Dubravka
Ugrešić, che nei primi anni
Novanta lasciň la Croazia su
pressioni nazionaliste,
recentemente si č trovata tra
gli autori bollati
dall’associazione U
ime obitelji (Nel
nome della famiglia) come
inadatti ad essere studiati
nelle scuole croate. Prendendo
spunto da questa vicenda,
abbiamo interpellato la
scrittrice che dalla sua dimora
di Amsterdam segue attentamente
quanto avviene in Croazia,
commentando il posto (non)
riservatole nella cultura
croata, le recenti
manifestazioni contro gli
ostacoli frapposti alla riforma
curriculare, il persistere
della crisi politica nonché del
revisionismo storico...
Come
ha vissuto la recente
manifestazione di massa a
sostegno della riforma
curriculare?
L’ho
seguita con grande entusiasmo.
Penso che il sistema educativo
croato, cosě come č oggi,
soprattutto per quanto riguarda
l’ambito umanistico, la storia,
la lingua e letteratura
nazionale nonché l’introduzione
dell’insegnamento religioso
nella scuola pubblica, sia uno
dei piů grandi crimini commessi
da queste parti negli ultimi
venticinque anni, dalle
conseguenze inimmaginabili per
l’intera jugosfera. Non voglio
fare la guastafeste, ma la
recente massiccia manifestazione
a favore della riforma
curriculare suscita comunque
qualche interrogativo. Come mai
i cosiddetti kulturnjaci (esponenti
del mondo culturale) croati, mi
riferisco qui a quelli di una
certa etŕ, in vent’anni non sono
riusciti a stendere un rapporto
minimamente critico nei
confronti del sistema educativo?
Come mai coloro che si occupano
di educazione non sono stati
capaci di offrire una seria
analisi critica del sistema
scolastico – perché, dopotutto,
in gioco c'era anche
l’educazione dei loro figli? La
cultura e l’istruzione croata
sono il risultato di un
autocratico progetto
ipernazionalista, esattamente
come lo č lo stesso stato
croato. La realizzazione di
questo progetto, iniziata nel
1991, č stata portata avanti
grazie alla partecipazione e
all’appoggio di molti:
insegnanti, genitori, ministero
della Cultura e ministri che vi
si sono succeduti, varie
accademie e i loro accademici,
media, editori, intellettuali e
letterati. Cultura e istruzione
sono percepite, fin dal 1991,
come un chiaro progetto politico
che si č riusciti ad
implementare grazie al sostegno
di tanti, in primis gli
insegnanti. Gli esperti
avrebbero potuto rendersi conto
che questo progetto culturale ed
educativo era per molti aspetti
ispirato all’ideologia dell’NDH
[Stato
Indipendente di Croazia ,
ndt]. Esattamente come con
l’instaurazione dello stato
croato fu reinstaurata la
simbologia dell’NDH, compresi la
valuta, la bandiera e lo stemma
nazionale, cosě venne
riattualizzato anche il concetto
di cultura nazionale partorito
dal regime ustascia. Cosě la
croatizzazione della lingua
croata, ossia la sua
purificazione dagli elementi
spazzatura (serbismi e
jugoslavismi), divenne una delle
componenti principali di questo
pacchetto culturale
ipernazionalista, basato su una
visione della cultura come
intreccio di folklore,
tradizione e cattolicesimo. Ed č
per questo, e per molte altre
questioni che potrebbe
trascinare con sé, che questa
riforma va assolutamente
sostenuta.
Sono
dovuti passare piů di
vent’anni perché anche lei
ottenesse la possibilitŕ di
essere formalmente presente
nella cultura croata, essendo
stata inclusa nell’elenco di
autori che fanno parte della
proposta del nuovo curriculum
di lingua croata. Alcuni
“patrioti” ultraconservatori,
come Željka Markić, hanno giŕ
reagito in merito, chiedendo
che certe opere, comprese le
sue, vengano escluse
dall’elenco proposto in quanto
inquinerebbero la mente dei
giovani con temi quali
sessualitŕ, perversione,
pedofilia, vampirismo...
Dopo
tanti anni a qualcuno č venuta
l’idea di includere anche un mio
romanzo nell’elenco delle
letture per gli studenti
liceali, ed č logico che si sia
alzata una voce di protesta, che
proviene per l’appunto
dall’associazione Nel
nome della famiglia. Ho
seguito le reazioni all’articolo
che riportava la notizia di
suddetta iniziativa. Tra i circa
duecento commenti prevalevano
infatti quelli ingiuriosi nei
confronti dell’aspetto fisico di
Željka Markić, mentre il mio
nome non č stato citato nemmeno
una volta, semplicemente perché
nessuno dei commentatori ha la
piů pallida idea di chi io sia,
cosě come non conoscono neppure
i nomi di altri scrittori
“croati”. Ma lasciamo da parte i
commentatori. Č mai apparsa
sulla stampa una replica ben
articolata in cui i proponenti
del nuovo elenco delle letture
per i liceali spiegano perché
scrittrici e scrittori come
Slavenka Drakulić, Zoran Ferić,
Haruki Murakami ed io dovrebbero
esservi inclusi? Molto
articolato, invece, risulta
l’impegno della summenzionata
associazione, i cui esponenti
ritengono che i libri di questi
autori siano nocivi alla salute
morale dei giovani. Insomma,
grazie all’attivismo letterario
di Željka Markić ho scoperto che
nei miei libri vi č comunque del
sesso, rimanendone piacevolmente
sorpresa in quanto ero ormai
pronta ad ammettere il
contrario. La Markić č riuscita
per un attimo a rivitalizzare la
mia opera, restituendole il suo
fascino (del tutto meritato!).
Sembra
che la strategia originaria di
costruzione di una nuova
cultura croata, nota negli
anni Novanta come
“rinnovamento spirituale”,
potrebbe giungere alla sua
conclusione con l’attuale
governo, la cui caduta, ormai
imminente [il governo
č caduto il 16 giugno,
poco dopo la pubblicazione di
questa intervista],
costituirebbe quindi una
circostanza potenzialmente
propizia. In questo contesto,
la stupisce ancora la sua
(in)visibilitŕ nella cultura
croata?
No,
per niente. Il milieu culturale
croato mi ha ormai espulsa dalle
proprie fila, ed č la soluzione
migliore. Eppure speravo che,
dopo venticinque anni di esilio,
in patria non avrei piů
riscontrato difficoltŕ, almeno
per quanto riguarda il mercato
editoriale: le mie opere sono
state pubblicate in Croazia su
mia iniziativa, e non su quella
degli editori croati. Perché mi
umiliavo chiedendo che i miei
libri venissero pubblicati? Lo
facevo perché avevo la
sensazione che in Croazia vi
fossero dei lettori a cui
sarebbe piaciuto avere in mano
ogni mio nuovo libro. Ormai non
ho piů questa sensazione. Penso
che lo sforzo congiunto
dei kulturnjaci filo-ustascia
abbia dato i suoi frutti. Perché
se dopo venticinque anni di
questa prassi miserabile i suoi
esponenti non si sono ancora
stancati, se il sindaco di Zara
č riuscito a far rimuovere la
targa in ricordo di Vladan
Desnica, se le notizie di questo
tipo non fanno che sfiorare le
orecchie dei letterati croati
senza suscitare quasi nessuna
reazione, allora possiamo dire
che il lavoro riguardante il
rinnovamento spirituale croato č
davvero concluso.
A
dire il vero, i kulturnjaci croati
all'opposizione ,
quelli che si sono ribellati
contro l'attuale ministro della
Cultura Zlatko Hasanbegović,
hanno mancato di precisare come
egli sia in realtŕ il legittimo
prodotto di una politica
culturale che perdura ormai da
venticinque anni e alla quale
molti di loro, azzardatisi solo
ora ad alzare la propria voce,
hanno dato tacito appoggio.
Perché senza questo chiarimento
potrebbe sembrare che
Hasanbegović sia approdato alla
guida del ministero lanciandosi
con il paracadute e che, una
volta destituito, tutto si
sistemerŕ, almeno per quanto
riguarda i kulturnjaci.
D'altro canto, non č corretto
accusare qualcuno per questo
vergognoso stato di cose:
viviamo, dopotutto, in un tempo
di flebili proteste.
Nella
sua lettera aperta, scritta in
reazione all'iniziativa di
Željka Markić, lei si č
autoesclusa dalla letteratura
croata, annunciando che
ricorrerŕ a vie legali nel
caso il suo nome comparisse di
nuovo in qualsiasi elenco dei
testi scolastici. Ma non sa
che in Croazia i procedimenti
giudiziari si protraggono per
anni, diventando mentalmente e
fisicamente estenuanti?
Ha
ragione, sono stata un po'
affrettata. Sapendo come
funziona la giustizia croata,
probabilmente avrei perso il
processo. Ho comunque le mie
buone ragioni per chiedere di
essere esclusa da ogni
curriculum: la prima riguarda la
pesantezza del “materiale“, del
tutto aspettata e comprensibile.
Al pari di alcuni altri analisti
della quotidianitŕ
post-jugoslava, anch'io ho una
biografia parallela, che non
scriverň mai perché ne uscirebbe
un affaticante e illeggibile
libro di lamentele. Questa mia
biografia alternativa o
“patriottica“ comprenderebbe gli
insulti rivoltimi dai
“connazionali“, che vanno dallo
sputare volgaritŕ su di me alle
bizzarre minacce di stampo
“patriottico“; la mia esclusione
violenta dalla letteratura
croata e l'inclusione forzata
nella stessa; molestie, mobbing
e cyberstalking,
compresi il sabotaggio di molti
eventi letterari a cui partecipo
all'estero (i “connazionali“
vengono alla mia serata
letteraria e si mettono a
urlare) nonché gli scandali, non
privi di attacchi verbali, che
spesso accompagnano le mie
apparizioni pubbliche. Se
decidessi di rendere pubblico
tutto l'odio che mi č stato
sputato addosso sulla stampa,
sul web e nei libri, ne
uscirebbe un volume ipertossico.
In questo contesto, non ho nulla
contro Željka Markić: lei č una
delle rare persone che credono
che la letteratura possa
cambiare la gente. Inoltre, con
l'abbattimento del principio di
professionalitŕ, eseguito da
Franjo Tuđman che premiava le
persone che gli stavano intorno
non per le loro competenze bensě
per la lealtŕ dimostrata nei
suoi confronti, creando cosě una
struttura statale di stampo
mafioso, e con il passaggio
emancipatorio alla nuova era
digitale, oggigiorno la maggior
parte della gente č convinta di
poter fare qualunque cosa. Cosě,
persone senza alcuna abilitŕ
musicale ci stancano con le loro
esibizioni vocali, quelle senza
alcun talento letterario con i
loro romanzi, i politici senza
credibilitŕ con le loro
promesse, e i dottori senza
dottorato con i loro “saperi“.
Ma siccome anche noi –
consumatori, ascoltatori,
spettatori, lettori – col tempo
ci siamo storditi e istupiditi,
non siamo piů capaci di
riconoscere sfumature e
differenze.
Giŕ
che abbiamo menzionato Zlatko
Hasanbegović, la petizione con
cui si chiede la sua rimozione
dalla carica di ministro č
stata sottoscritta da circa
cinquecento intellettuali
europei, tra cui lo scrittore,
filosofo e saggista francese
Alain Finkielkraut, che negli
anni Novanta fu molto attivo
nel promuovere l'indipendenza
croata. A suscitare
l'indignazione del mondo
intellettuale sono state
alcune dichiarazioni di
Hasanbegović, noto per le sue
posizioni revisioniste
rispetto alla recente storia
croata.
In
una regione cosě politicamente
sismica come quella balcanica
non possono certo mancare i
personaggi volubili. Di questo
tipo di persone di vedute
camaleontiche scrisse
ingegnosamente Czeszlaw Milosz
ne “La mente prigioniera“. Homo
sovieticus, uomo con "le
dita incrociate di nascosto"
[ipocrita, ndt], cosě veniva
chiamato il tipico cittadino
dell'Urss. Alcuni nostri
contemporanei, ovviamente
generalizzando, paragonano
l'uomo di oggi ai mangiatori di
loto (dell'Odissea), un popolo
immerso nell'auto-oblio. Come
ogni giapponese sa cosa deve
fare quando sente tremare la
terra, cosě anche ogni croato sa
quando riposizionarsi
politicamente. Č quel tipo di
gente che quando parla usa
sempre “sě, ma...“, riservandosi
cosě la possibilitŕ di prendere
le distanze. Queste persone
sanno bene che, nel caso non
riuscissero a riposizionarsi,
rimarranno fuori gioco. E
rimanere fuori gioco in Croazia,
paese strutturato sul modello
mafioso, equivale alla pena di
morte. La gente non vede nulla
di vergognoso nel riposizionarsi
costantemente, anzi. Si tende a
dimenticare troppo in fretta, si
apprezza la scaltrezza piuttosto
che la saldezza morale. In
questo senso, Alain
Finkielkraut, autore del
libro Kako
se može biti Hrvat (Come
si puň essere croati), č davvero
diventato un croato.
Come
commenta la dichiarazione di
Ante Nazor, direttore del
Centro di documentazione sulla
Guerra patriottica, in cui ha
espresso perplessitŕ circa la
decisione di intitolare uno
dei temi contenuti nella
proposta del nuovo curriculum
di storia “La Seconda guerra
mondiale in Jugoslavia“,
invece che “Croati e Croazia
nella Seconda guerra
mondiale“?
I
giovani storici-militanti,
quelli che hanno fatto propria
la narrazione impostasi nel
1991, si sono dati il compito di
procurare alla Croazia una
Storia, laccatura del reale,
fatta di eroismo, virilitŕ,
potenza. Percependo la cultura e
la storia di un popolo come un
museo militare, si sono
apprestati a costruire e
invadere le istituzioni. Tutto
ciň non č che un logoro modello
di cultura di stato, ormai privo
di ogni significato, che servirŕ
solo a succhiare soldi dalle
casse statali, magari anche da
quelle europee. Dopodiché, per
evitare che gli investimenti si
rivelino un fallimento, questi
musei diventeranno meta di gite
scolastiche, che verranno
ricordate dagli studenti per
l'orrore del sapere inutile, un
freddo glaciale (conseguenza del
mancato pagamento delle bollette
del gas da parte del museo) e
bagni sprovvisti di carta
igienica. A meno che,
ovviamente, i patrioti croati di
mano generosa non decidano di
sponsorizzare regolarmente i
loro musei tramite fornitura di
carta igienica.
In
una occasione lei ha svelato
un suo metodo, molto
interessante, di analisi
critica dello stato di salute
della societŕ croata. Ha
ancora l'abitudine di prendere
il tram su tratte lunghe per
poter ascoltare cosa dice la
gente?
Mi
avvalgo di metodi antropologici,
e l'antropologia, come ben noto,
č la spia della vita. Anche le
terme croate offrono la
possibilitŕ di ascoltare
indisturbati le conversazioni
altrui, come ho potuto
recentemente accertarmi godendo
dell'acqua calda di una piscina
termale. I maschi, la cui
maggior parte strategicamente
posizionata intorno ai getti
d'acqua in modo da bloccare il
passaggio ad altri interessati,
facevano girare le loro accese
conversazioni intorno al
glorioso 1991: chi di loro, a
quel tempo, disse che cosa e a
chi; cosa sarebbe dovuto essere
fatto, ma non si fece. Tutto
veniva ridotto alla
constatazione che i serbi
dovevano essere cacciati via piů
sistematicamente, giacché ci fu
l'occasione. Con lo stesso
entusiasmo, gli uomini
chiacchieravano di cibo. Ho
sentito di nuovo certe
espressioni che avevo ormai
dimenticato, come “Nessuna carne
di pollame potrŕ mai competere
con quella di maiale“, nonché la
replica: “Vaffanculo al loro
pesce con bietole! Che mi diano
la pancetta, sono della
Slavonia, cavolo!“. E mentre i
maschi si erano focalizzati sul
tema dell'allevamento di suini
per la produzione della carne,
oltre che sulla persecuzione dei
serbi, realizzata male e a metŕ,
le donne meditavano su temi piů
leggeri. “Ah, non c'č niente di
piů bello che mandare il
cervello in vacanza“, ha detto
una di loro. Quindi, piscine e
tram. Raccomando questi ultimi,
sono piů economici. Oltre a ciň,
se ne esce piů facilmente.
Viviamo
in tempi interessanti, per
parafrasare una nota
maledizione cinese. Come vede
l'epilogo della crisi politica
attraversata dalla Croazia?
Le
rispondo con un vecchio
aneddoto. Camminando nel bosco,
Biancaneve incontrň tre nani.
“Chi siete?“, chiese Biancaneve.
“Siamo i sette nani“, risposero
i nani. “Ma come sette, se siete
in tre?!“, esclamň Biancaneve
con stupore. “Eh, purtroppo ci
manca gente!“, replicarono i
nani.
Eppure,
“la gente“ non manca, solo che
non vive necessariamente in
Croazia. Simpatizzo molto con i
giovani, ripongo tutta la
fiducia nei giovani esperti. Lo
scorso anno in Inghilterra, dove
ero ospite di un dipartimento di
storia, e quest'anno in
Germania, ho avuto modo di
incontrare diversi giovani
laureati, o dottorandi, in
materie storiche, di cui molti
provenienti dalle repubbliche ex
jugoslave. Penso che
l'incessante produzione di
menzogne e l'assenza non tanto
di autoritŕ professionali quanto
di quelle morali a cui
appoggiarsi – sia che si tratti
di media, educatori, esperti o
genitori – abbiano spinto i
giovani ad attingere alle
proprie forze. A loro sarŕ
difficile vendere fumo, perché
sono istruiti e non messi nella
posizione di dover fare
compromessi, almeno non ancora.
Il comportamento compromissorio
di genitori ed educatori ha
innescato una forte resistenza
da parte di molti giovani.
Quelli che al momento suscitano
piů curiositŕ sono i giovani
storici, oppositori di
personaggi come Hasanbegović.
Fare lo storico č diventato
attraente. Il processo di
defascistizzazione delle societŕ
post-jugoslave č nelle mani di
persone giovani, istruite,
irremovibili nei propri
principi. Non ci si puň
aspettare dall'attuale
establishment che avvii questo
processo, sarebbe come
aspettarsi che si castrino da
soli.
Per
quanto riguarda l'epilogo della
crisi, sono perplessa. Ma
siccome adoro gli happy
endings, avanzo una
modesta proposta. Propongo al
governo croato di scrivere
sommessamente una lettera a
Warren Buffett, in cui spiegare
come ha fatto a spolpare il
proprio paese fino all'osso,
tanto che non vi č rimasto piů
nulla, chiedendogli, ammettendo
di essere in ginocchio, di
prendere la Croazia gratis e di
trasformarla in sua residenza
estiva o in un resort,
impiegando quattro milioni di
croati come addetti ai servizi:
cuochi, camerieri, maggiordomi,
cameriere ai piani, dogsitter,
potatori di rose, giardinieri,
calliste... Non č affatto
divertente, lo so, torniamo
seri. La Croazia ha davvero
toccato il fondo.
|
Dubravka
Ugrešić još je početkom
devedesetih pod nacionalističkim
pritiscima napustila Hrvatsku, a
udruga U ime obitelji sada bi je
izbacila i s popisa školske lektire.
To je bio i neposredan povod za
razgovor s književnicom koja s
amsterdamske distance pozorno prati
zbivanja u Hrvatskoj, pa komentira
mjesto koje joj (ne) pripada u
ovdašnjoj kulturi, nedavne prosvjede
za kurikularnu reformu, političku
krizu, kontinuitet povijesnog
revizionizma…
Kako ste
doživjeli minuli masovni
prosvjed podrške reformi
obrazovanja?
Pratila sam ga s
velikim uzbuđenjem. Mislim da je
današnje obrazovanje, a to se
osobito odnosi na humanistiku,
povijest, nacionalne jezike i
književnost te uvođenje vjeronauka
u škole, u ovih četvrt stoljeća
jedan od većih zločina s
nesagledivim posljedicama u
cijeloj jugosferi. Ne želim biti party
pooper, ali nedavni
veliki protest za reformu školstva
ipak potiče neka pitanja. Kako to
da hrvatski ‘kulturnjaci’, mislim
ovdje na one starije dobi, unazad
dvadesetak godina nisu uspjeli
napraviti kakav-takav kritički
izvještaj o stanju u obrazovnom
sustavu? Kako to da edukatori nisu
bili u stanju ponuditi ozbiljne
kritičke analize sustava
obrazovanja – jer ipak se radilo o
školovanju i njihove vlastite
djece? Hrvatska kultura i školstvo
su rezultat autokratskog
hipernacionalističkog projekta,
baš kao i sama država Hrvatska.
Taj projekt, koji je započeo
1991., realizirao se zahvaljujući
participaciji i podršci velikog
broja ljudi: edukatora, roditelja,
ministarstava za kulturu i
ministara, akademija i akademika,
medija, izdavača, intelektualaca i
književnika. Kultura i obrazovanje
bili su od 1991. jasan politički
projekt koji se uspio
implementirati uz blagoslov
velikog broja ljudi, edukatora
prije svega. Stručnjaci su mogli
vidjeti da je takav projekt
kulture i obrazovanja u mnogim
svojim elementima prepisan iz
endehazijskog. I baš kao što su
etabliranjem hrvatske države
reetablirani endehazijski simboli,
poput kune, zastave i državnog
grba, tako je reetabliran i
endehazijski koncept nacionalne
kulture. Tako je jedna od
najvažnijih stavki u tom
hipernacionalističkom kulturnom
paketu bila kroatizacija
hrvatskoga jezika i njegovo
čišćenje od smeća (srbizama i
jugoslavizama) te vizija kulture
kao spleta folklornih,
tradicijskih i katoličkih igara.
Zbog toga, ali i zbog mnogih
drugih stvari koje će sa sobom
pokrenuti, ovu reformu treba
apsolutno podržati.
Nakon dvadeset i više godina i vi
ste konačno dobili mogućnost
formalnog prisustva u hrvatskoj
kulturi i to u lektirnom
prijedlogu kurikularne reforme za
hrvatski jezik. Ultrakonzervativni
‘domoljubi’ poput Željke Markić
traže da se vaše i neka druga
djela izbace iz lektire jer
navlače mlade na teme
seksualnosti, nastranosti,
pedofilije, vampirizma…?
Nakon tolikih godina netko se
dosjetio da uključi i moj roman u
srednjoškolsku lektiru, pa je
logično da se pojavio glas protesta
koji je, eto, došao iz udruge U ime
obitelji. Pratila sam komentare na
članak koji je objavio vijest o
akciji udruge. Naime, u
dvjestotinjak komentara većina
komentatora vrijeđa fizičku pojavu Željke Markić,
dok ni u jednom od njih nije
spomenuto moje ime, naprosto zato
jer nitko od komentatora pojma nema
tko sam, kao što ne znaju ni za
imena drugih ‘hrvatskih’
književnika. Ali ostavimo njih po
strani. Je li se igdje u novinama
pojavio artikulirani odgovor zašto
predlagač smatra da bi autori poput
Slavenke
Drakulić, Zorana Ferića,
Murakamija
i mene trebali biti dio
srednjoškolske lektire? Artikulirala
se zato ta udruga iz koje smatraju
da su ti tekstovi štetni za moralno
zdravlje djece. Sve u svemu,
zahvaljujući književnom aktivizmu
Željke Markić ugodno sam se
iznenadila kada sam otkrila da u
mojim knjigama ipak ima seksa, jer
sam već bila spremna priznati da ga
nema. Ona je načas uspjela
reanimirati moje djelo i vratiti mu
(posve zasluženu!) privlačnost.
Čini se da bi
inicijalna strategija nove
hrvatske kulture, poznata iz
devedesetih kao ‘duhovna
obnova’, s novom Vladom mogla
biti dovršena? Možebitna sretna
okolnost je njezin evidentan
raspad. Može li vas više uopće u
tom kontekstu čuditi vaša
(ne)vidljivost u ovdašnjoj
kulturi?
Ne, dakako.
Hrvatska kulturna sredina
izbrisala me iz svojih redova, što
je najsretnije rješenje. Pa ipak,
nakon dvadeset i pet godina
‘izgnanstva’ ponadala sam se da
neću imati poteškoća, barem ne s
objavljivanjem: moje knjige
objavljene su u Hrvatskoj na moju,
a ne na inicijativu hrvatskih
izdavača. Zašto sam se uopće
ponižavala tražeći da mi knjige
budu objavljene? Činila sam to
zato jer sam imala osjećaj da u
Hrvatskoj imam čitaoce koji bi
rado vidjeli svaku moju novu
knjigu. Taj osjećaj danas više
nemam. Mislim da je združeni rad
proustaški orijentiranih
kulturnjaka uspio. Jer ako se i
nakon 25 godina ove mučne prakse
njezini akteri nisu umorili, ako
gradonačelnik Zadra skida tablu s
imenom Vladana
Desnice, ako to prolazi
kroz uši hrvatskih književnika i
malo tko se pritom uzbuđuje, onda
možemo reći da je posao oko
hrvatske duhovne obnove doista
završen. Istina, hrvatski
kulturnjaci opozicionari, oni koji
su se pobunili protiv ministra
kulture Zlatka
Hasanbegovića, nisu
pritom istaknuli da je
Hasanbegović zakoniti rezultat
dvadesetpetogodišnje kulturne
politike, kojoj su šutljivi
blagoslov dali mnogi među samim
protestantima, onima koji su se
tek nakon četvrt stoljeća
osmjelili podići glas. Jer bez
pojašnjenja, ispada da je
Hasanbegović izvršio desant na
ministarskog mjesto padobranom i
da samo njega treba maknuti, pa će
nadalje, barem što se kulturnjaka
tiče, sve biti u redu. S druge
strane nije fer da se bilo tko
optužuje za ovakav sramni
rezultat: živimo, naime, u vremenu
mlakih protestnih gesta.
U pismu
javnosti ste se, nakon reakcije
Željke Markić, isključili iz
hrvatske književnost najavivši
da ćete reagirati sudskim putem
ukoliko vaše ime vidite na
popisu bilo kojeg budućeg
kurikuluma. Ipak, znate li da se
tužbe u Hrvatskoj vuku godinama
i mentalno i fizički iscrpljuju?
U pravu ste, malo
sam se zaletjela. Poznavajući naše
sudstvo, najvjerojatnije bih
izgubila proces. Za izuzeće iz
svakog kurikuluma imam razloge:
prvi je očekivani i razumljivi
zamor materijala. Kao i neki drugi
analitičari postjugoslavenske
svakidašnjice, tako i ja imam
paralelnu biografiju koju nikad
neću napisati jer bi to bila
zamorna i nečitljiva knjiga žalbi.
Ta moja alternativna ili
‘domovinska’ biografija sastoji se
od uvreda koje su mi nanosili
‘zemljaci’; od vulgarnog pljuvanja
po meni do suludih ‘zemljačkih’
prijetnji; od nasilnog
isključivanja iz hrvatske
književnosti i prisilnog
uključivanja u hrvatsku
književnost; molestiranja, mobinga
i cyberstalkinga; od
sabotiranja mnogih mojih
književnih nastupa u inozemstvu
(dođu ‘zemljaci’ i razgalame se na
mojoj književnoj večeri) do
izazivanja skandala i verbalnih
napada na mojim javnim nastupima.
Kada bih javno istresla svu mržnju
koju su na mene sasuli ljudi u
novinama, člancima, na internetu i
knjigama, bio bi to jedan
supertoksičan svezak. U takvom
kontekstu nemam ništa protiv
Željke Markić: ona je jedna od
rijetkih osoba koje vjeruju da
književnost mijenja ljude. Osim
toga, s rušenjem načela
profesionalnosti, što je učinio Franjo Tuđman
nagrađujući ljude oko sebe ne
prema stručnosti već lojalnosti
koju su mu iskazivali, dakle sa
stvaranjem mafijaške državne
strukture, i prelaskom u novo
emancipatorsko digitalno doba,
većina ljudi danas je uvjerena da
je sposobna za sve. Tako nas ljudi
bez sluha zamaraju svojim
pjevanjem, oni bez talenta svojim
romanima, političari bez pokrića
svojim obećanjima, a doktori bez
doktorata svojim ‘znanjima’.
Međutim, kako smo i mi konzumenti,
slušaoci, gledaoci, čitaoci s
vremenom oguglali i otupavili,
više nismo sposobni uočiti nijanse
i razlike.
Kad spominjemo
Zlatka Hasanbegovića, peticiju
za njegovom smjenom potpisalo je
petstotinjak europskih
intelektualaca: među njima
francuski pisac, filozof i
esejist Alain Finkielkraut, koji
se 1990-ih jako angažirao na
promicanju hrvatske neovisnosti.
Razlog su Hasanbegovićeve
revizionističke izjave o
hrvatskoj povijesti.
Ovako
trusno političko područje mora
imati i trusnu vrstu ljudi. O
tipologiji ljudi promjenjivih
nazora pisao je maestralno Czeszlaw
Milosz u
svome ‘Zarobljenom umu’. Homo
sovieticusom, čovjekom s
‘figom u džepu’, zvali su tipičnog
građanina bivšeg Sovjetskog
Saveza. Ljude današnjice,
generalizirajući, dakako, neki
zovu lotus-eatersima
(iz ‘Odiseje’), ljudima koji se
odaju samozaboravu. Kao što svaki
Japanac zna što treba učiniti u
trenutku kad se zemlja zatrese,
tako i svaki Hrvat zna kada se
treba politički repozicionirati.
To su ljudi koji u govoru uvijek
upotrebljavaju ‘da, ali…’, čime si
uvijek grade moguću odstupnicu.
Takvi ljudi dobro znaju da će, ako
se ne uspiju repozicionirati,
ispasti iz igre. A ispasti iz igre
u Hrvatskoj, državi strukturiranoj
poput mafije, jednako je smrtnoj
osudi. U konstantnom
repozicioniranju ljudi ne vide
ništa sramno, dapače. Stvari ovdje
podliježu brzom zaboravu, cijeni
se spretnost, a ne moralna
konzistentnost. U tom smislu je Alain Finkelkraut,
autor knjige ‘Kako se može biti
Hrvat’, zaista postao ‘Hrvat’.
Kako
komentirate izjavu Ante Nazora,
ravnatelja Hrvatskog
memorijalno-dokumentacijskog
centra Domovinskog rata, kojemu
nije jasno zašto u nacrtu
prijedloga kurikuluma stoji
naslov teme ‘Drugi svjetski rat
u Jugoslaviji’, a ne ‘Hrvati i
Hrvatska u Drugom svjetskom
ratu’?
Mladi
povjesničari-jurišnici, koji su
naslijedili narativ iz 1991.,
našli su se da izgrade herojsku,
mušku, potentnu, hrvatsku ratničku
povijest-lakirovku. Oni su ti koji
kulturu i povijest nekog naroda
doživljavaju kao vojni muzej. Pa
će požuriti da sagrade i usele se
u institucije, poput vojnog
muzeja. Sve je to prašni državni
model kulture koji ne znači ništa
i koji će služiti za isisavanje
državnog, možda i EU
novca, a kasnije će, da
investicije ne bi bile promašene,
služiti tomu da učitelji vuku
onamo školsku djecu, dok će
školarci te muzeje pamtiti po
teroru bespotrebnim znanjem, po
tome što su se tamo smrzli (jer
muzeji neće moći platiti grijanje)
i po tome da u zahodima nije bilo
toaletnog papira. Osim, dakako,
ako hrvatski branitelji široke
ruke ne odluče da regularno
sponzoriraju opskrbu svog muzeja
toaletnim papirom.
Jednom prilikom
otkrili ste zanimljivu metodu po
kojoj kritički propitujete
stanje u hrvatskom društvu.
Vozite li se, dakle još uvijek
tramvajem na dugim rutama i
slušate li što ljudi govore?
Koristim
antropološke metode, a
antropologija je, zna se -
špijunaža života. Nedavno sam u
hrvatskim toplicama nesmetano
uživala u prisluškivanju razgovora
u zatopljenom bazenu. Muškarci su
se uglavnom strateški
raspoređivali oko mlaznica u
bazenu, blokirajući put do njih
drugim interesentima. Većina
temperamentnih razgovora vodila se
oko slavne 1991.; tko je što od
njih i kome te godine rekao, što
je trebalo, a nije učinjeno. Sve
se svodilo na zamjerke da je Srbe
tada trebalo malo temeljitije
protjerati, kad je već bila
prilika. Muškarci su s istim
entuzijazmom čavrljali o hrani.
Ponovno sam čula izreke poput
‘Nema tice do prasice’, na koje
sam već bila zaboravila, kao i
repliku ‘Jebo ja njihovu blitvu i
ribu, daj ti meni slanine, ja sam
Slavonac, čovječe!’. Dok su se
muškarci usmjerili na teme
iskorištavanja svinja u
prehrambene svrhe, te šlampave i
napola izvedene eksterminacije
Srba, žene su kontemplirale na
lakše teme. ‘Eh, nema ništa ljepše
nego pustit mozak na pašu’, rekla
je jedna. Dakle tramvaji i bazeni.
Preporučujem tramvaje, jeftiniji
su. Osim toga, iz njih se lakše
izlazi.
Živimo, kako bi
rekla poznata kineska kletva, u
zanimljivim vremenima. Kako
vidite daljnji rasplet političke
krize u Hrvatskoj?
Odgovorit ću
starom anegdotom. Šetala
Snjeguljica šumom i naletjela na
tri patuljka. Tko ste vi? upitala
je Snjeguljica. Mi smo sedam
patuljaka, odgovorili su patuljci.
Kako sedam, kad ste trojica?!
začudila se Snjeguljica. Eh, kad
se nema ljudstvo! odgovorili su
patuljci.
Pa ipak,
‘ljudstvo’ postoji, ali ono ne
živi nužno u Hrvatskoj. Najviše
simpatiziram s mladim ljudima,
polažem svu nadu u mlade
stručnjake. Lani sam kao gošća na
jednom odsjeku za povijest u
Engleskoj i ove godine u Njemačkoj
srela mlade ljude, završene
studente povijesti, doktorande, od
kojih su mnogi iz bivših
jugoslavenskih krajeva. Mislim da
su konstantna proizvodnja laži i
odsustvo više moralnih nego
stručnih autoriteta na koje bi se
studenti doista mogli osloniti –
bilo da se radi o medijima,
edukatorima, stručnjacima,
roditeljima – natjerali mlade
ljude da se okrenu vlastitim
snagama. Njima će biti teško
prodati toplu vodu jer su
obrazovani i nisu stavljeni u
poziciju stupanja u kompromis,
barem ne za sada. Kompromiserstvo
roditelja i edukatora izazvalo je
jak otpor kod mnogih mladih.
Trenutno su najzanimljiviji mladi
historičari, oponenti tipova poput
Zlatka Hasanbegovića. Biti
historičar postalo je privlačno.
Proces defašizacije
postjugoslavenskih društava u
rukama je mladih, obrazovanih,
beskompromisnih ljudi. Od današnje
garniture na vlasti ne možemo
očekivati da ikada započne proces
defašizacije, bilo bi to
očekivanje da sami sebe
kastriraju. Što se raspleta krize
tiče, ne znam. Ipak, kako obožavam
happy endove,
imam skroman prijedlog. Predlažem
hrvatskoj vladi da napiše pokorno
pismo Warrenu
Buffetu
u kojemu će objasniti da su
oglodali vlastitu državu kao kost
i da nema više, u kojemu će
priznati da su na koljenima i
zamoliti ga da besplatno uzme
Hrvatsku kao neki svoj privatni
ljetnikovac ili odmaralište i da
zaposli četiri milijuna Hrvata na
poslovima servisiranja
odmarališta: kao kuhare, konobare,
batlere, sobarice, šetače pasa,
podrezivače ruža, vrtlare,
pedikerke… Znam, nije mi baš neki
humor, uozbiljimo se. Hrvatska je
zaista na samom dnu.
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