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ITALIJANSKA KOORDINACIJA ZA JUGOSLAVIJU |
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Replica al comunicato del presidente A.N.P.I. su Srebrenica La ricezione della nota a firma Carlo Smuraglia, presidente nazionale A.N.P.I., contenuta nel bollettino ANPINews n.170 (14-21/7/2015), costringe a una presa di distanza netta ed esplicita 16 luglio 2015 |
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Il lungo comunicato di Smuraglia
ripropone in acritica sequela tutti i luoghi comuni e le
informazioni tendenziose, esagerate e/o false costruite
e fatte circolare dal luglio 1995 ad oggi, alle quali
abbiamo in numerose occasioni ribattuto con
contestazioni e critiche documentate e analitiche, una
cui sintesi è reperibile nel documento tradotto proprio
in occasione di questo ventennale:
Stefan Karganovic, Aleksandar Pavic (Srebrenica Historical Project): SREBRENICA 1995-‐2015: Solamente i fatti... (PDF) Nel merito osserviamo
quanto segue:
- in vista della presa di
controllo di Srebrenica da parte dell'esercito della
Repubblica Serba di Bosnia, la città fu evacuata da
migliaia di donne, vecchi e bambini (*);
non citarlo e viceversa affermare che "i Serbi ...
chiesero la consegna di tutti gli uomini validi ... per
evacuarli e portarli in altri campi" è una inversione
dei fatti storici;
- non solo i numeri del
massacro, ma anche il fatto ben noto che i civili che lo
richiedevano siano stati evacuati dalla città prima
della presa di controllo, contraddice chi parla di
"genocidio"; quindi dilungarsi su questa terminologia è
demagogico e mira a rincarare il linciaggio morale della
parte serbo-bosniaca. Bene ha fatto la Russia a porre il
veto sulla bozza di Risoluzione presentata dalla Gran
Bretagna a tale scopo;
- il nuovissimo e rozzo
scandalo mediatico della "fornitura di benzina", se
depurato del pregiudizio isterico antiserbo, altro non è
che la evidenza di una operazione concordata tra serbi e
ONU per la evacuazione dei civili dalla città;
- sulle persone uccise
contestualmente alla presa di controllo di Srebrenica da
parte dell'esercito della Repubblica Serba di Bosnia, si
offrono numeri gonfiati (vedi documento di cui sopra),
si immaginano modalità inutilmente truculente
("massacrati, prima con le forme più barbariche
... uccisi a randellate o a colpi di ascia"), si
aggiungono dettagli falsi (le donne stuprate);
- "Le scene ... di ciò che
avvenne all'interno della città, anche sulle donne,
delle quali molte furono violentate o subirono feroci
torture, furono fotografate persino dai satelliti":
chiediamo a Carlo Smuraglia di rendere pubbliche queste
foto satellitari degli stupri e delle torture di cui
parla;
- l'idea di una Srebrenica
trasformata in un "grande campo di concentramento" è un
inedito, che supera le peggiori esagerazioni della
stampa nostrana;
- su ragioni e dinamica
della presa di controllo di Srebrenica da parte
dell'esercito della Repubblica Serba di Bosnia, si
consideri che tale operazione fu consentita dall'ONU a
seguito di accordi (perciò l'accusa di "abbandono" da
parte del contingente olandese), come dimostra proprio
l'evacuazione dei civili;
- i morti ammazzati
nell'operazione furono in parte causati da scontri tra
le due fazioni (armati musulmano-bosniaci erano rimasti
in gran numero nell'enclave anche se abbandonati e
traditi dai loro stessi leader, si veda il documentario
"Una città tradita") e in parte – ma ben meno di
ottomila – soggetti ad azioni vendicative da parte di
serbi, soprattutto locali;
- in merito a quest'ultimo
punto, ciò che viene infatti regolarmente omesso nelle
narrazioni "alla Smuraglia" è che negli anni precedenti
la città, benchè dichiarata "zona protetta ONU" e sulla
carta smilitarizzata, era stata usata come base per le
milizie musulmano-bosniache comandate da Naser Oric, che
soprattutto nel 1992-1993 con diverse incursioni in
quartieri e sobborghi a prevalente popolazione serba
avevano causato circa 4000 morti massacrati nelle
maniere più incredibili (**).
A cosa sia servita
"Srebrenica", cioè la provocazione di un evento
militarmente anomalo (fuga degli stati maggiori
musulmani, "abbandono" ONU, presa di controllo serba
senza osservatori indipendenti) e la sua successiva
manipolazione mediatica, è presto detto:
1) a "coprire
mediaticamente" la presa di controllo delle Krajine da
parte dell'esercito della Croazia di Tudjman: questa,
si, una vera e propria pulizia etnica (mezzo milione di
serbi autoctoni scacciati o uccisi), forse l'unica
perfettamente riuscita nelle guerre jugoslave 1991-1999,
della quale pure cade il ventennale questo mese – ma non
ne sentiremo parlare da Smuraglia né sui TG;
2) a "preparare
mediaticamente" l'attacco finale contro i serbi di
Bosnia: dopo un nuovo eclatante "casus belli" – la
seconda strage del mercato di Markale a Sarajevo, 28
agosto, organizzata dai servizi segreti bosgnacchi
di Rasim Delic in collaborazione con la NATO (cfr.
Michele Gambino su "Avvenimenti" del 20/9/1995 e Tommaso
Di Francesco sul "Manifesto" del 3/10/1995) – all'inizio
di settembre 1995 la NATO attacca i serbi con
bombardamenti all'uranio impoverito su tutto il
territorio da questi controllato in Bosnia.
Seguiranno gli Accordi
di Dayton e seguirà la fuga di altre decine di migliaia
di residenti serbi da Sarajevo.
Lo stile del
comunicato di Smuraglia ci indigna profondamente, poiché
richiami altisonanti a diritti umani e moralità nei
rapporti internazionali sono in effetti utilizzati per
stigmatizzare una e una sola delle parti in conflitto in
Bosnia. La ripetizione numerose volte, nella nota di
Smuraglia, del concetto di "barbarie" affibbiato al
popolo serbo, ci appare in contrasto con le ragioni
fondative dell'A.N.P.I., visto che da questa parte
dell'Adriatico troppe volte abbiamo sentito fare appello
alla nostra presunta superiore civiltà per scatenare in
epoca moderna guerre di stampo razzista.
La mancanza di verifica
delle informazioni e soprattutto la pervicace
opposizione ad ogni possibilità per "il nemico" (serbo)
di esporre la sua versione dei fatti sorprende e
amareggia soprattutto quando viene da un avvocato come
Smuraglia, che ben conosce il significato della
espressione "audiatur et altera pars".
Inoltre, ci scandalizza che
tutto questo sia utilizzato da Smuraglia per dichiarare
in conclusione "scaduta" la sovranità degli Stati, una
tesi troppe volte usata per giustificare le "missioni
umanitarie" della NATO negli ultimi 20 anni.
Va rilevato come la recente
cerimonia tenutasi al centro memoriale di Potocari
(Srebrenica) per il ventennale, alla quale hanno preso
parte Bill Clinton e Madleine Albright con tutta la loro
corte composta da politicanti occidentali ed altri
servili apprendisti, ha avuto il suo apice nel tentativo
di linciaggio fisico del presidente della Repubblica di
Serbia, benché quest'ultimo si fosse recato lì proprio
in uno sforzo generoso di riconciliazione, nonostante il
linciaggio morale cui la Serbia e i serbi continuano ad
essere sottoposti da parte dei commentatori e
benpensanti di turno.
Sulla questione jugoslava e
serba oramai da un quarto di secolo si alternano
incomprensioni e campagne diffamatorie delle quali si
rendono protagonisti soprattutto esponenti di spicco
della sinistra di derivazione antifascista. Poiché
abbiamo già conosciuto direttamente le conseguenze di
queste retoriche, le riteniamo non più tollerabili.
Certamente non ci sono parti in causa "perfettamente
innocenti" nella guerra civile bosniaca; tuttavia le
rappresentazioni unilaterali e
disinformate–disinformanti non fanno altro che favorire
politicamente e sobillare gli estremismi delle parti in
conflitto, contribuendo allo scempio dei valori della
Resistenza antifascista e multinazionale, su cui un
paese come la Jugoslavia era stato fondato.
D'altronde, nelle
incongruenze e omissioni della narrazione di Smuraglia
riconosciamo la stessa filigrana delle incongruenze e
delle omissioni su cui si basa la violenta campagna
mediatica rilanciata in questi giorni. Di tale campagna
conosciamo alla perfezione le ragioni politiche e
militari attuali, così come negli anni Novanta ci era
chiara l'intenzione occidentale di squartare quel paese
colpendone proprio, in primis, il collante antifascista
e multietnico. A Smuraglia da questo punto di vista
vorremmo concedere la buona fede, cioè le buone
intenzioni; ma, si sa, di buone intenzioni è lastricato
l'inferno.
(*) Alcuni video della
evacuazione:
(**) Le foto nel libro SREBRENICA.
Come sono andate veramente le cose
--- Di seguito la Nota di
Carlo Smuraglia:
Srebrenica: un
terrificante, barbarico, vergognoso massacro
Per chi non
conoscesse o non ricordasse, Srebrenica è una
cittadina della Bosnia orientale, circondata dai
monti. Abitata essenzialmente da mussulmani, fu presa
di mira dai Serbi, che non potevano tollerare una
simile vicinanza di religioni e di razze. Poiché le
intenzioni apparivano chiare, Srebrenica fu
dichiarata “zona protetta” dall’ONU e furono inviati
sul posto, per garantire la sicurezza, i Caschi
Blu dell’ONU, tre compagnie, per un totale di
600 militari olandesi. La gente, sia pure con non
poche preoccupazioni e angosce, si
sentiva protetta, ma sbagliava perché per alcuni
dei “grandi” del mondo (USA, Francia,
Gran Bretagna) la partita era già chiusa,
riconoscendosi il diritto dei Serbi al predominio
sull’intera zona.
Fu così che Srebrenica, sotto gli occhi del mondo, peraltro assai distratto, diventò progressivamente un grande campo di concentramento, in cui furono praticati abusi e torture, fra le più barbariche. Nel luglio 1995, i Serbi decisero di entrare a Srebrenica in forze, chiesero la consegna di tutti gli uomini validi e la benzina necessaria per evacuarli e portarli in altri campi. Ebbero gli uomini ed ebbero trentamila litri di benzina, proprio dai Caschi Blu, che preferirono non fare domande. Le scene della evacuazione e della destinazione a specifici campi, nonché quelle di ciò che avvenne all’interno della città, anche sulle donne, delle quali molte furono violentate o subirono feroci torture, furono fotografate perfino dai satelliti, ma nessuno intervenne. Gli uomini furono letteralmente massacrati, prima con le forme più barbariche (molti furono uccisi a randellate o a colpi di ascia) e poi, per accelerare i tempi, fucilati. Ottomila vittime all’incirca, ma di circa milleduecento non sono stati ancora trovati i corpi. Un certo numero di resti è stato tumulato tre giorni fa, in occasione della giornata di ricordo. Insomma un orrendo massacro, risoltosi in una vera e propria “pulizia etnica”. Difficili furono perfino le ricerche dei responsabili; la Corte di Giustizia dell’Aja riuscì a processare e condannare 14 persone, ma si stentò molto ad ottenerne la consegna. Due responsabili di primo piano attendono ancora oggi il verdetto. Si è discusso tardivamente, se si sia trattato di un massacro o di un vero e proprio “genocidio”. Non si tratta di una questione etimologica; i massacri, purtroppo, possono avvenire e sono avvenuti nel corso della seconda guerra mondiale, per tanti motivi, sempre abietti e disumani; ma il genocidio è qualcosa di più, è la volontà di eliminare un popolo, una razza, se possibile, di fare insomma quella che è stata definito una “pulizia etnica”. Il Tribunale penale dell’Aia e la relativa Corte d’Appello hanno affermato trattarsi di un genocidio, ma l’ONU non è ancora riuscita a riconoscerlo. Anche in questo periodo è stata presentata una nuova mozione a riguardo, ma è stato subito posto il veto, per esempio, dalla Russia. Questa vicenda terribile si presta a considerazioni molto amare: dove eravamo, tutti, l’11 luglio del 1995? Quanti hanno saputo e non si sono neppure troppo commossi (in fondo, si è pensato, erano mussulmani); le grandi potenze hanno obbedito a interessi nei quali non c’è posto per i diritti umani; l’ONU, come spesso accade, non è servita a nulla (anzi le sue truppe hanno perfino consegnato la benzina ai massacratori e non hanno alzato un dito per difendere “l’area protetta”). Come questo possa avvenire in un mondo che pretende di essere “civile” è veramente incredibile e inquietante. Certo, numericamente, sono accaduti fatti ancora più gravi in Africa (basterebbe ricordare il milione di Tutsi uccisi in Ruanda); ma, a prescindere dal fatto che l’Africa è più lontana e spesso i fatti arrivano alla nostra conoscenza tardivamente e male, anche lì non ci furono interventi validi dell’ONU, né alcuno si oppose concretamente al massacro. Dunque, non è questione di numeri, ma della concreta possibilità che tremende vicende di questo tipo si verifichino ovunque, anche a due passi da casa nostra, nella predominanza di interessi poco edificanti e tra il rassegnato e disinformato silenzio dei popoli. Eppure, esiste dal 1948 una “Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo”, emanata dall’ONU e accolta con entusiasmo da quanti pensarono che bastasse una dichiarazione così solenne e unitaria, poco dopo l’esperienza di un’altra tremenda guerra mondiale, ad esorcizzare ogni pericolo. Ne hanno fatto strazio, di questi diritti umani, in tanti e in tanti Paesi, per cui Srebrenica è oggi divenuta un simbolo di una realtà che raccoglie, oltre alla barbarie degli autori del “genocidio” , anche il cinismo dei potenti, la loro obbedienza talora ad interessi poco commendevoli e non rispettosi della persona umana, l’inefficienza e l’incapacità dell’ONU ad essere un organismo capace di dirimere i conflitti internazionali e di prevenire o impedire la barbarie. Ancora una volta, bisogna alzare la voce, ognuno col suo Governo e col suo Parlamento e tutti con l’ONU, perché la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo diventi davvero un documento imprescindibile capace di sottrarre l’umanità alla discrezionalità delle scelte e degli interessi dei poteri forti, al predominio, di tanti tipi di fondamentalismi, che avanza. Srebrenica ci ricorda che siamo in pericolo, non solo in Africa, in Medio Oriente, nel Mediterraneo ma anche qui, nei nostri Paesi, nella nostra “Europa unita”, perché non riusciamo a sconfiggere, in realtà, mali terribili come il fondamentalismo, la xenofobia, il razzismo, le disuguaglianze. E bisogna alzare la
voce anche nei confronti dell’ONU: riformiamola, se
necessario, ma rendiamola davvero utile e al
servizio della umanità. Da ogni governo dovremmo
pretendere che a questo fine si adoperi,
nell’arengo internazionale, con decisione e fermezza.
Infine, bisogna svolgere una grande azione di informazione e conoscenza del valore immenso che è insito nei “diritti umani”. Bisogna che essi siano davvero sacri, nell’interesse di tutti; occorre che là dove essi vengono colpiti intervenga sempre la giustizia, non riconoscendo, né primazia di poteri, né confini invalicabili rappresentati dalla sovranità degli Stati. Vicende come quella di Srebrenica non devono essere più concepibili, in nessuna parte del mondo, quale che sia la religione, la razza, l’etnia delle vittime; e se, nonostante tutto, questi fatti riescono ad accadere, bisogna che la punizione arrivi presto e con durezza, con l’impegno di tutti gli Stati a consegnare i responsabili, appunto, alla giustizia e con una precisa assunzione di responsabilità da parte di tutti coloro cui compete. Parole al vento? Spero di no. Ma ancora una volta non si tratta di pretendere da altri che facciano il loro dovere; il valore fondamentale dei diritti umani esige uno schieramento in loro difesa da parte di tutti, in prima linea. Se ciò avvenisse, la proclamazione dei Diritti Universali dell’Uomo, diventerebbe finalmente un imperativo categorico cui a nessuno sarebbe consentito di sottrarsi. Fonte: bollettino ANPINews n.170 (14-21/7/2015) |
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