I cani della
guerra stanno annusando qua e
là, per ottenere maggiore spargimento di
sangue. Gli USA
portarono all’escalation il conflitto in
Kosovo, al fine di “dover
intervenire”, ed è ciò che potrebbe accadere
oggi con la
Libia.
Somiglianze
inquietanti
tra la “guerra umanitaria” per il Kosovo e
l’attuale situazione libica:
martellante campagna di menzogne mediatiche,
demonizzazione del leader,
ricorso al Tribunale Penale Internazionale,
strumentalizzazione dei
profughi, rifiuto dei negoziati...
Meno di 12 anni dopo che la NATO ha bombardato
una Jugoslavia a pezzi e
distaccato la provincia del Kosovo dalla
Serbia, ci sono segni che
l’alleanza militare si prepara ad un’altra
piccola vittoriosa “guerra
umanitaria”, questa volta contro la Libia. Le
differenze sono,
ovviamente, enormi. Ma diamo un’occhiata ad
alcune somiglianze
inquietanti.
Un leader
demonizzato
Come “nuovo Hitler”, l’uomo che amate
odiare e avete
necessità di distruggere, Slobodan Milosevic,
era un neofita nel
1999 rispetto a Muammar Gheddafi oggi. I media
ebbero meno di un
decennio per trasformare Milosevic in un
mostro, mentre con Gheddafi,
hanno avuto diversi decenni. E Gheddafi è più
esotico,
parla poco l’inglese e compare davanti al
pubblico in abiti che
potrebbero essere stati creati da John
Galliano (recentemente
smascherato come un altro mostro). Questo
aspetto esotico suscita
derisione e disprezzo verso le culture native
su cui l’Occidente ha
ottenuto le sue vittorie, con cui ha
colonizzato l’Africa, con cui il
Palazzo d’Estate a Pechino è stato devastato
dai soldati
occidentali, che combattevano per rendere il
mondo sicuro per la
dipendenza da oppio.
Il coro del
“dobbiamo fare
qualcosa”
Come con il Kosovo, la crisi in Libia è
vista
dai falchi come un’opportunità per affermare
la propria potenza.
L’ineffabile John Yoo, il consulente legale
che ha allenato
l’amministrazione Bush II sui benefici della
tortura dei prigionieri,
ha usato il Wall Street Journal per
consigliare l’amministrazione Obama
ad ignorare la Carta dell’ONU e a saltare
nella mischia libica.
“Mettendo da parte le regole arcaiche delle
Nazioni Unite, gli Stati
Uniti possono salvare vite umane, migliorare
il benessere generale e al
tempo stesso servire i propri interessi
nazionali”, ha dichiarato J.
Yoo. E un altro teorico dell’imperialismo
umanitario, Geoffrey
Robertson, ha detto a The Independent che,
nonostante le apparenze,
violare il diritto internazionale è legale.
Lo spettro
dei “crimini
contro l’umanità” e del “genocidio” è
invocato per
giustificare la guerra.
Come con il Kosovo, un conflitto interno tra
governo e ribelli armati
è presentato come una “crisi umanitaria” in
cui solo una parte,
il governo, viene considerata “criminale”.
Questa criminalizzazione a
priori è espressa, facendo appello a un organo
giudiziario
internazionale per indagare su presunti
crimini che avrebbe commesso o
starebbe sul punto di commettere. Nel suo
editoriale, Geoffrey
Robertson chiarisce cristallinamente come il
Tribunale penale
internazionale sia utilizzata per preparare il
terreno a un possibile
intervento militare. Ha spiegato come il TPI
possa essere utilizzata
dall’Occidente per aggirare il rischio di un
veto da parte del
Consiglio di Sicurezza sull’azione militare.
“Nel caso della Libia, il
Consiglio ha almeno un precedente importante,
approvando
all’unanimità un riferimento al Tribunale
penale internazionale.
[...] Allora, che cosa succede se gli accusati
libici non-arrestati
aggravano i loro crimini – ad esempio con
l’impiccagione o la
fucilazione a sangue freddo di loro avversari,
potenziali testimoni,
civili, giornalisti e prigionieri di guerra?”
[Notare che finora non ci
sono “imputati” né vi è evidenza alcuna di
“crimini" che
questi supposti imputati potrebbero
"aggravare" in diversi modi
immaginari. Ma Robertson è desideroso di
trovare un modo
affinché la NATO "accetti la sfida", se il
Consiglio di
Sicurezza decidesse di non fare nulla]. “Le
imperfezioni del Consiglio
di sicurezza richiedono il riconoscimento ad
una alleanza come la NATO
di un diritto limitato, senza mandato, ad
usare la forza per prevenire
la commissione di crimini contro l’umanità.
Tale diritto sorge
quando il Consiglio ha individuato una
situazione come minaccia alla
pace nel mondo (e quindi individua la Libia,
deferendola,
all’unanimità, al procuratore del Tribunale
penale
internazionale)”.
Quindi, deferire un paese davanti a un
procuratore del TPI può
essere un pretesto per fare la guerra contro
questo paese! Per inciso,
la giurisdizione del Tribunale penale
internazionale è destinata
ad applicarsi a stati che hanno ratificato il
trattato che la
istituisce, il che, a mio avviso, non è il
caso della Libia – o
degli Stati Uniti Stati. Una grande
differenza, tuttavia, è che
gli Stati Uniti sono stati in grado di
convincere, intimidire o
corrompere molti degli Stati firmatari ad
accettare degli accordi nei
quali mai, in nessuna circostanza, si
deferiscono per un qualsiasi
reato degli statunitensi davanti al Tribunale
penale internazionale.
È un privilegio negato a Gheddafi.
Robertson, membro del consiglio di giustizia
delle Nazioni Unite,
conclude che: «il dovere di fermare un
massacro di innocenti,
come meglio possiamo fare, se chiedono il
nostro aiuto, ha
“cristallizzato” il fatto che per la NATO
utilizzare la forza non
è solo “legittimo”, ma “legale”».
L’idiozia
della sinistra
Dodici anni fa, la maggior parte della
sinistra
europea ha sostenuto “la guerra in Kosovo”,
che ha messo la NATO sulla
strada senza fine che segue ancora oggi in
Afghanistan. Non avendo
imparato nulla, molti sembrano pronti a
ripetersi. Una coalizione di
partiti che si autodefinisce Sinistra europea,
ha pubblicato una
dichiarazione che “condanna fermamente la
repressione perpetrata dal
regime criminale del colonnello Gheddafi” e
invitano la UE a condannare
“l’uso della forza e ad agire rapidamente per
proteggere coloro che
dimostrano pacificamente e combattono per la
loro libertà”.
Nella misura in cui l’opposizione a Gheddafi
non è esattamente
una “protesta pacifica”, ma ha in parte preso
le armi, ciò
significa condannare l’uso della forza da
parte di alcuni e non di
altri – ma è improbabile che i politici che
hanno redatto questa
dichiarazione si rendano conto di ciò che
dicono.
I paraocchi della sinistra sono illustrati
dalla dichiarazione di un
documento trotskista secondo cui: “Di tutti i
crimini di Gheddafi,
senza dubbio il più grave e meno conosciuto è
la sua
complicità nella politica migratoria della
UE...”. Per l’estrema
sinistra, il più grande peccato di Gheddafi è
quello di
cooperare con l’Occidente, e anche l’Occidente
deve essere condannato
per aver cooperato con Gheddafi. Questa è una
sinistra che
finisce nella pura confusione; è come fare il
tifo per la guerra.
I rifugiati
La massa di profughi in fuga dal
Kosovo, quando la
NATO ha iniziato la sua campagna di
bombardamenti, è stata
utilizzata per giustificare i bombardamenti,
senza un’indagine
indipendente sulle diverse cause di questo
esodo temporaneo – una delle
cause principali fu probabilmente il
bombardamento stesso. Oggi, dai
report dei media sul numero di profughi che
lasciano la Libia da quando
sono iniziate le agitazioni, il pubblico
potrebbe avere l'impressione
che essi stiano fuggendo dalla persecuzione di
Gheddafi. Come spesso
accade, i media si concentrano solo
sull’immagine superficiale, senza
cercare una spiegazione. Un po’ di riflessione
può colmare il
vuoto informativo. È molto improbabile che
Gheddafi abbia
respinto i lavoratori stranieri che il suo
governo ha fatto giungere in
Libia per lavorare ai grandi progetti
infrastrutturali. Invece,
è chiaro che alcuni dei ribelli ‘democratici’
hanno attaccato i
lavoratori stranieri per pura xenofobia.
L’apertura di Gheddafi agli
africani neri in particolare, ha sconvolto un
certo numero di Arabi. Ma
non bisogna dire troppo su ciò, poiché ora
sono i nostri
"bravi ragazzi". È un po’ il modo in cui le
aggressioni albanesi
ai Rom in Kosovo, furono trascurate o
giustificate dagli occupanti
della NATO, con la motivazione che “i Rom
avevano collaborato con i
serbi”.
Osama bin
Laden
Un’altra somiglianza tra l’ex
Jugoslavia e la Libia,
è che gli Stati Uniti (e i loro alleati della
NATO) si ritrovano
dalla stessa parte del loro vecchio amico dai
tempi dei Mujahidin
afghani, Osama bin Laden. Osama bin Laden è
stato un discreto
alleato del partito islamista di Alija
Izetbegovic, durante la guerra
civile in Bosnia, un fatto che è stato
completamente trascurato
dalle potenze della NATO. Naturalmente, i
media occidentali hanno in
gran parte respinto come il delirio di un
pazzo la tesi corrente di
Gheddafi, secondo cui egli sta combattendo
contro bin Laden. Tuttavia,
la lotta tra Gheddafi e bin Laden è molto
reale ed è
precedente agli attacchi dell’11 settembre
2001 alle Torri Gemelle e al
Pentagono.
In effetti, Gheddafi è stato il primo a
cercare di segnalare
all’Interpol bin Laden, ma non ha ottenuto la
collaborazione da parte
degli Stati Uniti. Nel novembre 2007,
l'agenzia di stampa francese AFP
ha riferito che i leader del “Gruppo islamico
combattente” in Libia
avevano annunciato che aderivano ad al-Qaeda.
Come i mujahidin che
hanno combattuto in Bosnia, il gruppo
islamista libico è stato
creato nel 1995 da veterani della lotta -
sponsorizzata dagli USA -
contro i sovietici in Afghanistan, negli anni
‘80. Il loro obiettivo
dichiarato era quello di rovesciare Gheddafi e
di creare uno stato
islamico radicale. La base dell’Islam radicale
è sempre stata la
parte orientale della Libia, dove è scoppiata
la rivolta in
corso. Poiché questa ribellione non ha niente
delle
manifestazioni di massa pacifiche che hanno
rovesciato i dittatori in
Tunisia ed Egitto, ma ha visibilmente una
componente di militanti
armati, si può ragionevolmente presumere che
gli islamisti
stiano prendendo parte alla ribellione.
Il rifiuto
dei negoziati
Nel 1999, gli Stati Uniti erano
disposti ad
utilizzare la crisi in Kosovo per dare al
nuovo ruolo “fuori area”
della NATO il battesimo del fuoco. La farsa
dei colloqui di pace di
Rambouillet fu affondata dal segretario di
Stato USA Madeleine
Albright, che mise da parte i dirigenti
albanesi del Kosovo più
moderati a favore di Hashim Thaci, il giovane
leader dell’”Esercito di
Liberazione Kosovo” [UCK], una rete
notoriamente legata ad
attività criminali. C’era un po’ di tutto tra
i ribelli albanesi
del Kosovo, ma come spesso accade, gli Stati
Uniti arrivarono e
scelsero il peggio.
In Libia, la situazione potrebbe essere
peggiore.
La mia impressione, anche in seguito alla mia
visita a Tripoli quattro
anni fa, è che nella ribellione attuale vi sia
una ben maggiore
varietà di componenti, con gravi potenziali
contraddizioni
interne. A differenza dell’Egitto, la Libia
non è uno stato
molto popoloso, con migliaia di anni di storia
alle spalle, un forte
senso dell’identità nazionale e una cultura
politica
consolidata. Mezzo secolo fa, era uno dei
paesi più poveri del
mondo, e non è ancora completamente uscita
dalla struttura
clanica. Gheddafi, con i suoi modi di fare
eccentrici, è stato
un fattore di modernizzazione, utilizzando i
proventi del petrolio per
elevare il tenore di vita a un livello tra i
più alti del
continente africano. L’opposizione viene,
paradossalmente, sia da
tradizionalisti islamici reazionari da un
lato, che lo considerano un
eretico per le sue vedute relativamente
progressiste, sia, dall’altro,
dai beneficiari della modernizzazione
occidentalizzati, che sono
ostacolati dall’immagine di Gheddafi e
desiderano ancora più
modernizzazione. E ci sono altre tensioni che
possono portare alla
guerra civile e, addirittura, alla frattura
del paese lungo linee
geografiche.
Fino ad ora, i cani della guerra stanno
annusando qua e là, per
ottenere maggiore spargimento di sangue di
quello che si è
attualmente verificato. Gli Stati Uniti hanno
portato all’escalation il
conflitto in Kosovo, al fine di “dover
intervenire”, ed è
ciò che potrebbe accadere oggi con la Libia,
dove è ancor
più grande l’ignoranza dell’Occidente su ciò
che essi
starebbero facendo.
La proposta di Chavez di una mediazione
neutrale per evitare il
disastro, è la via della saggezza. Ma in
NATOland la nozione
stessa di risoluzione dei problemi attraverso
la mediazione pacifica,
piuttosto che con la forza, sembra essersi
volatilizzata.
8 marzo 2011
* Tratto dal sito
http://www.globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=23590
** Diana Johnstone è autrice del libro Fools
Crusade:
Yugoslavia, NATO and Western Delusions,
Monthly Review Press; 2003.
Diana
Johnstone
è l’autrice di
“Fools'
Crusade: Jugoslavia, Nato, and Western
Delusions – La
Crociata degli Inganni: Jugoslavia, Nato e
Allucinazioni Occidentali”
pubblicato da Monthly Review Press.