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Dubravka Ugrešić:
Una Croazia sul modello fascista / Hrvatska po modelu NDH

Dragan Grozdanić, Novosti, 13.6.2016
Traduzione in italiano dal sito Osservatorio Balcani Caucaso




Dubravka Ugrešić, che nei primi anni Novanta lasciň la Croazia su pressioni nazionaliste, recentemente si č trovata tra gli autori bollati dall’associazione U ime obitelji (Nel nome della famiglia) come inadatti ad essere studiati nelle scuole croate. Prendendo spunto da questa vicenda, abbiamo interpellato la scrittrice che dalla sua dimora di Amsterdam segue attentamente quanto avviene in Croazia, commentando il posto (non) riservatole nella cultura croata, le recenti manifestazioni contro gli ostacoli frapposti alla riforma curriculare, il persistere della crisi politica nonché del revisionismo storico...

Come ha vissuto la recente manifestazione di massa a sostegno della riforma curriculare?

L’ho seguita con grande entusiasmo. Penso che il sistema educativo croato, cosě come č oggi, soprattutto per quanto riguarda l’ambito umanistico, la storia, la lingua e letteratura nazionale nonché l’introduzione dell’insegnamento religioso nella scuola pubblica, sia uno dei piů grandi crimini commessi da queste parti negli ultimi venticinque anni, dalle conseguenze inimmaginabili per l’intera jugosfera. Non voglio fare la guastafeste, ma la recente massiccia manifestazione a favore della riforma curriculare suscita comunque qualche interrogativo. Come mai i cosiddetti kulturnjaci (esponenti del mondo culturale) croati, mi riferisco qui a quelli di una certa etŕ, in vent’anni non sono riusciti a stendere un rapporto minimamente critico nei confronti del sistema educativo? Come mai coloro che si occupano di educazione non sono stati capaci di offrire una seria analisi critica del sistema scolastico – perché, dopotutto, in gioco c'era anche l’educazione dei loro figli? La cultura e l’istruzione croata sono il risultato di un autocratico progetto ipernazionalista, esattamente come lo č lo stesso stato croato. La realizzazione di questo progetto, iniziata nel 1991, č stata portata avanti grazie alla partecipazione e all’appoggio di molti: insegnanti, genitori, ministero della Cultura e ministri che vi si sono succeduti, varie accademie e i loro accademici, media, editori, intellettuali e letterati. Cultura e istruzione sono percepite, fin dal 1991, come un chiaro progetto politico che si č riusciti ad implementare grazie al sostegno di tanti, in primis gli insegnanti. Gli esperti avrebbero potuto rendersi conto che questo progetto culturale ed educativo era per molti aspetti ispirato all’ideologia dell’NDH [Stato Indipendente di Croazia  , ndt]. Esattamente come con l’instaurazione dello stato croato fu reinstaurata la simbologia dell’NDH, compresi la valuta, la bandiera e lo stemma nazionale, cosě venne riattualizzato anche il concetto di cultura nazionale partorito dal regime ustascia. Cosě la croatizzazione della lingua croata, ossia la sua purificazione dagli elementi spazzatura (serbismi e jugoslavismi), divenne una delle componenti principali di questo pacchetto culturale ipernazionalista, basato su una visione della cultura come intreccio di folklore, tradizione e cattolicesimo. Ed č per questo, e per molte altre questioni che potrebbe trascinare con sé, che questa riforma va assolutamente sostenuta.

Sono dovuti passare piů di vent’anni perché anche lei ottenesse la possibilitŕ di essere formalmente presente nella cultura croata, essendo stata inclusa nell’elenco di autori che fanno parte della proposta del nuovo curriculum di lingua croata. Alcuni “patrioti” ultraconservatori, come Željka Markić, hanno giŕ reagito in merito, chiedendo che certe opere, comprese le sue, vengano escluse dall’elenco proposto in quanto inquinerebbero la mente dei giovani con temi quali sessualitŕ, perversione, pedofilia, vampirismo...

Dopo tanti anni a qualcuno č venuta l’idea di includere anche un mio romanzo nell’elenco delle letture per gli studenti liceali, ed č logico che si sia alzata una voce di protesta, che proviene per l’appunto dall’associazione Nel nome della famiglia. Ho seguito le reazioni all’articolo che riportava la notizia di suddetta iniziativa. Tra i circa duecento commenti prevalevano infatti quelli ingiuriosi nei confronti dell’aspetto fisico di Željka Markić, mentre il mio nome non č stato citato nemmeno una volta, semplicemente perché nessuno dei commentatori ha la piů pallida idea di chi io sia, cosě come non conoscono neppure i nomi di altri scrittori “croati”. Ma lasciamo da parte i commentatori. Č mai apparsa sulla stampa una replica ben articolata in cui i proponenti del nuovo elenco delle letture per i liceali spiegano perché scrittrici e scrittori come Slavenka Drakulić, Zoran Ferić, Haruki Murakami ed io dovrebbero esservi inclusi? Molto articolato, invece, risulta l’impegno della summenzionata associazione, i cui esponenti ritengono che i libri di questi autori siano nocivi alla salute morale dei giovani. Insomma, grazie all’attivismo letterario di Željka Markić ho scoperto che nei miei libri vi č comunque del sesso, rimanendone piacevolmente sorpresa in quanto ero ormai pronta ad ammettere il contrario. La Markić č riuscita per un attimo a rivitalizzare la mia opera, restituendole il suo fascino (del tutto meritato!).

Sembra che la strategia originaria di costruzione di una nuova cultura croata, nota negli anni Novanta come “rinnovamento spirituale”, potrebbe giungere alla sua conclusione con l’attuale governo, la cui caduta, ormai imminente [il governo č caduto il 16 giugno, poco dopo la pubblicazione di questa intervista], costituirebbe quindi una circostanza potenzialmente propizia. In questo contesto, la stupisce ancora la sua (in)visibilitŕ nella cultura croata?

No, per niente. Il milieu culturale croato mi ha ormai espulsa dalle proprie fila, ed č la soluzione migliore. Eppure speravo che, dopo venticinque anni di esilio, in patria non avrei piů riscontrato difficoltŕ, almeno per quanto riguarda il mercato editoriale: le mie opere sono state pubblicate in Croazia su mia iniziativa, e non su quella degli editori croati. Perché mi umiliavo chiedendo che i miei libri venissero pubblicati? Lo facevo perché avevo la sensazione che in Croazia vi fossero dei lettori a cui sarebbe piaciuto avere in mano ogni mio nuovo libro. Ormai non ho piů questa sensazione. Penso che lo sforzo congiunto dei kulturnjaci filo-ustascia abbia dato i suoi frutti. Perché se dopo venticinque anni di questa prassi miserabile i suoi esponenti non si sono ancora stancati, se il sindaco di Zara č riuscito a far rimuovere la targa in ricordo di Vladan Desnica, se le notizie di questo tipo non fanno che sfiorare le orecchie dei letterati croati senza suscitare quasi nessuna reazione, allora possiamo dire che il lavoro riguardante il rinnovamento spirituale croato č davvero concluso.

A dire il vero, i kulturnjaci croati all'opposizione  , quelli che si sono ribellati contro l'attuale ministro della Cultura Zlatko Hasanbegović, hanno mancato di precisare come egli sia in realtŕ il legittimo prodotto di una politica culturale che perdura ormai da venticinque anni e alla quale molti di loro, azzardatisi solo ora ad alzare la propria voce, hanno dato tacito appoggio. Perché senza questo chiarimento potrebbe sembrare che Hasanbegović sia approdato alla guida del ministero lanciandosi con il paracadute e che, una volta destituito, tutto si sistemerŕ, almeno per quanto riguarda i kulturnjaci. D'altro canto, non č corretto accusare qualcuno per questo vergognoso stato di cose: viviamo, dopotutto, in un tempo di flebili proteste.

Nella sua lettera aperta, scritta in reazione all'iniziativa di Željka Markić, lei si č autoesclusa dalla letteratura croata, annunciando che ricorrerŕ a vie legali nel caso il suo nome comparisse di nuovo in qualsiasi elenco dei testi scolastici. Ma non sa che in Croazia i procedimenti giudiziari si protraggono per anni, diventando mentalmente e fisicamente estenuanti?

Ha ragione, sono stata un po' affrettata. Sapendo come funziona la giustizia croata, probabilmente avrei perso il processo. Ho comunque le mie buone ragioni per chiedere di essere esclusa da ogni curriculum: la prima riguarda la pesantezza del “materiale“, del tutto aspettata e comprensibile. Al pari di alcuni altri analisti della quotidianitŕ post-jugoslava, anch'io ho una biografia parallela, che non scriverň mai perché ne uscirebbe un affaticante e illeggibile libro di lamentele. Questa mia biografia alternativa o “patriottica“ comprenderebbe gli insulti rivoltimi dai “connazionali“, che vanno dallo sputare volgaritŕ su di me alle bizzarre minacce di stampo “patriottico“; la mia esclusione violenta dalla letteratura croata e l'inclusione forzata nella stessa; molestie, mobbing e cyberstalking, compresi il sabotaggio di molti eventi letterari a cui partecipo all'estero (i “connazionali“ vengono alla mia serata letteraria e si mettono a urlare) nonché gli scandali, non privi di attacchi verbali, che spesso accompagnano le mie apparizioni pubbliche. Se decidessi di rendere pubblico tutto l'odio che mi č stato sputato addosso sulla stampa, sul web e nei libri, ne uscirebbe un volume ipertossico. In questo contesto, non ho nulla contro Željka Markić: lei č una delle rare persone che credono che la letteratura possa cambiare la gente. Inoltre, con l'abbattimento del principio di professionalitŕ, eseguito da Franjo Tuđman che premiava le persone che gli stavano intorno non per le loro competenze bensě per la lealtŕ dimostrata nei suoi confronti, creando cosě una struttura statale di stampo mafioso, e con il passaggio emancipatorio alla nuova era digitale, oggigiorno la maggior parte della gente č convinta di poter fare qualunque cosa. Cosě, persone senza alcuna abilitŕ musicale ci stancano con le loro esibizioni vocali, quelle senza alcun talento letterario con i loro romanzi, i politici senza credibilitŕ con le loro promesse, e i dottori senza dottorato con i loro “saperi“. Ma siccome anche noi – consumatori, ascoltatori, spettatori, lettori – col tempo ci siamo storditi e istupiditi, non siamo piů capaci di riconoscere sfumature e differenze.

Giŕ che abbiamo menzionato Zlatko Hasanbegović, la petizione con cui si chiede la sua rimozione dalla carica di ministro č stata sottoscritta da circa cinquecento intellettuali europei, tra cui lo scrittore, filosofo e saggista francese Alain Finkielkraut, che negli anni Novanta fu molto attivo nel promuovere l'indipendenza croata. A suscitare l'indignazione del mondo intellettuale sono state alcune dichiarazioni di Hasanbegović, noto per le sue posizioni revisioniste rispetto alla recente storia croata.

In una regione cosě politicamente sismica come quella balcanica non possono certo mancare i personaggi volubili. Di questo tipo di persone di vedute camaleontiche scrisse ingegnosamente Czeszlaw Milosz ne “La mente prigioniera“. Homo sovieticus, uomo con "le dita incrociate di nascosto" [ipocrita, ndt], cosě veniva chiamato il tipico cittadino dell'Urss. Alcuni nostri contemporanei, ovviamente generalizzando, paragonano l'uomo di oggi ai mangiatori di loto (dell'Odissea), un popolo immerso nell'auto-oblio. Come ogni giapponese sa cosa deve fare quando sente tremare la terra, cosě anche ogni croato sa quando riposizionarsi politicamente. Č quel tipo di gente che quando parla usa sempre “sě, ma...“, riservandosi cosě la possibilitŕ di prendere le distanze. Queste persone sanno bene che, nel caso non riuscissero a riposizionarsi, rimarranno fuori gioco. E rimanere fuori gioco in Croazia, paese strutturato sul modello mafioso, equivale alla pena di morte. La gente non vede nulla di vergognoso nel riposizionarsi costantemente, anzi. Si tende a dimenticare troppo in fretta, si apprezza la scaltrezza piuttosto che la saldezza morale. In questo senso, Alain Finkielkraut, autore del libro Kako se može biti Hrvat (Come si puň essere croati), č davvero diventato un croato.

Come commenta la dichiarazione di Ante Nazor, direttore del Centro di documentazione sulla Guerra patriottica, in cui ha espresso perplessitŕ circa la decisione di intitolare uno dei temi contenuti nella proposta del nuovo curriculum di storia “La Seconda guerra mondiale in Jugoslavia“, invece che “Croati e Croazia nella Seconda guerra mondiale“? 

I giovani storici-militanti, quelli che hanno fatto propria la narrazione impostasi nel 1991, si sono dati il compito di procurare alla Croazia una Storia, laccatura del reale, fatta di eroismo, virilitŕ, potenza. Percependo la cultura e la storia di un popolo come un museo militare, si sono apprestati a costruire e invadere le istituzioni. Tutto ciň non č che un logoro modello di cultura di stato, ormai privo di ogni significato, che servirŕ solo a succhiare soldi dalle casse statali, magari anche da quelle europee. Dopodiché, per evitare che gli investimenti si rivelino un fallimento, questi musei diventeranno meta di gite scolastiche, che verranno ricordate dagli studenti per l'orrore del sapere inutile, un freddo glaciale (conseguenza del mancato pagamento delle bollette del gas da parte del museo) e bagni sprovvisti di carta igienica. A meno che, ovviamente, i patrioti croati di mano generosa non decidano di sponsorizzare regolarmente i loro musei tramite fornitura di carta igienica.

In una occasione lei ha svelato un suo metodo, molto interessante, di analisi critica dello stato di salute della societŕ croata. Ha ancora l'abitudine di prendere il tram su tratte lunghe per poter ascoltare cosa dice la gente?

Mi avvalgo di metodi antropologici, e l'antropologia, come ben noto, č la spia della vita. Anche le terme croate offrono la possibilitŕ di ascoltare indisturbati le conversazioni altrui, come ho potuto recentemente accertarmi godendo dell'acqua calda di una piscina termale. I maschi, la cui maggior parte strategicamente posizionata intorno ai getti d'acqua in modo da bloccare il passaggio ad altri interessati, facevano girare le loro accese conversazioni intorno al glorioso 1991: chi di loro, a quel tempo, disse che cosa e a chi; cosa sarebbe dovuto essere fatto, ma non si fece. Tutto veniva ridotto alla constatazione che i serbi dovevano essere cacciati via piů sistematicamente, giacché ci fu l'occasione. Con lo stesso entusiasmo, gli uomini chiacchieravano di cibo. Ho sentito di nuovo certe espressioni che avevo ormai dimenticato, come “Nessuna carne di pollame potrŕ mai competere con quella di maiale“, nonché la replica: “Vaffanculo al loro pesce con bietole! Che mi diano la pancetta, sono della Slavonia, cavolo!“. E mentre i maschi si erano focalizzati sul tema dell'allevamento di suini per la produzione della carne, oltre che sulla persecuzione dei serbi, realizzata male e a metŕ, le donne meditavano su temi piů leggeri. “Ah, non c'č niente di piů bello che mandare il cervello in vacanza“, ha detto una di loro. Quindi, piscine e tram. Raccomando questi ultimi, sono piů economici. Oltre a ciň, se ne esce piů facilmente.

Viviamo in tempi interessanti, per parafrasare una nota maledizione cinese. Come vede l'epilogo della crisi politica attraversata dalla Croazia?

Le rispondo con un vecchio aneddoto. Camminando nel bosco, Biancaneve incontrň tre nani. “Chi siete?“, chiese Biancaneve. “Siamo i sette nani“, risposero i nani. “Ma come sette, se siete in tre?!“, esclamň Biancaneve con stupore. “Eh, purtroppo ci manca gente!“, replicarono i nani.  

Eppure, “la gente“ non manca, solo che non vive necessariamente in Croazia. Simpatizzo molto con i giovani, ripongo tutta la fiducia nei giovani esperti. Lo scorso anno in Inghilterra, dove ero ospite di un dipartimento di storia, e quest'anno in Germania, ho avuto modo di incontrare diversi giovani laureati, o dottorandi, in materie storiche, di cui molti provenienti dalle repubbliche ex jugoslave. Penso che l'incessante produzione di menzogne e l'assenza non tanto di autoritŕ professionali quanto di quelle morali a cui appoggiarsi – sia che si tratti di media, educatori, esperti o genitori – abbiano spinto i giovani ad attingere alle proprie forze. A loro sarŕ difficile vendere fumo, perché sono istruiti e non messi nella posizione di dover fare compromessi, almeno non ancora. Il comportamento compromissorio di genitori ed educatori ha innescato una forte resistenza da parte di molti giovani. Quelli che al momento suscitano piů curiositŕ sono i giovani storici, oppositori di personaggi come Hasanbegović. Fare lo storico č diventato attraente. Il processo di defascistizzazione delle societŕ post-jugoslave č nelle mani di persone giovani, istruite, irremovibili nei propri principi. Non ci si puň aspettare dall'attuale establishment che avvii questo processo, sarebbe come aspettarsi che si castrino da soli.

Per quanto riguarda l'epilogo della crisi, sono perplessa. Ma siccome adoro gli happy endings, avanzo una modesta proposta. Propongo al governo croato di scrivere sommessamente una lettera a Warren Buffett, in cui spiegare come ha fatto a spolpare il proprio paese fino all'osso, tanto che non vi č rimasto piů nulla, chiedendogli, ammettendo di essere in ginocchio, di prendere la Croazia gratis e di trasformarla in sua residenza estiva o in un resort, impiegando quattro milioni di croati come addetti ai servizi: cuochi, camerieri, maggiordomi, cameriere ai piani, dogsitter, potatori di rose, giardinieri, calliste... Non č affatto divertente, lo so, torniamo seri. La Croazia ha davvero toccato il fondo.



Dubravka Ugrešić još je početkom devedesetih pod nacionalističkim pritiscima napustila Hrvatsku, a udruga U ime obitelji sada bi je izbacila i s popisa školske lektire. To je bio i neposredan povod za razgovor s književnicom koja s amsterdamske distance pozorno prati zbivanja u Hrvatskoj, pa komentira mjesto koje joj (ne) pripada u ovdašnjoj kulturi, nedavne prosvjede za kurikularnu reformu, političku krizu, kontinuitet povijesnog revizionizma…

Kako ste doživjeli minuli masovni prosvjed podrške reformi obrazovanja?

Pratila sam ga s velikim uzbuđenjem. Mislim da je današnje obrazovanje, a to se osobito odnosi na humanistiku, povijest, nacionalne jezike i književnost te uvođenje vjeronauka u škole, u ovih četvrt stoljeća jedan od većih zločina s nesagledivim posljedicama u cijeloj jugosferi. Ne želim biti party pooper, ali nedavni veliki protest za reformu školstva ipak potiče neka pitanja. Kako to da hrvatski ‘kulturnjaci’, mislim ovdje na one starije dobi, unazad dvadesetak godina nisu uspjeli napraviti kakav-takav kritički izvještaj o stanju u obrazovnom sustavu? Kako to da edukatori nisu bili u stanju ponuditi ozbiljne kritičke analize sustava obrazovanja – jer ipak se radilo o školovanju i njihove vlastite djece? Hrvatska kultura i školstvo su rezultat autokratskog hipernacionalističkog projekta, baš kao i sama država Hrvatska. Taj projekt, koji je započeo 1991., realizirao se zahvaljujući participaciji i podršci velikog broja ljudi: edukatora, roditelja, ministarstava za kulturu i ministara, akademija i akademika, medija, izdavača, intelektualaca i književnika. Kultura i obrazovanje bili su od 1991. jasan politički projekt koji se uspio implementirati uz blagoslov velikog broja ljudi, edukatora prije svega. Stručnjaci su mogli vidjeti da je takav projekt kulture i obrazovanja u mnogim svojim elementima prepisan iz endehazijskog. I baš kao što su etabliranjem hrvatske države reetablirani endehazijski simboli, poput kune, zastave i državnog grba, tako je reetabliran i endehazijski koncept nacionalne kulture. Tako je jedna od najvažnijih stavki u tom hipernacionalističkom kulturnom paketu bila kroatizacija hrvatskoga jezika i njegovo čišćenje od smeća (srbizama i jugoslavizama) te vizija kulture kao spleta folklornih, tradicijskih i katoličkih igara. Zbog toga, ali i zbog mnogih drugih stvari koje će sa sobom pokrenuti, ovu reformu treba apsolutno podržati.



Nakon dvadeset i više godina i vi ste konačno dobili mogućnost formalnog prisustva u hrvatskoj kulturi i to u lektirnom prijedlogu kurikularne reforme za hrvatski jezik. Ultrakonzervativni ‘domoljubi’ poput Željke Markić traže da se vaše i neka druga djela izbace iz lektire jer navlače mlade na teme seksualnosti, nastranosti, pedofilije, vampirizma…?

Nakon tolikih godina netko se dosjetio da uključi i moj roman u srednjoškolsku lektiru, pa je logično da se pojavio glas protesta koji je, eto, došao iz udruge U ime obitelji. Pratila sam komentare na članak koji je objavio vijest o akciji udruge. Naime, u dvjestotinjak komentara većina komentatora vrijeđa fizičku pojavu Željke Markić, dok ni u jednom od njih nije spomenuto moje ime, naprosto zato jer nitko od komentatora pojma nema tko sam, kao što ne znaju ni za imena drugih ‘hrvatskih’ književnika. Ali ostavimo njih po strani. Je li se igdje u novinama pojavio artikulirani odgovor zašto predlagač smatra da bi autori poput Slavenke Drakulić, Zorana Ferića, Murakamija i mene trebali biti dio srednjoškolske lektire? Artikulirala se zato ta udruga iz koje smatraju da su ti tekstovi štetni za moralno zdravlje djece. Sve u svemu, zahvaljujući književnom aktivizmu Željke Markić ugodno sam se iznenadila kada sam otkrila da u mojim knjigama ipak ima seksa, jer sam već bila spremna priznati da ga nema. Ona je načas uspjela reanimirati moje djelo i vratiti mu (posve zasluženu!) privlačnost.

Čini se da bi inicijalna strategija nove hrvatske kulture, poznata iz devedesetih kao ‘duhovna obnova’, s novom Vladom mogla biti dovršena? Možebitna sretna okolnost je njezin evidentan raspad. Može li vas više uopće u tom kontekstu čuditi vaša (ne)vidljivost u ovdašnjoj kulturi?

Ne, dakako. Hrvatska kulturna sredina izbrisala me iz svojih redova, što je najsretnije rješenje. Pa ipak, nakon dvadeset i pet godina ‘izgnanstva’ ponadala sam se da neću imati poteškoća, barem ne s objavljivanjem: moje knjige objavljene su u Hrvatskoj na moju, a ne na inicijativu hrvatskih izdavača. Zašto sam se uopće ponižavala tražeći da mi knjige budu objavljene? Činila sam to zato jer sam imala osjećaj da u Hrvatskoj imam čitaoce koji bi rado vidjeli svaku moju novu knjigu. Taj osjećaj danas više nemam. Mislim da je združeni rad proustaški orijentiranih kulturnjaka uspio. Jer ako se i nakon 25 godina ove mučne prakse njezini akteri nisu umorili, ako gradonačelnik Zadra skida tablu s imenom Vladana Desnice, ako to prolazi kroz uši hrvatskih književnika i malo tko se pritom uzbuđuje, onda možemo reći da je posao oko hrvatske duhovne obnove doista završen. Istina, hrvatski kulturnjaci opozicionari, oni koji su se pobunili protiv ministra kulture Zlatka Hasanbegovića, nisu pritom istaknuli da je Hasanbegović zakoniti rezultat dvadesetpetogodišnje kulturne politike, kojoj su šutljivi blagoslov dali mnogi među samim protestantima, onima koji su se tek nakon četvrt stoljeća osmjelili podići glas. Jer bez pojašnjenja, ispada da je Hasanbegović izvršio desant na ministarskog mjesto padobranom i da samo njega treba maknuti, pa će nadalje, barem što se kulturnjaka tiče, sve biti u redu. S druge strane nije fer da se bilo tko optužuje za ovakav sramni rezultat: živimo, naime, u vremenu mlakih protestnih gesta.

U pismu javnosti ste se, nakon reakcije Željke Markić, isključili iz hrvatske književnost najavivši da ćete reagirati sudskim putem ukoliko vaše ime vidite na popisu bilo kojeg budućeg kurikuluma. Ipak, znate li da se tužbe u Hrvatskoj vuku godinama i mentalno i fizički iscrpljuju?

U pravu ste, malo sam se zaletjela. Poznavajući naše sudstvo, najvjerojatnije bih izgubila proces. Za izuzeće iz svakog kurikuluma imam razloge: prvi je očekivani i razumljivi zamor materijala. Kao i neki drugi analitičari postjugoslavenske svakidašnjice, tako i ja imam paralelnu biografiju koju nikad neću napisati jer bi to bila zamorna i nečitljiva knjiga žalbi. Ta moja alternativna ili ‘domovinska’ biografija sastoji se od uvreda koje su mi nanosili ‘zemljaci’; od vulgarnog pljuvanja po meni do suludih ‘zemljačkih’ prijetnji; od nasilnog isključivanja iz hrvatske književnosti i prisilnog uključivanja u hrvatsku književnost; molestiranja, mobinga i cyberstalkinga; od sabotiranja mnogih mojih književnih nastupa u inozemstvu (dođu ‘zemljaci’ i razgalame se na mojoj književnoj večeri) do izazivanja skandala i verbalnih napada na mojim javnim nastupima. Kada bih javno istresla svu mržnju koju su na mene sasuli ljudi u novinama, člancima, na internetu i knjigama, bio bi to jedan supertoksičan svezak. U takvom kontekstu nemam ništa protiv Željke Markić: ona je jedna od rijetkih osoba koje vjeruju da književnost mijenja ljude. Osim toga, s rušenjem načela profesionalnosti, što je učinio Franjo Tuđman nagrađujući ljude oko sebe ne prema stručnosti već lojalnosti koju su mu iskazivali, dakle sa stvaranjem mafijaške državne strukture, i prelaskom u novo emancipatorsko digitalno doba, većina ljudi danas je uvjerena da je sposobna za sve. Tako nas ljudi bez sluha zamaraju svojim pjevanjem, oni bez talenta svojim romanima, političari bez pokrića svojim obećanjima, a doktori bez doktorata svojim ‘znanjima’. Međutim, kako smo i mi konzumenti, slušaoci, gledaoci, čitaoci s vremenom oguglali i otupavili, više nismo sposobni uočiti nijanse i razlike.

Kad spominjemo Zlatka Hasanbegovića, peticiju za njegovom smjenom potpisalo je petstotinjak europskih intelektualaca: među njima francuski pisac, filozof i esejist Alain Finkielkraut, koji se 1990-ih jako angažirao na promicanju hrvatske neovisnosti. Razlog su Hasanbegovićeve revizionističke izjave o hrvatskoj povijesti.

Ovako trusno političko područje mora imati i trusnu vrstu ljudi. O tipologiji ljudi promjenjivih nazora pisao je maestralno Czeszlaw Milosz u svome ‘Zarobljenom umu’. Homo sovieticusom, čovjekom s ‘figom u džepu’, zvali su tipičnog građanina bivšeg Sovjetskog Saveza. Ljude današnjice, generalizirajući, dakako, neki zovu lotus-eatersima (iz ‘Odiseje’), ljudima koji se odaju samozaboravu. Kao što svaki Japanac zna što treba učiniti u trenutku kad se zemlja zatrese, tako i svaki Hrvat zna kada se treba politički repozicionirati. To su ljudi koji u govoru uvijek upotrebljavaju ‘da, ali…’, čime si uvijek grade moguću odstupnicu. Takvi ljudi dobro znaju da će, ako se ne uspiju repozicionirati, ispasti iz igre. A ispasti iz igre u Hrvatskoj, državi strukturiranoj poput mafije, jednako je smrtnoj osudi. U konstantnom repozicioniranju ljudi ne vide ništa sramno, dapače. Stvari ovdje podliježu brzom zaboravu, cijeni se spretnost, a ne moralna konzistentnost. U tom smislu je Alain Finkelkraut, autor knjige ‘Kako se može biti Hrvat’, zaista postao ‘Hrvat’.

Kako komentirate izjavu Ante Nazora, ravnatelja Hrvatskog memorijalno-dokumentacijskog centra Domovinskog rata, kojemu nije jasno zašto u nacrtu prijedloga kurikuluma stoji naslov teme ‘Drugi svjetski rat u Jugoslaviji’, a ne ‘Hrvati i Hrvatska u Drugom svjetskom ratu’?

Mladi povjesničari-jurišnici, koji su naslijedili narativ iz 1991., našli su se da izgrade herojsku, mušku, potentnu, hrvatsku ratničku povijest-lakirovku. Oni su ti koji kulturu i povijest nekog naroda doživljavaju kao vojni muzej. Pa će požuriti da sagrade i usele se u institucije, poput vojnog muzeja. Sve je to prašni državni model kulture koji ne znači ništa i koji će služiti za isisavanje državnog, možda i EU novca, a kasnije će, da investicije ne bi bile promašene, služiti tomu da učitelji vuku onamo školsku djecu, dok će školarci te muzeje pamtiti po teroru bespotrebnim znanjem, po tome što su se tamo smrzli (jer muzeji neće moći platiti grijanje) i po tome da u zahodima nije bilo toaletnog papira. Osim, dakako, ako hrvatski branitelji široke ruke ne odluče da regularno sponzoriraju opskrbu svog muzeja toaletnim papirom.


Jednom prilikom otkrili ste zanimljivu metodu po kojoj kritički propitujete stanje u hrvatskom društvu. Vozite li se, dakle još uvijek tramvajem na dugim rutama i slušate li što ljudi govore?

Koristim antropološke metode, a antropologija je, zna se - špijunaža života. Nedavno sam u hrvatskim toplicama nesmetano uživala u prisluškivanju razgovora u zatopljenom bazenu. Muškarci su se uglavnom strateški raspoređivali oko mlaznica u bazenu, blokirajući put do njih drugim interesentima. Većina temperamentnih razgovora vodila se oko slavne 1991.; tko je što od njih i kome te godine rekao, što je trebalo, a nije učinjeno. Sve se svodilo na zamjerke da je Srbe tada trebalo malo temeljitije protjerati, kad je već bila prilika. Muškarci su s istim entuzijazmom čavrljali o hrani. Ponovno sam čula izreke poput ‘Nema tice do prasice’, na koje sam već bila zaboravila, kao i repliku ‘Jebo ja njihovu blitvu i ribu, daj ti meni slanine, ja sam Slavonac, čovječe!’. Dok su se muškarci usmjerili na teme iskorištavanja svinja u prehrambene svrhe, te šlampave i napola izvedene eksterminacije Srba, žene su kontemplirale na lakše teme. ‘Eh, nema ništa ljepše nego pustit mozak na pašu’, rekla je jedna. Dakle tramvaji i bazeni. Preporučujem tramvaje, jeftiniji su. Osim toga, iz njih se lakše izlazi.

Živimo, kako bi rekla poznata kineska kletva, u zanimljivim vremenima. Kako vidite daljnji rasplet političke krize u Hrvatskoj?

Odgovorit ću starom anegdotom. Šetala Snjeguljica šumom i naletjela na tri patuljka. Tko ste vi? upitala je Snjeguljica. Mi smo sedam patuljaka, odgovorili su patuljci. Kako sedam, kad ste trojica?! začudila se Snjeguljica. Eh, kad se nema ljudstvo! odgovorili su patuljci.

Pa ipak, ‘ljudstvo’ postoji, ali ono ne živi nužno u Hrvatskoj. Najviše simpatiziram s mladim ljudima, polažem svu nadu u mlade stručnjake. Lani sam kao gošća na jednom odsjeku za povijest u Engleskoj i ove godine u Njemačkoj srela mlade ljude, završene studente povijesti, doktorande, od kojih su mnogi iz bivših jugoslavenskih krajeva. Mislim da su konstantna proizvodnja laži i odsustvo više moralnih nego stručnih autoriteta na koje bi se studenti doista mogli osloniti – bilo da se radi o medijima, edukatorima, stručnjacima, roditeljima – natjerali mlade ljude da se okrenu vlastitim snagama. Njima će biti teško prodati toplu vodu jer su obrazovani i nisu stavljeni u poziciju stupanja u kompromis, barem ne za sada. Kompromiserstvo roditelja i edukatora izazvalo je jak otpor kod mnogih mladih. Trenutno su najzanimljiviji mladi historičari, oponenti tipova poput Zlatka Hasanbegovića. Biti historičar postalo je privlačno. Proces defašizacije postjugoslavenskih društava u rukama je mladih, obrazovanih, beskompromisnih ljudi. Od današnje garniture na vlasti ne možemo očekivati da ikada započne proces defašizacije, bilo bi to očekivanje da sami sebe kastriraju. Što se raspleta krize tiče, ne znam. Ipak, kako obožavam happy endove, imam skroman prijedlog. Predlažem hrvatskoj vladi da napiše pokorno pismo Warrenu Buffetu u kojemu će objasniti da su oglodali vlastitu državu kao kost i da nema više, u kojemu će priznati da su na koljenima i zamoliti ga da besplatno uzme Hrvatsku kao neki svoj privatni ljetnikovac ili odmaralište i da zaposli četiri milijuna Hrvata na poslovima servisiranja odmarališta: kao kuhare, konobare, batlere, sobarice, šetače pasa, podrezivače ruža, vrtlare, pedikerke… Znam, nije mi baš neki humor, uozbiljimo se. Hrvatska je zaista na samom dnu.






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