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Intervista a
Goran Babić
di Ivan Pavičevac
pubblicata sul Dossier
Jugoslavia della rivista Nuova Unità
nel dicembre 1996
Babić – poeta e raffinato intellettuale croato,
nato nell'isola di Vis, formatosi a Zagabria – al
momento dell'intervista viveva da esule a Belgrado...
Belgrado,
agosto 1995.
D. Come si definisce,
profugo politico o emigrante?
R. Non mi definisco in nessuno dei due modi. Mi
sono sempre sentito jugoslavo, cittadino di una
terra, di una realtà che mi sembrava
indistruttibile, ed ancora la sento così a
livello emotivo. Ma per quanto riguarda la
situazione attuale, questa terra è distrutta e
come tale non esiste più. Dunque, sono cittadino
di uno stato che non esiste. La mia terra era il
risultato di un processo storico, ed è sparita
come risultato di circostanze storiche. Usando
la storia come criterio, vediamo che ciò è
avvenuto a molti stati che hanno condiviso lo
stesso passato. Sono scomparse nazioni,
popoli... ma se parliamo razionalmente, esistono
anche delle emozioni...
A questo proposito, vorrei citare qualche frase
dal mio libro "Il cimitero d'Europa": "Che
l'idea dello jugoslavismo arrivi dal lontano
passato è indiscutibile (...) Ogni lettore
dovrebbe almeno sapere che l'idea
dell'unificazione degli slavi e dell'etnia slava
del sud è molto antica, non si può neanche dire
esattamente quanto. Questa è una tesi di grande
importanza, perché ci sono molto ignoranti che
ritengono l'unificazione vecchia solo di una
settantina d'anni, e cioè tanto quanto
l'edificio jugoslavo. Lo stesso tempo sono
durati, se non sbaglio, i papi ad Avignone, ma
nessuna persona intelligente, oggi, mette in
dubbio l'esistenza ulteriore della Chiesa
Romana. Il Vaticano ha attraversato nella sua
lunga storia innumerevoli crisi, ha ceduto a
debolezze e si è macchiato di vergogne come
nessuna creatura di Dio, ed eccolo oggi vitale e
forte più che mai..."
D. Lei proviene da una ex-repubblica
jugoslava. Cosa pensa dell'esodo dei
profughi serbi dalla Krajina? Sembra che
l'Occidente non veda o non voglia
vedere, e finge di non capire che la Croazia è
uno stato genocida, come lo era nel
1941...?
R. Non ho messaggi da lanciare, né spetta a me
lanciarne. Però esiste un problema e io ho la
mia opinione al riguardo. Che l'Occidente veda o
non veda, per ogni persona intelligente è chiaro
che l'Occidente vede. Non solo vede, ma sa
tutto. Sa molto di più della gente di media
cultura. Ed è oltretutto colpevole e
corresponsabile per quello che è successo.
Perché senza la sua complicità, senza la sua
intenzione e volontà non sarebbe successo tutto
questo.
D. Ho letto una sua intervista, in cui lei
conclude dicendo: "... Europa, culla
la tua creatura, questo tuo mostro neonato (la
Croazia)!".
R. Anche prima di Tudjman l'Europa ha conosciuto
un fenomeno simile. Si chiamava la Spagna di
Franco, e l'ha cullata finché le è servito,
finché ha trovato il modo di difenderla. Quando
non ha potuto farlo più, l'Europa si è
sbarazzata di Franco molto presto,
elegantemente. L'Europa risolve tutti i suoi
problemi con facilità. Però non sono sicuro che
risolverà facilmente questo problema. Qui nei
Balcani ha causato una guerra che durerà a
lungo.
Ma per continuare con la seconda domanda,
l'Europa naturalmente sa molto. A Zagabria ero
abbonato a una rivista sulla natura, seguivo una
scienza che non era proprio di mia competenza.
Mi interessavo allora concretamente di altre
cose. Ho notato però un dettaglio: per un
centinaio d'anni, i Tedeschi hanno esplorato
tutte le nostre montagne, la flora, la fauna.
Disegnavano le carte topografiche che noi non
avevamo. Le studiavano attentamente, e perciò
anche in questo sapevano più di noi stessi. Se
già allora sapevano della nostra Patria anche
più di noi, se oggi conoscono la composizione
dei nostri minerali, le materie prime, le
piante, gli animali, allora conoscono anche gli
uomini. In ogni caso, ho citato questo solo per
far capire che senz'altro sono informati di ciò
che sta succedendo qui. Un'altra cosa è quali
sono i loro interessi e cosa vogliono. Su questo
possiamo fare delle supposizioni, tenendo
presente il loro interesse generale. Ed io penso
che, se da una parte ciò porta loro dei
vantaggi, dall'altra
comporta anche dei danni. Se questi danni si
potranno notare subito o tra qualche tempo, lo
vedremo. Neanche questa guerra conviene più,
perché qualcosa sta cambiando in Europa. Non
penso che questa guerra possa in qualche modo
allargarsi, danneggiando l'Europa militarmente,
ma la disturba per vari motivi: civili,
tecnologici... Non possono viaggiare liberamente
in Medio Oriente come facevano prima.
Molto hanno avuto in ritorno con la produzione e
la vendita d'armi. In questo senso hanno
guadagnato. Non guadagneranno in nessun altro
modo, almeno per un periodo... Molti hanno perso
la simpatia in questi territori, la stima... Per
esempio, la società nella quale ora vivo aveva
da una decina d'anni una certa inclinazione e
simpatie filoamericane. Ora questo atteggiamento
l'hanno perso, e non credo che in un futuro
prossimo lo riconquisteranno. Per quanto
riguarda l'umore verso i tedeschi, essi erano
malvisti da sempre (o quasi) nei Balcani,
"grazie" anche ai loro interessi. Trovo molto
stupido ciò che stanno facendo ora. Guardando a
lungo termine, non so se gli conviene.
D. Forse una domanda superflua. Cosa pensa
dell'ultimo grave episodio riguardo i profughi
serbi espulsi dalla Krajina, fatti oggetto di
lancio di pietre, di insulti, di
maltrattamenti da parte della popolazione
croata...?
R. La cosa non mi ha stupito. Di recente ho
girato un film-documentario sul campo di
sterminio di Jasenovac. Uno dei superstiti
descrive ciò che accadeva nel lager: quando
prelevarono un gruppo di prigionieri serbi per
trasferirli ad Osijek, a lavorare nei campi,
anche in quella occasione essi furono oggetto di
lancio di pietre. Perciò quanto è accaduto
giorni fa non è niente di nuovo. Quella stessa
"coscienza" nazifascista è ancora viva.
D. Parlando di film, ha visto l'ultima opera
di Kusturica "Underground"? Trova in questo
film una convinzione, un messaggio
politico...?
R. Io non guardo i film come espressione di un
pensiero politico, perché se dobbiamo giudicare
così le opere artistiche, siano essi film,
musica, letteratura, o qualunque altra cosa, il
balletto... alla fine della storia noi staremo
sicuramente vagando, perché l'arte e la politica
non usano lo stesso linguaggio. Sono due cose
diverse che qui e là si avvicinano, si
intrecciano, non so... si ospitano a vicenda. E
così come ritengo che la politica non abbia
nulla da cercare nell'arte, ritengo che l'arte
non abbia competenza nel campo della politica...
D. Qualcuno però considera questo film,
almeno per ciò che riguarda la seconda parte,
come un pugno allo stomaco della propria
Patria.
R. Posso dire solo una cosa: "leggere" un'opera
d'arte in questo senso non porta ad una
conclusione intelligente. Può portare solo a
certe conclusioni che ognuno grida in modo
diverso. Non accetto assolutamente un criterio
così definito. Ritengo che non sia opportuno,
che non conduca a nulla, solo a degli errori. Il
cinema ha i suoi criteri, le sue leggi. Possiamo
"processare" qualunque film, prendiamo per
esempio Rubljov. Cosa significa questo film
politicamente? Niente? Invece, secondo me, è uno
dei migliori film mai girati. Non entrerei in
questo genere di discussione, non lo trovo
utile... ti aiuta solo a perderti.
Per tornare al problema dell'Europa e tutto
quello che sta succedendo ora, penso che
l'artefice principale di questi ultimi eventi,
parlando di persone singole, sia l'odierno Papa
Wojtyla, e dopo di lui il mondo al quale
appartiene...
D. Anche in Occidente si ritiene che sia lui
uno dei primi responsabili...
R. Sì, lui e il gruppo intorno a lui, Lakovski,
Walesa, Caslav Milos, Adam Misnik, e uno dei più
importanti, Zbignjev Berzinski, ed altri. Si
sono trovati nel cuore della tempesta, per così
dire. L'anello polacco era il più debole del
blocco orientale, e naturalmente l'Occidente ha
giocato su questo anello della catena. E ci è
riuscito.
Questo richiederebbe un'approfondita analisi, e
invece il mondo ne parla poco. Ritengo che
un'analisi corretta del fenomeno polacco possa
dare risposte intelligenti su quanto è avvenuto
in Europa negli ultimi 15 anni, anche per ciò
che rigurda la stessa Polonia, come ad esempio
l'ultima vittoria politica di una fragile
sinistra, quando lo stesso popolo cattolico
polacco ha visto che la caduta del precedente
regime non aveva portato nessuna fortuna, né
benessere. Dato che ho citato Wojtyla, dirò che
egli non agiva solo su scala nazionale ridotta,
ma su una vasta scala mondiale. Lui ha portato
dalla sua parte due cose importanti, ma ha
commesso anche due grandi errori. La storia, un
giorno, dimostrerà se dal suo "lavoro" ha
ricavato più danno che guadagno. Le due grandi
cose sono: la distruzione del blocco socialista,
e lo ha fatto in modo totale; poi, per 15-16
volte ha viaggiato in America Latina, per
soffocare l'agitazione sociale, il movimento di
liberazione, quel cattolicesimo di sinistra che
era innanzitutto contro la dominazione
americana. Wojtyla è riuscito a contenerlo. E
qui ha fatto un gioco demagogico, come
d'altronde ha sempre fatto. E' riuscito a
sconfiggere anche caricature di regimi, come
quello di Pinochet: lo ha lasciato al comando
dell'esercito, ma lo ha tolto dalla carica di
capo di stato, salvando così una facciata di
dogmatica democrazia, perché non si poteva
nascondere il fatto che Allende era stato
democraticamente eletto e che veniva soffocato
dal golpe militare. E per 14 anni non ci sono
state sanzioni politiche, non c'è stato nulla di
tutto quello che stanno facendo oggi. Per
nascondere ciò, loro si sono sbarazzati di
questa dittatura, ma nello stesso tempo hanno
incaricato il Papa di portare avanti un'opera di
pacificazione, e lui l'ha fatto bene, insieme al
Vaticano - non so come definire il mondo a cui
appartiene - la Santa Sede. Non sarò più
preciso, non voglio dare una definizione: forse
il Papa appartiene a un movimento planetario col
quale agita il mondo, e lui è il protagonista di
questo grande gioco.
I due grandi errori, di cui non si conosce
ancora la negatività, sono: primo, ha
sottovalutato l'Islam. Il Papa ha svolto il suo
ruolo non tenendo conto dell'Islam, non solo
come religione, ma come filosofia politica in
espansione, che ha dietro di sé oltre un
miliardo di persone, e che ha dimostrato negli
ultimi 15 anni una determinata tendenza che il
mondo occidentale dovrà affrontare. Credo che il
prossimo Papa - perché questo non durerà ancora
a lungo - avrà molta competenza in materia di
Islam. Wojtyla era un esperto di comunismo,
secondo il loro criterio. Ma neanche il prossimo
Papa riuscirà a fare molto per l'Europa.
D. Forse il cardinale Puljic...?
R. Sì, potrebbe, perché questa guerra
nell'ex-Bosnia Erzegovina dimostra una pessima
convivenza tra croati cattolici e musulmani. La
comunità croata in Bosnia Erzegovina era
composta di circa 700.000 persone. La maggior
parte di essi sono sparsi. Altri 200.000 sono
rimasti in Erzegovina. Nel resto della Bosnia,
la Croazia controlla solo Kiseljak, e può
succedere che perda anche quella. Dunque il
prossimo Papa dovrà conoscere l'Islam.
Il secondo errore di Wojtyla è che ha portato la
religione ortodossa a diventare qualcosa di
vivo, di attivo. Prima di questa nostra
tragedia, la chiesa ortodossa serba ha sempre
avuto un carattere benigno, passivo, non
aggressivo, esisteva e basta. Viveva in un suo
piccolo mondo chiuso e non nutriva ambizioni
terrene, né aveva la forza per diventare un
fattore importante. Mi pare che Zinovjev abbia
detto: "Miravamo al comunismo ed abbiamo colpito
la Russia". Wojtyla mirava al comunismo e ha
colpito l'ortodossia. Lo ha dimostrato adesso,
il suo approccio ecumenico non è fatto così,
tanto per fare. Ha capito che è stato un grande
errore, perché lui non sarà messo in cattiva
luce solo oggi, ma anche in futuro, e ciò
bloccherà la sua espansione nell'Est.
Quando tireranno il bilancio sul suo mandato,
tra cose positive e cose negative, sicuramente
avranno un saldo negativo, perché così sarà
giudicato dal loro punto di vista. Figuriamoci
dal nostro.
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