база, од којих је свака нова бивала све ближе и ближе руским границама. Прогнозе да ће после агресије на Југославију 1999.године доћи до прераспоређивања америчких и НАТО база и потенцијала из Централне Европе ка њеном југоистоку, само су се делимично оствариле: дошло је до милитаризације југоистока континента, али није дошло до демилитаризације ни централне ни западне Европе. Колико је познато, тамо нису затворене ни америчке ни НАТО војне базе. Што се тиче североистока, или тзв. Нове Европе, то подручје је доживело најинтензивнију милитаризацију. Поред класичних, отворене су и посебне америчке војне базе тзв. антиракетни штитови, успостављено је пет регионалних команди снага за брзе интервенције, испланиране су и делом распоређене снаге за брзе интервенције до 20.000 војника. Посебну пажњу изазива успостављање ваздушне војне контроле НАТО авијације читавог простора од Балтичког мора до Босфора. Није посве јасно да ли је интензивна милитаризација Европе, посебно њеног истока и југоистока, изазвана грађанским ратом у Украјини, или је грађански рат у Украјини покриће за милитаризацију и одвајање Европе од Русије, као њеног природног стратешког партнера?

Ад 5)

Потврђено је да између САД и европских савезника постоје разлике у погледу предпоставки за употребу НАТО-а које Американци третирају као „дилему“ европских савезника. САД сматрају да је та „дилема“ решена ратом против СР Југославије. Да ли „решење дилеме“, у суштини значи сламање, или дисциплиновање европских савезника да беспоговорно учествују у свим будућим интервенцијама по одлуци САД, разуме се, без одлуке СБ УН – није једноставно закључити.Међутим, каснији развој и понашање европских савезника у конфликтним и кризним ситуацијама, ипак, говори да је агресија НАТО против СРЈ 1999. године била тачка преокрета. Утицај Европе је ограничен, маргинализован а интервенционизам, по вољи САД, је глобализован. Европа је прихватила, не само начелно да следи политику и интересе САД, већ да их следи и кад САД крше основне принципе међународних односа и међународног права. Европа је касно и половично схватила да је 1999. године учествовала у агресији против себе саме. Зато је данас, 16 година после тога, Европа пред тако тешком ситуацијом око грађанског рата у Украјини. Иако зна ко је одговоран за Мајдан, преврат и сукобе, принуђена је да јавно осуђује Русију и да санкцијама сама себи наноси огромну штету. Применом санкција које су у америчком стратешком интересу, Европа поново учествује у једном, засад, економско–политичком рату, против себе саме.

Ад 6)

Карактеришући покушаје Европе да се напад на СР Југославију не претвори у праксу просторно и временски неограниченог ионтервенционизма, Американци их у Братислави багателишу као заробљенике „накнадне легалистичке интерпретације“. Ако су Европљани, ипак, легли на руду и прихватили понижење, онда је њихова тобожња љутња на Викторију Нуланд, која им је деценију и по после тога, поводом Украјине, скресала – нека се носе, у најмању руку –лицемерна! Оцена југословенског државног врха, да су САД агресијом 1999. године, имале за циљ ширење на Иасток и успостављање преседана за нове интервенције без одлуке СБ УН дочекивана је на нож од осокољених српских атлантиста, сорошеваца, досоваца и отпораша који су се невероватно брзо уживели у улогу „изнад свих других“. Како се осећају, ако ишта осећају, након што је њихов газда рекао - „јасно је да се ради о преседану који ће се користити“ увек када затреба, дакле, да за носиоце „демократизације“ не важе никаква правила, ограничења или стандарди. Демократија је кроз праксу НАТО прерасла у покриће освајачке, неоколонијалистичке политике.

Ад 7)

САД теже да преко НАТО успоставе такву „просторну ситуацију између Балтичког мора и Анадолије“ каква је постојала на врхунцу Римског царства. Какав бенигни израз за ненадмашну идеју о новој, овог пута, „демократизованој“ и „хуманозованој“ гвозденој завеси! Погледајте само илустрацију колико је дуг и колико широк појас на том правцу. Погледајте које су земље унутар појаса, које су источно, а које западно. Ко је у изолацији – територијално невелика и, у извесном смислу, дезоријентисана Европа, њена деградирана цивилизација и разорен морал, или Русија, са огромним пространством и још огромним ресурсима? А шта тек рећи о менталној структури месија, богомданих просветитеља, са друге стране Атлантика, који себе доживљавају као императоре најнапредније империје у историји?!

Ад 8)

Где се деде српска елита, пословично препуна себе, која би разумела шта значи став америчких представника изречен на самиту савезника у централној Европи – да Србија трајно треба да буде искључена из европског развоја?Ко је Србију сатерао у мишју рупу из које не сме да провири? Ако су то, на пример, Американци, што би било најлогичније, јер су најмоћнији на планети, знају да искористе уцењене, начете, користољубиве, имају новац, агенције, обавештајце, поставља се питање – откуда толика плима рајинског менталитета? Зар и прошлонедељни сукоби са албанским терористима у Македонији (Тетову), учестале поруке о „природном јединству свих Албанаца“, све теже подношљиви притисци на Републику Српску, подстицање опасних подела у српском националном бићу, ревизија историје и други злослути процеси нису озбиљна опомена и позив да власт размисли о алтернативној стратегији Србије? То би значило: окретање себи, сопственим људским, економским, природним и геополитичким ресурсима; заустављање пљачкашке приватизације одустајањем од даље распродаје преосталих ресурса (Телекома, ЕПС-а, пољопривредног земљишта); добросуседство са свима, укључујући ЕУ; уравнотежени односи и неутрална политика са свим факторима; очување односа са Западом, уз бржи развој сарадње са Русијом, Кином и целим БРИКС-ом. Политика без алтернатива је све друго осим озбиљна политика.
Ад 9)

Каква случајност! Априла 2000. Американци захтевају од Европљана (или, боље – саопштавају им) да је потребно успоставити „потпуну контролу над прилазом из Санкт-Петерсбурга у Балтичко море“. Петнајест година касније - преврат па, грађански рат у Украјини, гомилање трупа НАТО у Балтичком приобаљу, потпуна контрола копненог, морског ваздушног простора, тзв. антиракетни штитови, ротирајуће команде снага за брзе интервенције. НАТО пропаганда се преусмерава са тезе о опасности од „осовине зла“ (Техеран – Пјонгјанг) на тезу о „руској опасности“. А шта рећи тек о конзистентности САД/ЕУ/НАТО политике: агресија НАТО 1999. Уз најгрубље кршење Повеље УН и основних принципа међународног права, као и једнострано отцепљење Косова и Метохије кршењем међународног права, резолуције СБ УН 1244 и Устава Србије, уз подршку САД и целог Запада 2008., били су прихватљиви и исправни. Међутим, референдум на Криму и враћање полуострва матици Русији којој је вековима припадало, по оцени тих истих фактора, представља кршење међународног права и није прихватљиво! Принципијелно, нема шта!

Ад 10)

Предност има право на самоопредељење, изнели су представници САД пре 15 гопдина на конференцији у Братислави. Подразумева се – ако то одговара интересима САД. У супротном, то право не васжи. Поготову, по америчким стандардима, то не важи за Србе било где да се налазе у региону ван Србије. Србе у Републици Српској третирају као реметилачки фактор који наводно отежава европску функционалност БиХ. То што основни проблеми у БиХ потичу из неуређених односа иузмеђу Муслимана и Хрвата, што Хрвати неће бити задовољни док не добију свој самостлни ентитет сви би желели да ставе под тепих. Не прихвата се да за било шта може бити одговоран неко други, осим Срба!

Закључци на крају писма Вили Вимера су више него јасни и не захтевају коментар. Развој у протеклих 15 година само је потврдио њихову основаност и вредност.

Вили Вимера сам упознао 1996. године на предлог југословенске амбасаде у Бону. Амбасада је оценила да се ради о конструктивном и утицајном немачком политичару из ЦДУ, добром познаваоцу Југославије и прилика на Балкану и, што је било одлучујуће, о блиском сараднику тадашњег немачког канцелара Хелмута Кола. То је време великих напора југословенске дипломатије да, после Дејтона, убрза нромализацију односа и билатералне сарадње са земљама најважнијим партнерима. У годинама које су уследиле имали смо више прилика за формалне и неформалне разговоре и у Београду и у Бону, па чак и за дружења која су обухватала посете Јагодини, Ћуприји, Параћину, Крагујевцу, Крушевцу, Јастрепцу, Каленићу. Пар пута присуствовао сам Вимеровим разговорима са пок. Председником Слободаном Милошевићем. Вимер и Милошевић су један другог поштовали. Што се Вимеровог односа тиче, он се може разазнати и из делова књиге „Повратак Хазардера“ посвећене разговорима са Милошевићем. Књига је издата 2014. у Немачкој, поводом 100. годишњице почетка Првог светског рата.

Као добри познаници, сретали смо се и после преврата у Београду октобра 2000. када је Вимер, посећивао Београд ради разговора са лидерима ДОС-а Председником Војиславом Коштуницом и пок. Премијером Зораном Ђинђићем. Једном таквом приликом уручио ми је копију свог писма Герхарду Шредеру од 2. маја 2000. Предајући ми писмо лаконски, ненаметљиво, како иначе разговара, пропратио је тај гест рекавши да ће ме садржина вероватно интересовати. Тек када сам дан или два након тога обезбедио превод писма на српски језик схватио сам о каквом се документу ради. У својој дипломатској каријери, нисам имао прилике да прочитам краћи и садржајнији текст. Читава стратегија САД, у то време једине супер-силе на свету, не само према Србији, односно, СРЈ, нити према Балкану, већ према целој Евро-Азији, а делом и америчка глобална стратегија.

Време је пролазило, а никако да добијем прилику да питам Вимера за сагласност да објавим његово писмо. Нисам желео да то чиним ни телефоном, ни Интернетом јер су то деликатна питања а електроника коликогод привлачна увек носи ризике. На страну ризик од прислчушкивања, тај ми није био одлучујући. Више сам се тих начина комуницирања клонио бојећи се неспоразума, да не помисли, како постављам неумесно питање, како не разумем делиокатност садржине писма и слично. Коначно, моје интерсовање за објављивањем писма пренео сам усмено, преко дипломате заједничког пријатеља. Вимеров одговор је гласио – да могу да објавим писмо, уколико оцењујем да то може користити његовим српским пријатељима. Писмо на немачком и на српском, уз коментар, било је спремно за објављивање крајем 2006. године. објављено је јануара 2007. у публикацији „Актуелна питања спољне политике“, у издању Београдског форума за свет равноправних. Паралелно је послато и редакцији НИН-а, као тада најозбиљнијем недељном листу у Југославији. Сећам се да ми је тадашњи главни и одоворни уредник „НИН-а“ Слободан Рељић телефонирао и питао да ли сам сагласан да Вимерово писмо објави у оквиру ширег прилога његовог дописника из Берлина Николе Живковића. Ценећи тадашњи НИН и Рељића као уредника и аутора убојитих коментара, сагласио сам се, без трунке колебања. И обрадовао – важан докуменат, од великог интереса за јавност, стручњаке и научнике, коначно, ће бити обелодањен како и заслужује – у најозбиљнијем недељном листу! И, заиста, „НИН“ је, поред интегралног текста писма, објавио врло садржајан коментар Николе Живковића, на неколико штампаних страница.

Одјек објављивања Вимеровог писма у публикацији Београдског Форума и у НИН-у, свакако је био позитиван. За многе је то било право откровење, доказ, corpus delicti да је агресија НАТО 1999. године део НАТО глобалне стратегије ширења на Исток, да НАТО није милосрдан како претендује да изгледа, већ напротив, грамзив, агресиван, безобзирна освајачка машинерија, коју је брига за било чија људска права колико за лањски снег. Други су вртели главом јер им се садржина чинила невероватном, претераном. Замислите, тако озбиљна, (назови) одбрамбено-политичка, демократска алијанса, па неко говори, чљак, и пише да та анђеоска организација жели да успостави такву „просторну ситуацију каква је постојала када је Римско царство било на врхунцу моћи“. Ајте, молим вас, коме ви то?! Нисмо ми од јуче да наседамо припадницима „бившег режима“ и, уоште, ретроградним појединцима, у земљи или иностранству. Или сличне реакције! А највећа реакција је била – ћутање!

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(srpskohrvatski / english / italiano)

Ustascia e banderisti

1) Putinova naredba: Hrvatskog generala mi dovedite živog (15.2.2015.)
2) Ukraine and beyond - some facts (Zivadin Jovanovic)
3) La Croazia schiacciata ... e il passato che riappare (Enrico Vigna)


Isto pogledaj / vedi anche:

Ustascia in Ucraina (Fonte: pagina FB di Velimir Bujanec, 3/2/2015)
<< HRVATSKI RATNICI U UKRAJINI!
Hrvatski dragovoljci upravo su mi se javili iz Ukrajine, gdje se bore na strani naše ukrajinske braće protiv ruskih okupatora, separatista i četnika. Javio mi se hrabri prijatelj Miroslav Mašić, trenutačno su u jednom kampu, a uskoro odlaze na prvu liniju u Mariopolj. Bore se za slobodu Ukrajine, u sastavu pukovnije "Azov". U telefonskom razgovoru su izrazili nadu da će na liniji - s druge strane - možda sresti nekog četnika iz Srbije pa da "malo porazgovaraju"!
Bude li sve ok, gledatelji Bujice mogu uskoro očekivati ekskluzivnu reportažu iz Mariopolja, s prve linije fronte... 
PHOTO: Miroslav Mašić i ostali hrvatski dragovoljci bore se u Ukrajini u sklopu pukovnije Azov! >>

Fotogalerija boraca za "europsku" i "demokratsku" Ukrajinu bojne "Azov" (V. Popov, 08. 03. 2015)
http://www.altermainstreaminfo.com.hr/vijesti/fotogalerija-boraca-za-europsku-i-demokratsku-ukrajinu-208

Serbian volunteers fighting for Novorossiya are threatened with a jail time back home in Serbia (Russia Insider, 22 mar 2015)
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=8F5kLQsY774&feature=youtu.be
Original video Tsargrad channel: https://www.youtube.com/watch?v=aK8_A4FUZgk

Burning the flag of NATO stay behind terrorist organisation (14. May 2015)
NAF burning captured flag of NATO puppets


=== 1 ===

http://www.novosti.rs/vesti/planeta.299.html:534108-Putinova-naredba-Hrvatskog-generala-mi-dovedite-zivog

Putinova naredba: Hrvatskog generala mi dovedite živog 


Novosti online | 15. februar 2015.
Taman kad su u hrvatskoj Vladi pomislili da će delagacija, koja sledeće nedelje putuje u Moskvu, uspeti da olabavi nategnute hrvatsko-ruske političke odnose, neočekivano je iskrsnuo problem hrvatskih plaćenika u ukrajinskom ratu

Taman kad su u hrvatskoj Vladi pomislili da će delagacija, koja sledeće nedelje putuje u Moskvu, uspeti da olabavi nategnute hrvatsko-ruske političke odnose, neočekivano je iskrsnuo problem hrvatskih plaćenika u ukrajinskom ratu.

Kada je ministrka spoljnih poslova Vesna Pusić otvoreno priznala da hrvatski ratni dobrovoljci učestvuju u ratnim akcijama protiv proruskih snaga na teritoriji Ukrajine, službeno je reagovalo Ministarstvo spoljnih poslova Ruske Federacije, koje je zbog toga izrazilo "uznemirenost". 

- Ne dovodi se u pitanje zakonitost učestvovan hrvatskih građana u operacijama ukrajinskih vojnih struktura. Pozivamo Zagreb i čelnike drugih država, čiji su građani vrbovani u oružane snage Ukrajine, da spreče tu praksu - stoji u depeši ruskog Ministarstva unutrašnjih poslova. 

Na zlom glasu

Postavlja se pitanje zašto je Moskva neobično oštro kritikovala Hrvatsku i pozvala je da spreči odlazak hrvatskih plaćenika u Ukrajinu. 

Prema ruskim izvorima, Moskvi je zapala za oko, ne brojnost, nego položaj pojedinih plaćenika za koje se sumnja da su iz Hrvatske. Naime, ruske službe su presrele razgovore između nekoliko jedinica iz "Azov" brigade, koja je uglavnom sastavljena od stranih plaćenika, a koja se bori na strani Kijeva i ima zloglasan ugled među proruskim snagama. 

Konkretnije, komandant 13. rezervnog bataljona unutar brigade "Azov" često sa drugim komandantima koji se nalaze na terenu komunicira na jeziku za koji Rusi pretpostavljaju da je hrvatski. Još uvek nije poznat identitet tog komandanta, a proruski vojnici su mu dali kodno ime "Horvat", odnosno "Hrvat". 

Taj neznanac se nedavno telefonski uključio uživo u program televizijske stanice "Ukrstream TV", gde je na ukrajinskom jeziku govorio o uspesima svojih vojnika.

Poslednji uspesi te jedinice su bile borbe za mesta Širokine, Pavlovo, Kominternovo i Novoazovsk, gde su proruske snage bile primorane na povlačenje. Ipak, dalje od te crte nisu mogli da napreduju jer su proruske snage bile dobro ukopane, sa većim arsenalom oklopnih vozila i dalekometnog naoružanja. 

Oprost za zločine

Zbog velikih uspeha 13. rezervnog bataljona u borbama protiv separatista, proruski komandanti su organizovali posebnu jedinicu koja će, barem dok službeno ne stupi primirje, pokušati da uhvate komandanta "Horvata" i da ga živog privedu. 

Ipak, prema novoj verziji mirovnog sporazuma iz Minska, brigada "Azov" će biti raspuštena, a eventualni ratni zločini neće biti procesuirani. Ako u Ukrajini sada utihnu topovi, nameće se pitanje koja je sudbina "Horvata", za kojeg Rusi veruju da je Hrvat. Hoće li se vratiti u domovinu, ili će, otići u neke nove ratne avanture?  

(Slobodna Dalmacija)



=== 2 ===

http://www.beoforum.rs/en/comments-belgrade-forum-for-the-world-of-equals/400-ukraine-and-beyond-some-facts.html

UKRAINE AND BEYOND - SOME FACTS

• It is 40 years since Helsinki Final document;

• Destruction of SFR of Yugoslavia 1992.- 1995. aided by USA/NATOwas violation of 
Helsinki Final document, especially of the principle of inviolability of international borders;

• Bypassing UN Security Council, NATO violated sovereigntyandterritorial integrity of 
Serbia (FRY) in 1999. NATO conducted military aggression against an independentsovereign country. It was brutal violation of the basic principles of international laws, including UN Charter. It was precedent for a number of ensuing USA/NATO interventions (Afghanistan, Iraq, Libya, Mali);

• At the NATO conference in Bratislava, in April 2000, USA representatives presented 
plan to establish strategic control of the whole space from Baltic Sea to Anatolia (Turkey). They said that wherever the law appears as an obstacle to the NATO objectives it should be removed.(Willy Wimmer report to the Chancellor Gerhard Schroeder, dated May 2nd, 2000, Current Issues of Foreign Policy, Belgrade Forum for a World of Equals, Belgrade, 2007. p. 73-7);

• 2006 dissolution of FR of Yugoslavia (Serbia and Montenegro) was directly 
engineered by Javier Solana, NATO Secretary General at the time of NATO aggression on FR of Yugoslavia (1999);

• 2008 unilateral secession of Serbia’s Province of Kosovo and Metohija from Serbia 
was violation of Helsinki, UN Charter and UN SC resolution 1244, openly aided and lobbied by USA/NATO/EU, while the Province has been under their military occupation. It has been and, unfortunately, will be precedent for future secessions in Europe;

• USA/NATO strategy of expansion toward East, i.e. towards Russian boarders is 
background of the Ukrainian conflict;

• At 2008 NATO summit in Bucharest Germany and France resisted USA initiative to 
invite Ukraine to join NATO membership, considering that it would provoke Russia and that confrontation with Russia would not be in Europe’s best interest;

• Chain of new USA bases in Europe started with 1999 erection of Bondstil base in 
occupied Serbian Province Kosovo and Metohija. It was followed by four USA new bases in Bulgaria, four in Romania and so on;

• Strategy of encircling Russia and dividing EU from Russia led to erecting network of 
new USA network of anti-ballistic bases;

• New six permanent NATO bases with 30.000 troops for fast reaction, in Poland, Baltic 
and other states are results of 2014 Wells NATO summit;

• Much before Maiden coup in Kiev and referendum in Crimea, the whole of Europe, 
especially Eastern parts of the Continent, was covered by unprecedented network of new USA/NATO military bases, Europe has been militarized.

Zivadin Jovanovic


=== 3 ===

http://www.beoforum.rs/en/comments-belgrade-forum-for-the-world-of-equals/392-la-croazia-schiacciata-tra-ricatti-economici-usa-e-della-ue-pressioni-militari-della-nato-stagnazione-economica-e-sociale-interna-e-il-passato-che-riappare.html


Il Ministro degli Esteri russo Lavrov ha dichiarato che la visita del senatore statunitense Chris Murphy ad ottobre in Croazia, mira a fare “ pressioni vergognose” sul paese, in vista di decisioni decisive per la politica statale di quel paese. Infatti la visita è arrivata proprio mentre il governo croato si accinge a decidere alcune scelte economiche e militari che preoccupano le leadership statunitensi e occidentali. Da fonti locali è trapelato che il senatore ha cercato di ottenere una promessa da esponenti governativi della Croazia di escludere alcuna opzione di vendita di partecipazioni in Croazia della principale società di petrolio e gas la INA, a potenziali investitori dalla Russia che negli scorsi mesi avevano fatto proposte definite interessanti anche da membri del governo; come se non bastasse nei colloqui il senatore ha anche messo all’ordine del giorno degli incontri, addirittura una forma di veto ad eventuali forme di cooperazione con la Russia. In una conferenza stampa Lavrov ha detto: "…Secondo le informazioni che abbiamo, durante il suo recente viaggio in Croazia, il senatore statunitense del Connecticut, Chris Murphy ha cercato di ottenere una promessa dagli alti funzionari della Croazia, di escludere alcuna opzione di vendita di partecipazioni nella società leader del petrolio e del gas della Croazia INA, a potenziali investitori russi, in tal caso l'azienda potrebbe incorrere in interruzioni di altre collaborazioni con partner europei… Ha anche proposto ai funzionari croati di acquistare elicotteri americani in sostituzione di quelli di fabbricazione russa Mi-8, elicotteri attualmente in uso nell'esercito croato...", ha detto il ministro russo.

E’ evidente che queste mosse hanno come sfondo la politica USA di rafforzare le sanzioni contro la Russia, Washington sta costantemente esercitando una sempre più crescente pressione sugli stati del sud-est europeo, ultima la Croazia, ma in particolare l’Ungheria che recalcitrante alle imposizioni della UE e degli Stati Uniti, ha concluso numerosi contratti e progetti di sviluppo con la Russia. L’obiettivo delle politiche occidentali è quello di ostacolare al massimo la cooperazione con i paesi di quella regione nei settori dell'energia e negli ambiti delle tecnologie militari. Chiaramente queste pressioni, più appropriatamente definibili ricatti, fanno capire bene come e qual è, la concezione “democratica occidentale” del rispetto delle sovranità e indipendenza di ciascun paese, in un ottica di sviluppo e progresso nazionale. Inoltre sono in palese violazione di qualsiasi norma usualmente riconosciuta circa la cooperazione internazionale.

Mentre il governo croato è in aperta difficoltà nel prendere decisioni di questo tipo, che potrebbero rivelarsi anche disastrose per la sua già difficile situazione economica, sul fronte europeo è di ottobre la notizia rivelata d un comunicato dell’Ambasciata ucraina in Croazia, dove viene ufficializzato un accordo tra al Giunta golpista di Kiev e Zagabria, per la cura nel paese della ex Jugoslavia, dei feriti membri della Guardia Nazionale ucraina ( come documentato, in pratica i neonazisti ucraini). "…Secondo l’accordo tra la parte croata e in seguito ad una incontri dell'ambasciatore ucraino Oleksandr Levchenko presso il Ministero degli Affari esteri ed europei e il Ministero della Salute della Repubblica di Croazia, è stato raggiunto l'accordo che la Croazia fornirà cura e riabilitazione per i soldati della Guardia Nazionale dell'Ucraina, che sono rimasti feriti nelle operazioni militari nella parte orientale del Paese.. ", dice la nota. Nel protocollo siglato le parti hanno convenuto che la Croazia fornirà supporto medico e psicologico ai combattenti ucraini, che hanno partecipato o sono stati feriti; con la parte croata che coprirà tutte le spese di trasporto e di riabilitazione.
Da questo punto di vista l’accordo è in continuità e sintonia tra le radici storiche comuni e perfettamente affini, tra gli eredi dei banderisti ucraini e quelli degli ustascia croati. 
Ieri come oggi con conclamate e rivendicate radici nazifasciste criminali.


E’ impressionante quante similitudini e parallelismi politici, culturali e fideistici, di ferocia, fanatismo, disumanità hanno avuto ed hanno nei reciproci discendenti, le bande neonaziste in Ucraina con i secessionisti croati degli anni ‘90. Un dato su tutti, tratto dai documenti storici: il comandante nazista dell’Adriatisches Kustenland in Croazia, che invitava Berlino ad intervenire per fermare la “ferocia spropositata” degli ustascia croati e lo stesso, negli stessi anni faceva da Kiev, il nazista comandante la “piazza” ucraina, che inviava ai comandi di Berlino rapporti dove chiedeva di intervenire per frenare le atrocità dei banderisti ucraini.

Per comprendere cosa sono stati gli Ustascia nella storia della Jugoslavia e per comprendere il fanatismo, l’odio e il razzismo insiti dentro questo fenomeno storico atroce, ecco alcuni stralci di discorsi di esponenti religiosi della chiesa Cattolica, nella stragrande maggioranza non solo fiancheggiatrice, ma parte del governo ustascia, non dimentichiamoci del cardinale Stepinac, criminale di guerra, complice del massacro di 700.000 mila serbi, ortodossi, ebrei, zingari, comunisti e antifascisti nel campo di concentramento di Jasenovac in Croazia.

Esclusi alcuni padri cattolici croati eroici, che in solitudine stettero al fianco della popolazione senza discriminazioni razziali o religiose, in gran parte pagandone il prezzo con la loro stessa vita. E anche qui in perfetta sintonia con la chiesa Uniata ucraina, schieratasi al fianco dei “liberatori” nazisti e diventando parte dei piani di massacro in quella terra.

Estratti dal discorso pronunciato dal cardinale cattolico Dr. Viktor Gutic, tenutosi in una raduno a Sanski Most, il 28 maggio 1941. Il discorso fu pubblicato su "Hrvatska Krajina" n° 19, del 30 maggio 1941. "…L'esercito serbo non esiste più. Non ci sono più serbi. Non dobbiamo più avere a che fare con quei contadini assetati di sangue. La dinastia dei Karadjordjevic è scomparsa e presto dalle nostre parti, non ci saranno più da vedere alcun serbo, perché saranno scomparsi. Ho dato drastici ordini per la loro distruzione economica completa e nuovi ordini saranno emessi per il loro sterminio totale. Non siate deboli nei confronti di nessuno di loro. Non dimenticate mai che essi sono i nostri nemici più radicali. Distruggeteli ovunque entrate in contatto con loro e la benedizione del nostro Capo dello Stato e la mia saranno eterne... 
I serbi non devono sperare in nulla ed è meglio per loro di andarsene via, devono scomparire dalle nostre regioni e dalla nostra patria… ".

Sempre il cardinale Gutic dichiarava ad un altro raduno ustascia a Banja Luka: "…Ma domani io prenderò le redini. Gli romperò la schiena. Ditelo ai nostri amici. Dite loro che le loro schiene saranno rotte e quindi la purificazione avrà inizio... Nessuna pietà ... Il capo dello Stato e i ministri croati non vedono l'ora di entrare in una Banja Luka purificata e questo sta per essere fatto molto velocemente. Ho intenzione di essere un manico di scopa di ferro e posso dirvi che non permetterò a nessuno di venire da me a supplicare per salvare qualche nostro nemico... "

Il 9 Giugno 1941 Gutic ha detto in una manifestazione a Prnjavor: "…Dichiaro al nido serbo in Prnjavor che io darò a me stesso 24 ore per spazzare via questo nido serbo. Io comincerò ad ucciderli e voi mi seguirete…."

Nel giugno 1941, il Frate Srecko Peric, un francescano del monastero di Livno, dall'altare della chiesa del monastero di Gorica, invitò i croati a cominciare il massacro dei serbi:

"…Fratelli croati, andate e massacrate tutti i serbi. Prima uccidete mia sorella perché lei è sposata con un serbo e poi trattate tutti gli altri serbi nello stesso modo. Al termine di questo lavoro venire da me nella mia chiesa, dove ascolteremo le vostre confessioni e vi sarà data la comunione e così tutti i vostri peccati saranno perdonati... ".

A cura di Enrico Vigna, Forum Belgrado Italia.





[Non diversamente da quanto succede in Serbia come in Italia e nelle gran parte dei paesi dell'alleanza occidentale, anche in Croazia da anni il revisionismo storico e la riabilitazione dei criminali di guerra nazifascisti sono nell'agenda delle nuove classi dirigenti, che si fanno portavoce del revanscismo dei perdenti della II Guerra Mondiale. 
Uno dei miti usati dalle destre croate per riabilitare lo Stato-fantoccio dei nazifascisti (il cosiddetto NDH, acronimo di "Stato Croato Indipendente", guidato da Ante Pavelic e dai suoi ustascia) è proporli come vittime di un grande massacro: tale sarebbe quello di Bleiburg ad opera dei partigiani comunisti jugoslavi, presentati come criminali "cetnizi" e croatofobi; altro mito in gran voga è quello del cosiddetto tradimento da parte britannica. A Bleiburg si interruppe la marcia verso l'Austria della massa dei fuggitivi della NDH e dei civili al loro seguito. Presentati come vittime, gli ustascia sono magicamente scaricati dalle responsabilità per tutti i crimini reali, quelli da loro commessi dal 1941 al 1945; dall'altro lato, i partigiani comunisti diventano i veri criminali della II Guerra Mondiale. Cosicché nella nuova vulgata rovescista, incarnata dalla neopresidentessa Kitarovic "Bleiburg è il simbolo della sofferenza del popolo croato" e "non vi si vede nessuna simbologia ustascia" (https://esmirmilavic.wordpress.com/2015/02/24/hrvatska-se-vraca-u-fokus-balkanske-javnosti-grbar-kitarovic-i-karamarko-u-punom-napadu/).
Va giustamente controcorrente l'articolo che segue, basato su varie fonti incluse quelle degli stessi ustascia e dei reduci, che riporta "Bleiburg" a quello che è: una grande operazione di manipolazione storiografica, non dissimile da quelle delle "foibe" e dell'esodo per l'Italia o dell'Holomodor (grande carestia degli anni Trenta) per l'Ucraina. 
(a cura di Andrea D. e Italo S.) ]



ŠTO SE ZAPRAVO DOGODILO 1945. GODINE? 

Kako je stvaran bleiburški mit o izdaji nevinih



Autor: Daniel Ivin
Objavljeno: 16.05.2015

Rano ujutro u subotu 5. svibnja 1945. iz Zagreba je poletio avion prema jugu, prema Jadranu i Italiji, kojim su upravljala dva zarobljena američka pilota, s pratnjom dva ustaška časnika. Oni su nosili tek sastavljeni Memorandum vlade takozvane NDH sa potpisima svih ministara, upućen glavnom komandantu Savezničkih snaga na Sredozemlju, engleskom maršalu Alexanderu, koji se nalazio u Caserti pokraj Napulja.

Za svaku sigurnost, dva do tri sata nakon prvog poletio je i drugi avion, također s primjerkom rečenog Memoranduma, koji je nosio osobno jedan od potpisnika, ministar Vjekoslav Vrančić. Ustaška vlada u tom dokumentu izjavljuje da “slobodno područje Hrvatske” stavlja pod zaštitu zapovjednika Savezničke vojske u Sredozemlju i predlaže da se u to područje uputi vojska pod njegovom komandom, “kojoj će se pridružiti hrvatske oružane snage”. Vjerovali ili ne, točno tako: ustaše će se pridružiti - ponavljam, pridružiti, a ne predati - Savezničkoj vojsci, i to na slobodnom području Hrvatske; znači, oslobođene od partizana, koji su inače komunisti, pa kao takvi valjda ipak oni pravi neprijatelji zapadnih saveznika, dok su ustaše - valjda zbog “sličnog načina razmišljanja” - oni pravi saveznici. Nevjerojatno, ali doista tako, crno na bijelo, pa zato već i Bekić u svom prikazu tog Memoranduma osjeća potrebu komentirati: “Nakon što su četiri godine bili najvjerniji sluge Hitlerove Njemačke, i kao takvi objavili rat zapadnim silama, nakon što su u vlastitoj zemlji počinili besprimjerne zločine, i osramotili hrvatski narod, ustaški su kvislinzi smatrali da se mogu pozivati na Atlantsku povelju zapadnih demokracija, i to u ime hrvatskog naroda!”

Odmah nakon što je taj jadni Memorandum odaslan, ta ista ustaška vlada donosi odluku - kao da je već samom tom odaslanom ponudom sve sređeno! - da sljedećeg dana započne sveopći odlazak vojske i civila prema austrijskoj granici i Vinko Nikolić zapisuje u svoj dnevnik kako će ih “na granici prihvatiti Angloamerikanci. Tamo ćemo biti preuređeni i naoružani, opskrbljeni svim potrebnim sredstvima modernog rata, pa onda krenuti natrag u borbu za oslobođenje, što bi imalo uslijediti za nekoliko dana, dapače, neki misle da bi Englezi mogli u Hrvatsku stići i prije”. Da je takvo uvjerenje, posijano od ustaških predvodnika, bilo sveopće rašireno svjedoči nam i pjesnik Srećko Karaman (izneseno na stranici 289 knjige Bleiburška tragedija hrvatskog naroda) kako “čim pređemo granicu Austrije opasnost je minula. Tamo su Saveznici, nema komunista ni Titovih partizana. Dolazimo svijetu koji misli kao i mi”.

Prema saveznicima

Znači, u tom mnoštvu tisuća i tisuća vojnih, političkih, civilnih bjegunaca, koji su dva dana prije svršetka Drugog svjetskog rata napuštali Zagreb pred Titovom vojskom, postojalo je uvjerenje da oni ustvari bježe ususret onima “koji misle kao i mi”. Doslovno tako - kao da su Amerikanci i Englezi njihovi saveznici, budući da su im razmišljanja sličnija njihovom nego “partizanskom”, pa ih čekaju raširenih ruku kao spas. Nije to bilo pojedinačno mišljenje; u istom mnoštvu bjegunaca nalazi se i 16-godišnji Drago Truhli koji poslije iznosi (na strani 235 knjige Otvoreni dossier Bleiburg) kako se “nekakva priča širila, da je to, zapravo ugovoreno, da je ugovoreno da ćemo se mi predati Englezima”. Istovremeno je, negdje u toj približno 50 kilometara dugoj koloni, i 19-godišna Slavica Kumpf iz Vukovara, koja poslije iznosi (na strani 251 iste knjige) kako im je rečeno da su “krenuli u susret Englezima”.

Mnoštvo glasina

Da to nije bila nekakva maštarija samo mladih ili neupućenih svjedoči nam opet Vinko Nikolić, koji opisujući treći dan svojeg bjekstva iz Zagreba prema Bleiburgu (u knjizi Tragedija se dogodila u svibnju, str. 97) kaže da “jedino što je u tom našem stanju djelovalo utješno bile su glasine: Englezi su već tu blizu, pa ćemo možda već i danas natrag u Zagreb”. Nikolić tada nije bilo tko, nego poznato ime kulturnog života Hrvatske, prilično upućen u namjere vodstva njegove države, koja čini pravi zločin prema vlastitom narodu, odvodeći ga prevarom u bjegstvo iz domovine. Još i upućeniji od njega je ustaški pukovnik Danijel Crljen, koji je tada u samom komandnom vodstvu te kolone od približno 150 tisuća očajnika, među kojim je značajan broj žena i djece, kao doista sramotna zaštita zločinačkog kukavičluka. Prema njegovim zapisima, na osnovu vlastitog dnevnika (objavljenog u Hrvatskoj reviji 1966., str. 274), on navodi “moramo sebi prokrčiti put do Engleza ili Amerikanaca, makar i uz cijenu očajničkih okršaja”.

Crljen dalje nastavlja kako su ih zaustavile partizanske jedinice na granici kod dravskog mosta i postavile ultimatum bezuvjetne predaje. Iz kolone u žurbi prikupljeni dijelovi ustaške legije odgovaraju žestokim napadom, odbacuju partizansku ili jugoslavensku vojsku, nanoseći teške gubitke u mrtvima i ranjenima - što se događa nekoliko dana nakon svršetka Drugog svjetskog rata u Europi - i tako se borbenošću očajnika probiju preko granice u Austriju, do Bleiburga. Još tog istog dana 14. svibnja Tito, shvaćajući valjda kakvi sve neobuzdani bjesovi mogu biti izazvani ovakvim pogibijama, ponavlja svoje upozorenje od prije desetak dana doslovce riječima: “Poduzmite najenergičnije mjere da se po svaku cijenu spriječi ubijanje ratnih zarobljenika...”. Sljedeći dan u utorak, 15. svibnja 1945., u podne, već spomenuti Crljen napokon stigne do engleskog genarala Scotta, koji kaže hladno i kratko “da nas engleska vojska ne može primiti, da bi s nama trebalo postupati kao s ilegalnim bandama, jer smo po ugovoru o primirju trebali već prije osam dana položiti oružje pred partizanskim jedinicama, a mi smo nastavili borbom”. Zaprepašten neočekivanom hladnoćom i odbojnošću ovih riječi, Danijel Crljen - koji ih je osobno zapisao - na kraju dodaje, s očitim nerazumijevanjem dalekosežnog značaja onoga što zapisuje: “Začudilo me je, da nitko nije vodio nikakav zapisnik”.

Izuzetno snažna šokantnost takvog doživljaja nije jedini razlog Crljenovom trenutačnom nesnalaženju ili nerazumijevanju zašto je taj kratki razgovor vođen bez službenog zapisnika. On, naime, nije mogao znati da je onaj primjerak Memoranduma ustaške vlade, s kojim su odletjela dva američka pilota prije deset dana rano u zoru 5. svibnja, već prijepodne istog dana stigao u Casertu do Savezničkog komandanta Sredozemlja maršala Alexandera. U dogovoru sa tamo prisutnim ministrom britanske vlade Haroldom McMillanom, on odmah Memorandum šalje u Beograd britanskom ambasadoru Stevensonu, da to hitno uruči osobno maršalu Titu.

Sramotna ponuda

Na taj su način maršal Alexander i ministar McMillan željeli pokazati Titu, ne toliko samu hitnoću ili važnost te doista sramotne ponude, koliko svoje potpuno odbijanje da uopće prime nešto takvo na razmatranje. Zato i ne uručuju samo uobičajenu diplomatsku obavijest o tom dokumentu i njegovo odbijanje, nego čine presedan u diplomaciji (čak i kada su u pitanju Saveznici), šaljući tako jedva taknuti Memorandum ustaške vlade, kojeg je ambasador Stevenson stigao još isti taj dan 5. svibnja nešto poslije 6 sati uvečer staviti na stol pred maršala Tita.

Prije nego je iz Zagreba uopće krenulo mnoštvo u bjekstvo prema austrijskoj granici - predvođeno doista i pravim zločincima na čelu s Luburićem, prvim komandantom Jasenovca - Vrhovni zapovjednik Narodnooslobodilačke vojske Jugoslavije maršal Tito imao je već u rukama dostavljenu ustašku ponudu britanskoj armiji za pregovore o predaji ili pridruživanju, i to originalni primjerak. Bio je to razumljivo najbolji dokaz da tako nešto za zapadne saveznike uopće ne dolazi u obzir. Zato je 10 dana kasnije kod Bleiburga ustaškom pukovniku Crljenu izrazito uočljivo nepostojanje bilo kakvog zapisnika trebao biti određen i jasan znak ili potvrda da se odbijaju čak i sami pregovori o predaji. Malo zatim postalo je sve itekako blistavo jasno i razumljivo (prema sjećanjima i Crljana osobno i prisutnog pregovarača NOV-a za predaju, potpukovnika Milana Baste) kad je general Scott, da prekine svaki daljnji razgovor s ustaško-domobranskim izaslanicima, naglo ustao i okrenuvši se Basti rekao: “Gospodine potpukovniče, moji tenkovi su vam na raspolaganju!”.

Bijele zastave

Partizanski potpukovnik Basta na tomu se zahvalio, da mu tenkovi nisu potrebni, a niti sat vremena nakon toga, negdje oko 4 sata poslijepodne, tog utorka 15. svibnja 1945. posvuda naokolo Bleiburškog polja - na koje je u tom trenutku dospjela niti polovina putem proređene kolone dugačke preko 40 km, ili oko trećine od onih koji su krenuli iz Zagreba - počele su se pojavljivati bijele zastave, odnosno razne svijetle krpe, košulje, majice. Prve žrtve Bleiburga, prema nekim vjerodostojnim iskazima, dogodile su se u nekoliko međusobnih obračuna zarobljenih očajnika: jedni su bili za predaju, drugi za bjekstvo. Njima treba pribrojiti nekoliko desetaka onih koji su stradali u stražarskom pripucavanju na pojedince ili čitave grupe u pokušaju bjekstva. Ali je svakako mnogo veći broj onih koji su živi i zdravi uspjeli dospijeti do Južne Amerike i tamo počeli pričati svoje snove kako su poginuli za domovinu.

Dakle, prema svim mogućim podacima o svim mogućim zbivanjima na polju pred Bleiburgom tog 15. svibnja 1945., broj mrtvih teško da je troznamenkasti. O nekakvom masovnom ubijanju na tom mjestu niti jedan vjerodostojni dokument nema ni slova; ostaju samo rekla-kazala priče proizvedene u dalekoj Latinskoj Americi, potrebne za izgovor naknadnih okupljanja na komemoracije posljednjoj i najodanijoj fašističkoj tvorevini u Drugom svjetskom ratu, a ne nevinima, čijih kosti ondje niti nema. Nikada ih nije ni bilo, pa se zato može reći kako nečiji službeni odlazak tamo otvoreno pred čitavim svijetom Hrvatsku proklamira kao neofašističku državu.

Predaja raznih ustaških i drugih neprijateljskih jedinica odvijala se i dalje ubrzano - nikom drugom nego onima kojima se očajnički uporno nikako nisu htjeli predati, pa se i dan danas tvrdi kako to nikada nisu ni učinili. Stariji civili, žene i djeca, od kojih hvala Bogu neki i danas žive da svjedoče kako su tamo potjerani kućama, dok je približno 40.000 zarobljenika odvedeno preko Celja u Maribor, gdje su koji dan poslije počinjeni doista brojni zločini.

Izdaja Britanaca

Ovdje se mora reći da čitava literatura o bleiburškoj mitologiji već godinama na stotine načina ponavlja i varira kao glavnu krivicu za hrvatsku sudbinu na tom polju takozvanu izdaju britanske vojske, odnosno britanske politike prema Hrvatima. Znači, ne samo da je krivac onaj koji počini djelo izdaje nego - što je još i važnije - da je onaj nad kojima je počinjeno djelo izdaje žrtva, pa je zato i nevin. Međutim, da bi se taj smisao mogao održati potrebno je spomenute neistine posložiti u konstrukciju cijelog niza kauzalnih neistina, počevši od ustaško-domobranske predaje engleskoj vojsci, pa se onda činjenica njihove stvarne predaje Jugoslavenskoj armiji može nazivati izručenjem, što je također neistina, nakon koje slijedi kako je takvo izručenje ustvari izdaja, što je dodatna neistina, iz koje slijedi da su oni koji su na taj način izdani, logično i nevini, što je još jedna neistina, a budući su tako nevini izručeni njihovim progoniteljima, pa je to onda još i zločin. A onaj nad kojim se vrši zločin je žrtva i zato ne može biti zločinac, pa je tom logikom valjda i amnestiran od svih zločina počinjenih u prethodne četiri godine! Ostaje tako na Bleiburškom polju za budućnost duh časne i slavne ustaške vojske Nezavisne Države Hrvatske, koja se zapravo nikome nikada nije predala, a zločinci su jedino oni koji su je tamo izdali i zarobili.

Evo, to je smisao mitologije o Bleiburgu. Jer ako je na tamošnjem polju izvršeno tek jedno sramotno zarobljavanje i, zapravo, završio Drugi svjetski rat u Europi - onda Jasenovac, ovako bez svojeg uobičajenog bleiburškog prekrivača, postaje ono što je uvijek i bio: stravično ogoljen i neusporediv zločin u povijesti naroda Hrvatske. Suočiti se s tom istinom nije lako, ali je časno i korisno zbog zdravlja onih kojima je bleiburška mitologija značila čitavo njihovo hrvatstvo.






(srpskohrvatski / francais / russkij / english / italiano)

70.mo Liberazione / 4: Moscow hosts Victory Day Parade

0) LINKS
1) Il presidente Putin alla testa del corteo di 250mila discendenti dei Partigiani sovietici / Discorso di Putin
2) May 9th: Russian Victory, NATO Defeat (Christopher Black)
3) Девети мај: где је ко? (Ненад Узелац)
4) La cancellazione della Storia (Manlio Dinucci)


=== 0: LINKS ===

Parada pobednika u Moskvi (09/05/2015)

Moscow hosts Victory Day Parade on 70th anniversary of the Great Patriotic War (RT, 09/05/2015)
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=FcFMuLr7TRs

VITTORIA SUL NAZISMO, L'EUROPA INSULTA I RUSSI (di Fulvio Scaglione, 09/05/2015)
I leader europei disertano la parata per i 70 anni della vittoria su Hitler. Uno sgarbo ai russi, non a Putin. E un grosso errore politico...
http://www.famigliacristiana.it/articolo/vittoria-sul-nazismo-l-europa-insulta-i-russi.aspx

La lettera di Berlusconi al Corriere: «L’Occidente e l’errore di voler isolare la Russia di Putin» (di Silvio Berlusconi, 09/05/2015)
La scelta di molti leader Ue di non essere a Mosca per l’anniversario della vittoria contro il nazifascismo è sbagliata. Poltrone vuote sulla Piazza Rossa sono una sconfitta...
http://www.corriere.it/esteri/15_maggio_09/berlusconi-l-occidente-l-errore-voler-isolare-russia-putin-23f5b560-f617-11e4-a548-cd8c68774c64.shtml

ИДУ ЧЕТЕ ПАРТИЗАНА… (Празник слободе – SUBNOR, 10. мај 2015.)

Il ruolo della Chiesa Ortodossa Russa nella Grande Guerra Patriottica e nella vittoria sul nazifascismo (Enrico Vigna, 9 maggio 2015)

La “traslatio” dell’antifascismo (di Diego Angelo Bertozzi)
L’assenza di rappresentanti di Paesi occidentali alla parata di Mosca per la celebrazione della vittoria sulla Germania nazista ha un chiaro significato, coerente con l’appoggio al golpe ucraino e con ormai vent’anni di aggressioni militari unilaterali (con annessi embarghi genocidi): Unione Europea e Stati Uniti hanno definitivamente abbandonato l’antinazismo/antifascismo come riferimento della loro azione politica...
http://www.marx21.it/italia/antifascismo/25583-la-qtraslatioq-dellantifascismo.html

I comunisti di tutto il mondo celebrano i 70 anni della Vittoria sul nazi-fascismo
Dichiarazione sottoscritta da decine di Partiti Comunisti e Operai
http://www.marx21.it/comunisti-oggi/nel-mondo/25584-i-comunisti-di-tutto-il-mondo-celebrano-i-70-anni-della-vittoria-sul-nazi-fascismo.html

Dichiarazione dei comunisti tedeschi e delle potenze che hanno sconfitto la barbarie nazi-fascista (da www.solidnet.org, 15 Maggio 2015)

Комнен Бећировић: Упорност Запада у злу против Русије (Париз, 12маја 2015.)

Why I Wept at the Russian Parade (by F. William Engdahl, 13/5/2015)
http://journal-neo.org/2015/05/13/why-i-wept-at-the-russian-parade/
TRAD.: Perché piangevo per la parata russa (F. William Engdahl, New Eastern Outlook 13/05/2015)

9 mai 1945 (Par Jacques Sapir, 4 mai 2015)
http://russeurope.hypotheses.org/3778
TRAD.: 9 maggio 1945 (di Jacques Sapir, Russeurope 4 maggio 2015)
https://aurorasito.wordpress.com/2015/05/08/9-maggio-1945/

Неочекивани препород Русије (Ф. Вилијем Енгдал, 9/3/2015)
ORIG.: Russia’s Remarkable Renaissance (by F. William Engdahl, 9/3/2015)
http://journal-neo.org/2015/03/09/russia-s-remarkable-renaissance-2/

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Source: Le Marxiste-Léniniste, n.23 (12 mai 2015), Supplément: 70e anniversaire de la victoire sur le fascisme en Europe



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LE CELEBRAZIONI DEL 70.MO ANNIVERSARIO DELLA VITTORIA SUL NAZISMO 
Si ricorda chi combattè per la patria 

MOSCA, PUTIN GUIDA IL "REGGIMENTO IMMORTALE" CON UN RITRATTO DEL PADRE TRA LE MANI 

9 maggio 2015 – Con un ritratto del padre in mano, Vladimir Putin si è messo alla testa del "Reggimento Immortale", come è stato battezzato il corteo della memoria, organizzato a Mosca per le celebrazioni del 70esimo anniversario della vittoria sovietica sulle forze nazifasciste. Dietro il presidente russo, secondo i dati fornita dalla polizia, 250mila persone. All'iniziativa "Reggimento Immortale" sono stati invitati in particolare i giovani russi, con foto e ritratti dei nonni che combatterono durante la Seconda guerra mondiale e oggi non sono più in vita. 

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INTERVENTO DEL PRESIDENTE PUTIN NEL 70mo DEL GIORNO DELLA VITTORIA

Egregi cittadini della Russia! Cari veterani! Egregi ospiti! Mi congratulo con Voi per il 70° anniversario della Vittoria nella Grande Guerra Patriottica!
Nel ricordare oggi questa sacra ricorrenza, ci rendiamo conto un'altra volta di tutta la grandiosità della Vittoria sul nazifascismo. Siamo orgogliosi del fatto che propiro i nostri nonni e padri siano riusciti a vincere, a disfarre e ad annientare questa forza oscura.
L'avventura di Hitler fu una terribile lezione per tutta la comunità internazionale. Allora, negli anni '30 del secolo scorso, l'Europa illuminata non subito riuscì a vedere il micidiale pericolo insito nell'ideologia nazista.
L'Unione Sovietica andò incontro ai colpi più duri del nemico. Qui fu concentrata l'élite delle truppe naziste. Qui ebbero luogo le battaglie più grandi, dal punto di vista del numero delle truppe e dei mezzi, che furono decisive per l'esito della Seconda guerra mondiale.
È quindi logico che sia stata proprio l'Armata Rossa, dopo il travolgente assalto di Berlino, a mettere il punto finale nella guerra contro la Germania hitleriana.
Cari amici!
La Grande Vittoria rimarrà per sempre la vetta eroica della storia del nostro paese. Tuttavia ricordiamo anche i nostri alleati della coalizione antihitleriana.
Siamo riconoscenti ai popoli di Gran Bretagna, Francia e Stati Uniti d'America per il loro contributo alla Vittoria. Ringraziamo di antifascisti dei vari paesi che con abnegazione lottarono nelle file della Resistenza e in clandestinità.
Ricordiamo lo storico incontro degli alleati sull'Elba. La fiducia e l'unità che costituirono un nostro patrimonio comune e diedero esempio di riunificazione dei popoli in nome della pace e della stabilità.
Proprio questi valori furono posti alla base dell'assetto postbellico del mondo. Venne creata l'Organizzazione delle Nazioni Unite, un sistema di moderno diritto internazionale. Queste istituzioni hanno dimostrato con fatti la loro efficienza nella soluzione delle controversie e dei conflitti.
L’Alleanza Atlantica trasferirà in via temporanea nel prossimo mese di giugno il proprio quartier generale meridionale da Napoli in Romania, nel quadro dell’esercitazione militare Trident Joust
Tuttavia, negli ultimi decenni, sempre più spesso i principi fondamentali della cooperazione internazionale vengono ignorati. Principi nati dalle sofferenze dell'umanità dopo le prove globali imposte dalla guerra.
Siamo stati testimoni di tentativi di creare un mondo unipolare, vediamo come sta crescendo la mentalità della forza basata sui blocchi. Tutto ciò erode la stabilità dello sviluppo mondiale.
Il nostro compito comune deve essere quello di creare un sistema di equa sicurezza per tutti gli Stati. Un sistema che sia adeguato alle sfide contemporanee, basato su principi globali e regionali e esente dalla logica dei blocchi. Soltanto in questo caso potremo garantire la pace e la tranquillità del pianeta.
Cari amici!
Insieme ai militari della Russia in Piazza Rossa sfileranno anche dei militari di altri dieci Stati. Si tratta di rappresentanti di Azerbaigian, Armenia, Kirghizia, Kazakistan, Tagikistan. I loro nonni e bisnonni combatterono fianco a fianco sul fronte e nelle retrovie.
Oggi sfileranno insieme i loro nipoti e pronipoti. Il Giorno della Vittoria è una nostra festa comune, perché la Grande Guerra Patriottica fu una battaglia per il futuro di tutta l'umanità.
Chiniamo la testa davanti a tutti coloro che combatterono fino all'ultimo sangue per ogni via, ogni casa, ogni palmo della Patria. Coloro che caddero nelle durissime battaglie di Mosca e Stalingrado, di Kursk e del Dnepr, che furono uccisi dalla fame e dal freddo a Leningrado che non si arrese al nemico, che furono torturati a morte nei campi di concentramento, in prigionia, nei territori occupati.
Chiniamo la testa davanti alla gloriosa memoria dei figli e delle figlie, dei  padri e delle madri, dei nonni, mariti, mogli, fratelli, sorelle, compagni d'armi, parenti e amici. Di tutti coloro che non tornarono dalla guerra, che non sono più con noi.
Onoriamoli con un minuto di silenzio.
Nostri carissimi veterani!
Siete voi i principali protagonisti del grande giorno della Vittoria. Il vostro eroismo ha reso possibile una vita pacifica e dignitosa di molte generazioni …
Oggi i vostri figli, nipoti e pronipoti servono con fedeltà la Patria, garantendo il successo dello sviluppo, la potenza e la prosperità della nostra Patria, della nostra Russia!
Gloria al popolo vincitore!
Congratulazioni a tutti!
Buona festa della Vittoria!
Urrà!


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TRAD.: 9 Maggio: Vittoria russa, sconfitta della NATO (di Christopher Black, New Eastern Outlook 07/05/2015)

http://www.beoforum.rs/en/comments-belgrade-forum-for-the-world-of-equals/415-may-9th-russian-victory-nato-defeat.html


May 9th: Russian Victory, NATO Defeat

07.05.2015 
Author: Christopher Black

On February 2nd, 1943, the 6th German Army, under the command of Field Marshall Von Paulus, and elements of the 4th Panzer Army, surrendered to the Red Army at Stalingrad. This stunning victory is considered the turning point in the war in Europe, heralding the defeat of fascist Germany.

That defeat came on May 2ndth 1945, when the German forces in Berlin, the capital of the Third Reich, surrendered to the forces of the Red Army that had captured the city. On May 9th the official act of surrender of the German government and military forces took place in Berlin when the Germans surrendered to the Soviet commander, Marshal Zhukov, a surrender witnessed by representatives of the American, British and French forces. This was the end of the war in Europe.

Surrenders of elements of the German armies in the Italy and Austria on May 2nd and German forces in northern Europe, on May 7th, at first claimed by the western allies to be the official surrender of Germany, were not recognised as such by the Soviet government, since they were in violation of the agreement of the European Advisory Committee of the three Big Powers, that was finalised in March, 1944. That agreement required that the surrender would be one event, would be of the German government itself, not just of army elements in impossible positions, and was to take place at the seat of government from which German aggression had been launched, Berlin.

The western allies had no choice but to agree, and to regard the May 9th ceremony as the official act of surrender of the German government. But it was clear even then that the western allies had tried to arrange a separate peace with the Germans while the Soviets were still fighting and it was made very clear that the Americans and British wanted to steal the show from the Russians. Now 70 years later, the propaganda machine in the west once again claims that the earlier date was the end of the war in Europe.

It is well to remember the significance of this attempt by the Americans and British to conclude a separate peace with the Nazis, while Soviet forces were still engaged in the fierce Battle of Berlin and what a betrayal it was of the promised solidarity between the nations fighting against fascist aggression to which the Soviet forces at Stalingrad had dealt the fatal blow.

During one of his fireside chats on American radio on July 28, 1943, American President Roosevelt said,

“The world has never seen greater devotion, determination and self-sacrifice than have been displayed by the Russian people…under the leadership of Marshal Joseph Stalin. With a nation, that in saving itself, is thereby helping to save all the world from the Nazi menace, this country of ours should always be glad to be a good neighbour and a sincere friend to the world of the future.” 

Fine words, and true, but where is the good neighbour now?

Instead of international solidarity between the victors and recognition of the sacrifice of the Russian people that Roosevelt praised, the NATO countries now refuse to attend the Moscow Victory Parade commemorating the defeat of Nazi Germany. But why do they insult the one nation that suffered the most, sacrificed the most, fought the hardest and won the greatest victories against the fascists? Is it really about Ukraine? The answer is simply that they see the defeat of fascist Germany not as a victory over fascism but as a failure of the western attempt to crush Russia.

We must also remember that NATO includes the occupied German state whose forces attacked the Soviet Union on June 22nd 1941, a state that still has no sovereignty and is still occupied by American forces two decades after Russian forces left, and whose leaders, now revealed as permitting American intelligence to spy on German companies for economic advantage, are evidently in the pocket of the American government.

It includes Britain, whose war time leader, Winston Churchill, echoing public calls by American General Patton, proposed an attack on the Soviet forces in Europe to take place in July 1945, using combined American-British-Canadian forces as well as the remaining German armies. The plan even included the use of nuclear weapons. It was called Operation Unthinkable, but it was clearly very thinkable and was a plan to pick up where the Nazis had failed, to subjugate Russia, and was only shelved when analysis proved that Soviet forces were too strong to overcome.

It is clear that the fire bombings of Dresden and Tokyo and the nuclear attacks on Japan, in which hundreds of thousands of civilians were incinerated by the Americans and British, were meant as demonstrations to the Soviet Union of their power, as an attempt to intimidate and subdue their supposed ally before the war with Germany was even concluded. The threat of a continued world war against Russia was made with the attacks on those defenceless cities. But with Operation Unthinkable put on hold and the formation of the Warsaw Pact as a defense against the NATO threat, the war against Russia was continued using other means and came to be called the Cold War, a political euphemism, since Soviet forces fought against the NATO allies directly in Korea and Vietnam and by proxies in many countries seeking liberation from western colonialism in Asia, Africa and Afghanistan.

We must also remember that in 1939, when Hitler attacked Poland, both Britain and France reneged on their promise to Poland to defend it in the event of an attack by Germany because they wanted German forces to be able to move right up to the borders of the Soviet Union to make it easier for Germany to launch its invasion of Russia just two years later. The so-called phoney war after the fall of Poland until the May, 1940 German attack on France, gave crucial time to Germany to advance its plans to attack Russia.

The entire focus of the NATO alliance, formed immediately after the defeat of Germany, has been on war with Russia and, since the fall of the Soviet Union and the weakening of Russian power, the NATO alliance has steadily advanced its attack position with a series of wars from Yugoslavia to Georgia and Ukraine, from Chechnya to Iraq, Syria, Libya and Afghanistan, all designed to eliminate Russian allies and to put NATO forces right up against Russian territory on its southern and western flanks.

In a document known as the Atlantic Charter, drafted on a battleship off the coast of Newfoundland in the middle of 1941, the Americans and British promised that the goals of the world war were not to increase their territories, but to guarantee the self-government of peoples, free trade, global cooperation to secure better economic and social conditions for all, freedom from fear and want, freedom of the seas and abandonment of the use of force as an instrument of policy, and disarmament. The Soviet Union adhered to these principles in the January 1, 1942 Declaration of the United Nations.

But aside from the relentless forcing of “free trade” treaties down workers throats across the world, which really means the freedom to exploit workers everywhere for the profit of a few corporations, the western signatories have violated every one of the clauses in the Atlantic Charter document.

The world was assured that there would be peace but they have given us nothing but 70 years of war. They promised us freedom from want but have relentlessly tried to destroy any government that protects the rights of workers, and poverty has increased dramatically in every western country since the fall of the Soviet Union.

Nations that were promised liberation at the end of the world war, had to fight these same powers to attain that justice. Some like China and Vietnam, Cuba, and North Korea, succeeded after long and bitter fighting, while the struggles of many others were crushed or subverted.

In Ukraine now we are witnessing a national army and formations of outright fascist militias, the new SS, firing on, and shelling fellow citizens who protest the lack of legality of the government and the American agenda of using it as a base to attack Russia. The interests of the War Party in the west prevail over the basic demands of their peoples for social and economic justice, and freedom from fear and war.

The whole world owes the peoples of the Soviet Union, of the Russian Federation, a debt that can never be repaid for their defeat of fascism in Europe. They suffered the heaviest losses, the most destruction, the heaviest burden of fighting the Nazi war machine.

The refusal of NATO leaders to attend the Moscow ceremonies on May 9th is an insult to history, to the sacrifices of scores of millions of Russians, and is tantamount to a repudiation of the principles of the Atlantic Charter and the Charter of the United Nations. But it is more than that. It is proof, if ever it was needed, that the main objective of the world war in Europe was the crushing of Russia for the benefit of the three powers, the USA, Britain and Germany. While scrapping among themselves to see who would be top dog on the world street, they were united in their desire to subdue Russia to their will. This objective was long held in check by Soviet power. The fall of the Soviet Union and its replacement by a government initially composed of compradors for the west gave the Americans and their allies the impression that they had succeeded in bringing Russia under their complete domination. But the rise of new leaders in Russia, reinvigorating Russian sovereignty and reviving Russian power and prestige in the world has angered these wolves of war who now circle, and harass, waiting for the opportunity to strike.

Christopher Black is an international criminal lawyer based in Toronto, he is a member of the Law Society of Upper Canada and he is known for a number of high-profile cases involving human rights and war crimes, especially for the online magazine “New Eastern Outlook”.
First appeared: http://journal-neo.org/2015/05/07/may-9th-russian-victory-nato-defeat/



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Девети мај: где је ко?


Девети мај, Дан победе над нацифашизмом као највећим злом у историји новије цивилизације и каснији «дублер» Дан Европе посвећен стварању Европске уније, трeбало би свим европским народима и државама да буде опомена и подсећање у какве страхоте води незасита жеља за империјалном владавином. Међутим, седамдесет година касније у Европи и свету као да се ништа није променило. Данас НАТО, на челу са САД, као да наставља политику Сила осовине препознатљиву као Drang Nach Osten, својим империјалним ширењем на Исток, доводећи Европу и свет у нове поделе и сукобе. А где је у тим поделама и сукобима Србија?

Други светски рат српском народу донео је немерљива страдања. Процентуално, после руског и пољског народа, српски је највише страдао. Милион и седам стотина хиљада жртава је саздано у ослобађање и у темеље нове Југославије. Јасеновац са 700.000 жртава је симбол геноцидне стратегије НДХ. Крашке јаме на Велебиту, систем логора смрти Госпић, Паг, Јадовно, као претходница и припрема Јасеновца, прогутали су стотине хиљада Срба, Јевреја, Рома и других антифашиста. У једином логору у свету за децу, Јастребарском, на вечни починак је отишло преко 700, углавном, козарачке деце, у Јасеновцу преко 20 000, а у целој усташкој Независној држави Хрватској преко 70 000 српске деце. Док је српски народ на просторима НДХ, као Хитлеровог фашистичког сателита, убијан на начине над којима су се чак и фашистичко-нацистички окупатори згрожавали, у Србији су ти исти окупатори свој наум спроводили на аријевски "једноставнији" начин - стрељањем. Сто убијених Срба за једног убијеног и педесет за једног рањеног немачког окупаторског војника! Неуспевајући да изађе на крај са герилским начином ратовања српскога народа, нацистички окупатор није презао ни од масовног стрељања деце. Ради застрашивања, ради кажњавања! Заједно са стотинама ученика у ред за стрељање стао је и Милоје Павловић, директор крагујевачке гимназије, и својим речима "пуцајте, ја и даље држим час", оставио је српским поколењима завет да како се брани слобода и достојанство. 
У Крагујевцу и Краљеву тог октобра 1941. стрељано је укупно око пет хиљада Срба – цивила, деце, жена, нејачи. Хладнокрвност немачких окупатора и џелата имала је и својих "слабости". Ликвидацији десетина хиљада Срба, Рома, Јевреја и других антифашиста у логорима Старо Сајмиште, Бањица, Јајинци, Црвени Крст и другим, претходила су страховита мучења. 
Седамдесет година после, и даље од крви тамно-црвени стубићи за стрељање логора Јајинци сведоче о начину убијања мученика чији је једини грех био то што нису припадали раси окупатора, што их је окупатор сматрао припадницима ниже расе!. Ипак, огромне српске жртве, непоколебљива четворогодишња борба народно-ослободилачке војске, извојевали су слободу сопственог народа, сопствене земље, али су истовремено дали огроман допринос слободи целе Европе, стварању темеља савремене Европе. Народно-ослободилачка борба омогућила је да се већ током 1941. године створи прва слободна територија у Европи – позната Ужичка Република. Везујући бројне немачке дивизије на Балкану српски народ је омогућио додатно време СССР-у да се припреми за одбрану и да у даљем току рата изнесе победу над наци-фашизмом. 
Данас видимо да је на делу свеобухватан ревизионистички процес који прожима политику, уметност, културу, медије, готово све аспекте живота и за циљ има да оправда виновнике и сврста их у исти ред са победницима. Ревизија резултата Другог светског рата и поделе које данас видимо у Европи и свету имају исти почетак. Тај почетак је – насилно разбијање СФР Југославије као феномена организације друштва и државе, без преседана. Као примера отпора свакој врсти доминације, хегемонизма и империјализма. Као клице друштвеног система будућности у коме су човек и његове потребе у првом плану, а не профит и експлоатација. Као могући облик решења српског националног питања на Балкану, уз све мањкавости и недостатке.

Реваншизмом према српском народу који је испољен разбијањем СФР Југославије Немачка је започела крваву балканску трагедију. Тзв. «југословенска криза» само је привидно неутрална синтагма иза које се скрива дугорочно, планирано ангажовање Немачке, а онда и Ватикана, Аустрије и САД, на разбијању СФРЈ коју су те силе виделе као препреку за спровођење својих империјалних планова на Медитерану, Југо-Истоку и Истоку континента. Авет је пуштена из боце, домино ефекат није се могао спречити и за дуго ће још деловати. Као, уосталом и немачки реваншизам који је више него очигледан и на односу Немачке према Косову и Метохији. На цени коју Немачка тражи за бесконачни пут Србије ка Европи.


Свет је данас у знаку нове велике конфронтације. Пре свега, повод су сукоби у Украјини, иако не само они. Суштински узрок је стратегија америчко-НАТО-вског ширења на Исток. Ако су Немачка, Ватикан и Аустрија запалиле рат у Хрватској и Словенији, Американци су га у Босни гасили бензином, како би што већом ватром на Балкану показали Европи и Русији да су немоћне, зависне, да је нови светски поредак синоним за америчку глобалну доминацију коју сви морају беспоговорно поштовати и подржавати. Пошто је као препрека на путу потпуне планетарне доминације НАТО-у стајало, још увек, какво такво, међународно право и поредак успостављен након Другог светског рата, Американци су одлучили да га сруше на Косову и Метохији. Русију су неутралисали, Европу увукли, мало милом, мало силом. 
Све што се дешавало деведесетих година на Балкану била је само етапа на дуго осмишљаваном походу на Исток. Почела је ера новог - Drang Nach Osten-у. Србија је и страдањем деведесетих, одбраном од оружане агресије 1999., хтела не хтела, поново омогућила време Русији да схвати да покоравање Балкана није циљ за себе, већ само етапа у стратешком походу на Русију, Сибир, Каспијски Басен, Централну Азију. Хтела не хтела, Србија је поново, у истом веку, примила на себе први удар глобалног рата у припреми чији је прави циљ Русија. Србија је тиме дала свој не мали прилог да се Русија усправи и супростави САД/НАТО освајачкој стратегији ослонцем на растуће неофашистичке и неонацистичке снаге. И на њихове методе. Бомбе, ракете и осиромашени ураниујум којима су САД и НАТО, у савезништву са терористичком ОВК, разарали Србију (СРЈ), терорисали и протеривали стотине хиљада Срба – све то и много другог, било је само показна вежба намењена Русији.

Немачка има моралну обавезу да, надокнади ратну штету Србији изазвану током Другог светског рата, као и ону изазвану током агресије НАТО 1999. Када је реч о обавези накнаде ратне штете из Другог светског рата, не ради се искључиво о правној, већ много више о моралној и цивилизацијској обавези Немачке. Ко је икада надокнадио штету Београду, Крагујевцу, Краљеву... За убијене жене, децу, ђаке... За – сто за једнога. За разорену Националну библиотеку, за неповратно уништену културну и националну баштину. За...

Бивши немачки канцелар Шредер од кога је Меркелова преузела дужност, јавно је признао да је НАТО нападом на Србију (СРЈ) 1999. прекршио међународне законе. Из седишта НАТО-а, такође, дато је слично признање. Није ли европски и цивилизацијски стандард да је онај ко крши законе у обавези да надокнади штету коју је тиме изазвао. Пратећи изјаве садашњег немачког председника Јоакима Гаука о подршци захтеву Грчке за накнаду ратне штете, било би логично очекивати да изађе пред немачку и европску јавност са сличном подршком о обавези немачке да надокнади ратну штету Србији изазвану током Другог светског рата и током агресије НАТО 1999.

Где је Србија данас?

Србија је данас на Црвеном тргу у Москви. Обележавајући Дан победе заједно са највећим савезником овог рата, Русијом, Србија изражава своју антифашистичку опредељеност и поново брани тековине Другог светског рата. У времену када се потомци нациста буде широм Европе, када кукасти крст у Кијеву и његови следбеници, финансијери и подржаваоци траже нови «крсташки рат» против Русије, Србија се у својим спољнополитичким лутањима није толико изгубила да не уме да препозна на коју се страну на овај велики Дан треба сврстати. 
Док Запад наставља политику санкција и изолације Русије, неуспешно покушавајући да је сломи, остаје горак укус у устима потписаног ИПАП споразума Србије са НАТО. Шта је то? Знак да Србија «балансира», или да прихвата НАТО стратегију новог похода на Исток? Каква је то уравнотежена спољна политика ако се прихватају војни стандарди и политика само једног војног савеза – НАТО-а? Шта је у «балансираној» и политици војне неутралности противтег праву које је Србија великодушно дала НАТО трупама да «шпартају» територијом Србије, да бесплатно користе њену цивилну и војну инфраструктуру, да уживају дипломатски статус, да не одговарају чак ни за злочине, а камо ли за нешто друго?!
Србија и Русија су савезнице и победнице у оба светска рата. Залагањем Русије спасена је српска војска након албанске голготе и припремљена за Солунски фронт. У Другом светском рату јединице славне Црвене армије, раме уз раме са прекаљеном народно-ослободилачком војском ослободиле су Београд, делове Србије и Југославије. Црвена армија је најаслужнија за ослобађање Европе од наци-фашизма. Руски народ положио је за то највеће људске жртве. Србија је и по доприносу победи над наци-фашизмом и по огромном броју људских жртава положених у темеље слободне Европе тик уз Русију и уз руски народ. Зато и данас, Србији је место да победу над наци-фашизмом посносно слави са најзаслужнијима – са Русијом и руским народом. Место је њеним највишим представницима на трибини на Црвеном тргу у Москви, а представницима Војске Србије у шалонима који марширајући Црвеним тгргом одају почаст жртвама и шаљу поруку- мир – да, неофашизам и неонацизам – НЕ! 
Русију не

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http://popoffquotidiano.it/2015/05/09/come-uccisero-il-brasile-deuropa-parte-2/

Come uccisero il Brasile d’Europa (parte 2)

9 maggio 2015

Mentre la Nazionale si prepara ai Mondiali, dal 1989 la Jugoslavia inizia ad essere scossa da liberismo e nazionalismo. Ad Italia ’90 andrà in scena l’ultimo atto del Brasile d’Europa

Di Carlo Perigli



Il calcio, almeno da parte di chi lo gioca, per il momento prova a rimanerne fuori. Se dal 1989 le sei Repubbliche accelerano il processo di allontanamento dalla Federazione, la Nazionale rimane coesa. Così, mentre sulla scena politica ed economica iniziano ad affacciarsi i partiti nazionalisti e l’economia liberista, la selezione che si appresta a viaggiare verso l’Italia rimane fedele alla sua identità jugoslava. I giovani sono cresciuti e ora affiancano senatori del calibro di Stojkovic, Savicevic e Katanec. La squadra è rodata, domina le qualificazioni senza perdere nemmeno una partita ed elimina la più blasonata Francia. Ma all’alba delle notti magiche una serie di episodi iniziano a scuotere il calcio jugoslavo, lastricandone la strada verso la distruzione.

Il primo, probabilmente anche il più famoso, racconta gli eventi che si svolsero al Maksimir di Zagabria il 13 maggio 1990, nella cornice dell’ormai noto, per quanto mai giocato, incontro tra Dinamo e Stella Rossa. A differenza del passato, questa volta gli scontri avvengono in una cornice politica totalmente inedita. L’8 aprile l’Hdz, il partito nazionalista guidato da Franjo Tudjman, ha vinto le prime elezioni multipartitiche in Croazia, della quale il 30 maggio diventerà poi Presidente. Sugli spalti compaiono le bandiere a scacchi, mentre i vessilli jugoslavi appaiono con un ampio buco al posto della stella rossa. L’ormai noto calcio volante, rifilato da Boban ad un poliziotto, divenne presto il simbolo del progressivo ma inevitabile allontanamento di Zagabria dal resto della Federazione. I nazionalisti si erano ormai affermati, e per nulla al mondo avrebbero rinunciato a sfruttare il calcio come infallibile strumento di propaganda.

Tuttavia, la prima vera scollatura tra la Nazionale jugoslava e il suo pubblico avviene circa venti giorni dopo. Il teatro è sempre il Maksimir, che stavolta ospital’amichevole tra Jugoslavia e Olanda, ultimo test prima della partenza per l’Italia. Lasciamo il racconto degli eventi alle parole di Dragan Stojkovic, capitano e leader di quella selezione:

«Facemmo la preparazione a Zagabria e giocammo un amichevole contro l’Olanda. I tifosi di casa iniziarono ad intonare cori contro di noi e a favore degli olandesi. Era molto strano da vedere e da sentire, e il ct dell’Olanda Leo Beenhakker in conferenza stampa dichiarò di non sapere che la sua nazionale avesse così tanti fan là. Più tardi qualcuno gli spiegò che [la situazione] era contro di noi. A quel punto capimmo che qualcosa sarebbe successo, ma in squadra non c’erano problemi. Avevamo Prosinecki dalla Croazia, Pancev dalla Macedonia, Susic dalla Bosnia, Katanec dalla Slovenia, io dalla Serbia e Savicevic dal Montenegro. Non abbiamo mai avuto questo genere di problemi e mai discutemmo o scherzammo su questo».

Nonostante le premesse però, in Italia la Jugoslavia conferma il suo talento, passa agevolmente il girone (sconfitta solo dalla Germania) e delizia il mondo contro la Spagna, grazie alle prodezze di un meraviglioso Dragan Stojkovic, autore di una straordinaria doppietta. Sugli spalti sventolano le bandiere con la stella rossa, il pubblico sostiene la sua Nazionale, ma un ulteriore episodio contribuirà nuovamente a destabilizzare l’ambiente sportivo. Poco prima della partita con l’Argentina, valida per i quarti di finale, Srecko Katanec, mediano e punto di riferimento della selezione, chiede al c.t. Ivica Osim di essere escluso dalla formazione titolare: «Per favore non mi  faccia giocare, ho ricevuto delle minacce nella mia città, sono preoccupato di giocare per la Nazionale». Osim capisce, la situazione sta diventando instabile e nemmeno la Nazionale ne è più immune.

Non è più una questione di bilanciamento tra le varie Repubbliche per le convocazioni, gli avversari di quella Nazionale ora si chiamano politica e criminalità, che incitano quelli che una volta erano i suoi tifosi. La Jugoslavia in campo resiste, perdendo solamente ai rigori nonostante l’inferiorità numerica per circa novanta minuti. L’errore decisivo, ironia della sorte, è proprio di capitan Stojkovic. I mondiali italiani confermano però la maturità del calcio jugoslavo, pronto a puntare i Campionati Europei del 1992. Nessuno poteva immaginare che quell’esplosione di talento avrebbe rappresentato il canto del cigno del promettente Brasile d’Europa.

(Segue...)




Come uccisero il Brasile d’Europa (parte 3)

16 maggio 2015

Dal 1990 al 1992 la Nazionale jugoslava viene coinvolta negli eventi storici e uccisa dal fax dell’Uefa, che la esilierà dal calcio fino al 1998

Di Carlo Perigli


(Segue da Parte 2http://popoffquotidiano.it/2015/05/09/come-uccisero-il-brasile-deuropa-parte-2/ )


Il 12 settembre 1990 la Jugoslavia inizia le qualificazioni agli Europei del 1992battendo l’Irlanda del Nord per 2-0. Quello degli slavi del sud è un cammino implacabile, che porterà la Nazionale a passare agevolmente il girone, vincendo 7 delle 8 partite, con 24 gol realizzati e solamente 4 subiti. Oltre a Davor Suker, la Jugoslavia inizierà ad amare anche Darko Pancev, implacabile attaccante che vincerà la classifica marcatori con 10 gol. Numeri impressionanti, stracciati da una storia fatta di nazionalismi, guerre e interventismo occidentale, che spazzeranno via ogni aspetto della società jugoslava, calcio compreso.

Per quanto riguarda il nostro racconto invece, la parola “fine” potrebbe riportare già una prima data il 16 maggio 1991, giorno in cui la Jugoslavia batte le Isole Far Oer per 7-0. Vittoria a parte, si tratta dell’ultima volta in cui la rappresentativa dei 6 Stati, 5 nazioni, 4 culture, 3 religioni e 2 alfabeti scende in campo. Dal giorno dopo i croati lasceranno lo spogliatoio, tra giugno e dicembre diventeranno stranieri. Per il calcio jugoslavo, inteso come la rappresentazione sportiva della patria di tutti gli slavi del sud, inizia un rapido declino. Un primo segnale si ha nella finale di Coppa di Jugoslavia, giocata l’8 maggio a Belgrado tra Stella Rossa e Hajduk di Spalato, a pochi giorni da uno dei violenti scontri a fuoco che imperversano a Borovo Selo, a pochi chilometri da Vukovar. Pensando alle due sfidanti, torna in mente la stessa partita giocata nel 1980, quando uno stadio intero piangeva la morte del Maresciallo Tito. No, questa volta l’atmosfera è decisamente diversa, e a spiegare come in 11 anni tutto fosse cambiato c’è il tristemente famoso “spero che i nostri ragazzi uccidano la tua famiglia a Borovo” sussurrato da Stimac a Mihajlovic, serbo – all’epoca jugoslavo – nato a Vukovar, parte di quel complesso rompicapo di etnie chiamato Jugoslavia, che solo uno squilibrato cercherebbe di risolvere tracciando linee nette.

Per assurdo, alla fine del mese il calcio jugoslavo conosce il momento più alto della sua storia. A Bari la Stella Rossa batte l’Olympique Marsiglia e alza per la prima volta la Coppa Campioni. In piccolo, quella squadra è una riproduzione della Nazionale jugoslava, dove il macedone Pancev segna a ripetizione, imbeccato dal montenegrino Savicevic, mentre il croato Prosinecki disegna geometrie impensabili aiutato dai serbi Mihajlovic e Jugovic. In difesa, il bosniaco Šabanadžović formava la cerniera di una squadra formidabile e multietnica. La notte del 29 maggio 1991 anche Bari divenne una piccola Jugoslavia. Tra musiche balcaniche e fiumi di rakija, va di scena una festa che non guarda differenze etniche di sorta, in un ballo che idealmente abbraccia ancora tutte e sei le Repubbliche.

Dall’altra parte dell’Adriatico invece, gli eventi ormai sono precipitati. Le squadre croate e slovene hanno lasciato la Prva Liga jugoslava, che nel 1992 smetterà di esistere per lasciare il passo al campionato della Repubblica Federale di Jugoslavia, alla quale partecipano le squadre serbe e montenegrine. La nazionale Jugoslavia esiste ancora, e a dispetto della politica vola in Danimarca per rappresentare tutte le nazionalità, croati esclusi. Ci sono sette giocatori serbi, sei montenegrini, due da Slovenia e Macedonia, uno dalla Bosnia. Vivono il ritiro tutti insieme, senza parlare di politica, nonostante la stampa non chieda altro, nonostante vengano ospitati in bungalow isolati e controllati da forze di polizia con unità cinofila al seguito, nonostante perfino i Primi Ministri delle selezioni avversarie non perdano occasione per delegittimare la loro presenza agli Europei. Finchè non arriva quel fax, con il quale il nostro racconto trova la sua conclusione definitiva, quando la politica riesce ad entrare a piedi pari sul calcio con la complicità di tutta la terna arbitrale. La Uefa esegue le disposizioni contenute nella Risoluzione 757 del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, che decreta l’embargo per la Repubblica Federale di Jugoslavia prevedendo inoltre l’immediata sospensione degli scambi scientifici, tecnici e culturali, nonché l’esclusione da tutte le manifestazioni sportive. Innegabile, quello calcistico è decisamente il lato più trascurabile, ma allo stesso tempo è il dito nella piaga, lo schiaffo che umilia, il colpo di grazia che esilia la Jugoslavia fino ai Mondiali del 1998. Ecco come hanno ucciso il Brasile d’Europa.

Chiudiamo la terza ed ultima parte del racconto ricorrendo nuovamente alle parole di Dragan Stojkovic, che sintetizzano al meglio quanto il calcio fosse distante dalla politica, ma anche quanto quest’ultima si interessò anche ad un semplice pallone.

«È stato il giorno più brutto della mia vita, e la cosa peggiore è che non potevo spiegare ai giocatori il perché. Questo è sport, non politica, e le due cose non dovrebbero mai andare di pari passo. Stavano accadendo cose terribili nel mio Paese, delle quali mi vergogno profondamente. Ma quando vidi quei giocatori, vidi le loro espressioni distrutte quando gli diedi la notizia, volevo sapere perché la Uefa era arrivata a tal punto. Se avevano deciso di escluderci dalla competizione, perché non dircelo prima? Ci stavamo allenando, eravamo già in hotel in Svezia, e ora dovevamo andare a casa. Dovevamo tornare alla realtà. E ancora, nessuno mi spiegava il perchè».






(italiano / deutsch)

Die neue deutsche Arroganz

1) Il BND, servizio segreto tedesco, spia politici tedeschi, alti funzionari del Ministero degli Esteri francese e dell'Eliseo e perfino della Commissione Europea
2) Die neue deutsche Arroganz:
* BND spionierte französische Regierung aus
* BND spioniert mit Hilfe der Deutschen Telekom die Telekom Austria aus


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L'americana NSA spiava l'Europa con l'aiuto dei servizi segreti tedeschi

24.04.2015

La statunitense National Security Agency (NSA) per oltre dieci anni spiava i politici e uomini d'affari in Europa sfruttando le opportunità tecniche dei servizi segreti tedeschi, riferisce “Spiegel”.

Come chiarito dalla rivista, i collaboratori della NSA si rivolgevano ai loro colleghi tedeschi per verificare tramite i propri canali i numeri dei cellulari e gli indirizzi IP delle persone interessate. In particolare erano finiti nel mirino dell'agenzia di intelligence americana i rappresentanti del gruppo aerospaziale europeo "Eads" e della società "Eurocopter", così come diversi funzionari e politici francesi. Tutte queste azioni venivano effettuate all'insaputa del Servizio d'informazione federale tedesco (BND, servizi segreti).
La BND si è accorta dell'illegalità di queste attività solo nel 2008. Si era scoperto che alcune richieste dell'intelligence degli Stati Uniti non erano coerenti con gli obiettivi e le disposizioni dei servizi segreti tedeschi nell'ambito degli accordi USA-Germania per la lotta comune contro il terrorismo globale. Ciononostante la BND ha avviato i controlli solo nel 2013. Si è scoperto che venivano spiate circa 2mila persone di interesse per gli Stati Uniti. Secondo "Spiegel", il cancelliere tedesco non era stato informato di questo fatto. Contemporaneamente nel febbraio 2014 Berlino aveva rifiutato un accordo di antispionaggio con Washington.

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I tedeschi aiutavano gli USA a spiare l'Europa

03.05.2015

L'agenzia di intelligence tedesca BND non solo collaborava con la NSA americana, svolgendo i loro compiti in Germania, ma effettuava anche attività di spionaggio in altri Paesi della UE.
"La stazione di intercettazioni della BND a Bad Aibling per anni è stata illegalmente sfruttata per le attività di spionaggio della NSA negli altri Paesi europei. Tra le vittime figurano alti funzionari del ministero degli Esteri francese, dell'Eliseo e della Commissione Europea", — scrive il giornale tedesco "Sueddeutsche Zeitung".

Il primo scandalo è scoppiato nell'agosto 2013, dopo le rivelazioni di Edward Snowden. In seguito era emerso che la NSA intercettava anche il cellulare del cancelliere tedesco Angela Merkel. Un paio di settimane fa lo scandalo ha raggiunto un nuovo livello, dopo che si è scoperto che in un modo o nell'altro la BND aiutava i suoi colleghi americani a raccogliere informazioni sui politici europei e ad impegnarsi in attività di spionaggio industriale. Adesso è chiaro perché il cancelliere tedesco non ha reagito duramente al fatto che il suo telefono era sotto controllo: di cosa indignarsi se proprio la tedesca BND era direttamente implicata nello scandalo? 
Una commissione speciale del Bundestag (Parlamento tedesco) è ora al lavoro per far luce sulle attività in Europa della NSA, impegnata nello spionaggio industriale e nella raccolta di informazioni sui politici tramite i servizi segreti tedeschi. I partiti di opposizione della Germania chiedono indagini e le dimissioni del direttore della BND. Contemporaneamente il governo ha promesso di riformare l'agenzia.
Tuttavia la cancelleria tedesca aveva ignorato inizialmente gli avvertimenti sulle attività di spionaggio della NSA, ha dichiarato in un'intervista alla tedesca SNA Radio André Hahn, presidente della commissione del Bundestag per il controllo sui servizi segreti. Ora l'ufficio della cancelleria riconosce che c'erano dei rapporti tra il 2005 e 2008. Se questo è vero, allora la cancelleria federale era obbligata ad insistere sul fatto che la BND fermasse tali attività e a rivolgersi agli americani affermando che tali forme di spionaggio sono inaccettabili.
La cooperazione tra NSA e BND iniziò con lo scopo di impedire il contrabbando di armi e contrastare le minacce terroristiche dopo l'11 settembre 2001, — afferma André Hahn. Ma se, in contrasto con le condizioni di questa collaborazione sono state spiate aziende e soggetti privati, tramite uomini che gli americani hanno mandato ad hoc, si tratta di un significativo scostamento rispetto agli accordi. Tuttavia finora l'elenco di questi selettori non è noto e la lista è stata segretata. André Hahn ritiene che debba essere trasmessa alla commissione del Bundestag e alla commissione d'inchiesta. Solo allora si potrà valutare il danno effettivo subito dalla Germania e dalle istituzioni europee.
Si ha l'impressione che i fatti non siano oggetto dell'inchiesta. Ottenere l'accesso ai documenti sul caso è piuttosto difficile e richiede molto tempo, afferma Hahn. Ovviamente la grande coalizione al potere in Germania teme che fornendo le informazioni necessarie si scoprirà qualcos'altro. In questo caso il cancelliere in persona potrebbe impegnarsi per chiarire la situazione, ordinando di dare la lista alla commissione. Solo allora si potrà valutare con precisione le imprese, le istituzioni e le personalità che sono finite nel mirino dell'intelligence. Vogliamo chiarire la questione, ma ci scontriamo con meccanismi insormontabili e la protezione reciproca del segreto negli ambienti governativi, — ha detto in un'intervista a "Radio SNA" André Hahn.

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Opposizione tedesca sul piede di guerra per scandalo spionaggio con americana NSA

03.05.2015

In precedenza i media avevano riferito che l'agenzia di intelligence americana NSA aveva sfruttato i mezzi tecnici dei servizi segreti tedeschi per spiare politici francesi, tra cui il ministero degli Esteri, l'Eliseo, e i rappresentanti della Commissione Europea.
L'opposizione tedesca minaccia di portare in trubunale il governo federale nel caso in cui non fornisca informazioni dettagliate a riguardo delle presunte attività di spionaggio della statunitense "National Security Agency" (NSA) in Germania.
I "Verdi" e "Die Linke" (sinistra radicale) chiedono i dettagli sulle richieste della NSA per capire cosa l'agenzia di intelligence americana voleva spiare e sapere con l'aiuto dei servizi segreti tedeschi (BND), scrive il giornale "Welt am Sonntag".
"Se non otterremo risposte, significa che difendete le spie che infrangono la legge",
— ha dichiarato la rappresentante della sinistra radicale nella commissione d'inchiesta del caso Martina Renner, aggiungendo che il governo
"deve decidere da quale parte stare."
Ha chiesto misure radicali anche la rappresentante dell'organizzazione giovanile del Partito Socialdemocratico tedesco Johanna Uekermann, che ha espresso la necessità di dimissioni del ministro dell'Interno in carica Thomas de Maiziere a seguito dello scandalo di spionaggio.

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Il Grande Fratello USA guarda l'Italia 

di Mario Sommossa, 5/5/2015

Nell'Agosto del 2013, le rivelazioni del funzionario della NSA americana, Edward Snowden, sorpresero il mondo e sconvolsero l'Europa. Si scoprì che l'agenzia di spionaggio non solo sorvegliava spostamenti e conversazioni telefoniche di nemici, o potenziali tali, ma anche degli alleati europei compresa la Cancelliera tedesca Angela Merkel.

Anche i giornali e i politici italiani ne parlarono, ma senza scaldarsi troppo.  Non si seppe con chiarezza se anche i vertici del nostro Stato e i rappresentanti dei nostri maggiori partiti erano stati intercettati e controllati. E' certo che, con il senno di poi, possano nascere dei dubbi su come si ottennero e furono divulgate le notizie sulla vita privata di Silvio Berlusconi, informazioni che contribuirono a gettare discredito su di lui e su tutto il governo, fino alla caduta dello stesso. 
In Germania si alzarono le proteste di rito per la sovranità violata ma, perfino da loro, tutto finì a "tarallucci e vino". Anche se si era scoperto che, sistematicamente, i nostri amici americani si comportavano in Europa come fossero a casa loro, il tempo tutto rimedia e le necessità del realismo politico restano sempre superiori al garbo e al rispetto reciproco. Un po' meno realiste ma senza poter nulla fare furono le aziende europee perché, non contenta di controllare i nostri politici, la NSA praticava anche spionaggio industriale a favore delle grandi corporation USA.
Tutto sembrava, comunque, appartenere al passato salvo che, oggi, si scopre un seguito ancora più inquietante. Il 30 Aprile scorso il giornale tedesco Sud Deutsche Zeitung ha pubblicato la notizia che non solo la NSA praticava lo spionaggio ai danni degli alleati ma, su suo incarico, lo faceva pure il BND, il servizio segreto tedesco, che spiava e spia politici tedeschi, alti funzionari del Ministero degli Esteri francese e dell'Eliseo e perfino della Commissione Europea. Se la scusante allora addotta dagli americani fu che lo spionaggio industriale serviva per raccogliere informazioni su possibili esportazioni illegali verso Paesi sotto embargo, sarà curioso sentire le motivazioni per cui sono state messe sotto "ascolto " anche la Commissione Europea e la politica estera francese.
Non dobbiamo tuttavia stupirci troppo. Ogni servizio segreto fa il proprio mestiere e, a voler essere concilianti, potremmo giustificare gli americani col fatto che non si puo' mai fidarsi ciecamente di nessuno, nemmeno degli amici.  
Ma anche se volessimo "comprendere" i servizi d'oltreoceano, ciò che merita una riflessione più attenta è che le spie tedesche hanno agito contro un altro membro dell'Unione Europea e contro l'Unione stessa proprio per conto degli Stati Uniti. Interrogato in merito dalle opposizioni, il governo tedesco ha negato di essere informato di queste pratiche e, tantomeno, di averle autorizzate. Ciò nonostante, la Cancelliera Merkel e la tenuta della sua maggioranza attuale sono messe in discussione perché delle due l'una: o veramente i vertici di Berlino non ne sapevano nulla e quindi si creerebbe un problema di gestione, oppure ne erano perfettamente al corrente e il caso diventerebbe ancora più grave. Ricordiamo che per spionaggio ai danni di concorrenti politici in una campagna elettorale il presidente Nixon fu costretto a dimettersi. Non ci sembra per niente che al di fuori di una competizione elettorale la cosa diventi meno grave, anzi. 
Se, comunque, accettassimo per buona l'ipotesi che il servizio segreto tedesco abbia fatto di testa sua, nasce allora una domanda ancora più preoccupante. Come fidarsi di un'istituzione che ha poteri profondamente invasivi nella vita privata e pubblica di alleati e uomini politici se essa, anziché essere a totale disposizione del proprio Paese, si mette al servizio di una potenza straniera, per quanto amica?
La preoccupazione si aggrava se pensiamo che quanto fatto dalla BND non si limiti alla Germania ma possa accadere, nello stesso modo, anche da noi. E' vero che, su molti soggetti, tutte le organizzazioni di spionaggio alleate lavorano insieme e da qui nascono frequentazioni e conoscenze che possono portare, magari involontariamente, a qualche leggerezza. Tuttavia non ci risulta, né si è mai sentito, che fossero i servizi americani a spiare i loro politici per conto di una qualunque organizzazione europea o tantomeno italiana. Siamo sicuri, dopo le rivelazioni del quotidiano tedesco, ripreso anche da Le Monde, che non stia avvenendo la stessa cosa a Roma, oggi?
Considerati i rapporti di forza del nostro paese con l'alleato americano e la nostra tradizionale sudditanza nei confronti di qualunque "suggerimento" in arrivo da Washington, il dubbio resta ed è destinato a crescere.


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Die neue deutsche Arroganz
 

04.05.2015
BERLIN/PARIS
 
(Eigener Bericht) - Der deutsche Auslandsgeheimdienst hat die im Auftrag der NSA abgefangene Kommunikation höchster französischer Regierungsstellen für seine eigene Spionagetätigkeit genutzt. Dies geht aus aktuellen Medienberichten hervor. Demnach hat der BND nicht nur Metadaten, sondern auch den Inhalt von E-Mails und Telefonaten aufgezeichnet und sich daraus zur Erstellung seiner Berichte bedient. Betroffen waren nicht nur die Verwaltung des französischen Staatspräsidenten, sondern auch österreichische Regierungsbehörden und die EU-Kommission. Insider urteilen, es sei dem BND eindeutig um "die politische Ausspähung unserer europäischen Nachbarn" gegangen; die durch das Bekanntwerden dieser Tatsache ausgelöste Affäre habe mit der Aufdeckung der deutschen Spionage in Frankreich, Österreich und bei der EU "ihren Scheitelpunkt noch nicht erreicht". Die Enthüllungen erfolgen zu einem Zeitpunkt, zu dem neue Verbalattacken aus der Bundesregierung in Frankreich Empörung hervorrufen. Mitte April hatte Bundesfinanzminister Wolfgang Schäuble behauptet, Frankreich könnte "froh sein", sollte jemand das französische Parlament zu Sparmaßnahmen "zwingen". Französische Spitzenpolitiker hatten sich daraufhin heftig über die "neue deutsche Arroganz" beschwert.

In Text und Ton

Der Bundesnachrichtendienst (BND) hat jahrelang mehrere europäische Verbündete Deutschlands sowie die EU bespitzelt und die Daten an den US-Militärgeheimdienst NSA weitergegeben. Dies bestätigen aktuelle Medienberichte. Grundlage dafür war demnach ein deutsch-US-amerikanisches Memorandum of Understanding aus dem Jahr 2002, das offiziell geschlossen wurde, um im "Anti-Terror-Krieg" nach dem 11. September 2001 gemeinsam Spionage zu treiben. Von 2002 bis 2013 habe der BND auf der Basis dieses Abkommens massenhaft Kommunikation abgefangen und darin auf Ersuchen der NSA nach rund 690.000 Telefonnummern und etwa 7,8 Millionen IP-Kombinationen gesucht, heißt es: "Deutsche und amerikanische Personen und Einrichtungen" seien von der Ausforschung ausgenommen gewesen [1]; auf verbündete Staaten sei hingegen keinerlei Rücksicht genommen. Die Spionage beschränkte sich nicht nur auf sogenannte Metadaten, sondern umfasste auch Telefonate und E-Mails, die in Ton- und Textdateien aufgezeichnet wurden.[2]

Die Nachbarn ausgespäht

Dabei richteten sich die Maßnahmen entgegen dem offiziellen Zweck - dem Vorgehen gegen tatsächliche oder angebliche Terroristen - auch gegen Politiker, Ministerialbeamte und Konzerne. Aktuellen Berichten zufolge ist das Memorandum of Understanding von 2002 offenbar eingehalten worden; deutsche Politiker seien gar nicht ausgeforscht worden, deutsche Unternehmen nur in sehr geringer Zahl. Allerdings seien deutsch-französische Konzerne wie Airbus (Ex-EADS) oder Eurocopter ausspioniert worden. Insbesondere hat sich die Spionage offenkundig gegen Staaten gerichtet, die als bedeutende Verbündete Deutschlands gelten können. Laut den Berichten fing der BND mit Hilfe seiner Abhöranlage im bayerischen Bad Aibling, die auf das gezielte Abgreifen der Kommunikation mit dem Nahen und Mittleren Osten einschließlich Afghanistans spezialisiert ist, Kommunikationsdaten hochrangiger Beamter des französischen Außenministeriums und des Élysée-Palastes, österreichischer Behörden sowie der EU-Kommission ab. Es sei eindeutig um "die politische Ausspähung unserer europäischen Nachbarn und von EU-Institutionen" gegangen, wird ein Insider zitiert.[3] Insbesondere habe der BND die abgefangenen Daten keineswegs nur an die NSA weitergeleitet, sondern sie auch selbst ausgewertet, heißt es nun; seine Mitarbeiter hätten "die Daten jahrelang ... begutachtet, ausgewertet, teilweise kopiert und in Berichten verwertet".[4]

Unter Freunden

Damit bestätigt sich, dass die Bundesrepublik sich gegenüber ihren europäischen Verbündeten erlaubt, was sie sich von der NSA im eigenen Land verbittet. "Ausspähen unter Freunden, das geht gar nicht", hatte Bundeskanzlerin Angela Merkel im Herbst 2013 zur US-Spionage in Deutschland erklärt.[5] Entsprechend heißt es nun, das Kanzleramt sei über die Ausforschung von Verbündeten in Europa nicht informiert gewesen. Allerdings liegen längst gegenteilige Berichte vor, die nicht nur die Amtszeit von Innenminister Thomas de Maizière (2005 bis 2009), sondern womöglich auch diejenige von Außenminister Frank-Walter Steinmeier (bis 2005) an der Spitze des Kanzleramts betreffen (german-foreign-policy.com berichtete [6]). Entsprechend werden in Berlin mittlerweile besorgte Warnungen laut. "Sollte sich herausstellen, dass Partner gezielt, allein aus Gründen wirtschaftlicher Interessen und des Informationsvorsprungs ausspioniert wurden, wird dies zu Belastungen im bilateralen, aber auch im innereuropäischen Verhältnis führen" [7], erklärt der stellvertretende Vorsitzende der SPD-Bundestagsfraktion Rolf Mützenich: "Vertrauen im deutsch-französischen Verhältnis" sei jedoch "existenziell für die europäische Integration". Dabei rechnen Insider mit weiteren Enthüllungen. Der CDU-Bundestagsabgeordnete Armin Schuster, Mitglied im Parlamentarischen Kontrollgremium, erklärt: "Ich fürchte, die Affäre hat ihren Scheitelpunkt noch nicht erreicht."[8]

Kein Gleichgewicht

Die Enthüllungen über das Ausspionieren französischer Regierungsstellen durch den BND erfolgen zu einem Zeitpunkt, zu dem das dominante Auftrumpfen der Bundesregierung in Frankreich für neue Verstimmungen sorgt. Bereits seit Jahren leistet sich das deutsche Polit-Establishment einen abschätzigen Umgang mit dem Verbündeten, der den gängigen politischen Sonntagsreden über eine angebliche deutsch-französische "Freundschaft" Hohn spricht. Bereits Anfang 2011 deklassierte ein Journalist aus dem Berliner Establishment den damaligen französischen Staatspräsidenten Nicolas Sarkozy, indem er ihm "die Rolle des Vizekanzlers" unter einer "EU-Kanzlerin" Merkel zuschrieb: Sarkozy dürfe "durchaus die Initiative" übernehmen, müsse sich allerdings damit abfinden, "im Konfliktfall von der Kanzlerin immer wieder gebremst" zu werden.[9] Ende 2012 hatte eine deutsche Außenpolitik-Expertin gefordert, nun auch offiziell das zwischen Berlin und Paris immer wieder vorgeschobene "Gleichgewichts-Paradigma aufzugeben".[10] Ende 2014 beschimpfte EU-Kommissar Günther Oettinger Frankreich als "Wiederholungstäter", weil es sich Spardiktaten aus Berlin und Brüssel verweigerte, und verlangte von der EU ultimativ "Härte" gegenüber Paris.[11] Die Beispiele ließen sich vermehren.

"Das Parlament zwingen"

Mitte April hat nun Bundesfinanzminister Wolfgang Schäuble (CDU) den früheren Verbalattacken gegen Frankreich eine neue hinzugefügt. Mit Blick auf die massiven französischen Widerstände gegen die deutschen Spardiktate hatte er erklärt: "Frankreich könnte froh sein, wenn jemand das Parlament zwingen würde, aber das ist schwierig, so ist die Demokratie".[12] Der Wunsch des deutschen Ministers, das Parlament eines souveränen Nachbarstaates zu "zwingen", ist in Paris auf Empörung gestoßen. "Die Frankreichfeindlichkeit von Wolfgang Schäuble" sei "unerträglich, inakzeptabel und kontraproduktiv", protestierte der Vorsitzende von Frankreichs Regierungspartei Parti socialiste (PS), Jean-Christophe Cambadélis. Jean-Luc Mélenchon, Präsidentschaftskandidat des oppositionellen Front de gauche im Jahr 2012, forderte von Schäuble eine "Entschuldigung bei der französischen Bevölkerung".[13] Die Äußerungen des deutschen Ministers zeigten "die neue deutsche Arroganz", die exakt "zu dem Zeitpunkt" zutage trete, zu dem Berlin "Europa dominiert". Dass Berlin sich über Jahre die Ausforschung höchster französischer Regierungsstellen genehmigt hat, passt dazu.
[1] Georg Mascolo: BND half NSA beim Ausspähen von Frankreich und EU-Kommission. www.sueddeutsche.de 29.04.2015.
[2] BND wertete Daten für eigene Zwecke aus. www.handelsblatt.com 02.05.2015.
[3] Georg Mascolo: BND half NSA beim Ausspähen von Frankreich und EU-Kommission. www.sueddeutsche.de 29.04.2015.
[4] BND wertete Daten für eigene Zwecke aus. www.handelsblatt.com 02.05.2015.
[5] Marlies Uken: Für Merkel geht Abhören unter Freunden gar nicht. www.zeit.de 24.10.2013.
[6] S. dazu "Russland, China, Terror".
[7] Mützenich warnt vor Schaden für Europa. www.ksta.de 30.04.2015.
[8] "Die Affäre hat ihren Scheitelpunkt noch nicht erreicht". www.badische-zeitung.de 02.05.2015.
[9] Andreas Rinke: Die EU-Kanzlerin. Angela Merkel überträgt ihren Regierungsstil auf die europäische Ebene. www.internationalepolitik.de 21.01.2011. S. dazu Die Kanzlerin Europas.
[10] Claire Demesmay: Zusammen ist man weniger allein. www.theeuropean.de 23.12.2012. S. dazu Nicht mehr auf Augenhöhe.
[11] Günther H. Oettinger: Déficit français: Bruxelles ne doit pas céder. Les Echos 21.11.2014. S. dazu Eine kontrollierte Entgleisung.
[12] Michaela Wiegel: "Unerträgliche Frankreichfeindlichkeit". www.faz.net 17.04.2015.
[13] Le ministre allemand des Finances voudrait réformer la France de force. www.ledauphine.com 17.04.2015.


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Die neue deutsche Arroganz (II)
 

18.05.2015

BERLIN/WASHINGTON/WIEN
 
(Eigener Bericht) - Der Bundesnachrichtendienst (BND) hat in Kooperation mit dem US-Militärgeheimdienst NSA massenhaft E-Mails aus Österreich sowie aus Luxemburg und der Tschechichen Republik abgefangen und gespeichert. Dies geht aus einer internen E-Mail eines für die Zusammenarbeit mit Geheimdienst und Polizei zuständigen Mitarbeiters der Deutschen Telekom AG hervor, die der österreichische Nationalratsabgeordnete Peter Pilz veröffentlicht hat. Demnach hat der BND von der Telekom schon Anfang Februar 2005 grünes Licht für den Zugriff auf eine Glasfaserleitung erhalten, über die die Internetkommunikation zwischen Luxemburg einerseits und Österreich sowie zahlreichen weiteren Staaten andererseits läuft. Damals lag die Zuständigkeit für den BND in letzter Instanz bei Kanzleramtschef Frank-Walter Steinmeier (SPD). Betroffen war laut Berichten auch Österreichs Inlandsgeheimdienst. Wer Kenntnis über dessen Kommunikation habe, wisse "fast alles über das politische Leben in dieser Republik", urteilt Pilz. Ernsthafte Proteste der betroffenen Regierungen bleiben in der deutsch dominierten EU bisher aus. Die Bundesregierung hingegen setzt die technologische Aufrüstung des BND fort, die die deutsche Spionage letztlich "auf Augenhöhe" mit der NSA bringen soll - auch im Internet.

Ausgeleitet und dupliziert

Der Bundesnachrichtendienst (BND) hat in Kooperation mit dem US-Militärgeheimdienst NSA Einwohner und Regierungsstellen von mindestens vier engen EU-Verbündeten sowie vermutlich diverse in Wien ansässige internationale Organisationen wie die Internationale Atomenergie-Organisation (IAEO) ausspioniert. Dies geht aus einer internen E-Mail eines Mitarbeiters der Deutschen Telekom AG hervor, die der österreichische Nationalratsabgeordnete Peter Pilz (Grüne) Ende vergangener Woche veröffentlicht hat.[1] Der Telekom-Mitarbeiter teilt darin seinem BND-Kontaktmann mit, man habe soeben eine neue Glasfaserleitung von Frankfurt am Main nach Luxemburg freigeschaltet, über die nun "kein nationaler Verkehr mehr" geführt werde. Für den BND, der als Auslandsgeheimdienst deutsche Staatsbürger theoretisch nicht ausforschen darf, war dies ein Signal, künftig freie Hand beim Zugriff auf die Leitung zu haben, die unter anderem nach Wien führt. "Die Daten der Telekom Austria wurden am Internetknoten Frankfurt über das BND-Büro in der Deutschen Telekom AG ausgeleitet, dupliziert, nach Pullach in die BND-Zentrale weitergeleitet", schildert Peter Pilz die deutsche Maßnahme; dann seien sie "von der Technischen Aufklärung (TA) ... für den automatisierten Zugriff zugänglich gemacht" worden.[2]

Spionageziel: Internationale Organisationen

Pilz' Enthüllung offenbart bereits den zweiten Fall umfassender Internetspionage gegen Österreich. Schon im März war bekannt geworden, dass die NSA den Internetprovider UPC (früher: chello.at) auf einer Liste von insgesamt 35 Spionagezielen führte - unter anderem neben den französischen Providern Alcatel-Lucent und Wanadoo. Deren Daten würden abgeschöpft, indem sie "an einem Absaugknoten" vorbeigeführt würden, hieß es damals; dies geschehe "mit der Hilfe von privaten Telekomkonzernen" und deren Glasfaserkabeln. "Der Großteil" werde dabei in den Vereinigten Staaten abgesaugt; jedoch befänden sich "auch acht Vorrichtungen außerhalb von US-Territorium".[3] Die BND-NSA-Kooperation am Knotenpunkt DE-CIX in Frankfurt am Main sorgt schon seit geraumer Zeit immer wieder für Schlagzeilen.[4] Bereits im März mutmaßten Beobachter anlässlich der Ausforschung von UPC, einem Unternehmen, das ungefähr 464.000 Kunden in Österreich hat, das besondere Interesse an der Ausforschung österreichischer Kommunikation könne auf "die Vielzahl an internationalen Organisationen in Wien" zurückzuführen sein. Ausdrücklich genannt wurde die IAEO, in deren Netzwerk bereits zuvor die Spionage-Malware "Regin" gefunden worden war, die der NSA zugeschrieben wird.[5]

Fast alles über Österreich

Schwer wiegt zudem, dass der BND offenbar auch Österreichs Inlandsgeheimdienst abgeschöpft hat. Laut Recherchen des ARD-Magazins "Fakt" ist mit dem nicht näher bezeichneten österreichischen "Bundesamt", das Berichten zufolge ins Visier der BND-NSA-Internetspionage geraten ist, das "Bundesamt für Verfassungsschutz und Terrorismusbekämpfung" gemeint.[6] Dort "gibt es Daten über zehntausende Personen", erklärt der Nationalratsabgeordnete Pilz: Wer auf sie Zugriff habe, wisse "fast alles über das politische Leben in dieser Republik".

Start unter Rot-Grün

Technisch grünes Licht für das massenhafte Abschöpfen österreichischer Kommunikationsdaten erhielt der BND ausweislich der E-Mail aus der "Regionalstelle für staatliche Sonderaufgaben" (ReSA) der Deutschen Telekom in Frankfurt am Main [7] am 3. Februar 2005 - also noch zur Amtszeit von Bundeskanzler Gerhard Schröder und seinem Kanzleramtschef Frank-Walter Steinmeier. Für Aktivitäten des BND war damals ganz wie heute in letzter Instanz der Kanzleramtschef zuständig.

Erste Priorität

Dabei betrifft das Abschöpfen der Daten offenkundig nicht nur Österreich, sondern auch weitere EU-Verbündete. Ausweislich der ReSA-E-Mail durchliefen gleich vier Kommunikationsströme der "ersten Prioritätenliste" des BND die neue Glasfaserleitung der Deutschen Telekom: neben Luxemburg-Wien auch Luxemburg-Prag, Ankara-Luxemburg und Luxemburg-Moskau.[8] Damit gerieten zumindest auch Daten aus Luxemburg und der Tschechischen Republik systematisch in die Speicher des BND. Schon vor wenigen Tagen war bekannt geworden, dass der deutsche Auslandsgeheimdienst auch Daten aus Frankreich abschöpfte und dabei sogar die Kommunikation französischer Regierungsstellen ausspionierte.[9] Ob Vergleichbares auch in der luxemburgischen Heimat von EU-Kommissionspräsident Jean-Claude Juncker und in Prag geschah, ist bislang nicht bekannt. Wenig überraschend ist hingegen die Ausforschung von Kommunikation mit Personen oder Institutionen in Russland und in der Türkei.

Kein offizieller Protest

Ernsthafte Proteste kommen bislang lediglich aus der französischen und aus der österreichischen Opposition. Der österreichische Oppositionsabgeordnete Peter Pilz spricht von einem "glatten Rechtsbruch", fordert die Telekom Austria auf, rechtliche Schritte gegen die Deutsche Telekom in die Wege zu leiten, und spricht sich für die Einsetzung eines parlamentarischen Untersuchungsausschusses in Wien aus.[10] Bereits kürzlich hat der französische Oppositionelle Jean-Luc Mélenchon, Präsidentschaftskandidat des "Front de gauche" im Jahr 2012, eine "neue deutsche Arroganz" konstatiert, die nicht zufällig "zu dem Zeitpunkt" zutage trete, zu dem Berlin "Europa dominiert".[11] Die französische Regierung hingegen verzichtet bislang auf jeden offiziellen Protest; Österreichs Innenministerin hat lediglich eine Strafanzeige "gegen unbekannt" gestellt. Aus Luxemburg und der Tschechischen Republik sind bislang keinerlei Beschwerden gegen die europäische Hegemonialmacht zu hören.

Eine größere Rolle in der Welt

Unterdessen treibt Berlin den Ausbau der BND-Internetspionage voran. Im Rahmen einer "Strategischen Initiative Technik" hat die Bundesregierung dem Auslandsgeheimdienst in einem ersten Schritt fast eine Drittelmilliarde Euro zur Verfügung gestellt, um seine Fähigkeiten in puncto E-Mail- und Onlinespionage zu verbessern und nach Möglichkeit "auf Augenhöhe" mit der NSA zu gelangen.[12] "Will Deutschland eine größere Rolle in der Welt spielen", heißt es dazu in der führenden Zeitschrift der Berliner Außenpolitik-Eliten, der "Internationalen Politik", "führt an einem Ausbau der Kapazitäten kein Weg vorbei."[13] Über eine Milliarde Euro gibt die Bundesrepublik aus, um den BND aus Pullach nach Berlin zu holen, wo er engere Beziehungen zu Ministerien und Parlament aufbauen soll. Erst kürzlich hat die Bundesregierung eingeräumt, dass die ursprünglich auf 720 Millionen Euro veranschlagten Kosten für den Neubau der Berliner BND-Zentrale schon jetzt auf über eine Milliarde Euro gestiegen sind. Die Gesamtkosten für den Umzug werden mittlerweile auf 1,588 Milliarden Euro beziffert. Die Stärkung des nationalen Geheimdienstes, der noch die engsten EU-Verbündeten ausforscht, gehört untrennbar zur Konsolidierung der deutschen Dominanz über Europa und zur neuen deutschen Weltpolitik hinzu.[14]

[1] Die E-Mail ist hier einsehbar: netzpolitik.org/wp-upload/2005-02-03-BND-Telekom-AT.jpg .
[2] Fabian Schmid: BND spionierte für NSA Leitungen der Telekom Austria aus. derstandard.at 15.05.2015.
[3] Fabian Schmid, Markus Sulzbacher: NSA spionierte gezielt österreichische UPC-Kunden aus. derstandard.at 11.03.2015.
[4] S. dazu Beredtes Schweigen und Der Airbus für's Internet.
[5] Fabian Schmid, Markus Sulzbacher: NSA spionierte gezielt österreichische UPC-Kunden aus. derstandard.at 11.03.2015.
[6] BND hatte österreichischen Geheimdienst im Visier. www.mdr.at 05.05.2015.
[7] Für Zuarbeiten für Geheimdienste und Polizeien beschäftigt die Deutsche Telekom an ihren Standorten in Berlin, Frankfurt am Main, Hannover und Münster rund 40 Mitarbeiter. Andre Meister: Interne E-Mail: BND und Deutsche Telekom haben auch Österreich, Tschechien und Luxemburg abgehört (Update). netzpolitik.org 15.05.2015.
[8] Andre Meister: Interne E-Mail: BND und Deutsche Telekom haben auch Österreich, Tschechien und Luxemburg abgehört (Update). netzpolitik.org 15.05.2015.
[9] BND wertete Daten für eigene Zwecke aus. www.handelsblatt.com 02.05.2015. S. dazu Die neue deutsche Arroganz.
[10] Fabian Schmid: BND spionierte für NSA Leitungen der Telekom Austria aus. derstandard.at 15.05.2015.
[11] S. dazu Die neue deutsche Arroganz.
[12] S. dazu Eine deutsch-europäische NSA und Erfordernisse der Weltpolitik.
[13] Peter Neumann: Algorithmen und Agenten. Wo es gerade in Deutschland bei der Geheimdienstarbeit hapert. Internationale Politik November /Dezember 2014.
[14] S. dazu In und durch Europa führen und Die Bilanz eines Jahres.






(deutsch / english / srpskohrvatski / italiano)


Kumanovo e altri tentativi di riattizzare il fuoco...


1) GRANDE ALBANIA: “L’unione con il Kosovo è inevitabile, che all’UE piaccia o no”, parola di Edi Rama
2) ‘GREATER ALBANIA’ statement awakens old ghosts in Balkans 
3) NEWS:
Macedonia. Raid dell'Uck al confine: "Vogliamo la grande Albania" / Vucic: Bruxelles deve dire apertamente la vera ragione per la quale non stati aperti i primi capitoli nelle trattative sull’adesione della Serbia all’Unione europea / I Serbi che vivono in Kosovo hanno paura dopo attacchi terroristici degli albanesi in Macedonia / Прети ли Куманово да запали Балкан и Србију?
4) ANGST VOR TERROR IN MAZEDONIEN. UÇK bekennt sich zu Angriffen in Kumanovo am Wochenende
5) FALLISCE IL GOLPE USA IN MACEDONIA (di Thierry Meyssan)
6) THE GEARS OF WAR GRIND FOR GREATER ALBANIA (by A. Korybko, SputnikNews)


Leggi anche / isto procitaj:

Diritto e ... rovescio internazionale nel caso jugoslavo
di Andrea Martocchia, segretario Coord. Naz. per la Jugoslavia ONLUS
Flashback / Diritto, adieu / La notizia più recente / Il Kosovo e la missione EULEX / Altri aspetti dello stato di illegalità in Kosovo / Il caso Jelisić / La magistratura come prosecuzione della guerra con altri mezzi
Articolo pubblicato nell'ultimo numero (1/2015) di MarxVentuno rivistahttp://www.marx21.it/component/content/article/32-la-rivista-marxventuno/25447-marxventuno-n1-2015.html

AGGIORNAMENTI DAL KOSMET MARTORIATO (JUGOINFO 19 aprile 2015)
Kosovo: storia di un fallimento /  Kosovo: continuano le aggressioni / Che succede a Kosovska Mitrovica? / Jedanaest godina od pogroma nad Srbima na KiM / Se Priština non formerà il Tribunale per i crimini dell’UCK, lo farà l’ONU / Il premier albanese Edi Rama: "Kosovo e l’Albania si uniranno in modo classico" / Belgrado: se Thaci viene in Serbia verrà arrestato... 

SERBIA, SFIORATA LA CRISI DIPLOMATICA CON TIRANA (Sarah Camilla Rege, 1 maggio 2015)

LAZANSKI SVE PREDVIDEO: Amerikanci prave rat u Makedoniji zbog Turskog toka! (VIDEO – 10. Maj 2015.)
VIDEO: Lazanski - Makedonija najslabija karika Turskog toka (3 mag 2015)

CHE SUCCEDE IN MACEDONIA? (di Giulietto Chiesa, 11.05.2015)
Gli incidenti di Kumanovo (cinque morti tra le guardie di frontiera macedoni) e quelli, precedenti, dell’attacco alla stazione di polizia di Goshince, dodici giorni fa, indicano una seria svolta nella inquieta situazione politica macedone...

BOSNIA E MACEDONIA NEL MIRINO DI JIHADISTI E UCK (di Luca Susic, 12 maggio 2015)

L'Occidente infuriato contro Gruevski perché ha sventato i piani dei terroristi pan-albanesi!

L’OCCIDENTE AVVERTE IL PRIMO MINISTRO GRUEVSKI (di Giovanni Vale, 13 maggio 2015)
Usa e Ue chiedono di fare chiarezza dopo le accuse emerse dalle intercettazioni. Il premier sostituisce due ministri
http://ilpiccolo.gelocal.it/trieste/cronaca/2015/05/13/news/macedonia-l-occidente-avverte-gruevski-1.11411864

VEDI ANCHE:
* i video della polizia macedone
https://www.youtube.com/user/MVRMacedonia1231
* regime albano-kosovaro schiera forze speciali al confine
http://web-tribune.com/aktuelno/uvod-u-najavljeni-opsti-rat-pristina-zapocela-gomilanje-specijalnih-snaga-prema-jugu-srbije-i-makedoniji#
* a Presevo dopo gli scontri di Kumanovo sono confluiti 700 albano-macedoni
http://srbin.info/2015/05/10/u-presevo-stiglo-oko-700-albanaca-iz-makedonije/


=== 1 ===

da www.eastjournal.net

ALBANIA: “L’unione con il Kosovo è inevitabile, che all’UE piaccia o no”, parola di Edi Rama

Posted 8 aprile 2015  
di Matteo Zola

L’unione tra il Kosovo e l’Albania “è inevitabile e indiscutibile“. E si farà “dentro l’Unione Europea, oppure senza il consenso di Bruxelles come reazione alla cecità e alla pigrizia europea”. Queste le parole del primo ministro albanese, Edi Rama, rilasciate durante un’intervista congiunta con il ministro degli Esteri kosovaro, Hashim Thaci, all’emittente televisiva di Pristina “Klan Kosova”. Parole che pesano nel contesto balcanico. A stretto giro è giunta la secca replica del primo ministro serbo, Aleksandar Vučić: “questo non avverrà mai. Le dichiarazioni di Rama servono solo a destabilizzare la regione”. La notizia finisce qui, ma è inevitabile che faccia discutere.

Negli ultimi anni Belgrado ha cercato di portare avanti una politica di normalizzazione nelle relazioni con l’Albania e sulla questione del Kosovo. Il primo ministro Vučić e il presidente Nikolić, pur provenendo da un partito radicalmente nazionalista, sono i fautori di questa politica di distensione. Forse per opportunismo, forse perché spinti dall’Unione Europea, forse perché in cerca di una nuova verginità politica, i due leader hanno tuttavia fatto quanto nessuno prima: l’”Accordo sui principi che disciplinano la normalizzazione delle relazioni” tra la Repubblica di Serbia e la Repubblica del Kosovo siglato nell’aprile del 2013 è stata un’intesa storica. Belgrado, che per anni si è rifiutata di accettare il fatto compiuto dell’indipendenza del Kosovo, voltava così pagina.

Malgrado l’accordo, le tensioni sono rimaste. Il primo ministro serbo Vučić, pur avendo firmato l’accordo, continua a usare le vecchie retoriche nazionaliste, utili per mantenere il consenso. Le dichiarazioni di Edi Rama sembrano avere lo stesso scopo: distrarre l’opinione pubblica albanese dai problemi reali. Rama si è fin qui distinto per una buona dose di “situazionismo”, rivolgendosi alle istituzioni europee con toni e argomenti ben diversi da quelli che poi esibisce in casa. Ma anche a volerlo credere sinceramente intenzionato a perseguire l’unità nazionale, il premier albanese dimostra di non avere capito che cosa rappresenta concretamente l’indipendenza del Kosovo, un paese che ospita la più grande base militare americana in Europa, una testa di ponte per la Nato in una regione che – oggi più che mai – subisce l’attrazione di Mosca. E proprio in virtù di questo ruolo speciale, ai leader kosovari sono stati perdonati crimini, ruberie, traffici commessi durante e dopo la guerra. L’annessione è impossibile almeno finché il Kosovo resterà nell’orbita del neocolonialismo americano. L’intervento di Rama, se non è dettato da opportunismo, tradisce una certa ingenuità politica.

A Belgrado, per una volta, si fa gli offesi stando dalla parte di quelli che vogliono la “stabilità”. Ma non mancano i mal di pancia per una dichiarazione che, se fosse venuta da parte serba, avrebbe fatto gridare allo scandalo mezza Europa e che provenendo invece da parte albanese è stata trattata alla stregua di una “gaffe”. Belgrado però si limita all’indignazione sussiegosa consapevole che, visto il passato recente del paese, non può permettersi di fare la vittima.

Non c’è dunque da attendersi ulteriori reazioni, né l’episodio deve essere assurto a suffragio delle abituali retoriche che descrivono i Balcani come una inesauribile polveriera. Quel che è certo è che ci sono leader, nei Balcani, che non sono all’altezza della fase storica in cui si trovano. Di leader così ne è piena l’Europa, e dichiarazioni improvvide ne sentiremo ancora. Il Kosovo, dal canto suo, ha ben altri problemi da affrontare che le opposte manie di grandezza.



=== 2 ===


‘Greater Albania’ statement awakens old ghosts in Balkans 

10/04/2015

Belgrade was upset. Left out of Europe, an isolated Albania had threatened to unify with Kosovo, and awaken conflicts in the Balkans, Prime Minister Edi Rama had said.

Rama’s statement was a message to Brussels on the necessity of intensifying Kosovo’s EU accession which, according to Tirana and Pristina, is progressing too slowly.

On the other hand, some Belgrade analysts believe that Rama’s statement was aimed “the public at home,” while Kosovo Foreign Minister Hashim Thaci said that Rama’s statement had been misinterpreted.

Rama made it clear that the primary objective was unification through European integration. However, the mere mention of the word “unification” is a very sensitive subject in the Western Balkans.

The topic of borders – the secession or unification of territories – was closed in the region after the wars in the former Yugoslavia in the 1990s. The stance of the international community is that no redrawing of borders is possible in the Balkans.

Countries in the region are also aiming to improve their relations through European integration, and show the EU that they have overcome old hostilities and are ready to cooperate and one day live and function together within the EU. The development of good neighborly relations is one of the criteria they must meet in order to join the EU.

Serbia refuses to recognize Kosovo’s independence, but is participating in an EU-mediated dialog with Pristina on the normalization of relations.

'Two alternatives'

In a joint interview with Kosovo Deputy Prime Minister and Foreign Minister Hashim Thaçi given to Pristina television Klan Kosova, Rama, as conveyed on 7 April, said that the unification of Kosovo and Albania had two alternatives, and that it was all up to the EU.

The first is unification within the European Union. But if the EU continues to close its doors to Kosovo, then “the two countries will be forced to unite in a classical way”, said Rama.

The Albanian premier stated that “the two countries advocate unification through membership in the European Union”.

Thaçi commented that Rama’s words were not a threat to the European Union, but rather a reality that could easily come true in the future, and which could be a result of Kosovo’s isolation from the EU.

Rama reiterated that it was a disgrace for the EU that the visa liberalization process had not been completed for Kosovo citizens, who were the only ones without that benefit in the region, while Thaci said that Kosovo had already fulfilled all obligations for visa liberalization.

During a visit to Zagreb the following day, 8 April, Thaçi commented that the Albanian prime minister’s statement had been misinterpreted, and that at no point had there been talk of the possibility of national unification, or of the changing of borders.

“We are not talking about changing borders at all, but rather about reducing their visibility, according to the European model, so that people can move freely. We will all belong to that European space one day,” said Thaçi.

'Provocations unacceptable'

On 8 April, the European Union reacted to Rama’s statement, making it clear that “provocations are unacceptable”, since the Western Balkan countries “are progressing each at their own pace” in European integration, which “includes regional cooperation, reconciliation and good neighborly relations”.

European Commission spokesperson Maja Kocijančič said that the Western Balkans had a clear European prospect, and that “all partners in the region have confirmed their determination to reach that goal”.

She said that the countries in the region had also confirmed their resolve to “meet the necessary requirements, with full respect for the principles and standards of the EU”, and that the countries are making progress on that path, each at their own pace.

“The aforementioned determination also includes regional cooperation, reconciliation and good neighborly relations; all provocative statements are unacceptable in that framework,” read the EU’s response to Rama.

Belgrade dissatisfied with reactions 

Serbia has strongly condemned Rama’s statement, and made it clear that it expects the international community to do the same. Belgrade has announced intensified diplomatic activities regarding the matter in international organizations and other countries.

The Serbian Ministry of Foreign Affairs has handed a letter of protest to the Albanian ambassador in Belgrade, which underlined that the positions of Albanian Prime Minister Edi Rama were unacceptable for Serbia, Ministry officials said.

Metohija Marko Djurić , Head of the Serbian government’s Office for Kosovo, said that Rama’s statement was “an attack on peace, a brutal threat to stability in the region, and a dangerous call for the redrawing of borders”, whereas Serbian Prime Minister Aleksandar Vučić said that “Kosovo and Albania will never be united” and asked the Albanian leaders “to stop further causing instability in the region”.

The EU, in the eyes of Serbian officials, was late with its reaction, which wasn’t strong enough.

Serbian Foreign Minister Ivica Dačić said on 8 April that he expected that the EU would “treat everyone the same”, and severely condemn the Albanian premier’s statement about the “unification” of Albania and Kosovo.

“The issue is not just that he (Rama) said that. The issue is that few are reacting to it. How much time should pass before someone makes a statement and condemns such an act? I expect that the EU will treat all of us equally and condemn such statements,” said Dačić.

The Serbian minister went on to say that Kocijančič had reacted to Rama’s statement, but had not “exactly mentioned it directly,” although she did say it was unacceptable.

Calling on the EU to react to “the politicization of the topic” and “irresponsible statements,” Dačić also said that Serbia wanted good relations with Albania, and that it took a lot of time to build them and just a little time to “tear the whole thing down”.



=== 3 ===

Un gruppo di albanesi armati, arrivati dal Kosovo, ha brevemente preso possesso di un piccolo commissariato di polizia alla frontiera Nord della Macedonia nella notte tra lunedì e martedì, reclamando la creazione di uno stato albanese sul territorio della piccola repubblica dell'ex Jugoslavia. L'hanno affermato le autorità macedoni. "Verso le 2.30 un gruppo di una quarantina di persone armate venute dal Kosovo ha attaccato il posto di Gosince, che si trova a 500 metri dalla frontiera" ha dichiarato Ivo Kotevski, portavoce della polizia macedone. Gli assalitori avevano le insegne dell'Uck, l'Esercito di liberazione del Kosovo, il gruppo indipendentista che si batté per il Kosovo contro la Serbia nel conflitto del 1998-99. I quattro poliziotti macedoni che erano nel posto di polizia sono stati insultati, picchiati e ammanettati. (fonte: Askanews)


da http://voiceofserbia.org/it/

Vucic: Bruxelles deve dire apertamente la vera ragione 

07. 05. 2015. – Il premier serbo Aleksandar Vucic ha detto che la ragione per la quale non stati aperti i primi capitoli nelle trattative sull’adesione della Serbia all’Unione europea non è l’accordo sulla normalizzazione dei rapporti tra Belgrado e Pristina. Belgrado ha implementato tutti i punti di quell’accordo. La Comunità dei comuni serbi in Kosovo non è stata ancora formata. L’apertura dei primi capitoli dipende dalla quesione del nostro dialogo con Pristina, ha detto Vucic. Devono dire apertamente che il problema non è l’accordo di Bruxelles, ma bensì il fatto che noi non siamo disposti a dare agli albanesi kosovari il lago artificiale Gazivode. Che dicano apertamente che per questa ragione non saranno avviate le trattative con Bruxelles. Noi abbiamo offerto la divisione 50% per 50% di Gazivode. Le autorità di Pristina non hanno accettato la nostra offerta, ha dichiarato Vucic.



Serbi che vivono in Kosovo hanno paura dopo attacchi terroristici degli albanesi in Macedonia

13. 05. 2015. - I serbi che vivono in Kosovo hanno paura dopo gli attacchi terroristici degli albanesi in Macedonia e gli annunci dei loro esponenti che sarà creata la grande Alabnia, è stato rilevato alla riunione del direttore dell’ufficio del Governo serbo per il Kosovo Marko Djuric, i deputati serbi, i rappresentanti del partito dei serbi kosovari Lista serba e i ministri serbi dell’esecutivo kosovaro. Gli albanesi bloccano l’implementazione dell’accordo sulla normalizzazione dei rapporti tra Belgrado e Pristina e non vogliono realizzare quello che è stato accordato a Bruxelles, è stato rilevato alla riunione.



Прети ли Куманово да запали Балкан и Србију? (Emisija UPITNIK na RTS, УТОРАК, 12. МАЈ 2015)

Dall'interessante programma della televisione serba sintetizziamo alcuni spunti:
* il rappresentante del partito dei Serbi di Macedonia ricorda che già a causa della guerra civile macedone del 2001 – causata da un tentativo di "fare in Macedonia come era stato fatto in Serbia nel 1999" cioè di strappare la parte con presenza albanofona – un certo numero di Serbi della zona di Kumanovo era dovuto scappare e non è mai più ritornato;
* l'esperto di questioni militari del Parlamento serbo fa notare che la UE non ha reagito in alcun modo, diversamente ad es. dalla risonanza accordata all'attentato di Parigi a Charlie Hebdo... C'è una chiara disponibilità USA verso il progetto della Grande Albania, mentre la UE non ha alcuna politica su questo;
* dei 30 terroristi che si sono arresi a Kumanovo, ben 18 sono originari del Kosovo;
* è menzionata esplicitamente la Germania e viene detto che la FYROM non ha ottenuto alcuna collaborazione dalla NATO quando pochi mesi fa ha chiesto informazioni sui pericoli terroristici;
* i pan-albanesi cercano di sfruttare la destabilizzazione della FYROM che è in corso da tempo, anche confluendo alla manifestazione delle opposizioni a Skopje che è in programma 
per domenica 17 maggio;
* al minuto 33 si fa vedere una mappa della Grande Albania e si menzionano le dichiarazioni di un "intellettuale" albanese che dice che i fatti di Kumanovo sono l'inizio della lotta di unificazione della Grande Albania;
* mentre era in corso la trasmissione è arrivata la notizia che il premier della FYROM ha fatto un rimpasto di governo cambiando tra gli altri il Ministro dell'Interno.

VIDEO: http://www.rts.rs/page/tv/ci/story/17/%D0%A0%D0%A2%D0%A1+1/1916850/%D0%A3%D0%BF%D0%B8%D1%82%D0%BD%D0%B8%D0%BA.html 
(segnalato da Valentina R. e Samantha M., sintesi a cura di Andrea M.)


=== 4 ===


Aus: Ausgabe vom 12.05.2015, Seite 2 / Ausland

Angst vor Terror in Mazedonien

UÇK bekennt sich zu Angriffen in Kumanovo am Wochenende

Von Roland Zschächner


Ein Strafgericht in Skopje hat gegen 30 Männer, die an den Gefechten am Wochenende in der Stadt Kumanovo beteiligt gewesen sein sollen, Untersuchungshaft verhängt. Ihnen werden laut einer Meldung der Nachrichtenagentur MIA am Montag »Terrorismus« sowie der Angriff auf die verfassungsmäßige Sicherheit und Ordnung Mazedoniens vorgeworfen. Unter den Festgenommenen sind unter anderem 18 Kosovoalbaner, neun mazedonische sowie ein albanischer Staatsbürger, der in Deutschland gemeldet ist. Unterdessen kehrten die evakuierten Bewohner in ihre Häuser zurück.

Am Samstag morgen griffen rund 50 schwerbewaffnete Männer eine Polizeistation in der 40 Kilometer nordöstlich von Skopje gelegenen Stadt an. Bei den mehr als 28 Stunden andauernden Gefechten starben acht Beamte einer Spezialeinheit. 14 Aufständische wurden laut offiziellen Angaben »neutralisiert«. Die Hintergründe der Attacke blieben bislang unklar.

Ministerpräsident Nikola Gruevski erklärte am Sonntag, ohne nähere Angaben zu machen, bei den Angreifern habe es sich um Mitglieder der »gefährlichsten Terrorgruppe des Balkans« gehandelt. Laut Gazeta Express bekannte sich die sogenannte Kosovo-Befreiungsarmee UÇK zu der Attacke. 2001 hatten die Separatisten mit Anschlägen das Land destabilisiert. Auf westlichen Druck hin wurde eine Waffenstillstand geschlossen. Der politische Arm der UÇK, die Demokratische Union für Integration, ist mittlerweile Teil der Regierung.

Die mazedonische Polizei stellte am Sonntag abend zwei Videos ins Internet, in denen die Verhafteten präsentiert werden. Die Männer tragen Uniformen mit den Symbolen der vom Westen 1999 im Krieg gegen Jugoslawien hofierten UÇK. Nun wächst die Angst vor neuen ethnischen Spannungen.

Die Angreifer sollen von fünf ehemaligen Mitgliedern der Untergrundarmee geführt worden sein – darunter Mirsad Ndrecaj, der als »Kommandeur NATO« bekannt ist. Ndrecaj diente laut regionalen Medien nach 1999 als Bodyguard für den ehemaligen kosovarischen Ministerpräsidenten Ramush Haradinaj. Auch die anderen Verdächtigen hätten enge Verbindungen zu hochrangigen Politikern der abtrünnigen serbischen Region.

Am Sonntag abend tagte in Skopje der nationale Sicherheitsrat. Anschließend forderte der mazedonische Präsident, Gjorge Ivanov, laut der Zeitung Republika mehr Unterstützung der NATO und der Europäischen Union für sein Land.



=== 5 ===

http://www.voltairenet.org/article187582.html

LA GUERRA DEL GAS SI ESTENDE ALL’EUROPA

Fallisce il golpe USA in Macedonia


di  Thierry Meyssan

La Macedonia ha appena messo in condizione di non nuocere un gruppo armato di cui sorvegliava i mandanti da almeno otto mesi. Ha così evitato un nuovo tentativo di colpo di stato, pianificato da Washington per il 17 maggio. Si trattava di allargare alla Macedonia il caos già installato in Ucraina al fine di impedire il passaggio di un gasdotto russo verso l’Unione europea.

RETE VOLTAIRE | DAMASCO (SIRIA)  | 13 MAGGIO 2015

Il caso di Kumanovo

La polizia macedone ha lanciato il 9 maggio 2015, all’alba, un’operazione volta ad arrestare un gruppo armato che si era infiltrato nel paese e che sospettava stesse preparando diversi attentati.
La polizia aveva evacuato la popolazione civile prima di dare l’assalto.

Dopo che i sospetti hanno aperto il fuoco, è seguita una dura battaglia che ha lasciato 14 morti dal lato dei terroristi e 8 dal lato delle forze dell’ordine. Ben 30 individui sono stati fatti prigionieri. Si calcolano parecchi feriti.

Non un’azione terroristica, ma un tentativo di colpo di stato

La polizia macedone era manifestamente ben informata prima di lanciare la sua operazione. Secondo il ministro degli Interni, Ivo Kotevski, il gruppo stava preparando un’operazione molto importante per il 17 maggio (vale a dire in occasione della manifestazione indetta dall’opposizione albanofona a Skopje).
L’identificazione dei sospetti ha permesso di stabilire che erano quasi tutti ex membri dell’ UÇK (l’Esercito di Liberazione del Kosovo). [1]
Tra questi troviamo: 
• Sami Ukshini detto “Comandante Sokoli”, la cui famiglia ha svolto un ruolo storico in seno all’ UÇK. 
• Rijai Bey, ex guardia del corpo di Ramush Haradinaj (lui stesso trafficante di droga, capo militare del dell’UÇK e poi Primo Ministro del Kosovo. Fu processato due volte dal Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia per crimini di guerra, ma assolto perché 9 testimoni cruciali furono uccisi durante il suo processo). 
• Dem Shehu, attuale guardia del corpo del leader e fondatore del partito BDI albanese, Ali Ahmeti. 
• Mirsad Ndrecaj detto il “Comandante della NATO”, nipote di Malic Ndrecaj comandante della 132ma Brigata dell’ UÇK.
I principali responsabili di questa operazione, tra cui Fadil Fejzullahu (morto durante l’assalto) sono vicini all’ambasciatore degli Stati Uniti a Skopje, Paul Wohlers.
Quest’ultimo è figlio di un diplomatico statunitense, Lester Wohlers, che ha giocato un ruolo importante nella propaganda atlantista e ha diretto il dipartimento cinema della US Information Agency. Il fratello di Paul, Laurence Wohlers, è attualmente ambasciatore presso la Repubblica Centrafricana. Lo stesso Paul Wohlers, ex pilota della US Navy, è uno specialista di controspionaggio. È stato vice direttore del Centro per le operazioni del Dipartimento di Stato (ossia il servizio di sorveglianza e protezione dei diplomatici).

[FOTO: Fadil Fejzullahu, un leader del gruppo armato è morto durante l’assalto, qui con il suo capo, l’ambasciatore degli Stati Uniti a Skopje Paul Wohlers.]


Perché non v’è alcun dubbio circa i mandanti, il segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg, è intervenuto persino prima della fine dell’assalto. Non per dichiarare la propria condanna del terrorismo e il suo sostegno al governo costituzionale di Macedonia, ma per trasformare il gruppo terroristico in un’opposizione etnica legittima: «È con grande preoccupazione che seguo gli eventi in corso a Kumanovo. Rivolgo le mie condoglianze alle famiglie delle persone uccise o ferite. È importante che tutti i dirigenti politici e responsabili di comunità lavorino insieme per riportare la calma e procedano a un’indagine trasparente per determinare quel che è accaduto. Faccio vivamente appello a tutti affinché diano prova di moderazione e evitino un’ulteriore escalation, nell’interesse del paese e dell’intera regione.»
Bisogna essere ciechi per non capire.
Nel mese di gennaio 2015, la Macedonia sventava un tentativo di colpo di Stato in favore del capo dell’opposizione, il socialdemocratico Zoran Zaev. Quattro persone venivano arrestate e Zaev si vedeva confiscare il suo passaporto, intanto che la stampa atlantista cominciava a denunciare una "deriva autoritaria del regime" (sic).
Zoran Zaev è pubblicamente sostenuto dalle ambasciate degli Stati Uniti, del Regno Unito, della Germania e dei Paesi Bassi. Ma non c’è finora nessuna altra traccia nel tentativo di golpe che della responsabilità degli Stati Uniti.
Il 17 maggio, il partito socialdemocratico (SDSM) [2] di Zoran Zaev doveva organizzare una manifestazione. Doveva distribuire 2.000 maschere in modo da impedire alla polizia di identificare i terroristi in mezzo al corteo. Durante l’evento, il gruppo armato camuffato con queste maschere doveva attaccare varie istituzioni e lanciare una pseudo "rivoluzione" di piazza paragonabile a quella della Maidan di Kiev.
Questo colpo di Stato era coordinato da Mile Zechevich, un ex dipendente di una delle fondazioni di George Soros.
Per comprendere l’urgenza di Washington di rovesciare il governo di Macedonia, dobbiamo tornare alla guerra dei gasdotti. Per la politica internazionale è una grande scacchiera dove ogni movimento di un pezzo provoca conseguenze sugli altri.

[FOTO: Il gasdotto Turkish Stream dovrebbe passare attraverso la Turchia, la Grecia, la Macedonia e la Serbia per rifornire l’UE del gas russo. Su iniziativa del presidente ungherese Viktor Orbán, i ministri degli Esteri dei paesi coinvolti si sono incontrati il 7 aprile a Budapest per coordinarsi di fronte agli Stati Uniti e all’Unione europea.]

La guerra del gas

Dal 2007, gli Stati Uniti tentano di tagliare le comunicazioni tra la Russia e l’Unione europea. Sono riusciti a sabotare il progetto South Stream, costringendo la Bulgaria ad annullare la sua partecipazione, ma il 1° Dicembre 2014, in mezzo alla sorpresa generale, il presidente russo Vladimir Putin ha lanciato un nuovo progetto riuscendo a convincere il suo omologo turco Recep Tayyip Erdoğan a fare un accordo con lui, benché la Turchia sia un membro della NATO [3]. Si era convenuto che Mosca avrebbe consegnato del gas ad Ankara, che a sua volta ne consegnerebbe all’Unione europea, aggirando l’embargo anti-russo di Bruxelles. Il 18 aprile 2015, il nuovo primo ministro greco, Alexis Tsipras, dava il suo gradimento affinché il gasdotto attraversasse il suo paese. [4] Il primo ministro macedone, Nikola Gruevski, aveva – a sua volta - discretamente negoziato nel mese di marzo. [5] Infine, la Serbia, che faceva parte del progetto South Stream, aveva indicato al ministro dell’Energia russo Aleksandar Novak, quando lo ha ricevuto a Belgrado ad aprile, che anche il suo paese era pronto a passare alla progetto Turkish Stream [6] .
Per fermare il progetto russo, Washington ha moltiplicato le iniziative: 
 In Turchia, sostiene il CHP contro il presidente Erdoğan sperando di fargli perdere le elezioni; 
 in Grecia, l’8 maggio ha inviato Amos Hochstein, direttore dell’Ufficio delle risorse energetiche, per richiamare il governo Tsipras affinché rinunci al suo accordo con Gazprom; 
 ha previsto – a ogni buon conto – di bloccare il tracciato del gasdotto piazzando uno dei suoi fantocci al potere in Macedonia; 
 in Serbia, ha rilanciato il progetto di secessione del pezzo di territorio che permette la giunzione con l’Ungheria, la Vojvodina. [7]
Ultima osservazione e non di minor conto: il Turkish Stream alimenterà l’Ungheria e l’Austria mettendo fine al progetto alternativo mediato dagli Stati Uniti con il presidente Hassan Rouhani (contro il parere delle Guardie Rivoluzionarie) basato sull’approvvigionamento di gas iraniano [8].

Traduzione 
Matzu Yagi


[1] « L’UÇK, une armée kosovare sous encadrement allemand », par Thierry Meyssan, Réseau Voltaire, 15 avril 1999.

[2] Il partito SDSM è membro dell’Internazionale socialista.