Informazione

Subject: "La mia Serbia" - articolo dalla rivista NIN
Resent-Date: Sat, 13 Oct 2001 21:36:33 +0200
Resent-From: pck-yugoslavia@...
Date: Sat, 13 Oct 2001 21:40:08 +0200
From: "Dragomir Kovacevic" <dragomir_k@...>
Reply-To: pck-yugoslavia@...
To: pck-yugoslavia@...




NIN / Moja Srbija - da Ana Vuckovic
Beograd, 11. Ottobre, 2001.
http://www.nin.co.yu/2001-10/11/20169.html
pagina iniziale http://www.nin.co.yu


[Ringrazio alla redazione della rivista "NIN" per la gentile
concessione di inviare questa traduzione del articolo - Dragomir
Kovacevic]

Mia Serbia/Moja Srbija

Ci sono gi� due anni trascorsi da quando il professore della lingua
serba in pensione, chiuso nella sua propria casa, di regola sta
sistemando le barricate ?diurne? e ?notturne?, scrive il diario, ed
attende i giorni migliori.

Ci sono soltanto novantina Serbi che oggi vivono a Prizren, la seconda
citt� di grandezza a Kosmet. Una parte di loro, maggiormente i anziani,
sono sistemati nei villaggi dintorni di comune, dove la loro labile
sicurezza viene difesa col il filo spinato e a mezzo degli controlli
occasionali delle pattuglie di KFOR. In centro citt�, nella Chiesa
Ortodossa St. Cirillo e Metodius, circondati con i caff� e i ristoranti
di fast-food, ci sono momentaneamente loro 13, bench� c?� n?erano cca
trecento in questa ?fortezza sotto le rovine della citt� medioevale di
Imperatore Dushan.

Tra di loro, c?� una Albanese, Riva Demaj di anni 103, cacciata per la
sua pretesa orientazione filo-serba. Questi dentro, fuori non escono;
qualcheduno eventualmente fa un salto per comprare le sigarette. Il
cibo gli viene fornito da rappresentanti di corpo internazionale. E
siccome per questa zona di Kosovo e Metohija, sono incaricati i
Tedeschi, "Gut?""Gut!" � un consueto dialogo breve tra guardiani e
guardati, cos� raccontano i Serbi.

Non � facile paragonare le tragedie di chiunque, per� le tredici
persone nella Chiesa si tengono uno al altro, hanno con chi scambiare
la parola. Milosh Nekic, il settantre-enne professore della lingua
serba, in pensione, gi� per due anni, cio� dalla introduzione del
protettorato internazionale, conduce una sua solitaria lotta dal
fortino, per il suo domicilio famigliare. "Ci sono soltanto io, unico
Serbo, dai Alloggi chiesili fino al cimitero?.


Fuoco

Sua casa � situata nella parte vecchia di Prizren, nella via che fino
al 1956, era la principale, quando il nuovo Prizren cominci� a
costruirsi, sulla sponda destra di fiume Bistrica. Secondo la
narrazione del professore, nella via di Boris Kidrich (l?ultimo nome
della via, di quale lui si ricorda) una volta vivevano le famiglie
serbe pi� rispettabili. Ora, le uniche tracce del passato sono la sua
casa e luogo vuoto rimasto dopo l?incendio, dove giaceva la casa di
una vecchia e alquanto ricca famiglia serba. ?Potete immaginare come
erano quelli alberi, il fuoco ardeva per quindici giorni.?

La porta del numero 30 della via (scancellato), si distingue
chiaramente dai altri edifici vicini, dal traffico stradale, dalla
musica moderna di vicino bar. ?La serratura di entrata era forzata ed �
rotta, cos� che anche volendo, non posso uscire, perch� non riesco
chiudere la porta a chiave.? Dall? altra parte della porta usurata, si
trovano le barricate ?diurne? e ?notturne?. Le diurne consistono di
blocchi di cemento, mentre le notturne, anche di tronchi di albero, e
le barre di acciaio. Questo perch� ogni notte tra nove e undici, un
gruppo di Albanesi, da i calci alla porta, con massima forza. Capita
che dopo cadono i blocchi di protezione, dalla cima della barriera.

I pericolosi sassi lanciati di ammonizione, da parte del ns. ospite
sono stati messi nel angolo, insieme con le bottiglie di plastica,
conserve vuote, scatole delle sigarette vuote, le teste delle cipolle
secche...Materiale di prova. I pezzi dei petardi esplosi ha messo
separatamente. Per�, la KFOR non ha fatto niente di concreto, tranne
proporgli seriamente di trasferirsi, visite occasionali a parte. Lui
per la OCSE, fino ad un anno fa, era interessante. ?Ho deciso di
rimanere. Ho deciso non perch� sono Serbo, ma perch� questo � la mia
terra. L?esilio per via che sono Serbo, per me non � una novit�. Dai
tempi dai Turchi ormai.?

Terrore

Per la verit�, la polizia internazionale gli ha regalato anche un paio
di guanti spessi di cottone, per poter maneggiare pi� facilmente le sue
?barricate?. I ricorsi presentati al commando locale, al commando
principale, al Bernard Kuschner, sono rimaste vane. I autori dei
delitti non vengono ricercati, e il terrore non viene impedito. ?Nei
ultimi due anni, ho subito quattro incendi, dieci irruzioni dai quali
tre erano accompagnati con saccheggio...Rimpiango le mie reliquie
numismatiche soprattutto...Svariate minacce di uccisione, la rottura
dei cavi elettrici due volte, ed una interruzione della connessione
telefonica per due mesi. In due di ottobre, hanno tentato di tagliarmi
l?acqua.? ?L?Ultimo dei Mohicani?, si fa nominare da se, con timore di
un nuovo silenzio del ricevitore telefonico, ed ha creato un panello
con messaggio S.O.S. scritto sopra, per ogni eventualit�, per attrarre
i elicotteri della KFOR.

Mentre ai rari ospiti offre i biscotti del tipo ?Petit Beurre? (non si
pu� non servirsi), spiega come, prima di andar a dormire, installa una
barriera di cartone, davanti la porta di pianterreno. Alla porta sulla
quale ci sono ancora le impronte polverose di scarpa di tennis, del
invasore. Nel pianterreno che assomiglia ad una capanna, Nekic proprio
trascorre le giornate. Il piano di sopra � andato in fiamme, le
finestre sono rotte, un tetto che � vicino a cadere. La lamiera di
metallo lo protegge dai sassi. ?Temo che non cade gi� questa, prima del
inverno.? Dall? una delle tre camere sul primo piano, Milosh Nekic ha
un unico posto di osservazione sulla strada, sulla vita.

Dando uno sguardo dal cortile, � scarsamente possibile vedere un? anima
viva. Amichevole, soprattutto. Il cortile e circondato con filo, di
quale i lati, il professore collega ogni giorno, con arrivo di
tramonto. Il cortile � strapieno di tegole, cicchi, per� anche con
delle piante. Accanto alla cisterna abbandonata, crescono le rose, i
cactus, le fragole, ed un semprevivo simbolico. C?� anche il posto per
incenerimento dell?immondizia organica, mentre quella inorganica, lui
smista nei sacchi ed attende che venisse KFOR a ritirarla. In due anni
si sono accumulati sette sacchi.

Sig. Nekic non ha alcuna intenzione di lasciare la sua, quasi trincea.
?Prima, mentre ancora uscivo, uno mi aveva attaccato davanti alla posta
dicendomi di lasciare Prizren in tre giorni.? Nessuno dai vicini non lo
visita ormai da tempo, ?neanche il prete che sta 80 metri lontano da
qui?. Ha avuto degli amici tra i Albanesi, ?per� loro non invitano me,
io non invito loro, non vorrei metterli nella situazione imbarazzante?.

Pane

Dice che da Giugno di quest? anno non ha pi� neanche la assicurazione
sanitaria. Fino a quel mese, dells salute di Serbi nelle enclavi si
occupava KFOR, dopo di che (i Serbi) hanno ricevuto un circolare di
rivolgersi ai medici locali, cio� albanesi. Operatori umanitari gli
portano il cibo due volte al mese. Nel frattempo aveva imparato ad
impastare il pane, di tagliarsi i capelli, di mendare, riparare: ?Quel
scaldabagno ho riparato io, mentre il piccolo di 7 litri perde, la
cucina e la lavatrice sono anche loro guasti. ?Ma � in vano, nessuno di
tecnici albanesi vuole venire.? Il professore vive dal aiuto sociale
datagli dalla Amministrazione Provvisoria delle Nazioni Unite. Riceve
65 DM. Potrebbe nuovamente chiedere il diritto alla pensione che
riceveva fino alla bombardamento (di due e mezzo anni fa), per� ?che
cosa sono 16, 20 marchi?. Inoltre non ha alcun contatto con i organi
statali della Repubblica di Serbia, e sulla domanda chi sia
responsabile per tutto ci� che li succede, risponde: ?Unmik.?
Nonostante tutto, � sicuro che i giorni migliori verranno: ?Soltanto
non so se sar� vivo fino a tal momento.?

Come trascorre la giornata? Si alza alle otto, va a dormire alle
undici. Non si annoia, lavora sempre qualcosa, rinforza la sicurezza,
?per ogni eventualit�, per non dover rifugiarmi nella cantina?. Le ora
passa leggendo, sfogliando il dizionario del tedesco. Cucina, mantiene
l?igiene personale (?mi preparo per la giornata?), pulisce e ripara,
specialmente i danni dagli incidenti che succedono quasi ogni notte,
?mi riposo se non ho delle altre difficolt�? Non possiede l?apparecchio
TV, il radio di marca ?Sony? gli hanno rubato, un altro ?buono? �
guasto, e gli � rimasto uno vecchio, prima dalla Seconda Guerra. Nelle
sere ascolta ?Voice of America? e ?Radio Free Europe?. Croce Rosa gli
ha regalato il radio con la maniglia per la carica, ma non lo usa, ?�
peri bambini?. In fine, scrive il suo diario pedantemente.

Milosh Nekic dalla Prizren non ha i parenti vicini. I cugini pi�
lontani di parentela, si trovano ?nei campi di rifugio, oppure
girovagano per la Serbia?. Anche i suoi genitori lavoravano nella
pubblica istruzione, il padre sotto il regime turco, faceva a mano la
mappa di Kosovo e il globo terrestre. Non era mai membro di alcun
partito politico.

Dalla sua biografia si pu� dedurre che dai entrambi i lati ?era
Kosovaro?, e perci� non ha nessuna intenzione di lasciare la citt�
nativa, il patrimonio rimastogli in eredit�. ?La mia Serbia � qua. Mie
mani e il cuore sono puliti. Dopo tutte le tentazioni, penso che non
abbia compromesso l?onore di mia casa, i miei antenati. Una morte sotto
questo tetto mi viene pi� dolce, che altrove, come profugo, di fare
brutta figura di me stesso e dei miei vecchi. La mia famiglia � una
delle pi� antiche di Prizren. Tutto il suo lavoro e il sangue, ha
investito qui, nel Kosovo?, dice e ripete: ?La mia Serbia � qua?.

ANA VUCKOVIC

Copyright � 2000 NIN - redakcija@...

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20011012152569593/20011012152569593.shtml

JUGOSLAVIA: PRIVATIZZAZIONI, FIRMATA INTESA CON ITALIA

(ANSA) - ROMA, 12 OTT - L'Italia prestera' la sua assistenza tecnica al
processo di privatizzazione che dopo la fine della guerra nei Balcani
sta interessando il Paese.
Ieri, infatti, e' stato siglato a Belgrado un memorandum di intesa tra
le 4 istituzioni italiane per il supporto all'internazionalizzazione
d'impresa (Simest, Finest, Ice e Informest) e il Ministero dell'Economia
e delle Privatizzazioni della Repubblica di Serbia per l'avvio di un
programma di assistenza tecnica al Ministero alla privatizzazione.
Il progetto nasce dalla richiesta avanzata lo scorso anno dal Governo
della Repubblica federale Jugoslava al Governo Italiano di supportare la
ricostruzione del Paese e di accompagnare il processo di transizione
verso una economia di mercato.
Un primo gruppo di aziende in fase di privatizzazione e' gia' stata
individuata nell'ambito di vari settori industriali:
dall'agro-alimentare, al chimico-farmaceutico, dal settore
automobilistico, al tessile, elettronico, del tabacco, del cemento, dei
materiali da costruzioni e dal settore turistico.
Il progetto e' finanziato dal ministero delle Attivita' Produttive con
la Simest nel ruolo di promotore e Fines, Ice e Informest nel ruolo di
partner tecnico.
Il progetto prevede la presenza a Belgrado per un periodo di 12 mesi di
un Senior Advisor del Ministro dell'Economia e delle Privatizzazioni
(proveniente dallo staff Simest) che sara' supportato direttamente da
esperti interni di Finest, Ice e Informest e si avvarra' della
collaborazione di esperti esterni indicati dalle istituzioni partner nel
progetto. (ANSA). YWM 12-OTT-01 13:45 NNNN
12/10/2001 15:25

Il sito del Commercio estero sulla Jugoslavia:

> http://www.ice.it/estero2/belgrado/

La presenza coloniale italiana nei Balcani:

> http://www.ansa.it/balcani/italia/italia.shtml

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IL MONTENEGRO EMULA GLI STATI UNITI D'AMERICA?

JUGOSLAVIA: MONTENEGRO, PRIME CONDANNE A MORTE IN DIECI ANNI
(ANSA) - BELGRADO, 12 OTT - Un tribunale di Podgorica ha condannato in
primo grado alla pena di morte due montenegrini accusati dell'omicidio
di uno sloveno, riferisce oggi la stampa del Montenegro. E' la prima
sentenza capitale emessa nella piccola repubblica balcanica da dieci
anni a questa parte, e da oltre 20 anni la pena di morte, pur rimanendo
in vigore, non viene applicata. I due, Rade Arsovic, 34 anni, e Slavko
Devic, 25 anni, sono stati condannati per l'uccisione, nel febbraio
scorso nei pressi della cittadina di Kolesin, di Aljosa Polensek, un
camionista sloveno. Avevano indossato false divise della polizia per
fermare l'automezzo della vittima, e lo avevano poi rapinato e ucciso.
E' molto probabile che nel processo di appello la condanna a morte venga
commutata in 20 anni di reclusione. La costituzione federale jugoslava
infatti la proibisce, mentre la pena capitale e' rimasta nella
legislazione repubblicana. (ANSA). OT
12/10/2001 15:50

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Data: 14/10/2001 20:43
Da: "Vladimir Krsljanin"
Oggetto: A Balkans proposal from SPS


BORDERS AND NATIONAL MINORITIES

INTERNATIONAL CONFERENCE, THESSALONIKI, GREECE,

OCTOBER 6, 2001



Zivadin Jovanovic,

Former Foreign Minister of Yugoslavia

Vice-President and Acting President

of the Socialist Party of Serbia





BALKANS CONVENTION PROPOSED





Horouble Mr. Minister,

Distinguished participants of Conference,

Dear friends,



I wish, first of all, to thank our hosts and in particular to the
publisher and the Director of the daily "Makedonia", distinguished Mr.
George Sachpatzidis and Mr.Traianos Hatzidimitriou, for the warm
hospitality and excellent organization of the Conference dedicated to
such important topics for the Balkans and Europe as the national
minorities and borders.



To the daily "Makedonia" I congratulate the great jubilee, and wish
further and even greater success to its management and journalists in
the future. Your daily was not only a faithful witness of the turbulent
events taking place in the Balkans and in Europe during the past ninety
years, but also an active participant in defending the ideas of
freedom, independence and democracy. Today, when the media in some
countries are dominated by servility, various stereotypes and mere
imitation, your daily, thanks to its long and rich tradition of the
professional, objective informing and solidarity vis-�-vis friends, is
reminding that only the media respecting the truth, facts and universal
values of the man can serve the goals of peace, freedom and
understanding.







Ladies and Gentlemen,



In the last two centuries or, more precisely, starting from the Vienna
Congress held in 1815, where the then political map was sketched of our
continent, Europe has on several occasions proceeded to the building of
its security orders. This was always done by more or less successful or
unsuccessful resolution of the national issues.



National issues of small nations most frequently were in the function
of interests of the great powers.



The Conference on the Security and Cooperation in Europe was
established in 1975 in Helsinki to precisely strengthen the stability
in the European continent and to prevent new war tragedies.



As one of the most important determinations of the Conference stands
the principle of non-changeability of the borders in Europe, the
principle having its stronghold in the Charter of the United Nations
and the entire international law.



In early nineties of the past century this principle was by a skillful
strategic game, fully devalued. The best illustration of this fact is
that the Summit Conference on the Security and Cooperation in Europe
held in Paris in 1990 was attended by 34 member countries, while only a
year-and-a-half later, the Helsinki Summit held in April 1992 was
attended by 53 states.



In other words, the respect for human rights was reduced to the right
of the selected nations to self-determination, which right to self-
determination transformed quickly, almost overnight, into verification
of the territorial claims, verification of the secession and
verification of the forceful change of the existing, internationally
recognized borders in Europe, despite the valid universal international
principle of respect for the sovereignty and territorial integrity of
the states.



Internal, administrative borders in some European countries of the time
were accepted as international. In this way the proclaimed principles
of the Conference on the Security and Cooperation in Europe and of
other international documents were violated.



The consequence of the fragmentation of certain countries is not only
the increase in the total number of members of the Organization of
European Security and Cooperation, and the new relations between the
big and small, but also the increase in the number of minorities in
Europe, and especially in the Balkans. The conversion of large parts
of certain nations into refugees and displaced persons is even now
tenyears after burdening the relations in the region with undiminished
intensity. Only in the Federal Republic of Yugoslavia there is today
about one million of refugees and displaced persons without a clear
perspective for a free and safe return to their original homes. Many
new minorities are deprived of their basic rights due to new
administrative obstacles, borders, animosities. On the other hand, by
this territorial redrawing the very concepts of the majority and the
minority are particularly distorted.



It is not logic that while in the region of West Europe the processes
of integration are underway, in the Balkans and East Europe a process
of disintegration is taking place. This represents a danger for the
future of Europe and of the world as a whole.



We consider in this regard that a broad regional agreement on borders
and national minorities, a Balkan Convention on borders and Minorities,
would represent good legal and political framework in our efforts aimed
at removing the obstacles and misunderstandings, and that all issues be
solved in the spirit of good neighborly relations and mutual
understanding.

Such a convention would be based upon the principles of the Final
Helsinki document, the Paris Charter and, in particular, of the Council
of Europe's frame work Convention on National Minorities. Such endeavor
would also incorporate all positive experiences from the existing
bilateral agreements between some Balkan countries.



The first and the most important part of the Convention would be joint
mutually acceptable standards on equal rights, and/or equal position of
the members of all national minorities in the Balkans. Such standards
would help remove the sources of the numerous problems of the past
resulting from double standards, "special statuses", and/or different
approaches regarding to the rights of national minority members in some
countries.



The second, also essential element of the Convention and a prerequisite
for a lasting and stable solution, would be the strict respect for the
non-changeability of the internationally recognized borders.



The third, establishment of a system of open borders for a free
circulation of people, goods, cultural, informational, spiritual and
other values, which includes, inter alia, creation of a free trade zone
in the Balkans � Balkan Free Trade Association (BAFTA).



And fourth, non-interference with internal affairs, I.E. respect for
all principles of the Crete Declaration (1997).



Such a Convention would be one of the guarantees for the future of the
Balkans, a guarantee against practice ofdouble standards, particularly
when the minorities and borders are in question, one of the guarantees
for development, security, equality, economic cooperation, and for the
respectof the obligations by the minorities.



No doubt that such Balkan Convention would also represent a positive
achievement in the facing challenges to which the modern world is
exposed, which the Balkans is facing � let us just mention the ghost of
terrorism that we in the Balkans are very much familiar with and whose
consequences we had a chance to suffer from in the recent past.



As to the problem relating to the Province of Kosovo and Metohija, our
unambiguous stand is that the problem can be peacefully resolved on a
lasting basis by a consistent, full implementation of the Security
Council's Resolution 1244 (1999), and of the principles of soverenity
anterritorial integrity of FR of Yugoslavia. The United Nations
mission � UNMIK and KFOR � have not, unfortunately, even after two
years of its deployment implemented a single of the key goals set out
in the Resolution of the Security Council. The best illustration is the
fact that in Kosovo and Metohija the security and freedom of movement
of all citizens are not in place, that terrorist attacks have continued
to date, and that not even minimal conditions have been created for a
free and safe return of more than 300 thousand of expelled persons
living now in exile in other parts of Yugoslavia. It is clear that free
and fair elections are in such conditions out of question and that they
need, at least, to be postponed, unril apropriate frames and conditions
are created.



Dear friends,

In closing may I once again express my deep belief that acceptance of a
Balkan Convention on the National Minorities and Borders in the Balkans
would represent important step in a right direction towards peace,
stability and a faster progress for all nations of our region. It would
also be an expression of the awareness that only an active attitude and
initiative of the Balkan peoples and countries can guarantee a
prosperous future and a faster incorporation into European
integrations � Into Europe that has its West and East, its North and
South. The old Serbian proverb says that nobody can help us if we do
not help ourselves.



Thank you for your attention.





Thessaloniki, October 6, 2001

To join or help this struggle, visit:
http://www.sps.org.yu/ (official SPS website)
http://www.belgrade-forum.org/ (forum for the world of equals)
http://www.icdsm.org/ (the international committee to defend Slobodan
Milosevic)
http://www.jutarnje.co.yu/ ('morning news' the only Serbian newspaper
advocating liberation)

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