Informazione

Risiera, Arbe, "foibe"... I difficili "25 aprile" di Trieste

Riportiamo due articoli che, pur essendo stati scritti qualche anno
fa, conservano intatta la loro importanza ed attualita'. Il primo
riguarda i crimini italiani nel campo di concentramento di Arbe (oggi
Croazia); il secondo le "foibe", ma non solo...


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http://www.deportati.it/trosso/TR98/tr498/arbe.htm

TRIANGOLO ROSSO
Articoli

L'iniziativa della Fondazione Ferramonti

Dopo 55 anni una lapide ricorda i crimini fascisti nel campo di Arbe

Nel Lager di Mussolini sull'isola croata furono
rinchiusi 15.000 internati. Il regime di
detenzione era così duro che vi furono circa
1.500 morti. Una pagina di storia rimossa,
all'insegna del mito "Italiani brava gente".

di Teresa Grande

Il problema della memoria dei crimini che gravano sul passato
di una Nazione implica la questione della scrittura della
storia, ovvero di ciò che del passato fa storia e fonda, in senso
ampio, gli orientamenti sociali e culturali del presente.

La storia ufficiale e le idee dominanti che circolano,
soprattutto attraverso i media, rispetto al passato di una
Nazione ne strutturano una immagine che tende ad essere
omologante e ad eleggere un "oggetto unico" di memoria che
non corrisponde affatto alla somma algebrica delle singole
memorie in questione (i diversi soggetti coinvolti e le tappe
storiche che vi si riferiscono). I discorsi ufficiali sul passato
sono pertanto verità parziali, spesso tentativi di
autoglorificazione in cui è possibile riconoscere le
idiosincrasie e le contraddizioni, i sintomi di verità ben più
grandi e inquietanti, rimosse da una memoria illusoriamente
portata a circoscrivere la barbarie nell'altro e ad evitarne
l'integrazione nella nostra soggettività storica.

La memoria di una Nazione si compone dunque di un
"racconto" costituito da parti "scelte" del passato: alcuni
eventi vengono esaltati, altri rimossi. Queste "parti scelte"
non sono pertanto frutto del caso, ma sono strutturate e
interpretate in modo tale da tracciare le grandi linee di quella
che possiamo chiamare una "singolarità nazionale", la
delimitazione cioè dei confini di significato entro cui è
possibile inscrivere il giudizio sul passato e su quanto ad esso
è legato.

In questa prospettiva, ad esempio, la specificità del fascismo
italiano nella vicenda delle persecuzioni razziali durante la
Seconda guerra mondiale non è stata definita, nel dopoguerra
e negli anni successivi, sulla base della valutazione dei crimini
effettivamente commessi dagli italiani, ma è stata costruita, al
contrario, operando un confronto costante con il fenomeno
della deportazione e dei Lager nazisti. Eleggendo come
"oggetto unico" della memoria della persecuzione razziale il
Lager tedesco, questo confronto (insieme alla diffusione del
mito degli "italiani brava gente"), ha banalizzato e
relativizzato i crimini compiuti dall'Italia fascista ed ha
costruito così una "singolarità nazionale" forgiata sul modello
del "male minore".

Se negli ultimi anni una parte della storiografia italiana sta
criticando e tentando di smontare questo modello del "male
minore" tramite, ad esempio, lo studio delle misure di
internamento adottate dal governo italiano prima dell'8
settembre del 1943, quindi nel periodo precedente
l'occupazione tedesca, prendono forma tuttavia altri modelli
di banalizzazione e tentativi nuovi di cancellazione dei crimini
italiani. Pensiamo a questo proposito al fenomeno recente di
diffusione del "mito delle foibe" operato da una parte del
mondo intellettuale e politico italiano: il giudizio sul passato
non si fonda qui sul confronto con un "male peggiore", ma è
emesso addirittura tacendo sulle proprie colpe e, di
conseguenza, ignorando l'ineludibile concatenazione storica
degli eventi. Si assiste infatti in Italia ad una attitudine
generalizzata a parlare del "caso foibe" (l'uccisione di italiani
da parte dei partigiani di Tito nel periodo a cavallo della
primavera del 1945), decontestualizzando questa vicenda da
quella più generale dell'aggressione nazi-fascista della
Jugoslavia nella primavera del 1941 e dalle successive
politiche di "pulizia etnica" intraprese dal governo di
Mussolini: l'internamento delle popolazioni delle zone
jugoslave annesse all'Italia in campi di concentramento ed
altre misure ad esso collegate come ad esempio il saccheggio e
l'incendio di villaggi e l'uccisione di ostaggi.

Intessuto attorno al silenzio di questi crimini, il "mito delle
foibe" rappresenta un vero e proprio tentativo di costruire un
discorso "restauratore" riguardo alla vicenda del dominio
italiano sul territorio jugoslavo occupato e all'atteggiamento
fascista nei confronti degli "allogeni", un discorso che,
riconoscendo all'Italia solo lo statuto assoluto di "vittima" e
non quello, antecedente, di "aggressore", mira a ristabilire una
presunta integrità e una dignità storica impossibili da provare.

Le polemiche suscitate dalla costruzione del "caso foibe" -
che si trova attualmente ad un crocevia di giudizi storici,
politici e giudiziari - rendono particolarmente importante
ristabilire l'intera verità storica, precisare cioè quali sono state
le responsabilità dell'Italia che pesano sul destino subito dalle
popolazioni slovene e croate prima e durante l'occupazione
della Jugoslavia.

Il caso del campo di concentramento di Arbe (in croato Rab),
una delle isole che costellano il lato orientale dell'Adriatico
(oggi territorio della Repubblica di Croazia), è uno degli
esempi più tragici dei crimini italiani commessi nei territori
occupati della Jugoslavia durante la Seconda guerra
mondiale. La sua vicenda è emblematica del modo in cui
questi crimini siano praticamente assenti dalla topografia
della nostra memoria nazionale e di come il silenzio in Italia
contrasti con la memoria viva dei luoghi e delle popolazioni
coinvolte.

Il campo di Arbe fu aperto nel luglio del 1942 ed ospitò
complessivamente circa 15.000 internati tra sloveni, croati,
anche ebrei. In poco più di un anno di funzionamento (il
campo cessò di esistere 1'11 settembre del 1943), il regime di
vita particolarmente duro causò la morte di circa 1.500
internati.

La memoria delle vittime (in maggioranza slovene) di questo
campo italiano è custodita oggi da un grande cimitero
memoriale sorto su una parte del campo e sul luogo che, già
all'epoca, ne costituiva il cimitero. Al suo interno una cupola
racchiude un mosaico, opera dello scultore Mario Preglj, che
simbolizza la lotta eterna dell'uomo per la conquista della
libertà. Poco lontano dal complesso commemorativo alcune
sporadiche baracche, inglobate nei terreni coltivati di privati
cittadini, sfuggono allo sguardo del visitatore distratto. La
loro presenza è però ancora in grado di rievocare in modo
autentico il progetto inquietante che l'Italia fascista aveva
riservato alle popolazioni della Jugoslavia assoggettate al suo
dominio.

Nel settembre di ogni anno, nella ricorrenza dell'anniversario
della liberazione, questo 'luogo della memoria" ospita una
sentita cerimonia a cui partecipano rappresentanti delle
Repubbliche slovena e croata e nutriti gruppi di ex internati.
A queste cerimonie né la società civile, né il governo italiano
sono mai stati presenti.

Il silenzio da parte italiana è stato finalmente rotto il 12
settembre di quest'anno, in occasione del 55° anniversario
della liberazione del campo: la Fondazione Internazionale
"Ferramonti di Tarsia" ha partecipato alla manifestazione
con una propria delegazione, ed ha apposto all'ingresso del
cimitero una lapide il cui testo, scritto in italiano e in croato,
dichiara per la prima volta da parte italiana, sullo stesso luogo
teatro di questo crimine, le colpe dell'Italia. Il testo della
lapide recita: «In memoria di quanti, negli anni 1942-1943,
qui finirono internati soffrirono e morirono per mano
dell'Italia fascista".

Il significato particolare dell'iniziativa - che si inserisce nel
quadro più ampio delle attività che la Fondazione Ferramonti
ha dispiegato in questi anni per promuovere la ricerca e il
recupero della memoria dell'internamento civile fascista - è
stato precisato dal presidente della Fondazione Carlo
Spartaco Capogreco nel discorso che ha accompagnato lo
scoprimento della lapide.

L'intera cerimonia si è svolta in un clima carico di emozioni e
di ricordi ancora vivi, sottolineati dalla commozione con cui,
come un comune "giorno dei morti", gli ex internati e i
familiari presenti depositavano fiori e corone sulle tombe delle
vittime. A ragione Milan Osredkar, sloveno ed ex internato a
Gonars, ha definito quello di Arbe "il più grande cimitero
sloveno".

La presenza italiana ha suscitato grande soddisfazione tra le
autorità politiche e i rappresentanti delle varie associazioni
presenti alla manifestazione, segno, forse, della speranza che il
lungo silenzio italiano su questo passato tristemente comune
venga finalmente messo in discussione e che anche questa
verità storica entri nel quadro del dibattito attuale sui rapporti
tra l'Italia e la Jugoslavia negli anni della Seconda guerra
mondiale.

Il 55° anniversario della liberazione del campo di Arbe è stato
anche l'occasione per la presentazione di due pubblicazioni
che il croato Ivo Kovacic e l'ex internato, e già ministro
sloveno ai tempi di Tito, Anton Vratusa hanno dedicato alla
vicenda di Arbe. Questi volumi vanno ad arricchire la già
fiorente bibliografia sulla storia di questo campo di
internamento dell'Italia fascista a cui la storiografia italiana
ha, finora, prestato poca attenzione.

Ricordare la tragedia del campo di Arbe e riconoscerne le
responsabilità italiane non e però solo un problema
storiografico o di politica internazionale, ma anche di
sensibilità civile. L'atto pioniere dell'apposizione della lapide
va interpretato in tal senso come un gesto dirompente per il
«risveglio" della coscienza nazionale atrofizzata, come una
denuncia della mancata elaborazione della memoria
(collettiva e storica) degli italiani di questo crimine dell'Italia
fascista.

Teresa Grande


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FOIBE, MA NON SOLO.

Le celebrazioni per il 25 aprile del 2000 nel Friuli Venezia
Giulia resteranno nella storia perchè nel corso di esse è stato
sancito quello che (ben 25 anni fa!) uno storico triestino definì
"accostamento aberrante", ovvero l'equiparazione delle "foibe"
alla Risiera di San Sabba (la quale, ricordiamo, fu l'unico campo
di sterminio nazista nell'attuale territorio italiano). Ma
ricostruiamo un po' di fatti storici.

Subito dopo l'8 settembre 1943 le truppe partigiane
dell'Esercito di Liberazione jugoslavo presero possesso di una
parte del territorio istriano. Il potere popolare durò una
ventina di giorni, un mese in alcune zone: poi i nazifascisti
ripresero il controllo su tutta l'Istria. Dai giornali dell'epoca
leggiamo che l'"ordine" riconquistato costò la vita di 13.000
istriani, nonché la distruzione di interi villaggi. Nel contempo
i servizi segreti nazisti, assieme a quelli della R.S.I.,
iniziarono a creare la mistificazione delle "foibe": ossia i
presunti massacri che sarebbero stati perpetrati dai partigiani.
In realtà dalle "foibe" istriane furono riesumati circa 300
corpi di persone la cui morte potrebbe essere attribuita a
giustizia sommaria fatta dai partigiani (ma per alcune cavità si
sospetta che vi siano stati gettati dentro i corpi dei morti
sotto i bombardamenti nazisti) nei confronti di esponenti del
regime fascista: ciononostante basta dare un'occhiata ai giornali
dell'epoca ed agli opuscoli propagandisti nazifascisti per
rendersi conto di come l'entità delle uccisioni sia stata
artatamente esagerata per suscitare orrore e terrore nella
popolazione in modo da renderla ostile al movimento partigiano.
I contenuti ed i toni di tale mistificazione sono gli stessi
che per più di cinquant'anni abbiamo visto propagandare dalla
destra nazionalista: "migliaia di infoibati solo perché italiani,
vecchi, donne e bambini e persino sacerdoti", "infoibati ancora
vivi" e "dopo atroci torture" (non di rado s'è poi visto che le
sedicenti "vittime" scampate alle "sevizie titine" erano in
realtà criminali di guerra che descrivevano le cose che essi
stessi avevano fatto ad altri), e così via.

In realtà non c'è quasi nulla di vero in tutto questo. Da
stessa fonte fascista (il federale dell'Istria Bilucaglia) appare
che nell'aprile del 1945 erano circa 500 i familiari di
persone uccise dai partigiani dopo l'8 settembre 1943; in
seguito, dopo la fine della guerra, da Trieste scomparvero poco
più di 500 persone, tra prigionieri di guerra morti nei campi di
lavoro, collaborazionisti arrestati dai partigiani, processati e
condannati a morte per crimini di guerra e vittime di vendette
personali. Le donne uccise furono poche (e quasi tutte
pesantemente compromesse con il nazifascismo, così come i
sacerdoti), bambini nessuno. Lo stesso Gianni Bartoli
(democristiano, esule istriano, sindaco di Trieste negli anni
'50), nel suo "Martirologio delle genti adriatiche" fa un totale
di circa 4.000 nomi di morti per tutta la "Venezia Giulia" (cioè
le attuali provincie di Trieste e Gorizia ed il retroterra di
queste provincie che ora si trova in Slovenia), l'Istria, Fiume e
la Dalmazia; per il periodo tra l'8.9.43 e l'estate del '45, e
che comprende anche caduti in battaglia (oltre a diversi errori
di trascrizione, nomi duplicati o persone che non morirono
all'epoca ma rientrarono dalla prigionia).

Dicevamo che da più di cinquant'anni la destra ci bombarda con
la sua propaganda contro i "crimini di Tito" per questo presunto
"genocidio" delle foibe. Tale propaganda logicamente non è fine a
se stessa, viene tirata fuori ciclicamente a seconda del periodo
politico: quando va in discussione la legge di tutela per la
comunità slovena in Italia, ad esempio; oppure all'epoca del
processo per i crimini commessi nella Risiera (allora si disse:
perché non processare pure gli "infoibatori", dimenticando che
per le vendette personali consumatesi all'epoca furono celebrati
alla fine degli anni '40 una settantina di processi), così quando
fu estradato e processato Erich Priebke; ed ancora ogni qual
volta si discute se Slovenia e Croazia possono entrare
nell'Unione Europea.

Da qualche anno le cose però sono cambiate, e non in meglio:
difatti una buona parte della sinistra, invece di dedicarsi a
smascherare le mistificazioni fasciste, ha deciso di fare proprie
quelle tesi menzognere, avallando il discorso che vi furono
"migliaia di infoibati" e che questi vanno "onorati", perché
vittime innocenti di un regime totalitario. Così si sono visti
esponenti del PCI prima e del PDS dopo andare a portare fiori
sulla "foiba" di Basovizza (dalla quale, va detto, non sono stati
esumati più di venti corpi, mentre l'iscrizione ufficiale del
monumento parla di "500 metri cubi di corpi di infoibati"), fare
pubbliche dichiarazioni di "pacificazione" e condanna
dell'operato dei partigiani (o delle "bande titine", come si
sente a volte dire, ricalcando le terminologie nazifasciste).

"Onorare i martiri delle foibe", sentiamo dire ormai troppo
spesso anche a sinistra. Dove si sa che nelle foibe finirono
gerarchi, spie, torturatori, rastrellatori, squadristi e via di
seguito, quindi persone che non ci pare proprio il caso di
onorare. Di questo passo ci vedremo a portare fiori e
commemorazioni pure a piazzale Loreto per il Duce e Claretta
Petacci...

Ma, dicevamo, queste mistificazioni non sono fini a se stesse,
quantomeno non per la destra. (Come mai certi esponenti di
"sinistra" ci caschino in pieno è un problema che sarebbe
interessante approfondire, ma non abbiamo per il momento elementi
per farlo).

Negli ultimi mesi abbiamo assistito ad una escalation
neoirredentista collegata al cosiddetto processo romano "per le
foibe", dove in realtà c'erano tre soli imputati: uno era
accusato della morte di una decina di persone in Istria e gli
altri due di avere ucciso tre uomini a Fiume. Due di questi
imputati sono nel frattempo morti e sono rimaste in piedi solo le
accuse contro il fiumano Oskar Piskulic, imputato dell'omicidio
di tre esponenti "autonomisti" (cioè di un movimento che
rivendicava l'indipendenza della città di Fiume). Attorno a
questo processo, iniziato con le denunce dell'avvocato Augusto
Sinagra (noto alla cronaca per essere stato l'avvocato di Licio
Gelli, nonché membro della P2, nonché difensore del governo turco
per l'estradizione del leader kurdo Ocalan ed un tempo
simpatizzante di Alleanza Nazionale) si muovono tutta una serie
di iniziative (conferenze, comunicati stampa, volantinaggi,
manifestazioni...) organizzate da diverse forze politiche, che
ruotano però più o meno tutte attorno alla figura di questo
eclettico avvocato, che è intervenuto sia a convegni organizzati
da A.N. che da Fascismo e Libertà, sia dalle Associazioni degli
Esuli, che da altri circoli di estrema destra.

Ma in tutte queste conferenze Sinagra ha ribadito sempre più o
meno le stesse cose. Che non gli importa (parole testuali) che
"certi criminali vengano a sporcare le nostre galere", perché
questo processo non deve servire per fare condannare chi avrebbe
ucciso delle persone. Quello che è importante, secondo Sinagra, è
che il processo serve per "ottenere in sede giudiziaria quella
verità che ci è stata negata in sede storica e politica": cioè
che grazie a questo processo si starebbe ricostruendo una
"coscienza nazionale". A quale scopo questa coscienza? Seguiamo
il resto degli interventi di Sinagra, che si scaglia contro lo
Stato italiano (che "ci ha tradito") e tutti i suoi governi,
tranne quello Berlusconi, perché l'allora ministro Martino fu
l'unico "a ribadire i diritti storici dell'Italia sull'Istria,
Fiume e Dalmazia". Terre che Sinagra insiste nel ripetere che
"piaccia o non piaccia a qualcuno, in futuro torneranno alla
madre patria italiana".

Questo diritto di riconquista, dunque, nascerebbe dal
riconoscimento in sede giudiziaria del "genocidio" (Sinagra
arriva al punto di parlare di 22.000 "infoibati"!) perpetrato
dagli "slavocomunisti"? E come credono l'avvocato ed i suoi
simpatizzanti di ottenere tale "ritorno alla madre patria
italiana"? Con o senza una guerra d'aggressione?

E che vi siano dei motivi in più per preoccuparsi, lo vediamo
quando Sinagra dice che il senatore (D.S.) Pellegrino, presidente
della Commissione Stragi, gli avrebbe chiesto una richiesta
formale per occuparsi, all'interno della Commissione, anche della
"strage" delle foibe. Tale richiesta assume un significato
particolare se si ricordano le dichiarazioni dello stesso
senatore Pellegrino tre anni fa in un'intervista al periodico di
estrema destra "Area": "una volta chiarite le foibe si riuscirà a
capire la storia interna del Paese: perché uomini della destra
radicale e partigiani bianchi si sono uniti in gruppi clandestini
anticomunisti". Cioè usare le foibe per "giustificare" la Gladio?

Come si vede, la questione delle foibe non è solo una
questione di storia, di problemi di più di cinquant'anni fa; qui
si tratta di destabilizzazione, qui ci giochiamo il futuro del
nostro Paese e dei Paesi a noi confinanti.

("La Nuova Alabarda", Trieste - maggio 2000)

(for the english text see:
Kosovo: Minorities are prisoners in their home
http://web.amnesty.org/library/print/ENGEUR700142003 )

* Un nostro commento segue in fondo *


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Subject: Rapporto di Amnesty International sul Kosovo/Kosova:
"Minoranze prigioniere a casa propria"
Date: Tue, 29 Apr 2003 22:32:48 +0200
From: "Ufficio Stampa Amnesty " <press@...>
To: balcani@..., news@...


Gent.mi tutti,

vi trasmettiamo il comunicato stampa della Sezione Italiana di
Amnesty International:


Rapporto di Amnesty International sul Kosovo/Kosova: "Minoranze
prigioniere a casa propria"



Grazie per la cortese attenzione

Per ulteriori informazioni, approfondimenti ed interviste:

Ufficio Stampa
Amnesty International
Tel. 06 44.90.224
cell. 348-6974361
e-mail: press@...




ALLA CORTESE ATTENZIONE DEL CAPO-REDATTORE ESTERI


COMUNICATO STAMPA
CS 67-2003


RAPPORTO DI AMNESTY INTERNATIONAL SUL KOSOVO/KOSOVA: "MINORANZE
PRIGIONIERE IN CASA PROPRIA"


A quasi quattro anni dalla fine della guerra, le minoranze del
Kosovo/Kosova (*) sono ancora a rischio di subire uccisioni ed
attacchi a sfondo etnico: è quanto ha denunciato oggi Amnesty
International, presentando un nuovo rapporto dal titolo "Prigionieri
nelle nostre case".

Il rapporto descrive come le minoranze in Kosovo/Kosova non abbiano
modo di ottenere giustizia per gli atti di violenza e le minacce alla
propria integrità fisica e psicologica da loro subiti. L'impunità per
questi abusi dei diritti umani costituisce un effettivo impedimento
alla libertà di movimento e una limitazione al godimento dei diritti
fondamentali, come quelli al lavoro, alla salute e all'istruzione.

"Fino a quando questi diritti non potranno essere garantiti, i
rifugiati e i profughi interni che si trovano all'estero o in altre
zone della Serbia-Montenegro non saranno in grado di rientrare nelle
proprie terre" - ha osservato Amnesty International. "Ora che si sta
discutendo sul futuro dell'Iraq, la comunità internazionale deve tener
presente le lezioni del passato e assicurare l'adozione di misure
efficaci per proteggere i diritti umani dei gruppi vulnerabili e
assicurare che non vi sarà alcuna impunità per gli autori degli abusi
dei diritti umani".

Nel suo rapporto, Amnesty International afferma che l'amministrazione
internazionale del Kosovo/Kosova si è trovata impreparata ai massicci
abusi dei diritti umani contro le minoranze, seguiti al rapido rientro
della comunità albanese. Sebbene gli atti di violenza contro le
minoranze siano sensibilmente diminuiti rispetto ai mesi
immediatamente successivi alla fine della guerra, essi continuano
tuttavia ad avere luogo.

Il fatto che in larga parte i reati a sfondo etnico restino impuniti
rafforza la sensazione che i loro autori rimarranno liberi di compiere
ulteriori attacchi e contribuisce ad alimentare un clima di paura.
L'impunità per gli abusi presenti e passati nega alle minoranze del
Kosovo/Kosova i diritti fondamentali garantiti dalle leggi nazionali e
dalle norme del diritto internazionale applicabili in questo
territorio.

"Le quotidiane intimidazioni subite da serbi, bosniaci, gorani, rom,
ashkali ed egiziani (**) limitano la loro libertà di movimento. Il
timore di avventurarsi fuori dalle enclavi monoetniche rafforza la
percezione di prigionia e di esclusione e nega alle minoranze il
godimento dei fondamentali diritti umani" - ha aggiunto Amnesty
International.
"L'impossibilità di avere accesso a cure mediche adeguate ha
determinato un aumento dei tassi di mortalità e delle malattie
all'interno dei gruppi minoritari. In alcune zone, questi non hanno
accesso alle medicine di base".

Nei casi di emergenza, i pazienti devono rivolgersi alla Kfor (la
forza multinazionale a guida Nato presente in Kosovo/Kosova) o recarsi
a un posto di blocco della Kfor e attendere di essere scortati a un
ospedale: spesso questi ritardi hanno conseguenze fatali.

All'interno delle enclavi monoetniche vi è una grande difficoltà di
reperire insegnanti qualificati. Per i bambini che vivono al di fuori
di queste enclavi, andare a scuola spesso significa un viaggio di
diversi chilometri sotto scorta della Kfor. Ad esempio, venti bambini
serbi di Pristina/PrishtinÞ devono recarsi sotto scorta della Kfor a
una scuola elementare di Llapje Selo/LlaplasellÞ, a otto chilometri di
distanza.
Un'insegnante delle elementari di Prizren viene presa ogni lunedì
mattina dalla Kfor e accompagnata nel villaggio in cui lavora, dove
rimane fino al venerdì, quando sempre sotto scorta viene
riaccompagnata a casa.

L'impiego è a sua volta sottoposto a forti restrizioni. Si calcola che
fino al 90% dei serbi e dei rom siano ufficialmente disoccupati. Nel
giugno 1999 tutti i serbi sono stati licenziati dalle industrie
statali e dai servizi pubblici.

In base alla risoluzione 1244/99 del Consiglio di Sicurezza, la Unmik
(la polizia civile delle Nazioni Unite) ha la responsabilità di
proteggere e promuovere i diritti umani. Amnesty International chiede
alla Unmik e all'Istituzione provvisoria di autogoverno di affrontare
seriamente il problema dell'impunità e prendere misure adeguate a
proteggere i diritti delle minoranze che già vivono in Kosovo/Kosova.
Queste misure serviranno a garantire alle minoranze che vivono
all'estero o in altre zone della Serbia-Montenegro l'esercizio del
proprio diritto a tornare in Kosovo/Kosova in condizioni di sicurezza
e dignità.

Mentre la possibilità di rientrare continua a dipendere dalla presenza
della Kfor, Amnesty International chiede alla comunità internazionale
di assicurare che nessun membro dei gruppi minoritari sia fatto
rientrare con la forza in Kosovo/Kosova.

(*) Tutti i nomi di luogo contenuti in questo comunicato sono scritti
in lingua serba e in lingua albanese.
(**) I gorani sono slavi musulmani. Gli ashkari e gli egiziani sono
albanofoni musulmani e si considerano gruppi distinti dai rom

FINE DEL COMUNICATO
Roma, 29 aprile 2003


Il rapporto in lingua inglese, Kosovo/Kosova - "Prisoners on our own
homes", è reperibile sul sito www.amnesty.org

Per ulteriori informazioni, approfondimenti ed interviste:
Amnesty International - Ufficio stampa
Tel. 06 44.90.224, cell. 348-6974361, e-mail: press@...


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Nostro commento:

Riceviamo e restiamo sconcertati alla lettura di questo comunicato di
Amnesty International. Per svariati motivi.
Il motivo principale risiede nel fatto che il comunicato giunge
veramente fuori tempo massimo, quando "tutti i polli sono scappati dal
pollaio", per dirla con un proverbio. Letteralmente, sono piu' di tre
anni che la stragrande maggioranza dei cittadini appartenenti alle
cosiddette "minoranze etniche" sono scappati dal Kosovo-Metohija (oggi
protettorato NATO) trasferendosi soprattutto in altre zone della
Serbia. Il comunicato non fa menzione dell'entita' di questo flusso di
profughi (almeno 300mila persone!) ne' chiarisce quale debba essere il
loro futuro.
Nel comunicato si dice pero': "Amnesty International chiede alla
comunità internazionale di assicurare che nessun membro dei gruppi
minoritari sia fatto rientrare con la forza in Kosovo/Kosova"... "Con
la forza" sono scappati, e "con la forza" gli estremisti pan-albanesi
ne impediscono il rientro - dunque che cosa sta effettivamente
chiedendo Amnesty International alla "comunita' internazionale"?

E chi e' la "comunita' internazionale"? Quella che alleandosi con
l'UCK ha trasformato il Kosovo-Metohija in un inferno, da almeno
cinque anni, alimentando l'esplosione del terrorismo secessionista?

Per avere una idea di quell'inferno suggeriamo caldamente di non
fermarsi al comunicato di Amnesty International, e di visionare
piuttosto il documentario "I dannati del Kosovo" (piu' sotto le
indicazioni su come procurarselo). Dal canto nostro, non ci rimane che
ricordare che pochi anni fa in Kosovo-Metohija ed in tutta la
Jugoslavia non c'erano "minoranze etniche" ma solamente cittadini con
gli stessi diritti e doveri, appartenenti semmai a diversi gruppi
nazionali garantiti dal punto di vista linguistico e culturale. La
"comunita' internazionale" ha voluto distruggere tutto cio', facendo
leva sui secessionismi. Dunque, chiamare essa a proteggere oggi gli
abitanti significa chiamare la volpe a fare la guardia al pollaio.

(a cura di AM per il CNJ)

GLAS JAVNOSTI

http://www.glas-javnosti.co.yu/danas/srpski/I03042902.shtml

Sreda, 30. 4. 2003.
Cetvrtak, 1. 5. 2003.
Petak, 2. 5. 2003

Intervju:

Tomislav Nikolic, zamenik predsednika Srpske radikalne stranke

Ko s kim sadi tikve po Srbiji

Za 42 dana, koliko je trajalo vanredno stanje posle ubistva Zorana
Dindica, Srpsku radikalnu stranku i Vojislava Seselja vlasti su
cesto povezivale s takozvanim "zemunskim klanom", optuzujuci ih da su
i sami doprineli atmosferi politickog linca. Koliko u tim optuzbama
ima istine, ali i koliko su sami, svojim istupima zasluzni za to, za
"Glas" govori Tomislav Nikolic, zamenik predsednika Srpske radikalne
stranke.

Zasto se Srpska radikalna stranka suprotstavila uvodenju vanrednog
stanja?
- Ubistvom premijera mi vise nismo imali Vladu, jer, po Zakonu,
predsednik Vlade prestavlja Vladu. Na primer: ostavka predsednika
Vlade automatski povlaci ostavku cele Vlade, opoziv predsednika Vlade
povlaci ostavku cele Vlade. Onog casa kad je Vlada bila bez
predsednika, nije mogla vise da donosi nijednu meru, mogla je samo
da tehnicki obavlja poslove dok se ne izabere nova. Oni su se
nelegalno i neustavno sastali i predlozili uvodenje vanrednog stanja.
Taj predlog je Natasa Micic trebalo da odbaci, jer ona nije predsednik
Srbije. To znaci da ona nije mogla da proglasi vanredno stanje.

Zar ubistvo premjera nije dovoljan razlog za uvodenje vanrednog
stanja?
- Onima na vlasti vanredno stanje je posluzilo da se pojavljuju kad
god hoce i govore o cemu hoce. A to pravo su suspendovali svima, pa
i opozicionim strankama. O razlozima i ponasanju u vanrednom stanju
mogli su samo oni da govore. Kad ni to nije bilo dovoljno, izrekli
su nekoliko rigoroznih kazni, bez zakona, bez ovlascenja... Moje
gostovanje na TV Trsteniku kostalo ih je 50.000 dinara, a glavnog
urednika 30.000, samo zato sto sam komentarisao situaciju u zemlji.
To je posluzilo najpre kao prikriveni, a posle kao potpuno otvoreni
obracun s opozicijom.

Vojislav Seselj je, neposredno pred odlazak u Hag, dao intervju u
kome pominje krvavo prolece u Srbiji. Neki su to protumacili kao
"najavu" ubistva Zorana Dindica. I vi ste odmah posle atentata
izjavili "ko s davolom tikve sadi, o glavu mu se obijaju". Zasto ste
davali takve izjave?
- Politicari iz opozicije svoju snagu dokazuju zestinom u odnosu na
vlast. Canak je kao opozicionar, na mitingu na Terazijama rekao za
Milosevica: Evo, obesicemo ga ovde, na ovaj kandelabr cemo da ga
obesimo. Vesna Pesic je, na mitingu u Vrscu, rekla: "Moramo da
primenimo rumunski sindrom" (na Milosevica prim.a). Zoran Dindic je
1996. na mitingu rekao: Tog mrtvaca iznecemo iz kuce, milom ili silom?
(Milosevica prim.a) To su opozicioni govori!

I sam sam na mitingu, dan pred odlazak Seselja, rekao: "Ako vidite
Dindica narednih mesec ili dva, porucite mu da je i Tito pred smrt
imao problema s nogom". To su politicki govori. A ako je to znak da
sam ja, ili neko od radikala, ubio Zorana Dindica, idem i u zatvor.

Kakve dokaze imate za to?
- Citajte knjigu Dragana Bujosevica o 5. oktobru. On pise kako je sve
organizovano. Kako se sastao Dindic s Legijom i kako je dobio
obecanje da nece intervenisati policija, vojska, ko je bio zaduzen da
dovede bandu i iz kog dela Srbije, ko da upali Skupstinu? Zar to nije
bilo udruzivanje radi organizovanog kriminala! I, na promociji su bili
svi politicari.

Ali, na nekom drugom mestu pise da se Seselj setao sa Spasojevicem?
- Nikad se sa njim nije setao! Igrao je sah s Cumetom, koji je sada
njihov glavni svedok, saradnik. To je bilo prilikom jednog obilaska
Opstine Zemun. Seselj je, kao predsednik Opstine, stigao u Surcin, a
oni su sedeli ispred svog poslovnog centra.

A Dragoljub Markovic?
- Markovic je tada dobio titulu zasluzni gradanin Zemuna zato sto je
tamo razvio neki posao, farme. Gledalo se da se ti uspesni ljudi na
neki nacin stimulisu. Posle toga je on poceo da saraduje sa DOS-om,
da im kupuje konje, da im pravi kuce.

Pomenuli ste da i njega treba ispitati. Zasto?
- Kako da ne! Pa pravi voda surcinske bande nije Ljubisa Buha Cume,
nego Dragoljub Markovic!

A to, znaci, nije bio dok se s vama druzio?
- Mi nista o njemu nismo znali. Seselj nikad nije ni jedan podatak
krio od javnosti ni sekund. I cim je saznao da je Dragoljub Markovic
kriminalac, on je to izneo u javnost. Bez obzira sto je ovaj posle
toga govorio: Jeste, a bio sam vas pocasni gradanin. Pa jesi, bio si,
ali sad znamo da si kriminalac. Kad smo saznali za Maku, sta je Srbija
znala o njemu, sta je Srbija znala o Nikiju Kurku, koji je organski
vezan za Nebojsu Covica?

Upravo g. Covic kaze da ce se o ulozi Vojislava Seselja u ubistvu
premijera znati vise kad se uhapsi Maka...
- Nebojsa Covic, koji bandu kriminalaca drzi u svom okruzenju!
Nebojsa Covic, za koga mozete da procitate da je 5. oktobra sa svojim
ljudima i s dugim naoruzanjem izasao. Odakle? I gde je sada to dugo
naoruzanje? I odakle njemu pre 5. oktobra duge cevi? Njegov covek je
isao u Francusku da prepozna Dusana Spasojevica kad su ga uhapsili
zbog otmice Miskovica, to je sam izjavio. Koji to covek Nebojse
Covica poznaje Dusana Spasojevica?

Odlazak Mire Markovic i Vojislava Seselja iz zemlje, gotovo
istovremeno, vladajuci politicari dovode u vezu. Zasto?
- Osam godina Seselj govori: Ako protiv mene podignu optuznicu, ici
cu u Hag dobrovoljno. Sredinom januara, iz dva razlicita izvora iz
DOS-a, Seselj i ja smo saznali da je optuznica tu, samo da nece jos da
je objave. I poceli smo da pripremamo njegov odlazak. Kad je optuznica
objavljena, zakazali smo kongres SRS, miting podrske. Javno smo
saopstili datum putovanja, i kakve to ima veze sa ubistvom premijera
ili putovanjem Mire Markovic? Pazite, neko iz Vlade je rekao: ovi su
organizovali ubistvo premijera Srbije da bi Seselja doveli na vlast.
Pa zasto je, onda, to uradeno kad je Seselj otisao i kad ne moze da
dode na vlast? Od uhapsenih ne znam nikoga.

Mozete li to isto da tvrdite i za g. Seselja?
- Za njega mogu da tvrdim da je samo igrao sah s g. Buhom. Ali zato
prozivam DOS da kazu koliko su se puta nalazili, ko ih je vadio iz
zatvora, ko im je davao podrsku. Zasto ih niko nije jurio dok je bio
Dindic ziv.

Na brifingu u Vladi Srbije receno je da je zemunski klan finansirao
SRS i Seseljevu kampanju, a da je zauzvrat on planirao ubistva,
otmice..?
- Postoji li ijedno ubistvo koje Seselj nije javno razotkrio? A nasa
kampanja je obavljena bez ijednog postera, jednim autom smo isli kroz
celu Srbiju, bez placenih bilborda, zakupljenih termina na TV, ni
jedan spot. Dakle, finansijski krajnje skromna. Onaj koga mafija
finansira trosi novac, jer kad dode na vlast, on to mora toj mafiji
da vrati.

Seselju se i ta "obelodanjivanja ubica" stavljaju na dusu. Tvrdi se da
je te podatke znao jer je imao veze sa "klanom". Da li je to istina?
- Dindicevo ubistvo je visilo u vazduhu, ocekivalo se svakog casa.
Kazu, politicari su doveli do toga sto je ubijen Dindic, a posle
kazu da su ovi sto kila droge mesecno prodavali. Pa, znate, ako vam
neko preti da ce vam to ukinuti, ne treba vam drugi povod.

Znaci, mislite da je premijer bio resen u nameri da se izbori s
kriminalcima i da mu je zbog toga preceno?
- Ja ne znam ko je kome pretio. To znaju ovi iz DOS-a jer oni sve
znaju. Ali, ako je suditi po mnogobrojnom obezbedenju, ocigledno je da
je tu nesto postojalo. Oni su znali s kim su dosli na vlast i znali su
da to ne moze vecito da traje. Ne mozete da obavljate vlast, a da
imate podrsku mafije. Jednog casa morate da rascistite ili s vlascu,
ili s mafijom.

Da li je to razlog zasto je ubijen Dindic ?
- Ja sad mogu samo da nagadam, ali pravo da vam kazem, policija se
potrudila da ubije i Lukovica i Spasojevica, da ne bi mogli da
svedoce. I mi smo ih zamolili pre neki dan da, ako je ikako moguce,
uhapse zivog Legiju, a ne da jednog dan osvane: "Ubijen Legija", jer
onda necemo nista saznati. Bas me zanima sta je to navelo kriminalce
da ubiju Dindica kad su sve vreme ziveli kao bubreg u loju? Postoji
prica iz Vlade Srbije, i to je na TV rekao Canak, da je Legija dva
sata posle ubistva imao policijsko obezbedenje i policijski dzip, i
da mu je tek posle ubistva oduzeto to obezbedenje. Kolaju price
Zemunom da je ta zemunska banda bila u dva kafica tog dana i da su,
kad su na TV videli svoje slike, rekli: Ej, bre, ovi ce nas da optuze
za ovo, hajde da bezimo. Svasta se ovde prica! Zato sto nema pravih
informacija, zato sto (Vladimir) Beba Popovic s brifinga u Vladi
dozira informacije.

E, sada, pravo je pitanje; da li ga je Dindic najurio kao coveka koji
mu je vec smetao, sto je bilo ocigledno, kako se on to vratio onog
dana, ko je odobrio da on nosi kovceg Zorana Dindica, ko je odobrio
da Miodrag Kostic nosi kovceg Zorana Dindica... Pogledajte slike,
vidite ko je s kim u vezi, s Opacicem i s Cankom, s kriminalcima.
Opacic, najveci diler droge za Vojvodinu, nerazdvojni Canak i Miodrag
Kostic... Pa nesto tu ima!

Na osnovu cega izvodite te zakljucke?
- Citam novine, slusam sta jedni o drugima izjavljuju, meni je sve
jasno.

B. RISTIC

****

http://www.glas-javnosti.co.yu/danas/srpski/I03042903.shtml

Vojislav Kostunica, predsednik DSS, o vanrednom stanju, aferama,
saradnicima

Sva pamet nije u DOS-u

Pokusaj da se uspostavi jednopartijski sistem. Trebalo je da bude
napadnuta clanica NUNS-a da bi se otvorila prica o Vladimiru
Popovicu.
Nisam hteo da mi saradnici budu plimoglavci

- Jos pre dve i po godine, u vreme septembarskih izbora, zalagao sam
se za zivot u jednoj normalnoj i dosadnoj drzavi. Desilo se nesto
drugo. Posle svega onoga sto je ova zemlja posebno u poslednjih 10
godina pregurala bilo je normalno ocekivati da necemo uploviti u te
vode tako brzo. Petooktobarska idila je trajala veoma kratko, a tek
sto smo se probudili iz sna i shvatili da Milosevic vise nije na
vlasti, dosli su sporovi sa Crnom Gorom, razbuktala se pobuna na jugu
Srbije, u zatvorima... I kao da svega toga nije bilo dosta, nova vlast
DOS-a pokusavala je da se ucvrsti i stvori privid uspesnosti
stvaranjem raznih afera i napadom na politicke neistomisljenike.

Ovo za "Glas" kaze Vojislav Kostunica, predsednik Demokratske
stranke Srbije. Lider najjace opozicione stranke i bivsi predsednik
SRJ, podseca na "slucaj Pavkovic" i Anketni odbor u Skupstini Srbije,
za koji tvrdi da je projektovan iz Vladinog Biroa za komunikacije,
"odakle se i sada napadaju svi koji drugacije misle".

Koliko je vanredno stanje iskorisceno za obracun s politickim
neistomisljenicima?
- Kada je vanredno stanje i formalno uvedeno nastao je niz pravnih
problema i o tome su govorili mnogi pravnici. Naredba kojom je
uvedeno vanredno stanje neustavnija je od Milosevicevog zakona iz
1991. godine. Njegov zakon nije primenjen cak ni u tezim prilikama.
Postoji iskustvo i drugih zemalja koje su izgubili sefove drzava ili
vlada, pa nisu uvodile vanredno stanje, ali su insistirale na pitanju
odgovornosti. Formirane su drzavne komisije u koje su ukljuceni
predstavnici vlasti i predstavnici svih politickih struja. Kod nas je
uradeno drugacije. Od sve price o reformama nikome nije palo na pamet
da donese novi zakon o vanrednom stanju, pa ako prilike zahtevaju, da
se ono uvede po novome zakonu. Na delu je pokusaj da se uspostavi
jednopartijski sistem: sve je sporno osim DOS-a, kao da je sva pamet
stala u jednu koaliciju.

Da li je smatrate da je javnosti saopsteno sve oko izvodaca atentata
na premijera Dindica ili ima inspiratora koji nisu pomenuti?
- To mora istraga da pokaze. Kad budu poceli procesi, onda cemo,
nadajmo se, doci do istine. U jednom trenutku sve je izgledalo
neozbiljno, jer se pominjalo 10.000 ljudi. To je vise licilo na
narodni pokret, a ne na zaveru. Sve to ima mnogo slojeva, veoma je
komplikovano: ima jedan haski element i drugi politicki koji se u
ovom trenutku ne moze nazreti. Nastala je i jedna zavera posle zavere.
Poseglo se za pricom o politickim inspiratorima, za kojom je posegao
Staljin kada je 1934. ubijen Kirov, da bi iskoristio priliku za
obracun sa politickim neistomisljenicima. Nesto od toga me podseca na
sadasnje vreme, samo sto je mnogo strasnije sto se to nama desava na
pocetku novog milenijuma.

Znam koliko i o ratu u Iraku

Da li ste ocekivali da cete biti saslusani tokom vanrednog stanja?
- Mogao sam biti saslusan, taman koliko i o umesanosti u rat u Iraku.
Dva su osumnjicena pojedinca kada je rec o ubistvu premijera Dindica.
Jedan je iz Crvenih beretki, ciji je sef bio Milorad Lukovic Legija.
NJega sam sreo 8. oktobra 2000. godine na predlog Zorana Dindica i u
prisustvu . I to je sve. Sto se tice drugih, ni za Silerovu ulicu, ni
za Surcin, ni za druga mesta nisam znao sve dok o njima nije pocelo
javno da se govori.

Na jednom brifingu u Vladi Srbije saopsteno je da su navodno uhapseni
finansijeri DSS?
- Mi smo tada reagovali onako kako nam je to dopustalo vanredno
stanje. Ociledno da ne postoji ime nijednog finansijera, jer bi ono
odmah bilo saopsteno. Tek sada vidimo kako je Slobodan Milosevic sa
"Paukom" i "Osom" bio krajnje nemastovit u odnosu na Biro za
komunikacije. Za mene sve ovo nije bilo iznenadenje, jer su se i
ranije vodile slicne kampanje. Setite se prica o mojim putovanjima u
SAD i Kinu avionom navodno opremljenim Titovim namestajem?! Postoji
citav obrazac kako to funkcionise: recimo dnevni list "Publika"
objavi neku vest izmisljenu u Beogradu a onda se ona prenese na TV
Pink i eto zabave za lakoverne.

Da li sad ocekujete obracun s privrednim kriminalom?
- Ocigledno je da jedan deo ljudi iz kriminalnih krugova bio rado
viden u delovima DOS-ove vlasti. Odavno smo ukazivali na ljude koji
su u Milosevicevo vreme stvorili bogatstvo i na njihovu vezu sa
politickim strankama. Zato smo govorili da su nam sto pre potrebni
zakon o finansiranju stranaka i o sukobu interesa. Svi oni koji
talambasaju o reformama treba da znaju da nema reformi bez zakona.
Sve se pravda reformama, a to je put vrlo opasnih precica. Ubice i
drugi kriminalci ne mogu toliko da rastoce jednu drzavu koliko
korupcija i privredni kriminal. Postavljamo jos jedno pitanje
vlastima: Republicka uprava javnih prihoda bila je vazna institucija u
borbi protiv korupcije, a ne njeno celo je dosao Aleksandar Radovic.
On je u jednom trenutku netragom nestao, a imao bi i te kako sta da
kaze o tome ko je placao porez i na koji nacin se poreska kasa
prelivala iz dzepova poreskih obveznika ka racunima pojedinaca na
vlasti.

Vasi najblizi saradnici prozivani su zbog susreta sa vodama zemunskog
klana. Ima li tu i vase odgovornosti?
- Nema odgovornosti ni moje ni mojih saradnika. Rade Bulatovic i
general Aco Tomic uhapseni su samo zbog jednog susreta koji se desio
u sluzbenim prostorijama u Upravi bezbednosti. Znaci nisu se sa
Legijom i Siptarom sreli u Silerovoj ulici, na Hipodromu, ni u Surcinu
vec na sluzbenom mestu.

Da li biste opet izabrali iste savetnike da ste na nekoj funkciji?
- Jedan deo ljudi stradao je samo zato sto su bili u mom kabinetu. Na
mene se nije moglo udariti, pa se udarilo na jedan broj saradnika.
Nazalost, trebalo je da bude napadnuta poznata clanica NUNS-a i neko
spolja da kaze da se preteralo, da bi se otvorila prica o Vladimiru
Popovicu, sefu Biroa za komunikacije. Koliko smo culi prica o
pretnjama, a istovremeno o zanimljivom drustvenom zivotu koji se
odvijao u Silerovoj ulici, narocito kada je bazen bio napunjen. Mozda
nekome izgleda neobicno sto sam izabrao neke saradnike, ali treba
imati u vidu cinjenicu da sam sve do 2000. godine, bio izvan
oficijelnog politickog zivota. Zato mi je bilo znacajno da deo mojih
savetnika budu ljudi koji dobro poznaju aparat, ali i da ih bude i iz
nevladinih organizacija ili sa Univerziteta. Povrh svega, malo ih je
bilo iz DSS. Nisam hteo da mi saradnici budu klimoglavci.

Ne mislim o funkciji

Vidite li sebe narednih godinu dana na nekoj drzavnoj funkciji?
- Ne razmisljam o tome. Za nekoga ko je na drzavnu funkciju dosao u
mojim godinama, ne prolazeci pritom kroz vladajucu stranku Savez
komunista, ko nije pravio nijedan dogovor s Milosevicem i ko nije
podrzavao nijednu njegovu manjinsku vladu, dolazak na drzavnu funkciju
sigurno nije biti ili ne biti. Najvaznije je da se stvari u drzavi
promene.

Vlada je dobila podrsku iz sveta za borbu protiv kriminala. Sta
ocekujete od novog premijera?
- I za drzavu i za drustvo potrebno je da obracun sa organizovanim
kriminalom ne bude selektivan. Treba da se udari, teritorijalno
posmatrano, po svim krakovima. Dakle, ne samo po zemunskom, vec i po
surcinskom i diljem zemlje, ali i po svim bransama. Ovde se udarilo
po trgovini drogom, ali je daleko veci broj korisnika duvana.
Neophodno je i da se donesu valjani zakoni koji ce se sprovoditi.
Zakon o borbi protiv organizovanog kriminala donet je jula 2002.
godine, ali sedam meseci nije bilo specijalnog tuzioca. Neke norme, ne
samo zbog usaglasavanja sa evropskim standardima, moraju da budu
eliminisane. Pre svega, odredbe o pritvoru, mogucnosti da se neko ko
raspolaze informacijama zadrzi. To treba svuda pricati i biti
dosledan. Predsednik skupstine SCG Dragoljub Micunovic tako je izjavio
da ne mozemo u Evropu s pritvorom od 60 dana, a prevideo je da su za
Zakon glasali i njegovi poslanici.

Vlast najavljuje izbore po donosenju novog ustava. Kada ce to biti?
- Ne znam sta znaci da ce izbora biti posle Ustava. Neki izjavljuju
da ce ih biti tek po isteku redovnog mandata sadasnje Skupstine, drugi
tvrde da ce istovremeno sa referendumom o ustavu biti organizovani i
izbori. U tom slucaju postavlja se logicno pitanje - po kom ce
ustavu biti organizovani izbori. Ako je po novom, onda se mora poci od
pretpostavke da referendum moze i da ne uspe i tada sve to ne bi
imalo smisla. Ako bi, pak, referendum bio uspesan, onda mora da prode
vreme da bi Ustav stupio na snagu.

Predstavnici DSS-a ucestvuju u radu Ustavne komisije, iako ste
trazili da se novi ustav usvoji s najmanje dvotrecinskom vecinom.
- Ustavotvorna skupstina bila bi najbolje resenje, ali istovremeno i
najteze. Medutim, ima ljudi u DOS-u zaslepljenih vlascu, voljnih da
je po svaku cenu sacuvaju. Svestan toga, rekao sam da moze i ova
Skupstina da donese ustav, ali uz kompromis izmedu DOS-a i drugih
politickih stranaka. Neka se napravi kompromis izmedu te minimalne,
hajducijom stecene vecine i drugih politickih stranaka. Bilo bi vazno
da ustav odgovara i jednima i drugima, da se ne bi za neku godinu, kad
dode do novih izbora, ponovo donosio ustav. Treba da prestanemo da
srljamo od jednog jednopartijskog ustava do drugog. Poslanici DSS-a
usli su u komisiju da bi izneli nase ideje, jer smo mi jos pre godinu
i po dana napravili tekst ustava, osluskujuci smo glas naroda i
strucne javnosti.

DRAGUTIN STEVANOVIC

Iz "Hrvatske ljevice", Zagreb, ozujak/mart 2003.
e.mail: hrljevica@...

Kako stvari stoje
EUROPA, HRVATSKA I KATOLICKA CRKVA, od Dr Dusana Zubrinica

1) Sekularizacija drustva i obnova religije
2) Ugovori izmedju Svete Stolice [zar nije sluzbeni naziv
Stato Città di Vaticano?! o.p.] i Republike Hrvatske
3) Prava katolicke crkve i posebne obaveze hrvatske drzave
4) Religijski programi na HRT
5) Dva kriticka pogleda

---

Da "Hrvatska ljevica" (Sinistra croata), Zagabria, aprile 2003

Come stanno le cose.
L'EUROPA, LA CROAZIA E LA CHIESA CATTOLICA
di Dusan Zabrinic

1) La secolarizzazione della società ed il rinnovamento della
religione.

(...)

2) Gli accordi tra la S. Sede [ma non è ufficialmente Stato
Città del Vaticano?!] e la Repubblica di Croazia.

Tra la S.Sede e la R. di Croazia sono stati firmati 4 accordi. Gli
schemi di tali accordi sono stati presentati da mons. Nikola
Eterovic, consigliere della Nunziatura presso la sezione per le
relazioni tra la S. Sede e gli Stati. Mons. N. Eterovic ha redatto
dei vasti commenti, inseriti nello stesso testo.
Il primo accordo sulle questioni giuridiche è stato firmato nel
1996. E' stato firmato, come anche gli altri tre accordi, da Giulio
Einaudi e dal dott. Jure Radic.
Il secondo accordo concerne il settore dell'educazione e la cultura.
E' stato approvato l'allargamento dell'insegnamento della religione
nelle scuole pubbliche e negli asili nido pubblici.
Il terzo accordo riguarda la questione dell'assistenza religiosa ai
dipendenti delle forze armate e della polizia della R. di Croazia,
ampliato dal regolamento organizzativo e attivo dell'Ordinariato
militare nella R. di Croazia.
Il quarto accordo è stato firmato nel 1998 e concerne le questioni
economiche.
Sono stati approvati ancora due documenti: l'intesa sulle modalità
esecutive degli obblighi finanziari e l'intesa tra la TV croata e
la Conferenza episcopale croata.

Esporremo innanzitutto i pareri di mons. Eterovic, e poi i doveri
dello Stato croato e la RTV croata, perché si comprendano le posizioni
di partenza del Vaticano nelle trattative e si ravvisino gli obblighi
essenziali verso la Chiesa cattolica che lo Stato croato ha assunto.
Mons. Eterovic scrive che la Chiesa cattolica nel passato aveva, ed
ha anche oggi, un ruolo insostituibile nell'educazione del popolo
croato.
Convertendo la plebe croata la Chiesa cattolica ha "portato" il popolo
croato "nell'Europa occidentale".
La Chiesa e lo Stato sono due soggetti indipendenti. L'obiettivo
della Chiesa è la vita eterna, mentre l'obiettivo dello Stato è
promuovere il bene generale dei cittadini. La Chiesa cattolica è
"la società perfetta divina", e nel dominio spirituale ha il potere
indiretto sulla società.
Mons. Eterovic si richiama al principio della sussidiarietà (in
latino supsidiarius), il che significa che il potere statale e la
sfera politica sono di seconda importanza.
Le deleghe sussidiarie sono la norma generale del diritto naturale
fondante ogni costituzione della società.
Dagli innumerevoli commenti di mons. Eterovic si deduce il ruolo
indivisibile della Chiesa cattolica nella vita sociale, educativa,
morale, culturale, caritativa, della società croata e del popolo
croato.
Secondo questi accordi la Chiesa cattolica ha il diritto legale di
agire in tutti gli enti educativi e di istruzione, asili nido,
scuole elementari, medie superiori, fino all'università, nella
polizia e nell'esercito, in prigioni, ospedali, cliniche, ospizi,
in tutti gli enti di interesse sanitario e sociale, nei mezzi di
comunicazione di massa, e particolarmente alla radio e in TV.

3. I diritti della Chiesa cattolica e gli obblighi particolari dello
Stato croato

Secondo l'art. 2 dell'Accordo sulle questioni economiche, La Croazia
restituirà alla Chiesa quello che le è stato confiscato durante il
governo socialista. Per quello che sarà possibile. Per quei beni che
non sarà possibile restituire si troverà una sostituzione adeguata,
cioé si pagherà un adeguato compenso pecunario in 4 rate annuali
(art.5).
Secondo lo stesso Accordo (art.6) la R. di Croazia elargirà
mensilmente dal bilancio statale una cifra che corrisponde alla
media di due mensilità salariali lorde, moltiplicate per il numero
di parrocchie nella Croazia.
In Croazia nel 1999 c'erano 1420 parrocchie [su meno di 4.500.000
abitanti, N.d.t.] e dal bilancio statale sono state versate
190.000.000 di kune (2.900.000 c.ca di euro) come sussidio per i
salari, la ricostruzione delle Chiese cattoliche, azioni caritative,
e cosi via. Dei membri del clero, preti e suore che hanno compiuto
i 65 anni e non hanno sistemato la loro pensione hanno ottenuto così
il diritto alla pensione (art.9), mentre i giovani hanno ora i
contributi assicurativi. Per questo fine la R. di Croazia sborserà
la somma aumentata del 20%.
Mons. Eterovic scrive che la somma della pensione non viene decisa dal
Fondo della previdenza sociale, ma dalla Conferenza episcopale croata.
Ciò per quanto riguarda anche i salari del clero. Secondo gli
art. 11 e 12 dell'Accordo sulle questioni economiche, è obbligo della
R. di Croazia partecipare alla ricostruzione delle chiese già
esistenti
e alla costruzione di nuove chiese, cappelle, case parrocchiali,
scuole
cattoliche, ospizi, case per i preti e le suore.
Finora sono state ricostruite molte chiese, e costruite delle nuove,
come anche edifici ecclesiastici, dal Fondo del bilancio statale.
(...)
Il vescovo diocesano decide la costruzione di un edificio
ecclesiastico
e sceglie la locazione in accordo con le istituzioni competenti dello
Stato.
Secondo l'art. 10 di questo Accordo, le persone giuridiche della
Chiesa
cattolica riguardo al sistema tributario sono istituzioni senza
scopo di lucro. Con ciò si è pensato a varie facilitazioni tributarie.
Nella loro azione interna, scrive mons. Eterovic, le persone
giuridiche ecclesiali non applicheranno le seguenti normative: la
legge
sulla contabilità del 1992, il decreto sulla contabilità delle
organizzazioni no-profit del 1993, il Regolamento sulla contabilità e
il piano contabile delle organizzazioni no-profit del 1994. Ciò
significa,
osserva mons. Eterovic, che l'art. 1 del Decreto sulla contabilità
delle organizzazioni no-profit non riguarda le persone giuridiche
della
Chiesa cattolica, le quali non terrano la contabilità dei libri
particolari ne' presenteranno relazioni finanziarie secondo i decreti
statali, ne' tantomeno i loro soldi e i risultati delle loro attività
saranno sottoposti alla revisione di persone competenti indipendenti.

4. Programmi religiosi sulla TV croata

(...) In base all'accordo sulle questioni giuridiche in materia di
istruzione e cultura, la Chiesa cattolica ha diritto allo spazio
nei media pubblici, come anche a formare e gestire proprie stazioni
radio e TV. (...)
Secondo l'art. 1 dello stesso accordo tra la RTV croata e la
Conferenza
episcopale, la radiodiffusione pubblica informerà professionalmente e
obiettivamente sulla vita della Chiesa cattolica in Croazia e nel
mondo,
e i programmi accordati verrano realizzati tramite le redazioni dei
programmi religiosi della TV croata e della Radio croata. I redattori
verranno nominati dal direttore della RTV croata in accordo con la
Conferenza episcopale croata. Nel Consiglio amministrativo si trova
anche un rappresentante della Chiesa cattolica croata. [sic!
E prosegue...]
In base all'art.2 dello stesso accordo, la TV croata trasmetterà
regolarmente la messa in diretta ogni domenica e per Natale; per la
durata di 25 minuti la trasmissione interconfessionale di notizie,
reportage e commenti, la domenica pomeriggio; poi sette minuti di
commento evangelico nelle trasmissioni serali domenicali; una volta
alla settimana mezz'ora di programma educativo e caritativo di
carattere sociale, rispettivi programmi su avvenimenti ecclesiastici
in Croazia e nel mondo. Gli stessi obblighi valgono anche per le
trasmissioni radio.
La TV croata acquisterà dall'offerta internazionale [!] e trasmetterà
vari servizi di notizie legate alla Chiesa cattolica e alla cultura
cristiana (art. 4) [s'intende qui solo quella cattolica e non quella
ortodossa!, N.d.t.].
L'art. 11 prevede che la RTC si obbliga a rispettare le trasmissioni
religiose, senza interruzioni, senza nessuna pubblicità.
In conclusione possiamo constatare che questi accordi tra la S. Sede
e la R. di Croazia hanno trasformato la Croazia in uno Stato
cattolico, mentre la maggior parte degli Stati europei sono ancora
laici e "Stati dei cittadini".
[Si diceva che la Croazia è "figlia spirituale" del Vaticano! N.d.t.]

5. Due posizioni critiche

Esponiamo brevemente le posizioni critiche sugli Accordi di due nostri
stimati intellettuali.

1. Il dott. Srdjan Vrcan, sociologo della religione, sostiene la
posizione che lo Stato moderno dovrebbe essere neutrale per quanto
concerne le diversità religiose dei propri cittadini. All'interno
della sfera pubblica in una democrazia plurale si forma una subsfera
religiosa. Nell'interno di questo campo sociale diversi attori
religiosi agiscono liberamente sul mercato dei beni religiosi e
servizi. I rispettivi organi statali possono intervenire soltanto
nel caso che debbano proteggere le regole del gioco esistente. Lo
Stato moderno "dei cittadini" ha rinunciato al diritto di
determinare quello che la religione è, e quello che non è. Le
comunità religiose dominanti dallo Stato nazionale richiedono
privilegi, a discapito delle concorrenti più deboli, richiamandosi
al loro ruolo storico nella formazione della cultura ed identità
nazionale. Così la Chiesa cattolica in Croazia in base all'Accordo
tra la S.Sede e la Croazia è diventata la comunità religiosa
privilegiata. Ora lo Stato croato non può essere più religiosamente
neutrale, perchè differenzia sostanzialmente tra la "nostra" e la
"loro" religione. Così il Governo croato sa meglio dei propri
cittadini a quale religione essi devono appartenere e quale
devono evitare.
Perciò il dott. Vrcan conclude dicendo che una omogenizzazione
professionale della Croazia si e' potuta installare soltanto in
modo autoritario.
Il secondo problema indicato dal dott. Vrcan è che la Legge sulle
comunità religiose stabilisce il diritto degli organi statali di
decidere a quali comunità religiose si può riconoscere lo status
di comunità religiosa e a quali no. Si tratta della difesa della
pubblica morale, e dell'ordine giuridico gestito dal Ministero di
giustizia, come anche di quello autogestito locale, che può
iscrivere ma anche rifiutare l'iscrizione di una determinata
comunità religiosa.
Nell'Accordo tra la S.Sede e la R. di Croazia sulla collaborazione
nell'educazione e nella cultura, al par.2, art. 1, si dice:
"Il sistema educativo-istruttivo nelle istituzioni prescolastiche
e nelle scuole, incluse le istituzioni superiori, terra' presenti
i valori dell'etica cristiana".
Con questa decisione la Chiesa cattolica è privilegiata in confronto a
quelle comunità religiose non cristiane, ma anche a quelle cristiane
che intendono diversamente l'etica cristiana. Sono discriminati
anche quegli insegnanti e professori che nella loro attività
di insegnamento rappresentano la laicità nell'etica.
Lo Stato ha inserito relazioni non eque tra i propri cittadini in
base alla fede o non fede. Così i cittadini non sono soggetti
autonomi, responsabili di se stessi nella distinzione delle verità
alle quali credono.

2. Il dott. Ivan Padjen, professore di diritto pubblico, durante
il dibattito sulla Legge delle comunità religiose ha invece posto
questa domanda:
"Perché la Legge sulla posizione giuridica delle comunità
religiose è impossibile?". E nel contempo riflette: la legge che
assegna determinati diritti e doveri ai croati - e distinti a
serbi, rom, ebrei -; questo atto, che privilegia gli uni mentre
discrimina gli altri, è un abuso di diritto ed è
anticostituzionale. La R. di Croazia non può emanare una legge
giuridicamente e costituzionalmente valida sulla situazione
giuridica delle comunità religiose perché la Chiesa cattolica
è già stata privilegiata dagli Accordi tra la S.S. e la Croazia.
Dopodiché, con nessuna legge la Croazia può annullarli o
allargarli ad altre comunità religiose. Gli Accordi tra la
S.Sede e la Croazia sono in contrasto con gli art.14 e 41, p.1
della Costituzione della R. di Croazia. Gli accordi non si
possono estendere ad altre comunità religiose perché nessuna
delle altre comunità ha la capacità di essere parte di accordo
internazionale. Questo vale anche per i diversi accordi esecutivi
tra la R. di Croazia e la Conferenza episcopale croata, come è,
per es., l'accordo tra la RTV croata e la Conf. Episcopale Croata.
Il prof Padjen ha proposto che il Governo croato inviti la Chiesa
cattolica ad accettare la modifica dell'Accordo tra la S.Sede e
la Croazia prima di proporre al Sabor [Parlamento] la Legge
sulla posizione giuridica delle comunità religiose in Croazia.
Naturalmente i consigli giuridici allo Stato croato sono superflui
perchè lo stato di diritto in Croazia ancora non funziona e
perciò il Sabor della R. di Croazia ha adottato la legge sulla
situazione giuridica delle comunita religiose al di fuori di
queste osservazioni.

L'ateismo è diventato un anacronismo?

Nel periodo dell'avversione e della satanizzazione ai danni
dell'ateismo, il dott. Srdjan Vrcan aveva la forza e il
coraggio intellettuale di analizzare scientificamente la
posizione di teisti ed ateisti nella società contemporanea,
la loro ideologia alterata e l'abuso politico del nazionalismo,
del clericalismo e del socialismo burocratico. Nella discussione
sull'ateismo nelle condizioni contemporanee, il dott. S.
Vrcan constata che negli anni '80 del XX secolo si è arrestato
il treno universale della secolarizzazione della vita sociale,
particolamente nell'Est Europa. Si è arrivati alla "reconquista"
della società contemporanea, particolarmente nei paesi di
transizione. Grazie al crepuscolo dell'ideologia socialista ed
ateista si starebbe formando un nuovo clima spirituale in Europa,
perché il cristianesimo rinnovato porterà ora alla gente la pace,
l'amore, il dialogo e tolleranza.
La revitalizzazione della religione è stata salutata nella
forma di filosofia morale dai significati politici. L'effetto
sociale della secolarizzazione occidentale ha portato verso
queste visioni la società moderna in uno Stato anemico. Non è
soltanto la religione un fenomeno sociale, ma è la stessa società
un fenomeno religioso, perciò esso si può costituire soltanto su
basi religiose transcendentali.
La crisi della religione mondiale ed il dispiegamento dell'ateismo
conferma il pensiero cristiano dell'uomo-prometeo, che si innalza
contro gli dei terrestri e celesti e che vuole riprendere nelle
sue mani il proprio destino, ma in verità sarà condannato alla
sconfitta. Quello che e' successo nell'Occidente dopo l'Illuminismo
e il Rinascimento è stato, per i teologi, la strada sbagliata.

Il dott. S. Vrcan si chiede se non sia forse la proclamazione della
vittoria di Dio invero una vittoria di Pirro. Inoltre, questa
vittoria del Dio cristiano ha portato anche qui, a milioni di
persone, l'amore, la felicità, la pace, la tolleranza e il vero
senso della vita?
L'ateismo statale dominava nei paesi del cosiddetto socialismo
reale ed era locato nella sfera della società politica e dello
Stato. Così, l'ateismo della coscienza critica e del libero pensiero
si è trasformato nell'ateismo statale. Questo ripiegamento spiega
come l'ateismo antidogmatico si sia trasformato in dogmatico, quello
che metteva radicalmente in questione tutti gli dei celesti e
terrestri nel creatore dei nuovi dei terrestri della classe dominante.
L'ateismo è stato per secoli segno di anticonformismo, di coraggio
morale ed intellettuale di uomini liberi in confronto agli ideologi
e mitologi che raccontavano storielle e seminavano illusioni
propagandando dei miti.
L'ateismo moderno si è formato quale antidogma del pensiero sociale
critico e la sua affermazione è stata la conferma della modernità
che si fonda sulla teoria razionale e mondialista.
Esso contrastava quella fondazione della società e significava la
dissacrazione di ogni potere. Ma come ateismo di stato, esso si è
tramutato in strumento di potere, cosi che la sacralità della sfera
della religione e' stata trasportata nella sfera politica. Questo
ateismo di Stato, scrive il dott. Vrcan, è diventato questione
del passato, perciò dobbiamo rigettarlo.
Che cos'è la base per lo sviluppo della società moderna? Hanno la
religione e la Chiesa la funzione chiave integrativa nella società
moderna? Hanno l'ideologia nazionale, il governo autocratico e la
religione politicizzata questa funzione?
E' difficile aspettarsi un ulteriore sviluppo della società
moderna senza la contemporanea de-tradizionalizzazione,
de-collettivizzazione, secolarizzazione e de-sacralizzazione
della sfera pubblica nel mondo, in Europa e in Croazia.
Oggi l'uomo, come essere libero, come essere sociale e culturale
deve decidere autonomamente su tutte le questioni della propria
vita, insieme agli altri cittadini coscienti.
Non c'è religione senza il non-credere, non c'e' teismo senza
ateismo. L'uomo e' anche homo areligiosus: fintantoché c'e' la
Storia e ci sono gli uomini ci sarà anche la religione e l'ateismo.
E i credenti e i non credenti. Infine, l'ateismo greco-europeo è più
antico del Cristianesimo e le chiese cristiane in Europa non sono
riuscite sradicare l'ateismo durante più di mille anni.
Secondo Max Weber, esistono religiosamente uomini musicali, ma ci
sono anche quelli religiosamente non musicali, senza che perciò
perdano niente della propria libertà e umanità


[Traduzione di Ivan per "Voce jugoslava"]