Informazione

PENSIERINI PER IL NUOVO ANNO

Alcune riflessioni di carattere generale ed un bilancio di quattro anni
di Coordinamento Romano per la Jugoslavia.


> Qualche esperienza di cui fare tesoro

La sigla CRJ nasceva nel dicembre 1995 in occasione della organizzazione
di due giorni di conferenza-dibattito presso l'Universita' di Roma "La
Sapienza". Gia' i titoli delle due giornate (la prima dedicata a "Guerra
civile jugoslava e disinformazione strategica", la seconda a "Guerra
civile jugoslava e nuovi imperialismi") miravano ad aprire un
varco nel "muro di gomma" del pensiero unico sui fatti jugoslavi, che
aveva dominato per tutta la durata della guerra fratricida in Croazia e
Bosnia anche negli ambienti della solidarieta' ed in tutta la "sinistra"
italiana. Come gruppo di persone di diversa esperienza politica ed
assortita estrazione sociale e "nazionale", a vario titolo e per vario
motivo impegnate sull'"altro versante" della opposizione alla guerra nei
Balcani - il versante jugoslavista e jugoslavo, quello di tutti coloro i
quali erano stati contrari allo squartamento della RSF di Jugoslavia
essendo per questo relegati nel ghetto del "filoserbismo paranoico" -
decidemmo di continuare l'attivita' portata avanti fino ad allora
ciascuno nel proprio ambito (dalle trasmissioni radiofoniche alle
missioni di solidarieta' nei Balcani, alla presenza critica a
dimostrazioni ed altre iniziative), possibilmente coordinandola e
rendendola piu' efficace e "leggibile" dall'esterno.

Questo specialmente sul versante della CONTROINFORMAZIONE, cioe' nella
produzione e diffusione militante delle informazioni negate dai media e
nella lotta contro la disinformazione strategica, che era e rimane
secondo la nostra analisi strumento di guerra da parte dell'imperialismo
impegnato nel "divide et impera" ai danni della Jugoslavia e di tutta
l'Europa centro-orientale.

Il 1996 proseguiva con la pseudo-pace determinata dagli accordi di
Dayton, che sancivano la spartizione della RFSJ con la occupazione e
militarizzazione di alcune delle ex-repubbliche federate da parte degli
USA e della NATO. Ma le avvisaglie di nuove disgrazie erano presenti, e
verso la fine dell'anno veniva avviato un lavoro continuativo di
informazione per via telematica allo scopo di comunicare le vicende e
le interpretazioni dei fatti sottoposte ad una piu' o meno intenzionale
censura dei media.

All'inizio del 1997 coglievamo alcuni spunti per iniziare una sana
polemica con certe aree della sinistra italiana fino ad allora attive
nella demonizzazione della parte serba e nell'occultamente della storia
della RFSJ. Soprattutto sui problemi della provincia serba del Kosmet
intervenivamo contro la disinformazione di settori impegnati ad
appoggiare il movimento secessionista panalbanese di Ibrahim Rugova e la
sua politica di boicottaggio su base etnica.

A meta' dello stesso anno aprivamo un sito internet sul server dei
Centri Sociali del Nord Est "Isole nella Rete" (http://www.ecn.org),
cercando di allargare lo spettro dei nostri interlocutori nell'ambito
della sinistra antiimperialista. Ma con il passare delle settimane
l'informazione da noi diffusa diventava sempre piu' indigesta ai
responsabili del server. Le iniziative contro la NATO ed i rapporti con
gli antiimperialisti dei Balcani (spec. la manifestazione di Belgrado
contro la NATO, in ottobre) passavano come inosservate, mentre si
acuivano le tensioni in Kosmet a causa dell'exploit della attivita'
dell'UCK, organizzazione irredentista armata, finanziata e sostenuta
dagli USA e dalla NATO. Cosi', mentre all'inizio del 1998 insieme agli
scontri armati in Kosmet cresceva anche la campagna di stampa
antijugoslava e la simpatia di certi settori del "centrosocialismo"
(oltreche' radicali, diessini, eccetera) nei confronti dell'UCK, il sito
internet del CRJ veniva censurato da "Isole nella Rete" e ci veniva
negato l'accesso ai servizi di posta elettronica.

Oltre a continuare l'attivita' in rete tramite alcuni server gratuiti,
venivano riprese le trasmissioni radiofoniche sull'emittente romana
"Radio Citta' Aperta" e tenuti occasionali interventi su altre emittenti
e nel corso di altre iniziative. Alla fine dell'anno, grazie al sostegno
dei compagni di Marx2001 e Nuova Unita', avevamo ripreso uno spazio
stabile in rete ed una attivita' di controinformazione particolarmente
intensa attraverso gli indirizzi http://www.marx2001.org e
crj@...

Il 1999 si apriva in un clima pesantissimo. Gia' all'inizio dell'estate
precedente avevamo indicato la realta' della minaccia incombente da
parte della NATO, ed ora nuovissime operazioni di disinformazione
strategica e cecchinaggio diplomatico ("strage" di Racak, "accordi" di
Rambouillet) prefiguravano l'interventismo del nostro paese e degli
altri della Alleanza Atlantica. A partire dal mese di marzo eravamo
soggetti ad una attivita' frenetica, sia in rete sia con la
partecipazione a trasmissioni ed iniziative pubbliche, sia nella
produzione di materiali di controinformazione - ad esempio con il
Comitato Unitario contro la guerra imperialista alla Jugoslavia
costituitosi a Roma.

Verso la fine dei bombardamenti, durante la manifestazione di
Aviano del 6 giugno, alcuni nostri attivisti "colpevoli" di
sventolare la bandiera della RFSJ subivano una aggressione da
parte dei settori "centrosocialisti" di cui sopra. Piu' recentemente,
nell'ambito di una operazione della Procura della Repubblica
di Pordenone per azioni di danneggiamento avvenute in zona di Aviano,
un nostro esponente ed altri compagni di realta' a noi molto vicine
venivano perquisiti ed indagati benche' fossero assolutamente
estranei ai fatti.


> Il lavoro continua

Veniamo dunque ai giorni nostri. Come si e' visto, piu' il tempo passa,
piu' il gioco si fa pesante. Non potendo ribattere nel merito di quello
che andiamo dicendo - sulle cause della crisi nei Balcani, sulla deriva
autoritaria nei paesi europei, sui crimini commessi da militari e
leaders politici quali l'attuale Presidente del Consiglio D'Alema, sul
neocolonialismo nei Balcani e fino al Caucaso, eccetera - i nostri
avversari cercano di colpire noi e tutto il movimento internazionalista
ed antiimperialista attraverso la repressione, le provocazioni,
l'operato dei loro "servi stupidi" che fanno capo a qualche ritrovo di
fumatori di spinelli o a qualche redazione di giornaletti di
autoproclamata sinistra.

Intanto l'onda lunga della guerra di aggressione contro la Repubblica
Federale di Jugoslavia continua, in termini di pericoli per la pace, e
continua allora anche il nostro impegno. Ricordiamo in particolare il
lavoro per la istituzione della sezione italiana del Tribunale
Indipendente contro i crimini di guerra della NATO, cui aderiamo, e
l'attivita', come gruppo o individualmente, in varie altre iniziative
contro la guerra (Comitato di solidarieta' alla popolazione jugoslava e
raccolta fondi per la Zastava di Kragujevac, Comitato Scienziate/i
contro la guerra, "Un ponte per...", eccetera).

Ma continua soprattutto l'opera di controinformazione. Su "Radio Citta'
Aperta" (a Roma e nel Lazio FM 88.900) la trasmissione "Voce Jugoslava"
va avanti, ogni martedi alle ore 13, a parte occasionali variazioni nel
palinsesto. Al nostro bollettino telematico e' dedicata una attenzione
crescente: esso viene ricevuto e ri-usato da individualita' e gruppi
internazionalisti, come e' giusto, benche' i documenti che facciamo
circolare continuino ad essere apparentemente ignorati dagli ambienti
politici ufficiali (compreso il PRC, nel cui seno sopravvive un settore
antijugoslavo ed affezionato all'irredentismo panalbanese) e dai
giornalisti "che contano". Il sito internet si arricchisce lentamente,
anche se la natura volontaria del nostro lavoro non ci consente di
aggiornarlo tanto spesso quanto sarebbe necessario.

In generale, benche' con grave ritardo, l'interpretazione jugoslavista
della vicende balcaniche guadagna spazio tra militanti e nell'opinione
pubblica. Questo peraltro avviene con difficolta' a causa dei danni
causati dal pensiero "politicamente corretto" (cioe'
liberal-secessionista e razzista antiserbo) diffuso a spron battente da
influenti quotidiani come "Il Manifesto" nei primi anni del conflitto; e
sfortunatamente la "correzione di rotta" attuale e' duvuta proprio alla
estrema drammaticita' degli avvenimenti ed all'accanimento imperialista
a fare a pezzi ancora tutto cio' che resta di un paese, comprese tante
vite umane.
Rispetto a questo, restano troppo indietro proprio gli jugoslavi, per la
loro difficolta' a coordinarsi e per la incredibile stratificazione di
divisioni interne (specialmente nel frastagliatissimo mondo serbo e dei
serbi in esilio).

Il riscontro che riceviamo per il nostro lavoro e' reale, ma
discontinuo. Abbiamo l'impressione che la nostra attivita' desti
aspettative svariate, talvolta contraddittorie: ognuno ha interesse per
una problematica diversa, vorrebbe trascinarci su questo o su quel
versante. Qualcuno si lamenta perche' inviamo troppi documenti, qualcun
altro ci richiede ancora questo e quest'altro.


> La sinistra antiimperialista in Italia

In qualche maniera poi, attraverso le nostre comunicazioni per via
telematica come anche attraverso tutti gli altri contatti, abbiamo "il
polso" della situazione della sinistra antiimperialista italiana nel suo
complesso. Il quadro che ne emerge e' preoccupante per la tendenza
cronica alla discontinuita' ed alla disgregazione, tendenza che nemmeno
episodi gravi come la guerra della primavera 1999 riescono ad invertire.

Sperimentiamo una commistione di settarismi, "settarismi al contrario"
(cioe' determinati da un apparente antisettarismo per cui si escludono
tutta una serie di interlocutori), difficolta' tutte personalistiche nei
rapporti con individui e gruppi, nonche' la sostanziale disabitudine a
basare l'analisi e la prassi politica su basi scientifiche piuttosto che
su slogan superficiali e passioni estemporanee, a privilegiare il rigore
del metodo e delle conoscenze piuttosto che le sparate velleitarie.

E' vero che esiste una vera e propria BALCANIZZAZIONE della sinistra
italiana nel suo complesso, all'interno della quale convivono ad esempio
interpretazioni diametralmente opposte dei fatti jugoslavi (dai
sostenitori dell'UCK a quelli che piangono la morte di Arkan come un
"compagno"), che affonda le sue radici proprio nella deriva
anti-ideologica ed anti-razionale degli ultimi anni, nella
disinformazione e nell'abbandono delle chiavi di interpretazione
marxiste. Ma esiste anche un sostanziale caos nella - ben piu'
delimitata e delimitabile - scena antiimperialista, sul piano
organizzativo-pratico piu' che su quello analitico-ideologico; un caos
che emerge con accenti paradossali negli ambienti marxisti-leninisti,
dove l'interpretazione dei fatti e' univoca e salda ma la litigiosita'
tra individui e gruppi e' feroce. Una situazione che pesa notevolmente
sulle possibilita' di costruzione di una organizzazione politica dei
comunisti nel nostro paese.

Noi non intendiamo occuparci di tutto: siamo nati, e probabilmente
termineremo la nostra attivita', incentrandoci sulle vicende della
Jugoslavia federativa e socialista. Tuttavia, il nostro lavoro ci porta
necessariamente ad affrontare anche altre questioni e tutti i nodi
presenti nella sinistra italiana, sul fronte antiimperialista, ed anche
in gran parte del mondo della cultura. Speriamo che qualcuno di questi
nodi si sciolga nel futuro prossimo, possibilmente in modo non troppo
doloroso... Per quanto ci riguarda, la nostra piu' grande ambizione e'
scomparire come Coordinamento Romano per la Jugoslavia una volta che le
drammatiche ragioni per cui ci siamo costituiti verranno meno!

Con i migliori auguri l'anno 2000... ma solo a chi ama la Jugoslavia,
la unita' e la fratellanza fra tutti i popoli!
Smrt fasizmu, sloboda narodu!

Italo Slavo, gennaio 2000


--------- COORDINAMENTO ROMANO PER LA JUGOSLAVIA -----------
RIMSKI SAVEZ ZA JUGOSLAVIJU
e-mail: crj@... - URL: http://marx2001.org/crj
** NO COPYRIGHT ! **
------------------------------------------------------------
* Kosovo: dopo la guerra, gli affari ("La Rinascita della Sinistra")
* Stupro etnico all'americana ("Il Manifesto", 18/01/2000)
* Triplo omicidio, escalation di violenza (AFP 17/01/2000)
* Trasferito a Mannheim il "peacekeeper" stupratore ed omicida (Reuters)
* Hanno fatto saltare in aria ancora un'altra chiesa ortodossa (AP)
* Sconfinamenti dell'UCKFOR nella Serbia centrale (New York Times)
* Anche i cattolici in Kosmet sono presi di mira (CWNews.com/Fides)
* Arsenale sequestrato a casa del fratello di Thaci "il serpente"
(Nandotimes.com)


===

Il seguente contributo appare sull'ultimo numero di "La Rinascita della
sinistra":

KOSOVO: DOPO LA GUERRA, GLI AFFARI

Finita la guerra, il Kosovo  stato sostanzialmente scaricato dai mass
media italiani: ben poca eco suscitano le provocazioni, gli eccidi,
l'esodo forzato di Serbi, Rom ed Ebrei kosovari, cos“ come la nascita di
un "governo provvisorio" kosovaro-albanese patrocinato dal capo della
missione Kfor B. Kouchner, senza alcuna legittimazione democratica e in
totale disprezzo degli accordi internazionali.
Ancora meno si conosce sulla spartizione neo-coloniale delle ricchezze
della regione, benchŽ numerose multinazionali siano giˆ alacremente
all'opera. Ne scrive (su "Solidaire" del 1/12/1999) il belga Michel
Collon, autore nel '98 di "Poker Menteur", un fondamentale
libro-inchiesta riguardante la disinformazione sui conflitti
interjugoslavi.
A Pec, la filiale Zastava produce parti dei camion Iveco. Nessuna
sorpresa che la cittˆ sia divenuta il quartier generale del contingente
italiano, cui sono state affidate le chiavi della ditta.
Coincidenza? Le miniere di Trepca, uno dei principali volani
dell'economia jugoslava, erano state sottoposte negli ultimi anni a una
parziale privatizzazione che aveva visto fronteggiarsi la francese SCMM
e la holding del miliardario greco Mitilineos. Quest'ultimo, alla fine,
l'aveva spuntata, ma disgraziatamente Trepca  stata occupata proprio
dal
contingente francese, che ha immediatamente sospeso i rappresentanti
greci dal Consiglio di impresa, in vista di una futura "corte arbitrale"
("Danas").
A dire il vero, il presidente dell'Assemblea degli azionisti, il serbo
B. Milanovic, ha fatto presente come la miniera, proprietˆ di gruppi di
azionisti e non dello Stato jugoslavo, non rientri nella giurisdizione
della Kfor, ma i suoi argomenti non sono parsi convincenti, tanto pi
che
il "governo provvisorio" albanese-kosovaro di H. Thaqi ha reclamato
Trepca come proprietˆ di un ancora formalmente inesistente "stato
albanese"... A chi darˆ ragione Kouchner?
Scenario simile per petrolio ed elettricitˆ: le istallazioni petrolifere
di Nis e quelle della societˆ elettrica EPS fanno parte del settore
inglese. Se ne occuperanno le societˆ britanniche British Power, Nat
West
e Bankers Trust. Agli amministratori e agli operai serbi, evidentemente
ormai superflui,  stato dato il benservito.
A Suva Reka la ditta Balkan produce pneumatici per camion in
collaborazione con la Deutsche Kontinental. Per cementare tali
promettenti sinergie, l'area  stata affidata al contingente germanico,
cos“ come la zona dei vigneti kosovari sfruttati da aziende vinicole
tedesche.
Gli americani si sono invece aggiudicati i minerali strategici di Novo
Brdo e la cittˆ di Gnjilane con la sua famosa fabbrica di pile, alcune
delle quali sono utilizzate dalla Nasa. Sempre a Gnjilane si trova la
fabbrica di tabacco TIG (recentemente insignita in Francia del Premio
mondiale qualitˆ), giˆ sotto contratto con la Lucky Strike. Non sarˆ
certo
dispiaciuto agli investitori che le squadracce UCK habbiano ripulito dai
Serbi una cittadina cos“ fiorente.

G. Carpi

===

"Il Manifesto", 18/01/2000:

Kosovo, stupro etnico all'americana

Violentata e uccisa da un soldato Usa una bambina albanese.

- R. ES. - PRISTINA

Quotidiani agguati contro le minoranze etniche, negli ultimi due giorni
sono stati assassinati quattro serbi e un "collaborazionista" albanese,
corrente elettrica ed attività economiche a singhiozzo, la giustizia che
non decolla. Per l'amministrazione Onu-Nato del Kosovo la prova di
questi
sei mesi non potrebbe essere più disastrosa. Ci mancava solo che un
militare Usa venisse accusato di violenza sessuale ed omicidio di una
ragazzina albanese di 11 anni; è accaduto anche questo nelle ultime
convulse
giornate.

Le forza americane "non risparmieranno gli sforzi per assicurare che
sulla
vicenda sia fatta giustizia", è l'impegno assunto dal comandante del
contingente Usa in Kosovo, generale Ricardo Sanchez, in una lettera ai
parenti dalla bambina uccisa. Il militare accusato si chiama Frank
Ronghi, 35
anni, ha il grado di sergente presso il 405mo reggimento paracadutisti.
Domenica è stato trasferito al penitenziario militare di Mannheim, in
Germania, dove sarà processato da una corte marziale statunitense. Sul
suo capo
pende l'accusa di "omicidio" preceduto da "atti osceni" sulla bimba, il
cui cadavere è stato trovato venerdì scorso nella campagna adiacente
alla città di Vitina, nel Kosovo orientale, una zona di "competenza"
degli
americani della Kfor.

Il padre della bimba, Hamdi Shabiu, ha riferito di aver visto per
l'ultima
volta la figlia giovedì mattina quando era uscita per andare a fare la
spesa al mercato; i vicini sostengono che la bimba è stata uccisa nello
scantinato di un condominio dall'altra parte della strada, ora
presidiato
da soldati americani. "Me l'hanno uccisa a 20 metri da casa, aveva solo
11
anni e mezzo", ha mormorato ai giornalisti il padre, mostrando una foto
del cadavere della figlia, con il viso coperto di graffi ed ecchimosi e
un
vistoso taglio sulla fronte. Nel tentativo di ricucire lo strappo con la
comunità albanese - che non nasce ieri, leggere al proposito il
reportage
qui accanto - il generale Sanchez si è precipitato domenica a Vitina per
dialogare con gli anziani e le autorità locali e portare le condoglianze
alla famiglia della piccola vittima. "Si tratta di un atto criminale, ma
isolato", ha cercato di giustificarsi il generale.

Si allunga intanto la scia degli omicidi etnici. Soltanto domenica
quattro
serbi sono rimasti vittima di attentati. Tre di loro, che tornavano a
casa
dalla vicina Serbia, sono stati fermati a un passo dal "confine" da un
commando di "sconosciuti" a un passo dal villaggio di Pasjane, nel
Kosovo
orientale, ed uccisi a sangue freddo. A Pertes, un altro paese vicino,
200
serbi, esasperati, sono scesi in piazza alla notizia del triplice
omicidio. Come sempre, la polizia dell'Unmik - la missione dell'Onu -
"brancola
nel buio". A Urosevac invece è stata una pattuglia della Kfor a portare
d'urgenza in ospedale un serbo ferito da arma da fuoco, mentre era alla
guida della sua auto. E' morto poco dopo il ricovero. E ieri dall'altra
parte
del "confine", a Vranje in Serbia, è stato freddato un
"collaborazionista"
albanese, Chemalj Mustafi, iscritto al Partito socialista di Milosevic e
preside della scuola locale.

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Tuesday, January 18 3:17 AM SGT
Triple Kosovo killing deals blow to returning Serbs
PRISTINA, Yugoslavia, Jan 17 (AFP) -
International attempts to encourage Kosovo Serbs to return to unruly
Kosovo suffered a blow with the killing of three Serbs near the border
with Serbia.
Ethnic violence also appeared to have spilled over the internal frontier
between Kosovo and Serbia proper Monday with the slaying of two Serbs on
the other side of the boundary. The attacks were blamed by Serb
authorities on ethnic Albanians crossing from Kosovo.
Sunday's triple murder of men trying to reach their village of Pasjane,
near the southern town of Gnjilane came as representatives of the UN
High Commissioner for Refugees (UNHCR) warned against any large scale
Serbian return.
UNHCR spokesman Peter Kessler described the Kosovo as "extremely tense"
and said "there have been a series of disturbing incidents recently."
He cited the killing of four Muslim Slavs from the same family in the
southern town of Prizren last week, the torching of eight Serb houses in
the same area and the murder of a Croatian Serb refugee on January 6.
A bus service between Nis in southern Serbia and the Serb village of
Gracanica on the southern outskirts of Kosovo's capital Pristina was
stoned by ethnic Albanians last week, he said.
Philip Anido, spokesman for the international peacekeeping force KFOR,
said it was too early to say if Sunday's killings would affect attempts
to encourage Serbs to return to a multi-ethnic Kosovo.
The UNHCR was less equivalent. Kessler said: "The time is not yet right
for large-scale return of non-Albanian refugees. Any return has to be an
individual decision but security cannot be guaranteed."
Up to 200 Serbs demonstrated peacefully in the Serbian village of
Partes, near Pasjane, on hearing news of Sunday's killing, UN police
said.
One person was helping police with inquiries into the attack, said
Anido.
Up to 250,000 non-Albanians fled Kosovo after NATO drove Serbian forces
out of the Yugoslav province last June and KFOR took over security under
UN administration.
Since then Serbs have suffered almost daily attacks in revenge for
Belgrade's oppression of Kosovo's ethnic Albanian majority.
Investigators have so far unearthed the bodies of some 2,000 Kosovar
Albanian victims, while at least 800,000 were expelled.
Kessler warned that returning Serbs may also end up as internally
displaced persons in Kosovo as they cannot always return to their homes,
many of which have been taken over by ethnic Albanians.
Many remaining Serbs moved into enclaves where they live under KFOR
protection.
Last month KFOR commander General Klaus Reinhardt unveiled new security
measures to tackle ethnic violence, including bringing educational and
health facilities closer to Serb communities to cut travel risks.
But Kessler said young Serbs returning still face educational problems,
given the lack of Serbian-language high schools and universities in
Kosovo.
Jobs would also be hard to come by in the ruined economy, he said, with
most large companies still shut, while those that do open are unlikely
to employ Serbo-Croat speakers.
"The situation could also become dangerous in the spring as people go
out into the fields again to sow their crops," he said.
The western internal boundary has been tense since three Serb police
were killed by a landmine in November. Belgrade blamed ethnic Albanian
"terrorists."
On Monday Chemalj Mustafi, 53, a school principal and official of the
Socialist party of Yugoslavia's President Slobodan Milosevic was shot
dead close to Bujanovac near the boundary, Yugoslav news agency Beta
said.
A 75-year-old woman was injured in a separate hand grenade attack, Beta
said.

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Monday January 17 3:12 PM ET
U.S. Soldier in Kosovo Murder Case Moved to Germany By Andrew Gray
PRISTINA, Yugoslavia (Reuters) - A U.S. soldier held on murder and
indecency charges over the killing of a 12-year-old girl in Kosovo has
been transferred to a military prison in Germany, U.S. forces said
Monday.
Staff Sergeant Frank Ronghi, 35, was charged Sunday with murder and
indecent acts with a child. Officers said then they planned to transfer
him to the prison in Germany.
They did not give any reason but it seems likely they thought it prudent
to get him out of Kosovo quickly to minimize the chance of any adverse
local reaction. Ronghi served with the Third Battalion of the 504th
Parachute Infantry Regiment, based at Fort Bragg, N.C., but currently
stationed in Vitina in eastern Kosovo. The name of his hometown has not
been made public.
Officers Monday released the text of a condolence letter sent to the
family of the ethnic Albanian girl by Brigadier General Ricardo Sanchez,
the commander of U.S. forces in Kosovo.
``We can only imagine the irreparable loss that you have suffered and
fully realize there is little we can say to help in this moment of
sorrow,´´ Sanchez wrote in his letter, expressing sympathy on behalf
of the U.S. military.
``I did not know your daughter, but as a father, I feel a deep sense of
loss and can imagine your pain,´´ the U.S. army general, who has
four children, said in the letter hand- delivered to the family Sunday.
``The Department of the Army will spare no effort in bringing this
matter to justice,´´ he assured the family. A spokesman at Camp
Bondsteel, the main base for U.S. forces in Kosovo who serve as part of
the NATO-led KFOR peacekeeping force, said he was not aware exactly when
Ronghi was transferred to Mannheim, southern Germany. But the move was
now complete.
``He´s already been transferred to Mannheim,´´ the spokesman
confirmed.
U.S. Mission Chief Expresses Deep Shock U.S. soldiers found the body of
the girl, Merite Shabiu, about two miles outside Vitina Thursday
evening, U.S. forces have said. Ronghi was immediately detained. The
girl's exact cause of death has not been released but officers have
confirmed she was attacked. The charges against Ronghi also allege an
indecent act for ``sexual gratification or stimulation´´ took place.
Whether the girl was also raped is part of the ongoing investigation, a
spokeswoman for U.S. forces said Sunday.
Larry Rossin, the head of the U.S. government office in the Kosovo
capital Pristina, expressed deep shock at the murder. ``I want to
strongly emphasize that this was an isolated, individual act of
violence,´´ Rossin added in a statement. The girl´s murder has
prompted shock and some complaints in Vitina, a town of around 15,000
people, about the general behavior of U.S. troops. But there have been
no reports so far of any large-scale demonstrations of anti-U.S.
sentiment.
Although no longer met with the euphoria which marked their arrival,
KFOR troops are generally given a warm reception by Kosovo's majority
ethnic Albanians who see them as a guarantee against the return of the
Serb forces which repressed them.

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Blast Destroys Serb Church in Kosovo
The Associated Press
Saturday, Jan. 15, 2000; 6:47 a.m. EST
BELGRADE, Yugoslavia -- An explosive destroyed half of a Serb Orthodox
church in southeastern Kosovo early Saturday, the independent Beta news
agency reported.
The explosion that ripped through the St. Elias church, built in 1912 in
the ethnically
mixed village of Cernica, 20 miles southeast of the province's capital
Pristina, also
damaged three houses owned by local Serbs and heightened tensions in the
part of Kosovo patrolled by U.S. members of the NATO-led peacekeeping
force.
Nobody was hurt in the village, shared by some 450 Serbs and about 3,000
ethnic Albanians.
Serbs and the Orthodox Church have repeatedly blamed Kosovo Albanians
for the destruction of more than 50 Serb churches since Serb forces
pulled out of the province last summer at the end of NATO bombing, and
the NATO-led peacekeepers moved in.
Ethnic Albanians have targeted Serbs in revenge for the Serb-led
Yugoslav government's bloody crackdown in the province.

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The New York Times January 15, 2000

Serbs at Border Complain of Attacks From Kosovo
By CARLOTTA GALL
KURSUMLIJA, Serbia -- The Serbian chief of police here looks weary. For
him the war in Kosovo is not only not over, but has come closer. He says
Albanians from Kosovo are crossing the border into his district in the
adjacent part of Serbia and attacking villagers and the police.
Unlocking the door of his small Yugo car outside the police station, 10
miles from the Kosovo border, he spoke of a land mine explosion that
killed three policemen in November. He said the mine had been laid by
Kosovo Albanians, almost certainly former members of the separatist
Kosovo Liberation Army.
"The K.L.A. is here already," he said with a small shrug, as if it were
no surprise.
If true, that assertion represents a serious problem for the NATO-led
peacekeeping force in Kosovo. The force moved in and took control of
Kosovo, the southern province of Serbia, in June after an 11-week NATO
campaign of air strikes to end Serbian repression of Albanians and to
force Serbian troops to withdraw.
Already struggling to contain the postwar violence against Serbs and
other minorities inside Kosovo, the peacekeepers may face a growing
burden of policing a long and porous border to prevent Kosovo Albanians
from carrying out attacks in nearby parts of Serbia.
The Serbian police say there have been at least 16 attacks on Serbian
police officers and villagers in the area near Kosovo since June.
They began with occasional shootings and harassment of villagers by
Albanians straying over the border to steal wood or to settle scores.
But recently there have been more serious and organized attacks that the
Serbian police say indicate guerrilla activity.
The worst attack occurred on Nov. 21, when gunmen opened fire on a
police post near the Serbian village of Prepolac, just a few hundred
yards from a unit of peacekeeping troops on the Kosovo side of the
border.
Shooting continued through the early hours of the morning, and then a
loud explosion resounded through the remote wooded hills. Serbian police
officers traveling back down the mud road from the border to their
headquarters had hit a land mine. Three men were killed in the blast and
six were wounded.
The Serbian police chief, Rodoljub Dosovic, said he had no doubt that
well-trained Albanian guerrillas had placed the mine, in a coordinated
action with the shooting attack on the police post. "They started a
firefight to draw out the police, and another group laid the mine on the
road," he said.
Another attack occurred several weeks later on a road near the town of
Bujanovac, east of Kosovo, when a police car came under fire. Two senior
officers were wounded in the attack, which the police again blamed on
Albanians from Kosovo.
"It was a classic attack, an ambush from both sides of the road," said
Milivoje Mihajlovic, a Serbian journalist who used to be based in
Kosovo. "It reminded me of the K.L.A. attacks on the police in Kosovo in
1998."
When the Serbian military pulled out of Kosovo in June, it moved all
troops and heavy weaponry behind a three-mile buffer zone. The Serbian
police are posted on every road in the area and patrol the back roads
and villages. Many of them are from Kosovo and served there for years.
They take the attacks in stride. It has been part of the job for several
years, one said.
The villagers in this area appear more alarmed. Some are moving out of
the villages closest to the border, and all are calling for a stronger
police presence.
In the town hall in Kursumlija, Mayor Borivoje Urosevic pulled out a
detailed map of his district, which has a 60-mile boundary with Kosovo.
There is no Albanian population in this area, he said, but five Serbian
villages have been abandoned as residents have come under repeated
attack from Albanians from Kosovo. "There is no day without an attack,"
he said.
Six people have been killed since June, including the three policemen
near Prepolac, and seven people wounded, he said.
The level of violence remains low compared with that of neighboring
Kosovo, but the growing use of explosives shows a more organized intent,
Mayor Urosevic said. On Dec. 12 two young men narrowly missed injury
when their tractor drove over a mine outside the border village of
Merdare.
"This is the K.L.A.," the mayor said. "This is organized. Robbery is not
the motive as it was earlier. It is pressure to make the Serbs move from
their territory." The peacekeepers, he added, "must prevent these
attacks, because we have people being displaced from the area."
Ljubica Aleksic was the last to leave the now abandoned village of
Tacevac.
The police used to patrol daily, he said, but after the land mine
incident they were reluctant to drive up the roads. The Albanians are
bolder than before, he said, because they know that the Serbian police
cannot pursue them over the border into Kosovo.
"They want to take advantage of the woods to clear the area of the
border, so there are no more Serbs there anymore," Mr. Aleksic said.
On the other side of the border, in Kosovo, Albanian villagers have
returned to rebuild their houses under the protection of peacekeepers
but remain nervous with the Serbian police so close. When shooting broke
out near the Kosovo village of Donje Dubnica recently, several families
fled their homes for the day.
They said they did not dare venture to cut wood on the Serbian side.
When prompted, they acknowledged that young men who had fought in the
war were slipping across the border to attack the Serbian police.
Gen. Klaus Reinhardt, the German commander of the peacekeeping force,
played down the issue in an interview, as did the British officer in
charge of operations in the border area. Both appeared confident that
their border controls and covert operations were sufficient.
"I cannot prevent everyone who wants to go across, except by mining to a
maximum," General Reinhardt said. "And we are busy trying to demine the
place."


===========================
The Committee for National Solidarity
Tolstojeva 34, 11000 Belgrade, YU

12-Jan-00 -- EWTN News Brief
KOSOVO CHRISTIANS TARGETED BY EXTREMIST MUSLIMS
PRISTINA, Kosovo (CWNews.com/Fides) - Christians in
Kosovo are being increasingly targeted by
fundamentalist Muslims and Kosovar magistrates don't
know which law to apply, according to Father Mato
Jakovic, coordinator of the Jesuit Relief Service
(JRS) in Macedonia and Kosovo.

Father Jakovic says episodes of maltreatment of
Catholics are ever more frequent, and families of
priests are also targeted. He said -- without
revealing the name of the place -- that on December 6
the homes of relatives of two Franciscans were
torched. In his most recent report Father Jakovic said
that Catholic cemeteries in Prizren and Pec have been
destroyed and the vandals -- still unidentified --
profaned the graves of Bishop Nikola Prela and
Monsignor Nikola Mini.

In the meantime, attacks against Kosovar Serbs
continue. On January 9, a Serb was shot dead in front
of his home at Gnjilane in east Kosovo. A spokesman of
the UN Mission MINUK said the aggressors spoke
Albanian. On the same day, two Serb homes were set on
fire, one in Pristina and another at Kosovo Polje. At
least 250,000 Serbs and Rom gypsies have left the area
since last March and those who remain live in small
protected enclaves in Gnjilane and Kosovo Polje, but
constantly fear being attacked.


Secretary General
Mrs. Jela Jovanovic
Art historian
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STOP NATO: ¡NO PASARAN! - HTTP://WWW.STOPNATO.HOME-PAGE.ORG

Arms, money seized at house of Kosovo leader's brother
Associated Press

PRISTINA, Yugoslavia (January 6, 2000 2:41 p.m. EST
http://www.nandotimes.com) - A brother of Kosovo Albanian leader Hashim
Thaci has been charged with illegal possession of weapons and released
from detention, sources said Thursday.
Gani Thaci, whose brother was the political head of the now disbanded
Kosovo Liberation Army, was released Wednesday after U.N. police
detained him for firing a gun from an apartment, the United Nations said
in a statement.
He was arrested Tuesday. The U.N. statement made no mention of any
charges, which were confirmed by U.N. and NATO sources on condition they
not be named.
The sources also said that $791,000 was confiscated from the apartment,
along with weapons.
In a separate incident, Hashim Thaci's personal bodyguard was also
briefly detained Wednesday during a search for illegal weapons in a
Pristina cafe, the United Nations said.
Hashim Thaci's office declined comment Thursday, saying he had no
connection to either incident.


--------- COORDINAMENTO ROMANO PER LA JUGOSLAVIA -----------
RIMSKI SAVEZ ZA JUGOSLAVIJU
e-mail: crj@... - URL: http://marx2001.org/crj
------------------------------------------------------------
>
> La ragione dei serbi
>
> Sabato 29 Gennaio 2000 - ore 15,00
> CASA DEL POPOLO (CANDILEJAS)
> Via Bentini, 29 - Bologna
> BUS 27/A
> 4 chiacchere e 1 videotape
> su una guerra dal vago sapore di crociata che forse si poteva evitare:
> "...sempre ci stupisce l'inaudita scoperta che qualcuno ha pensato
> non già più lontano di noi, ma diverso da noi..."
>
> Interverrano:
> - Prof. Aldo Bernardini, Docente di Diritto Internazionale
> Università di Teramo
> - Sig.ra Gordana Glisic, Pres. Assoc. d'Amicizia Italia - Jugoslavia
> - Dott Fulvio Grimaldi, Giornalista
> - Prof. Dragos Kalajic, Direttore Istituto Geopolitico di Belgrado
> - Prof. Claudio Moffa, Docente di Storia e Istituzioni Paesi Afro-Asiatici
> Università di Teramo
>
> lnfo: Cristina 0338.2576525 E-mail: zannaecris@...
>
> "LA RAGIONE DEI SERBI": PERCHE'?
> Tante cose sono state dette e scritte dai mass-media occidentali su quanto è
> accaduto e accade nei paesi balcanici in questi ultimi anni; eppure
> basterebbe un veloce passaggio, anche solo un week-end, nella capitale serba
> per avere la sensazione che molto è stato distorto e/o manipolato, non si sa
> quanto arbitrariamente, da tutte le fonti di informazione di influenza Nato.
> Già poche settimane dopo la fine della guerra sono comparsi diversi articoli
> (anche canadesi ed americani) che hanno messo in dubbio la veridicità delle
> informazioni relative ai presunti genocidi attuati dalle milizie jugoslave
> ai danni della popolazione kossovara, informazioni che da sole
> giustificavano il violento intervento delle forze Nato.
> L'entrata in guerra delle forze alleate era veramente necessaria oppure si è
> voluto rispondere ad una necessità di carattere economico imposta dal
> neo-liberismo imperante? Forse potrebbe essere utile sentire le ragioni di
> chi, in questi anni, è stato dall'altra parte della barricata: le ragioni
> dei serbi.
>
> ASSOCIAZIONE D'AMICIZIA ITALO-JUGOSLAVA
>
> Costituitasi nello scorso mese di settembre al fine di riallacciare i
> rapporti tra i due paesi interrotti bruscamente a causa della guerra,
> l'associazione si pone come obiettivo prioritario la realizzazione di
> progetti a scopo umanitario
> e socio-culturale quali, ad esempio, l'invio di medicinali e beni di prima
> necessità, la collaborazione con il centro culturale italiano di Belgrado,
> l'organizzazione di concerti, mostre, avvenimenti sportivi e quant'altro
> possa contribuire al ripristino dell'equilibrio sociale tra le due nazioni.
> Qui è rappresentata dalla Sig.ra GORDANA GLISIC Presidente dell'Associazione.
>
> PROF. ALDO BERNARDINI
> Docente di diritto internazionale presso l'Università di Teramo, è stato
> Direttore dello Istituto Giuridico della Facoltà di Scienze Politiche,
> quindi Preside della stessa dal 1972 al 1979, Rettore dell'Università di
> Chieti daI 1979 al 1985.
> Autore di libri, saggi, articoli di diritto e politica tra i quali
> "Questione Iraq-Kuwait" ha ultimamente pubblicato un saggio sul rapporto con
> la Costituzione italiana del
> Patto di stabilità dell'Unione Europea. Ha partecipato a diverse relazioni e
> convegni in tutto il mondo, Parigi, Berlino Est, Baghdad, Pyongyang, Mosca.
> Ha tenuto alcune lezioni all'Università di Baghdad. E stato collaboratore
> della Società Italiana per l'organizzazione Internazionale, e redattore di
> periodici quali "La Comunità Internazionale".
>
> DR. FULVIO GRIMALDI
> Giornalista dal 1962, redattore presso la BBC a Londra e corrispondente da
> Londra per Panorama e Paese Sera. Inviato di Paese Sera e poi di Giorni -
> Vie Nuove, settimanale del PCI.
> Direttore di Lotta Continua, giornalista di varie testate straniere e
> inviato RAI dal 1986 al 1989.
> Si è occupato eminentemente di questioni internazionali, delle lotte
> antimperialiste e di ambiente.
> Ha seguito tutte le guerre mediorientali e la lotta irlandese fin dall'inizio.
> Ha visitato molti paesi del terzo mondo per scrivere di neocolonialismo,
> neoliberismo e lotte di liberazione. Autore di diversi libri, ha realizzato
> video sul Chiapas, sul Vietnam, sull'Iraq, sui profughi palestinesi in
> Libano, su Cuba, sul sud-est asiatico e sulla Jugoslavia "Il popolo
> invisibile" e "Serbi da morire" che verrà presentato nel corso del l'incontro.
> Attualmente scrive una rubrica quotidiana su Liberazione e una settimanale
> su "Ultime Notizie".
> Negli ultimi mesi ha dedicato particolare attenzione alla
> contro-informazione sulla Jugoslavia.
>
> PROF. DRAGOS KALAJIC
> Nato a Belgrado nel 1943. Diplomato presso l'Accademia di Belle Arti di Roma
> in Storia dell'Arte, dagli anni sessanta è
> presente sulla scena culturale e politica jugoslava con una serie di saggi
> ed analisi regolarmente recensiti dalla stampa russa. Ha ottenuto diversi
> riconoscimenti tra cui, nel 1994, il premio annuale della rivista
> dell'associazione degli scrittori russi.
> Nel 1997 ha fondato a Belgrado, con alti ufficiali dell'esercito jugoslavo,
> l'istituto di Studi Geopolitici.
> Negli anni dal 1992 al 1995 è stato corrispondente di guerra della stampa
> jugoslava, in Republika Srpska Krajina e Republika Srpska, rispettivamente
> in Croazia e in Bosnia-Herzegovina
> E' senatore della Republika Srpska in Bosnia-Herzegovina.
> E' membro onorario dell'Associazione degli Scrittori Russi.
>
> PROF. CLAUDIO MOFFA
> Docente di Storia ed Istituzioni dei Paesi Afro-Asiatici all'Università di
> Teramo. Politologo, esperto delle questioni "nazionali" nell'età
> contemporanea ed autore de "La questione nazionale dopo la decolonizzazione.
> Per una rilettura del principio di autodecisione nazionale" (Quaderni
> Internazionali, 1989).


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"IL CONVERTITO E' PEGGIO DEL TURCO" (PROVERBIO SLAVO)


Jack Straw, un tempo tra i piu' attivi capelloni del movimento "hippy"
britannico, e' diventato uno dei ministri degli Interni piu' odiosi e
reazionari che la storia della Gran Bretagna ricordi. Straw si sta
costruendo una immagine da fautore della "tolleranza zero", ad esempio
in fatto di droghe leggere, e contemporaneamente impedisce che la
giustizia faccia il suo corso nel caso di criminali conclamati. Dopo i
tentennamenti relativi all'estradizione dell'anziano criminale nazista
lituano Konrad Kalejs, Straw sta dando il peggio di se per impedire la
consegna del ben noto dittatore cileno Pinochet. Eppure Straw - che a
difesa di Pinochet adduce "ragioni umanitarie" in perfetto spregio della
Convenzione Europea sulla Estradizione del 1957 ed in base ad un referto
medico tenuto segreto - 34 anni fa fece persino un viaggio di
solidarieta' internazionalista nel Cile di Allende.

(Fonti: Reuters 14/01/2000; Dichiarazione della Associazione Americana
dei Giuristi - http://www.presos.org/italia )


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