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I meccanismi della comunicazione di massa che
accompagnano la nuova
guerra di aggressione cui partecipa il nostro
paese - quella contro la
Libia - ricalcano pedissequamente quelli già
attivati nel corso
di altre aggressioni degli ultimi anni - Iraq,
Jugoslavia, Afghanistan.
Nel caso libico dobbiamo però, in aggiunta,
prendere atto che
certi settori democratici, quelli del frequente
richiamo alla "difesa
della Costituzione", si comportano come se non
avessero imparato
assolutamente *niente* dalle guerre precedenti.
Ci è capitato ad
esempio di essere avvicinati da un cronista di
una emittente del
circuito di Radio Popolare, il quale ci ha
allungato il microfono
chiedendo: "Allora in che altro modo si doveva
intervenire?"
(intendendo al posto della guerra di
aggressione, per "spezzare le
reni" al dittatore di turno). Abbiamo replicato
che la domanda era
posta male ed era rivelatrice di come venti anni
di guerre imperialiste
costruite sulla disinformazione strategica non
abbiano insegnato niente
nemmeno ai giornalisti "di sinistra".
Il caso di Rossana Rossanda è da questo punto di
vista il
più emblematico ed il più scandaloso, anche
perché
era stato raccontato che Rossanda aveva fatto
ammenda per avere
sostenuto i bombardamenti della NATO contro la
Repubblica Serba di
Bosnia nel 1995. Pure il "circuito" di Michele
Santoro dimostra di
avere subito una pesante involuzione per quanto
riguarda questi temi.
Su AnnoZero del 5 maggio 2011, il leader della
opposizione Bersani ha
rivendicato la giustezza dei bombardamenti
presenti e passati, con
esplicito riferimento ai bombardamenti sulla
Jugoslavia comandati dal
suo compagno di partito D'Alema nel 1999, senza
alcun contraddittorio.
A spiegare non solo questa degenerazione della
"opinione pubblica" di
sinistra in Italia, ma il più generale declino
delle
attività del movimento contro la guerra (1), si
potrebbero
portare alcune motivazioni specifiche. Un dato
di fatto è la
strumentalizzazione delle questioni libiche per
finalità di
politica interna, che dura da quasi tre anni. Ad
avviso di chi scrive,
se c'è una sola cosa buona che ha fatto il
governo Berlusconi
ebbene questa è stata la chiusura del
contenzioso di epoca
coloniale con la Libia in modo onorevole per
quest'ultima, attraverso
il Trattato di Amicizia (2); eppure, gli accordi
- poi traditi - tra
Roma e Tripoli sono stati fatti oggetto di
veementi contestazioni da
settori ben più preoccupati per la sorte dei
migranti nei centri
di accoglienza in Libia, che non per la sorte
degli stessi nei CIE,
nelle carceri, nelle periferie, nei cantieri o
nei campi di pomodori in
Italia. Quelle veementi contestazioni hanno
sempre eluso tanto
l'analisi del contesto internazionale, che
vedeva la Libia alla guida
di un movimento di emancipazione politica ed
economica dell'Africa
(Unione Panafricana: non è che per caso la
aggressione militare
c'entra qualcosa con questo?) quanto la memoria
dei crimini pregressi
dell'Italia su quei territori.
Una seria analisi delle cause della aggressione
alla Libia dovrebbe
certo considerare il quadro geopolitico più
complessivo e ci
porterebbe molto lontano, ben più lontano dei
confini del nostro
imperialismo straccione. Chiudiamo invece qui
questa doverosa premessa,
per passare al tema principale che ci siamo
prefissati, e cioè
alla questione del Kosovo.
***
Lo abbiamo detto e scritto in più occasioni, e
dobbiamo tornare
a ripeterlo: paradigmatico degli "interventi
umanitari"
post-Ottantanove è proprio il caso jugoslavo. E,
nell'ambito
della complessa vicenda jugoslava, per ferocia e
sprezzo di ogni
legalità vanno rammentati quei bombardamenti del
1999,
finalizzati a imporre un "regime change" a
Belgrado, a spaccare la
Federazione jugoslava (allora composta da Serbia
e Montenegro)
cancellando ogni residuo riferimento alla
"Jugoslavia" dalle mappe
geografiche e da ogni altro consesso formale
(persino da internet,
hanno voluto abolire il dominio ".yu"), e
miranti a strappare alla
Serbia la regione cui essa più teneva per
ragioni
storico-culturali ed economico-strategiche: il
Kosovo.
Mentre scriviamo cade il dodicesimo anniversario
dalla conclusione di
quei bombardamenti (7 giugno 1999), e siamo
prossimi al ventesimo
anniversario dall'inizio della crisi jugoslava
più generale (25
giugno 1991: secessioni di Slovenia e Croazia).
Il Kosovo dal giugno 1999 – con l'occupazione
totale del territorio da
parte degli eserciti stranieri – e ancora oggi,
nonostante la
dichiarazione di "indipendenza" (3), è a tutti
gli effetti un
protettorato coloniale. Il suo "status" è
controverso al punto
che la sua "indipendenza" finora è stata
riconosciuta solamente
da 75 dei 192 Stati che compongono le Nazioni
Unite. "Arbitrio al posto
del diritto internazionale" è l'eloquente titolo
di una analisi
del Centro di informazioni sulla
militarizzazione (IMI), con sede a
Tubinga, dedicata allo scandalo dei
riconoscimenti internazionali e
della omertà garantita dalla Corte di Giustizia
dell'ONU (Wagner
2011).
La forzata ridefinizione dei confini interni
balcanici è stata
conseguita anche attraverso l'instaurazione di
un regime di apartheid e
terrore all'interno del Kosovo, che ha
comportato la fuga di centinaia
di migliaia di abitanti di etnia non-albanese o
albanesi progressisti e
anti-secessionisti (4), la distruzione o
l'espropriazione dei loro beni
oltreché di tutte le strutture, le
infrastrutture e persino dei
luoghi di culto e di quello straordinario
patrimonio artistico che
rimandava ad identità storico-culturali diverse
da quella
islamica. (5)
***
Tra i paesi che non hanno riconosciuto il Kosovo
come Stato
indipendente ce ne sono alcuni aderenti alla UE:
Spagna, Grecia,
Romania, Slovacchia e Cipro si sono... avvalse
della facoltà
concessa dal balordo ministro degli Esteri
francese Bernard Kouchner :
tra i paesi della UE « ognuno è libero di fare
la scelta
che vuole circa il riconoscimento dello Stato
del Kosovo » (sic).
Alla faccia di una politica estera comune
europea!
La non ricomponibile differenziazione tra i
paesi europei a proposito
del Kosovo ha svelato dunque agli osservatori
più attenti
già in quella occasione (2008) il sostanziale
fallimento dei
progetti di unificazione politica europea. Tale
fallimento appare oggi
conclamato: persino Romano Prodi, l'europeista
per antonomasia, che
ancora nel febbraio scorso lamentava
l'impossibilità di
concordare regole comuni e condivise in sede UE
a causa della tendenza
franco-tedesca a prevaricare imponendo di fatto
un modello di "Europa
germanica" (6), in una importante intervista a
Bianca Berlinguer agli
inizi della crisi libica ha intonato un
esplicito requiem funebre:
« Io, guardi, non ci penso neanche più, nella
politica
estera, ad azioni comuni dell'Europa! » (7).
Nessuno potrebbe dargli torto, visto che
l'azione unilaterale di parte
francese contro la Libia ha spaccato persino
quell'asse franco-tedesco
di cui sopra.
Quello che però forse sfugge, non solo a Prodi,
è che le
basi di quella politica estera comune europea
che è oggi
completamente naufragata erano state poste a
Maastricht il 17 dicembre
1991 sacrificando cinicamente l'unità jugoslava
e con essa la
pace e l'amicizia fra popoli che abitano nel
cuore del continente. In
quella sede infatti, compiacendo il cancelliere
tedesco Helmut Kohl, si
decise di sancire lo squartamento della
Jugoslavia come prezzo da
pagare proprio per l'unificazione europea (8).
E' un dato di fatto che
oggi sono sfumate sia l'unità jugoslava, sia
l'unità
europea. Sono passati venti anni: anche in
questo caso, siamo prossimi
ad un anniversario molto importante.
***
Lo status coloniale del Kosovo è soprattutto
evidente dal punto
di vista economico. Dopo i bombardamenti del
1999, nella regione serba
sotto occupazione da parte delle truppe
internazionali si è
aperta la grande partita della alienazione del
patrimonio pubblico (o
in incipiente privatizzazione) incluse le
importantissime ricchezze del
sottosuolo.
Già nel 2000 F. Marenco scriveva: « Alle truppe
francesi
è stato affidato il settore settentrionale,
specializzato nella
metallurgia non-ferrosa; la zona centrale della
provincia, nella quale
sono ubicate numerose centrali elettriche ed
installazioni petrolifere,
è invece stata affidata agli inglesi. (...) I
Tedeschi, i quali
hanno occupato il distretto meridionale in
compagnia di Russi e
Canadesi, hanno invece potuto prendere possesso
della Balkanbelt,
industria della gomma con una tradizione di
collaborazione con la
Deutsche Kontinental e fortemente indebitata nei
confronti dei
tedeschi. Quanto agli Italiani, essi hanno
prontamente piantato la loro
bandiera nel distretto occidentale di Pe?, al
confine con l'Albania,
prendendo sede nei locali della Zastava-Iveco,
ditta che produce parti
di camion e che è stata al centro di un progetto
pluriennale di
cooperazione internazionale » con la Fiat (9). «
Le accuse
che sono state fatte ai nuovi colonizzatori sono
molteplici. Si parla
per esempio della chiusura forzata di alcuni
stabilimenti industriali,
passati direttamente sotto il controllo dei
militari, nell'ambito della
competizione fra Francia e Inghilterra per il
controllo della
società mineraria Trepca (piombo, zinco, cadmio,
oro e argento):
uno dei principali volani dell'economia
jugoslava, considerato dal New
York Times "il più prezioso bene immobile dei
Balcani". Nel
novembre 1999, in un impianto produttivo della
Trepca di Kosovska
Mitrovica il generale francese Ponset si è
autosostituito al
direttore, cacciandone via gli operai serbi,
sostituendoli con albanesi
(...) Nell'agosto del 2000, con il pretesto di
preservare
l'inquinamento atmosferico il capo della
missione dell'Onu Kouchner,
francese, ha ordinato ai soldati dell'Alleanza
di evacuare l'industria
della Trepca. (...) Nel distretto di Pristina,
invece, il 14 luglio
1999 le truppe inglesi hanno fatto irruzione
nella miniera "Kisnica",
sempre facente capo alla Trepca, sostituendone
il direttore con uno di
loro scelta e rimandando a casa 400 dipendenti »
(Marenco 2000).
Come in Serbia e in gran parte dei territori
jugoslavi smembrati
nonché degli altri paesi ex-socialisti "in
transizione", anche
in Kosovo è stata creata una agenzia, la KTA
(10), che ha
lavorato in strettissima collaborazione con le
autorità
coloniali (UNMIK). Ma ancora oggi, dopo la fine
delle attività
della KTA, la situazione è instabile e la
"liberalizzazione"
dell'economia è fallimentare. Secondo la stampa
locale (11)
« nove anni di privatizzazioni orchestrate
dall'UNMIK » e
dalla KTA hanno prodotto solamente « una
popolazione impoverita,
servizi pubblici che colano a picco e
infrastrutture inoperanti
». I giornali sintetizzano così il severissimo
rapporto
dell'Istituto Norvegese per le Relazioni
Internazionali (14/9/2010),
che ricorda come 70mila persone abbiano perso il
lavoro a causa della
chiusura forzata delle più grandi aziende
statali e autogestite.
Il momento clou di questa devastazione è stato
proprio negli
anni di reggenza di Bernard Kouchner,
particolarmente zelante
nell'ordinare il sequestro dei beni collettivi
jugoslavi – e quindi
anche la paralisi delle aziende - in vista della
loro privatizzazione.
Gli "internazionali" (soprattutto gli USA) hanno
persistito « a
voler praticare una privatizzazione rapida e
totale » e la
ossessiva « liberazione dal fardello dello Stato
dichiarando che
questo era il solo modo per garantire la
sopravvivenza a lungo termine
di un Kosovo indipendente ».
Tutti gli osservatori lamentano anche numerose
irregolarità
nelle procedure con cui i privati saccheggiano
le risorse del Kosovo: e
non c'è da sorprendersene, poichè è cosa nota
(12)
che la classe dirigente assurta al potere nella
provincia non è
solamente quella del terrorismo di matrice
razzista dell'UCK, ma
è anche quella mafiosa dei traffici di droga,
armi ed esseri
umani. Oltre alle malversazioni, comunque,
bisogna considerare le
condizioni della società kosovara,
oggettivamente incompatibili
con una vita economica "regolare", di qualunque
segno essa sia. Il
territorio è sotto massiccio controllo militare
e sempre a
rischio di esplosioni di violenza, e già questo
scoraggerebbe
qualsiasi investitore serio; inoltre, l'assetto
proprietario dei beni
immobili e delle aziende è suscettibile di
contestazioni e
revisioni, soprattutto da parte di quei soggetti
pubblici e privati
serbi che sono stati espropriati in maniera
illegale e violenta negli
ultimi dieci anni. Nel rapporto norvegese si
evidenzia come gli
espropri siano stati condotti senza concludere
alcun regolare iter di
messa in liquidazione (che comporterebbe un
pagamento ai precedenti
proprietari), di solito dichiarando solo
"fallimento" manu militari.
Dobbiamo poi ricordare che la distruzione della
documentazione
catastale e anagrafica a partire da giugno 1999
è stata una
delle brutali consuetudini nel corso delle
manifestazioni
secessioniste-irredentiste, assieme al
saccheggio e all'incendio di
moltissimi edifici e strutture pubbliche e
private.
***
Il 2 giugno scorso, il presidente serbo Tadic
non ha partecipato alla
parata che cadeva nel 150.mo dell'Unità d'Italia
perchè
alla cerimonia era stata invitata, ed era
presente, anche la cosiddetta
presidentessa della cosiddetta Repubblica del
Kosovo, Atifet Jahjaga.
La elezione della Jahjaga è l'esito di un
percorso rocambolesco
che illustra bene i conflitti politici interni
alla leadership
nazionalista-panalbanese e la crisi
istituzionale apertasi lo scorso
anno nell'entità kosovara, a seguito di svariati
arresti tra cui
quello del "governatore" della "banca centrale"
Hashim Rexhepi (per
corruzione) e le dimissioni del "presidente"
Fatmir Sejdiu (per
asserita incompatibilità con responsabilità di
partito).
Le "elezioni politiche", conclusesi il 22
febbraio 2011 dopo alcune
ripetizioni, sono state segnate da pesanti
irregolarità. Il
"parlamento" così insediato ha dapprima eletto a
nuovo
"presidente" - solo al terzo tentativo e con un
margine risicato - il
magnate Behgjet Pacolli dell'AKR (Alleanza per
un Nuovo Kosovo),
dopodiché ha votato la fiducia ad un "governo"
nuovamente
guidato dal criminale di guerra Hashim Thaci,
del PDK (Partito
Democratico del Kosovo, di maggioranza
relativa), con l'appoggio
dell'AKR e di svariati partitini - quelli
falsamente rappresentativi
delle "minoranze etniche" e quello di Uke
Rugova, il figlio del "padre
della patria" Ibrahim, storico promotore della
politica del separatismo
etnico. (13)
Se ci riferiamo ad Hashim Thaci come ad un
criminale di guerra
è, tra le altre cose, per il suo coinvolgimento
nello scandalo
dei "desaparecidos" serbi e della cosiddetta
"casa gialla". La "casa
gialla" è un edificio nella località di Burrell,
in
Albania a poca distanza dal Kosovo, dove vennero
deportati centinaia di
prigionieri che, in una sala operatoria
fatiscente, subirono l'espianto
di organi, utilizzati per finanziare l'UCK. Il
crimine, che vede Thaci
tra i principali responsabili nella "catena di
comando", è stato
tenuto insabbiato finché Carla Del Ponte era
procuratrice al
"tribunale ad hoc" dell'Aia, dopodiché è stata
lei stessa
a volerlo denunciare, forse per risciacquarsi la
coscienza, parlandone
nel suo libro «La caccia» (Del Ponte 2008). Di
qui è
partita una investigazione condotta da Dick
Marty per conto del
Consiglio d'Europa (CoE), sfociata in uno
scottante Rapporto pubblicato
nel dicembre 2010 e in una Risoluzione dello
stesso CoE (gennaio 2011)
che ha richiesto un approfondimento nelle sedi
competenti. Attualmente
ogni azione è impantanata in sede ONU perché gli
Stati
Uniti e i loro alleati si oppongono a che
l'indagine sia proseguita da
un organismo imparziale della stessa ONU. (14)
Torniamo alla geografia politica
kosovaro-albanese. L' "opposizione
parlamentare" è lì rappresentata dai partiti
LDK, AAK
(dell'altro criminale Ramush Haradinaj,
anch'egli ex "premier" da anni
protagonista di un balletto tra dentro e fuori
le carceri dell'Aia) e
dal movimento super-nazionalista Vetevendosje.
E' molto significativo che la polemica politica
in Kosovo si incentri
talvolta su chi è più o meno legato agli
interessi
stranieri: mentre il quotidiano Koha Ditore ha
pubblicato una serie di
foto in cui, sulla base degli sms scambiati tra
Pacolli e
l'ambasciatore Christopher Dell, si evincerebbe
il ruolo decisivo degli
Stati Uniti nella elezione dello stesso Pacolli,
altri rimproverano
piuttosto a questa figura di essere legato alla
mafia russa. (15)
Pacolli si è dovuto infine dimettere a causa dei
brogli
denunciati dalla "Corte costituzionale": a
questo punto ha lui stesso
denunciato che la nuova "presidente" Jahjaga -
dapprima una illustre
sconosciuta, impiegata in polizia come
traduttrice per gli americani -
era stata direttamente indicata
dall'ambasciatore USA. (16) Ogni
aspetto della vicenda kosovara ci riporta,
insomma, alle pesanti e
sfacciate ingerenze dell'imperialismo.
***
Gli accostamenti che si possono fare tra la
aggressione alla Libia e la
aggressione alla Jugoslavia sono molti e
clamorosi; in particolare, la
strumentalizzazione della "fronda" etno-tribale
della Cirenaica
è simile, per molti aspetti, alla alleanza che i
paesi NATO
hanno stretto con l'estremismo pan-albanese in
Kosovo.
La questione è stata affrontata da Diana
Johnstone (16) che ha
messo in evidenza il ripetersi dello stesso tipo
di crimini contro la
pace: « martellante campagna di menzogne
mediatiche,
demonizzazione del leader, ricorso al Tribunale
Penale Internazionale,
strumentalizzazione dei profughi, rifiuto dei
negoziati » ... Nel
caso libico abbiamo visto di nuovo "fosse
comuni" inesistenti,
"ribelli" filo-occidentali razzisti e criminali,
bombe "umanitarie" a
fermare un "genocidio" inventato, oltre alle
ciniche operazioni
"coperte" dei servizi segreti occidentali ed al
vigliacco opportunismo
della classe politica italiana.
A Pristina, lungo la strada che adesso porta il
nome di Bill Clinton,
da due anni svetta una enorme statua dello
stesso Bill Clinton.
A Roma, lungo la via Nomentana, sul cancello
dell'ambasciata libica
presidiata da militari in assetto di guerra
sventola di nuovo, come
mezzo secolo fa, la bandiera della monarchia di
re Idris.
I nuovi bombardamenti che sono oggi in corso
contro la Libia, contro
quello Stato e contro quel popolo, cadono nel
centenario della
colonizzazione italiana di quel paese (1911).
Come nel caso jugoslavo,
anche per la Libia gli anniversari scandiscono
il tempo delle azioni e
delle inazioni, delle bugie e delle rimozioni,
delle
responsabilità individuali e collettive, come
rintocchi di
campane. C'è chi ai rintocchi delle campane si
abitua a tal
punto da non sentirle più, e chi invece non
riesce a non farci
caso e quando rintocca una campana si ferma a
pensare. Noi che non
riusciamo a non sentire le campane quando
suonano, crediamo ormai di
essere in pochi e quasi ci vergogniamo di dire
agli altri: le sentite
anche voi, quelle campane? - perché sappiamo che
è come
richiamare tutti alle proprie responsabilità. E'
così
che, via via, ci isoliamo, diventiamo
solipsistici, ci ritroviamo come
dissidenti in questa società che non è più
regolata secondo i valori ed i principi vergati
sulla Carta
Costituzionale, che non ha più memoria delle
tragedie e dei
crimini per scongiurare il cui ripetersi quella
Carta era stata
scritta. Dissidenti in una società totalitaria,
nella quale
guerre di conquista coloniale possono essere
scatenate a forza di
menzogne, anche contro l'opinione della
maggioranza della popolazione.
---
Fonti e
Bibliografia:
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nomadismo forzato
...di guerra in guerra... Racconti rom dal
Kosovo all'Italia,
Archeoares 2011 (Bejzak 2011)
Andrea Catone, FIAT Serbia. Un caso classico
di imperialismo, su
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Giuseppe Ciulla e Vittorio Romano, Lupi nella
nebbia, Jaca Book 2010
(Ciulla 2010)
Carla Del Ponte e Chuck Sudetic. La caccia. Io
e i criminali di guerra,
Feltrinelli 2008 (Del Ponte 2008
Alessandro Di Meo, L'urlo del Kosovo, ExOrma
2010
Jürgen Elsässer, Menzogne di guerra, La Città
del Sole
2002
Antonio Evangelista, La torre di crani. Kosovo
2000-2004, Editori
Riuniti 2007 (Evangelista 2007)
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Rückkehr des
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Diana Johnstone, Fools' Crusade: Yugoslavia,
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Delusions, Monthly Review Press 2003
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L'Ernesto n.5/2000 (Marenco
2000)
Andrea Martocchia, La rimozione della
Jugoslavia, su L'Ernesto
nn.3-4/2003 -
https://www.cnj.it/documentazione/rimozione.htm
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dell'ombra, Gamberetti 2000
(Provvisionato 2000)
Uberto Tommasi, Mariella Cataldo, Kosovo Buco
nero d'Europa, Achab 2004
(Tommasi 2004)
Jean Toschi Marazzani Visconti, Il corridoio,
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IMI-Studie Nr.
09/2011 (21.4.2011) -
http://www.imi-online.de/2011.php?id=2293
(Wagner
2011)
Luana Zanella (a cura di), L'altra guerra del
Kosovo. Il patrimonio
della cristianità serbo-ortodossa da salvare,
Casadeilibri 2006
(Zanella 2006)
Note:
(1) Non si confondano però le attività
del movimento contro la guerra, né tantomeno
la sua - oggi quasi
inesistente - rappresentanza pubblica, con i
sentimenti prevalenti
nella popolazione, che nonostante la continua
propaganda guerrafondaia
si è mantenuta in ampia maggioranza contraria
alla guerra di
aggressione contro la Libia, come mostrato dai
sondaggi di opinione
(cfr. ad es. "Quando l'antiberlusconismo fa
male a certa sinistra" di
F. Francescaglia, che menziona i significativi
numeri di un sondaggio
di Mannheimer -
http://www.lernesto.it/index.aspx?m=77&f=2&IDArticolo=20803
).
(2) Trattato di amicizia, partenariato e
cooperazione tra la Repubblica
Italiana e la Grande Giamahiria Araba Libica
Popolare Socialista,
firmato a Bengasi il 30 agosto 2008 -
http://it.wikisource.org/wiki/Trattato_Di_Amicizia,_Partenariato_E_Cooperazione_Tra_La_Repubblica_Italiana_E_La_Grande_Giamahiria_Araba_Libica_Popolare_Socialista
.
(3) Sul crimine commesso con il riconoscimento
della statualità
della entità secessionista-razzista del
Kosovo, fortemente
voluto da Massimo D'Alema, si veda il
Comunicato Stampa di CNJ-onlus
del febbraio 2008 "Italia e Balcani: una
perfetta continuità con
le politiche del Fascismo" -
https://www.cnj.it/POLITICA/cnj2008.htm -
ed anche l'inascoltato appello di senatori e
senatrici del dicembre
2007 "L'Italia non legittimi azioni
unilaterali in Kosovo" -
https://www.cnj.it/documentazione/KOSMET/apelsenato.htm
.
(4) Della pulizia etnica compiuta in Kosovo a
partire dal giugno 1999
dai secessionisti pan-albanesi sotto la
supervisione delle truppe
straniere di occupazione è soprattutto
trascurato un aspetto: e
cioè quello della presenza in Italia di
numerose vittime,
appartenenti a molte diverse "etnie" kosovare
e generalmente rifugiati,
in misere condizioni, nei cosiddetti "campi
rom". Su questa questione
tanto sconvolgente quanto ignorata si vedano
ad esempio l'Appello del
giugno 2007 al Consiglio di Sicurezza
dell'ONU, al Parlamento Europeo e
al Governo italiano
(https://www.cnj.it/INIZIATIVE/appello07kosovo_firenze.htm)
nonché
il recentissimo importante volume di
testimonianze di uno
di questi rifugiati, Adem Bejzak (Bejzak
2011): entrambi i documenti
gettano soprattutto luce sulle vicende dei
kosovari rifugiati in
Toscana.
(5) Sul tema rimandiamo a Zanella 2006.
(6) « L'Europa e il direttorio zoppo. Se
Germania e Francia
decidono tutto e l'Italia tace », su Il
Messaggero del 6 febbraio
2011.
(7) Su TG3 Linea Notte del 22/2/2011 -
http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-fc90c582-3539-4b49-86b1-df4b01cd9edd.html
.
(8) Il documento UE numero 1342, seconda
parte, del 6/11/1992
indicherà che a Maastricht l'unità europea era
stata
raggiunta proprio a scapito della Jugoslavia,
con una cinica trattativa
della quale ha raccontato anche Gianni De
Michelis su Limes n.3/1996.
(9) Sul caso Zastava, più in generale,
raccomandiamo la lettura
dell'articolo di Andrea Catone "FIAT Serbia.
Un caso classico di
imperialismo", apparso su L'ERNESTO n.3/2010 e
online:
http://www.lernesto.it/index.aspx?m=77&f=2&IDArticolo=20054
.
(10) http://kta-kosovo.org/html/ .
(11) Koha Ditore, 15 settembre 2010.
(12) Su questo tema rimandiamo a:
Provvisionato 2000, Tommasi 2004,
Evangelista 2007, Ciulla 2010.
(13) Da segnalare il penoso tentativo di
riabilitazione della figura di
Ibrahim Rugova da parte di ambienti "pacifisti
di sua maestà", a
Rovereto lo scorso 26 maggio 2011. Bizzarro
caso di intellettuale-poeta
di cui nessuno ha mai letto una poesia e di
pacifista-ghandiano che
dichiarò testualmente: « Noi kosovari dobbiamo
ringraziare
Dio per l'intervento della NATO » (ANSA
13/02/2003) e « La
NATO è il nostro esercito privato... deve
rimanere in Kosovo in
eterno » (Der Spiegel 11/12/2000), Rugova alla
sua morte nel
gennaio 2006 è stato sepolto a Pristina nel
"cimitero dei
martiri", riservato solo agli eroi della
guerriglia (ANSA 23/01/2006).
(14) Sul rapporto Marty ("Inhuman treatment of
people and illicit
trafficking in human organs in Kosovo",
15/12/2010) e sugli sviluppi
dello scandalo sui crimini di guerra commessi
dalla leadership
secessionista kosovara rimandiamo a tutta la
documentazione richiamata
dalla pagina
https://www.cnj.it/documentazione/KOSMET/organi.htm
, in
corso di aggiornamento.
(15) Oltre al fatto che Pacolli, ex-marito di
Anna Oxa, è
attualmente sposato ad una russa, va ricordato
che il suo nome fu di
spicco nell'inchiesta Mabetex avviata e poi
insabbiata da Carla Del
Ponte. Essa riguardava malversazioni
economiche in cui erano implicati
anche membri della famiglia Eltsin.
(16) "Kosovo: New president handpicked by
Americans, predecessor says",
ADN Kronos International - April 11, 2011
(17) "Un altro intervento della NATO? Rifanno
il colpo del Kosovo?", su
www.globalresearch.ca del 16/03/2011 -
http://www.lernesto.it/index.aspx?m=77&f=2&IDArticolo=20721
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