Informazione

Perchè essere oggi per la difesa di S. Milosevic
e per l'abolizione del Tribunale Penale dell'Aja

di E. Vigna

Nell'affrontare i drammatici eventi verificatisi a Belgrado a fine
Giugno, culminati con il rapimento dell'ex Presidente della Jugoslavia,
occorre partire da un dato, qui in occidente MAI citato ed è quello
che, alla scadenza dei tre mesi di carcerazione nella prigione di
Belgrado, con le accuse più eclatanti che andavano dall'abuso di
ufficio, alla corruzione, a omicidi, stragi, concussioni, ecc. ecc.,
il collegio difensivo dell'ex Presidente della Jugoslavia, aveva
presentato la domanda di scarcerazione entro il 30 Giugno per ASSOLUTA
MANCANZA di PROVE o di accuse supportate da fatti e non da "sentito
dire" o supposizioni personali. E questo nonostante fossero stati
citati 12 testimoni d'accusa considerati decisivi, ma nessuno di essi è
andato oltre genericità, supposizioni, ipotesi di colpevolezza (si veda
il documento allegato in "Jugoslavia 2001", Manes Edizioni).

Ecco che, "casualmente",il 28 Giugno, dopo pressioni, minacce, ricatti,
ultimatum da parte degli USA e della Nato sul governo fantoccio DOS,
scatta l'operazione di rapimento di Milosevic, sotto la regia CIA -
avendo dichiarato lo Stato Maggiore dell'Esercito Jugoslavo di non aver
fornito né un uomo, né un mezzo per l'estradizione dell'ex Presidente.
Emblematica e illuminante sul grado di sottomissione e dipendenza è la
telefonata, avvenuta prima di dare avvio all'operazione di sequestro,
tra il premier Djindjic ed il presidente Kostunica, svelata dal
giornale " Nedeljni Telegraf" (filogovernativo: in Jugoslavia dal 5
ottobre 2000 non esistono più giornali d'opposizione, l'unico che era
rimasto - "24 Ore" - ha chiuso in dicembre per mancanza di soldi... ma
si sa, la libertà e la democrazia Nato hanno un prezzo da pagare ai
nuovi padroni del paese) e poi confermata dallo stesso Djindjic alla
radio B92. Dalle loro stesse parole viene fuori il regista di tutto:
l'ambasciatore americano a Belgrado W. Montgomery, già ambasciatore in
Croazia negli anni della secessione e delle pulizie etniche (anch'esse,
come dichiarato a fine agosto all'agenzia croata Hina, dall'avvocato
L. Misetic difensore dell'ufficiale croato Gotovina, pianificate e
dirette dalla Cia...) e coordinatore a Budapest e Sofia degli "stages"
di formazione per gli attivisti di Otpor e i quadri della DOS del
futuro governo, condotti da personale Cia nel Luglio-Agosto 2000 e in
settembre prima del colpo di stato del 5 Ottobre. Oppure, nelle
dichiarazioni del vice presidente del governo serbo D. Korac alla Radio
France International, dove ha spiegato che era oltre un mese che vi
erano riunioni nella DOS per decidere come fare quest'operazione
delicata per il paese, e dove lo stesso presidente Kostunica vi
prendeva parte ed era d'accordo con questa necessità.

Bastano questi elementi per comprendere come la Jugoslavia non sia più
un paese sovrano e libero, un paese dove l'ambasciatore della nazione
che ha bombardato, distrutto e ucciso migliaia di civili innocenti, dà
ordini e ultimatum a questo governo fantoccio. Dove un elicottero Nato
viola confini e sovranità, preleva e rapisce un cittadino jugoslavo in
disprezzo di qualsiasi concetto di indipendenza e libertà: un paese che
non ha sovranità e indipendenza non può avere nessun tipo di libertà o
di altri diritti. Questo è un principio storico basilare, tutto il
resto sono chiacchere per salottieri opulenti.
Quindi una operazione di banditismo internazionale, a cui dovremmo
ormai essere abituati, visto che è solo l'ultima in ordine di tempo, ma
non l'ultima in prospettiva dati i tempi; una operazione che violenta
con arroganza e tracotanza le leggi e la Costituzione della Repubblica
Federale di Jugoslavia, il tutto al modico prezzo dei leggendari "30
denari", o in questo caso 30 dinari, visto che suddividendo per ogni
cittadino jugoslavo il valore del baratto della vita venduta di
Milosevic tra furfanti serbi e padroni yankee, viene circa questo
valore. Cioè un pugno di dollari per la povera gente jugoslava, ma
sicuramente milioni di dollari per questi novelli Giuda del popolo
serbo, che proprio nel giorno di "Vidovdan" (festa profondamente
radicata nei sentimenti e nella tradizione popolare serba) vendono come
merce di scambio un proprio cittadino in cambio di denaro. Un atto
infame e vergognoso, che resterà come un marchio storico su questi
mercenari prezzolati.
Ancora una volta, l'ennesima in questi 10 anni, è toccato a questo
popolo subire una ulteriore umiliazione e violenza morale, che lo ha
ridotto alla stregua dei popoli croato, bosniaco, albanese, macedone, e
cioè succube dei voleri e diktat della Nato e del liberismo selvaggio
del Fondo Monetario Internazionale, della Banca Mondiale e del
capitalismo occidentale.

Siamo giunti al paradosso che gli aggressori processano gli aggrediti.
Chi giudica chi? I fuorilegge del diritto internazionale e delle leggi
di convivenza internazionale, processano il tre volte eletto Presidente
di un popolo, che non voleva stare al loro gioco e per questo va
piegato e sottomesso.
Questo è il famigerato Tribunale Penale Internazionale dell'Aja per la
Jugoslavia, un organo esecutore dell'imperialismo, ce lo dicono loro
stessi; ricordo che questo stesso cosiddetto tribunale ha archiviato
tutte le accuse per crimini contro l'umanità, l'uso di armi proibite,
cluster bomb e all'uranio impoverito, uccisione e mutilazione di
migliaia di civili (in gran parte donne e bambini), distruzione di
ospedali, scuole, centrali, fabbriche, case, strutture civili e anche
parchi. E non dimenticare il crimine del bombardamento del palazzo
della Televisione di stato a Belgrado e l'assassinio dei giornalisti
jugoslavi colpevoli di lavorare, cose che neanche il vituperato regime
dei Talebani è ancora arrivato a fare.

Una denuncia di centinaia di giuristi, avvocati, magistrati, medici e
personalità di tutto il mondo, contro tutti i governi Nato aggressori è
stata considerata non sufficientemente motivata e archiviata! Altro
che ricerca di latitanti o fuggiaschi, la Jugoslavia è lì, immiserita,
devastata, distrutta ; a disposizione di chiunque voglia documentarsi,
se lo vuole:
MA... come ha dichiarato J. Shea, il portavoce della Nato, circa
l'eventualità di una incriminazione dei governi Nato, quando è stata
presentata la denuncia egli ha serenamente dichiarato : "...dubito che
questo Tribunale (ndr, si riferisce al TPI dell'Aja) morda la mano di
chi lo nutre..." Servono altre profonde analisi?

Personalmente in questi anni non ho condiviso alcune scelte o
valutazioni di politica interna dei governi jugoslavi, mentre spesso
ho condiviso critiche che venivano da forze alla sua sinistra, ma tutto
questo è irrilevante e insignificante perché io/noi viviamo qui e là
per tre volte è stato eletto, ed ancora a settembre 2000 S. Milosevic
ha preso il 43% dei voti da solo contro 19 Partiti: 18 Jugoslavi + 1
straniero, la Nato, non va dimenticato.

Ora io vedo che fino ad un anno fa la Jugoslavia:
- era un paese indipendente, ed oggi non lo è più, oggi è sovraffollato
di uomini CIA, Nato, consiglieri stranieri di vario titolo e mercenari
locali; con marines ed elicotteri Nato padroni a Belgrado;
- era un paese Sovrano ed oggi non lo è più, Kosovo e Montenegro sono
ormai altro, Vojvodina e Sangiaccato si stanno attrezzando; con i
confini e le direttive all'esercito che arrivano da Bruxelles e
Washington;
- era un paese con un forte e radicato senso di Identità e Dignità
nazionali, e oggi è ridotto ad accettare e mendicare continui baratti,
contrattazioni, ricatti, imposizioni, ultimatum, umiliazioni come
quella di rapire un suo ex Presidente della Repubblica proprio nel
giorno di Vidovdan, anniversario della battaglia del 1689 a Kosovo
Poljie, forse la giornata più sentita dal popolo serbo. Mentre nello
stesso momento questo manipolo di governanti "democratici" retribuiti
a Washington, che arresta e perseguita soldati e patrioti jugoslavi
(vedi in "Jugoslavia 2001" il reportage di F. Grimaldi da Belgrado),
libera oltre 200 criminali UCK colpevoli non di efferati crimini, ma
SOLO di aver contribuito all'omicidio e scomparsa di oltre 2000 tra
serbi, rom, gorani, kosovari albanesi e altri, ed alla totale Pulizia
Etnica del Kosovo-Metohjia, ridotto ad un narcostato dominato dall'UCK.
- Era un paese dove la Zastava, cuore della classe operaia dei Balcani,
orgoglio della Jugoslavia, raccoglieva fino ad un anno fa lavoratori
di 36 nazionalità, distrutta e devastata con bombe all'uranio dagli
amici e protettori del nuovo governo DOS venduto allo straniero
aggressore, e che in 10 mesi dopo i bombardamenti era già stata
ricostruita di un terzo nonostante isolamento, sanzioni, embargo,
mentre oggi è una fabbrica morta, e da settembre 2000 non un muro è
stato ricostruito, nonostante i dollari elargiti o donati dal padrone
americano. Oggi i lavoratori Zastava hanno come unica prospettiva
l'emigrazione o la disoccupazione, in quanto la fabbrica è in svendita
al capitale estero; è proprio di questi giorni (settembre) la notizia
di 15500 lavoratori licenziati... come primo passo.
- Era un paese storicamente fiero ed orgoglioso. Oggi è un paese
umiliato, affamato, svenduto, deriso MA NON VINTO. Come ha sottolineato
S. Romano, ex ambasciatore: "...attenzione a voler infierire su questo
popolo, l'Occidente non deve dimenticare che non è stato mai piegato
né dagli ottomani, né dai nazisti, tantomeno dai fascisti italiani
nonostante gli eccidi e i crimini commessi...". E secondo lui la
violenza morale perpetrata con l'estradizione del suo ex Presidente
potrebbe ritorcersi non solo contro il nuovo governo, addomesticato e
disponibile, ma contro l'Occidente stesso, vissuto come impositore e
prevaricatore e non come partner...
Sarà anche lui un agente di Milosevic?...

Queste previsioni sono confermate dalle imponenti manifestazioni di
piazza, solo in quella di fine luglio scorso le agenzie internazionali
stimavano tra le 100.000 e le 150.0000 persone a Belgrado (chiunque
volesse ci sono le immagini) aperto da uno striscione con su scritto
TRADITORI e dove migliaia di persone, in maggioranza donne, portavano
la scritta: "Io sono Milosevic, arrestate anche me!". Oltre alle
manifestazioni in tutte le città della Jugoslavia, io personalmente
sono stato testimone a Kragujevac di un meeting con 7.000-10.000
persone (in una città di 120.000 abitanti!). E in piazza si è
ricompattato un blocco popolare e patriottico, che va dalle forze di
sinistra, quelle patriottiche, fino a quelle che si richiamano alla
dignità nazionale del popolo serbo, oltre a tantissimi che avevano
votato DOS nella speranza di migliorare la propria condizione e futuro.
Un esempio tra tutti: Petar Makara, leader della diaspora serba in
America, personalità che aveva sostenuto per anni Kostunica e che
oggi ha scritto un testo contro il tradimento di Kostunica stesso
(vedi "Emperors Clothes", 5/7/01).

Di fronte a tutto questo, SOPRA tutto questo si erge questo Tribunale
Penale Internazionale dell'Aja che su ordine Nato decreta chi sono i
buoni e i cattivi.
Marchia, ordina, sentenzia prima di un processo, esegue, rapisce
S. Milosevic, tre volte eletto dal suo popolo - e quindi se è colpevole
lo è anche il popolo serbo e jugoslavo, che per 10 anni lo ha scelto
come suo rappresentante e lo ha sostenuto nella politica di resistenza
alle aggressioni (politiche, economiche, militari e morali) contro la
Jugoslavia. E allora, se colpevoli, perché pagare i danni di guerra
(stesso meccanismo usato con l'Iraq - vedi in "Jugoslavia 2001",
allegato Onu sul caso Iraq)?
Cercavano e desideravano un uomo vinto, sconfitto, sottomesso, da
consegnare agli archivi della LORO storia, da far dimenticare...
Ma, come titolava un giornale di Belgrado: "Hanno sollevato il
vento...".
Tra tante responsabilità di vario genere, una colpa S. Milosevic
sicuramente ce l'ha, ed è quella di non essersi piegato alla Nato, di
non aver svenduto il proprio popolo agli affamatori del liberismo
selvaggio, di non aver assecondato la colonizzazione del proprio paese
tramite FMI, Banca Mondiale, i vari Soros e la loro marea
globalizzatrice.
E questa, ai giorni nostri, è una colpa che si paga con l'ergastolo, se
non con la morte.
Come hanno dichiarato i suoi avvocati (d'ora in poi unici portavoce
ufficiali, insieme a Mira Markovic) a nome suo: "Per quanto hanno
frugato e cercato, nelle mie tasche non hanno trovato un solo dollaro,
né sui miei vestiti una sola traccia di sangue...".
Comunque la si pensi, quest'uomo merita rispetto, non foss'altro perché
ha il coraggio di sfidare i padroni del mondo, lo strapotere
dell'imperialismo e le sue atrocità quotidiane contro i popoli e gli
oppressi della terra. E chiunque, in vari modi, cerchi di resistere
allo stato presente delle cose, di mantenere una coscienza fondata su
giustizia ed uguaglianza sociale, indipendenza e progresso sociale
come cardini fondamentali per poter parlare di libertà, non dovrebbe
restare indifferente.

Io credo che la battaglia di quest'uomo solo in quell'aula della Nato,
in piedi e fiero di fronte ai potenti, sia anche la nostra... anche se
qui in Occidente non ce ne rendiamo conto.

"Voi non vedrete mai apparire i piloti della Nato dinanzi ad un
Tribunale dell'Onu. La Nato è accusatrice, procuratrice, giudice ed
esecutore, poiché è la Nato che paga le bollette. La Nato non è
sottomessa al diritto internazionale. Essa è il diritto
internazionale".
(Lester Munson, parlamentare statunitense)

"C'è uno sforzo organizzato di cancellare per sempre dalla memoria
storica tutto ciò che è legato al tempo passato, perché esso ha portato
con sé il socialismo, i comunisti... Di nuovo nel mio paese, per la
seconda volta nel corso di questo secolo, i membri di una generazione
di combattenti coraggiosi moriranno infelici. Domandandosi: sotto
questo cielo serbo, per non dire slavo, non c'è giustizia? I migliori
uomini devono andarsene dalla vita come se alla società avessero fatto
solo del male? E forse quelli il cui contributo alla società è nullo,
quelli che hanno approfittato del lavoro svolto dagli altri e della
guerra combattuta dagli altri, devono essere l'elite? Per la seconda
volta osservo un dolore inconsolabile..."
(Mira Markovic)

"...Io sono il vincitore morale! Io sono fiero di ogni cosa da me
fatta, perché fatta per il mio popolo e per il mio paese, ed in modo
onesto. Io ho solo esercitato il diritto di ogni cittadino di difendere
il proprio paese e questo è il vero motivo per cui mi hanno
illegalmente arrestato. Se voi state cercando dei criminali di guerra
l'indirizzo non è qui a Scheveningen (ndr: il distretto dove è situato
il Tribunale all'Aja) ma al Quartier Generale della Nato..."
(Slobodan Milosevic, 30/08/2001)


Ottobre 2001
Enrico Vigna (Assoc. SOS Yugoslavia - Tribunale R. Clark Italia)

SLOBODAN MILOSEVIC GEGEN HAAGER "TRIBUNAL":
EIN KAMPF GEGEN DIE GLOBALISIERUNG DER BARBAREI
AUF DEM GEBIET DES INTERNATIONALEN STRAFRECHTS

Von Klaus Hartmann und Klaus von Raussendorff
(Der Artikel erscheint demnächst in
"junge Welt" und "Marxistische Blätter")

> http://groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/files/haag_raus.txt
> http://www.free-slobo.de

ZUSAMMENFASSUNG:
Der Kampf des Slobodan Milosevic gegen
das "International Criminal
Tribunal for the former Yugoslavia"
(ICTY) richtet sich gegen ein
ad-hoc-Tribunal, das von den USA und
ihren Verbündeten als Werkzeug ihrer
Aggression auf dem Balkan geschaffen
wurde. "ICTY, das ist das Kürzel für
eine neuartige internationale Strafjustiz
mit folgenden Merkmalen:
Mandatierung als ad-hoc-Tribunal durch
den Sicherheitsrat ohne Grundlage in
UN-Charta und internationalem Recht;
Abkopplung vom Meinungs- und
Willensbildungsprozeß der
Staatengemeinschaft in der
UN-Generalversammlung;
Selbstdefinition der Verfahrensregeln;
Tätigwerden als zweite Instanz in
eigener Rechtsprechung; Abschirmung gegen
die gutachterliche Funktion des
Internationalen Gerichtshof." Die
Anklägerin Carla Del Ponte fordert
öffentlich, "Milosevics Recht auf freie
Meinungsäußerung" einzuschränken.
Der Prozess scheint auf Jahre angelegt.
Mit der schieren Masse von Kriegs-
und Bürgerkriegsvorfällen in "Kosovo",
"Kroatien" und "Bosnien" hoffen
Tribunal und Kriegsmedien die in die
Köpfe gehämmerten Bilder und Deutungen
des Geschehens auf dem Balkan wieder zu
festigen und die NATO von ihren
Verbrechen freizusprechen.
"Milosevics Kampf ist nicht das
verzweifelte letzte Aufbäumen eines
ehemaligen Führers eines kleinen, von den
Transnationalen Konzernen und
ihren NATO-Regierungen unterworfenen
Landes. Sein Kampf ist nicht einfach
Verteidigungsstrategie in einem
politischen Schauprozeß. Milosevic kämpft
gegen eine Institution, die Parteilichkeit
und ungleiches Recht zum Prinzip
erhoben hat. Ziel seines Kampfes ist
nicht einfach, wie sonst in politischen
Prozessen üblich, politisch motivierte
Rechtswillkür einer im Rahmen der
bürgerlichen Rechtsordnung ansonsten
'normalen' rechtsprechenden Instanz
abzuwehren und zu entlarven. Der
'Angeklagte' Milosevic steht in Den Haag
gegen ein neuartiges Konzept, das mit dem
Grundsatz gleichen Rechts
definitiv gebrochen hat. Das Haager
'Tribunal' wurde illegal geschaffen. Es
ist von vornherein Partei. Die Natur des
Tribunals selbst verhindert einen
'fairen Prozeß'. Der Kampf gegen das
Haager 'Tribunal' ist der Kampf gegen
einen Modellversuch der Anpassung des
internationalen Strafrechts an die
neue Weltkriegsordnung der USA,
Deutschlands und ihrer Verbündeten. Es
ist der Kampf gegen den Rechtszynismus
der konzerngesteuerten Medienöffentlichkeit,
unter deren Einfluß auch die Linke steht. Dem
'Angeklagten' in Den Haag gebührt die
Anerkennung und Solidarität der
friedliebenden und rechtsbewußten
Menschen aller Länder."
"...die ersten drei Auftritte Milosevics
vor dem 'Tribunal' haben weltweites
Aufsehen erregt. Selbst seine Kritiker
konnten zur eigenen Überraschung
einen souverän auftretenden und brillant
argumentierenden Verteidiger der
Freiheit und Souveränität der Völker
erleben. Wenn nur einige Regierungen,
z.B. Chinas und Rußlands, mutig und
unabhängig genug wären, könnte sich
Widerstand gegen Den Haag auch in den
Vereinten Nationen regen." Die Autoren
des Beitrags, die dem Internationalen
Komitee für die Verteidigung von
Slobodan Milosevic angehören, appellieren
insbesondere an Menschen in der Anti-Kriegs-
und Anti-Globalisierungsbewegung mit dem
Argument, dass das Haager Tribunal nichts
mit "normalem" internationalen Strafrecht
zu tun hat sondern ein Werkzeug zur
Durchsetzung der Weltkriegsordnung ist,
gegen die sie protestieren und Widerstand
leisten, und dass daher der Kampf von
Slobodan Milosevic auch ihr Kampf sein sollte.

> http://groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/files/haag_raus.txt
> http://www.free-slobo.de

SOLDATINI

------- Forwarded message follows -------
Date sent: Mon, 26 Nov 2001 07:38:10 +0100
To: pck-pcknews@...
From: Alessandro Marescotti
Subject: padroni della guerra, anno 2001
Forwarded by: news@...


Padroni della guerra

A guidare le Forze Armate italiane in guerra è il ministro della
Difesa Antonio Martino, che a suo tempo non ha fatto il militare: fu
riformato per "ridotte attitudini militari". Anche il ministro degli
Esteri Renato Ruggiero è stato sfortunato: quindici giorni prima di
indossare l'uniforme cadde dagli sci a Roccaraso e ottenne l'esonero.
Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha fatto solo pochi
giorni di Car (Centro addestramento reclute) e poi è ritornato a casa:
non ha avuto neanche il tempo per scattarsi una foto col fucile in mano
da inserire nella sua biografia illustrata, quella distribuita a
tutti gli italiani per le elezioni. Il leader dell'opposizione Francesco
Rutelli le armi non le voleva assolutamente usare e si è dichiarato
obiettore di coscienza: tuttavia ora è schierato per la guerra. Il
presidente degli Stati Uniti George Bush ha invece fatto il servizio
militare (a differenza di Bill Clinton) ma come il suo predecessore non
ha provato l'emozione del Vietnam.
Volete un'informazione utile? Se state partendo per il militare
controllate se avete una sinusite cronica: basta per non indossare la
divisa e seguirete così le orme del ministro degli Interni Claudio
Scajola.
Il sottoscritto ha fatto le guardie armate con la broncopolmonite
cronica, ma pazienza, gli sarà sfuggita qualche informazione. Al
ministro Umberto Bossi invece non è sfuggito nulla: "nipote di
inabile" ha saputo sfruttare una vecchia leggina che ad alcuni milioni
di italiani è forse sfuggita.

Alessandro Marescotti

N.B. Per la stesura del testo mi sono avvalso delle informazioni
apparse sul Corriere della Sera del 7/11/2001.


------- End of forwarded message -------

(na talijanskom i na srpskohrvatskom)

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PRIMA PUNTATA: BERNARD APPOGGIA I CONTRAS
=============

Nella prefazione a "Della guerra come politica estera degli Stati
Uniti", una semplice raccolta di 6 articoli di N. Chomsky alla ricerca
dell'ingrato lettore francese, Jean Bricmont parla del "piccolo mondo
dei grandi media", per spiegare come "la buona parte degli
intellettuali francesi fosse politicamente sempre piu' passiva, piu'
che altrove in Europa, prima durante la lotta contro gli euro-missili,
poi durante la guerra del Golfo ed il genocidio in Ruanda, per finire
decisamente bellicista durante gli interventi in Bosnia e Kosovo".

A questo punto troviamo la seguente nota dell'editore: "Sebbene la
passività fosse la tendenza generale, i filosofi mediatici non hanno
tardato a sostenere - molto attivamente - la politica estera di
Reagan; cosicche' i vari Bernard-Henri Levi e André Glucksman insieme
a quel Jean-François Revel firmarono una petizione d'appoggio ai
contras in Nicaragua, indirizzata al Congresso USA."

(Per chi fosse interessato alla prefazione di Jean B. segnaliamo che è
stata riportata da "Le Monde diplomatique" e si puo' trovare nel
supplemento di febbraio de "Il Manifesto". E' interessante
principalmente in quanto analisi del mancato successo francese di
Chomsky.

Titolo: Noam Chomsky: De la guerre comme politique étrangére des Etats
Unis, préface de J. Bricmont, Agone éditeur, 2001)

SRPSKO-HRVATSKI

Naslov knjige: "Noam Comski, O ratu kao spoljnij politici SAD",
predgovor Zan Brikmo, u izdanju Agon, februar 2001 U predgovoru Z.
Brikmona za 6 clanaka N. Comskog sabranih pod gornjim naslovom, u
delu gde Zan govori o "polusvetu medijskih intelektualaca da bi
objasnio da su francuski intelektualci mahom bivali sve pasivniji i
pasivniji, mnogo vise nego drugde u Evropi, prvo za vreme borbe protiv
euro-raketa, zatim tokom rata u Zalivu i genocida u Ruandi, da bi
konacno, za vreme intervencije u Bosni i Kosovu postali odlucne
pristalice rata", nalazimo sledecu fus-notu urednika izdanja:"mada je
sklonost ka ravnodusnosti bila opsta pojava, medijska inteligencija je
podrzala vrlo brzo - i vrlo aktivno- Reganovu spoljnu politiku, tako
da su takvi kao B. H. Levi i A. Gluksman zajedno sa nekakvim Z. F.
Revelom potpisali peticiju u znak podrske kontrasima u Nikaragvi. Ta
je peticija glasila na americki Kongres."


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SECONDA PUNTATA: DIFENSORE DELLA LIBERTA'
===============

Estratto da "PLPL - Pour Lire Pas Lu" (Per leggere il non letto) "il
giornale che non mente e che prende di mira il potere, la sinistra
molle e i padroni", N° 0, giugno 2000.

IL LACCIO D'ORO

La lotta è accanita, pero'
PLPL sempre equanime,
il laccio d'oro
consegnera'
alla penna del piu' servile.

Editorialista associato di "le Monde", direttore di una collana di
libri presso Grasset (gruppo Matra-Hachette) e cronista di "le Point"
(il padrone di questo giornale è François Pinault), Bernard-Henri Lévy
è anche un caro amico di Jean-Luc Lagardère (il padrone di
Matra-Hachette e mercante d'armi).

Nel testo che segue ("le Point", 5 maggio 2000) il grande filosofo
delle libertà, prende le difese di un industriale perseguitato dalla
giustizia: "Quando ci capita di vedere un capitano dell'industria come
Jean-Luc Lagardére sbattuto davanti ai giudici, anche se a quanto pare
non abbia fatto niente per impedire l'arricchimento nè della propria
impresa ne della collettività, non ci restano che due possibili
reazioni ..."
Tuttavia piu' in là BHL precisa: "Jean-Luc è un amico. Quello che
apprezzo in lui e' questo suo stile da grande condottiero, da Cirano
che sa il fatto suo."
E vero, "l'amico" Lagardère ha finanziato con F. Pinault l'ultimo film
di BHL, "Il Giorno e la Notte", un pessimo film fallimentare.
PLPL si felicita con BHL: leccare è un affare delicato quando le
ghiandole salivari sono compresse dal laccio d'oro.

SRPSKO-HRVATSKI

Preuzeto bez pitanja iz PLPL, Pour Lire Pa Lu, (Sta Stampa ne Stampa)
"novina koje ne lazu" a izlaze kao dvomesecnik u Parizu. "Na meti PLPL
su vlastodrsci, levi mekusci i gazde" Jun 2000. br. 0

ZLATNA UZICA

I u najzescoj konkurenciji,
PLPL nepristrasno nagradu dodeljuje
samo najvecoj ulizici.

Spoljni saradnik "Le Mond-a", direktor izdanja kod Grase (Grasset u
sastavu Marta-Hachette) hronicar u listu "Point", BERNAR-ANRI LEVI je
takodje i prijatelj ZAN-LUK LAGARDERA koji je ne samo gazda preduzeca
Matra-Hachette vec i trgovac oruzjem. U tekstu sto sledi ("Le Point",
5.maja 2000.) veliki filozof i ljubitelj slobode zauzima se za
industrijalca koga sud progoni:
"Kad covek vidi kapetana industrije kakav je Zan-Luk Lagarder kako se
povlaci po sudovima, a da nije, a kazu da nije, onemogucio bogacenje,
ni svom preduzecu, ni zajednici, moze da bira izmedju dve moguce
reakcije ...."
Malo dalje u istom tekstu BHL pojasnjava : "Zan-Luk je moj prijatelj.
Volim kod njega tu zicu velikog vojskovodje, Sirana koji tera po
svom."

Tacno je da su prijatelji, Lagarder je sa F. Pinoom finansirao
najnoviji film Bernara-Anrija, "Dan i Noc", pravo djubre od filma koje
je progutalo ogromne pare.

PLPL cestita Bernar-Anriju : Ulizivanje je vrlo slozen napor kada
zlatna uzica steze pluvacne zlezde.


=============
TERZA PUNTATA: BERNARD COSMOPOLITA TUTTOLOGO
=============

PLPL n° 1 ottobre 2000

Le disavventure d'un analfabeta mondano

Editorialista associato a "Le Monde" BHL è anche un grande cronista.
Ha esordito con l'Algeria offrendoci un'analisi approfondita sulla
situazione (quattro pagine, 8-9/01/1998), ha minuziosamente descritto
una giornata qualunque di un combattente in Afganistan (due pagine
13/10/98), dall'Austria ha riportato i suoi commenti filosofici (2
pagine 2/03/00), ha ricordato che in Germania vivono i tedeschi
(quattro pagine 5-6/02/99).

Cambiamento di tono il 14 ottobre: toccava alla Bosnia (due pagine).
Albania, Angola e Argentina hanno subito espresso il proprio sollievo
mentre Belgio, Brasile e Botswana stanno per chiudere le frontiere.

PLPL n°1 oktobar 2000

Potucanja belosvetskog nepismenjakovica

Spoljni saradnik "Le Monda", BH Levi je takodje i veliki reporter.
Poceo je istancanom analizom dogadjaja u Alziru (4 strane 8-9/01/98).
Do tancina je opisao dan jednog ratnika u Avganistanu (dve strane,
13/10/98). Svoja filosofska zapazanja preneo je iz Austrije (2 str.
2/03/00) i podsetio da Nemacku nastanjuju Nemci (4 str. 5-6/02/99).
A onda je promenio slovo 14 oktobra ove godine. Dosla je na red Bosna
(dve str.).
Albanija, Angola i Argentina su tom prilikom sa olaksanjem odahnule,
a Belgija, Brazil i Bocvana se spremaju da zatvore granice.


==============
QUARTA PUNTATA: SQUADRISTI A PARIGI
==============

Stralci dall'intervista a Peter Handke effettuata dal giornalista
televisivo tedesco Martin Lettmayer nel gennaio 1997 e riportata in
inglese sul sito del Congresso dell'Unità Serba:
http://groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/1417
http://groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/1418


DOMANDA: Il sig. Levy e il sig. Finkielkraut, naturalmente l'hanno
attaccata...

HANDKE: Esatto. Ma loro non sono scrittori. Loro sono "I nuovi
filosofi". Non so perché siano stati chiamati "nuovi" o "filosofi".
C'è stata un'epoca all'inizio della guerra in cui loro hanno avuto
bisogno di me. Avevano bisogno di qualcuno che non fosse un filosofo,
ma un autore, un autore riconosciuto che, al contrario di loro, avesse
una qualche conoscenza della Jugoslavia. Dopo alcuni incontri con
Finkielkraut e Bernard Henri Levy, mi fu chiaro che loro volessero
soltanto usarmi. Ma appena presi le difese della Serbia, non mi
vollero più vedere. Questo è un gruppo veramente poco comunicativo. E
appartiene al Quarto Reich. Ci sono un sacco di soldi in ballo. E
potere. In Francia i libri e i mezzi elettronici sono completamente
controllati da una catena di gente come questa. Non si riesce più a
far arrivare nessuna notizia. La stampa francese e la TV sono
pressoché totalmente sotto il controllo di Bernard Henri Levy, così
come di Finkielkraut. Alcune persone lo ridicolizzano, ma in virtù di
tutti quegli indecenti, decorati, pessimi diari che lui [Levy]
pubblica sulla guerra in Bosnia, nessuno lo attacca più. Non un
singolo attacco. Prendono tutto come una buona letteratura. Tutto
quello che basta fare è prendere un paio di frasi nel dizionario
Robert's dei luoghi comuni. Il suo lavoro è sbagliato nei suoi punti
di vista, e pieno di errori di grammatica. Da non credere. Ma nessuno
fa niente. C'è in giro un sacco di denaro, e di potere. Tutto questo
mi fu chiaro dopo che mi incontrai un paio di volte con i "nuovi
filosofi". Decisi di non firmare nulla. E non sarei più andato ai loro
incontri. Hanno usato questo fatto contro di me, ma è meglio così.

DOMANDA: Questi signori Finkielkraut e Levy pero' mi interessano.
Potrebbero guadagnare soldi scrivendo altro, invece il primo elogia la
democrazia di Tudjman, l'altro dice che l'Europa inizia a Sarajevo.
Chi li ha ingaggiati?

HANDKE: Gli intellettuali (non intendendo niente di negativo) non sono
a corto di denaro, oggigiorno. Perciò non è il denaro che li spinge.
E' il potere, il potere più del denaro. Certamente denaro e potere
sono strettamente connessi. Bernard Henri Levy, credo, non ha una
spiegazione per la sua demonologia. E' taciturno, ma ingannevole.
Taciturno e ingannevole, malizioso. E' una meraviglia speculare come
il suo diario di Bosnia ci mostri una quadro in cui esiste un secondo
potere, oltre a quello del governo, di Chirac, etc., un potere etico e
morale. Questo è quello che lui immagina. Ma questa è la difficoltà,
poiché moralmente ed eticamente, lui è una papera morta. (Come noi
diciamo in un proverbio austriaco, "sotto il cane").

Una volta vidi una scena girata, penso, dalla TV tedesca, in cui Levy
va al Centro Culturale Jugoslavo a Parigi, con un gruppo di suoi
seguaci. A questo punto la donna che dirige il centro desidera
chiudere l'edificio. Lei rifiuta di passare la chiave agli intrusi.
Levy e il suo assistente, prendono la chiave alla donna con la forza.
Per due o tre minuti questa donna, abbastanza anziana, urla, grida:
"No, non voglio darvi la chiave, non vi appartiene. Non potete entrare
qui."

Levy rimane li, proprio come il commissario comunista dei film di
seconda categoria con il suo soprabito di pelle nero, e, sorridendo,
osserva il suo amico mentre rigira e strappa la chiave dalle mani
della donna. Questa immagine dovrebbe essere trasmessa dai notiziari
della sera, per tutti i tre minuti, su ogni emittente TV del mondo per
far vedere come questo autoproclamato difensore di Sarajevo e della
Bosnia, si comporta con la gente di tutti i giorni. Mi piacerebbe che
tutto il mondo lo guardasse.

DOMANDA: E' convinto che tutte queste persone che oggi fanno queste
cose, potranno correggersi?

HANDKE: No, sarebbe troppo facile. E' tragica, la storia della
Jugoslavia, la storia dell'Europa in questo secolo. Come la storia
avviene e come la storia viene scritta, sono due cose unite insieme.
Questa storia va insieme con la storia del popolo ebreo. Queste sono
le due storie tragiche. E probabilmente non saranno corrette. Pensare
in questo modo, che un giorno le cose potranno essere viste
differentemente, penso, sarebbe un falso ottimismo. Questa gente non
cambia. Con il loro linguaggio e le loro immagini hanno commesso così
tanti crimini, crimini veri, contro la Jugoslavia. Ci sono crimini che
possono solo essere perpetuati. Non c'è via di ritorno.


(a cura di Olga, da Parigi, e di Andrea, da Roma)