LA
RIBELLIONE
TERAMANA E LA BATTAGLIA DI BOSCO MARTESE
(...) Nel 39.mo anniversario di
quei fatti al Ceppo
fu innalzato un grande monumento:nel
mezzo di un bosco di abeti, due rampe di scale che girano attorno ad un
bassorilievo bronzeo, ideato ed eseguito da Dino Di
Berardino di Corropoli, che raffigura un partigiano in armi.
La lapide menziona esplicitamente "i patrioti jugoslavi". (...)
BRIGATA "GRAMSCI" E BATTAGLIONI
"TITO" IN VALNERINA
[cod.bat.tito033] A
sinistra: Alfredo Filipponi; a destra: Svetozar
Laković "Toso". La
foto a destra appare scattata nello stesso luogo e
occasione di altre
risalenti all'incirca al Natale 1943.
In
primo piano: Marta Pahor e Franc Krasovec (da rif.
[09]). La figura di Marta,
ritratta anche in altre foto di gruppo della "Gramsci" conservate
in
AISUC, con la sua femminilità in un contesto
prevalentemente maschile, è stata commentata da Maria Rosa
Porcaro in Porcaro 1998. [cod.bat.tito001]
[p.56:]
Quando nel 1941 rientrò a Terni dal confino Vincenzo
Inches, incaricato dal PCI di riorganizzare localmente il
partito, Filipponi, accusato di essere stato troppo inerte
in nei duri anni precedenti, fu messo da parte.
<<
Filipponi reagì immediatamente costituendo un secondo
Comitato federale, nel quale l'unico comunista conosciuto
era Giovanni Speranza. Questa situazione durò fino al 25
luglio [1943]. Solo dopo questa data, infatti, giunse a
Terni un funzionario del Partito comunista, che riunificò
i due gruppi e restituì la direzione a Filipponi. >>Solo dopo l'8 settembre la
corrente di Filipponi e quella di Inches composero i
contrasti. << Infatti, quando fu deciso di
promuovere la lotta armata, Filipponi lasciò ad Inches la
presidenza del CLN [...] perchè aveva scelto di andare in
Valnerina per organizzare delle formazioni partigiane.
>> ((Filipponi 1991, Introduzione del
curatore,
p.18.)) (...)
[p.58:] «Dopo lo scioglimento
della formazione da parte di Melis [...] gli slavi,
insieme ad alcuni italiani, avevano formato un reparto
autonomo che aveva come base Mucciafora» ((Granocchia 1998,
pp.296-298.)) (...)
[p.59:] Il
30 novembre 1943, nel piccolissimo centro di
Mucciafora [...] situato a 1058 metri sul livello
del mare, i tedeschi, scendendo dalla cima più alta
del monte Magugno, alto 1419 metri, avevano sferrato
un feroce attacco armato contro i partigiani
jugoslavi che però riuscirono a dileguarsi. I
nazifascisti sfogarono la loro ferocia contro le 15
famiglie di Mucciafora, uccidendo 7 pacifici
montanari, rei soltanto di essere stati umani ed
aver ospitato e rifocillato i partigiani jugoslavi.
Fu questo il primo eccidio contro la popolazione
civile perpetrato dalle belve di Hitler nella zona
del triangolo montuoso umbro-laziale-marchigiano,
ove operavano partigiani italiani e jugoslavi. ((Zenoni 1996,
pp.74-75, segnalazione di D.R. Nardelli.))
Nei ricordi pubblicati in Jugoslavia, il
racconto di Toso, molto particolareggiato, mette in
evidenza lo stretto legame che si stabilì tra gli
jugoslavi e la popolazione di Mucciafora: “Alle prime
raffiche noi abbandonammo le case e cominciammo a
ritirarci. Gli uomini, le donne e i bambini colpiti
dalle fiamme e dalla paura abbandonarono le loro dimore
e incominciarono a fuggire con noi. Inutile fu il mio
tentativo che essi, separati da noi, non perissero.”
(...) ((Brani da Laković
1970 pp.8-9 ed un altro scritto di Laković
la cui fonte è omessa, cit. in: Filipponi 1991,
n.d.c. pp.211-212. Ivi Toso parla di 5 partigiani
caduti.))
(...) A
portare la brutta notizia a Filipponi sono Ivan e Jugo.
Gli spiegano che con l’aiuto di Gojko (evidentemente
Davidović) si sono difesi dapprima con bombe a mano e
baionette, poi con le mitragliatrici, spezzando
l’accerchiamento tedesco e sfuggendo. Sono però caduti 3
compagni ed altrettanti sono stati catturati. ((Filipponi 1991,
p.199. Se questi ultimi sono stati fucilati, allora la
versione coincide con quella di Gigli 1944
secondo cui si ebbero «sei morti dei quali tre in
combattimento e tre prigionieri fucilati dai fascisti.
Quattro sono slavi e due italiani.» (...) ))
- Thomas
Mattheus Curavić [Toma Matija? Oppure Petar
Čurović o Ćurović, se è lo stesso della lapide di Forca
di Cerro], residente a Crappano/Krapanj, un'isola
presso Zara. Il cadavere è stato "ritrovato il giorno
seguente" e sepolto "il 3 di dicembre... insieme con i
suoi compagni, separatamente dagli altri" nello stesso
cimitero.
- Uno non identificato ma apparentemente italiano
(“videtur Romanus esse”) che portava immagini
della Vergine Maria alla catenina e all'anello. Il
cadavere è stato "ritrovato il giorno seguente" e
sepolto "il 3 di dicembre... insieme con i suoi
compagni, separatamente dagli altri" nello stesso
cimitero.
- un altro non identificato ma apparentemente "slavus".
Il cadavere è stato "ritrovato il giorno seguente" e
sepolto "il 3 di dicembre... insieme con i suoi
compagni, separatamente dagli altri" nello stesso
cimitero.
Che si trattasse di "un italiano e
due slavi" è stato ripetuto da Enrico Ricci, che
divenne parroco di Monteleone successivamente, nel suo
contributo alla Tavola Rotonda del 1975 (rif.[16],
p.63), dove aggiunge che furono mitragliati "a
notte inoltrata; dissepolti dalla neve, caduta nella
notte, li seppellimmo, due giorni dopo, previo
controllo dell'autorità mandamentale".
Leggermente diversa la testimonianza a noi rilasciata
da Sante Giovannetti "Merenna" (Roma, dicembre 2012),
che ricorda che i tre cadaveri furono ritrovati in una
strozzatura di un corso d'acqua che alimentava due
mulini, nel quale erano stati fatti precipitare
ostruendolo.
In base a quanto riportato in un non meglio precisato
Memoriale
dal partigiano
Francesco Spitella, tra i fucilati gli italiani
sarebbero invece due:
"De Angelis Claudio e
il biondino romano, che come ho già detto erano evasi
[dalla Rocca di Spoleto] con me, furono catturati e
condotti con uno slavo a Monteleone e lì fucilati dietro
il muro del cimitero. Il custode di questo, più tardi,
appena la liberazione, raccontò che Claudio implorava in
ginocchio di voler rivedere i propri genitori e chiedeva
di essere fucilato a Roma, ma mentre due ufficiali
tedeschi discutevano sul da farsi coadiuvati da un
interprete, un tale Luigi Angelini fu Ercole di San
Giacomo di Spoleto, fascista appartenente all’esercito
tedesco, estrasse la pistola ed esplose tre colpi al
cuore al povero Claudio, che cadde in avanti vomitando
sangue sugli stivali dell’ufficiale."
[p.67:] Il
giorno 4 di febbraio
Filipponi si deve ricongiungere con la propria famiglia: la
moglie e i figli sono attesi la notte a Cascia, accompagnati
da una scorta di partigiani. La mattina dopo però
ancora non sono giunti. "Pasquale" teme il peggio, con
"Toso" si decide di andare loro incontro, ma quando tutto è
già pronto per muoversi ed andare alla loro ricerca, armati
fino ai denti, finalmente sopraggiunge il camioncino: erano rimasti bloccati per la
neve alta ed avevano anche bucato una gomma. Davanti a
tutti è Dante detto "Tito", con la bandiera, e insieme
agli altri canta canzoni partigiane. La descrizione di
quei momenti nel Diario
è impregnata di commozione e tenerezza.
<< Con dovuto rispetto verso chi
leggerà questo semplice libro, sia permesso allo scrivente
["Pasquale"] descrivere questo momento [...]. Mi avvicino
quasi stordito [...] ai miei cari; Pinuccia, Elviruccia
faticano a scendere dal camioncino. Dato il forte freddo
sofferto durante il tragitto, sembrano immobili. Bice, la
mia cara compagna di amore e di lotta, è confusa, e vedo
che qualche lacrima gli scorre nel viso. Ambrogino,
l'ultimo dei miei figli, spicca un salto e si trova a
terra. Egli continua a saltellare come per volersi
riscaldare. Ci abbracciamo... [...] Dante "Tito" abbraccia
Ambrogino esclamando: Questo studente sarà un buon
partigiano. Ne possiamo essere sicuri poichè a La Valle
[la località di Ferentillo dove al momento risiedevano i
familiari di Filipponi] ha svolto già un buon lavoro per
la resistenza. Egli passa poi a raccontare che da La Valle
a Cascia ci sono volute ben 8 ore. Lo spessore della neve
rendeva difficile il cammino del camioncino. Ma come ciò
non bastasse, afferma "Tito", abbiamo bucato anche una
gomma... >> ((Filipponi 1991, p.289. Altre simpatiche
e tenere battute sulle attitudini partigiane di Ambrogino
sono riportate alle pp.293-294)).
[p.67:] La sera del giorno
6 febbraio è
convocata una riunione del Comando con il seguente ordine
del giorno: 1. organizzazione di nuovi battaglioni; 2. i
rapporti con Melis ed altre formazioni 3. l'occupazione di
Norcia.
Difatti
dopo la riunione << la forza
complessiva della brigata può contare su sette
battaglioni>>
((Granocchia 1998,
pp.296-298.)) e precisamente:
"Spartaco
Lavagnini"
com. dapprima Gojko Davidović, poi "Luigino"
Bonanni; comm.pol.: "Pasquale" Filipponi
"Giovanni
Manni"
"Tito 1"
formazione stabilita il 17 febbraio, quando
"Toso" dice che farà base a San Pellegrino di Norcia. Il
comandante è "Ivica", il comm.pol. "è da decidere"; ad
essa afferiscono, oltre ai tanti
jugoslavi, una ventina di italiani e 15 russi, appena
arrivati. ((Filipponi 1991,
p.308.))
"Tito
2"
nascita ufficiale del "Tito 2"
il 22 febbraio, deriva dal forte afflusso di nuove
reclute montenegrine della zona di Visso-Collegiacone.
Comandante sarà Gojko Davidović, commissario politico il
"veterinario montenegrino Alberto". ((Filipponi 1991,
p.323. Il veterinario "Alberto" si unisce alla
"Gramsci" in seguito all'incontro del 19 febbraio
presso Campi (vedi più avanti). Solo dalla n.29 a
p.436 di Filipponi 1991evinciamo che il suo nome è Albert Atijas; (...) ))
Kosta Vujošević (Vujović?) e Nikola Borić (fonte[09]). Una discussione sulla questa
foto è contenuta in Ivanović
2004b (p.86), che nota l'uniforme dell'esercito
italiano indossata da Kosta e pertanto data l'immagine ad
ottobre-novembre 1943 - dunque prima della "rottura" degli
jugoslavi della "Gramsci" con Melis.
[cod.bat.tito011]
Al centro Boro
Mečikukić, alla sua destra Radomir Mrvošević e alla sua
sinistra Josip Bačić (secondo altri Vlado Mitrović),
entrambi caduti a Monte Cavallo (sic nella fonte: Lakovic 2010 p.102 / FISUC "Resistenza a Terni")
[cod.bat.tito021]
Partigiani umbri,
jugoslavi e sovietici della Brigata Gramsci (BCT,
Comune di Terni, Pinacoteca Comunale, Mostra sulla
Resistenza a Terni 1920-1944, Palazzo Manassei 28
aprile - 15 maggio 1973, b.1).
Dal confronto con altra foto
è forse riconoscibile, secondo da destra in basso: Josip
Bačić (secondo altri Vlado Mitrović); seconda in piedi da
sinistra è la stessa persona ritratta in altra foto.
[cod.bat.tito031]
Sopra
e sotto, due fotografie apparentemente scattate nello stesso
luogo e nella stessa occasione (come anche questa). Trattasi di
"partigiani italiani e slavi (...) vicino Cascia, Natale
1943" secondo la fonte (Bitti
2010 / BCT, Comune
di Terni, Pinacoteca Comunale, Mostra
sulla Resistenza a Terni 1920-1944,
Palazzo Manassei 28 aprile - 15 maggio
1973).
Sopra, da destra si riconoscono Vlado
Vujović, Svetozar Laković "Toso" e forse
"Ivica" Gobac (fonte Bitti
2010 p.74 / BCT
ecc., b.1).
Nella foto sotto, da sinistra in basso: con il
cappello, un "collaboratore" (sic nella fonte) non
identificato, "Ivica" (?), "Toso", Vlado Vujović,
(Wolfango?) Costa (o Kosta?);
seconda fila: Gojko (Perović? cfr. altra), Rade, Franc
Krasovec; terza fila: Pipo e Jakob (cfr. la fonte Bitti 2010
p.73 / BCTecc.,
b.62). [cod.bat.tito032] [cod.bat.tito051]
A
destra si riconosce Svetozar Laković "Toso"; dietro, al
centro, è la stessa persona raffigurata seconda in piedi da sinistra in
altra foto.
(fonte Bitti 2010 p.75 /
BCT, Comune di Terni,
Pinacoteca Comunale, Mostra sulla Resistenza a Terni
1920-1944, Palazzo Manassei 28 aprile - 15 maggio
1973, b.113)
[cod.bat.tito061]
Vlado Vujović "Gavroš" a
cavallo. Fonte: FISUC "Resistenza a Terni".
Cascia (PG), Chiesa-Museo di S. Antonio. Una
relazione è dedicata ai "combattenti slavi
della Brigata Gramsci".
LA
ZONA
LIBERA DI CASCIA [p.72: sulla brigata Gramsci]
<< Gianfranco Canali aggiunge a tutti
questi nomi quelli di [...] Guglielmo Vannozzi
(Anselmo) [...ecc.] quali comandanti e
commissari politici dei singoli battaglioni.
>> In Vannozzi s.d. è
specificato che Guglielmo Vannozzi, di
Monteleone di Spoleto, animò un gruppo di
partigiani antifascisti sin dal 10 settembre
1943: << Il suo gruppo di uomini si
distingueva col nome di TITO. >> Dopo
la spedizione punitiva nazifascista del 30
ottobre (recte: 30 novembre, se si
intende la retata di Muccifora) il gruppo si
sbandò; venne ricostruito con l'aiuto di
Paride e Mario Magrelli di Cascia,
aggregandosi attorno a Toso (Svetozar
Lakoviċ). In novembre furono assaltati gli
ammassi di Cascia (400q di grano distribuiti
alla popolazione) e Monteleone di Spoleto; a
fine mese si disturbò l'azione
repressiva nazifascista di Mucciafora.
Il 10-11 gennaio Vannozzi partecipò agli
assalti degli ammassi di Terzone (300q di
grano distribuiti alla popolazione); in
febbraio operò per la liberazione di
Leonessa (particolarmente rilevante
l'assalto, da lui comandato, al presidio
repubblichino di Vindoli); da fine mese è
soprattutto coordinato con Dante Bartolini
<< e con gli slavi, a Visso e a Norcia
>>. Per iniziativa del commissario
politico della neocostituita brigata
Gramsci, Filipponi, gli sono affidati alcuni
uomini e (a fine febbraio?) viene creato il
battaglione
"Germinal Cimarelli" della suddetta brigata, del
quale a Vannozzi è assegnato il comando. Dopo la
grande azione repressiva di fine marzo - per cui molti
combattenti del "Cimarelli" sono internati nel lager di
Cinecittà - Vannozzi cambia nome di battaglia da
"Anselmo" a "Tito" e poi ancora a "Lupo". Partecipa ad
importanti azioni a fine maggio e in giugno, inclusa la
liberazione di Terni.
[p.70:] (...) << una risoluzione del
battaglione Tito firmata Ivan Gobac, comandante del battaglione, e
da Alberto X,
commissario politico. ((Alberto X è sicuramente "il
veterinario", di cognome Atijas come abbiamo già detto. La
risoluzione (Ivica 1944) è
datata 1/3/1944 ed è indirizzata al comando della "Gramsci"
da parte del comando del btg. "Tito".)) La risoluzione
rileva... >>
RISOLUZIONE
DEL 1° BATTAGLIONE JUGOSLAVO PARTIGIANO TITO IN ITALIA
Noi membri di questo battaglione, osservata
per sei giorni la situazione del Comando e degli altri
membri di questo distaccamento partigiano nei riguardi
dell'organizzazione e della disciplina, constatiamo con
rammarico che lo svolgersi delle cose non corrisponde alle
deliberazioni emanate dal compagno comandante Toso e dal
compagno commissario politico Pasquale.
Considerando quanto sopra chiediamo che si formi un
Comando composto di compagni capaci nel senso politico e
militare che possa garantire che in periodo di tempo
stabilito provveda a quanto chiediamo qui appresso:
a. L'eliminazione (disarmo) di tutti gli uomini che
dimostrino non essere degni di portare al berretto il
distintivo dei veri combattenti partigiani, la stelletta
rossa, cioè la gente indisciplinata, i farabutti, i
maleducati, gli amorali, eccetera.
b. Organizzare nel tempo predisposto con la collaborazione
degli elementi migliori dei distaccamenti italiani e delle
altre nazioni un Comando supremo per le Marche e l'Umbria
che abbia piena autorità su tutte le formazioni partigiane
delle due regioni. Tale Comando disporrà per le azioni
nelle varie zone, disporrà per la nomina dei comandanti e
per la collaborazione tra questi onde risolvere la caotica
situazione ora esistente.
c. il Commissario politico per l'Umbria deve organizzare
in tutte le zone, se finora non ha fatto ancora, dei
Comitati per l'educazione politica del popolo e [sic]
per la quale combattiamo.
Dopo quanto chiesto sopra che è di primaria importanza
domandiamo inoltre:
1. Che si nomini un comandante militare, capace anche in
senso politico, che prenda il comando della nostra unità e
possa condurla con successo;
2. Che venga assegnata la zona dove noi si possa agire;
3. Che ci vengano assegnati a seconda delle possibilità
scarpe, calze, stoffa o vestiti e medicinali per il pronto
soccorso. Conclusione
Il battaglione Tito è composto e sarà eventualmente
completato solamente da elementi onesti, disciplinati e
seri compagni combattenti.
Non soddisfacendo dette domande e specialmente in quanto
riguarda l'organizzazione generale e del Comando unico
supremo, i compagni, membri di questo battaglione,
sarebbero compromessi e con essi l'idea per la quale
combattono.
Affinché quanto chiediamo non rimanga lettera morta
abbiamo deciso di dare al Comando della brigata A. Gramsci
e al suo commissario politico un termine fino al 1° aprile
per realizzare quanto chiediamo e che corrisponde alle
necessità della vera lotta nazionale liberatrice di un
popolo oppresso, sotto la guida del Partito comunista
italiano.
Da parte nostra promettiamo al Comando di dare nell'ambito
delle possibilità tutto il nostro aiuto.
IVAN GOBAC
ALBERTO X
[foglio 012362-363; sottolineatura nostra]
(...) [Il 16 marzo 1944] il Comando della "Gramsci" [...]
emana il seguente, nuovo proclama, da affiggere a mezzo di
"200 manifesti murali": ((Filipponi 1991,
pp.348ss. Il testo che riportiamo di seguito è di questa
fonte, mentre una versione ridotta appare in A.Fi. 1976.))
«Con la liberazione di Cascia, Monteleone,
Aruscio, Norcia, Leonessa, Albaneto, Poggio Bustone e le
rispettive frazioni dei Comuni sopra citati, nonché i
Comuni della Valnerina Alta, la Brigata Garibaldina a
tutt'oggi ha liberato circa mille chilometri quadrati di
territorio. Migliaia e migliaia di lavoratori sono stati
liberati dalla schiavitù nazifascista. Questo Comando
mentre invita i cittadini a collaborare con i partigiani
per le necessità delle popolazioni liberate, rende noto
che da oggi 16 marzo 1944 il territorio sopra descritto
compreso [tra] S. Pancrazio (Narni) [e] l'Alta Valnerina,
con limiti: La Valle di Ferentillo, Castiglioni di Arrone,
Rivedruti e Albaneto, è considerato staccato dalle
Province di Terni, Perugia e Rieti, città ancora sotto il
dominio nazifascista, e legato alla città di Cascia, da
questo momento considerata capoluogo di tale territorio.
Perciò la Brigata Garibaldina Gramsci, è l'unica autorità
operante in detto territorio, che degnamente rappresenta
l'Italia democratica. Da oggi il Comando di Brigata in
collaborazione con i Comitati di Liberazione assume le
responsabilità militari, politiche e amministrative di
fronte a tutti gli abitanti della zona. Pertanto i
cittadini per le loro necessità sono invitati a
rivolgersi, oltre che ai rispettivi Comuni, al Comando di
Brigata, sito all'albergo Italia di Cascia. Il Comando»
Altre
foto riprese nei pressi di Norcia e riportate in [09](il nome delle persone ritratte non è
menzionato nella fonte; fonte originale è FISUC
"Resistenza a Terni"):
a sinistra in alto [cod.bat.tito071], "Toso" con una
bambina
a sinistra in basso [cod.bat.tito072] una foto
evidentemente scattata nella stessa occasione della
precedente;
al centro, sopra [cod.bat.tito073]: da destra si riconoscono
"Toso" (secondo) e Marta (terza); al centro, sotto [cod.bat.tito074]: da sinistra si riconoscono
Gojko Davidović (primo) e "Toso" (ultimo); a destra
[cod.bat.tito075]:
Gojko e "Toso"
con la stessa bimba e nello stesso luogo della foto
precedente.
Il comando del battaglione "Tito" a riposo presso
un monastero (prob. dei Cappuccini, limitrofo a Villa
Battaglia) sopra Norcia (da Laković 2010
/ FISUC).
Da sinistra in alto: Vlado Vujović, Dušan Đurković,
Gojko Davidović, il capitano russo Alijoša.
In primo piano (in basso) da sinistra: Nikola Borić,
Toso (al centro), una donna non riconoscibile,
l'"avvocato" Santino Amici.
Davanti a tutti una bambina non identificata.
[cod.bat.tito081]
Partigiani slavi e
italiani della Brigata Gramsci sulle strade della
Valnerina, primavera 1944 (sic nella fonte Bitti 2010
p.71 / FISUC
"Resistenza a Terni").
(La dimensione del volto del primo della colonna fa
sorgere il dubbio di una fotocomposizione).
[cod.bat.tito091]
La lapide apposta il 7
giugno 2014in piazza G. Garibaldi a Cascia,
al civico 24, presso l'ex Albergo Italia, già
comando militare partigiano
I
TEDESCHI TRA RAPPRESAGLIA FEROCE E STRANE PROPOSTE Alle prime avvisaglie
del rastrellamento su vasta scala operato dai nazifascisti
in Valnerina a fine marzo - inizio aprile 1944, nella
Brigata Gramsci
[p.74:] si decise dapprima che
il Comando si sarebbe trasferito a Trio (frazione di
Monteleone), ma con centinaia di partigiani distribuiti in
località diverse – ad esempio “Pasquale” ed altri 150 presso
la Piediluco-Leonessa e “Toso”
con Gojko ed altri 100 a Biselli presso Serravalle.
((Filipponi 1991
p.364. Risulta che un distaccamento di jugoslavi facesse
base anche a Castel Sant’Angelo sul Nera finché non venne
attaccato e disperso il 16/3 dai tedeschi: Giannotti 1972, [ERRATA: il riferimento esatto è il
seguente] cit. in Filipponi 1991 n.d.c. p.372 n.7.)) In queste
condizioni i partigiani della “Gramsci” sono ancora in
condizioni di attaccare: ad esempio il 21 marzo, proprio in
prossimità di Biselli, con Gojko al comando; i tedeschi
uccisi sono quattro, tre i catturati, un partigiano
jugoslavo resta ferito. ((Filipponi 1991 p.366
e n.d.c. p.372 n.8.)) Vlado Vujović nelle sue memorie
accenna a una azione simile, ma la attribuisce ad una
squadra jugoslava con il nuovo nome (o appartenente al
distaccamento denominato) “Matija Gubec“ da lui stesso
comandata, composta anche da sovietici (come l’ufficiale
dell’Armata Rossa Alioscia) e dallo jugoslavo Veljko Cerina.
((Vujović 1975, p.7; cfr. Filipponi 1991,
n.d.c. p.243 n.26. [...]))
I prigionieri tedeschi sono scambiati a Cascia il giorno 28
con due partigiani italiani: ad agire da intermediario per i
tedeschi è il capitano della RSI De Santis, che ritroveremo
anche in seguito a svolgere analoghe funzioni.
In effetti Vujović
(cfr. Vujović 1975, p.7) attesta che i tedeschi
catturati furono sette, e tale numero corrisponde con le
testimonianze raccolte oralmente presso gente del posto nel
novembre 2011. La località esatta prescelta da « “Toso” con Gojko ed altri 100
», è Cerasòla presso Cascia: nella foto sotto a destra
l'edificio dove i sette tedeschi furono tenuti
prigionieri per alcune notti, prima dello scambio.
Sotto: la località di Salto del Cieco - antica dogana di
transito tra lo Stato della Chiesa e il regno di Napoli,
situata sui monti tra Ferentillo, Polino e Leonessa - dove
la Brigata Gramsci attestò il suo comando a partire da
aprile 1944.
[p.77:] Il 1 maggio 1944, il
battaglione Tito prestava giuramento al nuovo
Stato jugoslavo (che era stato proclamato dalla II
sessione dell’AVNOJ [...] nel novembre 1943), a Tito e al
Partito comunista jugoslavo. Di seguito il testo
del giuramento, così come riportato da Vlado Vujović (Vujović 1975, p.7, che specifica che
la cerimonia si tenne a
Fematre presso Visso):
Giuro alla mia
patria, Federazione Democratica Jugoslava, al comandante
NOVJ Maresciallo Tito e al nostro Partito Comunista
Jugoslavo che combatterò valorosamente contro le odiate
truppe nazifasciste occupatrici della mia terra, dovunque le
incontri.
Prometto che in questa lotta resterò irremovibile fino alla
liberazione finale della nostra terra e fino alla
distruzione del nazifascismo e che sarò degno compagno
d'armi dei compagni italiani e che di fronte al popolo
italiano rappresenterò con onore la figura di combattente
dell'esercito di Tito e che darò con il mio comportamento e
con le mie azioni il mio contributo al Partito Comunista e
al popolo jugoslavo.
Qualora trasgredisca alle parole sublimi di questo
giuramento mi raggiunga il disprezzo della mia patria e la
più severa condanna di coloro che mi sono più vicini.
PARTIGIANI JUGOSLAVI NELL'AQUILANO
Sul
tema della presenza di partigiani jugoslavi tra
Aquilano e Teramano è stata redatta una Tesi di
Laurea magistrale in Scienze politiche presso
l'Università di Teramo da parte di Danilo De
Rose (Partigiani jugoslavi tra Teramo e
L'Aquila 1943-1944, relatore Pasquale Juso; De Rose 2014).
Di seguito l'Indice:
Premessa
Capitolo primo
- Dall’antislavismo postunitario all’invasione del Regno
di Jugoslavia
- Dall’invasione alla deportazione nei campi in Italia
- Dall’internamento alla fuga dai campi
- L’internamento in Abruzzo
Capitolo secondo
- Dopo l’8 settembre: l’evasione e l’arroccamento a Bosco
Martese
- Dopo Bosco Martese: l’organizzazione in bande
Capitolo terzo
- Una banda fantasma: la Alcedeo Cemović
- Il gruppo slavo della Duchessa
- La banda Mirko
- Gli jugoslavi della Montegorzano
- La banda Radović
- Gli jugoslavi dell’Acquasantano e del Castellano
- Gruppi e individualità isolati sul territorio abruzzese
Conclusioni
La
Tesi è stata insignita del Premio Primo
Boarelli 2016. Nel video, girato durante
la premiazione, l'Autore sintetizza il lavoro
effettuato:
Di seguito alcune fotografie tratte dalla Tesi:
da sinistra: Rodolfo Ursič (ACS, CPC, b.5272, ad
nomen), Zvonko Lasič (ACS, CPC, b.2727, ad
nomen), Viktor Pasinović (ACS, CPC, b. 3756, ad
nomen)
Radivoj Kesić (ACS, CPC, b. 2665, ad nomen)
Segnaliamo inoltre il documento: Riccardo Lolli: PRESENZA
DEGLI INTERNATI SLAVI NELL’APPENNINO AQUILANO
1942-44 Ricerca effettuata per l'Istituto Abruzzese
per lo studio della Storia della Resistenza e
dell'Età Contemporanea - stesura
aggiornata aprile 2018
(per gentile concessione dell'Autore).
Riccardo Lolli ci informa inoltre che:
* al cimitero dell'Aquila è la lapide di
Panto Cemović, in ottimo stato in quanto
recentemente restaurata a cura dell'ANPPIA locale.
La salma fu trasferita
a Sansepolcro.
Due immagini d'epoca del corteo funerario in
occasione della tumulazione, a Liberazione
avvenuta, della salma di Panto Cemović nel
cimitero aquilano
Il pannello n.8 della mostra allestita alla
ANPPIA de L'Aquila per il 25 Aprile 2014 è
dedicato a Panto "Nik" Cemović
* al cimitero di Arischia era la lapide di Blagoje
Popović - la cui salma fu poi trasferita a
Sansepolcro. La lapide purtroppo è stata tolta
e non sappiamo se sia recuperabile;
* sono in corso ricerche sulla lapide e la salma di
Vaso Mijusković (talvolta trascritto Majusković)
a Rocca di Cambio;
* esiste anche del materiale fotografico e qualche
cartolina autografa spedita dai campi dell'Aquilano.
Per maggiori info rivolgersi all' Istituto
Abruzzese per lo studio della Storia della
Resistenza e dell'Età Contemporanea.
Sul tema dei Battaglioni
speciali per "allogeni" (sloveni e croati
della "Venezia Giulia" – Julijska Krajina o
meglio Primorje per gli sloveni), istituiti
dall'Italia fascista per meglio controllare questi
neo-cittadini italiani abili alle armi considerati
inaffidabili e inadatti all'inquadramento nelle
truppe di occupazione impegnate a combattere contro
i partigiani slavi, è disponibile il saggio di Riccardo
Lolli: I
BATTAGLIONI SPECIALI A L’AQUILA
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