Informazione

(la traduzione di questi testi, da noi gia' diffusi ieri nell'originale
inglese, e' stata curata da un compagno che ringraziamo calorosamente)


CARI AMICI,
dato che la polizia ha sequestrato il mio computer e non me lo ha ancora
restituito (sebbene avessero promesso che l'avrebbero fatto oggi) non mi
è possibile ripristinare la mailing list. Pertanto date ai seguenti messaggi
la più ampia diffusione possibile.
Vladimir Krsljanin

30/3/2003

FERMATE GLI ARRESTI POLITICI A BELGRADO

Nelle giornate di ieri e oggi, diversi membri di SLOBODA, SPS e YUL sono
stati arrestati. L'abitazione e gli uffici di alcuni di loro sono stati
perquisiti dalla polizia. Almeno tre di loro sono tenuti in stato di fermo.
Dopo che la SLOBODA ha reagito oggi con il comunicato riportato sotto e
con una conferenza stampa, e che alcuni media virtuali hanno cominciato
a riportare la nostra posizione, il regime ha ordinato che vengano bloccati
tutti i commenti di questo tipo.
Poi, questa sera, la polizia si è fatta viva con le sue affermazioni, annunciando
che "Mira Markovic è in Russia" e informando che alcuni compagni sono in
stato di arresto. Nessuna reale spiegazione è stata fornita. Nel caso di
Bogoljub Belica, presidente della SLOBODA, hanno detto: "Nel prosieguo delle
indagini sui crimini più feroci e raccogliendo le prove al fine di arrestare
i mandanti, gli inspiratori e i collaboratori, la polizia ha arrestato per
interrogarlo e detiene in stato di fermo Bogoljub Belica, uno dei più stretti
collaboratori dell'ex Presidente della Repubblica Federale di Yugoslavia,
Slobodan Milosevic".
Nel caso di Uros Suvakovic e Goran Matic, la polizia ha affermato che essi
sono detenuti "come i più stretti collaboratori politici di Mira Markovic"
a causa del sospetto che essi siano "in possesso di informazioni che possano
aiutare le indagini" sul caso di Ivan Stambolic, dato che, secondo le affermazioni
della polizia, "Mira Markovic è sospettata di essere coinvolta in questo
omicidio".

In conclusione sappiamo che USA, NATO e L'Aia, i carnefici di Belgrado,
detengono illegalmente, e senza fondamento nè accuse:

Bogoljub Belica, Presidente dell'associazione SLOBODA (Libertà) - Comitato
Yugoslavo per la difesa di Slobodan Milosevic, Presidente del Consiglio
Politico-Organizzativo del Presidente della SPS, ex vice-ministro federale
della difesa.

Uros Suvakovic, Membro del Consiglio dell'associazione SLOBODA (Libertà)
- Comitato Yugoslavo per la difesa di Slobodan Milosevic, editore principale
della rivista dell'SPS "SMISAO", ex assistente del segretario generale dell'SPS;

Goran Matic, Vice-Presidente della YUL, fino a poco fa MP Federale, ex
Ministro Federale per l'informazione.


COMUNICATO dell'Associazione SLOBODA/Libertà

Il fallimento del cosiddetto processo ne L'Aia ha causato il panico
all'interno del "tribunale", quì nel regime (in qualità di suo ufficio
belgradese) e tra i suoi soliti dirigenti.
A parte il disperato tentativo di minacciare la vita e la salute del
Presidente Milosevic, le forze dell'aggressione contro la nostra libertà
e la nostra gente non hanno trovato nessun altro modo per combattere la
loro magnifica lotta per la verità, che ispira e mobilita le forze di pace
e libertà in casa e fuori.

Il tentativo di usare lo stato di emergenza in Serbia, imposto in una
maniera illegale da un regime delegittimato, per un attacco al Presidente
Milosevic, alla sua famiglia e ai suoi collaboratori, parla da sè per la
loro stupidità e debolezza.

E' cinico e contro la ragione comune, ed anche inaccettabile da un punto
di vista logico e morale, provare a collegare gruppi o soggetti, in precedenza
proclamati dal regime "eroi della rivoluzione del 5 Ottobre", che hanno
preso parte nella destituzione e nell'arresto del Presidente Milosevic,
con lui e con i membri della sua famiglia.

I comunicati ufficiali inviati ai media provano che abbiamo a che fare con
un comportamento, un linciaggio e una mancanza di norma di legge del tutto
illegali.
Uno degli esempi è che si è dichiarato che la moglie del Presidente
Milosevic è in fuga, sebbene è assolutamente chiaro che non c'è niente da
cui dovrebbe scappare e che come libera cittadina essa ha il diritto di
muoversi e viaggiare liberamente.

Il regime, che ha perso ogni speranza di poter sopravvivere a libere
elezioni, prova ad allungare i suoi giorni, che sono già contati, con il
cattivo uso dei media e con la soppressione dei diritti e delle libertà
del cittadino.

Un attacco agli oppositori politici, alla libera espressione delle opinioni
politiche ed ai fondamentali diritti e libertà umane internazionalmente
garantiti.

Chiediamo alla polizia il rilascio immediato del Presidente dell'Associazione
SLOBODA/Libertà, Sig. Bogoljuba Belica, e la fine della persecuzione e dell'uso
distorto dei media contro i membri della famiglia del Presidente Milosevic,
degli arresti arbitrari contro i membri della nostra associazione ed altri
soggetti che non hanno violato alcuna legge.

Facciamo appello a tutti i soggetti politici democratici, a tutte le organizzazioni
nazionali ed internazionali per la protezione dei diritti umani, a tutte
le forze progressiste e a tutte le persone oneste affinchè reagiscano nella
maniera più forte possibile contro una tale pratica da parte del regime
di Belgrado.

Mandate i vostri appelli alle ambasciate, alle missioni diplomatiche e ai
consolati della Serbia e Montenegro nei vostri rispettivi paesi. Agite pubblicamente!

Associazione SLOBODA/LIBERTA', Belgrado, 29 Marzo 2003

GLI INDIRIZZI, I FAX E LE E-MAIL DELLE RAPPRESENTANZE DIPLOMATICHE DELLA
SERBIA E MONTENEGRO POSSONO ESSERE TROVATE SUL SITO INTERNET DEL MINISTERO
DEGLI ESTERI, USANDO IL SEGUENTE COLLEGAMENTO:

http://www.mfa.gov.yu/Worldframe.htm


---

LA GUERRA GLOBALE

(Fronte numero uno: Yugoslavia; Fronte numero due: Afghanistan; Fronte
numero tre: Israele/Palestina; Fronte numero quattro: Iraq; Fronte numero
cinque, sei, sette.)

E LE MENZOGNE TOTALI DE L'AIA

1) Oggi, in assenza del malato Presidente Milosevic, il Tribunale Penale
Internazionale per l'ex-Yugoslavia stava discutendo su come penalizzarlo
ulteriormente. Le possibilità erano di esaminare i testimoni senza la sua
presenza e di discutere le sue condizioni sanitarie in sua assenza sulla
base del parere di un medico proposto dall'Accusa (!?!?) che non aveva mai
visitato il Presidente.

Fino ad ora il consiglio del tribunale non ha preso alcuna decisione.

Tutto questo è stato discusso dopo che si è stabilito che il Presidente
Milosevic rifiuta di ricevere le cure, cosa che lo renderebbe responsabile
per le sue condizioni di salute.

Questa è una completa bugia.

Il Presidente Milosevic non si è mai rifiutato di prendere la medicina,
anche dopo che è stato avvertito solo domenica scorsa riguardo gli effetti
collaterali di questa.

Ma questa mattina la medicina (Labetalol) è stata cambiata con quella che
ha preso per anni fino a qualche mese fà (Metaprolol).

Tutto ciò non deve sorprendere, dato che ogni cosa nel Tribunale Penale
Internazionale per l'ex-Yugoslavia è basato sulle falsità.

2) Pertanto la sintesi sarebbe la seguente:

- Il Presidente Milosevic con una cattiva ipertensione e problemi secondari
di cuore è stato prelelevato e portato a L'Aia;

- Tremende condizioni di prigionia (niente aria fresca!) ed il carico di
lavoro del processo (l'esame di 10 anni di storia dell'incubo NATO nei
Balcani), che non possono essere paragonate con nessun altro difensore nella
storia, hanno prodotto un peggioramento delle sue condizoni;

- Poichè con una pressione del sangue estremamente alta, il Presidente
Milosevic non può essere presente al processo, hanno provato ad abbassarla
con medicine forti e inadeguate che spesso danno luogo ad effetti collaterali;

- Queste medicine con i loro effetti collaterali non gli hanno reso
possibile presenziare al processo.

- Questo si chiama punto morto. E qual è la risposta del Tribunale Penale
Internazionale per l'ex-Yugoslavia? Bugie e maltrattamenti!

3) Il Presidente del Tribunale Penale Internazionale per l'ex-Yugoslavia
e alcuni governi occidentali provano in continuazione ad assicurare i
cittadini, le MP e le organizzazioni che vi si appellano che il Presidente
Milosevic riceve trattamenti medici del livello più elevato.
Come possono ancora dire questo?

4) Perchè provano a zittire il Presidente Milosevic?

Perchè impongono la dittatura in Yugoslavia?

Perchè la Yugoslavia era un laboratorio di una pianificata e perpetua crisi
mondiale, dalla quale l'Impero dovrebbe ricevere beneficio e potere. E perchè
la Yugoslavia ed il popolo Serbo hanno un portavoce più forte di tutti i
governanti dell'Impero messi assieme. Una persona che è testimone dei loro
crimini e che è in grado di mostrarli. Di mostrare il più oscuro ed il peggior
progetto contro l'umanità di sempre: creare odio religioso e nazionalista,
terrorismo, ogni sorta di estremismo e poi usarli come pretesto per una
gigantesca strage e distruzione di massa, al fine di appropriarsi della
ricchezza del mondo intero e per vivere sul sangue e sulla fatica dell'uomo.
Una persona in grado di ammonire il mondo e diventare il leader di una resistenza
anti-globalizzazione, anti-fascista e anti-colonialista. Il suo nome è Slobodan
Milosevic.

AGISCI PER FERMARE QUESTO CRIMINE!

Belgrado, 26 Marzo 2003

Associazione SLOBODA/LIBERTA'



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TESTIMONIANZA

Sabato 29 marzo ero presente a Torino, al corteo contro
l'aggressione anglomericana all'Iraq ed ho assistito alla
brutale aggressione da parte delle "forze dell'ordine" nei
confronti dei manifestanti. Facevo parte dello spezzone
finale, assieme ai compagni dei Cobas, dei centri sociali
e di altri sindacati di base.

Il clima si fa pesante da subito: mentre procediamo
scandendo canzoni e slogan, vediamo carabinieri e
poliziotti a ranghi serrati stringerci ai lati: è un
tunnel di manganelli, scudi, mitragliette puntate contro
il corteo, ad altezza d'uomo. Nei pressi di via Pietro
Micca, i poliziotti con una manovra aggirante si infilano
nel corteo, chiudendo dai quattro lati il nostro spezzone,
isolandolo dal resto dei manifestanti: qui parte la prima
carica, piovono le manganellate.

Viene preso di mira il furgone che diffonde musica, i
compagni addetti agli impianti di amplificazione vengono
imbottigliati all'interno e pestati a sangue;
manganellate piovono anche sugli impianti di trasmissione.

Sia pure a fatica, ripartiamo per ricongiungerci al
corteo. A Porta Palazzo si uniscono alla manifestazione
centinaia di lavoratori immigrati con le loro famiglie:
c'è tutta al comunità palestinese di Torino, numerose sono
le donne e i bambini, alcuni piccolissimi, sul passeggino.

La folla multicolore dei manifestanti riempie corso San
Maurizio: migliaia e migliaia di persone contro la guerra,
il razzismo, il fascismo che torna, arrogante e funesto..
Unica nota stonata il muro di carabinieri e poliziotti che
marciano alle nostre spalle sempre più numerosi e
minacciosi, in assetto antisommossa, seguiti da decine di
furgoni e camionette.

Svoltiamo in via Rossini. Il corteo procede chiuso tra gli
alti muri dei palazzi. A questo punto parte la seconda
carica. Mentre la testa della manifestazione raggiunge
piazza Castello arriviamo in via Po. Il nostro spezzone
procede lentamente; noi con le bandiere dei Cobas siamo
gli ultimi; davanti a noi i giovani di Askatasuna e, in
testa, gli immigrati. A fare ala al corteo sosta la
folla del sabato pomeriggio, gente che passeggia ad
ammirare le vetrine, magari a gustare il primo gelato di
stagione.

Mi volto a controllare: alle nostre spalle il nuvolone di
poliziotti e carabinieri sta avanzando, preceduto dal
gruppetto in borghese della Digos, seguito da auto e
camionette: un inquietante esercito di robot. Quale
contrasto con la malinconia della sera, con le dolci,
tenaci fisionomie di quelle ragazze e di quei giovani nei
quali ritroviamo la parte migliore di noi, l'indignazione
contro l'ingiustizia, la volontà concreta di lottare per
una società senza servi né padroni.

Siamo quasi in piazza Castello quando parte l'ultima
carica, a freddo, di una violenza inaudita: vengono
colpiti indiscriminatamente donne, uomini, bambini,
giovani e anziani, anche passanti, mentre Piazza Castello
è invasa dal fumo dei lacrimogeni; chi cerca di mettersi
in salvo nelle strade vicine è inseguito e pestato;
vengono distrutte a manganellate anche le bancarelle di
alcuni venditori ambulanti.

Cerchiamo di fermare il pestaggio ai danni di un giovane;
egli guidava il furgone che apriva lo spezzone dei
migranti: viene trascinato a terra e colpito con
manganelli e calci da alcuni poliziotti: la testa spaccata
in più punti gronda sangue, il volto è tumefatto;
accorrono anche alcuni passanti scandalizzati da ciò che
vedono; mentre tentiamo di dargli aiuto, il ragazzo
sviene. Qualcuno chiama un'ambulanza che non arriverà mai.
I poliziotti non lo mollano, alla fine lo trascinano via,
non prima di aver spaccato con una gomitata il setto
nasale ad uno dei presenti che protestava.

Dal furgone viene trascinato a terra anche un anziano
immigrato: aveva preso posto sul furgone, perché affetto
da gravi difficoltà di deambulazione; ora è costretto a
stare in piedi, contro una camionetta, in attesa di essere
identificato: si guarda intorno smarrito, umiliato.

Qualche passo più avanti c'è una donna di mezz'età
accompagnata dalla figlia e dai nipoti : anche lei è stata
malmenata dalle "forze dell'ordine" e ora ha un braccio
rotto. Ci riferiscono di alcuni bambini contusi. Un uomo
si aggira angosciato tra la folla: nella confusione della
carica ha perso la piccola figlia e ora la cerca
dappertutto, senza trovarla.

Le cariche continuano nelle strade intorno alla piazza
dove i manifestanti vengono inseguiti con una vera e
propria caccia all'uomo.

Durante i caroselli in piazza, da un furgone dei
carabinieri compare ostentatamente la bandiera americana a
stelle e strisce.

A un certo punto il suono delle sirene lacera l'aria:
arriva velocemente una colonna di blindati con i
cannoncini spara-lacrimogeni sulla torretta: in testa alla
colonna una macchina di grossa cilindrata. I mezzi
sfrecciano verso corso San Maurizio: pensiamo siano
diretti a Porta Palazzo.

Li troviamo infatti in corso Giulio Cesare, nella zona
della Moschea; apprendiamo di cariche nei confronti degli
immigrati arabi. Diamo vita a un piccolo presidio,
assieme agli abitanti del quartiere. Veniamo
immediatamente fronteggiati dalle file serrate dei
poliziotti: Dopo averci mostrato i muscoli per altre due
ore, finalmente i rambo se ne vanno.

Torniamo a casa, giusto in tempo per vedere il
telegiornale, e sentir bollare come facinorosi le vittime
delle violenze poliziesche a cui abbiamo assistito e di
cui saremo irriducibili testimoni.

Apprendiamo anche che in un'altra parte della città i
fascisti di Forza Nuova hanno sfilato impunemente e
indisturbati.

E ci è chiaro più che mai che la guerra e la repressione,
lo sfruttamento e il razzismo, sono le molte facce di
un'unica realtà, quella del dominio capitalistico sul
mondo: un modello a cui dobbiamo opporci qui e ora, con
chiarezza e coerenza, senza se e senza ma.

Bussoleno, 30 marzo 2003

Nicoletta Dosio



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KOSOVO: PER STEINER MODELLO ONU BUONO ANCHE PER IRAQ (ANSA)

Secondo l'attuale responsabile della missione Onu (Unmik) in Kosovo
Michael Steiner, il modello adottato per la pacificazione nella
regione balcanica a maggioranza albanese e' un modello esportabile in
altre zone di crisi: eventualmente, con i dovuti aggiustamenti, anche
in Iraq a guerra finita.
Steiner si e' espresso in questo senso in un incontro con la stampa
estera svoltosi il 31/3/2003 a Berlino.
Steiner prende dunque a modello la situazione determinatasi in Kosovo
in seguito ai bombardamenti sulle industrie chimiche e sui convogli
di profughi nella primavera 1999. L'uso umanitario dell'uranio
impoverito ha effettivamente consentito una diffusa contaminazione di
tutta la regione kosovara, liberata da circa 250mila suoi abitanti
(serbi, ebrei, turchi, ed altre razze impure) a partire dal giugno
1999. Nei mesi successivi alla fine dei bombardamenti e' stata anche
iniziata la demolizione di tutte quelle vestigia storiche, religiose
e culturali che davano alla regione una impronta inopportunamente
multietnica (proprio come l'Iraq di Saddam).
Il Kosovo finalmente liberato ospita oggi alcune decine di migliaia
di amici stranieri che generosamente impiegano tempo e danaro a
garantire che nell'area ci sia la democrazia. Monumentali strutture,
come la immensa base di Camp Bondsteel, danno lavoro a tanti giovani,
che altrimenti sarebbero stati costretti a lavorare fianco a fianco
con persone di etnia non albanese, dunque complici di Milosevic.
All'uopo, Unmik e KFOR hanno provveduto a bloccare la produzione e ad
espropriare i principali complessi industriali e minerari della
regione, come quello di Trepca, in attesa di cederli gratis a
benefattori stranieri.
La odierna leadership politica del Kosovo libero ruota attorno ai
nonviolenti di Ibrahim Rugova (che a meta' febbraio si e' detto
favorevole alla aggressione USA contro il popolo iracheno) e dai
violenti dell'ex-UCK, a loro volta legati ai fiorenti traffici di
droga, armi e prostituzione, grazie ai quali prospera l'economia di
tutta la regione, un tempo vittima del comunismo. L'Occidente fa
particolare affidamento proprio su questi leader democratici, gia'
protagonisti dei pogrom contro la razza slava: Ceku, Thaci, Ahmeti,
sono alcuni di loro... E' su questi nomi che l'Occidente fa
affidamento per costruire una Grande Albania libera e democratica dai
Milosevic di turno; e' su personalita' analoghe che l'Occidente
scommettera' per regalare alla popolazione irachena un futuro di
miseria, divisione su basi razziali, occupazione militare, violenza
e, soprattutto, democrazia.

Fonte: ANSA Balcani
http://www.ansa.it/balcani/fattidelgiorno/
200303312043103611/200303312043103611.shtml

IL MONDO CAMBIA?

MANIFESTO 31-03-03 - balcone

Bomba contro la Coca Cola

Una bomba a mano e' stata lanciata contro la sede della Coca Cola a
Sarajevo. Per la polizia jihad contro gli Usa. Gli integralisti
islamici, nella guerra civile `92-'95, vennero aiutati dagli
americani.

COMMENTO:
Negli stessi anni il Manifesto appoggiava le rivendicazioni
dei sostenitori degli integralisti (Iztebegovic... e soci).
Forse Adriano Sofri ha perso di vista i suoi carissimi amici di
Sarajevo?