Informazione

Subject: note sul documento della strategia
della sicurezza nazionale degli USA
Date: Sun, 1 Dec 2002 09:04:39 +0100
From: <most.za.beograd@...>

Bari, Giovedì 5 dicembre, ore 18
presso i Missionari Comboniani, via G. PETRONI 103

Seminario sul tema
"Iraq, no alla guerra, sì alla pace: qualche perché"

-Proiezione video di padre Jean Marie Benjamin "Iraq - il dossier
nascosto", edito nel 2002
Interventi previsti:
- Nicola Colaianni, "La Costituzione Italiana e la guerra"
-Andrea Catone, "Ingiustizia infinita: gli USA, l'ONU e il caso Iraq"

COORDINAMENTO CONTRO LA GUERRA

per inf. e adesioni al coordinamento :
This email address is being protected from spambots. You need JavaScript enabled to view it., Isa Colonna 080/4743788

---

Andrea Catone
Alcune note sul documento della strategia della sicurezza nazionale
degli USA


"Gli Stati Uniti sfrutteranno
l'opportunità di questo momento per
estendere i benefici della libertà in tutto il
pianeta. Ci impegneremo attivamente per
portare la speranza della democrazia,
dello sviluppo, del libero mercato e
del libero commercio in ogni angolo del
mondo[1]".

1. Difesa preventiva

Il documento diffuso dalla
Casa Bianca nel pieno di una
forsennata campagna di guerra annunciata
col dichiarato intento di aggredire
l'Iraq e rovesciare il governo di Saddam
Hussein - con o senza l'avallo dell
'ONU - è stato interpretato
prevalentemente come l'enunciazione a chiare
lettere di una strategia della "guerra
preventiva" che straccia gli ultimi
brandelli della carta dell'ONU e del
diritto internazionale, fondato sul
concetto di "legittima difesa".
Alessandro Portelli, nel bell'articolo su
la rivista del manifesto[2], vede nella
guerra preventiva "il cuore del
documento", che infatti recita al
capitolo 5°: "Prevenire le minacce dei
nostri nemici nei nostri confronti, nei
confronti dei nostri alleati ed
amici con armi di distruzione di massa".
In esso si espone l'opzione della
guerra preventiva, anche in caso di
minacce di lieve entità nei confronti
degli USA:
"Dobbiamo essere preparati a fermare gli
"Stati canaglia" e i loro clienti
terroristi prima che siano in grado di
minacciare o colpire gli Stati Uniti
e i loro alleati ed amici con armi per la
distruzione di massa" (5.6).
"Ci sono voluti quasi dieci anni per
comprendere la vera natura di questa
nuova minaccia. Dati gli obiettivi degli
"Stati canaglia" e dei terroristi,
gli Stati Uniti non possono più fare
affidamento soltanto su di un
atteggiamento reattivo come nel passato.
L'incapacità di dissuadere un
potenziale aggressore, l'immediatezza
delle minacce odierne e la gravità dei
danni che potrebbero essere provocati
dalle scelte dei nostri avversari in
fatto di armamenti non consentono questa
opzione. Non possiamo consentire ai
nostri nemici di attaccare per primi"
(5.8).
"Gli Stati Uniti sostengono ormai da
lungo tempo l'opzione dell'attacco
preventivo per contrastare una minaccia
anche di moderata entità alla nostra
sicurezza nazionale. Maggiore è la
minaccia, maggiore è il rischio insito
nell'inazione: e più è stringente la
motivazione per intraprendere un'azione
preventiva di autodifesa, anche se
rimangono incerti il tempo ed il luogo
dell'attacco nemico. Per precedere o
evitare tali atti di ostilità da parte
degli avversari, gli Stati Uniti, se
necessario, agiranno preventivamente".
(5.12)
La parola chiave per giustificare la
guerra preventiva è Threat, minaccia.
Minaccia che proviene da indefiniti
"nemici" e "Stati canaglia", i quali -
diversamente dall'URSS, nemico
pericolosissimo ma riconoscibile - possono
procedere nell'ombra, mascherarsi, e sono
disposti ad usare armi di
distruzione di massa al primo colpo.
Diversamente che nel periodo della
guerra fredda, la deterrenza non è più
efficace e bisogna dunque agire per
disarmare terroristi e stati canaglia
prima che siano in grado di nuocere.
Bush sembra andato a scuola da Sharon,
che la guerra preventiva contro i
palestinesi la attua da tempo.
Il cuore del sillogismo di Bush è tutto
nei nuovi caratteri che la minaccia
ha assunto: è una minaccia globale,
estesa, indefinita, oscura, capace di
mimetizzarsi. Non ha un volto preciso,
neppure quello di Bin Laden o Saddam
Hussein, che ne sono solo alcune
materializzazioni episodiche. Cosa c'è di
più temibile, e minaccioso, del nemico
ignoto e oscuro?
E' sintomatico il modo in cui nel
documento si parla del terrorismo, anzi,
del terrore[3]. Il termine "terrorista"
appare sin dalle prime battute dell'
Introduzione:
[A] "Difenderemo questa pace giusta dalle
minacce dei terroristi e dei
tiranni" (0.2).
I "terroristi" qui non vengono definiti
per un qualsivoglia progetto
politico, sembra cioè che non il progetto
politico, ma il metodo di lotta
usato costituisca la loro quintessenza.
Non si sa, non si deve dire cosa
chiedano, bisogna sapere soltanto che
sono una minaccia della pace. E la
minaccia è tanto maggiore, in quanto
"oscura" e malefica, capace di
ritorcere contro gli USA "il potere delle
moderne tecnologie":
[B] Ora, oscure reti di individui possono
seminare grande caos e sofferenze
nella nostra terra, a costi assai minori
di quelli di un singolo carro
armato. I terroristi si sono organizzati
per penetrare all'interno delle
società aperte e per aizzare il potere
delle tecnologie moderne contro di
noi. (0.3).
Anche in questo secondo passo abbiamo
soltanto "I terroristi", indefiniti e
indefinibili. E la minaccia fa tanto più
paura quanto meno è definita. Qui
in sovrappiù, c'è l'aspetto della trama
oscura - tanto più minacciosa in
quanto oscura. Ed è rete! Sono "oscure
reti"(shadowy networks). Ma rete è
internet, reticolare è l'immagine che
viene data oggi del mondo. La rete non
si può colpire facilmente, spezzato un
nodo ne rimangono altri, la rete può
infiltrarsi, può "penetrare all'interno"
delle società libere, aperte. Il
pericolo rappresentato un tempo dal
"monolite" URSS, un pericolo massiccio,
grande, un "impero del male" ben
visibile, viene rimpiazzato da un nemico
oscuro, tentacolare, mimetico, ubiquo che
è fuori e dentro. Senza confini
precisi. Il che costituisce il
passepartout ideologico per giustificare una
guerra condotta senza limiti di spazio o
di tempo, e, come vedremo, senza
regole che non siano quelle dettate dagli
USA che fanno la guerra. Un
terrorismo ubiquo giustifica la
possibilità di intervenire militarmente
ovunque: una situazione totalmente
diversa dai tempi della guerra fredda,
quando i rispettivi "campi", o le "sfere
d'influenza" erano delimitate. La
sconfitta dell'URSS apre agli USA uno
spazio mondiale, come affermava un
anno fa il Rapporto quadriennale della
difesa (con introduzione di Rumsfeld):
"Diversamente dal periodo della guerra
fredda dove le aree geografiche più
importanti della competizione erano ben
definite, il periodo attuale ha già
imposto richieste per l'intervento
militare USA su ogni continente
virtualmente e contro una vasta varietà
di avversari[4]".
Ma questi terroristi oscuri, reticolari e
ubiqui non minacciano solo la
sicurezza nazionale degli USA, ma tutte
le "società aperte", le società del
libero mercato. Nel ricorrere a questo
termine Bush rispolvera il vecchio
armamentario della guerra fredda: gli
basta sostituire a "comunismo"
"terrorismo" e il gioco è fatto. Il
nemico delle "società aperte" era in
passato il mostro totalitario comunista,
oggi sono i terroristi.
Nel gioco dello scambio di termini che
Bush opera per rievocare e
risuscitare l'antico odio e ossessione
del comunismo su cui aveva prosperato
il complesso militar-industriale
americano nel tempo della guerra fredda,
Bush svela indirettamente una verità
dell'attuale politica del governo USA:
sotto il pretesto del terrorismo, si
varano leggi liberticide quali il
Patriotic Act del 26 ottobre 2001. La
strategia della guerra imperialista
planetaria ha bisogno di un rigido
controllo interno. Gli USA sono già in
guerra, e la guerra richiede stato
d'emergenza, corti marziali, sospensione
delle garanzie costituzionali. Dov'è mai
la Open Society?
Il terzo passaggio è un'ulteriore
estensione della minaccia dei terroristi
(sempre indefiniti). Ora essi sono
"globali", per cui
[C] "La guerra contro i terroristi di
raggio globale [terrorists of global
reach] è un'impresa globale di durata
incerta" (0.4)
C'è palesemente un crescendo della
minaccia di questi indefinibili
terroristi. Ora essi abbracciano il mondo
intero, è un terrorismo
globalizzato. Ma non basta ancora per
giustificare tutta la guerra che gli
USA hanno appena avviato con
l'Afghanistan e l'Asia centrale e si
apprestano ora a portare a Baghdad. Con i
"terroristi" non è in gioco solo il presente,
ma il passato e il futuro dell'umanità,
in una parola, la civiltà stessa:
[D] "gli alleati del terrore sono i
nemici della civiltà" (0.4)
I terroristi non erano ancora stati
definiti come "nemici della civiltà".
Finora erano solo "nemici". Ma ora, i
loro sostenitori divengono "nemici
della civiltà" (enemies of civilization).
I "terroristi" lo sono a maggior
ragione. Nei primi passi del documento, i
"terroristi", associati ai
tiranni, erano nemici pericolosi che
minacciavano la pace, gli interessi
nazionali americani, le "società aperte".
Ma ora sono diventati il male
assoluto, la negazione della
civilization. Così la lotta contro di essi
diviene ideologica, di principio, il bene
contro il male. E una lotta di
principio, per la difesa della civiltà,
ammette qualsiasi mezzo, poiché non
è in gioco solo la sopravvivenza di un
individuo, di gruppi, di una società,
ma dell'intera civiltà. Da Huntington
alla Fallaci questo è il filo
conduttore: trasformare la guerra
imperialista in una crociata, in una
battaglia di civiltà. Va da sé che con
civilization s'intende quella fondata
sull'unico modello che il documento
ritiene adeguato al mondo, quello basato
su "libertà, democrazia e libera impresa"
(0.1), "libero commercio e libero
mercato" (0.9; 1.5.5; 6.1). Il pensiero
unico, il fondamentalismo del
mercato è qui espresso e rimarcato più e
più volte.
Inoltre, questo ulteriore passaggio
apporta un ulteriore mattone alla
costruzione ideologica del documento: la
coincidenza, anzi, l'
identificazione degli interessi nazionali
americani (è il documento della
"strategia di sicurezza nazionale") con
quelli dell'universo mondo e con
tutto il percorso storico da esso
compiuto. Senza ambiguità o incertezze l'
American Way of Life è diventata qui la
"civiltà". I nemici degli USA sono i
nemici della civiltà.


2. Una strategia di espansione planetaria.
Il Mein Kampf di George Bush

Ed è quest'aspetto che sembra
essere sfuggito ad alcuni lettori
del documento, che ne hanno molto
giustamente sottolineato la scandalosa
dottrina della guerra preventiva, con
tutto il seguito di azzeramento di
ogni norma di diritto internazionale e di
assunzione degli USA come unico
arbitro[5] , ma non ne hanno colto tutta
la portata imperialistica
aggressiva ed espansiva, ritenendolo
invece un documento di chiusura, di
difesa da una minaccia:
"L'«impero» [.] ha anche smarrito -
conquistando tutto - una visione
espansiva della propria "missione". La
nuova dottrina strategica USA è un
inno disperato alle ragioni della difesa
delle proprie condizioni di vita a
scapito di chiunque altro[6]".
Non è così. La strategia americana
esposta nel documento della Casa Bianca
del settembre scorso espone un programma
di espansione imperialistica degli
USA su scala mondiale. Il documento,
infatti, parte dalla premessa che l'
unico modello di società che possa
garantire prosperità e sicurezza è quello
basato sul libero mercato e la
liberaldemocrazia; tutto ciò che a questo
modello non si conforma è il Male:
economie non aperte alla penetrazione
capitalistica, controllate centralmente
da un potere statale (command-and
control economies), generano tirannide e
terrorismo (6.3). La guerra di
lunga durata contro il terrorismo
proclamata da Bush è vista -
letteralmente - come un'occasione
favorevole, una opportunity[7], per
esportare con la forza delle armi, campo
in cui gli USA hanno attualmente il
primato mondiale indiscusso, il modello
classico capitalista, in modo da
rilanciare un nuovo ciclo espansivo, "una
nuova era di crescita economica
globale attraverso liberi mercati e
libero commercio"[8].
A ben guardare, questo documento non è
affatto di tipo "difensivo", di un
esecrabile "eccesso di difesa" che l'idea
di "guerra preventiva" potrebbe ev
ocare (si interviene per prevenire una
minaccia, un pericolo più o meno
remoto), ma aggressivo, è il Mein Kampf
del XXI secolo. Il documento e tutte
le azioni del governo USA confermano che,
al di là di divergenze tattiche
interne tra "falchi" e "colombe", che
riguardano essenzialmente il come
meglio vincere la guerra, e non la
strategia di fondo, gli USA, come hanno
detto Castro e Mandela, sono oggi il
maggiore fattore di instabilità nel
mondo, i più pericolosi produttori di
guerra, sono il nemico principale dei
popoli.
E' questo il carattere principale del
documento: l'enunciazione di una
guerra di lunga durata per sottomettere
il mondo, avvalendosi di "una forza
militare impareggiabile" (0.2), lascito
della vittoria nella guerra fredda.
Del resto, la consapevolezza di un mutato
ruolo degli USA nelle relazioni
internazionali era già 12 anni fa,
all'indomani della prima guerra del
Golfo, che avrebbe costituito l'inizio
della nuova era ad egemonia
americana[9]. Il Quadrennial Defense
Review Report esponeva già le premesse
di questa linea:
"Il ruolo di sicurezza dell'America nel
mondo è unico Esso fornisce un senso
generale di stabilità e fiducia, decisivo
per la prosperità economica che
reca beneficio a gran parte del mondo
[...] Lo scopo delle Forze armate
degli Stati uniti è proteggere e
promuovere gli interessi nazionali degli
Stati uniti e, se la deterrenza fallisce,
sconfiggere decisamente le minacce
a questi interessi. [...] Come potenza
globale, gli Stati uniti hanno
importanti interessi geopolitici in tutto
il mondo. Gli Stati uniti hanno
interessi, responsabilità e impegni che
abbracciano il mondo [...]
Precludere il dominio di aree cruciali,
particolarmente l'Europa, l'Asia
nordorientale, il litorale dell'Asia
orientale, il Medio Oriente e l'Asia
sudoccidentale [...] Contribuire al
benessere economico comprende l'accesso
ai mercati e alle risorse strategiche
chiave [...] Le Forze armate
statunitensi devono mantenere la
capacità, sotto la direzione del
Presidente, di imporre la volontà degli
Stati uniti e dei partner della loro
coalizione a qualsiasi avversario,
inclusi stati ed entità non-statali [...]
Cambiare il regime di uno stato
avversario od occupare un territorio
straniero finché gli obiettivi strategici
statunitensi non siano
realizzati[10]".
Ciò che è notevolmente mutato
nell'ultimo documento USA - anche
rispetto al Quadrennial Review - è la
prospettiva di fase. Nei documenti
precedenti del 1991, 1992 e anche, in
parte, del 2001 (preparato prima dell'
11 settembre, con alcune aggiunte
successive) prevaleva ancora una strategia
di mantenimento della centralità
americana, da preservare rispetto ad
attacchi o alla possibile crescita
militare ed economica di possibili
concorrenti, soprattutto in Asia e in
Europa. Ora si passa ad una strategia
apertamente di attacco, offensiva.
Ora si scrive che solo attaccando gli USA
possono difendersi, è una guerra
di lunga durata nazionale e su scala
globale, per la difesa della civiltà.
Ciò che mancava o non era così accentuato
ed enfatizzato nei precedenti
documenti era l'aspetto di guerra di
civiltà, che implica una divisione del
mondo tra Bene e Male; ed è bene solo ciò
che è open society e libero
mercato, male ciò che non lo è, tutti i
paesi che adottano un controllo
sulle proprie economie. Questi paesi sono
degli attuali o potenziali nemici
della civiltà. Il mondo non potrà essere
tranquillo se non quando tutti
questi paesi saranno stati normalizzati,
cioè condotti all'unico modello
accettabile e vincente nella sfida tra
libertà e totalitarismo nel XX
secolo, quello del libero mercato. Per
difendere la civiltà bisogna
attaccare questi paesi, in cui si
annidano i focolai del terrorismo e della
tirannide. Non si tratta quindi solo di
qualche rogue State, ma di tutti i
paesi non "occidentali". Il documento
passa in rassegna l'intero mondo e
distribuisce voti di buona condotta per i
più fidati o di quasi sufficiente
ma non troppo (Russia[11]) o di ancora
insufficiente (Cina[12]). L'unico
metro è il modello USA.
La crociata che Bush propone non è quindi
soltanto contro il terrorismo, che
è definito sì una minaccia, ma anche
un'opportunità (tipico della mentalità
americana) di trasformare un pericolo in
un'occasione di espansione. Nell'
economia complessiva del documento,
all'elemento "lotta al terrorismo" e
"guerra preventiva" si affianca con
rilevanza non minore l'elemento guerra
di espansione per aprire nuovi mercati e
possibilità di investimento per i
capitali USA e dell'Occidente. E' il
documento della crociata della
"globalizzazione" imperialistica. Con la
forza delle armi, con tutto il peso
del loro impiego o della minaccia del
loro impiego distruttivo, bisogna
ridisegnare il volto del globo, cambiare
regimi e istituzioni di tutti i
paesi ancora con economie controllate
centralmente e di comando. E' questa
la missione degli USA, cui Bush chiede ad
alleati e amici di affiancarsi.
Così si aprirà una nuova era di
prosperity and peace!
Torniamo un attimo all'Introduzione, dove
si dice che la minaccia per la
pace viene da "terroristi e tiranni"
(0.2). L'accostamento della figura del
tiranno a quella del terrorista amplia lo
spettro d'azione dell'
interventismo USA. "Tiranno" (tyrant) è
un termine dell'antichità classica,
non a caso qui impiegato per evocare
l'universalità di una lotta alla
"tirannide" valida per tutti i tempi:
l'eterno scontro tra libertà e
tirannide, filo conduttore di una visione
liberale della storia, che fa il
suo ingresso sin dalle prime parole
dell'Introduzione di Bush:
"Le grandi lotte del ventesimo secolo tra
libertà e il totalitarismo si sono
concluse con la vittoria decisiva delle
forze della libertà" (0.1).
L'accostamento dei due termini -
terroristi e tiranni -, quasi fosse
naturale, cela un inganno: alla figura
classica del "tiranno" si affianca
quella moderna del terrorista globale che
"minaccia la pace". Quindi, la
pace è minacciata anche dal "tiranno". E
chi sono i "tiranni"? Tutti i
regimi diversi dal libero mercato, unico
"modello sostenibile" emerso dalla
lotta epocale del XX secolo. Quindi, la
guerra preventiva bisognerà portarla
anche a tutti i regimi "tirannici". Bush
sembra imbracciare la bandiera
della rivoluzione francese e della guerra
rivoluzionaria per portare sulla
punta delle baionette la libertà ai
popoli oppressi dall'étandard sanglant
de la tyrannie E' questo, come il
documento scrive in seguito, il precipuo
internazionalismo degli USA:
"La strategia statunitense per la
sicurezza nazionale sarà basata su di un
internazionalismo squisitamente americano
che rifletta l'unione dei nostri
valori e dei nostri interessi nazionali.
Lo scopo di questa strategia è
contribuire a rendere il mondo non
soltanto più sicuro, ma anche migliore. I
nostri scopi sulla via del progresso sono
chiari: libertà politica ed
economica, relazioni pacifiche con gli
altri Stati e rispetto della dignità
umana" (1.4).
Questo "internazionalismo" è stato già
all'opera e ha colto significativi
successi nel 1989-91 nei paesi
dell'Europa centro-orientale e in URSS e
nel 2000 a Belgrado (con buona pace di
quanti, a "sinistra", si erano
infervorati per la "rivoluzione" del 5
ottobre a Belgrado):
"noi possiamo incoraggiare il cambiamento
come abbiamo fatto in Europa
Centrale ed Orientale tra il 1989 ed il
1991, oppure a Belgrado nel 2000"
(2.5).
E' questa la missione americana:
"Promuoveremo la crescita e la libertà
economiche al di fuori dei confini
statunitensi" (6.2). Anzi, si tratterà di
"espandere lo sviluppo aprendo le società
chiuse e costruendo l'
infrastruttura della democrazia" (è il
titolo del capitolo VII). Ridisegnare
non solo i confini, ma le istituzioni
degli Stati del Medio Oriente è il
programma già esposto dai consiglieri del
presidente[13].
Forse non era mai stata spiegata in
termini così chiari in un documento
ufficiale degli USA la volontà di
espansione e di risistemazione del mondo
intero in funzione degli interessi
nazionali americani e delle imprese
multinazionali. In altri testi di
propaganda, la guerra si giustificava come
necessaria per la difesa nazionale, o per
difendere i popoli, o per diritti
violati o per la libertà. Qui si dice che
la guerra si fa per aprire le
porte al capitale, per accelerare - come
fu nell'imperialismo di fine
ottocento - questa apertura, cosa che i
"normali" meccanismi dell'economia
non riescono a fare nei tempi ristretti
imposti dall'incedere della crisi di
sovrapproduzione. Ora Bush dice ai nuovi
crociati dell'Occidente: c'è un
mondo da conquistare, chi è con me (o
meglio, sotto di me, sotto la mia ala)
godrà di qualche frutto, chi non mi
segue, patirà le conseguenze.

3. Crisi economica e guerra

Il documento è propagandistico e
ideologico nel senso marxiano
del termine di "falsa coscienza" e
occultamento e mistificazione della
realtà. E' una smaccata apologia del
sistema basato sul "libero mercato",
che - si dice nel documento - non avrebbe
mai crisi, ma darebbe perenne
prosperità e benessere:
"Nel ventunesimo secolo, solo le nazioni
che condividono il mandato a
proteggere i basilari diritti umani e a
garantire la libertà politica ed
economica sono state capaci di far
emergere il potenziale dei loro popoli ed
assicurare loro la futura prosperità"
(0.1).
"Libero commercio e libero mercato hanno
provato la loro capacità di
liberare intere società dalla povertà"
(0.8).
"[Gli USA] innescheranno una nuova era di
crescita economica globale
attraverso libero mercato e libero
commercio" (1.5.5)
"La crescita economica, appoggiata dal
libero commercio e dal libero
mercato, crea nuovi posti di lavoro e
redditi più alti. Permette alle
persone di innalzare le proprie vite al
di fuori della povertà" (6.1).
"Le lezioni della storia sono chiare: le
economie di mercato, e non le
economie 'dirigistiche' che contemplano
la mano pesante del governo, sono il
modo migliore per promuovere la
prosperità e ridurre la povertà" (6.3).
"Il concetto di 'libero mercato' si è
affermato come principio morale prima
di diventare un pilastro dell'economia"
(6.8).
Il documento ignora la recessione
americana, anche se vi è qualche accenno
allo stato di salute non buono di alcune
economie. E gli annunci sbandierati
di una nuova era futura di prosperità e
benessere, una volta scongiurata con
la guerra duratura la minaccia del
terrorismo (cfr. capp. VI e VII),
lasciano trapelare che proprio la
recessione economica è il cuore del
problema. Ed è per l'appunto questa la
ragione della fretta con cui si fanno
rullare sempre più assordantemente i
tamburi di guerra. C'è sempre meno
tempo di fronte alla crisi che incalza.
Se gli Usa non affermano la loro
leadership, se non controllano a pieno
l'arma delle risorse energetiche e
del petrolio, non potranno continuare a
finanziare, attraverso il debito, il
loro enorme complesso militar
industriale. Per questo, non si tratta più,
come nel documento strategico di Bush sr.
di 11 anni fa, di mantenere una
posizione di centralità, ma di fare la
guerra di espansione. Alla guerra
commerciale subentra la guerra armata.

4. Occultamento delle contraddizioni interimperialistiche

Il documento non si limita ad occultare
la crisi economica. Esso tende ad
evitare di mettere in luce le
contraddizioni con gli altri poli
imperialistici, invitati a far fronte
comune contro la "tirannide", il
"terrorismo", gli "Stati canaglia". Ma
questa visione di scontro di civiltà
e di un Occidente o di un G8 compatto
contro il fondamentalismo è il
desiderio e l'opzione strategica degli
USA, cui farebbe molto comodo
presentarsi alla testa di una crociata
della "civiltà" contro la barbarie.
Ma è visione ideologica e occultante le
contraddizioni con i capitalismi
europeo e giapponese e con altre potenze
emergenti sulla scena mondiale
(Cina Russia). Vi sono in Europa centri
di propaganda e istituti che si
stanno preoccupando di diffondere questa
visione[14]. Il tentativo è quello
di unire sotto l'unica bandiera USA tutti
i paesi capitalistici. In questo
senso il recente comunicato radiofonico
attribuito a Bin Laden[15] diffuso
da Al Jazeera (ed esperti USA si sono
affrettati ad assicurarne l'
autenticità[16]) gioca perfettamente a
favore di questa strategia USA,
mettendo nello stesso calderone paesi che
spingono in ogni modo per l'
attacco all'Iraq (USA, Gran Bretagna) e
paesi europei che hanno dichiarato
in vario modo la loro contrarietà
(Germania, Francia). Agente della CIA o
imbecille politico, l'effetto che può
ottenere è quello di favorire il
compattamento di un fronte oggi diviso.
Infatti lo scenario che si presenta nel
dopo guerra fredda non significa
soltanto che gli USA sono rimasti unica
superpotenza militare, ma anche che
è venuta meno la presunta minaccia
militare dell'URSS che costringeva i
paesi capitalistici europei all'alleanza
militare con gli USA. Se la paura
della rivoluzione e del comunismo aveva
costretto all'alleanza i
nemici-fratelli capitalistici altrimenti
in spietata concorrenza per la
spartizione del mondo (come fecero
prussiani e borghesi francesi contro la
Comune di Parigi nel 1871, come
intervennero nel 1919 eserciti di tutti i
paesi belligeranti contro la repubblica
dei soviet) oggi, quando l'URSS non
c'è più, la contraddizione tra capitali
non può non riemergere. La perdita
del monopolio del $ quale valuta di
riferimento delle transazioni
internazionali costituirebbe un grave
colpo per l'economia USA che non
riuscirebbe più a farsi finanziare da
tutti gli altri paesi del mondo, come
fosse un tributo, l'enorme debito con cui
paga il budget della difesa.
La rappresentazione degli
interessi USA come interessi dell'
Occidente è mistificante. La categoria di
"Occidente" ha cambiato
completamente di senso dopo la fine
dell'Urss-Oriente. Bush cerca di ridarle
significato col surrogato del
"terrorismo" e l'invenzione di un nuovo
nemico globale.




[1] Dall'introduzione di G. W. Bush al
The National Security Strategy of the
United States of America, settembre 2002,
www.withehouse.gov, trad. it. in
Liberazione 10.10.2002. Un'altra
traduzione si trova in
http://www.assopace.org/bush1.htm. Il
documento è costituito da un'
introduzione di G. W. Bush e da 9
capitoli, all'inizio di ognuno dei quali
vi è una citazione da discorsi tenuti da
Bush: all'indomani dell'11
settembre 2001, alla seduta congiunta del
congresso (20.9.2001), alla Banca
interamericana di sviluppo (14.3.2002), a
Monterrey in Messico (22 marzo
2002), a Berlino (23 maggio 2002),
all'Accademia di West Point (1° giugno
2002), da cui è preso il maggior numero
di citazioni. Nel riportare i passi
del documento farò riferimento ai
capitoli (all'introduzione assegno il
numero 0), seguiti da un numero che
indica ogni paragrafo ed eventualmente
un altro numero indicante un punto di
quel paragrafo; ad es. 1.5.4 indica
il capitolo I (veduta d'insieme della
strategia internazionale dell'
America), paragrafo 5 (Per raggiungere
questi obiettivi gli Usa), punto 4
(Preverranno i nostri nemici dal
minacciare noi, i nostri alleati e nostri
amici con armi di distruzione di massa).
[2] Alessandro Portelli, "La cultura di
Bush", la rivista del manifesto,
novembre 2002, p. 39-43.
[3] Nel testo americano ricorre sia la
parola Terror, che Terrorism e
Terrorist. "America will help nations
that need our assistance in combating
terror. And America will hold to account
nations that are compromised by
terror, including those who harbor
terrorists- because the allies of terror
are the enemies of civilization" (0.4);
"Russia is in the midst of a hopeful
transition, reaching for its democratic
future and a partner in the war on
terror" (0.6); "Nations that enjoy
freedom must actively fight terror"
(0.9); "Throughout history, freedom has
been threatened by war and terror"
(0.11). "Strengthen Alliances to Defeat
Global Terrorism" (3.0); "The enemy
is terrorism - premeditated, politically
motivated violence perpetrated
against innocents" (3.1). Questo uso
indifferenziato di "terrore" e
"terrorismo" produce uno strano effetto
quando, riferendosi alla classica
espressione della guerra fredda, si evoca
"l'equilibrio del terrore",
balance of terror (5.2).
[4] Quadrennial Defense Review Report -
America's Security in the 21st
Century, 30.9.01, p. 6, in
http://www.defenselink.mil/pubs/qdr2001.pdf
[5] Si veda in particolare il capitolo 9,
§ 15, in cui senza mezzi termini e
senza una larva di giustificazione si
sostiene il diritto all'impunità per
le truppe USA all'estero:
"Intraprenderemo le azioni necessarie per
assicurarci che i nostri sforzi per
venire incontro ai nostri compiti di
sicurezza globale e di protezione degli
americani non siano danneggiati
dalle potenziali investigazioni, indagini
o persecuzioni della corte
criminale internazionale (ICC), la cui
giurisdizione non si estende agli
americani e che noi non accettiamo".
[6] Claudio Del Bello, "Il nuovo
assolutismo americano e la distruzione
della politica", Giano, n. 41/2002, p. 13.
[7] Il termine ricorre più volte e rivela
direttamente quanto il
"terrorismo" sia utile alla Casa Bianca.
Esso offre l'occasione, l'
opportunità di lanciare la guerra
planetaria: "Dal momento che noi
difendiamo la pace, noi trarremo anche
vantaggio dalla storica opportunità
(historic opportunity) per preservarla
(0.6). "Infine gli USA useranno
l'opportunità di questo momento per
estendere i benefici della libertà nel
mondo. Lavoreremo attivamente per portare
la speranza di democrazia,
sviluppo, libero mercato, libero
commercio in ogni angolo del mondo (0.7).
"Oggi l'umanità conserva nelle proprie
mani l'opportunità per un ulteriore
trionfo della libertà sui suoi nemici.
Gli USA accolgono la nostra
responsabilità per condurre questa grande
missione" (0.11). "Questo è anche
tempo di opportunità per l'America.
Lavoreremo per tradurre questo momento
di influenza in decenni di pace,
prosperità e libertà"(1.4). "[Gli USA]
trasformeranno le istituzioni di
sicurezza nazionale americana per far
fronte alle sfide e alle opportunità del
secolo ventunesimo" (1.5.8).
"Questa strategia trasformerà le
avversità in opportunità" (3.13). "Gli
eventi dell'11 settembre 2001, hanno
fondamentalmente cambiato il contesto
delle relazioni tra gli Stati Uniti e gli
altri centri principali del potere
globale, e aperto vaste e nuove
opportunità". (8.18)
[8] E' il titolo del capitolo VI.
[9] Cfr. National Security Strategy of
the United States, di Bush sr.,
agosto 1991 e Defense Planning Guidance,
redatto da Paul D. Wolfowitz,
allora sottosegretario al Pentagono per
la politica e oggi segretario
aggiunto alla difesa e I. Lewis Libby,
oggi consigliere per la sicurezza del
vicepresidente Dick Cheney, pubblicato
nel 1992.
[10] Cfr. Quadrennial Defense Review
Report - America's Security in the 21st
Century, 30.9.01, p. 6, in
http://www.defenselink.mil/pubs/qdr2001.pdf
[11] "il fatto che la dedizione ai valori
basilari del libero mercato e
della democrazia non sia ancora uniforme
in Russia, senza contare le dubbie
credenziali in fatto di lotta alla
proliferazione delle armi per la
distruzione di massa, rimangono motivo di
grande preoccupazione. È proprio
questa debolezza della Russia a limitare
le opportunità di cooperazione" (8.11).
[12] "Un quarto di secolo dopo l'inizio
del processo di disfacimento delle
peggiori caratteristiche del legame con
il Comunismo, i leader cinesi non
hanno ancora compiuto la successiva serie
di scelte fondamentali circa il
carattere del loro stato. Nell'inseguire
capacità militari avanzate che
possano minacciare i suoi nemici nella
regione pacifico-asiatica, la Cina
sta seguendo un percorso vecchio che,
alla fine, ostacolerà il suo stesso
progetto di grandezza nazionale" (8.14).
"Ancora permangono regole
fortemente legate all'idea di partito
unico di derivazione comunista. Per
rendere quella nazione realmente
affidabile per i bisogni e le aspirazioni
dei propri cittadini molto lavoro resta
da fare. Solo permettendo alla
popolazione cinese di pensare, di
riunirsi, e professare liberamente, la
Cina potrà raggiungere il proprio pieno
potenziale" (8.16). "Vi sono,
tuttavia, altri settori nei quali abbiamo
profondi disaccordi. Il nostro
impegno per l'auto-difesa di Taiwan
disciplinato dall'accordo "Taiwan
Relation Act" è una cosa. I diritti umani
un'altra. Ci aspettiamo che la
Cina rispetti i suoi impegni in materia
di non proliferazione" (8.17).
[13] Si veda l'articolo di due esponenti
dello staff strategico USA, R. D.
Asmus e K. M. Pollack, "Rifondiamo la
NATO per democratizzare il Medio
Oriente", in Limes - L'Arabia americana,
n. 4/2002. In esso si sostiene la
tesi di una possibile cooperazione tra
Europa e USA, sotto l'egida di una
NATO rifondata ad hoc, per "modernizzare
il Medio Oriente, mettendo da parte
le divergenze sul conflitto arabo
israeliano" (p. 79), ridisegnando gli
assetti istituzionali ed economici di
tutta la regione, dall'Iraq all'Iran,
dall'Arabia all'Egitto, dove le
"moribonde economie nazionali" tardano ad
essere privatizzate (p. 81). Ma la guida
del processo non può che essere
degli USA: "E' impensabile dare
all'Alleanza atlantica una nuova prospettiva
strategica senza la leadership degli
Stati Uniti e del loro presidente" (p.
85). Cfr. anche, nello stesso numero
della rivista l'art. di John C. Hulsman
e James A. Phillips, Un piano americano
per il dopo-Saddam, p. 33 sgg.
[14] Un sedicente "Consorzio Scuola
Lavoro - Istituti Scolastici Autonomi
per la Scuola della Globalizzazione e
della Comunicazione" nell'editoriale
n. 3, novembre 2002 (www.cyberscuola.net)
inviato a numerose scuole, scrive:
"Ogni istituto scolastico autonomo
nell'Italia moderna è chiamato a
progettare senza posa nuove attività. Un
esempio di tale esigenza. La
Fondazione liberal di Ferdinando
Adornato, Presidente della Commissione
Cultura e Istruzione della Camera dei
Deputati, ha creato un Comitato Difesa
per l'obiettivo di diffondere la
coscienza tra i cittadini che siamo in
guerra con il terrorismo internazionale.
La consapevolezza del pericolo del
terrorismo internazionale, che richiede
una convinta visione dell'Era Nuova
in cui sta entrando l'umanità, è
necessaria ed urgente. Tale consapevolezza
è necessaria alla creazione delle forze
indispensabili per reagire. Il
terrorista motivato sul piano etico e
religioso si trasforma in kamikaze e
rappresenta l'arma strategica del
fondamentalismo nella guerra contro l'
Occidente. E' necessario risvegliare in
Italia e in tutto l'Occidente le
motivazioni superiori in difesa dello
Stato di Diritto, dell'eguaglianza tra
uomo e donna, e per gli altri valori
nostri culturali, artistici, e
religiosi. Dopo l'11 settembre 2001 nulla
è più come prima poiché il
terrorismo fondamentalista islamico ha
crudelmente aperto la guerra contro l
'America e l'Occidente. Forze
intellettuali e religiose estese e potenti
dell'Occidente svolgono intensa attività
per impedire una diffusa presa di
coscienza di tale terribile realtà,
nell'infantile speranza che,
nascondendola, tale realtà sparisca e non
minacci la libertà e la dignità
degli occidentali e degli uomini di tutto
il mondo.Fanno parte del Comitato:
Luigi Ramponi - Presidente della
Commissione Difesa della Camera; Mario
Arpino - Ex Capo di Stato Maggiore della
Difesa; Ammiraglio Venturoni - Ex
Capo di Stato Maggiore della Difesa ;
Vincenzo Camporini - Attuale Vice Capo
di Stato Maggiore della Difesa; Carlo
Jean - Studioso di strategia.Il
Comitato Difesa ha approvato un documento
di 20 cartelle intitolato 'Ci
sentiamo in guerra?' Al documento la
Fondazione liberal negli incontri di
Venezia del 22 e 23 novembre dedicherà
largo spazio. Gli atti saranno
pubblicati sul nuovo periodico del
Comitato Liberal risk. Gli Istituti
Scolastici singolarmente o in rete
possono organizzare iniziative d' intesa
con il Comitato di Difesa sui valori del
nostro Paese cui accennavo prima:
diritti della persona umana, uguaglianza
tra uomo e donnaa, valori specifici
nostri culturali, artistici, religiosi.
Si tratta di attivare la difesa
civile in ogni istituto dall'odio
fondamentalista terrorista che vorrebbe
paralizzare il cuore dei giovani con
l'argomentazione falsa sia sulle
responsabilità dell'Occidente dei mali
dei Paesi del Terzo mondo, sia sulla
corruzione morale ed etica dell' America
e dell'Occidente. Questi argomenti
culturali del terrorismo sono molto
diffusi e sono alla base delle speranze
di vittoria del fondamentalismo. L'azione
culturale specifica per
ripristinare la verità va condotta
soprattutto nelle scuole con
scientificità e molta serietà".
[15] Nel comunicato del 12.11.02 si
minacciano Gran Bretagna, Francia,
Italia, Canada, Germania e Australia come
possibili alleati degli USA nella
guerra contro l'Iraq. Cfr. La Stampa
13.11.02.
[16] Smentiti qualche giorno fa da un
autorevole istituto di ricerca
svizzero: "Un falso, un'impostura, una
manipolazione che non ha retto alle
analisi tecniche. Questo almeno il
giudizio emerso da una ricerca svizzera
effettuata sull'ultimo messaggio di Osama
bin Laden mandato in onda dalla
televisione araba Al Jazeera il 12
novembre e definito autentico, alcuni
giorni dopo, dall'intelligence americana.
La notizia, data ieri mattina
dalla Bbc, era già stata confermata
all'Agenzia France Presse da Samy
Bengio, uno dei responsabili
dell'Istituto di studi sull'intelligenza
artificiale Dalle Molle (Idiap), che ha
diverse sedi nel paese elvetico. E
nella mattinata di ieri è stata
nuovamente riconfermata a Radiotremondo
dal professor Herve Bourlard, direttore
dell'Idiap. L'indagine sulla voce di bin
Laden con la quale il capo di Al Qaeda
minacciava diversi Paesi del mondo
tra cui l'Italia, era stata commissionata
all'istituto semi-privato con sede
a Lugano dal secondo canale delle
televisione francese, che voleva
evidentemente verificare il giudizio dato
dalla Cia e dall'Agenzia nazionale
per la sicurezza degli Stati Uniti" (E.
Giordana, il manifesto - 30 Novembre
2002). Ma, al di là della perizia
tecnica, suonava piuttosto strano per la
tradizione islamica l'appellativo di Bush
quale "faraone della nostra era"
(cfr. brani del comunicato in La Stampa
13.11.02).

International Committee to Defend Slobodan Milosevic
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Slobodan Milosevic's Cross-Examination of
Croatian President Stjepan Mesic: PART X
Because the transcript of the cross-examination
is 150 pages long we have broken it into 12
easy to read segments. If you wish to read the whole thing
at once go to: http://emperor.vwh.net/icdsm/more/mesic.htm
=================================



Page 10713

1 re-examine.

2 THE ACCUSED: [Interpretation] Very well, Mr. May.

3 MR. MILOSEVIC: [Interpretation]

4 Q. In your interview to the president of the Association of Writers

5 of Croatia, her name is Marica Mikuljan, this is Nova Matica [phoen]

6 number 7, dated 1992, in response to her question how come you wrote
a

7 book, you said, inter alia: My original idea was to call the book
"How I

8 toppled Yugoslavia." Mr. Genscher suggested that perhaps in Europe,
such

9 a title would not be well received. Genscher added that we all

10 contributed to the break-up of Yugoslavia, and that seemed
acceptable to

11 me, hence the title of my book. That's what you said. And then in

12 response to her next question, what was your prognosis for the
Balkans

13 after the drama was over, you say, inter alia, in your response:
Let me

14 conclude. It is logical that if the opponent was declared to be the
devil

15 a priori, then his demonic family should be destroyed too, his
demonic

16 country and his entire demonic history. Now, this brings us to the

17 following question: Who declared the Serbs in advance a priori to
be the

18 devil, the demon? Did you do that on your own or was it the
leadership

19 that you were a part of, or was this done in conquered [As
interpreted]

20 with Genscher and what is your role in this kind of a priori

21 qualification?

22 JUDGE MAY: Let the witness deal with several questions which were

23 bound up there. The first was the quotation attributed to you about
the

24 possible title of a book "How I toppled Yugoslavia." Perhaps you
can deal

25 with that. And then there was a question about your prognosis for
the

Page 10714

1 Balkans. That was the second one.

2 THE WITNESS: [Interpretation] It is correct that the title of the

3 first edition of my book was "How we toppled Yugoslavia." The second

4 edition was entitled "How Yugoslavia was toppled." I said this in
order

5 to make things quite objective, namely, Croatia, Slovenia, and other

6 republics sought a confederal model. Serbia asked for a so-called
firm

7 federation. The status quo could not remain forever. That meant that
we

8 had to become independent. As the Socialist Federal Republic of

9 Yugoslavia disappeared, we all took part in the process, all of us
who

10 wanted changes and a confederacy that would have a time limit of
three to

11 five years and also those who were toppling the Federation in order
to

12 establish a different kind of federation that Croatia, Slovenia,

13 Bosnia-Herzegovina and Macedonia could not accept. That is why in
the

14 second title I tried to make it sound more objective, and the
contents

15 show what this book is really about.

16 As for the other part, that is not a proper quotation. I never

17 said any such thing. Who did this and who in this way deceived the

18 accused, I really have no idea.

19 MR. MILOSEVIC: [Interpretation]

20 Q. Very well. Now that you have been saying that I created the

21 so-called Serbian bloc in the Presidency, I assume that before that
you

22 should bear in mind that all divisions in the Presidency were
created on

23 the basis of political divisions regarding ideas as to what the
destiny of

24 Yugoslavia would be, not on the basis of somebody's influence. Is
that

25 right or is that not right, Mr. Mesic?

Page 10715

1 A. Well, it is clear that the leadership in Kosovo was toppled and

2 that autonomy was destroyed, that the leadership in Vojvodina was
toppled

3 and that autonomy was destroyed there. And also that the leadership
in

4 Montenegro was toppled. These three representatives, along with
Borislav

5 Jovic, who represented Serbia proper, were the Serbian bloc. It can
be

6 seen by how they voted. And also when Borislav Jovic resigned,
others

7 also resigned. But Milosevic comes forth immediately. There is no
more

8 Yugoslavia, he says. We are not going to carry out the constitution.

9 There are no valid decisions reached by the Presidency for us. And
he, as

10 the president of Serbia, who had to come to a session of the
Presidency

11 because according to the constitution he would have to stand in for
the

12 member of the Presidency from that republic if he were leave, he
said that

13 he would not do that. Now, I am really interested in hearing who
was it

14 that was toppling Yugoslavia? We wanted a different concept, and
that was

15 legal and legitimate. We thought that this kind of Yugoslavia was

16 untenable. Let us work in favour of a model that was tenable. And
if it

17 cannot be sustained, then we are going to part our ways in peace,

18 cooperate mutually as the Czechs and the Slovaks do, for example.

19 Q. Mr. Mesic, what you said just now is what you said yesterday
too,

20 and then you played a video cassette that speaks to the contrary.
Because

21 I never said there that there is no Yugoslavia. On the contrary, I
spoke

22 in favour of Yugoslavia. And as for this resignation, as I
explained at

23 that time, that's what you broadcast, it was a reaction to the fact
that

24 the Presidency did not want to pass its own decisions, and that is
why the

25 assembly of Serbia refused Jovic's resignation and returned him to
his

Page 10716

1 position two days later. And when I said I would not go there
instead of

2 him meant that I thought that he should go back there and work there
and

3 that his resignation was a reaction to the fact that the Presidency

4 refused to carry out its own decisions?

5 JUDGE MAY: What is the question for the witness?

6 MR. MILOSEVIC: [Interpretation]

7 Q. The film that you showed, where did you see that? And you showed

8 me on television. Where did you hear me say that Yugoslavia did not
exist

9 any more and all the rest that you said, and that the Presidency was
not

10 going to function and Borislav Jovic, the bit about Borislav Jovic?
The

11 events showed you otherwise.

12 JUDGE MAY: Let the witness answer this.

13 Can you help us with this, Mr. Mesic, or not?

14 THE WITNESS: [Interpretation] First of all, I didn't show any

15 excerpts. That has nothing to do with me. It is the Prosecution and

16 indictment that calls for that. As far as I'm concerned, I don't
much

17 like watching television images of Slobodan Milosevic. That is far
from

18 my thoughts. As for the tape itself, we were able to see the tape.

19 Borislav Jovic and Mr. Bucin tendered their resignations and
straight away

20 we see the advent of Slobodan Milosevic, who says that he's not
going to

21 use his right to represent Borislav Jovic in the Presidency until
that man

22 had not attended the assembly meeting and until his resignation was

23 refused. So once again the accused doesn't seem to handle
arithmetic too

24 well, and now I can see that he doesn't handle time too well
either.

25 MR. MILOSEVIC: [Interpretation]

Page 10717

1 Q. Mr. Mesic, the aim assembly was scheduled. You know that Jovic

2 returned to work in the Presidency following a decision of the
Assembly of

3 his republic and that what you're saying is nonsense.

4 JUDGE MAY: No, we're not going on in this way. Let's move on to

5 another topic. You haven't asked questions about any of the
documents

6 that were produced. If you want to do that, Mr. Milosevic, you
should do

7 so in the 40 or 50 minutes that remain for you.

8 THE ACCUSED: [Interpretation] I shall do my best, Mr. May, to deal

9 with that too, but as I was informed only the day before yesterday
that

10 the witness would be available two and a half times less than was

11 originally planned, I'm trying to make a selection of the more
important

12 issues.

13 MR. MILOSEVIC: [Interpretation]

14 Q. Is it true, Mr. Mesic, that the political position of Serbia

15 Montenegro was to stand up against Yugoslavia's breakdown? And is
it also

16 true that there was no firm federation as you termed it that was
proposed

17 by the representatives of Serbia and Montenegro but quite the
contrary,

18 that it was a democratic federation that they put forth, a
democratic one,

19 a free one, and I'm sure you will recall that, for example, Serbia,
at a

20 meeting of the presidents of all the republics, which was held in

21 Sarajevo, supported the proposal by Izetbegovic and Gligorov,
offering a

22 loose type of federation, the loosest possible type, but
nonetheless a

23 state of sorts and not some kind of what you would call alliance,

24 confederal alliance for a period of five years. So Serbia lent its

25 support to that particular plan, which meant that all the republics
would

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French and

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1 gain autonomy, but nonetheless would keep them within the realms of
a

2 state. What we wanted to do was to preserve Yugoslavia, and that is
what

3 neither you or anybody else can challenge. Isn't that right, Mr.
Mesic?

4 A. I think the accused has stated precisely what should have been

5 stated. They were against Yugoslavia, opposed to it. They were
offering

6 something that Croatian and Slovenia found unacceptable. Therefore,
he

7 was opposed to Yugoslavia, the kind of Yugoslavia that existed at
that

8 time, and that's precisely what I'm claiming. He was against
Yugoslavia.

9 He was opposed to Yugoslavia, and that is why he used the military
option

10 and worked towards the breakdown of Yugoslavia, with a military
option.

11 Q. How were you able to conclude that we were opposed to Yugoslavia

12 when the entire public knew full well that we were striving only
for the

13 preservation of Yugoslavia, and what we said was that that was the
best

14 solution for all the South Slav peoples and nobody would have a
better

15 life in any other way, and as to freedoms, rights, the independence
and

16 autonomy of the republics, they were never brought into question at
all?

17 A. Had we accepted the proposals made by the accused, then I
suppose

18 we had the nice kind of time that the Albanians have had in Kosovo
and we

19 didn't want to taste the beauties of that.

20 Q. Ah, I see. In Croatia you were under some kind of pressure, as

21 far as I understand it, pressure from Serbia, while Yugoslavia was
living.

22 I never noted any pressures of that kind. I don't know where you
saw them

23 prevalent. Perhaps you could tell me.

24 A. I think that this question is nonsense, nonsensical.

25 Q. Except in tourism, perhaps, because there were a lot of tourists

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1 from Serbia coming to the Adriatic Coast.

2 Is it true, Mr. Mesic, that the first division in the Presidency,

3 the first rift, was caused after your statement that you wanted to
be the

4 last president of Yugoslavia?

5 A. The accused has a terribly rich imagination and he seems to be

6 very adept at distorting things. He knows full well what I said on
the

7 occasion at that time.

8 Q. Well, what did you say?

9 A. I came to Belgrade as somebody who had been elected to the

10 Presidency, and my statement, the statement I made, that Yugoslavia
in

11 that model, as it stood, could not survive. Everything that
happened

12 later on bore out the fact that I was quite right and that we had
to find

13 a political solution, because unless we found a political solution,
I

14 would be the last president. Not that I wanted to be the last
president,

15 but that I would be the last president, and that is in fact what I
was. I

16 was the last president of Yugoslavia, through the will of those
people who

17 opted for war, who selected the war option, through the will of
those who

18 refused to accept a political solution but who gave arms and
weapons into

19 the hands of those who were not to blame. They were to blame
because they

20 accepted to bear arms. But the person most to blame was the person
who

21 supplied them with arms, who put those arms and weapons in their
hands.

22 Q. So it is not being challenged that when you took up the position

23 of president, or rather, a member of the Presidency, as a member
from

24 Croatia, that you said that Yugoslavia could not survive, and it is
not

25 clear to you; you refuse to accept the fact that this was the cause
of the

Page 10721

1 rift in the Presidency, statements of this kind on your part, and
the fact

2 that these assertions of yours could not be tenable in view of the
office

3 you held.

4 JUDGE MAY: What you must not do is to misrepresent the evidence.

5 Now, the witness has answered the question. He's told you what he
said.

6 He's told you he blames your government for what happened. Now, I

7 don't think we're going to get much further on that simply arguing
about

8 it.

9 THE ACCUSED: [Interpretation] Mr. May, you know very well, as a

10 lawyer, that every state has a constitution, and that until that

11 constitution is changed, even if it is a bad constitution, that it
is in

12 force and holds true nonetheless. And when I say that the
statements made

13 by Mr. Mesic, who, according to that very constitution, was elected
to

14 perform the function at the Yugoslav level, that is to say, the top

15 Yugoslav level, that this was untenable with that constitution and
with

16 the relationship that he had towards Yugoslavia. So what I am
saying is

17 that it was he himself and no Milosevic who was the cause of the
rift that

18 took place in the Presidency.

19 MR. MILOSEVIC: [Interpretation]

20 Q. Do you recall, for example, that --

21 JUDGE MAY: Mr. Milosevic, you have made that point several

22 times. We have heard you. We understand your case. We will deal
with it

23 in due course. We will have to make our own minds up about it. Now,

24 time is limited, and you have to concentrate on asking this witness

25 questions, if you've got any, beyond making statements. I suggest
you

Page 10722

1 move on to another topic, we having heard both sides on this
particular

2 issue about the early days of the Presidency.

3 MR. MILOSEVIC: [Interpretation]

4 Q. Please, your thesis is that I forced Montenegro not to accept

5 Carrington's plan; right? Is it clear to you that that is just not
true?

6 JUDGE MAY: Let him answer.

7 A. I never claimed that anywhere. I never said that the accused had

8 forced Montenegro not to accept Carrington's plan. All I'm saying is
that

9 the accused, with the policy he waged, broke down the autonomous
Vojvodina

10 and Kosovo and toppled the leadership, which was a legally elected
one, in

11 Montenegro, and that he implemented an anti-bureaucratic
revolution, as

12 it's called, by which in fact he destroyed Yugoslavia. Because if
you

13 destroy the constituent elements of a federation, those component

14 parts - and they were the two provinces - then Yugoslavia can no
longer

15 exist either. And that fate, the fate of Kosovo, is something that
we did

16 not wish to repeat for ourselves.

17 Let me be quite clear to the very end now. Why didn't the accused

18 fuss over the fact that the Serbs were fleeing from Croatia?
Because he

19 needed that critical mass of people to populate Kosovo once he had

20 expelled the Albanians from Kosovo. That is the plan the accused
had, to

21 throw out the Albanians and to bring in the Serbs from Croatia to
populate

22 the area. That was what he had in his mind: to destabilise Albanian
and

23 to destabilise Macedonia as well, because that mass of Albanians
coming in

24 would, of course, destabilise those two weak countries. That was
his

25 plan, and he counted upon the fact that he would be the factor and
element

Page 10723

1 which the international community would seek to calm the region, but
the

2 NATO pact stepped in to stop those awful plans of his.

3 MR. MILOSEVIC: [Interpretation]

4 Q. Mr. Mesic, your imagination is commendable, but unfortunately --

5 A. Thank you for saying that.

6 Q. -- But unfortunately, there are many defects in it. First of all,

7 as regards Montenegro, do you recall that in Montenegro a referendum
was

8 held; that is to say, it was not an anti-bureaucratic revolution
which

9 engulfed the people and subjugated the people, but there was a
referendum

10 at which the citizens of Montenegro stated their views and opted
for

11 Yugoslavia? It was not under pressure of any kind. Is that --

12 JUDGE MAY: Yes.

13 A. I have already answered that. Everything that was done in that

14 particular region was done through the will -- and that is to say
not only

15 the will of Milosevic but on the will of his regime, the toppling
of those

16 leaderships. That was what he wanted to do. He held speeches in
front of

17 millions. He mobilised the populace. He convinced them that all the

18 Serbs would live in one single state, and obviously when you seize
other

19 people's territories.

20 MR. MILOSEVIC: [Interpretation]

21 Q. Show me that speech of mine. Show me one speech in which I said
a

22 single word against Croatia or Yugoslavia. Do you have one single
example

23 to show us of that kind?

24 A. Of course. If you claim that the Serbs in Croatia have the right

25 to self-determination, they then decide, not the Serbs in Croatia
but the

* Continued at: http://emperor.vwh.net/icdsm/more/mesic-11.htm



***** Urgent Message from Sloboda (Freedom) Association and the
International
Committee to Defend Slobodan Milosevic!

The Freedom Association in Belgrade and the ICDSM, based outside
Yugoslavia, are the
two organizations formed at the request of Slobodan Milosevic to aid
in his defense.

Up until now our main work has been threefold. We have publicized the
truth about The
Hague's phony trial. We have organized research to help President
Milosevic expose
NATO's lies. And we have initiated legal action in the Dutch and
European Courts.

Now our job has increased. The defense phase of the "trial" starts in
May 2003. No longer
will Mr. Milosevic be limited to cross-examining Hague witnesses. The
prosecution will be
forced further onto the defensive as victims of NATO's aggression and
experts from
Yugoslavia and the NATO countries tell what really happened and expose
media lies.
Moreover, Mr. Milosevic will call leaders, from East and West, some
friendly and some
hostile to the truth.

The controlled mass media will undoubtedly try to suppress this
testimony as they have tried
to suppress Mr. Milosevic's cross-examinations. Nevertheless this
phase of the "trial" will
be the biggest international forum ever to expose NATO's use of
racism, violence and lies to
attack Yugoslavia.

We urgently need the help of all people who care about what is
happening in The Hague.
Right now, Nico Steijnen , the Dutch lawyer in the ICDSM, is waging
legal battles in the
Dutch courts and before the European Court, about which more news
soon. These efforts
urgently require financial support. We now maintain a small staff of
Yugoslav lawyers in
Holland, assisting and advising Mr. Milosevic full-time. We need to
expand our Dutch
facilities, perhaps bringing in a non-Yugoslav attorney full-time.
Definitely we must
guarantee that we have an office and office manager available at all
times, to compile and
process evidence and for meetings with witnesses and lawyers and as a
base for organizing
press conferences.

All this costs money. And for this, we rely on those who want Mr.
Milosevic to have the best
possible support for attacking NATO's lies.

************
Here's how you can help...
************

* You may contribute by credit card. By the end of September we will
have an ICDSM
secure server so you can contribute directly on the Internet.

For now, you can contribute by credit card in two ways: *

You can Contribute by Credit Card over the Telephone by calling:

ICDSM office, USA: 1 617 916-1705
SLOBODA (Freedom) Association office, Belgrade: 381 63 279 819

You can Contribute using PayPal at:
https://www.paypal.com/xclick/business=icdsm%40aol.com
PayPal accepts VISA and MasterCard

You can Contribute by mail to:
ICDSM
831 Beacon St., #295
Newton Centre, MA 02459 (USA)

- OR -

You can Contribute by wire transfer to Sloboda Association

Intermediary:
UBS AG
Zurich, Switzerland
Swift Code: UBSWCHZH

Account with:
/ 756 - CHF
/ 840 - USD
/ 978 - EUR
Kmercijalna Banka AD
SV. Save 14, 11000 Belgrade, FR Yugoslavia
Swift Code: KOBBYUBG

Beneficiary: Account No. 5428-1246-16154-6
SLOBODA
Rajiceva 16, 11000 Belgrade, FR Yugoslavia

Thank you!

http://emperor.vwh.net/icdsm

(Chi fosse in grado di tradurre immediatamente in italiano questa
importantissima intervista e' pregato di contattarci con urgenza:
<jugocoord@...>)

---

Felipe Turover:
"Carla del Ponte hat den Killern den Weg zu mir gewiesen."


Aus: KONKRET, Dezember 2002
(Siehe auch:
http://www.konkret-verlage.de/
http://www.juergen-elsaesser.de/)


"Gerechtigkeit ist eine Frau", sagte UN-Generalsekretär Kofi Annan
über Carla del Ponte, zur Zeit Chefanklägerin im Haager Prozeß gegen
Slobodan Milosevic. Ganz andere Erfahrungen mit der Schweizer Juristin
hat Felipe Turover gemacht. Der 37jährige stammt aus einer
republikanischen spanischen Familie, seine Eltern flohen mit ihm vor
Franco in die Sowjetunion. Nach dem Tod des Diktators kam Turover
wieder in sein Geburtsland zurück, um dann bereits Ende der achtziger
Jahre wieder als Finanzmann in Moskau an den ökonomischen Wohltaten
der Perestrojka zu partizipieren. Er arbeitete von 1992 bis 1999 für
die Jelzin-Regierung im Schuldenmanagement mit westlichen
Gläubigerbanken



(Interview)

Elsässer: Sie sind der Hauptbelastungszeuge in der Affäre Mabetex, die
auch als Russia-Gate bekannt wurde. Um was handelt es sich dabei, und
was hat Carla del Ponte damit zu tun?

Turover: Mabetex ist eine Baufirma mit Sitz in Lugano in der
italienischen Schweiz. Sie gehört dem Kosovoalbaner Beghijet Pacolli,
der mittlerweile einen Schweizer Paß hat. Pacolli und sein
Geschäftspartner Viktor Stolpowskich bekamen in den neunziger Jahren
Aufträge aus dem Kreml in Höhe von umgerechnet zwei Milliarden Euro,
es ging angeblich um Bau- und Sanierungsarbeiten im Regierungs- und
Präsidentenkomplex.
Nachgewiesenermaßen sind in diesem Zusammenhang Dollarsummen in
Milliardenhöhe außerhalb Rußlands verschwunden, im Gegenzug wurden
Schmiergelder in Millionenhöhe nach Moskau gezahlt. Pacolli hat für
Kreditkarten Jelzins und der beiden Jelzin-Töchter gebürgt, das hat
die Banca del Gottardo, die die Karten ausgegeben hat, bestätigt.
Carla del Ponte, damals Schweizer Bundesanwältin, hat mich im Verlaufe
des Jahres 1997 kontaktiert und mich aufgefordert, als Zeuge in der
Sache zur Verfügung zu stehen. Später hat sie den ermittelnden
russischen Generalstaatsanwalt Jurji Skuratow in die Schweiz
eingeladen und mich mit ihm bekannt gemacht. Sie galt damals schon als
große Kämpferin für Gerechtigkeit, deswegen bin ich ihrem Wunsch
gefolgt. Das war ein beinahe tödlicher Fehler.

Elsässer: Warum?

Turover: Ich war auf Ehrlichkeit angewiesen und habe del Ponte von
Anfang an darauf hingewiesen, daß mich meine Aussage in Lebensgefahr
bringt.
Schließlich arbeitete ich damals noch als Berater für die russische
Staatsspitze - also genau für die Leute, die ich mit diesen Dokumenten
schwer belastete. Was aber machte Frau del Ponte? Sie gab meinen
vollen Namen und meine Funktion an die Presse. Das ist so, als hätte
ich von Medellin aus Informationen über den Escobar-Clan an die
US-Drogenpolizei geliefert und müßte dann, während ich noch in der
Höhle des Löwen bin, meinen Namen als Kronzeuge gegen Escobar in der
"New York Times" lesen. In meinem Fall war es nicht Medellin, sondern
Moskau, und die Zeitung war der "Corriere della Sera", aber die
Wirkung war dieselbe: Ich war aufgeflogen, und nur durch überstürzte
Flucht aus Moskau konnte ich mein Leben retten.
Seither, seit mittlerweile drei Jahren, lebe ich undercover. Dafür
bedanke ich mich bei Carla del Ponte. Sie hat den Killern den Weg zu
mir gewiesen.

Elsässer: Ist das nicht reichlich übertrieben? Was kann eine Schweizer
Bundesanwältin für einen Artikel in einer italienischen Tageszeitung?

Turover: Die beiden Journalisten vom "Corriere" haben alle
Informationen von del Ponte bekomme, inklusive meiner Mobilfon-Nummer.
Sie selbst sagten es mir, weil sie wissen, daß ich in Lebensgefahr
bin.

Elsässer: Del Ponte hat das dementiert.

Turover: Dann sagt sie die Unwahrheit. Das habe ich übrigens schon oft
gesagt, und nie hat sie mich wegen übler Nachrede verklagt. Der Grund
ist ganz einfach: Sie hat keine Beweise, aber ich.

Elsässer: Mabetex-Chef Pacolli ist ja nicht nur ein Baulöwe, sondern
soll auch gute Verbindungen zu den kosovoalbanischen UCK-Terroristen
haben.

Turover: Das ist richtig. Zu seiner Firmengruppe gehörte, nach seinen
eigenen Angaben, mindestens bis zum Jahr 2000, die kosovoalbanische
Tageszeitung "Bota Sot", die selbst von der OSZE wegen rassistischer
Artikel verurteilt wurde. Sie hetzte vor allem gegen Serben, gegen
mich als den "Juden Turover" auch antisemitisch.

Elsässer: Sollten kosovoalbanische Bestechungsgelder an den
Jelzin-Clan gezahlt worden sein, könnte das das Verhalten des
russischen Präsidenten im Frühjahr 1999 erklären. Als die Nato den
Krieg gegen Jugoslawien vorbereitete, rührte er keinen Finger zum
Schutz des angeblichen Brudervolks der Serben. Bei der Konferenz in
Rambouillet etwa, als die Nato-Staaten extrem einseitig zugunsten der
Albaner agierten, protestierte Moskau nicht, obwohl seine Diplomaten
mit am Verhandlungstisch saßen. Kauften die Kosovo-Albaner Jelzins
Stillhalten?

Turover: Das ist eine mögliche Erklärung. Es handelt sich bei diesen
Geschichten um eine Symbiose aus Politik, Plünderung und Geldwäsche im
großen Stil.

Elsässer: Und del Ponte?

Turover: Alle Ermittlungsverfahren in der Schweiz zur Mabetex-Affäre
wurden politisch von höchster Stelle niedergeschlagen. Mehr noch: Die
Unterlagen, die del Ponte von ihrem russischen Amtskollegen Skuratow
bekommen hatte, sind auf wundersame Weise bei Pacolli gelandet. Der
hat seine Moskauer Freunde Jelzin und Borodin benachrichtigt, und in
der Folge wurde Skuratow, ein ehrlicher und kompetenter Jurist,
kaltgestellt - trotz dreier praktisch einstimmiger Entschließungen des
russischen Senats zu seinen Gunsten. Das Ende von Skuratow war auch
das Ende der Moskauer Mabetex-Ermittlung - das letzte Verfahren wurde
im Dezember 2000 eingestellt.

Elsässer: Handelte del Ponte als Schutzpatronin der albanischen Mafia
oder des Jelzin-Clans?

Turover: Weder noch. Sie handelt nur in ihrem eigenen Interesse.
Politische Ziele sind ihr völlig egal. Nehmen Sie etwa den Zeitpunkt,
als sie mit ihren Erkenntnissen zu Mabetex inklusive meines Namens an
die Öffentlichkeit ging, Ende August 1999. Das war ja nicht nur ein
Schlag gegen mich, sondern auch gegen Jelzin. Zwar hat sie später
nicht weiterermittelt, aber in diesem Augenblick haben ihre
Enthüllungen Jelzin schwer geschadet.
Vorausgegangen war, im Sommer 1999, der spektakuläre Coup russischer
Eliteeinheiten im Kosovo: Nach dem Waffenstillstand hatten sie den
Flughafen von Pristina besetzt, die Nato kam zu spät. Fast wäre es
deswegen zum dritten Weltkrieg gekommen, wie der britische Kfor-Chef
Michael Jackson damals sagte. Moskau pokerte hoch, wollte eine eigene
Besatzungszone im Kosovo, um die Serben zu schützen. In dieser
Situation mußte Jelzin desavouiert werden. Die damalige
US-Außenministerin Madeleine Albright trifft sich also im Juli 1999
auf dem Londoner Flughafen Heathrow mit del Ponte und macht ihr das
wahrscheinlich klar. Im August geht dann del Ponte über den "Corriere
della Sera" mit ihren Enthüllungen gegen Jelzin an die Öffentlichkeit,
und Mitte September legt Albright in einem Statement auf CNN zur
russischen Regierungskorruption nach. Jelzin muß in dieser Situation
ein Amtsenthebungsverfahren und Strafverfolgung befürchten. Entlastung
bringen ihm Ende September zwei Bombenanschläge in Moskau, angeblich
begangen von tschetschenischen Terroristen. Russische Truppen
marschieren in Tschetschenien ein, damit wird das öffentliche
Interesse von Russia-Gate abgelenkt.

Elsässer: Agierte del Ponte in dieser Situation als Befehlsempfängerin
Washingtons?

Turover: Sie ist genausowenig proamerikanisch wie proalbanisch. Sie
handelt im Schweizer Interesse, d.h. im Interesse der Mafia-Politik in
der Schweiz.

Elsässer: Das müssen Sie näher erklären.

Turover: Die Schweiz und die Schweizer Banken leben hauptsächlich von
der Geldwäsche. Alle Diktatoren und alle großen Kriminellen dieser
Welt deponieren ihr schmutziges Geld hierzulande; vor allem der Kanton
Tessin eignet sich hervorragend, man bringt die Millionen einfach im
Koffer oder im Handschuhfach von Italien über die Grenze. Alle
Politiker im Tessin wissen davon, alle profitieren davon. Und del
Ponte als Staatsanwältin des Kantons hat diese Praktiken geschützt,
schon vor der Mabetex-Affäre Ende der neunziger Jahre. Nehmen Sie etwa
den Fall einer Aktiengesellschaft in Chiasso, gegen die wegen
Geldwäsche für die italienische Mafia ermittelt wurde - die
Ermittlungen wurden von ihr eingestellt.
In erster Linie ist del Ponte aber pro del Ponte. Für ihre Karriere
würde sie alles tun, sogar George W. Bush anklagen. Als Juristin ist
sie im übrigen eine Null. Können Sie sich vorstellen, daß sie nach
meiner Kenntnis in ihrer bisherigen Laufbahn keine einzige Anklage
gewonnen hat? Ihr einziges Talent liegt in der Selbstdarstellung, in
der Selbstvermarktung.

Elsässer: Ihr Agreement mit Albright hat sich jedenfalls rentiert.
Wenig später wurde sie Chefanklägerin in Den Haag - auf Vorschlag
Washingtons. Die Zürcher "Weltwoche" wunderte sich: "Warum die
Amerikaner sie als Nachfolgerin der unbequemen und vorzeitig
abservierten Louise Arbour haben wollten, bleibt ein Rätsel. Denn sie
haben nie einen Hehl daraus gemacht, daß sie den Gerichtshof für einen
nutzlosen Schwulst halten."

Turover: Del Ponte und die Schweizer Regierung halfen Albright, und
dafür wurde sie - die Amerikaner sind ehrliche Leute, sie zahlen für
ihre Aufträge - mit dem Posten in Den Haag belohnt. Auch dort verkauft
del Ponte sich glänzend. Dabei ist der Prozeß eine einzige
Katastrophe. Sie hat überhaupt nichts in der Hand gegen Milosevic, de
jure müßte er sofort freigelassen werden. So kann sich Milosevic, der
selbst nur ein Bandit und Betrüger ist, als unschuldig Verfolgter
darstellen, und der serbische Nationalismus ist im Aufschwung, wie
sich bei den letzten Wahlen zeigte.
Weiß man in Den Haag wirklich nicht, daß die Schweizer Bundesregierung
einen Sonderermittler in der Affäre del Ponte eingesetzt hat? Wie kann
eine Frau Chefanklägerin des UN-Kriegsverbrechertribunals bleiben, die
selbst Gegenstand höchstrichterlicher Untersuchungen wegen schwerer
Verbrechen ist?

Elsässer: Sie haben im März 2001 Anzeige gegen Carla del Ponte und
unbekannt gestellt, u.a. wegen Gefährdung Ihres Lebens und Mordversuch
(tentato assassinio) im Zusammenhang mit Russia-Gate. Aber der
Schweizer Bundesanwalt Valentin Roschacher hat die Anzeige gegen seine
Amtsvorgängerin abgewiesen. Wie können Sie also sagen, es sei eine
Sonderermittlung gegen del Ponte im Gange?

Turover: Roschacher hat del Ponte geschützt, und deshalb habe ich ihn
wegen Begünstigung zu ihren Gunsten verklagt, und diese Klage ist
nicht nur angenommen worden, sondern es wurde im Mai 2002 sogar ein
Sonderermittler vom Schweizer Bundesrat eingesetzt, Arthur Hublard,
der ehemalige Generalstaatsanwalt des Kantons Jura. Der untersucht
meine Anklagen gegen Roschacher - aber damit ist auch die Causa del
Ponte endlich auf dem Tisch.
Überdies habe ich gegen die Schweiz eine Klage vor dem Europäischen
Gerichtshof für Menschenrechte in Strasbourg angestrengt.

Elsässer: Gegen die Schweiz - nicht gegen del Ponte?

Turover: In Strasbourg kann man nicht gegen Privatpersonen klagen.
Aber in der Substanz richtet sich die Anklage vor allem gegen del
Ponte, weil sie als Bundesanwältin der Schweiz mein Leben in Gefahr
gebracht hat. Es ist ein Unding, daß sie weiter in Den Haag amtiert,
solange zwei solche Verfahren anhängig sind.

Elsässer: Sie leben verdeckt im Untergrund und wechseln ständig den
Aufenthaltsort. Wie lange werden Sie das durchhalten?

Turover: Ich muß, wegen del Ponte, sonst bin ich ein toter Mann.
Natürlich habe ich mich abgesichert, indem ich sicherstellte, daß im
Falle meines Ablebens noch brisantere Informationen öffentlich werden
als bisher schon.
Aber eine beruhigende Sicherheit gibt mir das nicht. Bisher wurden
jedenfalls schon mindestens fünf Belastungszeugen in der Affäre
Mabetex aus dem Weg geräumt. Das letzte Opfer war die persönliche
Sekretärin von Pacolli, eine 32jährige Frau, Tod im Badezimmer,
angeblich ein Blutgerinsel.
Es gab nie eine Autopsie der Leiche, sie wurde am nächsten Tag
verbrannt.


Interview: Jürgen Elsässer

Cari amici,
Credo di fare cosa utile nell'inviarvi la mia sintesi-traduzione
dell'importante documento di Michel Collon
"Il Paese di cui non si parla più...".
Cari saluti, Enrico Giardino

---

IL PAESE DI CUI NON SI PARLA PIU'

M.Collon -26 novembre 2002 su internet
(traduzione-sintesi di E. Giardino- 27 nov.2002)

M.Collon - coraggioso giornalista impegnato - è autore di libri e di
video dedicati ai temi internazionali, della globalizzazione, della
Nato, delle menzogne medianiche, delle sofferenze inflitte ai popoli
del mondo dai governanti USA e dai loro alleati.
Di particolare valore le sue analisi e le sue testimonianze sull'
aggressione USA-NATO nei Balcani per la distruzione della ex
Jugoslavia, multietnica e socialista.
In questo suo ultimo documento di 14 pagine - distribuito via Internet
- si trova una analisi, qualificata e documentata, della situazione
odierna nelle regioni del Kosovo e della ex Jugoslavia, "liberate e
portate alla democrazia" dalle bombe della Nato e dalle menzogne dei
media occidentali.
Una lezione molto istruttiva. Per tutti: per quelli che sostengono o
difendono l'imperialismo, per quelli che già lo subiscono o lo
combattono, per quelli che ne sono minacciati (prossimi bersagli).
Anche istruttiva per chi ripone ancora qualche fiducia nei media
occidentali.

E' difficile e riduttivo sintetizzare un tale documento, ricco di dati
ufficiali e di riferimenti - estratti con sapienza dallo stesso campo
dell'aggressore-occupante: e tuttavia. Una traduzione-sintesi corretta
può agevolarne la circolazione, anche tra le persone che hanno poco
tempo per leggere.
Qual è la situazione di quelle regioni oggi, a due anni dalla
aggressione Nato?
Drammatica: aumento esplosivo (da 2 a 7 volte) dei generi di prima
necessità (pane, latte, carne elettricità, sanità, istruzione);
aumento dei tumori e dei suicidi. 4900 donne di Belgrado, malate di
tumore, non hanno o non possono acquistare le medicine necessarie (ora
privatizzate).
La disoccupazione è in forte crescita, si vive di espedienti, alla
giornata. L'inquinamento - prodotto dai bombardamenti alle raffinerie
e dall'uranio impoverito - è in forte crescita.
170.000 famiglie di Belgrado non possono pagare l'elettricità (costi
raddoppiati in 4 mesi).
In tre città operaie di media grandezza il livello di vita si è
ridotto del 150%.
I cimitari sono troppo piccoli per contenere tanta mortalità di
persone di ogni età.
Il tasso di "popolarità" di Djindjic - salvatore della patria
antiMilosevic - è caduto all'8%.
Le promesse degli anni 1989-2000 si sono dimostrate false ed
illusorie: allettati da queste, hanno pensato che il capitalismo
portasse loro il benessere occidentale.
Invece il FMI dichiara che occorre licenziare altri 800.000
lavoratori, soprattutto quelli statali e dei servizi pubblici. La
Banca mondiale già nel 1989 reclamava la messa in fallimento di 2435
imprese juogoslave ed il licenziamento massiccio dei lavoratori (2 su
3 in Serbia). Le privatizzazioni hanno debuttato, provocando un
massacro sociale non inferiore a quello delle bombe.
Le 5 maggiori imprese pubbliche sono oggi nel mirino del Governo, ma i
lavoratori si oppongono.
Così accade nell'impresa agro-alimentare Karnex che impiega 36.000
lavoratori. In giugno 2002 si è scoperto che le casse dell'impresa
sono vuote: i soldi sono volati via, dove? Nessuno lo sa.
I lavoratori lottano per mantenere il sistema dell'autogestione,
lavorando 4 sabati al mese per alimentare una loro cassa sociale
autogestita... Fedeli alla autogestione rimangono le 5 maggiori
imprese del Paese. I problemi produttivi ed occupazionali riguardano
4 grandi imprese: Zastava (auto), Smederevo(metalli), Gosa
(costruzioni), Startid 13 (metalli).
Prima delle elezioni il governo ha fatto circolare voci di preziosi
investimenti stranieri per le fabbriche in crisi che avrebbero dovuto
far decollare la produzione: balle elettorali!
Le privatizzazioni riempiono solo le tasche dei colonizzatori e dei
privati: così per la Telecom serba o per la rete Mobil 063 o per la TV
BK. Da dove vengono questi soldi per comprare? Dagli stessi ambienti
del governo o da ditte straniere (come British Telecom).

Chi si arricchisce in Jugoslavia oggi? La mafia innanzitutto. Il
ministro suicida del governo Kostunica - Momir Gavrilovic - aveva
appunto denunciato le connivenze tra mafia e Djindjic.
Il potere non sta a Belgrado, ma altrove. La società generale francese
e la banca tedesca Raiffeisen hanno rilevato le 4 maggiori banche
serbe. E' la Germania che ha il bottino maggiore penetrando in molti
settori (acquedotti, mass media, scuola, ecc.). Oggi tutti i giornali
sono filo-occidentali (alla faccia del pluralismo richiesto a
Milosevic!). Sono gli USA e la UE che hanno in mano l'economia e la
politica serba, mediante il "G-17 plus", un consorzio privato composto
dai vecchi rappresentanti della banca mondiale e del FMI.
Sono questi uomini che distruggono lo Stato sociale, che decidono di
licenziare e di privatizzare, abolendo il divieto di licenziare prima
esistente. Le imposte delle società sono state ridotte dal 20 % al 14
%, mentre il Ministro dell'economia annuncia che rimborserà alla Banca
Mondiale ed alla Banca di investimenti europea 60 milioni di euro.
L'occidente ha distrutto la Jugoslavia ed ora si fa anche rimborsare!
Perciò nella società jugoslava crescono le disillusioni, ma anche le
resistenze.

Grandi disillusioni, ma anche resistenza. Oggi 2 serbi su 3 sono sotto
la soglia di povertà. La debole partecipazione alle ultime elezioni
(46%) significa ripudio di tutti i partiti "corrotti".
I suicidi: 900 a Belgrado l'anno scorso ed un forte consumo di
medicine antidepressive. Numerose manifestazioni popolari in questi
mesi (taciute dai media occidentali) al grido di "Basta DOS": 40
feriti nella manifestazione dei poveri.
La battaglia per i "corridoi" (1) (cfr. il libro "Attention media!") è
uscita allo scoperto. I corridoi 8 e 10 servono al trasporto di merci,
ai processi di "delocalizzazione" delle imprese, al trasporto di gas e
petrolio dal Caucaso e dall'Asia centrale verso occidente
(investimento UE di 90 miliardi di euro).
Due i percorsi in lizza: quello voluto da Berlino
(Costanza-Belgrado-Amburgo) e quello di interesse USA
(Bulgaria-Macedonia-Albania). La politica moderna è facile da
leggersi: dove si trova un rotta di gas o petrolio, là gli USA
installano una base militare e suscitano conflitti etnici o religiosi.
Ora si conferma che il "corridoio 10" trasporterà per 1200 Km 10
milioni di tonnellate di petrolio, con possibilità di arrivare fino
all'Italia ed al Mediterraneo. Intanto gli USA investono 30 milioni di
dollari sul loro corridoio "alternativo".

Si parla di aiuti internazionali alla ex Jugoslavia: ma sono davvero
aiuti? NO, si tratta di prestiti che incateneranno il debitore alle
Banche occidentali: per pagarne gli interessi il debitore taglierà
spese sociali e di assistenza. Inoltre i prestiti sono legati a
vincoli politici precisi (es. della Macedonia): scelta del modello
occidentale, tagli allo stato sociale, licenziamenti. Quindi più un
ricatto che un aiuto. Le bombe hanno distrutto infrastrutture
economiche e civili che oggi vengono ricostruite con i prestiti del
FMI e, magari, da imprese occidentali. Quindi le bombe sulla
Jugoslavia erano solo la prima tappa del percorso di
privatizzazione-globalizzazione neoliberistica.

La Jugoslavia pagherà più volte la stessa "fattura": prima l'Ovest ha
distrutto la sua ricchezza; così facendo l'ha privata dei mezzi di
sussistenza e di produzione; infine dovrà pagarsi la ricostruzione
(in realtà un business dei suoi aggressori-colonizzatori).
Guerra significa anche basi militari, che sono un ottimo affare per le
industrie delle armi e per quelle che manutengono le spedizioni
militari ed i servizi ad esse associate. In Kosovo c'è oggi la più
grande base militare USA del mondo: Camp Bondsteel. Un punto
strategico per assalti al Medio Oriente, al Caucaso ed alla stessa
Russia. La base è stata costruita e viene gestita dalla ditta USA
"Brown Root Services" filiale della ditta USA Halliburton (servizi
petroliferi) al cui vertice troviamo, guarda caso, Dick Cheney (il
vicepresidente USA). E' stato proprio Cheney che dal 1992 in poi ha
fatto fare contratti miliardari alla "Brown&Root" con il Governo USA.
Nel 1992 questa ditta ha costruito la base militare USA in Somalia (62
milioni di dollari). Poi quella di Haiti (133 milioni di $) e quella
in Bosnia (180 ml di $).
Alla base USA lavorano 5000 kosovari ed altri 15.000 "esterni".
La stessa ditta opera ora in Afganistan con gli stessi servizi e con
gli stessi protettori.

Ma perché USA e Germania si appoggiano in Kosovo a razzisti e
criminali? Perchè in questa regione hanno armato ed addestrato l'UCK,
evitando una guerra sul terreno, diretta. In Croazia hanno usato
Tudjiman (un Le Pen croato), in Bosnia Izetbegovic.
L'UCK è una organizzazione separatista armata che punta ad una "grande
Albania" etnicamente pura. E' un gruppo terroristico che ha commesso e
commette atrocità, ricatti, delitti e reati. La Nato è stata di fatto
la forza aerea di questi terroristi. Oggi sono diventate una forza di
"polizia" istituzionalizzata che "garantisce l'ordine". Il Kosovo
occupato dalla NATO (NAT-izzato) è oggi terra di pulizie etniche
(serbi, rom, ebrei, musulmani, turchi, ecc.), di terrore e di mafia.
230.000 persone sono fuggite dal Kosovo verso Serbia e Montenegro:
questo flusso è diminuito oggi, ma continua. Lo conferma il portavoce
ONU Pineiro. Privi di libertà di movimento, di accesso ai servizi
pubblici, discriminati e minacciati, questi profughi rappresentano i
palestinesi dei Balcani.
Ma di tanta catastrofe "umanitaria" oggi i media occidentali non
parlano più.
In Kosovo - privo ormai di leggi e di garanzie - la Nato si è alleata
con la mafia. L'assenza di leggi serve agli occupanti che operano
nella illegalità e con la mafia (Choussudovsky). Responsabili del
governo di Berisha sono stati implicati in traffico di droga e di
armi: traffici che hanno permesso all'UCK di armare 1000 uomini in
poco tempo. Sappiamo che la droga, con le armi e la pubblicità, sono i
tre settori chiave del sistema capitalista. La mafia albanese
controlla anche il traffico degli "aiuti" internazionali (circa 18 ml
di euro in 3 anni). Nel luglio 2002 l'UE ha scoperto un conto di 4,5
ml di euro in una Banca di Gibilterra, danaro "stornato" dalla Agenzia
elettrica del Kosovo.

Nei territori occupati l'economia è artefatta e corrotta. I due
"protettorati occidentali" nei Balcani hanno il più alto tasso di
disoccupazione in Europa: 57% in Kosovo, 60% in Bosnia.
C'è anche perversione e corruzione: esempio recente la base militare
USA in Bosnia di DynCorp dove si praticava lo schiavismo sessuale su
ragazze di 12-15 anni.Perciò gli USA vogliono l'impunità assicurata
per i loro militari e le persone collegate. Un documento dell'Alto
commissariato ONU dei diritti dell'uomo rivela che in Bosnia, dopo la
guerra, vi è stato traffico di donne.
Perciò il "New York Times" già nel 1995 titolava: Arrivano gli
americani, e con essi la prostituzione, la droga e l'AIDS. Come
possono stare 20.000 soldati USA senza donne per un anno? Lo stesso
avvenne a Napoli nel 1945 dove 40.000 donne furono costrette a
prostituirsi.
Ogni soluzione legale e pacifica dei conflitti è negata dagli
interessi mafiosi e speculativi dell'UCK e della Nato. I profughi
serbi che tentassero di ritornare alle loro case sono minacciati
apertamente di morte. I terroristi "albanesi", quand'anche processati
ed incarcerati, fuggono. E' il caso del terrorista Florim Ejupi che ha
fatto una strage di un bus di serbi (11 morti e 40 feriti). Sottratto
alla polizia locale è stato tradotto alla base militare USA di Camp
Bondsteel, una vera fortezza isolata, di 40 Kmq, sorvegliata da 5000
soldati USA. Eppure Florim è fuggito da là, senza sforzo.

In sostanza oggi il Kosovo - che per la risoluzione ONU fa ancora
parte della Juogoslavia - assomiglia molto ad Israele: avamposto USA
nel cuore dei Balcani il primo, avamposto USA nell'Islam il secondo.
Perciò gli europei guardano con timore alla "indipendenza" del Kosovo
nei Balcani, potenziale roccaforte USA in Europa. Da qui l'interesse
USA di mantenere conflitti aperti nella regione, con possibili
conseguenze nel vicino Sandzak (un'altra Bosnia?). Anche qui prime
avvisaglie di fuga in massa dei serbi.

Intanto la popolazione mostra tutta la sua contrarietà alle ricette
del FMI ed ai governanti ad essi collegati. Nelle ultime elezioni
hanno votato solo il 46% degli aventi diritto: un numero insufficiente
per la precedente legge jugoslava: almeno il 50% per elezioni valide.
Ma i nostri maestri di democrazia hanno deciso di eliminare questo
quorum garantista. Come dire, se il popolo non vi vota, cambiate il
popolo! Molti hanno votato Kostunica sperando - a torto o a ragione -
che si renda indipendente dalla Nato e dall'Occidente (come da
Djindjic). Altri hanno seguito l'invito di Milosevic (imprigionato a
Bruxelles) di votare Seselj, uomo antiNato ed antiFMI.
Purtroppo, il partito di Milosevic - SPS - ha svoltato verso gli
occidentali, e gli elettori lo hanno punito nei suoi candidati.
Intanto i gruppi comunisti si sono riuniti nel nuovo partito del
Lavoro.

Ma perché tanto silenzio da parte degli intellettuali e dei media
occidentali?
La ragione è semplice: i pretesti e le menzogne sostenute prima e
durante la aggressione vengono sempre più smentiti dai fatti e dalle
reazioni popolari. Il bilancio è catastrofico e va rimosso.
La più cinica e falsa delle posizioni - quella dei "Né-Né"(2) - ha
condannato il movimento pacifista alla passività per lunghi anni (è il
cancro del movimento contro le guerre). Non sono Saddam o Milosevic o
Arafat a minacciare la Pace ed il mondo intero, ma Bush e la Nato.
Sono le multinazionali che condannano a morte ogni giorno 35.000
bambini del 3^ mondo.
Non spetta agli occidentali stabilire chi debba governare negli Stati
che loro aggrediscono. La lotta sociale e democratica - anche in quei
Paesi - sarà impedita ed ostacolata dalla occupazione militare.
La speranza è che le sofferenze e la collera popolare si trasformino
in forza liberatrice.

Perché è importante continuare a parlare di Jugoslavia?
Per almeno 5 buoni motivi:

1. la disinformazione su questa regione servirà a coprire le altre
guerre successive. Cioè le privatizzazioni imposte con le bombe ai
Paesi che non le vogliono;
2. Abbiamo il dovere di risolvere il problema dei profughi dei Balcani
(come in Palestina);
3. In Jugoslavia, come in Iraq, gli USA mettono le etnie e le
religioni in lizza tra loro. Serve a ridurre il Paese in piccoli
staterelli da dominare e colonizzare;
4. Per impedire guerre e sopraffazioni è necessario isolare e battere
la strategia USA;
5. In Iraq, come in Jugoslavia, gli USA useranno armi nucleari e
biologiche, molto dannose.


Note:
(1) Per "corridoio" si deve intendere una infrastruttura di trasporto
integrata,fatta di strade, linee ferroriavie, ponti, porti, fiumi, su
percorsi di migliaia di Km.
(2) Si tratta di coloro che di fronte alle reiterate e barbare
aggressioni USA-Nato dichiarano di non parteggiare né per l'aggressore
né per l'aggredito, sia esso Arafat, Saddam Hussein, Milosevic o
chiunque altro. In realtà stanno al gioco "binario" dell'aggressore,
neutralizzando la spinta pacifista e popolare contro le aggressioni
unilaterali e contro le violazioni del diritto internazionale.
Molti- troppi- di costoro militano o guidano partiti della cosiddetta
"sinistra" occidentale.