L'Italia, assieme alla Germania, aggredì il
Regno di Jugoslavia all'inizio dell'aprile 1941.
Con bulgari, ungheresi, albanesi, intervennero
direttamente, occupando il territorio per
smembrarlo ed inglobarne ampie porzioni. Vennero
creati Stati-fantoccio, guidati da regimi
collaborazionisti dell'Asse.
La politica dell'Asse e dell'Italia fascista in
particolare contro la Jugoslavia era spiegata a
chiare lettere già pochi giorni dopo l'invasione
in una pubblicazione del Ministero della Guerra
intitolata La
Jugoslavia ha reso i conti: (a)
<< La
Jugoslavia, in quanto tale, ha cessato di
esistere [...] Così un'altra ingiustizia della
pace di Versaglia è cancellata dalla storia
della nuova civiltà; un'altra protetta delle
plutodemocrazie ha subìto la sorte degli Stati
che avevano tradito la causa europea e la causa
della giustizia sociale, auspicata dal Duce e
dal Führer. >>
e proseguiva citando alla lettera una "Profezia di Gabriele
D'Annunzio":
<< Bisogna
opporsi alla costituzione definitiva del
S.H.S. (1); distruggere il mostro jugoslavo.
Ho studiato da vicino il moto croato contro il
predominio serbo e l'ho favorito come ho
potuto, spesso impedito dalle più aspre
angustie. Il destino del Regno jugoslavo è
segnato. Non è formato secondo le leggi della
vita statale. "Si dissolverà, perirà". Degli
indizî mi fanno prevedere certa l'agonia e la
morte di questo nostro avversario. Il quale,
in ogni modo, per fatto storico ed etnico,
"deve perire", anche se riesca temporaneamente
ad interrompere e a rompere il cerchio che lo
serra. >> (b)
In un'altra pubblicazione periodica uscita negli
stessi giorni (c) tali convincimenti erano
espressi in maniera più articolata ma con toni se
possibile ancor più astiosi, attraverso una serie
di testi riguardanti l'Artificiosità del Regno S.H.S.,
il Mito dalmata,
l'Adriatico
grande lago italiano, e così via.
L'articolo dedicato a Tredici secoli di storia croata
era concluso dal seguente annuncio:
<< Il 17
maggio [1941] è annunciato dalla stampa italiana
l'arrivo a Roma di una delegazione croata con a
capo il Poglavnik
(Duce) Ante Pavelić per chiedere alla
Maestà del Re Imperatore di designare un
principe di Casa Savoia che cingerà la corona
croata. [...] Il Re risponde all'indirizzo di
Ante Pavelić dichiarando di esaudire le
aspirazioni del popolo Croato "la cui storia per
tanti nessi è collegata alla nostra e che
tenacemente ha orientato nei secoli la sua
vita intellettuale e morale verso la civiltà
di Roma", designando "il Nostro diletto
nipote, l'Altezza Reale Aimone di Savoia-Aosta,
Duca di Spoleto", che assumerà il nome di
Tomislavo II >>.
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Di seguito il testo integrale della Introduzione di
Sandro Pertini a Il contributo
italiano alla Resistenza in Jugoslavia, Atti
del convegno di studi tenuto a Lucca il 21
giugno 1980 (d):
Il Presidente
della Repubblica Italiana
Accolgo con molto piacere il cortese invito
rivoltomi dall'Istituto Storico Provinciale
Lucchese della Resistenza di presentare il volume
degli atti del Convegno di studio, tenuto a Lucca
nel 1980, su "Il contributo italiano alla
Resistenza in Jugoslavia".
Ha perfettamente ragione Giacomo Scotti quando
sostiene nella sua relazione che la nascita del nuovo
esercito italiano "inteso come esercito
democratico antifascista e parte integrante della
coalizione antihitleriana nella seconda guerra
mondiale" deve
essere anticipata, alcuni mesi prima della
storica battaglia per la conquista di Monte
Lungo a Cassino, al 9 ottobre 1943, quando il
Generale Oxilia, Comandante della Divisione di
Fanteria da montagna "Venezia", forte di
dodicimila uomini, dette ordini alle sue truppe
di attaccare i nazisti, coordinando le azioni
militari con l'esercito popolare di liberazione
della Jugoslavia. (2)
Dalle relazioni preparate per il Convegno, e
ricordo per tutte quella del Generale di
Artiglieria Angelo Graziani, emerge l'imponente
contributo offerto dagli italiani alla lotta per
la liberazione della Jugoslavia: per numero,
perchè si è parlato di circa 40mila italiani
coinvolti nella lotta partigiana; per mezzi,
ricordo l'armamento, l'assistenza tecnica e
logistica offerta dalle unità italiane
all'esercito di liberazione jugoslavo. Con
commozione rilevo sopra a tutto il grande
sacrificio di vite umane compiuto dagli italiani:
di 24mila soldati italiani che l'8 settembre 1943
costituivano gli effettivi delle divisioni
"Venezia" e "Taurinense" furono meno di 3500 i
sopravvissuti.
Il contributo italiano, dunque, alla liberazione
della Jugoslavia si colloca tra i maggiori che le
Nazioni alleate e cobelligeranti fornirono a
quelle forze partigiane e ripete un momento
particolarmente significativo per l'amicizia e la
collaborazione italo-jugoslava, quale fu la grande operazione
combinata italo-serba all'inizio del 1916
che valse a preservare la forza militare serba
nella lotta contro gli Imperi centrali.
Si è così avverato il profetico messaggio
contenuto nella dichiarazione
approvata a Roma nell'aprile 1918 dalla
Conferenza delle nazionalità oppresse
dalla Duplice Monarchia austroungarica, alla cui
realizzazione tanta opera dette un indimenticabile
e lungimirante uomo politico italiano, Leonida
Bissolati. In quella dichiarazione i rappresentanti
italiani e jugoslavi definirono quattro punti
che oggi, a distanza di sessanta e più anni,
possiamo ben definire profetici anche
alla luce delle esperienze fatte:
" 1) i rappresentanti
dei due popoli riconoscono che l'unità e
l'indipendenza della nazione jugoslava sono
interesse vitale dell'Italia, come il
completamento dell'unità nazionale italiana è
interesse vitale della nazione jugoslava;
2) affermano che la liberazione e la
difesa del Mare Adriatico sono un interesse
vitale dei due popoli;
3) si impegnano a risolvere
amichevolmente le singole controversie
territoriali sulla base dei principi di
nazionalità e del diritto dei popoli a decidere
della propria sorte;
4) ai nuclei di un popolo che
dovessero essere inclusi nei confini dell'altro,
sarà riconosciuto e garantito il diritto al
rispetto della loro lingua, della loro cultura e
dei loro interessi morali ed economici. "
L'avventura fascista aveva interrotto la
fratellanza tra i due popoli che si era instaurata
non soltanto negli anni duri della prima guerra
mondiale, ma nel pieno del Risorgimento italiano,
quando Giuseppe
Mazzini nel 1857 pubblicò le sue "Lettere slave"
e previde con estrema lucidità che il moto
d'indipendenza degli Slavi del Sud sarebbe stato
il più importante, dopo l'italiano, per l'Europa
futura. "Il moto
slavo" egli scriveva "dura lentamente
continuo. Quando un'idea di libera patria,
un'aspirazione nazionale si affaccia ad un
popolo, nessuna forza può spegnerla o
contenderle il più o meno lento sviluppo
progressivo sino al trionfo. Le nazìonalità sono
invincibili come la coscienza: potete sopirle
per breve tempo, non cancellarle".
Gli atti del Convegno promosso dall'Istituto
storico provinciale lucchese della Resistenza
rendono, dunque, un grande servigio all'amicizia
tra il popolo italiano ed il popolo jugoslavo: con
l'arido linguaggio delle cifre, con l'obiettiva
narrazione dei fatti, senza nessuna indulgenza
alla retorica per rispetto ai vivi, ma soprattutto
ai Morti, illuminano per la Storia una pagina che
era ancora inedita della Resistenza italiana e del
contributo dell'Italia alla Resistenza Europea
contro il nazismo.
Sandro
Pertini
Palazzo del Quirinale, 10 novembre 1981
[L'Introduzione di Pertini è disponibile anche
in formato PDF.]
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