Informazione

Felipe Turover:
"Carla Del Ponte ha rivelato ai killer come trovarmi"

Articolo apparso sulla rivista KONKRET, dicembre 2002
Vedi anche:
http://www.konkret-verlage.de
http://www.juergen-elsaesser.de



"La giustizia è donna" aveva detto il Segretario Generale dell'ONU,
Kofi Annan, riferendosi a Carla Del Ponte, Pubblico Ministero nel
processo presso il Tribunale dell'Aia contro Slobodan Milosevic. Sono
invece di tutt'altro segno le esperienze fatte da Felipe Turover con
il magistrato svizzero. L'uomo, un trentasettenne, proviene da una
famiglia spagnola repubblicana; i suoi genitori erano fuggiti da
Franco, assieme a lui, nell'Unione Sovietica. Dopo la morte del
dittatore, Turover tornò nella sua patria per ritornare di nuovo a
Mosca, verso la fine degli anni Ottanta, in veste di consulente
finanziario, pronto a partecipare agli sviluppi positivi promessi
dalla Perestrojka. Ha lavorato con il governo Jelzin dal 1992 fino al
1999, nella cogestione dei crediti con le banche creditrici
occidentali.

(Intervista)

Elsaesser: Lei è il testimone principale dell'accusa nell'affare
Mabetex, diventato famoso come "Russia-Gate". Di che cosa si tratta e
come c'entra Carla Del Ponte con questo affare?

Turover: La Mabetex è un'azienda che opera nel settore dell'edilizia,
con sede a Lugano, nella Svizzera italiana. Titolare dell'azienda è
l'albanese-kosovaro Beghijet Pacolli, che nel frattempo ha ottenuto un
passaporto svizzero. Pacolli ed il suo socio d'affari, Viktor
Stolpowskich, durante gli anni Novanta hanno ricevuto dal Cremlino
appalti nell'ordine di due miliardi di Euro, in divisa odierna,
apparentemente per lavori di costruzione e di risanamento nel
quartiere governativo e presidenziale.

E' ormai provato che nell'ambito di questi appalti sono scomparsi
miliardi di dollari verso l'estero e, in direzione opposta, sono
affluite a Mosca tangenti miliardarie. Pacolli ha firmato le
fidejussioni per carte di credito intestate a Jelzin ed alle due
figlie di Jelzin, secondo quanto viene confermato dalla Banca del
Gottardo che aveva emesso le carte di credito.
Carla del Ponte, all'epoca Pubblico Ministero della Confederazione, si
era messa in contatto con me durante l'anno 1997 invitandomi a
rendermi disponibile a deporre, in veste di testimone, su questa
faccenda. Più tardi, Carla Del Ponte ha invitato il Pubblico Ministero
russo Jurji Skuratow, che ricopriva l'incarico di giudice inquirente,
a recarsi in Svizzera dove me lo ha fatto conoscere. All'epoca, Carla
Del Ponte aveva già la reputazione di una paladina della giustizia e
perciò io avevo fiducia in lei. Questo è stato un errore che per un
pelo non mi è costato la vita.

Elsaesser: E perché?

Turover: Io mi basavo sull'onestà ed avevo fatto presente a Del Ponte,
sin dall'inizio, che la mia deposizione mi avrebbe esposto al pericolo
di morte. Occorre considerare che all'epoca lavoravo ancora come
consulente per i vertici del governo russo - cioè esattamente per le
persone contro le quali i miei documenti fornivano prove di gravi
reati a loro carico. Ma cosa fece la signora Del Ponte? Comunico' alla
stampa il mio nome completo, precisando anche la mia funzione. Era
come se io, dalla città di Medellin, avessi dato informazioni sul clan
degli Escobar direttamente alla polizia anti-droga degli USA, per
leggere poi sul New York Times, stando sempre a Medellin, il mio nome
come quello del testimone principale convocato contro Escobar. Nel mio
caso non si trattava di Medellin, ma di Mosca, ed il giornale in
questione era il Corriere della Sera, ma l'effetto era tale e quale:
ero "bruciato", e sono riuscito a salvarmi la vita solo grazie ad una
fuga precipitosa da Mosca.
Da allora, cioè, da ormai tre anni, vivo da clandestino. Per questa
mia situazione devo ringraziare Carla Del Ponte. E' stata lei ad
indicare ai killer la strada che porta a me.

Elsaesser: Ma non sta forse esagerando parecchio? Che responsabilità
può avere un Pubblico Ministero svizzero per un articolo uscito su di
un quotidiano italiano?

Turover: I due giornalisti del Corriere hanno avuto tutte le loro
informazioni dalla Del Ponte, anche il mio numero di cellulare. Loro
stessi me l'hanno confermato, perché sanno che la mia vita è in
pericolo.

Elsaesser: La Del Ponte ha smentito questo.

Turover: Allora sta dicendo il falso. Io viceversa ho confermato la
mia versione già molte volte, senza mai essere stato querelato dalla
Del Ponte per calunnia. Il motivo è semplice: lei non ha alcuna prova,
io invece, sì.

Elsaesser: Il capo della Mabetex, Pacolli, non è poi soltanto un pezzo
grosso nel settore dell'edilizia: si dice che avrebbe anche saldi
legami con i terroristi dell'UCK kosovaro-albanese.

Turover: E' proprio così. Secondo le sue proprie affermazioni, al suo
gruppo di imprese farebbe capo, almeno fino al 2000, anche il
quotidiano kosovaro-albanese Bota Sot che è stato incriminato perfino
dall'OSCE per gli articoli razzisti che pubblica. Questo giornale
conduce una campagna razzista, innanzitutto a danno dei serbi, ma è
anche antisemita in quanto mi aveva bollato come "il giudeo Turnover".

Elsaesser: Nel caso che tangenti kosovaro-albanesi siano state pagate
al clan di Jelzin, avremmo una spiegazione per il comportamento del
Presidente della Russia durante la primavera del 1999. Mentre la NATO
stava preparando la guerra contro la Jugoslavia, Jelzin non ha mosso
un dito per difendere il popolo serbo, ufficialmente popolo fratello.
Durante la Conferenza di Rambouillet, ad esempio, mentre gli
Stati-NATO prendevano una posizione estremamente unilaterale a favore
degli albanesi, Mosca non protestò, e ciò benche' i suoi diplomatici
partecipassero al tavolo delle trattative. Gli albanesi-kosovari
avevano forse comprato un atteggiamento passivo da parte di Jelzin?

Turover: Questo potrebbe spiegare come sono andare le cose. Queste
storie costituiscono una simbiosi di politica, saccheggio e lavaggio
di danaro in grande stile.

Elsaesser: E nel caso della Del Ponte?

Turover: Tutte le indagini condotte in Svizzera per il caso Mabetex
sono state archiviate per motivi politici su disposizione delle
altissime gerarchie. Di più: i documenti trasmessi, a suo tempo, dal
magistrato russo Skuratow alla sua collega svizzera Del Ponte sono
finiti, per vie misteriose, presso Pacolli. Pacolli ha informato i
suoi amici a Mosca, Jelzin e Borodin. In seguito, Skuratow, un
giurista onesto e competente, è stato destituito - e ciò benche' il
Senato russo si fosse espresso, quasi all'unisono, a suo favore. La
fine della carriera di Skuratow ha segnato anche la fine delle
indagini sulla Mabetex - la più recente indagine è stata archiviata
nel dicembre 2000.

Elsaesser: La Del Ponte si è mossa in veste di protettrice della mafia
albanese, oppure del clan Jelzin?

Turover: Ne' l'uno ne' l'altro. Lei si muove soltanto nell'interesse
proprio. E' totalmente indifferente agli obiettivi politici.
Consideri, ad esempio, che quando decise di rendere pubbliche le sue
conoscenze sulla faccenda Mabetex, compreso il mio nome, eravamo alla
fine dell'agosto 1999. Questo non fu soltanto un colpo contro di me,
ma anche contro Jelzin. E' vero che lei successivamente non contino'
le sue indagini, ma nel preciso momento in cui fece le sue
rivelazioni, queste avevano danneggiato Jelzin gravemente.
Poco prima di queste rivelazioni, nell'estate 1999, vi fu la
spettacolare azione dei soldati russi d'elite nel Kosovo: dopo
l'armistizio, avevano occupato l'aeroporto di Pristina, mentre le
forze della NATO arrivarono in ritardo. Per un pelo non è scoppiata la
terza guerra mondiale per questo incidente, come spiegò allora il capo
britannico delle forze KFOR, Michael Jackson. Mosca stava giocando una
carta molto importante, voleva prendere possesso di una propria zona
di occupazione nel Kosovo per poter proteggere i serbi. Per tenere
testa all'imbarazzante sfida russa, Jelzin doveva essere abbattuto.
Quindi, l'allora Ministro degli Esteri USA, Madeleine Albright, si
incontrò nel luglio 1999 nell'aeroporto londinese di Heathrow con la
Del Ponte, probabilmente per fare presente l'urgenza della situazione.
In agosto poi, tramite il Corriere della Sera, la Del Ponte fa le sue
rivelazioni al pubblico incalzando il governo di Mosca con
un'ulteriore dichiarazione fatta in settembre alla CNN, nella quale
denuncia la corruzione del governo russo. Jelzin è messo alle strette
e deve temere una procedura di destituzione, accompagnata perfino da
una processo penale. Verso la fine di settembre, due attentati
dinamitardi colpiscono Mosca e gli danno subito respiro.
Apparentemente gli attentati sono stati perpetrati da terroristi
ceceni e, di conseguenza, forze armate russe invadono la Cecenia
distraendo l'opinione pubblica dalla faccenda Russia-Gate.

Elsaesser: In queste circostanze la Del Ponte si era mossa su
disposizione di Washington?

Turover: Lei non è ne' pro-americana ne' filo-albanese. Si muove
all'inseguimento dell'interesse svizzero, cioè, nell'interesse della
politica favorevole alla mafia, condotta dalla Svizzera.

Elsaesser: Quest'affermazione chiede di essere spiegata meglio.

Turover: La Svizzera e le banche svizzere campano innanzitutto grazie
al riciclaggio di denaro. Tutti i dittatori e tutti i grandi criminali
di questo mondo depositano i loro soldi sporchi qui; innanzitutto il
Canton Ticino si presta in modo favoloso: basta attraversare il
confine tra l'Italia e la Svizzera con i milioni in una valigia o nel
cassetto del cruscotto. Lo sanno tutti i politici del Ticino e tutti
ne traggono vantaggio. E la del Ponte, come Procuratore del Cantone
Ticino, aveva protetto queste pratiche già prima dell'affare Mabetex,
sorto negli anni Novanta. Guardi, ad esempio, il caso di una società
per azioni di Chiasso, contro la quale fu aperta un'indagine per il
sospetto di coinvolgimento nel lavaggio di denaro per conto della
mafia italiana. La Del Ponte fece archiviare le indagini.
La del Ponte è, innanzitutto, pro-Del Ponte. Farebbe di tutto per
promuovere la propria carriera, metterebbe sotto accusa perfino George
W. Bush. Come giurista, del resto, vale zero. Lei riesce ad
immaginarsi che, per quanto ne sappia io, nel corso della sua intera
carriera, la Del Ponte non ha vinto una sola causa da Pubblico
Ministero? La sua unica capacità e quella della promozione di se
stessa, il marketing di se stessa.

Elsaesser: Il suo accordo con la Albright è, comunque, risultato
vantaggioso. Poco dopo, si e' vista promossa Pubblico Ministero
al Tribunale dell'Aia - su proposta di Washington. Il giornale di
Zurigo, Die Weltwoche, s'e' meravigliato: "Per quale motivo gli
americani l'abbiano voluta come successore della scomoda, precocemente
dimissionata Louise Arbour, rimane un mistero. In fin dei conti, non
hanno mai nascosto il fatto che ritengono il Tribunale una gran cosa
inutile."

Turover: La Del Ponte ed il governo della Svizzera hanno aiutato la
Albright e come compenso - gli americani sono gente onesta, pagano per
l'esecuzione delle loro commissioni - Del Ponte ha avuto l'incarico
all'Aia. Anche su quella poltrona riesce a vendersi molto bene.
E ciononostante, il processo e' una grande catastrofe. Non ha nulla in
mano contro Milosevic, il quale, per legge, sarebbe dovuto essere
rilasciato da tempo. In questo modo Milosevic, che è soltanto un
bandito ed un truffatore, riesce a presentarsi nel ruolo di un
perseguitato innocente, mentre il nazionalismo serbo viene
incoraggiato, come hanno dimostrato le ultime elezioni.
Ma è possibile che all'Aia non sappiano che il governo svizzero ha
dato incarico speciale ad un giudice per svolgere indagini a carico
della Del Ponte? Com'è possibile che una donna rimanga al suo posto
quale Pubblico Ministero di un Tribunale dell'ONU per crimini di
guerra, mentre essa stessa è sottoposta ad indagini per il sospetto di
essere coinvolta in crimini gravi?

Elsaesser: Nel marzo 2001 lei ha sporto una denuncia contro Carla Del
Ponte ed ignoti, tra l'altro per avere messo in pericolo la sua vita e
per tentato assassinio nell'ambito dell'affare Russia-Gate. Ma il
Pubblico Ministero della Svizzera, Valentin Roschacher, ha respinto
l'accusa mossa contro il suo predecessore. Come fa allora, a sostenere
che ci sarebbero indagini speciali in corso contro la Del Ponte?

Turover: Il Roschacher ha protetto la Del Ponte e perciò l'ho
denunciato per favoreggiamento nei confronti della Del Ponte. Questa
denuncia non solo è stata accolta, ma nel maggio 2002 è stato
incaricato persino un Inquirente speciale dal Consiglio Confederale
della Svizzera, Arthur Hublard, ex Pubblico Ministero del Cantone
Jura. E' lui chi conduce, adesso, le indagini in seguito alla mia
accusa contro Roschacher - ma con ciò, la faccenda Del Ponte riaffiora
finalmente.
Ho inoltre intentato una causa contro la Svizzera davanti al Tribunale
Europeo per i Diritti Umani a Strasburgo.

Elsaesser: Contro la Svizzera - non contro la Del Ponte?

Turover: A Strasburgo non si può querelare una persona privata. Ma
nella sostanza, la mia querela è diretta, innanzitutto, contro la Del
Ponte, perché operando come Pubblico Ministero della Svizzera, lei ha
esposto a pericolo la mia vita. E' insensato che lei possa continuare
a rappresentare l'accusa all'Aia, mentre a suo carico sono in corso
due cause specifiche.

Elsaesser: Lei vive sotto falso nome nella clandestinità, cambiando
continuamente domicilio. Per quanto tempo ancora pensa di reggere in
questa situazione?

Turover: A causa della del Ponte sono costretto a vivere così,
altrimenti sarei un uomo morto. Ovviamente ho preso le mie precauzioni
provvedendo a che, in caso di una mia morte, informazioni ancora più
scottanti affiorino.
Ma certamente, non ne ricavo una tranquillità per la mia vita. Ad ogni
modo, finora sono stati già eliminati almeno cinque testimoni
dell'accusa nell'affare Mabetex. La vittima più recente era la
segretaria personale di Pacolli, una signora 32enne, trovata morta nel
suo bagno, apparentemente in seguito ad un coagulo del sangue. Sul
cadavere non e' stata condotta alcuna autopsia, ed il giorno dopo il
decesso esso e' stato cremato.


L'intervista è stato condotta da Juergen Elsaesser.

[Ringraziamo Susanne per la traduzione. Revisione di A.M.]

1. Prison Camp Lora and the Trial of the Lora 8 (LINK)

2. Sul criminale di guerra Roberto Delle Fave (messaggio pervenuto)
3. An Open Letter to the Washington Post: Georgie Anne Gayer's VUKOVAR


=== 1 ===

Prison Camp Lora and the Trial of the Lora 8 (by Gregory Elich)

http://www.swans.com/library/art8/elich006.html

"...Prison camp Lora was situated in the former Yugoslav naval
compound in Split. Once Yugoslav Federal forces were forced to
withdraw during Croatia's violent war of secession in 1991, the Lora
compound was seized by secessionist forces and the following year a
prison camp was established on its grounds..."


=== 2 ===

Subject: AVVISO
Date: Mon, 18 Feb 2002 13:40:42 +0100
From: "NEWSISTRIA"
To: <jugocoord@...>

Vi scrivo per comunicarVi che se l'AIA vuole condannare MILOSEVIC'
deve anche condannare il MERCENARIO ITALIANO: ROBERTO DELLE FAVE che
attualmente vive indisturbato a BORDIGHERA (ITALIA - IMPERIA) che
nella zona di DIVO SELO - GOSPIC ha fatto dei veri e propri massacri
stando nelle file del fantomatico esercito CROATO contro i SERBI delle
KRAINE e degli stessi abitanti SERBI della zona !!!
Solo che malgrado i massacri fossero documentati non solo dai mezzi
d'informazione ma da Lui stesso che se ne è sempre fatto un vanto
l'AIA lo ha sempre "protetto"!!!
Controllate la cronaca Italiana fra il 1991 e il 1992 oppure inviatemi
un vostro riscontro e vi invierò i vari dati !!! inoltre ricordatevi
che ad uccidere il giornalista francese Xavier è stato LUI che fra
l'altro è tutt'ora indagato dal momento che Xavier scrisse un attimo
prima di morire "RED DEVIL TRADITORE" e va fatto notare che RED DAVIL
è il suo nome di battaglia in CROAZIA mentre in BOSNIA esattamente a
Butmir fondò la BRIGATA "CIGNO NERO"


=== 3 ===

Subject: Prof: R.K.Kent:An Open Letter to the Washington Post:
Georgie Anne Gayer?s VUKOVAR
Date: Tue, 27 Aug 2002 00:41:13 -0400
From: "minja m."


An Open Letter to the Washington Post:
Georgie Anne Gayer's VUKOVAR

R.K.Kent



From a "special to the Washington Times" (August 11, 2002) sent by
Georgie Anne Gayer it would appear that the "savage" Serbs took
Vukovar manu militare because this civilized City was "too perfect for
the Balkans." "It was the special vengeance," she writes, "of the
mountain people of the Dinaric Alps" (read "Serbs") "against the
cultured and tolerant European elites of the valleys and plains" (read
Croats).

Apart from thus taking the Croats out of the Balkans she is simply
parroting the racist ideas which evolved toward the end of the
Nineteenth century. These ideas in action led ultimately to the
mass extermination of hundreds of thousands of Serbs in the
Independent State of Croatia (1941-1944). The cultured elites of the
Third Reich did the same thing to the Jews but their Croatian
counterparts lacked Teutonic efficiency. The killings of the Serbs
were done, for the most part, in the facon artisanale, with bestiality
that even shocked some officers of the Wermacht in situ.

The whole scenario served by Gayer is either meant to mislead or else
rests on nothing more than historical ignorance. It was not quite
the Serb Army (under the banner of the Yugoslav People's Army) that
attacked Croatia but quite the opposite. Let me cite a report of
January 1991, some six months before the local war even started. It
proposed a secret course of action by Martin Spegel (Croatia's
Minister of Internal Affairs) to his collaborators while the Yugoslav
People's Army was still extant. "We are in a war with (this) army.
Should anything happen, kill them all in the streets, in their homes,
through hand grenades, fire pistols in their bellies, women,
children... We will deal... by butchering." In fact, the Croatian Army
and para-military began, in August 1991, the first post-WWII
campaign of "ethnic cleansing," in Western Slavonia. Their pogrom led
to the flight of some 40,000 Serbs, the looting of their properties
and destruction of all the local Orthodox Christian Churches.

Vukovar happens to be the capital of Western Salvonia. Its
baroque-style Elc Palace housed the Museum of Vukovar which was used
to stage the war. The Croatian Guard Corps and police took the
Museum over in the summer of 1991, storing weapons and explosives.
Mortars and machine-guns around the palace were turned then on Serb
villages across the Danube as well as against the positions of the
Yugoslav People's Army (already deserted by its Croat officers and
men). One does not have to invent pseudo-intellectual canards in order
to "explain" why Vukovar became the target of the as yet "Yugoslav"
People's Army. One could add that hardly a Serb civilian remained
alive in Vukovar under Croat control and torture, using gym and other
equipment, appears to have been commonplace.

Raymond K. Kent,
Emeritus


History Department
University of California,
Berkeley, CA. 94720

International Committee to Defend Slobodan Milosevic
emperor.vwh.net/icdsm

Subscribe to the ICDSM email list at
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Slobodan Milosevic's Cross-Examination of
Croatian President Stjepan Mesic: PART XI
Because the transcript of the cross-examination
is 150 pages long we have broken it into 12
easy to read segments. If you wish to read the whole thing
at once go to: http://emperor.vwh.net/icdsm/more/mesic.htm
=================================



Page 10724

1 rebel Serbs. I don't want anybody to think that I am blaming the
Serbs in

2 Croatia. No. The greatest portion of Serbs lived in Zagreb, for

3 example. There were more of them living in Zagreb than the entire
Krajina

4 region. I'm talking about the insurgent Serbs, those who rebelled
and

5 those who wanted to annex Serbia, this to Serbia, and made that
decision,

6 and so did Milosevic's regime, led by him, and they put out the
slogan of

7 all Serbs living in one state. So those affiliated Serbs too. It is
true

8 that Serbia did not pass a decision which would make this legal, but

9 neither were they opposed to it.

10 Q. That is just not true. That, quite simply, is a lie. And any

11 mention of one state referred to Yugoslavia as a common interest,
the

12 common interest of all the Yugoslav peoples. And what I was saying
was

13 only in that way would the Serbs be able to live in one country if
we

14 preserve Yugoslavia, being that one country. But I also said that
all the

15 Muslims could live in one country if we were to preserve Yugoslavia
and

16 all the other nations and nationalities scattered around
Yugoslavia, and

17 nobody minded that at all. That is the truth, Mr. Mesic, and I
think that

18 your memory will serve you well there. But what you're doing now is

19 speculating. But Is what I'm saying right or not?

20 A. My memory serves me very well, thank you. Because the accused

21 said if the Slovenes want to leave, let them leave, and you should
go as

22 soon as possible. If the Croats want to leave, let them go too. But

23 quite obviously all the Serbs would remain in one single state. In
other

24 words, they remain in that state by virtue of their territory, the
state

25 that he calls Yugoslavia. I call it an invalid, handicapped
Yugoslavia.

Page 10725

1 He terms it otherwise.

2 Q. Mr. Mesic, from what you have just said, do you in fact confirm

3 the fact that the Serbs in Croatia had lost under your authority

4 the properties and characteristics of a constituent peoples, that is
to

5 say, a peoples realising their right to self-determination? Is that
what

6 you're bearing out, what you're confirming, the right that they
always

7 enjoyed under all the constitutions except the 1990 constitution? Is
that

8 what you're confirming by what you're saying now?

9 A. The Serbs realised their constitutional right to

10 self-determination and formed a republic, the Republic of Serbia. I
don't

11 know why -- I don't know --

12 Q. We're not talking about the Serbs in Serbia, Mr. Mesic. We're

13 talking about the Serbs in Croatia. It was the Serbs in Croatia who

14 had the status, enjoyed the status of a constituent people in
Croatia, and

15 that was not --

16 JUDGE MAY: This is degenerating into an argument. It doesn't

17 seem it's taking us anywhere. These may be matters which, in the
end,

18 we'll have to resolve, but it seems pointless going on about it
with this

19 witness. He's made his position clear. You've cross-examined him

20 thoroughly. Now, let's move on to any other topic that you want to

21 examine about.

22 MR. MILOSEVIC: [Interpretation]

23 Q. All right. Let me just ask this: Is it clear to you that when

24 you speak about Vojvodina and Kosovo, that you are in fact speaking
about

25 autonomous provinces within Serbia proper, so that therefore you
cannot

Page 10726

Blank page inserted to ensure pagination corresponds between the
French and English transcripts.

Page 10727

1 transfer this to Slovenia and Croatia and Bosnia-Herzegovina and

2 Macedonia, that same model, because the internal constitutional
changes in

3 Serbia were a matter for Serbia to decide, not a matter for Croatia
to

4 decide, not a matter for Croatia to decide? Vojvodina is not in
Croatia.

5 It is in Serbia. So do you deprive Serbia the right of settling
matters

6 in its own house?

7 A. I see that the accused is suffering from amnesia once again,

8 because it was the provinces which were a constitutive element of
the

9 Federation as well, both of Serbia but also a constituent element of
the

10 Federation as well, and that is the portion he deprived them of.

11 Q. I quite obviously don't have time to engage in this kind of

12 discussion and debate, but I think that constitutional experts are
the

13 ones who are well capable of dealing with these matters, and your

14 distorted concepts of the right of nations to self-determination
seems to

15 me to be --

16 JUDGE MAY: Mr. Milosevic, this is all argument and comment. Now,

17 let's move on.

18 MR. MILOSEVIC: [Interpretation]

19 Q. The Territorial Defence in the republics, that it was under the

20 command of the Presidency and the Supreme Command and partly
controlled by

21 the republics, where the Territorial Defence of Serbia is
concerned, you

22 said, quite incorrectly, that the Territorial Defence units of
Serbia

23 waged war in Croatia because the TO of Serbia and Montenegro was

24 exclusively under the command of the army. You say that on page 19
of

25 your statement. How can you say something like that?

Page 10728

1 A. The Territorial Defence attacked Dubrovnik, together with the

2 rebels from Bosnia and Herzegovina. And with respect to the attack
on

3 Croatia, it was the army that was under the command of the General
Staff,

4 and together with the Territorial Defence, they attacked Croatian
towns

5 and villages. Units of the army arrived from Serbia, and in Bosnia
and

6 Herzegovina and Serbia they joined in the attacks and ethnic
cleansing.

7 This would have been impossible. It was not possible that no one in

8 Croatia saw that tanks were going from Serbia to Vukovar and other
parts

9 of Croatia. This is something that cannot be concealed. Somebody had
to

10 see that the army was coming from Serbia to Croatia during the war.

11 Q. Mr. Mesic, are you aware of the fact that the JNA was all over
the

12 territory of the former Yugoslavia and that therefore Croatia was
not a

13 demilitarised republic within the SFRY? When I drew up my demonic
plan,

14 as you say, the army then attacked Croatia. No. That was not the
case.

15 The army was already in Croatia, just as it was in Serbia and
everywhere

16 else in Yugoslavia. Is this clear to you? Is it clear to you that
this

17 was all happening when the army was being attacked, when there were

18 clashes with the army, when you were making decisions to drive out
the

19 Yugoslav army, not the Serbian army, but the Yugoslav army?

20 JUDGE MAY: No. I'm going to bring this to a close.

21 Mr. Mesic, it's put to you, first of all, that the Yugoslav army

22 was already in Croatia, so there was no question of it being
brought in,

23 and secondly, that that army was under attack. Would you deal with
those

24 two separate points, please.

25 THE WITNESS: [Interpretation] I will do that gladly. From the

Page 10729

1 barracks of the JNA, which had by then become a Serbian army because
the

2 other nationalities had left it by then, it was this army that was
arming

3 the rebels, which is why they were under a blockade, why they were

4 surrounded, so that they could no longer arm those who were
attacking and

5 trying to topple the institutions of the Croatian state. Novi Sad is
not

6 in Croatia, but it was a Novi Sad corps that attacked Vukovar.
Belgrade

7 is certainly not in Croatia, but it was from Belgrade that guards
units

8 came to attack Vukovar. Somebody had to have seen this, at least
those

9 who, in that aggressive war, promoted those who participated in all
this

10 and decorated them. The accused knows very well who these people
were.

11 MR. MILOSEVIC: [Interpretation]

12 Q. Mr. Mesic, as you know very well, military districts did not

13 coincide with the borders of the republics in the Federal Republic
of

14 Yugoslavia. They are still -- they still do not coincide with these

15 borders in Yugoslavia. For example, in the 2nd -- the 2nd Military

16 District covers a part of western Serbia and yet it's based in
Podgorica.

17 So there was a single JNA, a unitary JNA, and you made the decision
- and

18 I will tell you exactly when you did that - that it should be
driven out

19 of Croatia, that the barracks should be cut off, that electricity
and

20 water should be cut for the barracks, that soldiers should be
attacked,

21 that they should be beaten up, arrested, and so on and so forth.
Are you

22 aware of this or not, Mr. Mesic?

23 A. The accused knows full well that this is not true, that it's a

24 fabrication. I made no such decisions, nor was I in a position to
make

25 them. However, the accused knows very well that the JNA was not
allowed

Page 10730

1 to attack Croatian towns, and I would like to know when and where he

2 lodged a protest against this, against Serbian tanks, JNA tanks
going to

3 destroy towns in Croatia.

4 Q. Mr. Mesic, when Dubrovnik was being shelled, I was attending a

5 conference with Lord Carrington, together with your president, and
then I

6 said that any clash was crazy, that Dubrovnik was a Croatian town.
This

7 has nothing to do with what you're saying. But let us go back to
your

8 story about the Serbicised army, as you say, because the influence
of the

9 Serbian bloc is quite senseless. It doesn't make sense when we are

10 speaking of the JNA. General Kadijevic was half Croat, half
Serbian.

11 Adzic was from Herzegovina. Brovet was a Slovenian.

12 JUDGE MAY: You're not giving evidence. You're not giving

13 evidence.

14 It's being put, Mr. Mesic, that you're wrong when you say that

15 the JNA was becoming Serb. In particular, two generals are referred
to.

16 Would you like to deal with that.

17 THE WITNESS: [Interpretation] I did not count anybody's blood

18 cells or look at their chromosomes. Individuals did remain because
they

19 were afraid for their survival, but that doesn't mean anything.
Most of

20 the Croats had left the JNA. All the Slovenians, except for Brovet,
and

21 perhaps one or two individuals had left. The Albanians had left the

22 army. The Bosnians had left the army. I'm merely putting forward
facts.

23 But exceptions only go to prove the rule.

24 MR. MILOSEVIC: [Interpretation]

25 Q. Mr. Mesic, do you know that in 1999 or in the year 2000, even
then

Page 10731

1 the army of Yugoslavia was not ethnically pure, not only when we
look at

2 the composition of soldiers, but when we look at the composition of
the

3 generals, and this was ten years later. So why are you falsifying
facts?

4 Why are you manipulating facts in this way? You know that the JNA
then

5 had members in proportion to the ethnic -- general ethnic make-up,
as far

6 as soldiers go and also as far as generals go. There were even more
from

7 other republics than there were from Serbia. This was a Yugoslav
army.

8 You yourself said it was an integrating factor. So it doesn't make
sense

9 when you say that it was Serbia who took the JNA under its command.

10 JUDGE MAY: Another speech. Another speech.

11 It's said that you're wrong about the ethnic make-up, Mr. Mesic.

12 It says you're wrong about it in 1999 and 2000, but we're not
dealing with

13 those years. But dealing with the years which we are talking about,
which

14 would be 1991, can you give any evidence about the ethnic make-up,
or are

15 you relying on the behaviour of the army, your evidence about it
becoming

16 more Serb?

17 THE WITNESS: [Interpretation] Most of the Croats in the JNA left

18 it when it became evident that the JNA was waging an aggressive war

19 against the Republic of Croatia. Most of the Slovenians in the JNA
left

20 it when it became completely evident that the army was waging an

21 aggressive war against Slovenia. The same happened in the case of
other

22 republics. Whether a few individuals remained is of less
importance.

23 Some individuals did remain. I assert that too. But the army was

24 implementing a policy that General Kadijevic admits was aimed at
setting

25 up a Virovitica-Karlovac-Karlobag boundary. This is what General

Page 10732

1 Kadijevic himself said, regardless of who his father and mother
were. I'm

2 not interested in that. But he was in the service of the greater
Serbian

3 policy and the aggression against the Republic of Croatia.

4 MR. MILOSEVIC: [Interpretation]

5 Q. Very well. I assume that General Kadijevic can testify about that

6 and not you, Mr. Mesic. In its public announcement of the 1st of
October,

7 its communique, did your Presidency express concern because the
federal

8 organs and the assembly were no longer functioning, the Presidency
was

9 undergoing a crisis, and the president wanted to have extended
sessions to

10 be attended by representatives of the republic and federal
governments and

11 so on? Do you remember this? This is on page 8, paragraph 2 of your

12 statement.

13 A. I'm not su>


Transfer interrupted!

it's quite clear

14 that the federal institutions were not in fact functioning.

15 Q. Is it true that at the session of the 3rd of October, the

16 Presidency stated that Yugoslavia was facing an imminent threat of
war and

17 that this was not a session of a Rump Presidency but a session
attended by

18 six members of the Presidency? Is it not true that this was
functioning

19 in danger of imminent threat of war and that --

20 THE INTERPRETER: Would Mr. Milosevic please slow down.

21 A. No, this is not correct. Yugoslavia was not facing an imminent

22 threat of war. Yugoslavia was threatened by Serbian aggression
against

23 parts of Croatia and Bosnia-Herzegovina.

24 MR. MILOSEVIC: [Interpretation]

25 Q. Mr. Mesic, apart from these political qualifications which are

Page 10733

1 quite inadequate, you have no arguments to put forward. You are
speaking

2 of a war against Yugoslavia, an illegal and unconstitutional
secession,

3 it's expulsion of units of the Yugoslav army from the territory of

4 Croatia. Please, your fabrication about what General Kadijevic said
--

5 JUDGE MAY: Mr. Milosevic, we're not here to listen to more

6 speeches. We're almost finished today. It may be of assistance to
know

7 how long do you think you might require in re-examination, Mr. Nice?

8 MR. NICE: It could be 20 minutes I thought would have been more

9 than possible.

10 JUDGE MAY: There will be that available. We'll have to decide

11 how the time goes is to be divided.

12 MR. NICE: There are important issues raised with this witness and

13 it's only right that a proper record should be left in the evidence
about

14 what the true position is.

15 [Trial Chamber confers]

16 JUDGE ROBINSON: Mr. Mesic, would you be available for longer than

17 one hour tomorrow morning? Is that possible?

18 THE WITNESS: [Interpretation] I have to be in Zagreb by 12.00

19 noon. I need at least an hour to get there, or an hour and a half,
to get

20 to Zagreb. Maybe an hour and a half. I could be here for an hour
and a

21 half, from 9.00 to 10.30.

22 JUDGE ROBINSON: Yes, that would be helpful. Yes.

23 [Trial Chamber confers]

24 JUDGE MAY: Very well. We'll give the accused another half hour

25 had, Mr. Tapuskovic half an hour, Prosecution 20 minutes.

Page 10734

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French and English transcripts.

* Continued at: http://emperor.vwh.net/icdsm/more/mesic-12.htm



***** Urgent Message from Sloboda (Freedom) Association and the
International
Committee to Defend Slobodan Milosevic!

The Freedom Association in Belgrade and the ICDSM, based outside
Yugoslavia, are the two
organizations formed at the request of Slobodan Milosevic to aid in
his defense.

Up until now our main work has been threefold. We have publicized the
truth about The
Hague's phony trial. We have organized research to help President
Milosevic expose
NATO's lies. And we have initiated legal action in the Dutch and
European Courts.

Now our job has increased. The defense phase of the "trial" starts in
May 2003. No longer
will Mr. Milosevic be limited to cross-examining Hague witnesses. The
prosecution will be
forced further onto the defensive as victims of NATO's aggression and
experts from
Yugoslavia and the NATO countries tell what really happened and expose
media lies.
Moreover, Mr. Milosevic will call leaders, from East and West, some
friendly and some
hostile to the truth.

The controlled mass media will undoubtedly try to suppress this
testimony as they have tried
to suppress Mr. Milosevic's cross-examinations. Nevertheless this
phase of the "trial" will
be the biggest international forum ever to expose NATO's use of
racism, violence and lies to
attack Yugoslavia.

We urgently need the help of all people who care about what is
happening in The Hague.
Right now, Nico Steijnen , the Dutch lawyer in the ICDSM, is waging
legal battles in the
Dutch courts and before the European Court, about which more news
soon. These efforts
urgently require financial support. We now maintain a small staff of
Yugoslav lawyers in
Holland, assisting and advising Mr. Milosevic full-time. We need to
expand our Dutch
facilities, perhaps bringing in a non-Yugoslav attorney full-time.
Definitely we must
guarantee that we have an office and office manager available at all
times, to compile and
process evidence and for meetings with witnesses and lawyers and as a
base for organizing
press conferences.

All this costs money. And for this, we rely on those who want Mr.
Milosevic to have the best
possible support for attacking NATO's lies.

************
Here's how you can help...
************

* You may contribute by credit card. By the end of September we will
have an ICDSM
secure server so you can contribute directly on the Internet.

For now, you can contribute by credit card in two ways: *

You can Contribute by Credit Card over the Telephone by calling:

ICDSM office, USA: 1 617 916-1705
SLOBODA (Freedom) Association office, Belgrade: 381 63 279 819

You can Contribute using PayPal at:
https://www.paypal.com/xclick/business=icdsm%40aol.com
PayPal accepts VISA and MasterCard

You can Contribute by mail to:
ICDSM
831 Beacon St., #295
Newton Centre, MA 02459 (USA)

- OR -

You can Contribute by wire transfer to Sloboda Association

Intermediary:
UBS AG
Zurich, Switzerland
Swift Code: UBSWCHZH

Account with:
/ 756 - CHF
/ 840 - USD
/ 978 - EUR
Kmercijalna Banka AD
SV. Save 14, 11000 Belgrade, FR Yugoslavia
Swift Code: KOBBYUBG

Beneficiary: Account No. 5428-1246-16154-6
SLOBODA
Rajiceva 16, 11000 Belgrade, FR Yugoslavia

Thank you!

http://emperor.vwh.net/icdsm

[Un primo testo sull'argomento e' stato distribuito su Jugoinfo nel
2001: FROM TERRITORY TO PEOPLE: NATIONS ADRIFT, di Louis Dalmas - su:
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/1165%5d


--- Su <This email address is being protected from spambots. You need JavaScript enabled to view it.>, andrea ha scritto:

Per proseguire il confronto sul tema delle "autodeterminazioni" -
cosi' vengono chiamate le spinte secessionistiche dei "piccoli
popoli", benche' semanticamente il termine sia assolutamente sbagliato
visto che una volta "autodeterminati" quei territori diventano
viceversa subito provincie vassalle della NATO - ripropongo per
l'ennesima volta il seguente articolo, apparso nel 1998 sullo
sfortunato bollettino internazionalista QUEMADA.

Sottolineo preliminarmente alcuni punti cruciali ivi affrontati:

* la retorica anti-statalista va oggi oggettivamente pari passo con la
demolizione dello "stato sociale";
* la tendenza al localismo ed al regionalismo e' funzionale alla
"Nuova Europa" per la demolizione delle sovranita' statuali;
* essa e' anche funzionale alle borghesie nazionali che possono
distruggere il sistema dei contratti nazionali di lavoro e
polverizzare la classe.

Di questi punti non abbiamo ancora mai parlato, ma io credo che
integrino bene i nostri ragionamenti sui "movimenti di liberazione"
finanziati dalla CIA nei paesi (non necessariamente "comunisti", anzi)
che oppongono resistenza all'imperialismo. NOTA IMPORTANTE:
l'"imperialismo" e' la tendenza espansionistica del capitale
monopolistico transnazionale. Mettere sullo stesso piano
l'"imperialismo" di Putin e quello USA e' ridicolo e non ha niente a
che fare con l'analisi leniniana. I paesi imperialisti in senso
leniniano oggi sono pochissimi: essenzialmente il blocco NATO piu'
Israele.
Contraddizioni interimperialistiche emergono ed emergeranno sempre di
piu, ma ancora non sono determinanti - per esempio, in Jugoslavia non
sono esplose, anche se sono latenti e talvolta visibili. Solo i paesi
imperialisti sono in grado di espandersi, economicamente e
militarmente, ovunque nel globo. Putin puo' rappresentare al massimo
una "borghesia nazionale" e/o una marionetta dell'imperialismo di cui
sopra. Nel primo caso potrebbe creare una contraddizione interna al
sistema capitalistico globale. La Cina viceversa e' un caso
assolutamente inedito: un po' come l'URSS all'epoca, essa e' ormai in
grado di espandersi economicamente anche all'esterno, ma tutte le
attivita' economiche strategiche sono in mano allo Stato e non a
qualche cordata di monopolisti privati.

Chiudo specificando che, rispetto a quando il seguente articolo fu
scritto, la Lega Nord e' oggi diventata qualcosa di diverso, e di
molto piu' compatibile con gli interessi USA. Il problema del
"federalismo" (cioe' delle gabbie salariali) rimane pero' all'ordine
del giorno: basta aprire i giornali di oggi.

Andrea

PS1. l'ivi menzionato Sergio Salvi ha scritto uno dei pochissimi libri
attualmente disponibili... sulla Cecenia!

-----------------------------------------------
EUROPA: UNIONE E DISGREGAZIONE
-----------------------------------------------

INTERNAZIONALISMO OGGI

In questi anni c'e' stata una grave difficolta' nella comprensione
della guerra nella vicina Jugoslavia. A sinistra si e' spesso
tralasciata l'analisi critica dei rapporti economici, per sostituirla
con tematiche identitarie o con improbabili intellettualismi. Questa
vicenda (non ancora terminata) ha dimostrato come la sinistra ed il
pensiero democratico possano sfasciarsi completamente di fronte alla
"questione nazionale".
Appassionarsi ai "piccoli popoli oppressi" prescindendo completamente
dai rapporti di classe, ad esempio la lotta tra le varie borghesie
nazionali e quella detentrice del capitale monopolistico
transnazionale, prescindendo dai cambiamenti macroeconomici, dalla
storia, oppure richiamandosi ad episodi antichi o marginali a scapito
di quelli attuali e significativi, spesso con lo scopo di inventare
"radici di plastica" e motivi di identificazione per realtà "etniche"
pompate artificialmente: si e' visto che tutto questo non puo' che
causare la completa deriva della teoria e della prassi.

La deriva "etnica" di un certo internazionalismo alla quale oggi
assistiamo e' il prodotto di una fase culturale decadente, nella quale
l'impegno politico sembra ridursi ad una specie di "collezionismo di
farfalle" che non ha niente a che vedere con la difesa delle
minoranze...
Bisogna infatti tracciare una linea di demarcazione tra
l'intellettualismo borghese, che porta avanti valori romantici,
passatisti e reazionari che si esauriscono nella esaltazione delle
"differenze", dall'internazionalismo ed antiimperialismo marxista, che
riconosce i diritti di tutti perche' vuole l'unione tra eguali
anziche' il dominio del piu' forte... Se l'intellettuale borghese
(decadente) puo' applaudire dinanzi alla distruzione sanguinosa di uno
Stato multinazionale, dove i diritti di ciascuna persona e
nazionalita' sono garantiti, in nome della "autodeterminazione" di
improbabili entita' etno-culturali, facendo con questo il gioco
dell'imperialismo intenzionato a strumentalizzare quelle
questioni per scardinare realta' scomode, viceversa il rivoluzionario
comunista deve essere attento ai contenuti antifascisti,
antiimperialisti ed anticapitalisti - cioe' comunisti - di questa o
quella rivendicazione.

Facciamo un esempio concreto: la "Gesellschaft für Bedrohte Völker"
(GfBV, in Italia "Associazione per i Popoli Minacciati" - APM) e' una
"transnazionale" con centro in Germania, che si occupa della
salvaguardia delle minoranze. Apparentemente si tratta di una
organizzazione di sinistra. Dal suo sito WEB apprendiamo che essa ha
una sezione in Bosnia, e che lavora con particolare zelo sui problemi
del Kosovo e del Sangiaccato. La sezione sudtirolese, ad esempio - che
è ovviamente distinta da quella italiana - ha gestito per anni la
"cattedra di Germanistica" della "università parallela" di Pristina.
Non solo: essa si interessa anche ai popoli dei dintorni del Caucaso,
compresi ceceni, tartari della Crimea, ed altri che a noi restano
ancora pressochè sconosciuti, ma di cui gli storici specialisti
conoscono l'appoggio fornito durante la II G. M. al progetto nazista
di "Nuovo Ordine Europeo".
Dulcis in fundo la GfBV è molto preoccupata per la maniera in cui
vengono accolti in Germania gli "Aussiedler", cioè gli appartenenti
alle minoranze germaniche dell'Europa centro-orientale, e chiede che
il governo faccia di più per la loro salvaguardia nei rispettivi paesi
- che fino a 5-6 anni fa erano l'URSS, la Jugoslavia, eccetera, ed
oggi sono insignificanti fantocci dell'imperialismo come Ucraina o
Repubblica Ceca... D'altronde Tilman Zülch, fondatore e Presidente
della GfBV, "è nato il 2 settembre 1939 a Deutsch-Libau (Sudeti)",
come è scritto nella sua biografia WEB: i Sudeti sono i territori
occidentali della Cecoslovacchia, al centro allora come oggi della
disputa tra tedeschi e cechi. Il cerchio dunque si chiude.

In Italia il Comitato dei Garanti della APM annovera al suo interno il
noto medievalista Franco Cardini, dichiaratamente di destra, ed un
tale Sergio Salvi che ha recentemente pubblicato un libro dal titolo
"L'Italia non esiste" (Camunia, Firenze 1996), nel quale viene dunque
superata la celebre affermazione di Metternich ("L'Italia è soltanto
un'espressione geografica"). L'APM ha rapporti con le riviste della
"nuova" destra comunitarista-internazionalista (es. "Frontiere") e,
guarda caso, con i croati attraverso Sandro Damiani, giornalista
fiumano, che gestisce la "Associazione Culturale Italia-Croazia". La
APM sottoscrive proclami per la "autodeterminazione del Kosovo"
insieme a gruppi nonviolenti cattolici trovando spazio su
pubblicazioni come "Il Manifesto" e "AlternativeEuropa"... Perche'?

In effetti e' almeno dagli anni '80 che si e' affermata una corrente
di "antiimperialismo ingenuo", a cavallo tra destra e sinistra.
Inizialmente il discorso legava con la critica al socialismo reale
(es: Afghanistan), oggi pero' gli "imperialismi" da scardinare sono un
po' tutti gli Stati che si vogliono prendere di mira.
Con la richiesta di una "Europa delle regioni" da parte di settori che
con la sinistra non hanno mai avuto niente a che spartire e' divenuto
infine chiaro che la colorazione libertaria-ecologica-sociale di
questi movimenti serve talvolta solamente come facciata. Tra danze
bretoni ed amuleti celtici l'effettivo essere sociale degli individui
si svilisce in comunità di stampo folkloristico: "Noi non vogliamo
un'Europa d'un grigiore indistinto, ma bensì come un insieme di
specificità nazionali e regionali" (Helmut Kohl): si intende la
parcellizzazione in frammenti territoriali al di sopra dei quali si
erga il dominio unificatore del più forte.

UN PO' DI STORIA

Sul numero 2/1995 del mensile marxista tedesco KONKRET appariva il
primo di una serie di contributi di Walter von Goldenbach e
Hans-Ruediger Minow, autori del libro "Deutschtum erwache!"
("Germanita', sveglia! Spaccati di pangermanesimo visti dall'interno"
- Dietz, Berlino). L'articolo, dal titolo "Saluti da Grosny", esordiva
nella seguente maniera:
«Al novero delle organizzazioni statali mascherate che fanno la
politica estera tedesca pare appartenere una associazione
particolarmente raffinata: La Unione Federalista dei Gruppi Etnici
Europei>> [FUEV, vedi riquadro]. La sua costituzione negli anni Venti
avvenne ad opera di personaggi a cavallo tra ambienti governativi,
fondazioni, mondo accademico e associazioni di tutela dei "tedeschi
orientali", le popolazioni di origine germanica stanziate nell'Europa
Orientale, fino al Volga ed oltre. Secondo l'allora ministro degli
Esteri Stresemann le necessita' vitali della Germania erano "in
contraddizione flagrante con la oggi ancora dominante tendenza (...)
allo sviluppo degli Stati nazionali": << "Non esiste altra
via d'uscita se non la rottura con le residue concezioni di Stato e di
popolo", affermarono gli emissari di Stresemann. L'idea nata con le
rivoluzioni americana e francese dello Stato nazionale sovrano,
osservante i diritti umani, con i cittadini piu' diversi,
apparterrebbe al passato (...) Il "popolo" [nel senso della
nazionalita'] sarebbe di valore piu' alto dello "Stato": quello
bretone, fiammingo o croato, il cui "diritto di natura" dovrebbe
evertere lo Stato nazionale... ». Non e' una idea originale: gia' su
"Nazione e Stato - giornale tedesco per il problema delle minoranze in
Europa", nazionalsocialisti bellicosi sviluppavano la teoria del
"Volk" che si erge al di sopra dello Stato. "Il Volk", si leggeva nel
1932, "e' una unita' di sangue e di cultura". Il "concetto di
nazione [nel senso dello Stato nazionale moderno] e' una conseguenza
necessaria del mondo concettuale della democrazia, della conta
meccanica nella moltitudine degli uguali, dell'individualismo e della
rinunzia alla suddivisione dell'umanita' per razza e per etnia. Tutto
questo fa il servizio dell'ebraismo, che vuole uguaglianza dei
diritti, sfruttamente e dominio"... >>

Nel 1936 il "Congresso delle Nazionalita'" di Ginevra, riunione
annuale della FUEV e di altre organizzazioni affini, si pronuncio' per
una "suddivisione" dell'Europa: "Il riconoscimento di una
soggettivita' del "Volk" come base fondante dello sviluppo europeo non
significa altro che tracciare i contorni di una nuova Europa". Il
serissimo relatore era uomo di fiducia dei servizi segreti
nazionalsocialisti, impegnato proprio in quell'epoca contro lo Stato
cecoslovacco. Mentre Adolf Hitler pianificava la creazione di uno
"Stato" bretone, laddove la Borgogna sarebbe stata annessa al "Reich",
i "Congressi delle Nazionalita' Europee" venivano sospesi: la trappola
della politica estera tedesca si chiudeva di scatto.
L'idea di fondo pero' veniva portata avanti dall'apparato
nazionalsocialista impegnato nella guerra di aggressione: in un
documento riservato del 15/5/1940 il capo delle SS Himmler esprimeva
la convinzione che "nel trattamento delle etnie straniere dell'Oriente
dobbiamo vedere di riconoscere e di badare quanto piu' possibile alle
singole popolazioni, vale a dire oltre ai Polacchi e gli Ebrei gli
Ucraini, i Russi Bianchi, i Gorali, i Lemchi ed i Casciubi. Ed ovunque
si trovino pure solo frammenti etnici, ebbene anche a quelli. Con
questo voglio dire che noi non solo abbiamo il piu' grande interesse
acche' le popolazioni dell'Oriente non siano unite, ma che al
contrario siano suddivise nel numero maggiore possibile di parti e di
frammenti. Ma anche all'interno delle stesse popolazioni non abbiamo
alcun interesse a portarle all'unita' ed alla grandezza, a trasmettere
loro forse pian piano una coscienza nazionale ed una cultura
nazionale, bensi' piuttosto a scioglierle in innumerevoli piccoli
frammenti e particelle..." (1)

Gia' nella introduzione di una "proposta di convenzione" che la FUEV
fa oggi alle competenti istituzioni internazionali, si riconosce che
"il Nuovo Ordine Europeo" si sarebbe realizzato gia' "dal 1990",
cosicche' "la protezione dei gruppi etnici" ed una "regolamentazione
valida in generale per le questioni relative alle etnie" mostrano di
essere "una necessita' imprescindibile". Secondo la FUEV, nel novero
delle "minoranze" e delle "nazionalita'" si puo' rientrare in base ad
una "decisione soggettiva", "liberamente riconoscendosi" in quanto
"gruppo etnico", riconoscimento che non puo' "essere contestato ne'
tantomeno sottoposto a prova dimostrativa"... Sembra scritto apposta
per la "nazione padana"! Il vertice di tali concezioni e' tuttavia il
"diritto a contatti indisturbati". In base a tale "diritto" formulato
dalla FUEV, ai territori in parte gia' separati ed autogestiti bisogna
lasciare espressamente la possibilita' di curare "contatti in maniera
indisturbata con organi statali o altri organi pubblici di altri
Stati, soprattutto con quelli degli Stati co-nazionali" cioe'
rappresentanti lo stesso "Volk", come la Germania per il Sudtirolo, ad
esempio, o l'Albania per il Kosovo.

La FUEV «ha finanziato nel 1994 una conferenza internazionale che ha
avuto luogo in Ungheria, ed e' servita come estensione verso gli
ambiti territori dell'Est delle fantasie di egemonia pangermanica: per
la FUEV il 1994 e' stato l'anno dell'"impegno per le minoranze in
tutta Europa fino al Caucaso". Secondo un comunicato stampa della FUEV
(...) l'Europa si scompone in sei "regioni", dove le "comunita' di
popolo" possono aspirare ad autonomia territoriale. La lista puo'
anche essere letta come istruzioni per la dissezione degli Stati
confinanti con la Germania. Nello spazio "NORD" i "tedeschi dello
Schleswig settentrionale" sono posti contro la Danimarca, i "frisoni"
contro l'Olanda cosi' come i "sami" ed i "finlandesi di Svezia" contro
Stoccolma. Nello spazio "OVEST" la FUEV incoraggia tra l'altro le
rivendicazioni territoriali dei "bretoni" e degli "alsaziano-loreni"
contro Parigi, dei "tedeschi del Belgio" e dei "fiamminghi" contro
Bruxelles cosi' come dei "gallesi" e "cornovallesi" contro Londra.
Nello spazio "SUD" contro Roma emergono i "sudtirolesi retoromanzi",
gli "aostani" ed i "ladini". La sezione "CENTRO" e' dominata
dalle tendenze autonomiste che, a detta della FUEV, animerebbero i
"tedeschi nella Polonia settentrionale", i "tedeschi dell'alta
Slesia", i "tedeschi sudeti in Cechia" ed anche i "tedeschi della
Slovacchia".
Infine, il ginepraio etnico si infittisce nelle zone "SUDEST" ed
"EST". "Ungheresi in Romania" e "rumeni in Ungheria", "sassoni di
Siebenbuerger", "svevi del Banato" [tra Ungheria, Romania e
Jugoslavia], "tedeschi, italiani ed ungheresi in Slovenia", "tedeschi
in Georgia", "tedeschi nel Kazachistan", "tedeschi in Kirghisia",
cosi' come i tartari di Crimea, gia' varie volte arruolati dal Comando
militare tedesco, tutti questi aspirano al "diritto di natura" dei
"gruppi etnici". >> Silenziosamente e sotto la copertura di alti
rappresentanti dello Stato, tra i quali il Primo Ministro dello
Schleswig-Holstein ed il Presidente del Parlamento del Land del
Brandeburgo, ma anche come consulente per il Consiglio d'Europa, la
CSCE, l'ONU ed il Parlamento Europeo la FUEV lavora alacremente alla
costruzione del "Nuovo Ordine Europeo"...

LA ESTREMA DESTRA EUROREGIONALISTA

Bisogna a questo punto sottolineare la convergenza esistente tra
codesti difensori delle minoranze d'ogni nazionalita' ed
organizzazioni di ispirazione direttamente pangermanica e per la
tutela degli "Aussiedler".
Il problema degli "Aussiedler" viene sollevato costantemente in
Germania sin dagli anni della annessione della Germania Est da parte
della Repubblica Federale, come motivo di propaganda interna ma anche
di pressione verso molti paesi. Quando alla fine del 1997 scoppio' un
grosso scandalo internazionale in seguito alla conferenza tenuta alla
Scuola Ufficiali di Amburgo dal leader neonazista Roeder, una cosa che
rimase pressoche' sconosciuta fu l'argomento trattato da questo
personaggio nella sua "lezione": ebbene si trattava di come
accrescere l'influenza tedesca nella zona di Kaliningrad - ovvero la
Koenisberg capitale di quella che era la "Prussia Orientale", tra
Polonia e Lituania, oggi ancora territorio russo - attraverso la
immigrazione massiccia di "tedeschi del Volga" in quell'area.

Tra le organizzazioni per gli "Aussiedler" sono note il "Verein fuer
das Deutschtum im Ausland" (VDA, ovvero Associazione per la Germanita'
all'Estero) ed il "Verband der deutschen Volksgruppen in Europa" (Lega
dei gruppi etnici tedeschi in Europa). La prima delle due e' oggi
assai attiva, e come la FUEV gode di autorevoli appoggi: « Non
diversamente dai suoi predecessori, [la FUEV] e' legata al Ministero
degli Esteri, a quello degli Interni ed alla Cancelleria Federale
attraverso la VDA, agenzia sovversiva dalla storia secolare al
servizio dello Stato tedesco. Il legame e' assicurato dal membro del
Consiglio Amministrativo [CA] della VDA Karl Mitterdorfer [ex-senatore
della "italiana" Südtiroler Volkspartei - SVP], presidente per anni
della FUEV (...) avente contatti di lavoro con rappresentanti
dell'estremismo di destra e del razzismo europei. Questa
cooperazione della FUEV avviene all'ombra di membri del CA della VDA
del calibro di Hans Klein (Vicepresidente del Bundestag tedesco) ed
Eberhard Diepgen (sindaco di Berlino in carica)». Il VDA all'inizio
degli anni Novanta era presieduto da Hartmut Koschyk, pochi mesi prima
della "riunificazione tedesca" autore, presso la ultrareazionaria casa
editrice MUT ("Coraggio"), di un libro dal significativo titolo "Tutta
la Germania deve essere unita". Costui, esule dell'Alta Slesia
(Polonia), afferma nel libro che "la fissazione dell'Oder-Neisse quale
linea del confine tedesco-polacco non puo' essere considerata una
soluzione valida per il futuro dei rapporti tedesco-polacchi". Negli
anni successivi Koschyk si fa personalmente promotore di iniziative di
sostegno ai "Circoli per l'Amicizia con la Germania" nella Polonia
occidentale, mettendo a disposizione dozzine di antenne satellitari e
fotocopiatrici.
Ricordiamo che la "riunificazione" e' stata possibile grazie ad una
serie di accordi e trattati, tra i quali quello sui confini
tedesco-polacchi del 14/11/1990 che in questi ambienti e' ancora
considerato vergognoso ma che ha rappresentato una necessaria
concessione alla "Realpolitik" da parte di Kohl.

E' da questi ambienti federalisti e pangermanici insieme che e' nata
una idea-guida della odierna Unione Europea, quella delle
"Euroregioni". Nel 1988 l'Intereg [vedi riquadro] crea il progetto di
"Regio Egrensis", a cavallo tra Baviera e Cecoslovacchia, che
interessa quindi proprio i Sudeti. E' sempre da questo istituto che
emerge l'idea della Euroregione Tirolo, comprendente Alto Adige e
Tirolo austriaco.

Una vicenda "silenziata" dal disinteresse è stata quella dell'apertura
di un ufficio di rappresentanza di questa Euroregione a Bruxelles,
presso il Parlamento Europeo, ufficio voluto da esponenti altoatesini
e tirolesi d'Austria contro il parere e nonostante le "scomuniche" dei
rispettivi governi. Il 15/1/1996 Maroni esprimeva invece il plauso
della Lega Nord per l'iniziativa. Ancor prima, nel settembre 1995, ad
Innsbruck veniva celebrata la riunificazione delle compagnie degli
"Schützen" - eredi delle milizie territoriali del periodo
austro-ungarico che si richiamano alla figura storica dell'altoatesino
Andreas Hofer, combattente antinapoleonico - di Trentino, Alto Adige e
Tirolo austriaco. Decine di Schützen e militanti di altre formazioni
folkloristico-tradizionaliste analoghe provenienti da tutte le regioni
dell'ex-Impero asburgico hanno presenziato poi, pochissimi mesi fa,
alla inaugurazione del grande monumento ad Elisabetta ("Sissi"),
moglie di Francesco Giuseppe, recentemente ricostruito al centro di
Trieste, la "fidelissima" citta' degli Asburgo, ove periodicamente
organizzano le loro celebrazioni.

Infine, nel dicembre 1996, con il sostegno del Ministero dell'Interno
della Germania nasce l'"Europaeisches Zentrum fuer Minderheitenfragen"
(EZM ovvero: Centro europeo per le questioni delle minoranze).
Su KONKRET 3/1997 Goldenbach e Minow precisano:
«Nel grande mercato sotto dominio tedesco di nome "Europa" i confini
statali nazionali disturbano. La loro distruzione e' lo scopo della
"etnopolitica" tedesca, che ora passa all'attacco con l'EZM (...).
L'Ufficio Esteri ["Auswaertiges Amt", AA] ed il Ministero degli
Interni di Bonn [BMI] hanno impiegato cinque lunghi anni (...) ma ora
ci siamo: da dicembre 1996 specialisti tedeschi lavorano affinche' "si
dia finalmente spazio ad una politica d'attacco sulle questioni dei
gruppi etnici e delle minoranze, spazio che le e' dovuto gia' da
tempo", nelle parole della Presidentessa del Landtag [il Parlamento
del Land] Lianne Paulina-Muerl ad un Forum sulle minoranze del Landtag
dello Schleswig-Holstein il 7 giugno 1991. Per i loro propositi in
tema di minoranze hanno sistemato a Flensburg una scenografia europea,
hanno incassato i contributi della UE ed hanno coinvolto nel nuovo
"Centro per le questioni delle minoranze" anche gli ignari danesi. Che
l'offensiva non riguardi quelli che in Germania sono socialmente
svantaggiati, ossia i milioni di immigrati dalla Turchia o i
lavoratori dal Vietnam e dall'Europa orientale, si capisce da se'. Si
tratta delle minoranze e dei cosiddetti gruppi etnici ALL'ESTERNO
della Repubblica Federale... Come spiegava il direttore dell'EZM
Stefan Troebst a Flensburg, in occasione dell'inaugurazione
dell'Istituto (...) "il settore geografico di lavoro della nuova
istituzione e' l'Europa ed in certi casi anche i territori limitrofi
come (...) il Mar Nero o il Caucaso". Chi a causa di queste
indicazioni ritenga che la politica tedesca sia alla ricerca di
minoranze che possano aprirle la strada verso aree di intervento
ricche di risorse, beh costui ha la vista corta: "Una
particolare attenzione verra' prestata all'Europa orientale" concede
l'esperto in tema di minoranze Troebst; "ma se ci ricordiamo dei
titoloni dedicati in questi anni all'Irlanda del Nord, ai Paesi
Baschi, alla Corsica e a Cipro e' allora chiaro che pesanti conflitti
etnici non covano solamente nella regione al di la' della ex-cortina
di ferro. Se si tratta dei diritti delle minoranze, bisogna aggiungere
anche alcuni paesi occidentali (...) Se, tanto per fare un esempio
(...) gli occitani del sud della Francia propongono un programma
nazionale, organizzano un movimento nazionale e rivendicano infine la
creazione di un proprio Stato nazionale, e si mettono a lottare per
ottenerlo, oppure no... queste sono domande difficili, in certi casi
persino urgenti"...>> "Nessuna minoranza puo' essere lasciata in balia
di un governo centralista repressivo" - dice ancora Troebst. "A tal
proposito, anche Stati sovrani devono contemplare l'intervento della
comunita' internazionale. In casi come quello del Kosovo (!) l'acuirsi
delle tensioni tra gruppi etnici puo' essere evitato solo in questa
maniera". Secondo un calcolo ufficiale della FUEV, che e' tra le
componenti del consiglio amministrativo dell'EZM, in Europa
101.412.000 persone appartengono al potenziale delle "minoranze", per
un totale di 282 "gruppi etnici" in 36 Stati europei.... Questi numeri
chiariscono che la politica estera tedesca non e' solamente radicale,
ma vuole anche andare fino in fondo. Cio' che ha avuto inizio con
successo in Jugoslavia - la disgregazione "etnica" del continente in
un grande mercato costituito da regioni marginalizzate - deve
proseguire con gli albanesi del Kosovo (non a caso l'UCK e' addestrato
ed armato dai servizi segreti tedeschi), e forse anche con gli
"occitani".

Sul numero 3/1997 di LIMES, a pagina 293, appariva un documento dal
titolo "Dichiarazione per una carta Gentium et Regionum - Programma di
Brno", portante in calce la firma di sette autori appartenenti alla
GfBV, all'INTEREG, al Centre International de Formation Européenne,
alla FUEV e all'Istituto di Ricerche sul Federalismo di Innsbruck. Nel
documento si dice apertamente che : «non è più possibile congelare le
strutture attualmente dominanti e la sovranità nazionale come se esse
fossero sacrosante... è sempre più necessario promuovere la diversità
e l'autonomia delle piccole comunità vicine ai cittadini... è
indispensabile per un nuovo ordine europeo [sic!] il superamento di
vecchie concezioni relative al carattere illimitato della sovranità e
del centralismo stato-nazionale, nel senso di un'unione europea da un
lato e della maggiore autonomia possibile delle piccole comunità
dall'altro... la cooperazione transfrontaliera regionale quale viene
praticata in Europa (euro-regioni) costituisce un'innovazione che deve
essere ulteriormente sviluppata... l'Europa può divenire un esempio
per il resto del mondo se essa riesce a progredire dal modello di uno
Stato nazionale più o meno centralistico verso un modello di diversità
nell'unità fondato sul principio dei diritti dei gruppi etnici,
dell'autonomia e dell'autodeterminazione...» Il documento prosegue
declinando ad ogni pié sospinto ed in tutte le maniere l'aggettivo
"etnico", dichiarandosi a favore di "Stati regionali autonomi" che
"dovranno essere istituiti anche là dove lo Stato centrale nel suo
complesso non è organizzato in forma federale", sentenziando infine:
"le divisioni e le frontiere che non siano state fondate
sull'autodeterminazione mascherano, dietro ad un federalismo
di facciata, una dominazione straniera", come a dire: non tutti i
federalismi ci vanno bene - quello jugoslavo, ad esempio, a loro non
piaceva.

Dunque i possibili effetti della strategia regionalista portata avanti
dai tedeschi sono potenzialmente destabilizzanti per tutto il
continente, e non solo per l'Europa dell'Est. La rivista italiana
LIMES, che ha una collocazione politica apparentemente trasversale ma
in effetti e' portavoce degli ambienti militari che fanno la
geopolitica italiana, pubblicava sul numero 4/1997 un'intervista a
Pierre-Marie Gallois, ex-generale e fedelissimo di De Gaulle, dal
titolo "Perchè temo la Germania (e la televisione)". Nella
introduzione si parla dell'EZM, del suo recente battesimo a Flensburg
e del suo Presidente, Stefan Troebst. Si dice tra l'altro: «Poco dopo
la presentazione del centro di Flensburg, un diplomatico ed un
sociologo tedeschi, Walter Von Goldenbach e Hans-Rudiger Minow,
scrivono il libro "Von Krieg zu Krieg" (Da guerra a guerra),
sottotitolo: "La politica estera tedesca e il frazionamento
etnico dell'Europa". I due autori si recano a Parigi dal generale
Pierre-Marie Gallois, uno dei maggiori esperti internazionali di
geopolitica, e gli chiedono una prefazione. Presa visione della
documentazione, Gallois li accontenta. Dopo l'uscita del libro, i due
autori incominciano ad avere numerosi problemi, il sociologo Minow
subisce anche un'aggressione fisica, al punto da desiderare di
trasferirsi all'estero.>>
Nell'articolo, il generale Gallois sottolinea come proprio la
diplomazia preventiva tedesca, auspicata da Stefan Troebst, ha
fortemente contribuito allo smembramento della Jugoslavia. »
Nell'intervista - che suggeriamo di leggere per intero - Gallois dice:
« I tedeschi sono eccellenti cartografi. I popoli che non hanno
confini naturali cercano sulle carte dove fissare le frontiere.
Presumo che, come il Centro di Geopolitica di Haushofer - consigliere
di Hitler ed anche di Stalin, nel 1937-'38 - vi siano, oggi, dei
gruppi di studio tedeschi che lavorino nell'ombra per preparare un
grande futuro alla Germania. Sanno di non poter più speculare
sulla supremazia della letteratura o della lingua, per cui rimangono
loro l'economia - il culto del marco - e la regionalizzazione... >>

EUROPA NEOLIBERISTA E DISGREGAZIONE DELLA CLASSE

Sarebbe tuttavia ingenuo e sciocco pensare che la strategia della
regionalizzazione abbia la sua ragione ed origine esclusivamente in
Germania.
Secondo una ricerca della Fiom piemontese (2), dopo l'unità
monetaria l'operaio Fiat percepisce grossomodo, allo stato
contrattuale vigente, 879 Euro, contro i 1458 del suo collega tedesco
alla Volkswagen. Non va meglio anche il confronto con i francesi della
Renault (1303 Euro) e con gli spagnoli della Ford (957 Euro). Infine
gli inglesi: 1300 Euro.
"Prima di arrivare ad una parità salariale con i tedeschi e con i
francesi avremmo da scioperare parecchi anni - commentava il
segretario Giorgio Cremaschi - I salari italiani sono l'unica voce
dell'economia nazionale già totalmente dentro i parametri di
Maastricht. Dovrebbero prenderne visione la Confindustria e la Banca
d'Italia"... Se le tariffe sono cresciute vertiginosamente
dappertutto in nome dell'adeguamento ai parametri di Maastricht, nel
caso dei salari quali parametri sono da considerarsi "europei"? Lo
studio della Fiom piemontese in effetti può essere visto da due punti
di vista: da un lato sembra evidenziare un'ingiustizia palese;
dall'altro indica chiaramente che gli accordi sul costo del lavoro in
tutta Europa vanno perdendo completamente di significato con
l'unificazione. In effetti, cosa dovrebbe spingere la Confindustria
italiana ad aumentare gli stipendi per "adeguarsi" agli standard
tedeschi? Piuttosto, le statistiche Fiom potrebbero essere usate
- poniamo - dal padronato tedesco per ammonire i lavoratori in lotta
contro i tagli. Ed infatti il padronato tedesco sottolinea proprio
l'elevato costo del lavoro in Germania per chiederne la diminuzione,
tacendo ovviamente sul fatto che ai salari più alti d'Europa
corrisponde in Germania una altissima produttività del lavoro - gli
imprenditori tedeschi in realtà possono permettersi tranquillamente
corresponsioni "elevate", tra l'altro utili a mantenere un elevato
livello di consumi, visti i superprofitti derivanti dallo sfruttamento
neocoloniale dei lavoratori e delle risorse dell'Est e del Sud.
Contemporaneamente, la previdenza e tutte le forme di salario
indiretto sono oggetto di un attacco violento. Quando i sindacati
tedeschi alzano la voce vengono subito zittiti con l'accusa di essere
"nazionalisti" (ed allora si fa riferimento al costo del lavoro
all'estero o agli immigrati...) o "fuori dalla realta'" (la
globalizzazione, il mercato, eccetera).

Si tratta di paradossi soltanto apparenti: se l'Europa e' unita, ma i
salari sono diversi, allora i contratti nazionali perdono veramente di
senso. Dunque da una parte l'unificazione, dall'altra la
regionalizzazione sono i "piedi di porco" che il padronato usa per
demolire i contratti nazionali di lavoro. Questa logica ovviamente non
e' una logica soltanto "tedesca": ecco perche' attorno alla
unificazione europea ed al regionalismo si e' creata una piu' vasta
convergenza tra borghesie.

In Italia la forza politica più regionalista di tutte è la Lega Nord,
ma a farle concorrenza sono ormai praticamente anche tutte le altre
forze politiche, che vogliono il "federalismo" - da Cacciari, che lo
vuole "mitteleuropeo", a Fini, che lo vuole "alla siciliana", dai
Centri Sociali del Nord Est che lo vogliono "sociale", fino al PDS ed
ai vescovi del Friuli.
Stoiber, Primo Ministro bavarese, insiste sullo stesso versante.
Egli chiede un ulteriore rafforzamento del federalismo tedesco, in
senso soprattutto fiscale. Il federalismo si prefigura sicuramente
dal punto di vista fiscale come un alleggerimento per le tasche degli
imprenditori, ma vedere solo questo aspetto è riduttivo: federalismo
significa soprattutto deregulation e liberismo, ovvero gabbie
salariali (retribuzione diversa per zone diverse) e fine dei contratti
nazionali di lavoro. Ecco perchè una riforma istituzionale in senso
federalista, ovvero dell'"Europa delle regioni", è ben vista anche
dalle Confindustrie di tutti i paesi. Questa "Europa delle Regioni", o
delle minoranze, non è in contraddizione con l'"Europa delle grandi
imprese": esse sono identiche.

Ecco dunque la soluzione del dilemma tra unificazione e frammentazione
in Europa: si punta solo alla frammentazione della classe lavoratrice,
alle divisioni (etniche-nazionali, categoriali) nel suo interno, e
viceversa alla totale "libertà d'impresa" ed all'abbattimento dei
confini per il mercato. I micronazionalismi sono solo un aspetto del
violento attacco contro il proletariato nel suo insieme, un attacco
riconoscibile anche nelle molteplici forme della precarizzazione.

In Europa determinate tendenze sono fortemente incoraggiate proprio
dal capitale tedesco: la Germania è l'unica nazione in cui, come ha
fatto notare qualcuno, l'europeismo coincide esattamente con il
nazionalismo.
Si tratta in fondo della riproposizione di un leitmotiv storico. La
struttura dell'Impero austroungarico era fortemente decentrata: Otto
d'Asburgo dice esplicitamente che la nuova Europa assomiglierà a
quella asburgica. In tempi non lontani Hitler costruiva l'Europa
Nazione sotto l'egida della svastica, chiamandosi tra l'altro a difesa
delle minoranze tedesche nell'Europa orientale, accolto a braccia
aperte però anche dai croati, dagli ucraini, dai ceceni... Ma forse
l'analogia più calzante è quella con l'Europa medioevale: la struttura
contemporaneamente decentrata e centralizzata del Sacro Romano Impero,
il riaffiorare di valori ultrareazionari e dell'oscurantismo
religioso, la strutturazione di tipo feudale della politica e
dell'economia.

Ecco perche' il processo di unificazione europea, pur in parte
implicando l'abbattimento di confini tra Stati, e' tutt'altro che un
processo dal carattere progressista e liberatorio: peraltro e'
parziale e non del tutto reale. La frammentazione dell'Europa
centroorientale - anche dei paesi che "un domani" dovrebbero entrare a
far parte della UE - ha comportato negli ultimi anni una crescita
smodata dei chilometri di nuovi confini e quindi un notevole aumento
dei posti di frontiera da superare per spostarsi, oltrechè la
moltiplicazione degli Stati e dei relativi eserciti. In pratica si sta
generando un sistema "a cerchi concentrici" tale che il nocciolo
germanico si unifica, si consolida ed usufruisce di manodopera e
risorse a basso costo, le realta' immediatamente vicine si disgregano
e perdono prerogative di sovranita', mentre tutto attorno si crea una
serie di protettorati, Stati-fantoccio, Stati con governi fascisti e
parafascisti in grado di ingabbiare le proprie classi lavoratrici, di
ricattarle con il nazionalismo e di garantire la presenza economica e
militare occidentale che mira a depredare le risorse umane e naturali
di quei paesi.

LEGA NORD E MACROREGIONI

Non a caso dunque la Lega Nord puo' essere considerata la piu'
europeista delle forze politiche italiane. Sul suo terreno si muove in
realta' una costellazione di gruppi o associazioni di categoria come
la LIFE ("Liberi Imprenditori Federalisti Europei"), divenuta celebre
per l'appoggio prestato ai militanti del Veneto Serenissimo Governo
durante il processo.
Proprio la vicenda dell'assalto al campanile offre una quantità di
motivi su cui ragionare. In un articolo di Raffaele Crocco apparso su
"Guerre&Pace" (n.41/1998) si dimostra come tutta quella storia fosse
il risultato dell'intreccio di tre filoni: "quello del neofascismo e
del neonazismo, quello del durissimo integralismo cattolico e quello
del secessionismo, leghista e non." Già all'inizio del 1995 erano
state perquisite "le case di 27 militanti di organizzazioni
integraliste cattoliche, tutte a Verona. I gruppi hanno nomi espliciti
quanto i loro programmi. Sono il "Comitato Principe Eugenio", che
prende il nome dal Savoia che nel XVI secolo difese Vienna assediata
dai Turchi; il gruppo "Sacrum Imperium", che chiede il ritorno
all'Europa medievale precedente la Rivoluzione Francese;
l'Associazione "Famiglia e Civiltà" e i Gruppi di Famiglie
Cattoliche." Crocco analizza questo terreno di coltura,
all'interno del quale troviamo anche alcuni leghisti, notandone la
impostazione ideologica: oltre alle tendenze razziste, tutti questi
raggruppamenti "individuano in Napoleone Bonaparte il male dell'Europa
e aspirano al ritorno allo stato di cose precedente la Rivoluzione di
Francia", che ha posto le basi per il crollo degli imperi e del potere
temporale della Chiesa e per la formazione degli Stati nazionali
borghesi nel continente. Infine, nel suo articolo Crocco fa un po' di
storia dell'autonomismo veneto ricordando i legami di questo con la
CIA e gli ambienti ordinovisti: Franco Rocchetta, ad esempio, prima di
essere per anni capo della Liga Veneta, poi leghista ed ora aderente
al "Movimento Nord Est" con Cacciari e (per un periodo) Luca
Casarini, fu tra i partecipanti al "viaggio di studio" rautiano nella
Grecia dei colonnelli.
Che il Veneto sia da decenni laboratorio dell'eversione nera è cosa
nota, ma l'articolo apparso su "Guerre&Pace" getta lo sguardo su
scenari tutto sommato inaspettati. Particolarmente importante è
rendersi conto della fisionomia di questa destra, che non è
nazionalista in senso tradizionale, bensì europeista, anzi
"mitteleuropea" e legata alle mitologie medioevali a cui si
richiamavano anche i nazisti.

Recentemente Francesco Cossiga, convinto europeista, ha sorpreso molti
per avere "esternato" la sua simpatia nei confronti dei baschi durante
una visita in Spagna; da tempo era pero' nota la sua passione per il
Sudtirolo (Cossiga conosce benissimo il tedesco) e soprattutto per
l'Irlanda. Inoltre, da Presidente della Repubblica Cossiga ha svolto
un ruolo fondamentale di sostegno a Slovenia e Croazia (e' amico
personale di Tudjman). Anche la Lega ha contatti con gli ambienti
governativi croati e sloveni: in particolare, è l'unica formazione
politica del nostro paese ad inviare sue delegazioni ai congressi
dell'HDZ. In Friuli-Venezia Giulia molti personaggi transitati per la
Lega Nord, mischiati a gladiatori e radicali pannelliani, hanno
animato la vita politica in regione con la creazione-distruzione di
microraggruppamenti autonomisti al centro di strane manovre: difficile
risulta infatti in quell'area la dialettica
italiano-sloveno-friulano-giuliano-padana. Questo non ha pero' certo
impedito le "relazioni pericolose" con le varie parti in conflitto nei
Balcani, anzi. Nel 1992 Bossi ironizzava su un possibile golpe
antileghista osservando quanto poco ci volesse a far arrivare "qualche
camion di armi DALLA Slovenia o dalla Croazia", ma nel 1994 ricordava
invece "camion carichi di armi PER la Slovenia" transitati nel
1986-'87 nelle valli bergamasche. Messaggi cifrati? Fatto sta che
alcuni parlano di traffici di armi gestiti da leghisti della provincia
di Trieste forse anche per armare il movimento (3).

Altri contatti preoccupanti sono quelli che la Lega ha instaurato con
la destra fascista austriaca di Jörg Haider, che ha sviluppato
posizioni europeiste-regionaliste. Diverse sono le pubblicazioni
austriache sul tema delle "etnie", sulle quali trovano spazio teorici
della "nuova destra" come Alain de Benoist e Pierre Krebs o storici
revisionisti come David Irving. Nel libro "L'Europa delle Regioni"
(Graz 1993) un contributo di Umberto Bossi appare fianco a fianco a
scritti di Guy Heraud e dello stesso Haider. I "Freiheitlichen"
(Liberali) di Haider sono invitati ai congressi leghisti, e viceversa.
L'europarlamentare leghista Luigi Moretti ha costruito tutta una serie
di contatti "internazionalisti" con fiamminghi e tedeschi del Belgio,
frisoni olandesi, scozzesi, irlandesi, gallesi, l'"Unione di u Populu
Corsu", savoiardi, alsaziani, il "Parti occitain", i bretoni, i baschi
di "Eusko Askatasuna", catalani, andalusi e galleghi.

La Lega, peraltro, non e' l'unica realta' secessionista italiana.
Oltre ai sudtirolesi, dei quali abbiamo gia' parlato, solo nel Nord
Est ci sono alcuni altri "piccoli popoli" vezzeggiati dalla
"internazionale regionalista". Sono le minoranze slovene, ladine e
friulane che tra il '43 ed il '45 furono inglobate nella "Zona di
Operazioni Litorale Adriatico", sotto il comando di Rainer che ben
seppe sfruttare la loro "alterita'" e la loro storia austro-ungarica:
esse si trovano oggi tutte comprese nella Euroregione Alpe Adria. La
creazione del "gruppo Adria" negli anni Settanta aveva apparentemente
degli obbiettivi culturali, ovvero il risveglio della "Mitteleuropa"
asburgica, riunendo austriaci, ungheresi, sloveni, croati, questi
italiani del Nord e i bavaresi. Le secessioni croata e slovena hanno
pero' dimostrato quanto ambiguo sia lo slogan della "Mitteleuropa"...
Oggi Alpe Adria cura alcune tra le principali iniziative culturali del
Nord-Est, sostenuta in questo soprattutto dai sindaci di Venezia,
Cacciari, e Trieste, Illy (l'imprenditore del caffe'), che sono
in prima fila nel "sinistro" schieramento "federalista soft". Infatti
esiste una versione "minimalista" del regionalismo, che salvaguardando
una unita' formale del paese - comunque priva di senso nel momento in
cui l'Italia si "scioglie" in Europa - mira comodamente alla
disgregazione del tessuto di classe.

Nel 1992 la Fondazione Agnelli lanciò un grande programma di ricerca
dal titolo: "Padania, una regione d'Italia in Europa", i cui risultati
furono pubblicati in un grosso volume (4). Il succo dei risultati
della ricerca è che la dimensioneottimale per le nuove istituzioni da
dare al nostro paese sarebbe quella delle "macroregioni". Niente di
nuovo: anche il Piano di Rinascita nazionale della Loggia massonica
segreta P2 individuava nelle macroregioni le nuove unità politico-
istituzionali con cui governare il paese. Ecco perchè sul federalismo,
a parte le sfumature, esiste un coro unanime, ed ecco perchè quasi
tutti i partiti si alternano in convergenze ed accordi tattici con la
Lega. La nostra borghesia da una parte vede la possibile
destabilizzazione che viene dalla strategia regionalista, ma
giocando da "apprendista stregone" cerca comunque di sfruttarla
fintantoche' fa comodo. Questo e' ovviamente possibile solo nella
misura in cui si tagliano le gambe alle tendenze piu' eversive insite
in quel movimento, secessioniste filotedesche, giungendo a continue
soluzioni di compromesso con l'ultradestra europeista, un po' come e'
successo con la moneta unica.

Si tratta insomma di una partita assai rischiosa che si sta giocando,
sempre sulla pelle dei lavoratori, i cui attori sono molteplici e che
puo' alla fine risulatare truccata: sulla scorta di quanto analizzato
da Crocco, chi puo' infatti escludere che gli USA non stiano facendo
anche il loro specifico gioco per destabilizzare questo o quel paese -
se ad esempio l'Italia risultasse un fattore di disturbo nel contesto
dei nuovi equilibri geopolitici, nei Balcani o all'Assemblea
dell'ONU... - ovvero per destabilizzare il polo imperialista europeo
nel suo insieme?

A completare questo quadro preoccupante manca solo qualcosa che
dimostri un coinvolgimento diretto di personalita' tedesche nel
progetto eversivo per la spaccatura dell'Italia. Niente paura: sul
numero 4/1997 di LIMES e' apparsa una intervista a Saverio Vertone
intitolata "L'oro dal Reno? Finanza tedesca e Lega Nord", nella quale
il senatore di Forza Italia sostiene che la Lega è finanziata da
gruppi bavaresi ed altri legati ai passati fasti dell'Impero
asburgico: egli cita la finanziaria Matuschka, di Monaco di Baviera,
che avrebbe"aiutato" in precedenza sloveni e croati, e le famiglie del
Nord-Est Stock e Strassoldo.

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NOTE:

(1) Citato in: R. Opitz, "Europa-Strategien des deutschen Kapitals
1900-1945", Colonia 1977 - da pag. 653.
(2) Cfr. Avvenimenti 1/1/1997.
(3) Cfr. A. Sema su LIMES 3/1996.
(4) Cfr. Marco Revelli su "Rifondazione" n.0, dic.1996.
PER APPROFONDIMENTI: Oltre alle fonti citate cfr.
tutto il volume di LIMES 3/6 ed il libro di B. Luvera', "Oltre il
confine" (Il Mulino, Bologna 1996).

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RIQUADRO: LA FUEV

La "Federalistische Union Europaeischer Volksgruppen"
[trad. Unione Federalista dei Gruppi Etnici Europei]
ha sede a Flensburg, nello Schleswig, al confine con la Danimarca.
Apparentemente privata, questa organizzazione si occupa di minoranze
quasi esclusivamente non tedesche diffuse sul continente, e rivendica
i "diritti dei gruppi etnici" - sin dagli anni '20 un beneamato
strumento per lo smembramento degli Stati vicini alla Germania in
unita' territoriali separate. La FUEV nasce infatti nel
marzo 1928 e viene "rifondata" a Versailles nel 1949.
Noncurante degli eventi accaduti nel frattempo, che si pensava
avessero seppellito il "Nuovo Ordine Europeo" sotto alle macerie
della II G. M., la FUEV rivendica l'eredita' dei "Congressi Europei
delle Nazionalita'" (1925-1938), che oggi si tengono infatti
regolarmente ogni due anni. In un suo proprio documento la FUEV
afferma di voler rappresentare "quasi 100 milioni di abitanti
dell'Europa". Con rispetto per la tradizione, la sede di Flensburg
dell'organizzazione rievoca la rivista "Nazione e Stato"
senza minimamente distanziarsi dai suoi contenuti. Al
contrario: e' proprio una casa editrice gia' implicata nella
produzione di propaganda antisemita in nome dei "gruppi etnici"
(Braumueller, di Vienna) a diffondere le "nuove" concezioni della
FUEV. Mentre la casa editrice viennese di cui sopra risulterebbe
iscritta nei libri-paga governativi, la "Fondazione Hermann-Niermann"
di Duesseldorf, che ha finanziato un opuscolo di presentazione della
FUEV, e' legata a personaggi di estrema destra come Norbert Burger,
condannato all'ergastolo in Italia per gli attentati commessi in Alto
Adige.

La FUEV tuttavia e' riconosciuta e collabora ufficialmente con le
Province di Trento e Bolzano. Ma non solo: essa gode dello status di
consulente presso il Consiglio d'Europa e presso l'ONU, tanto che nel
1996 ha per la prima volta partecipato ai lavori della Commissione ONU
per i diritti umani.
La sua influenza arriva anche al Parlameno Europeo ed alla CSCE,
cosicche' qualcuno ha osservato che la sua importanza non le deriva
tanto dall'effettiva rappresentanza dei gruppi etnici, in molti casi
dubbia, quanto proprio dall'accesso privilegiato nelle istituzioni
nazionali ed internazionali.

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RIQUADRO: IL "PENTAGONO" ETNO-SECESSIONISTA

Insieme alla FUEV (vedi riquadro) ed al VDA (vedi testo) altri tre
organismi costituiscono quello che su LIMES 3/1996 veniva definito il
"pentagono" del federalismo etno-secessionista: si tratta del
Movimento PANEUROPA, dell'INTEREG e del Bund der Vertriebenen (BdV).

- PANEUROPA: movimento guidato da Otto d'Asburgo, figlio di Francesco
Giuseppe d'Austria, eurodeputato per i cristianosociali della Baviera,
resosi noto negli ultimi anni per le esplicite dichiarazioni di
appoggio alle secessioni jugoslave. Il termine "Paneuropa" sta ad
indicare qualcosa di simile alla Unione Europea che si sta oggi
costruendo. Negli anni Venti il suo ideologo Coudenhove-Kalergi
riteneva che "l'annessione dell'Austria e della Germania alla
Paneuropa significa indirettamente l'annessione dell'Austria alla
Germania nel quadro dell'Europa... Perciò la politica
paneuropea è una politica nazionale in prospettiva...
Per un tedesco nazionalista esistono solo due strade per
far uscire il suo popolo dal vicolo cieco in cui si trova oggi:
o la preparazione di una guerra di rivincita contro i suoi
vicini per la creazione di uno spazio imperiale i cui confini
corrispondano a quelli dello spazio linguistico tedesco -
oppure viceversa la preparazione della Paneuropa, che assicura
a tutti i tedeschi in Europa l'indipendenza nazionale e l'unità
all'interno di una più grande federazione." (citato su KONKRET 12/95).

- INTEREG: Istituto internazionale per i diritti delle nazionalità ed
il regionalismo. fondato nel 1977 in Baviera, ha sede a Monaco e gode
del sostegno completo, anche finanziario, da parte della Centrale
Bavarese per la Formazione Politica, che e' un ente statale. Ha visto
tra i suoi membri anche Otto d'Asburgo, Karl Mitterdorfer,
vari professori universitari tedeschi ed austriaci nonche'
il francese Guy Heraud autore del libro "Les principes du federalisme
et la Federation Europeenne" (1968), vero e proprio ideologo del
federalismo integrale o "etnico". Il nucleo fondativo consisteva
comunque in un gruppo di "tedeschi dei Sudeti" federato al BdV. Si
noti comunque che tra i piu' attivi membri c'e' persino l'esperto di
politica estera della SPD (socialdemocratici, oggi al governo) Peter
Glotz, a sua volta tedesco dei Sudeti, secondo il quale nello
scenario di fine secolo lo Stato nazionale "deve essere considerato
superato e a livello culturale si deve tornare alle tribu', alle
piccole unita' linguistiche, etniche, paesaggistiche".
Insieme alla FUEV l'Intereg organizza i "Congressi" biennali e
pubblica la rivista "Europa Ethnica", che si richiama esplicitamente a
"Nazione e Stato", una rivista ideologica del nazionalsocialismo.

- BdV: Questa "Lega degli Esuli" e' la potente federazione dei
tedescofoni giunti in Germania Occidentale da tutta l'Europa dell'Est
dopo la guerra. Ne fa parte anche Koschyk, del quale si parla nel
testo. Si e' recentemente distinta per la formulazione di una
serie di progetti di euroregioni "tedesche" in Polonia (Slesia,
Pomerania, Prussia Orientale) per cui ad esempio Stettino diventera'
porto franco.

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