ALCUNE DELLE PRIME FORMAZIONI
PARTIGIANE
NELLE MARCHE (prima della riorganizzazione di aprile 1944) Le formazioni sono ordinate per zona di operazioni, da sud a nord. In verde sono evidenziate quelle con acclarata componente jugoslava. In blu scuro č evidenziata la collocazione geografica. |
LA DIVISIONE GARIBALDI
MARCHE
(ovvero le formazioni partigiane delle Marche dopo la riorganizzazione di aprile 1944) ((Dove non č indicata altra fonte, questa ricostruzione č basata su Mari 1964, pp.41 e 50, oppure cfr. altrove in questo libro. Cfr. anche l'Appendice di Mari 1965, ma con le avvertenze di Ruggero Giacomini (...).)) --- isp.
(com.?):
Alessandro
Vaia
com. Gino Tommasi
((Giacomini 2005
p.223.))
|
ASCOLI/FERMO/MACERATA:
|
|
Acquasanta
Terme:
Banda di Ettore Bianco e rifugiati jugoslavi S. Ginesio: Gruppo Vera ((Mari 1964 p.32.)) com. Girolamo Casŕ
Banda di Decio Filipponi, da fine marzo 1944: Banda "Primo Maggio" com. Decio Filipponi
vice com. Janko Klikovac di seguito l'elenco dei partigiani jugoslavi attivi a Piobbico/Sarnano riportato da Mari e da noi verificato: Ivan
"Giovanni" Setničar
Stefano Yazzi [Pavle "Stefano" Jeršin, cugino di Setničar ?] Jure Petrović Andrija Šanović [cugino di Janko? Riconosciuto da Drago Ivanović nelle fotografie della collezione Pallotti, v. avanti] Vedimir [Velimir?] Lamnić Radomir "Rade" Večinić [Vučinić secondo Drago Ivanović, che lo ha riconosciuto nelle fotografie, v. avanti] Andreja [o Andrija] Mirović [o Merović; secondo Gino Pallotti un "Andrea", prob. questo, aveva contrasti con il resto del gruppo, forse per individualismo] "Brate" [="fratello"; Pallotti ricorda infatti che due tra i partigiani erano fratelli; si tratta forse di Pero Šanović, che secondo Drago era stato prigioniero con il fratello Andrija] "Franco" [Tihomir Franko?] Miro? [o forse Amir, o Gemir..., nel labile ricordo di Pallotti; forse č Velimir, v. sopra] Luka Popović Affanasio Barabanov (russo) Formazione di Libero Vannucci forse collegata
anche alla "Banda di Massa", vista la
sovrapposizione geografica
Esanatoglia Distaccamento San Cataldo Monastero di Cessapalombo: [ERRATA: nel libro a p.148 č erroneamente indicata la localitŕ di San Severino Marche. (Fonte)] Gruppo bande Nicolň com. Augusto
Pantanetti "Nicolň"
|
Acquasanta Terme: Battaglione com. Savo Stanišić cost. a Rocca di Monte Calvo il
18/4/1944
isp. Pietro Perini con Drago Ivanović vice com. Milan Cijanović Banda dei Patrioti di Acquasanta com. Ettore
Bianco
BRIGATA SPARTACO battaglioni:
Intera provincia di Fermo e
dintorni, con centro zona Falerone:I. com. Girolamo Casŕ (Gruppo "Vera") II. com. Janko Klikovac ("Banda I Maggio", ex "Decio Filipponi") distaccamenti alla
vigilia della Liberazione: ((Mari 1964 p.73.))
III.
com. Giuseppe Ferri ("Battaglione Capuzi" [ERRATA: non "Capuzzi"]) 1. "Garibaldi" (ex "banda Piobbico") com. Janko Klikovac comm.pol. Luka Popović 2. "Dušan Labović" (nome evidentemente dato dopo la morte di quest'ultimo) com. Radoš Grujić ((Funzione messa in dubbio da Drago Ivanović, nostra intervista, Lubiana 23/2/2010.)) 3. "Lucio" com. Lucio Corradini comm.pol. Jobo Morčić Un distaccamento (il quarto)
comandato da Vannucci avrebbe avuto com.pol. lo "slavo Giulio"
((Difficile
si tratti di Kačič poichč questi avrebbe afferito
piuttosto al "Mario" della brigata "Garibaldi
Ancona".))
IV.
com. Antonio Claudiex com. del
"201-Buscalferri"
V. com. Gojko Davidović ((Mari 1964 p.74.)) operante a cavallo con
l'Umbria
pressochč
interamente composto da jugoslavi, giŕ noto come
battaglione "Tito" al comando di "Toso", con
"Bora" come commissario politico
distaccamenti: 1. "Djilas"
((Mari 1965 p.329.))
coincide con il Comando del battaglione visto che com. č Gojko, comm.pol. "Bora" 2. "Gubec" ((Dal nome del famoso ribelle croato del Cinquecento, erroneamente trascritto Guber in Mari 1965 p.329. Visti i comandanti e i commissari di questi due primi distaccamenti sembrerebbe che si tratti nient'altro che di denominazioni diverse per i due battaglioni "Tito" della "Gramsci"; abbiamo visto (Filipponi 1991, n.d.c. p.243 n.26) che una squadra "Gubec" per un periodo (<< quando il battaglione Tito si stacca dalla brigata "Gramsci" >>) fu sotto il comando di Vlado Vujović con Veljko Cerina (comm.pol.?) ed in stretto legame con i russi di Alioscia.)) com. "Ivica" [Gobac] comm.pol. Albert Atijas 3. "Dapčević" com. Borislav "Boro" Mečikukić comm.pol. Kosta Vujović ((Erroneamente trascritto Vrjović da Mari (Mari 1964 p.74 e Mari 1965 p.329); un Kosta Vujović risulta essere stato effettivamente detenuto a Colfiorito: cfr. l'elenco in Ivanović 2004b e 2004c). )) VII. com. don Nicola Rilli ("Banda Gian Mario Fazzini") ((Rilli non partecipň alla riunione di Fiastra e la formazione fu in realtŕ sempre autonoma: Giacomini 2005 p.227-228.)) Gruppo Bande "Decio Filipponi" com. Mario Roletti, poi Dario Rossetti "Rani D'Ancal". |
MACERATA/ANCONA:
|
|
San Maroto di Massaprofoglio / Pievebovigliana: [ERRATA: non Massa di Fiuminata] Gruppo 205 Passamonti, poi Banda di Massa San Severino / Matelica: Banda Mario com. Mario Depangher
vice com. Jule "Giulio" Kačič numerosi jugoslavi : ELENCO * squadra di Eremita (Matelica) * squadra di Roti (Matelica) [ERRATA:
nel libro a p.148 e poi a pag. 156 si allude
erroneamente ad altra localitŕ presso Pieve
Torina. (Fonte)]
forse
collegata anche alla "Banda di Massa", vista
la sovrapposizione geografica
Banda Lupo Banda Porcarella |
"Garibaldi Macerata"
o Brigata Garibaldi A (("Dove per la
forza delle posizioni autonomistiche e badogliane e
varie interferenze esterne la costituzione incontrň
le maggiori difficoltŕ": Giacomini 2005 p.223.))
"Garibaldi Ancona" o Quinta Brigata Garibaldi B ((Giacomini 2005 com. Corradi
battaglioni: I. "Mario" II. "Pippo" com. capitano Isidoro
Privitera
III.
"Ferruccio"com. ing. Diego Boldrini
|
PESARO/URBINO:
|
|
[fase iniziale:
asse Cingoli-Jesi: gruppo di montenegrini attorno a Pavle Pavlović zona di Fano: gruppo di sloveni Alto Metauro /S. Angelo in Vado: gruppo di montenegrini attorno a "Brko" zona Cantiano: gruppo "VFD": "Poldo" ecc. ] FASTIGGI dopo la morte di
Pompilio Fastiggi "Mariani" (febbraio '44)
com. Franjo Šimac ((Mari 1964 p.42.)) comm.pol. Giorgio De Sabbata PISACANE ((Mari 1964 p.31.)) comm.pol. Claudio
Cecchi
GRAMSCI ((Mari 1964 p.31.)) del quale facevano
parte sei jugoslavi
com. Pierino Raffaelli PICELLI zona
Cantiano-Piobbico
com. Erivo Ferri ((Mari 1964 p.31.)) comm.pol. Milutin Pavličić "Brko" circa 40 effettivi tra cui gli jugoslavi: Vojko
Juraga
oltreché
tutto il gruppo di "Brko", che diventa poi
distaccamento "Stalingrado" ((Note: (*)
cadranno a Cantiano, vedi piů
avanti.))Josip Grzinov Jože Kotnik Vinko Kožuh Bato Bulatović (*) Radovan Bulatović (*) Djuro Franisić (*) Leopold "Poldo" Verbovšek Drago Gorenc Franjo Šimac ((Mari 1964 p.31.)) Distaccamento Gasperini ((Mari 1964 p.31.)) Distaccamento Guadalajara ((Mari 1964 p.31.)) Distaccamento Giornelli ((Mari 1964 p.31.)) METAURENSE in questa fase
legato al CLN di Fossombrone ((Mari 1964
p.31.))
|
"Garibaldi Pesaro" o
Quinta Brigata Garibaldi C ((Giacomini 2005 p.229.)) com. Ottavio Ricci "Nicola"
com.pol. Giuseppe Alciati "Bruno" battaglioni: I. com. Claudio Cecchi ((Secondo Mari 1964 (p.51) in aprile, presso Cantiano, era com. Renato Vianello "Raniero"; dal 25 maggio "Raniero" č nominato ufficiale di Stato Maggiore della Brigata e Claudio Cecchi diventa com. del battaglione (Mari 1964 p.61).)) com.pol. Aldo
Gabbanelli "Marco"
com. Federico
Paruccini "Vania"
com.pol. Sergio Marchigiani 2. Pisacane com. Antonio Orlandi com.pol. Tito Romitelli 3. Gramsci com. Pierino Raffaelli com.pol. Corrado Isotti ? Dini com. Francesco Tumiati ((Da aprile 1944, secondo Mari 1964 pp.31 e 41.)) con "Poldo" II. com. Giuseppe Mari
"Carlo"
in aprile il battaglione era
attestato presso Apecchio e ad esso era
collegata la formazione:
btg. Montefeltro
III. com. Cristoforo Moscioni Negri "Vittorio" ((Questo III btg. era derivato dal II: Mari 1964 p.51.)) comm.pol. Giuseppe
Tomassini "Giocondo"
IV. "Stalingrado" V. com. sottotenente Oscar Ubaldi "Veltro" comm.pol. Samuele Panichi
((Infatti
il battaglione č dapprima indicato come
"Distaccamento Panichi": Mari 1964 pp.41 e
62.))
distaccamenti:
1. com. Flavio Aluigi 2. com. Giuseppe Tocchini com.pol. Gustavo Terradura (padre di Valchiria e Furia) BRIGATA GARIBALDI BRUNO LUGLI ((Mari 1964 p.50.)) operante in zona Basso
Foglia / Basso Metauro
com. Antonio Severoni
"Tito"
com.pol. Roberto Carrara battaglioni:
I. Balducci II. Metaurense III. Salvalai IV. Don Minzoni V. Toscano ? btg. operante a San Pietro in Calibano (ora Villa Fastiggi) com. dapprima Urbano Vampa (collabora strettamente con la Bruno Lugli), poi Siro Lupieri "Basilio" com.pol. Aldo Carboni |
SULLA "BANDA DI MASSA" ("Gruppo 205 Passamonti" o "Banda di Zoran"):
Da Igino Colonnelli, direttore del Centro Studi “Don Enrico Pocognoni” per la storia della Resistenza e la cultura locale della zona di Matelica, riceviamo le seguenti precisazioni:
<< Il gruppo Roti (Pieve Torina), citato nella
tabella a pag. 148 e poi a pag. 156, č in realtŕ Gruppo Roti (Matelica).
A Matelica hanno operato tre gruppi, tutti collegati al
“Battaglione Mario” di
Mario Depangher (e quindi agli altri gruppi di
San Severino Marche: Valdiola, Stigliano, Elcito) e
denominati dal luogo ove erano accampati i partigiani:
1. Gruppo ROTI (primo comandante ten. Giuseppe Baldini, poi Francesco Porcarelli);
2. Gruppo EREMITA (ex eremo Eremita sul monte Gemmo, nel comune di Matelica, al confine con Esanatoglia; primo comandante Franco Cingolani);
3. Gruppo SAN FORTUNATO (dalla primavera 1944; comandante prof. Gualtiero Simonetti).
A Roti [alle pendici del Monte San Vicino] c'era un'ex abbazia (Santa Maria De Rotis) con alcune abitazioni coloniche e stalle. Qui ha sede il primo gruppo partigiano matelicese.
Scrive il partigiano e storico Gualtiero Simonetti (in Simonetti 2004, pp.11-12):
"I primi di ottobre, sopravvenuto il periodo delle
piogge, il gruppo si trasferě a Roti dove cominciavano
ad affluire, come luogo di concentramento, prigionieri
inglesi e slavi, fuggiti, in gran parte, dai campi di
Verona.
[...] In Roti ebbe vita il primo Comitato Nazionale
Matelicese di Liberazione. A metŕ ottobre, la banda al
completo era formata da una trentina tra inglesi e slavi
e da una quindicina di italiani. Gli inglesi erano
comandati dal Capitano di aviazione Antony Pyne, che era
stato fatto prigioniero nel 1940 in Sicilia, in un
atterraggio di fortuna; gli slavi dal capitano Popavić. Il
Comitato di Liberazione nominň, quale comandante del
gruppo italiano, il tenente Giuseppe Baldini, reduce dalla campagna
di Russia."
In merito al ruolo di Jule
"Giulio" Kačič, valoroso vicecomandante di
Mario Depangher, riporto questo elogio fatto da un
partigiano:
"C'č un bel gruppo a
Valdiola, comandato da un capitano molto serio e di buon
senso, si chiama "Mario" ed č aiutato da un tenente non
meno valoroso: č un dottore slavo, lo chiamano "Giulio"
(Porcarelli 1945, p.6)
e il racconto dell'assalto al campo di internamento di Villa Spada (citato da C. S. Capogreco, I campi del duce, p.194), cosě come č fatto da Simonetti, pp.14-15:
"La banda di Roti disponeva di pochissime armi, qualche moschetto, dei fucili da caccia, alcune rivoltelle e un numero limitato di bombe a mano. Era necessario provvedere armi automatiche moderne e una maggior quantitŕ di munizioni.
Il tenente Giulio, comandante la banda di Valdiola, era venuto a conoscenza che a Villa Spada, a circa tre chilometri da Treia, c’era un deposito di armi custodite da un piccolo nucleo di carabinieri che avevano anche la sorveglianza di famiglie etiopiche trasportate a Napoli, prima dello scoppio della guerra, per la Mostra d’Oltremare, e di qui internate nelle Marche, dove erano confinati anche studenti somali iscritti nelle nostre Universitŕ.
Queste informazioni erano state portate da due negri riusciti a sfuggire alla sorveglianza dei carabinieri e a raggiungere le formazioni partigiane del San Vicino.
Il tenente Giulio ne parlň al Comando di Roti, e insieme si convenne di assalire nottetempo Villa Spada, liberare i prigionieri e impossessarsi delle armi.
A questa spedizione presero parte una trentina di partigiani tra slavi, inglesi, italiani. Comandavano i partigiani di Roti il capitano Antony Pyne e il tenente Baldini; quelli di Valdiola, il tenente Giulio.
I partigiani di Roti partirono alle loro 16 del 25 ottobre. La notte era piovigginosa, e i monti avvolti nella nebbia. Si procedeva per sentieri fangosi, spesso fiancheggiati da burroni. La congiunzione delle due formazioni era stata fissata al Passo di Treia. Durante il tragitto il capitano Antony e il maresciallo Douglas caddero in un burrone per una altezza di cinque o sei metri; ma ne vennero fuori quasi incolumi. Sostarono successivamente in due case coloniche per riposarsi e rifocillarsi, accolti con generosa ospitalitŕ.
Verso la mezzanotte le due bande si congiunsero. La banda di Giulio aveva giŕ interrotto ogni comunicazione telegrafica e telefonica con Macerata e bloccate le strade di accesso alla Villa. Picchetti di partigiani erano stati dislocati nei punti strategici.
Villa Spada č un agglomerato di case recinte da mura, alte dai quattro ai cinque metri. Tutto l’edificio fu circondato. Alcuni partigiani, guidati da un negro e comandati dal tenente Baldini, scavalcarono le mura mentre Douglas feriva e immobilizzava il maresciallo dei carabinieri che era corso ad aprire la porta d’ingresso della Villa, certo che si trattasse di una delle solite pattuglie tedesche.
Nell’interno tre feroci cani mastini avevano dato l’allarme e si erano lanciati contro i partigiani. Immediatamente si accese il combattimento tra assalitori e difensori, che si protrasse per circa due ore e che terminň con la resa della guarnigione che ebbe quattro feriti; due feriti leggeri i partigiani.
Questa azione audace fruttň 16 pezzi tra mitra e fucili mitragliatori; bombe a mano, moschetti, rivoltelle. Alcuni indigeni, giovani e senza famiglia, seguirono le bande. Tra questi era il Principe somalo Aden.
Al ritorno il maresciallo Douglas e Antony furono costretti a sostare in una casa colonica per le ferite riportate nella caduta e per altre ai piedi causate dagli zoccoli. Raggiunsero Roti al tramonto dello stesso giorno.
I somali di Villa Spada formarono un gruppo a sé, al comando del Principe Aden, ed ebbero ospitalitŕ presso le famiglie coloniche di Roti. Ricevevano i viveri direttamente dall’ufficiale addetto al vettovagliamento che procurava anche animali da cortile che uccidevano essi stessi, secondo il rito mussulmano.”
L’autore racconta poi l’azione dell’apertura del magazzino dell’ammasso del grano a Matelica la notte del 10 novembre 1943, alla quale presero parte probabilmente anche partigiani jugoslavi. Quindi:
“La domenica successiva [14 novembre
1943] venne celebrata a Roti la festa nazionale degli
slavi, alla quale parteciparono anche partigiani
residenti in cittŕ."
P.S. Il ten. Mosč Di Segni, ebreo romano, si era
rifugiato con la famiglia a Serripola di San Severino;
ha fatto il partigiano con il "Battaglione Mario" di
Depangher e per esso a fine guerra ha stilato una relazione
sull'attivitŕ del battaglione e un Diario storico
delle azioni militari compiute dal 1° battaglione.
[ERRATA p.148,
p.156 e p.187 n.96:]
Distaccamento di San Cataldo di Esanatoglia: prende il
nome dal piccolo eremo di San Cataldo, che si trova in
montagna proprio sopra l'abitato di Esanatoglia.
[ERRATA
p.148:]
Il
Gruppo bande Nicolň di Augusto Pantanetti č lo stesso
Gruppo indicato sulla colonna di destra, ma localizzato
in altra area piů ad est, esattamente a Monastero di
Cessapalombo (a San Severino ha sempre operato
Depangher).
[ERRATA
p.156:]
"Casa
Fozzola", dove č ucciso il russo Vassili Niestarol
[questo il nome sulla lapide che ricorda i Caduti della
Resistenza a Matelica], č Casafoscola (comune di
Matelica, al confine con il comune di Esanatoglia).
[ERRATA
p.157:]
"Alcuni
caduti jugoslavi in loc. Uvaiolo". Si consiglia di
verificare meglio: Uvaiolo č una localitŕ a ridosso
dell’abitato di San Severino M., ad est, che non č mai
citata e pertanto non risulta vi siano stati scontri e
morti. A nord di San Severino invece si trova la
frazione di Ugliano (nella stessa zona di Valdiola,
Chigiano e Corsciano, collegate in particolare alla
battaglia del 24 marzo 1944).
[ERRATA
p.157:]
Fra
i
caduti jugoslavi Martocchia cita "Slavec Julij". Sul monumento ai caduti
della Resistenza di San Severino Marche figurano i nomi
di jugoslavi che qui trascrivo:
Quanto alla
“determinazione ad uccidere”, da molti riferita accanto
al coraggio dimostrato dai partigiani jugoslavi, si
hanno testimonianze anche nel nostro territorio.
>>
[ERRATA p.159:]
E' invece Mario Mosciatti dell'ANPI di Camerino a
correggerci in merito alla zona operativa della
Banda di Zoran Kompanjet. << “Io stavo a
Massa” ... ovviamente intendeva Massaprofoglio.
L’averci aggiunto quel Fiuminata tra parentesi
quadre rende il resto del racconto incomprensibile a
chiunque conosce la geografia della zona, in quanto
vengono citate localitŕ come Morro, S. Erasmo,
Caselle, la casa di Enzo Riccioni,
ecc. tutte abbastanza vicine a Massaprofoglio di
Muccia e lontanissime da Fiuminata. >>
Su Zoran
Kompanjet č disponibile (2012) una biografia
sul nuovo sito internet della sezione ANPI di Camerino,
sezione della quale egli fu tra i fondatori:
Categoria: I Partigiani
Pubblicato Martedě, 26 Giugno 2012 08:16
ZORAN KOMPANJET (Tenente Nicola) ed il Gruppo di Massaprofoglio
Zoran Kompanjet č nato nel 1919 a Opatija (Abbazia), in provincia di Kvarner (Carnaro) e quindi in un territorio che, a seguito dei trattati successivi alla prima guerra mondiale, era italiano a tutti gli effetti. Il suo cognome, italianizzato in Compagnette, in realtŕ deriva dal francese, perché era quello di un soldato napoleonico antenato di Zoran. Fatti quattro anni di scuola elementare italiana ad Abbazia, andň in un convitto croato a Krk (Veglia) dove rimase per tre anni, poi frequentň l’ultimo anno delle scuole inferiori ed il ginnasio a Susak, quindi si iscrisse alla facoltŕ di Giurisprudenza dell’Universitŕ di Zagabria. Dal 1939 al 1940 ha fatto il militare presso la scuola per ufficiali di complemento di Maribor, da dove č uscito con il grado di tenente; grado del quale continuň a fregiarsi anche nei ranghi della Resistenza (il suo nome di battaglia era infatti “Tenente Nicola”, scelto per ricordare sia il grado militare che il padre Nikola). Dopo l’occupazione italiana di Susak, nell’aprile del 1941, entrň nel Movimento di Liberazione Nazionale e, nell’agosto dello stesso anno, fu arrestato per attivitŕ antifascista. Dopo circa due mesi trascorsi nelle carceri di Fiume e Trieste, fu trasferito a Manfredonia e quindi internato a San Domino, una delle isole Tremiti. Sempre da internato, nel 1943, fu trasferito a Camerino, dove si trovava l’8 settembre, quando venne firmato l’armistizio e venne meno la sorveglianza nei confronti degli internati politici. Entrato precedentemente in contato con gli antifascisti locali ed in particolare con i Comunisti guidati da Feltre Bartocci, fu scelto come comandante del “Gruppo 205”, che si andň a formare a Massaprofoglio, su iniziativa proprio del Partito Comunista di Camerino, e di cui inizialmente facevano parte solo giovani della zona di provata fede comunista, tra cui: Pietro, Italo e Nazzareno (Sandrino) Gentilucci, Enzo Zampetti, Renzo Montedoro, Franco Matteucci, Onelio Turchetti, Rino Marsili, Antonio Ceruti, Elio Righini, Bruno Marcaccini, Domenico Conti ed altri. Il comando fu affidato a Zoran per vari motivi: le sue idee politiche, la sua esperienza militare, la sua conoscenza di una lingua che gli permetteva di dialogare con gli slavi fuggiti da Colfiorito, sul cui comportamento nei confronti della popolazione, inizialmente, si nutrivano vari timori. Uno dei primi compiti che furono affidati al “Gruppo 205” fu, infatti, quello di cercare di inquadrare nei ranghi della Resistenza locale i fuggiti da Colfiorito e di aiutarli a raggiungere i porti delle Puglia. Successivamente il gruppo cambiň il suo nome in “Battaglione Ennio Passamonti”, si ingrossň con l'arrivo di altri renitenti alla leva, militari italiani che avevano abbandonato i propri reparti ed ex prigionieri del campo di concentramento di Colfiorito, soprattutto montenegrini. Il gruppo fu protagonista di varie azioni volte alla ricerca di armi, tra cui i diversi assalti alle caserme dei Carabinieri, compresa quella di Camerino, il 4 gennaio 1944, durante il quale non ci fu scontro a fuoco, ma solo colpi sparati in aria, in quanto i Carabinieri erano consenzienti alla consegna delle armi. Nello stesso giorno fu assaltata la caserma della Guardia Nazionale Repubblicana di Camerino e nell’occasione perse la vita il milite Giuseppe Benedetti. La sera del 22 febbraio 1944, il Gruppo di Massaprofoglio partecipň, insieme ai gruppi di Visso e di Foligno, all’attacco ai fascisti che si trovavano all’interno dell’osteria Cucculelli di Muccia, dove alcuni montenegrini guidati da Raoul Mattioli uccisero sette persone tra militi della Guardia Nazionale Repubblicana ed operai che agivano al servizio degli stessi. Il tenente Nicola guidň in ogni occasione i suoi uomini con abilitŕ, ma anche con la severitŕ necessaria a mantenere la compattezza e l’impenetrabilitŕ del gruppo, che si rivelarono essenziali per garantire la sopravvivenza dei suoi componenti, messa a dura prova in varie occasioni. In particolare durante l’assalto portato dai fascisti sulla montagna di Massaprofoglio, il 4 febbraio del 1944, quando Zoran Kompanjet seppe organizzare prima la difesa della posizione e poi la fuga verso la montagna. Altro episodio in cui le capacitŕ di comando del tenente Nicola furono determinanti č quello del recupero delle armi lanciate sull’altipiano di Macereto, quando la cattura da parte dei nazi-fascisti fu evitata solo dalla sua grande determinazione ad allontanare i suoi uomini da quel luogo che riteneva non sicuro, come poi si dimostrň poche ore dopo, quando i nazi-fascisti arrivarono sull’altipiano. I partigiani del Battaglione Passamonti, la mattina del il 1° luglio 1944, entrarono per primi insieme alle truppe alleate in una Camerino finalmente libera dai nazi-fascisti. Il Tenente Nicola arrivň nel pomeriggio dello stesso giorno, quando tornň da una missione molto pericolosa che aveva comportato il superamento delle linee nemiche in direzione Foligno. Subito dopo la partenza dei nazi-fascisti da Camerino, Zoran non seguě molti suoi compagni che continuarono la lotta armata nelle regioni del nord Italia per ragioni di salute. Restň in cittŕ e si iscrisse all’Universitŕ. Dopo varie peripezie per ottenere il riconoscimento degli esami sostenuti a Zagabria e dopo aver superato quelli che gli mancavano per completare il ciclo di studi in Giurisprudenza, al termine dell’anno accademico 1945 - 46, si laureň discutendo una tesi dal titolo “Fondamento e scopo della pena”. Nel frattempo, esattamente il 16 dicembre 1944, Zoran si era sposato con Flora Caracci, una bella ragazza camerinese che aveva conosciuto all’inizio della guerra partigiana. Fu tra i fondatori della locale sezione dell’ANPI, che inizialmente aveva il compito di assistere coloro che avevano partecipato alla resistenza e le famiglie delle vittime, oltre a quello di individuare e denunciare i collaborazionisti. La firma di Zoran risulta in calce a varie denunce di questo tipo conservate negli archivi del tribunale di Macerata. Nell’autunno del 1946 rientrň a Fiume insieme alla moglie, dove inizialmente lavorň come legale in vari enti pubblici e aziende commerciali, mentre la moglie insegnava nelle scuole italiane della cittŕ croata. Successivamente iniziň la carriera accademica quale professore di Diritto Commerciale nella Facoltŕ di Economia e quindi in quella di Giurisprudenza dell’Universitŕ di Fiume, delle quali divenne poi Preside, prima di assumere l’incarico di Rettore dell’Ateneo. Per anni si č anche occupato di letteratura, scrivendo poesie e prose umoristiche, sia in lingua che nel dialetto della sua cittŕ (ciakavo). Ha anche scritto opere teatrali e tradotto dall’italiano opere di vari autori, tra cui Carlo Goldoni. Dal matrimonio con Flora Caracci sono nati due figli: Zoran e Damir, che vivono tuttora a Fiume. Zoran Kompanjet “il tenente Nicola“ č morto a Fiume nel 2003, sua moglie nel 1998.
Sugli eventi nelle zone di Cantiano, Cagli, Acqualagna e Fossombrone, sul Battaglione "Stalingrado" e su Giuseppe Mari si vedano anche gli articoli apparsi su Panorama e Patria Indipendente nel 1971-1972
Il diario di Leopold "Poldo" Verbovšek riporta le seguenti informazioni (fonte: Alessandro Betonica, Presidente ANPI Sezione Fermignano, sulla base di Martinelli_2000):
Prima della battaglia di Vilano (25-26 marzo 1944) il distaccamento "Dini" non esisteva ancora, erano solo una banda non inquadrata. Il diario dice che
Il 24 Gennaio 44
Da Piobbico č arrivato il Romagnol che passando da San Polo aveva visto anche il nostro comandante Erivo Ferri che conosco dal giornale nostro. Viene dalle parti di Urbino.
Il 28 Gennaio
Questo pomeriggio abbiamo avuto il raduno di entrambe le squadre e degli attivisti locali.
Ferri ci ha annunciato che di ora in poi facciamo parte del distaccamento partigiano intitolato a Picelli.
Il 14 marzo
Oggi un interminabile andirivieni a Cappone.
Ci siamo raggruppati in tre distaccamenti che fanno parte del 1 battaglione. Il distaccamento "Picelli" al comando di Francesco [Erivo Ferri] con i ragazzi di Urbino e Fano si č spostato nei dintorni di Urbino. Il nostro si chiama "Fastiggi" e rimane qui. Al comando ci stanno Raniero [Renato Vianello] e Franjo [Šimac]. Ci hanno arricchito anche dei commissari politici. Io resto da caposquadra a Vilano. Il terzo č "Pisacane" e starŕ a Col di Fico, vicino a noi.
Tutti questi passaggi dimostrano quanto la situazione fosse in costante evoluzione, il che rende difficile una classificazione rigida.
Infatti Mari (Mari 1964, 1965) mette a capo del Picelli, tal "Emo Castellucci" nel II Battaglione. Evidentemente deve essere successa una ulteriore evoluzione rispetto a quanto scritto da Poldo tra Gennaio e Marzo.
Giannetto Dini in quei mesi era ancora vivo e faceva parte della squadra di Ferri che si spostava verso Urbino. Dini e Salvalai furono catturati tra Urbania e Urbino, durante lo spostamento. [continua]
[p.170] (...) In provincia di Pesaro fu costituita la brigata Garibaldi “Bruno Lugli”. Alcuni partigiani slavi vi operavano, inquadrati nei distaccamenti “Toscano” e “Metaurense”: in quest’ultimo ad esempio Janez “Giovanni” Dolinar e Marko Petrović, che come vedremo poi saranno uccisi, August Šipić, Vinko Trček, Janez Ubiti di Cerkno/Idria, Leopold Kovac ed altri.
[segue] Sempre dal diario di Leopold "Poldo" Verbovšek (fonte: Alessandro Betonica, Presidente ANPI Sezione Fermignano, sulla base di Martinelli_2000):
Il 6 Aprile matura la decisione di fondare un distaccamento organizzato con Tumiati e Poldo "capace di agire in piena tattica partigiana, cioč oggi qui e domani altrove, diversamente da altri che preferiscono trincee al cambiare zona operativa".
Il 13 Aprile 44 questa squadra scrive una lettera al comando per regolarizzare la loro posizione di distaccamento.
Il 16 Aprile Tumiati e Poldo si recano a Col D'Antico per spiegare la lettera.
Il 29 Aprile Tumiati scrive a Poldo che il distaccamento č stato approvato.
Il 2 Maggio un colloquio con il Com. Raniero (Renato Vianello) ha approvato la costituzione del Dini (24 uomini).
Il 18 Maggio il diario riporta che Poldo č stato nominato comandante del "Dini" dopo aver saputo della fucilazione di Tumiati.
Ma c'č anche un riferimento al passaggio di Poldo con Panichi (V Battaglione) il 21 Giugno, forse perň il "Dini" č stato giŕ disperso. Il diario dice testuale:
Il 21 Giugno.
Finito il rastrellamento mi sono recato con la moglie al comando della brigata che si trovava a Col D'Antico.
Appartengo al IV battaglione di Panichi [prob. refuso sul V. Poco dopo riporta che il IV č il "novello" Stalingrado]
Mi hanno nominato caposquadra. Con Peppina e i nostri compagni mi sono sistemato da Gino e Marietta ad Acqua Partita. Č un luogo bellissimo dove ho ritrovato Mario [Cecconi] che ora sta con noi.
[p.172:] (...) In quella fase anche il II btg. pesarese, quello comandato da “Carlo” [Giuseppe Mari], si trovň ad operare nella stessa zona della provincia usando tattiche “diversive” per disorientare le truppe nemiche impegnate in gran numero.
(...) Il 12 maggio [1944] il comandante “Carlo” assieme allo slavo Slavko [Kerenčić, Raković o Radović?] ed all’ispettore di brigata “Abramo” (Edoardo Ugolini) entrano nella zona di rastrellamento tedesco sulla Serra di Serravalle di Carda e prelevano la parte di armi giŕ lanciate dagli Alleati spettante al II battaglione. Con tali nuove armi automatiche fu possibile sostenere un durissimo scontro il giorno 19 maggio tra la Valle di Scalocchio ed il Monte dei Sospiri, che durň quasi dall’alba al tramonto ed impegnň nelle file nemiche tra SS naziste e fascisti circa 800 uomini. ((Mari 1964 p.61.)) Sul versante nord del Monte dei Sospiri (Apecchio), il distaccamento “Stalingrado” – «costituito, come sappiamo, per il 60 per cento allora di jugoslavi» – svolse un ruolo chiave nella battaglia. ((Mari 1964 p.61.))
II battaglione fu impegnato in un altro scontro durissimo nella zona tra Sestino e Montelabreve, dovendo fronteggiare quasi 2000 avversari; ma aveva ricevuto ulteriori armi attraverso un nuovo lancio alleato. Quel giorno (forse il 4 giugno) il gruppo degli jugoslavi si trovň «tra due fuochi su versante est dei Monti della Luna, ma riuscě loro di sfuggire all’accerchiamento combattendo valorosamente e frazionandosi in piccoli gruppi di uomini.» ((Mari 1964 p.61. [...]))
Su quel versante est, in localitŕ Parchiule presso Borgo Pace, nel 1983 verrŕ eretto un significativo monumento in ricordo della lotta comune e della fratellanza d'armi tra partigiani italiani e jugoslavi. Il monumento, realizzato da V. Corsaletti, si compone di due stelle a cinque punte in pietra, che si intrecciano, e due lapidi che recitano:
DALLE ALPI DELLA LUNACon ogni evidenza, a ispirare il monumento fu proprio Giuseppe Mari "Carlo".
SONO TORNATO IN MONTAGNA
DOVE UNA "MACHINE" FALCIŇ MIO FRATELLO
E NOI MORDEMMO IL FERRO DELLA COSCIENZA
CELEBRIAMO ANCHE QUASSŮ
LA RESISTENZA
CON UN GRIDO
LUGLIO 1983 CARLO
QUESTE PIETRE SLAVE SULLA NOSTRA TERRA
RICORDANO DUE POPOLI CHE TROVARONO
FRATELLANZA AMORE LIBERTŔ
VINCENDO L'ODIO DELLA GUERRA
Una esperienza
significativa nell'ambito della
Resistenza nel Fermano e dintorni fu
quella del raggruppamento di bande
partigiane che si costituě nella
primavera del 1944 prendendo il nome
da Decio Filipponi. Esso fu in
collegamento con il ricostituito
gruppo di Piobbico "I Maggio", ma
non va confuso con esso.
Informazioni circostanziate si
traggono dalla lettura del capitolo
dedicato in Giacomini
2008 e dal sito
dell'ANPI di Fermo,
essenzialmente basati sulla
relazione che dopo la Liberazione ne
fece il comandante finale Dario
Rossetti, nome di battaglia "Rani
D'Ancal" (quanto segue vale
anche come ERRATA alla nota 239 p.
192)
L’11 aprile
Dario Rossetti, con il compagno Marcello
Marini, entrano a far parte della
banda di un certo Rolando Gibertini
"Barbaelettrica", che si rivelerŕ
personaggio non affidabile, peraltro
ex-squadrista. Dopo una settimana Rossetti
prende contatto col commissario politico
del "I Maggio", Dušan Labović, e si
accorda anche col capitano del Gruppo Vera
delle bande di San Ginesio, Girolamo Casŕ.
Cosě, alla presenza di Janko Klikovac -
comandante del "I Maggio" - Rossetti
disarma il Gibertini e propone a capo
della banda Mario Roletti. La
nuova formazione si sposta a Bolognola in
contatto con Radoš Grujić. Il 26 aprile
1944 si strutturano le tre bande GAP che
danno vita al Raggruppamento
Bande Decio Filipponi, comandate
da:
1)
Carmine Di Palma
2) Dario
Rossetti "Rani D'Ancal"
3) Ercole
Ercoli
Si unirŕ anche la banda di Giovanni
Iommi, legato a Lucio Corradini,
com.pol. Jobo Morčić. Sono
particolarmente attivi nella zona di
Falerone.
Il 30 aprile Marcello Marini e Mario Roletti vengono arrestati a Piane di Falerone in una imboscata fascista. Il giorno successivo "Rani" e un partigiano slavo partono per Fermo vestiti da preti e catturano due repubblichini; mentre lo slavo conduce i prigionieri in montagna, Rani redige un comunicato di richiesta riscatto, al fine di salvare la vita dei due partigiani arrestati. Poiché perň giunge notizia che questi ultimi sono stati fucilati, senza processo, davanti Porta Romana ad Ascoli Piceno, i due repubblichini vengono immediatamente liquidati. Con la morte di Roletti, "Rani D'Ancal" č di fatto comandante del raggruppamento bande.
Di nuovo a Piane di Falerone, il 6 maggio
1944 si
scatena uno scontro a fuoco fra due
partigiani della prima e seconda banda,
che controllano i camion di passaggio, e i
fascisti sopraggiunti in forze. Lo
sloveno Oskar
Nemec nativo di S. Pietro di
Gorizia č colpito e muore all'ospedale di
Montegiorgio il giorno successivo, il
partigiano Mario Celi riesce
fortunosamente a salvarsi.
La lapide che a Piane di Falerone
ricorda il sacrificio di Oskar Nemec
recita:
OSKER [sic] NEMEC
N. S. PIETRO DI GORIZIA 6.10.1927 7.5.1944
UCCISO DA PIOMBO FASCISTA
CHIUDEVA L'ESISTENZA NEL FIORE DELLA GIOVENTÚ
NEI DÍ DEL RISCATTO ITALIANO
-- * --
I CITTADINI DI FALERONE
POSERO AD IMPERITURA MEMORIA
6.5.1945
Il 3-4 e il
12 maggio del 1944 il campo di prigionia
di Servigliano viene bombardato dagli
inglesi; tra il 25 maggio ed il 7 giugno
si susseguono gli attacchi partigiani a
Servigliano: in particolare il 1 giugno il
presidio del campo viene disarmato e
disperso, i partigiani entrano e liberano
molti prigionieri. Vengono requisite
moltissime armi, leggere e pesanti.
Al 31
maggio 1944 risale l'azione al tiro a
segno e campo sportivo di Sarnano, con la
morte di Dušan Labović (cfr. pp.175-176).
14 giugno
1944: attacco in localitŕ Parapina (a 3km
da Servigliano) da parte di 20 partigiani
contro una settantina di tedeschi. 3
automezzi incendiati e un numero
imprecisato di morti tedeschi. Un morto
fra i partigiani, Tihomir
Franko della banda di Piobbico, e
due feriti tra cui Giovanni Iommi. I
funerali di Franko si tennero a Penna S.
Giovanni il giorno 17.
Probabilmente afferente al raggruppamento
bande "Decio Filipponi" era anche Marko
Cipelka, che risulta morto a Porto
San Giorgio nel giugno 1944.
8 maggio 2022: Commemorazione,
con presentazione della lapide
restaurata, del partigiano Oskar Nemec
(Piane di Falerone FM)
Ultimo aggiornamento di
questa pagina: 13
maggio 2022
Scriveteci all'indirizzo partigiani7maggio
@ tiscali.it