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What's
Left, 8
Novembre 2002
Guerra segreta:
l’intervento USA e UE in Jugoslavia
di Gregory Elich
Per una lunga decade, l’Occidente ha attuato
una feroce campagna per
soggiogare la Jugoslavia. Ogni mezzo e' stato
usato: il sostegno ai
secessionisti violenti, l’imposizione di
severe sanzioni, un
bombardamento per 78 giorni, seguito da una
spietata occupazione del
Kosovo. La Federazione Jugoslava ha resistito
a tutto ciò, ma le
manovre segrete dell’Occidente hanno portato,
infine, al disastro.
Nel Novembre 1998 Clinton lanciò un piano per
rovesciare il
governo della Jugoslavia. La parte iniziale
riguardava il sostegno alle
forze secessioniste del Montenegro e alle forze
di destra della
opposizione in Serbia. (1) Molti mesi dopo,
mentre la NATO bombardava
la Jugoslavia, Clinton firmò un documento
segreto che indicava
alla CIA il rovesciamento del governo della
Jugoslavia. Il piano
prevedeva il finanziamento segreto, da parte
della CIA, delle
opposizioni e il reclutamento di
sabotatori nel governo e tra i
militari jugoslavi. (2) Gli sforzi per tale
reclutamento nell’esercito
e nella polizia diedero i loro frutti due anni
dopo, quando agenti
rinnegati aiutarono l’assalto al Parlamento
Federale.
Vi erano parecchie componenti nel piano, e gli
assassinii erano
elementi chiave dell’arsenale occidentale. L’8
luglio 1999, ufficiali
USA e inglesi rivelarono che un commando
era addestrato in
operazioni per la cattura di presunti criminali
di guerra e del
Presidente jugoslavo Slobodan Milosevic. Come
incoraggiamento ai
mercenari, il Dipartimento di Stato degli
USA annunciò una
taglia di 5 milioni di dollari sul Presidente
Milosevic. (3) Molti
esponenti del governo e figure di primo piano
jugoslave, tra cui il
Ministro della Difesa Pavle Bulatovic, vennero
uccisi. Molti di tali
crimini rimasero insoluti, poiché gli assassini
riuscivano a
sfuggire.
Goran Zugic, consigliere della sicurezza del
governo secessionista
Montenegrino del Presidente Milo Djukanovic,
venne ucciso il 31 maggio
2000. L’assassino scappò, permettendo ai leaders
occidentali di
accusare il Presidente Milosevic. Proprio la
settimana prima delle
cruciali elezioni locali in Montenegro, le forze
che si opponevano al
Presidente Milosevic trassero vantaggio da
questo assassinio, che
effettivamente servì a spingere gli elettori
indecisi a votare
in favore dei partiti secessionisti. Pochi
giorni dopo l’assassinio, il
Ministro dell’Informazione jugoslava Goran Matic
tenne una conferenza
stampa in cui accusò la CIA di complicità negli
omicidi.
Matic fece ascoltare una registrazione di una
telefonata tra il capo
della missione USA a Dubrovnik, Sean Burns,
l’agente del
Dipartimento di Stato USA James Swaggert,
Gabriel Escobar del
gruppo economico USA in Montenegro e Paul Davies
della Agenzia USA per
lo Sviluppo Internazionale. Estratti della
registrazione di 20 minuti
effettuata dopo l’omicidio e di un'altra di tre
ore dopo, includono
commenti del tipo: "è stato da professionisti" e
"missione
compiuta." (4)
Il primo piano noto dell'Occidente per uccidere
il Presidente Milosevic
venne approntato nel 1992. Richard Tomlinson, un
ex agente dell’inglese
MI6, svelò il piano. Il suo ruolo nell’MI6 era
l’attuazione di
operazioni nascoste in Europa orientale, sotto
le spoglie di
giornalista o di businessman. Tomlinson
incontrava spesso l’ufficiale
dell’MI6 Nick Fishwick. Durante un
incontro, Fishwick
mostrò a Tomlinson un documento intitolato: "la
necessità
di assassinare il Presidente della Serbia
Milosevic."
Tre metodi venivano proposti per uccidere
Milosevic. Il primo, ricorda
Tomlinson, "era di addestrare ed equipaggiare un
paramilitare serbo di
un gruppo di opposizione" che avrebbe avuto il
vantaggio di nascondere
l’origine dell’operazione, ma avrebbe reso
imprevedibile il successo
dell’esito. Il secondo metodo avrebbe impiegato
una speciale
unità delle inglesi SAS per uccidere il
Presidente Milosevic "o
con una bomba o con un cecchino." Fishwick
considerava quest’ultimo
più affidabile, ma assai poco “coperto”. Nel
terzo metodo
avrebbero ucciso Milosevic "in un incidente
d'auto." (5) Sette anni
dopo, il 3 Ottobre 1999, il terzo metodo venne
usato contro il leader
del Movimento di rinnovamento Serbo, Vuk
Draskovic, quando un autocarro
carico di sabbia piombò sulla sua auto,
uccidendo tutti, tranne
Draskovic. L'impulsivo Draskovic, responsabile
della cronica
frammentazione dell’opposizione di destra,
frustrava gli sforzi di
Washington di forgiare una opposizione
unificata. (6)
Durante la guerra della NATO contro la
Jugoslavia, un missile
centrò la casa del Presidente Milosevic,
il 22 Aprile
1999. Fortunatamente, lui e la moglie erano
altrove quella sera. Il
portavoce del Pentagono Ken Bacon annunciò
subito che “Non
miravamo al Presidente Milosevic." Ma cos’altro
significa un missile
che centra la stanza da letto di Milosevic alle
3:10 del mattino? (7)
Nel Novembre 1999, membri di una squadra di
assassini, nome in codice
"Spider" (ragno), vennero arrestati in
Jugoslavia. Secondo il Ministro
Goran Matic, "l’intelligence francese stava
dietro" al gruppo Spider,
che mirava all’assassinio del Presidente
Milosevic. Le operazioni
pianificate prevedevano attacchi con cecchini,
uso di ordigni esplosivi
nel percorso che si riteneva avrebbe fatto
Milosevic per viaggiare,
l'inserimento di esplosivo nella sua auto, e
l'organizzazione di dieci
commandos per assaltare la residenza
presidenziale. Il leader del
gruppo, Jugoslav Petrusic, aveva la doppia
nazionalità jugoslava
e francese. Matic dichiarò che Petrusic lavorava
per
l’intelligence francese da 10 anni. Durante gli
interrogatori, Petrusic
disse che aveva ucciso 50 uomini per ordine
dell’intelligence francese.
Matic annunciò che uno dei membri di Spider era
uno "specialista
negli assassini con autocarri carichi di sabbia"
– come nel caso di
Draskovic nel mese prima. Dopo la guerra
bosniaca, Petrusic aveva
organizzato il trasporto di 180 mercenari
serbo-bosniaci per combattere
per Mobutu Sese Seku in Zaire, un affare che era
gestito
dall’intelligence francese. Secondo un
businessman serbo-bosniaco,
Petrusic "non nascondeva il fatto di lavorare
per l’intelligence
francese. Io ho visto una foto di lui vicino a
Mitterrand, come sua
guardia del corpo." In gioventù, Petrusic era
stato membro della
legione straniera francese.
Durante la guerra della NATO contro la
Jugoslavia, il gruppo Spider
s’infiltrò nell’esercito jugoslavo, fornendo
informazioni ai
francesi e guidando gli aerei della NATO verso i
loro obiettivi.
Il servizio segreto jugoslavo rivelò che il
gruppo Spider era
stato addestrato in una base NATO in Bosnia dove
"vennero costruiti
alcuni edifici somiglianti a quelli in cui
Milosevic viveva." Denaro
venne fornito al gruppo Spider dall’intelligence
francese, attraverso
il confine tra Ungheria e Jugoslavia, da un uomo
di nome Serge
Lazarevic. (8)
Un mese dopo, i membri di un secondo gruppo,
autodenominatosi Esercito
di Liberazione Serbo, vennero arrestati. Loro
scopo era l’assassinio
del Presidente Milosevic e la restaurazione
della monarchia. (9)
Alla fine del luglio 2000, una squadra di
quattro commandos olandesi
venne sorpresa mentre tentava di attraversare il
confine tra Serbia e
Montenegro. Durante le indagini, questi ammisero
che intendevano
uccidere o rapire il Presidente Milosevic. I
quattro dissero che erano
stati informati di una offerta di 30 milioni di
dollari per la "testa
di Milosevic", e che volevano "riscuotere il
premio." Uno degli uomini
disse che il gruppo voleva rapire Milosevic o
l’ex-Presidente
serbo-bosniaco Radovan Karadzic, e "portarli
all’Aja." Il gruppo voleva
rapirli con un'auto, sistemandoli “dentro una
scatola da sci, e
trasportarli fuori dal paese." Se il rapimento
fosse fallito, uno del
gruppo “ebbe l’idea di uccidere il presidente, e
di decapitarlo", e di
mettere la sua testa "in una scatola, e spedirla
a casa" in Olanda. Uno
degli arrestati, Gotfrides de Ri, era vicino al
Partito di Centro,
razzista e neo-nazista. Durante la guerra in
Croazia e Bosnia, il
Partito di Centro inviò mercenari olandesi a
combattere con le
unità paramilitari dell’estrema destra croata.
Al momento del
loro arresto, i quattro avevano molti coltelli,
incluso uno con la
svastica, e lacci con ganci per strangolare.
Tutti e quattro ammisero
che si erano addestrati sotto il comando
dell’inglese SAS. In una
conferenza stampa del 1 Agosto 2000, Goran Matic
accusò gli USA
di essere il maggior sponsor degli assassini e
dei tentati assassini.
"E’ chiaro come essi reclutino vari gruppi
terroristici poiché
sono frustrati dal fatto che i loro obiettivi
militari, politici e
economici nell’Europa sudorientale non sono
stati raggiunti. Tentano di
inviarli nel paese per mutare la nostra
situazione politico-sociale."
(10)
Le flagranti interferenze occidentali distorsero
la dinamica politica
in Jugoslavia. USA e Europa Occidentale
finanziarono i partiti di
opposizione di destra e i media tramite
organizzazioni come Il National
Endowment for Democracy e la Open Society
Institute di George Soros. Il
National Democratic Institute (NDI) è un'altra
delle miriadi di
organizzazioni semi-private che si sono
attaccate, come sanguisughe,
all’Europa orientale. La NDI aprì un ufficio a
Belgrado nel
1997, sperando di capitalizzare i tentativi
dell’opposizione di
abbattere il governo tramite le dimostrazioni di
piazza. Dal 1999, la
NDI aveva già addestrato 900 leaders e attivisti
dei partiti di
destra, nei settori "sviluppo del messaggio,
comizi pubblici e
strategie elettorali." La NDI dichiarò di
fornire "addestramento
organizzativo ed expertise nel creare
coalizioni" all’opposizione. (11)
Il New Serbia Forum, fondato dall’inglese
Foreign Office, portò
professionisti e accademici serbi in
Ungheria per una regolare
discussione con “esperti” inglesi e dell’Europa
Centrale. Scopo del
meeting era quello di "tracciare un progetto per
una società
post-Milosevic." Il Forum sviluppò dei rapporti
intesi a servire
come "piano di azione" per un futuro governo
filoccidentale. I temi di
discussione includevano la privatizzazione e la
stabilizzazione
economica. Il Forum chiedeva la "reintegrazione
della Jugoslavia nella
famiglia europea" una frase che si traduce nello
smantellamento
dell’economia socialista e nella sua consegna
alle multinazionali
occidentali. (12)
Le mire occidentali furono chiaramente espresse
dal Patto di
stabilità per l’Europa Sudorientale il 10 giugno
1999. Il
documento chiede la "creazione solerte di
economie di mercato" nei
Balcani, e "mercati aperti al commercio
internazionale, sempre in
espansione, e al settore degli investimenti
privati." Un anno dopo, la
Casa Bianca tracciò un documento dettagliato sui
“maggiori
obiettivi” del Patto - tra cui, secondo la
European Bank for
Reconstruction and Development (EBRD / BERS) e
secondo la International
Finance Corporations, vi è la "mobilitazione
degli investimenti
privati." Intanto il Business Advisory Council
del Patto "visita tutti
i paesi dell’Europa del Sud-Est" per "offrire
consigli" sugli
investimenti.
Un'altra iniziativa coinvolgeva l’opposizione
locale ungherese e i
media di opposizione in Serbia, per influenzare
le elezioni del 24
Settembre 2000 in Jugoslavia. Il 26 luglio
2000, la Overseas
Private Investment Corporation (OPIC)
inaugurò un fondo
investimento gestito dalla Soros Private Funds
Management. La Southeast
Europe Equity Fund "vuole investire in aziende
della regione, di molti
settori." Suo scopo, secondo l’ambasciata USA in
Macedonia, è
"fornire capitali per nuovi business di
sviluppo, espansione e
privatizzazione." Nel marzo 2000, il Montenegro
firmò un accordo
che permetteva le operazioni della OPIC sul suo
territorio.
Il miliardario George Soros spiegò che cosa
tutto ciò
significasse. Il coinvolgimento degli USA nella
regione, disse, "crea
opportunità di investimenti," e "io sono
contento di dare il mio
denaro, mentre loro danno il proprio." Questo è
il modo per fare
denaro. George Munoz, Presidente e CEO
della OPIC, era stato,
anche lui, chiaro. La "Southeast Europe Equity
Fund,"
annunciò, "è un veicolo ideale
per
collegare il capitale istituzionale americano
alle imprese europee allo
scopo di aiutare gli americani a gestire il loro
crescente mercato.
OPIC è felice che la Soros Private Funds
Management abbia scelto
e inviato un forte e positivo segnale che
l’Europa del Sud est sia
aperta al business." Il testo finale del Patto
di stabilità per
l’Europa del Sud-Est, suggerisce che una
Jugoslavia che avesse
rispettato i "principi e gli obiettivi" del
Patto sarebbe stata
“benvenuta” come nuova aderente al Patto.
"Allo scopo di portare
la Repubblica Federale di Jugoslavia vicino agli
obiettivi", il
documento dichiara che “il Montenegro potrebbe
essere il primo
beneficiario." I leaders occidentali esprimono
la speranza che la
futura Jugoslavia filoccidentale, come il resto
dell’Europa orientale,
sia "capace di aiutare gli americani" a fare
soldi. (13)
I leaders occidentali volevano installare un
governo-fantoccio a
Belgrado, e riposero le loro speranze nella
frammentata opposizione di
destra in Serbia. Nel 1999, ufficiali USA
incoraggiarono questi partiti
ad organizzare dimostrazioni di massa per
rovesciare il governo, ma
l’operazione fallì presto. Quando imminenti
elezioni locali e
federali in Jugoslavia vennero annunciate il 24
luglio 2000, gli
ufficiali USA e occidentali incontrarono i
leader dei partiti della
opposizione serba, per chiedergli di unirsi per
le presidenziali. Il
candidato presidenziale delle opposizioni,
Vojislav Kostunica, venne
letteralmente prescelto dagli ufficiali USA
quando sondaggi gestiti
dagli americani dimostrarono che egli era il
solo candidato capace di
avere sufficiente appoggio per vincere le
elezioni. (14)
All’inizio dell’agosto 2000, gli USA aprirono un
ufficio a Budapest
destinato specificatamente ad assistere i
partiti dell’opposizione in
Jugoslavia. Nello staff vi erano almeno 30
specialisti di guerra
psicologica, alcuni di essi erano stati
ingaggiati nelle operazioni di
guerra psicologica durante la guerra contro la
Jugoslavia e l’Iraq
nella guerra del Golfo. (15) Membri del gruppo
di opposizione
studentesco Otpor vennero invitati a seguire un
corso di 10 giorni, che
iniziava il 28 agosto e poi ancora l’11
Settembre 2000, nelle
ambasciate USA in Bulgaria e Romania. I corsi,
condotti da personale ed
esperti di propaganda della CIA, erano
focalizzati sulle tecniche di
immagine politica e pubblica. (16)
In Bulgaria, la Political Academy for Central
and Southeastern Europe
finanziata dall’Occidente, istitui' un programma
di addestramento per
l’opposizione serba. L’accademia era legata al
Partito Democratico di
Serbia di Vojislav Kostunica, ad Otpor e altri
vari gruppi di
opposizione. Un'altra organizzazione basata in
Bulgaria e finanziata
dall’Occidente, la Balkan Academy of Leading
Reporters, diede
"assistenza finanziaria, tecnica e di esperti"
per i media
dell’opposizione jugoslava prima delle elezioni.
(17)
Dal 13 al 15 agosto, il Direttore della CIA
George Tenet visitò
la Bulgaria. In una serie di meetings
straordinari, Tenet vide il
Presidente bulgaro Petur Stoyanov, il Primo
Ministro, Il Ministro degli
interni e quello della Difesa. Ufficialmente, lo
scopo della visita di
Tenet era di discutere il problema del crimine
organizzato e dei
narcotici. Tuttavia, Tenet passò in tutto solo
20 minuti al
Quartier generale del Servizio di Sicurezza
Nazionale e del Servizio
Nazionale per la lotta contro il crimine
organizzato. Fonti
diplomatiche anonime rivelano che egli propose
il transito di un
oleodotto proveniente dal Mar Caspio, come altro
elemento di
discussione.
Il motivo principale della visita di Tenet,
però, era la
questione della Jugoslavia. Secondo fonti
diplomatiche anonime, la
secessione montenegrina dalla Jugoslavia
sconvolse l’agenda.
In seguito al meeting tra Tenet e il General
maggiore Dimo Gyaurov,
Direttore del Servizio Nazionale di
Intelligence, venne redatta una
dichiarazione pubblica che sottolineava la loro
"comunanza di
interessi." Rapporti della stampa bulgara
rivelano che varie opzioni
erano state discusse con il presidente e il
primo ministro della
Bulgaria.
Alcune informazioni sul meeting indicano che
l’opzione preferita da
Tenet era la rimozione del governo jugoslavo,
che fosse come risultato
delle elezioni del 24 Settembre, oppure
delle dimostrazioni di
piazza, o con un golpe. Un'altra alternativa che
Tenet discusse fu
l'assalto militare della NATO allo scopo di
installare un
governo-fantoccio.
La terza opzione era la secessione del
Montenegro dalla
Jugoslavia. Poiche' una guerra aperta
avrebbe seguito la
secessione del Montenegro dalla Jugoslavia, gli
USA pianificarono una
guerra totale.
Il Monitor di Sofia riporta che la “macchina
golpista della CIA” era
pronta. "Un attacco contro Belgrado è imminente"
avvertiva, e
"la Bulgaria servirà da base." (18)
In preparazione di una possibile azione
militare, l’esercito italiano
firmo' un contratto di concessione per poter
condurre esercitazioni da
Ottobre nel campo di Koren, presso Kaskovo,
nella Bulgaria
sudorientale. L’esercito francese firmò un
accordo simile, in
cui i soldati e i carri armati francesi si
sarebbero addestrati a Novo
Selo, nella Bulgaria centrale, dall’11 Ottobre
al 12 Dicembre.
Alcuni piani prevedevano che i militari USA
facessero richiesta per
avere in affitto la base di Shabla nella
Bulgaria nordorientale. Tutte
sarebbero servite da basi di attacco della NATO.
(19) Esercitazioni
anfibie vennero svolte, con l’esercito croato e
le forze USA, presso
Split in Croazia, subito dopo le elezioni
jugoslave, e 15 navi da
guerra inglesi vennero inviate nella
regione. (20)
La terza opzione di Tenet, la secessione del
Montenegro dalla
Jugoslavia, avrebbe seguito il ben collaudato
modello dello
squartamento della Jugoslavia, pezzo per pezzo.
Le strade delle due
repubbliche della Jugoslavia iniziavano a
divergere nettamente.
Solo la Serbia si opponeva ai disegni
occidentali di integrazione dei
Balcani in un modello economico in cui le
economie della regione
sarebbero state subordinate agli interessi
occidentali. L’economia
della Serbia includeva una forte componente
socialista, e aziende
medio-grandi erano di proprietà collettiva. Al
contrario, il
Montenegro aveva adottato un programma per
mettere la sua economia al
servizio dell’Occidente. Nel novembre 1999 si
vide l’introduzione in
Montenegro del marco tedesco come divisa
ufficiale e il passaggio della
legislazione che eliminava le proprietà
collettive. Un mese
dopo, molte aziende vennero messe in vendita,
inclusa la compagnia per
l’energia elettrica, il Complesso Agricolo 13
Luglio, l’azienda
Hotel-Turistica Boka, e molte altre. (21) Il
programma di
privatizzazione della repubblica per il 2000
prevedeva la
privatizzazione di molte industrie statali, e
includeva misure per
"proteggere gli investitori domestici ed
esteri." All’inizio del 2000,
gli USA firmarono un accordo per fornire al
Montenegro 62 milioni di
dollari, inclusi 44 milioni della U.S. Agency
for International
Development (USAID). Secondo l’agenzia, essa
avrebbe anche attivato
"programmi di assistenza per il sostegno alle
riforme economiche e alla
ristrutturazione della economia... per portare
il Montenegro verso
l’economia del libero mercato." Il consigliere
politico USA per i
Balcani James Dobbins spiego' che gli USA
vedevano "le riforme
liberiste del regime di Djukanovic come modello
e stimolo per altre
riforme similari per l’ex-Jugoslavia."
Gli USA offrirono anche garanzie per gli
investitori privati nella
repubblica. Aiuti aggiuntivi vennero forniti
dall’Unione Europea (EU),
che approvo' 36 milioni di dollari per il
Montenegro. "Sin dal primo
giorno", ammise Djukanovic, "noi abbiamo
consulenti inglesi ed
europei." (22)
Il Center for International Private Enterprise,
una affiliata della
Camera di Commercio USA, fornisce supporto al
Center for
Entrepreneurship (CEP) in Montenegro. Secondo il
direttore esecutivo
del centro, Petar Ivanovic, l’organizzazione "si
focalizza sulle scuole
elementari e le superiori" stabilendo la
imprenditorialità come
nuova materia da insegnare a scuola. Come
spiega Ivanovic,
"introdurre i giovani al concetto di
imprenditorialità li
renderà meno resistenti al privato." Il CEP
intende inoltre
"educare il governo sulle potenzialità riguardo
al privato" e
aiutarli a "comprendere i vantaggi della riforme
economiche e della
privatizzazione." (23) Secondo Djukanovic,
quando egli incontrò
Clinton il 21 giugno 1999, il presidente USA
diede il via al processo
di privatizzazione dicendo a Djukanovic che gli
USA volevano "stimolare
l’economia" "incoraggiando le corporations
e le banche USA a
investire capitali in Montenegro." (24)
Djukanovic si mosse costantemente verso la
secessione dalla Jugoslavia,
mostrando di voler spingere verso la separazione
se il Presidente
Milosevic fosse stato rieletto nelle elezioni
del 24 Settembre. In una
telefonata a Djukanovic nel luglio 2000,
Madeleine Albright
promise che gli USA gli avrebbero fornito altri
16.5 milioni di
dollari. La stessa settimana, Djukanovic
affermava che il
Montenegro "non è più parte della
Jugoslavia."
Inoltre affermò sorprendentemente che
considerava una
"priorità" per il Montenegro l’adesione alla
NATO,
organizzazione che aveva bombardato il suo paese
solo l'anno prima. Il
mese successivo, Albright annunciò che lei e
Djukanovic "cercano
di discutere e di incontrarsi
regolarmente" e che gli "USA
sostengono l’approccio del Presidente Djukanovic
in termini di sviluppo
democratico e di riforme economiche." (25)
Il sostegno occidentale alla secessione andava
ben oltre i meeting
della Albright con Djukanovic. Più di metà della
popolazione del Montenegro si opponeva alla
secessione, ed una simile
mossa avrebbe potuto causare esplosioni di
violenza. In preparazione
del distacco, Djukanovic si costrui' un esercito
privato di più
di 20.000 soldati, la Polizia Speciale,
comprendente unità
armate con armi anti-tank e mortai. Fonti del
Montenegro rivelarono che
forze speciali occidentali addestravano
l’esercito privato di
Djukanovic. Prima delle elezioni, Djukanovic
richiese che la NATO
stabilisse “uno scudo aereo sul Montenegro." Un
membro della Polizia
Speciale, di nome Velibor, confermo' che avevano
ricevuto addestramento
dalle SAS inglesi. "Se vi è una situazione in
cui le armi
decideranno la posta, siamo pronti" dice. "Siamo
addestrati a
ciò." A una conferenza stampa, il 1 agosto 2000,
il Ministro
Goran Matic dichiarava che "gli inglesi
addestrano le
unità speciali montenegrine. Ed è anche vero",
aggiunse,
che la Polizia Speciale "ha largamente ottenuto
vari tipi di armi,
dalle armi antiaeree a quelle anti-elicottero
eccetera, ed inoltre che
essi sono assistiti dalla Croazia, con le armi
che passano da Dubrovnik
e altri posti." Inoltre, Matic puntualizzo':
"L’anno scorso, prima e
dopo l’aggressione, un gruppo del MUP [Ministero
degli Affari Interni]
montenegrino si è addestrato con unità della
polizia e
dell’intelligence USA." Nell’agosto 2000, due
veicoli corazzati
destinati al Montenegro vennero scoperti nel
porto di Ancona, in
Italia. Uno dei veicoli era dotato di una
torretta adatta per montare
una mitragliatrice o un'arma anticarro. I
doganieri italiani, secondo
l’ANSA, erano "convinti" che il traffico di armi
con il Montenegro si
"svolgeva su scala assai più grande di
quanto il singolo
episodio facesse presumere." Esprimendosi come
per anticipare un
conflitto armato, Djukanovic affermò che "molti
metteranno la
coda tra le gambe e se ne dovranno andare via
dal Montenegro." (26)
Un conflitto violento in Montenegro avrebbe
fornito alla NATO un
pretesto per intervenire. Gia' ai primi
dell’ottobre 1999, il Generale
Wesley Clark aveva tracciato un piano per la
invasione NATO del
Montenegro. Il piano prevedeva un assalto
anfibio con più di
2.000 marines che avrebbero occupato il porto di
Bar rendendo il porto
un trampolino di lancio verso l’interno. Le
truppe trasportate dagli
elicotteri avrebbero occupato l’aeroporto di
Podgorica, mentre aerei
della NATO avrebbero bombardato le forze della
Jugoslavia.
Secondo ufficiali USA, altri paesi occidentali
avrebbero sviluppato
piani di invasione. (27) Richard Holbrooke,
ambasciatore USA all’ONU,
dichiarava: "Siamo in contatto costante con la
leadership del
Montenegro," e avvertiva che un conflitto in
Montenegro "avrebbe
colpito direttamente gli interessi vitali della
NATO." (28)
Il Segretario Generale della NATO George
Robertson fu più
esplicito. "Dico a Milosevic: stai attento,
guarda quello che e'
successo l'ultima volta che hai sbagliato." (29)
Ciò che gli USA volevano per davvero, comunque,
era la
Jugoslavia intera, non solo un altro pezzo. Il
Segretario di Stato
Madeleine Albright si aspettava e chiedeva
dimostrazioni di piazza per
abbattere il governo se le elezioni non
l’avessero soddisfatta. Al
meeting di Banja Luka nella primavera del 2000,
Albright espresse
disappunto per il fallimento degli sforzi
passati di rovesciare il
legalmente eletto governo jugoslavo. Albright
disse che sperava che le
sanzioni spingessero il popolo ad “accusare
Milosevic per le loro
sofferenze." Una esasperata Albright si
chiedeva: "che cosa ferma la
gente dallo scendere nelle strade?" Indicando
che gli USA aspettavano
il pretesto per intervenire, aggiunse: "Ora
bisogna che accada in
Serbia qualcosa che l’occidente possa
appoggiare." (30)
Ogni contingenza era pianificata nell'ambito
della campagna
differenziata di destabilizzazione da parte USA.
Alla fine fu lo
scenario preferito di George Tenet che venne
scelto. Un processo
elettorale distorto dall’intervento occidentale,
assieme a moti di
piazza, alla fine buttarono giù il governo
della
Jugoslavia.
Gli USA pomparono 35 milioni di dollari nelle
tasche dell’opposizione
di destra nell’anno precedente le elezioni del
24 Settembre 2000. Tale
impegno includeva trasmissioni per le radio
dell’opposizione, e
computers, telefoni e fax per molte
organizzazioni. I media di destra
ricevettero altri 6 milioni dollari dall’Unione
Europea durante questo
periodo. Due organizzazioni sotto l’ombrello del
National Endowment for
Democracy, il National Democratic Institute e
l’International
Republican Institute, diedero 4 milioni di
dollari per una campagna
porta a porta e programmi elettorali. (31)
Funzionari USA
assicuravano ai media dell’ opposizione che "non
avevano nulla da
preoccuparsi riguardo alle spese di oggi" poiché
molto di
più era in arrivo. (32) Subito dopo le elezioni,
Il parlamento
degli USA decretò una legge che autorizzava il
versamento di
altri 105 milioni di dollari per i partiti di
destra e i loro media in
Jugoslavia. (33) Organizzazioni come
l'International Republican
Institute e l’Agency for International
Development misero molti milioni
di dollari nelle tasche di Otpor, rendendo il
piccolo gruppo di
studenti dell’opposizione una grande forza. Nel
momento in cui la data
delle elezioni veniva annunciata in
Jugoslavia, Otpor aveva
stampato già 60 tonnellate di materiale
elettorale. (34)
La settimana prima delle elezioni, l’Unione
Europea inviò un
"Messaggio al popolo serbo" in cui si annunciava
che una vittoria per
il candidato dell’opposizione Vojislav Kostunica
avrebbe portato
all’eliminazione delle sanzioni. "Perfino se
Milosevic fosse rieletto
democraticamente", affermava un funzionario
dell’UE, le sanzioni
sarebbero rimaste. Questa era una potente
pressione verso un
popolo impoverito e devastato da anni di
sanzioni occidentali.
(35)
Il funzionario del Dipartimento di Stato USA
William Montgomery
notava: "Raramente si è impiegato tanto fuoco,
energia,
entusiasmo, denaro – ogni cosa - quanto ne è
stato impiegato in
Serbia nei mesi prima della caduta di
Milosevic." (36)
Ancor prima delle elezioni, funzionari
occidentali accusavano il
governo jugoslavo di frode elettorale, piantando
i semi della
distruzione.
Nei giorni delle elezioni ed in seguito, la
coalizione detta
Opposizione Democratica della Serbia (DOS)
proclamò la
vittoria del proprio candidato. Funzionari USA
incoraggiavano
l’opposizione ad indire delle dimostrazioni di
massa, perfino prima che
fossero annunciati i risultati ufficiali. In
pratica ogni giorno la DOS
dichiarava differenti percentuali per il proprio
candidato. A un certo
punto parlarono del 57 per cento. Due giorni
dopo le elezioni, il 26
settembre, la DOS dichiarava che Kostunica aveva
avuto il 54.66
percento dei voti, sulla base del 97.5 per cento
dei voti scrutinati,
ma che 130.000 voti "e i voti dal Kosovo e
Montenegro" non erano stati
considerati dalla DOS. Il giorno dopo, la DOS
annunciò che
Kostunica aveva il 52.54 percento dei voti. Il
dato era basato,
dissero, sul 98.72 per cento degli scrutini.
Stavolta, il portavoce
dello Staff Elettorale della DOS, Cedomir
Jovanovic, cambiò di
tono, dichiarando che gli scrutini da fare erano
quelli dei militari e
quelli postali. Secondo Jovanovic, il 26
settembre, 5.093.038 voti su
un totale di 5.223.629 voti erano stati
scrutinati, per un totale del
97.5%. Sulla base del totale fornito da
Jovanovic, ciò avrebbe
significato che meno di 64.000 schede sarebbero
state scrutinate il
giorno seguente, quando fu dichiarato un
conteggio pari al 98.72
percento. Assumendo che Kostunica abbia perso
tutti questi voti, la sua
percentuale sarebbe dovuta scendere a 52.75,
comunque più alta
dell’annunciato 52.54%.
Il DOS si avvantaggiò della confusione
proveniente da tali
significative differenze sui totali. Il 26
settembre, Jovanovic
annunciò che Kostunica aveva avuto 2.783.870
voti, ed il giorno
seguente dichiarò che, quando tutti i voti
sarebbero stati
contati, "Kostunica avrebbe avuto 2.649.000
voti." Quattro giorni dopo,
Jovanovic dichiarò 2.424.187 voti per Kostunica,
e poi il 2
ottobre il portavoce dell’opposizione Zoran Sami
abbassò
ulteriormente il totale a 2.414.876, con una
percentuale del 51.34%. In
seguito, Sami disse che il risultato finale
mostrava 2.377.440 voti e
una percentuale del 50.35% per Kostunica.
Esclusi da tali conteggi
erano i voti dal Kosovo e dei rifugiati dal
Kosovo.
I media occidentali accettarono acriticamente le
dichiarazioni della
DOS, proclamandole precise e risultanti da
meticolosi scrutini, e grida
di frode si alzarono invece contro il Governo
jugoslavo.
Chiaramente c’erano state delle frodi. I dati
forniti dalla stessa DOS
indicano chi stesse commettendo la frode. (37)
Nonostante le dichiarazioni in senso contrario
dei media occidentali,
il conteggio ufficiale dei voti fu ampiamente
pubblicizzato in
Jugoslavia. Vojislav Kostunica ottenne il 48.96
percento dei voti,
mancando di poco il 50% richiesto per la
vittoria al primo turno. Il
Presidente Milosevic ottenne il 38.62 percento.
Un secondo turno
elettorale per i due maggiori candidati venne
indetto l’8 ottobre. (38)
Appoggiati dai funzionari occidentali, Kostunica
e la DOS si
rifiutarono di partecipare al secondo turno,
dichiarando che avevano
già vinto. La DOS presentò proteste prima alla
Commissione Elettorale Federale, e poi
alla Corte Costituzionale.
Chiedevano, tra l’altro, l’annullamento dei voti
dei rifugiati dal
Kosovo, e quelli dal Kosovo stesso, dove il
Presidente Milosevic aveva
ottenuto un vantaggio ampio. La Corte
Costituzionale sostenne la
proposta di Milovan Zivkovic, membro della
Commissione Elettorale
Federale, per riesaminare il voto di tutti
i distretti per
eliminare i dubbi. (39) Fu la minaccia del
riconteggio dei voti a
motivare la riduzione quotidiana dei voti e
delle percentuali
dichiarate dalla DOS per i suoi candidati. La
percentuale finale che la
DOS annunciò era vicina a quella dei risultati
ufficiali.
Tuttavia, la DOS si rifiutò di includere i
voti dal Kosovo
e quelli dei molti rifugiati dal Kosovo, con il
pretesto che il voto in
Kosovo chiudeva alle 16:00 invece che alle
20:00. Secondo la DOS, la
chiusura anticipata dei seggi avrebbe invalidato
tutte le schede di
questi votanti. Solo eliminando i voti dei
residenti e rifugiati
del Kosovo la DOS potè proclamare una
vittoria attorno al
50 per cento per Kostunica.
Più di 200 osservatori internazionali di 54
paesi monitoravano
le elezioni. Gli osservatori seguirono
ogni stadio delle elezioni, incluso il conteggio
del voto e la
correlazione dei risultati. Uno degli
osservatori, il Ministro degli
esteri greco Carolos Papoulias, concluse: "Tutti
quelli che hanno
annunciato ampie frodi, come [il commissario
agli esteri dell’UE]
Javier Solana, hanno sbagliato" e il voto si è
svolto in “modo
impeccabile."
Atila Volnay, un osservatore ungherese, disse
che la sua delegazione
aveva visitato molte sezioni elettorali e
confermava la presenza
dei rappresentanti dell’opposizione nelle
commissioni elettorali, e che
"non ci potevano essere anomalie." Una
delegazione di tre persone
del Socialist Labour Party del Regno Unito
dichiarò che la
Commissione Elettorale Federale "ha fatto di
tutto per assicurare che
la gente potesse votare senza intimidazioni ed
in modo normale," ma che
delle irregolarità erano state rilevate in
Montenegro. "Abbiamo
ricevuto molti rapporti di prima mano da persone
che dichiarano di
essere state minacciate [dai sostenitori di
Djukanovic] che
avrebbero perso il lavoro se fossero
andate a votare." La
delegazione notò anche che "molti rifugiati dal
Kosovo sono
stati deliberatamente esclusi dalle liste
elettorali del Montenegro" e
che la delegazione "può solo concludere che tali
tattiche di
intimidazione e condizionamento erano destinate
ad avvantaggiare la
cosiddetta Opposizione Democratica." Il capo
della delegazione russa,
Konstantin Kosachev, disse che "erano
soddisfatti perchè non era
stata possibile in pratica alcuna
falsificazione su larga
scala delle elezioni in Jugoslavia."
Una dichiarazione finale degli osservatori
afferma che "Il voto
si è svolto in modo ordinato e tranquillo" e
che, "nell’opinione
di molti era eguale o superiore a quelli dei
loro paesi." (40)
Dato il vantaggio elettorale al primo turno, una
vittoria di Kostunica
era certa per l’8 ottobre. Quindi, perché
Kostunica
rifiutò di partecipare al secondo turno? Come
risultato delle
elezioni del 24 settembre, la coalizione di
sinistra aveva ottenuto 74
dei 137 seggi nella Camera dei cittadini e 26
dei 40 seggi nella Camera
delle Repubbliche. La coalizione di sinistra
aveva già la
maggioranza nel Parlamento serbo, la cui
rielezione era prevista
l’anno dopo. Sarebbe stato dunque impossibile
per la DOS attuare il
proprio programma, visto che i poteri del
Presidente soro piuttosto
limitati. Solo un golpe avrebbe permesso alla
DOS di superare i limiti
legali e di giungere al governo per regnare
senza opposizioni. Il
direttore elettorale di Kostunica, Zoran
Djindjic, chiamò allo
sciopero generale. "Noi dovremo paralizzare ogni
istituto, scuola,
teatro, cinema, ufficio" e "far scendere in
piazza tutti." (41) I
sostenitori della DOS ovunque nel paese
seguirono la sua chiamata,
fermando alcuni settori dell’economia, mentre
dimostrazioni di massa si
avevano in tutta la Serbia. Lo scenario di
Madeleine Albright divenne
realtà, nel momento in cui i dimostranti si
misero a chiedere la
rimozione del governo.
Secondo l’opposizione, almeno 10.000 sostenitori
armati della DOS si
unirono alla manifestazione finale a Belgrado.
L’assalto al Parlamento
Federale e alla Radio-Televisione della
Serbia fu guidato da
gruppi e da squadre speciali di ex-soldati.
Velimir Ilic, sindaco
dell’opposizione di Cacak, guidò gli assalti.
"La nostra azione
era stata pianificata in precedenza" spiegò in
seguito. "I
nostri scopi erano assai chiari; prendere il
controllo delle
istituzioni chiave del regime, incluso il
parlamento e la televisione."
Ilic stabilì anche precedenti contatti con
poliziotti rinnegati
che assistettero i miliziani di Ilic. (42) E’
probabile che la CIA
fosse coinvolta nella pianificazione dei ben
coordinati attacchi. Dopo
che forze speciali armate ebbero aperto la
strada verso il Parlamento
Federale, ad esse fecero seguito una massa di
ubriachi, supporter della
DOS, che irruppero nell’edificio, distruggendo
suppellettili e computer
e devastando il Parlamento. I poliziotti vennero
attaccati e
bande di ubriachi, spesso armati di pistole,
sciamarono nelle strade.
Le ambulanze, che portavano i poliziotti feriti
negli ospedali,
venivano fermate dagli attivisti della DOS, che
chiedevano di
consegnargli i poliziotti feriti. Dopo che la
Radio Televisione della
Serbia a Belgrado venne occupata, essa pure fu
incendiata. In tutta la
Serbia, gli uffici del Partito Socialista di
Serbia (SPS) e della
Sinistra Unita Jugoslava (JUL) vennero demoliti.
I socialisti vennero
minacciati e picchiati, molti furono minacciati
per telefono. A
Kragujevac, dieci socialisti vennero legati e
picchiati per ore. Gli
sgherri della DOS si spinsero fino a casa
di Zivojin
Stefanovic, il presidente del Partito
Socialista di Leskovac.
Dopo aver saccheggiato e distrutto le proprietà
di Stefanovic,
diedero fuoco alla sua casa. (43)
Mentre la teppaglia capovolgeva e bruciava le
auto della polizia,
vandalizzando case e picchiando la gente,
Kostunica annunciava:
"La Democrazia è arrivata in Serbia. Il
Comunismo è
caduto. Era proprio ora." (44)
Stabilendo le loro credenziali democratiche, gli
attivisti della DOS
occupavano sistematicamente i media di sinistra
della Jugoslavia. I
giornali di sinistra, stazioni radio e
televisioni vennero riconvertite
in strumenti della destra. Una cultura dei media
già ricca
e diversificata, rappresentante l’intero spettro
politico, venne
sottoposta alla cappa dell’uniformità e della
propaganda per la
DOS. Bande di sgherri della DOS rimossero con la
forza il management
delle imprese statali, delle università, di
banche ed ospedali
delle città di tutta la Serbia. I ministri
del governo
vennero spinti alle dimissioni, e la DOS creò un
comitato di
crisi per svolgere le funzioni del governo,
scavalcando il Parlamento
Federale e i ministeri governativi. Gli agenti
della DOS minacciarono
apertamente di aumentare le violenza di strada
come mezzo per spingere
il Parlamento Serbo ad accordare nuove elezioni,
un anno in anticipo
rispetto alla scadenza.
I funzionari occidentali non potevano nascondere
la loro soddisfazione.
Imprese statunitensi ed europee aspettavano il
momento per impadronirsi
delle imprese di Stato. Il programma economico
della DOS era tracciato
da una organizzazione denominata Gruppo 17+.
Il loro piano, Progetto per la Serbia, chiedeva
una rapida transizione
a una piena economia di mercato.
Immediatamente dopo il golpe, la European Bank
for Reconstruction and
Development subito annunciò piani per aprire
un ufficio a
Belgrado. "E’ importante che siamo sul posto
subito" spiegava il
portavoce della banca Jeff Hiday. "Sospettiamo
che ci saranno parecchie
privatizzazioni e ristrutturazioni." (45)
Giorni prima del golpe, il Presidente Milosevic
aveva avvertito che la
DOS era uno strumento della campagna della NATO
per imporre un
controllo neocoloniale sulla Jugoslavia.
Milosevic indicava che i paesi
vicini, che erano già vittime dei diktat
dell’Occidente, "si
sono rapidamente impoveriti in modo tale da
distruggere ogni speranza
di una società più giusta ed umana" e che
l’Europa
Orientale vede “una grande divisione tra una
maggioranza povera e una
ricca minoranza." Inevitabilmente, disse, "tale
quadro includerebbe
anche noi." (46)
Sola e isolata, la Jugoslavia aveva resistito
alla dominazione
imperiale, opponendosi alle secessioni, alle
sanzioni, alle guerre, ed
alle operazioni coperte [cioè: attuate dai
servizi segreti, ndt]
volute dall'Occidente. Viceversa, essa rimase
indipendente e mantenne
una economia a carattere prevalentemente
sociale. Le più potenti
forze del pianeta si schierarono contro di essa,
e per un decennio la
Jugoslavia resistette. Il golpe della NATO ha
spazzato via tutto. In
uno dei suoi primi atti da presidente, Kostunica
si è unito al
Patto di Stabilità dei Balcani. Il suo ministro
delle
privatizzazioni, Aleksandar Vlahovic, ha
annunciato un piano per la
privatizzazione di 7.000 aziende... "Mi aspetto
che in quattro anni da
oggi, le proprietà sociali saranno totalmente
eliminate",
spiegava Vlahovic, chiarendo che la
privatizzazione delle aziende
maggiori era appena iniziata. (47) I milioni di
dollari con cui
l’Occidente aveva riempito le tasche degli
agenti della DOS
avrebbero fruttato elevati dividendi.
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Gregory Elich
ha
pubblicato decine di articoli sui Balcani e
l’Asia negli USA, in Canada
ed Europa, in pubblicazioni come Covert Action
Quarterly, Politika,
Junge Welt, Dagbladet Arbejderen,
Science&Society, Swans, e altre.
Le sue ricerche sugli interventi della CIA in
Jugoslavia sono state il
soggetto di articoli dei giornali della
Germania, Norvegia e Italia,
incluso Il Manifesto. È stato coinvolto nelle
attività
per la pace fin dalla guerra del Vietnam, ed è
stato
coordinatore del Committee for Peace in
Yugoslavia.
È stato membro
della delegazione USA in visita in Jugoslavia
dopo la guerra della
NATO, e membro della delegazione di Margarita
Papandreou, la prima
occidentale a volare con la compagnia aerea
nazionale irachena a
Baghdad in sfida alle sanzioni.
(Adattamento del testo a cura del CNJ, sulla
base di una traduzione
pervenutaci da A. Lattanzio)
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