( Vedi anche / SEE ALSO:

The CIA and Abu Ghraib
50 Years of Teaching and Training Torturers
JAMES HODGE and LINDA COOPER, CounterPunch

http://www.counterpunch.org/hodge11032004.html
http://www.uruknet.info/?s1=1&p=6812&s2=05 )


La storia nascosta delle torture della CIA: la strada che ha portato ad
Abu Ghraib

Alfred W. McCoy, ZNet.it

Dai ferri roventi e gli uncini laceranti dell'antica Roma agli
schiaccia pollici e alle ruote di tortura medievali, per oltre 2000
anni chiunque fosse interrogato in un tribunale poteva aspettarsi di
subire indicibili torture. Negli ultimi 200 anni, intellettuali
umanisti che vanno da Voltaire a membri di Amnesty International hanno
portato avanti una ferma campagna contro gli orrori di questa crudeltà
sponsorizzata dallo stato, campagna culminata nella Convenzione delle
Nazioni Unite del 1985 Contro la Tortura, ratificata
dall'amministrazione Clinton nel 1994. Poi è venuto l'11 settembre.
Quando le torri gemelle sono crollate uccidendo migliaia di persone,
alcuni influenti "cervelloni cinici" hanno prontamente ripudiato quegli
ideali illuministici e hanno avviato una discussione pubblica sul fatto
se se la tortura potesse essere un'arma appropriata, se non addirittura
necessaria, nella guerra al terrore di George Bush. Tra di loro, il più
persuasivo, l'accademico di Harvard Alan M. Dershowitz, ha sostenuto il
diritto dei tribunali di fornire delle "autorizzazioni alla tortura",
assicurando che le informazioni necessarie potrebbero essere ottenute
mediante aghi d'acciaio da determinati soggetti arabi poco disponibili
a fornirle altrimenti. Nonostante il ricorso alla tortura come ad un
"male minore", un espediente necessario in tempi pericolosi, coloro che
ne sono a favore ignorano la sua recente, problematica storia in
America. Sembrano anche essere ignari di una perversa patologia che
consente alla pratica della tortura, una volta iniziata, di diffondersi
incontrollabilmente in situazioni di crisi, distruggendo la legittimità
delle nazioni che la perpretano.

Come i torturatori del passato potrebbero dire ai cervelloni di oggi,
la tortura affonda nei recessi della coscienza umana, dando libero
sfogo ad un'insondabile capacità di essere crudeli, oltre ad una
seducente illusione di potere. Persino mentre cervelloni e professori
fantasticavano di "tortura limitata, chirurgica", l'amministrazione
Bush, seguendo gli ordini del Presidente di "dare qualche calcio in
culo", sperimentava, dimostrandole false, queste teorie, approvando
segretamente interrogatori brutali; i quali, dapprima utilizzati contro
pochi "bersagli di alto valore strategico", sospetti membri di Al
Qaida, si sono rapidamente diffusi ad una gran quantità di afgani
comuni e poi a centinaia di iracheni innocenti.

Come abbiamo appreso dalla Battaglia di Algeri francese degli anni '50,
dalla guerra sporca argentina degli anni '70, dal conflitto britannico
dell'Irlanda del Nord negli anni '70, una nazione che appoggia la
tortura in contrasto con i suoi principi democratici paga un prezzo
terribile. I suoi funzionari devono tessere una rete di bugie tanto
complessa da finire con l'indebolire quei vincoli di fiducia che sono
il sine qua non di ogni società moderna. In modo ancor più
sorprendente, i nostri stessi "cervelloni cinici" sembravano, in quei
primi giorni di stordimento di guerra al terrore, inconsapevoli della
storia di cinquant'anni di tortura dell'Agenzia Centrale di
Intelligence (CIA), e neppure sembravano consapevoli del fatto che le
loro entusiastiche proposte fornissero una copertura a quelli che,
nell'amministrazione Bush, erano intenti a riattivare un apparato di
crudeltà.

La patologia perversa della tortura

Nell'Aprile 2004, l'opinione pubblica americana è stata sbalordita
dalle fotografie apparse in televisione della prigione di Abu Ghraib,
che mostravano iracheni denudati e incappucciati, posti in posizioni
contorte, mentre subivano abusi visibilmente umilianti, con dei soldati
statunitensi che se ne stavano lì sorridenti. Mentre lo scandalo si è
impadronito dei titoli di giornale di tutto il pianeta, il Segretario
della Difesa Donald Rumsfeld ha prontamente assicurato al Congresso che
quegli abusi "erano stati perpetrati da un piccolo numero di militari
statunitensi", che l'editorialista del New York Times William Safire
presto ha bollato come "disgustosi".

Queste foto tuttavia non mostrano semplicemente brutalità e neppure
evidenziano un cedimento della "disciplina militare". Ciò che
registrano sono le tecniche di tortura della CIA che hanno prodotto
delle metastasi, come un cancro sconosciuto sviluppatosi all'interno
della comunità dei servizi segreti statunitensi durante il mezzo secolo
passato. Una panoramica storica mostra come la CIA è stata, in realtà,
l'agenzia guida ad Abu Ghraib, arruolando i servizi segreti
dell'esercito a supporto della sua missione. Queste fotografie
dall'Iraq illustrano anche le procedure standard degli interrogatori
nei campi di prigionia segreti della CIA, che sono state operativi
globalmente, per decreto esecutivo, fin dall'inizio della guerra al
terrore del Presidente.

Osservato da un punto di vista storico, lo scandalo di Abu Ghriab è il
prodotto di una politica statunitense profondamente contraddittoria nei
confronti della tortura fin dall'inizio della Guerra Fredda. Nelle
Nazioni Unite e in altri forum internazionali, Washington si è a lungo
dichiarata ufficialmente contraria alla tortura e ha appoggiato uno
standard universale per i diritti umani. Simultaneamente, la CIA ha
diffuso ingegnose nuove tecniche di tortura contravvenendo a quelle
stesse convenzioni internazionali, alcune delle quali erano state
ratificate dagli Stati Uniti. Nel combattere il comunismo, inoltre, gli
Stati Uniti hanno adottato alcune delle pratiche più discutibili -
sovvertimento di regimi all'estero, repressione interna, e, più
significativamente, la tortura stessa.

Dal 1950 al 1962, la CIA ha condotto una ricerca massiccia e segreta
sulla coercizione e sulla malleabilità della coscienza umana che, dai
tardi anni '50, è costata un miliardo di dollari all'anno. Molti
americani hanno sentito parlare degli aspetti più stravaganti e meno
riusciti di questa ricerca - come la sperimentazione dell'LSD su
soggetti ignari. Mentre questi esperimenti con la droga della CIA non
hanno portato da nessuna parte, e gli esperimenti con l'elettroshock
hanno portato solo a procedure penali, la ricerca nel campo della
deprivazione sensoriale si è dimostrata davvero fruttuosa. In realtà,
questa ricerca ha prodotto un nuovo metodo di tortura, psicologico
anziché fisico, forse meglio descritto come tortura "senza contatto".

La scoperta dell'agenzia è stata una rivelazione contro l'intuito, la
prima vera rivoluzione in questa scienza crudele dal diciassettesimo
secolo in poi - e grazie alle recenti rivelazioni da Abu Ghraib e da
Guantanamo, anche noi abbiamo ormai preso familiarità con questi
metodi, anche se molti americani non hanno idea della storia che c'è
dietro. Dopo un esame attento, quelle fotografie di corpi nudi svelano
le tecniche di tortura più basilari della CIA - posizioni di stress,
deprivazione sensoriale, umiliazione sessuale.

Per oltre 2000 anni, dall'antica Atene all'inquisizione, chi
interrogava rilevava che l'inflizione di dolore fisico spesso produceva
un acuirsi della resistenza o inaffidabilità delle informazioni - i
forti sfidavano il dolore, mentre i deboli dicevano qualunque cosa
potesse servire a fermarlo. In contrasto, il paradigma di tortura
psicologica della CIA usa due nuovi metodi, il disorientamento
sensoriale e il "dolore auto inflitto", entrambi mirati a far sentire
le vittime responsabili della propria sofferenza e a capitolare così
più rapidamente ai loro torturatori. Una settimana dopo lo scoppio
dello scandalo di Abu Ghraib, il generale Geoffrey Miller, comandante
della prigione statunitense in Iraq (e precedentemente di Guantanamo),
ha fornito una sintesi inconsapevole di questa tortura a due fasi. "Non
incappucceremo più, in nessuna circostanza, nessuno di questi detenuti"
ha detto il generale. "Non useremo più posizioni stressanti in nessuno
dei nostri interrogatori. E non useremo più la privazione del sonno in
nessuno dei nostri interrogatori."

Nelle condizioni presentatesi sin dall'inizio della guerra in
Afghanistan, gli addetti agli interrogatori, sia dell'Agenzia che
alleati, hanno spesso aggiunto al loro repertorio di tortura "senza
contatto", metodi fisici reminiscenti dei tratti distintivi della
tortura dell'inquisizione - lo strappado (1), la question de l'eau (2),
la "cicogna di storpiatura" (3), la "maschera d'infamia" (4). Nella
sede della CIA vicino a Kabul, per esempio, gli americani addetti agli
interrogatori obbligavano i prigionieri "a stare con le mani incatenate
al soffitto e i piedi legati per le caviglie", con un effetto simile
allo strappado. Anziché usare l'attrezzo di ferro della cicogna di
storpiatura dell'inquisizione per contorcere il corpo delle vittime,
gli uomini della CIA facevano assumere alle loro vittime simili
"posizioni di stress" senza meccanismi esterni, mirando di nuovo
all'effetto psicologico del dolore auto inflitto.

Anche se sembra meno brutale dei metodi fisici, la tortura "senza
contatto" della CIA, lascia cicatrici psicologiche profonde e
brucianti, sia nelle vittime che - cosa raramente notata - negli
esecutori. Le vittime spesso hanno bisogno di un lungo trattamento per
recuperare un trauma che molti esperti considerano più dannoso del
dolore fisico. Gli esecutori possono essere soggetti ad una pericolosa
espansione dell'ego, che può portare ad un escalation di atti di
crudeltà e a duraturi disordini emotivi. Quando applicate in situazioni
reali, le procedure psicologiche della CIA hanno frequentemente portato
a crudeltà inimmaginabili, fisiche e sessuali, da parte di singoli
esecutori capaci spesso di improvvisazioni terrificanti e solo
occasionalmente efficaci.

Proprio come chi interroga è spesso sedotto da un oscuro, potenziante,
senso di dominio sulle vittime, così i loro superiori, anche ai più
alti livelli, possono soccombere alle fantasie della tortura come
un'arma che tutto può. La nostra attuale concezione della tortura come
aberrazione, e dei suoi esecutori come esseri ripugnanti, ignora sia la
sua pervasività come pratica occidentale nei due millenni passati, sia
il suo fascino perverso. Una volta che la tortura comincia, i suoi
esecutori, immergendosi negli insondabili recessi della coscienza, sono
spesso trascinati da oscure fantasie, da frenesie di potere e di
potenza, possesso e controllo - in modo particolare in momenti di
crisi. "Quando si sviluppano sentimenti di insicurezza nell'ambito
delle strutture di potere" si legge in un'analisi della CIA sullo stato
sovietico, applicabile al dopo 11 settembre "esse diventano sempre più
sospettose, tanto da operare forte pressione sulla polizia segreta al
fine di ottenere arresti e confessioni. In questi periodi i funzionari
di polizia sono inclini a passare sopra qualunque cosa produca una
'confessionè veloce, e la brutalità può diventare pratica comune".

Estasiati da questa illusione di potere, gli stati moderni che
autorizzano la tortura, di solito le permettono di diffondersi in modo
incontrollato. Dal 1967, solo quattro anni dopo aver redatto un manuale
sulla tortura da usare contro pochi obiettivi strategici sovietici,
c'erano 40 centri operativi della CIA, nel Vietnam del Sud, per gli
interrogatori, e questo faceva parte del Programma Phoenix con cui
vennero uccisi più di 20.000 sospetti Viet Cong. In questi centri,
vennero torturate migliaia e migliaia di persone per ottenere le
informazioni che portarono a quegli assassinii. Similmente, solo pochi
mesi dopo che dei funzionari della CIA torturavano per primi i
principali sospetti membri di Al Qaida a Kabul nel 2002, i suoi agenti
erano coinvolti nei brutali interrogatori di centinaia di prigionieri
iracheni. Come eredità più problematica, il metodo psicologico della
CIA, con la sua patina di legittimazione scientifica e per il fatto di
evitare violenza fisica esplicita, ha fornito un pretesto per la
preservazione della tortura come pratica accettabile all'interno della
comunità dell'intelligence statunitense.

Una volta adottata, la tortura offre una così potente illusione di
efficienza nell'estrazione delle informazioni, che i suoi esecutori, ad
alti e bassi livelli, rimangono legati al suo utilizzo. Regolarmente si
rifiutano di riconoscere la sua utilità limitata e il suo alto costo
politico. Almeno due volte durante la Guerra Fredda, i corsi di tortura
della CIA hanno contribuito alla destabilizzazione di due alleati
americani chiave, lo Shah in Iran, e Ferdinando Marcos nelle Filippine.
Eppure anche dopo la loro rovinosa caduta, l'Agenzia è rimasta cieca
verso il fatto che i suoi corsi sulla tortura stavano distruggendo gli
alleati, anziché difenderli. Ricerche sulla tortura della CIA La
sperimentazione della tortura da parte della CIA negli anni '50 e nei
primi anni '60, è stata documentata nel 1963 in un succinto e segreto
libretto di istruzioni sulla tortura - il manuale "KUBARK
Counterintelligence Interrogation", che sarebbe diventato la base per
un nuovo metodo di tortura diffuso globalmente nei tre decenni
successivi. Queste tecniche vennero prima diffuse attraverso il
programma di Pubblica Sicurezza dell'U.S. Agency for International
Development, per addestrare la polizia in Asia e in America Latina in
prima linea nella difesa dai comunisti e da altri rivoluzionari. Dopo
che un incollerito Congresso abolì il programma di Pubblica Sicurezza
nel 1975, la CIA lavorò con squadre mobili di addestramento
dell'esercito statunitense per la formazione di militari addetti alle
interrogazioni, principalmente in America Latina.

Alla fine della Guerra Fredda, Washington riesumò il suo appoggio ai
principi universali, denunciando i regimi che praticavano la tortura,
partecipando alla Conferenza Mondiale sui diritti umani a Vienna nel
1993 e, un anno dopo, ratificando la Convenzione dell'ONU Contro la
Tortura. In superficie, gli Stati Uniti avevano risolto la tensione tra
i loro principi contro la tortura e la loro pratica della tortura.
Eppure, anche quando il Congresso finalmente ratificò la convenzione
dell'ONU, lo fece con delle complicate riserve che abilmente
escludevano i metodi di tortura psicologica della CIA. Mentre altri
servizi segreti considerati sinonimi della Guerra Fredda, come la
Securitate in Romania, la Stasi nella Germania dell'est, e il KGB in
Unione Sovietica, sono scomparsi, la CIA sopravvive - i suoi archivi
sono stati sigillati, i suoi funzionari sono stati decorati, i suoi
crimini durante la Guerra Fredda dimenticati. Senza ripudiare la
diffusione dell'uso della tortura nella CIA, ma adottando una
convenzione ONU che ne condannava la pratica, gli Stati Uniti hanno
lasciato che questa contraddizione rimanesse nascosta come una mina
politica pronta a scoppiare con una potenza fenomenale nello scandalo
di Abu Ghraib.

Ricordarsi e dimenticare

Oggi il pubblico americano ha solo una vaga comprensione di questi
eccessi della CIA e della dimensione del suo massiccio progetto di
controllo mentale. Eppure quasi ogni adulto americano conserva una
frammentaria memoria di questo passato - degli esperimenti con l'LSD,
del programma Phoenix della CIA in Vietnam, dell'omicidio di un
consulente della polizia americana sequestrato a Montevideo, che stava
insegnando tecniche della CIA alla polizia uruguaiana, e naturalmente
delle fotografie di Abu Ghraib. Ma pochi sono in grado di mettere
insieme questi frammenti per afferrare il quadro più generale. In
sintesi, vi è un ignorare, un evitare, in modo deliberato, un argomento
profondamente problematico, un qualcosa di affine a ciò che si verifica
nelle società post autoritarie, quando si stende un velo su questo
problema.

Con la controversia su Abu Ghraib, incidenti che una volta non
apparivano che singoli episodi, ora dovrebbero essere messi insieme per
formare il quadro di un'agenzia clandestina che manipola il governo e
inganna i cittadini per sondare il lato nascosto della crudeltà della
coscienza umana, e per diffondere quindi le sue scoperte in tutto il
Terzo Mondo.

Le democrazie forti hanno difficoltà ad occuparsi della tortura. Nei
mesi seguenti la diffusione delle foto di Abu Ghraib, gli Stati Uniti
si sono mossi rapidamente sugli stessi passi (così definiti dall'autore
John Conroy) che il Regno Unito aveva già seguito dopo le rivelazioni
sulle torture dell'esercito britannico nell'Irlanda del Nord nei primi
anni '70 - per prima cosa, minimizzare la tortura con eufemismi tipo
"interrogatori che vanno in profondità"; poi, giustificarla sulla base
del fatto che era stata necessaria o efficace; e infine, cercare di
insabbiare l'argomento dando la colpa a "poche mele marce".

In realtà, dallo scorso Aprile, l'amministrazione Bush e gran parte dei
media, hanno accuratamente evitato la parola "tortura", e hanno invece
dato la colpa alle nostre mele marce, quei sette membri della polizia
militare. A Luglio, l'ispettore dell'esercito, il Generale Paul T.
Mikolashek, ha consegnato il suo rapporto denunciando 94 incidenti di
"abuso", dovuti a "mancanza individuale di fedeltà ai valori
dell'esercito". Benché il New York Times abbia definito "comica" questa
conclusione, il punto di vista del generale è sembrato avere una certa
risonanza in un emergente consenso conservatore. "Gli interrogatori non
sono una scuola domenicale" ha detto il senatore repubblicano Trent
Lott. "Non si ottengono informazioni che salveranno vite americane
negando focaccine". A Giugno, un sondaggio di ABC News/Washington Post
ha trovato che il 35% degli americani pensa che la tortura sia
accettabile in alcune circostanze.

Ad Agosto, il maggiore George R. Fay ha emesso il suo rapporto sul
ruolo dei servizi segreti militari ad Abu Ghraib. Le sue sensazionali
rivelazioni sulle motivazioni di queste torture sono state tuttavia
nascoste dietro un'opaca prosa militare. Dopo aver intervistato 170
membri del personale e aver visionato 9000 documenti, il maggiore ha
suggerito che questo abuso fosse il prodotto di una linea politica
sugli interrogatori forgiata, sia nel progetto che nell'applicazione,
dalla CIA.

Significativamente, il maggiore Fay non ha accusato le "sette mele
marce", ma le procedure stesse degli interrogatori di Abu Ghraib. Dei
44 abusi verificabili, un terzo sono avvenuti durante veri e propri
interrogatori. Inoltre, queste procedure di "routine" per gli
interrogatori, "hanno contribuito ad un escalation della
'disumanizzazionè dei detenuti e hanno posto le condizioni perché
avvenissero ulteriori seri abusi".

Dopo aver giudicato sicura la dottrina standard dell'esercito in
materia di interrogatori, il maggiore Fay è stato obbligato ad
affrontare un'unica, centrale, scomoda domanda: da dove venivano quelle
aberranti pratiche, al di fuori delle dottrine standard, che hanno
portato alla tortura durante gli interrogatori di Abu Ghraib? Sparsi
nel suo rapporto ci sono i punti, abilmente non connessi, che portano
dalla Casa Bianca alle celle della prigione irachena: il presidente
Bush ha dato al Segretario della Difesa ampi poteri sui prigionieri nel
Novembre 2001; il Segretario Rumsfeld ha autorizzato dure "tecniche di
contro-insurrezione" in Afghanistan e a Guantanamo nel Dicembre 2002;
unità rinforzate dei servizi segreti militari hanno portato questi
metodi in Iraq nel Luglio 2003; e il Generale Ricardo Sanchez ha
autorizzato a Baghdad queste misure estreme per Abu Ghraib nel
Settembre 2003.

Nella sua breve risposta a questa scomoda domanda, il rapporto del
maggiore Fay, se letto attentamente, fa risalire l'origine di questi
duri "metodi al di fuori delle dottrine standard" applicati ad Abu
Ghraib, alla CIA. Nel suo rapporto vi sono le accuse contro il
dileggiamento delle procedure militari da parte dei funzionari della
CIA, che "hanno eroso nelle menti dei soldati e dei civili la necessità
di seguire le regole dell'esercito." Nello specifico, l'esercito "ha
permesso alla CIA di ospitare ad Abu Ghraib 'detenuti fantasmà che non
erano identificati né registrati", incoraggiando quindi una violazione
della "documentazione richiesta dalla Convenzione di Ginevra". Inoltre,
le interrogazioni dei detenuti della CIA "sono avvenute con diverse
pratiche e procedure da cui era assente una qualunque visibilità,
controllo o supervisione del dipartimento della difesa, e ciò ha creato
la percezione che le tecniche e le pratiche della CIA fossero
autorizzate e adeguate alle operazioni del Dipartimento della Difesa."
Esenti dal regolamento militare, i funzionari della CIA si sono mossi
all'interno di Abu Ghraib circondati da un' "aura" di corruzione e di
metodi estremi che hanno "affascinato" alcuni funzionari dell'esercito.
In sintesi, il maggiore Fay sembra dire che la CIA ha compromesso
l'integrità e l'efficacia dell'esercito statunitense.

Se fosse andato oltre, il maggiore Fay potrebbe aver menzionato che il
519-esimo reparto dei servizi segreti militari, l'unità dell'esercito
che ha steso i principi guida per gli interrogatori ad Abu Ghraib, era
appena arrivato da Kabul dove aveva lavorato a stretto contatto con la
CIA, apprendendo tecniche di tortura che avevano portato alla morte di
almeno un prigioniero afgano. Se fosse andato ancora oltre, il generale
potrebbe aver aggiunto che le tecniche di deprivazione sensoriale, le
posizioni di stress, e lo shock provocato dai cani e dalla nudità che
abbiamo visto in quelle foto di Abu Ghraib erano state carpite dalle
pagine di vecchi manuali di tortura della CIA.

Prestigio americano Questo non è, naturalmente, il primo dibattito
americano sulla tortura di recente memoria. Dal 1970 al 1988, il
Congresso ha provato senza successo, con quattro grandi indagini, ad
esporre elementi di questo paradigma della tortura della CIA. Ma in
ciascuna occasione l'opinione pubblica ha mostrato scarso interesse, e
la pratica, mai pienamente riconosciuta, persiste all'interno della
comunità dei servizi segreti.

Ora, in queste fotografie di Abu Ghraib, l'americano comune ha visto la
realtà e i risultati delle tecniche di interrogazione che la CIA ha
diffuso e praticato per quasi mezzo secolo. Il pubblico americano può
unirsi alla comunità internazionale nel ripudio di una pratica che, più
di ogni altra, rappresenta una negazione della democrazia: oppure,
nella sua disperata ricerca di sicurezza, gli Stati Uniti possono
continuare la loro tortura clandestina dei sospetti di terrorismo nella
speranza di ottenere dei buoni servigi dall'intellegence senza
pubblicità negativa.

Nella probabile eventualità che Washington adotti la seconda strategia,
sarà una decisione che poggia su due false assunzioni: che la tortura è
una pratica che può essere controllata e che le notizie che la
riguardano possano essere contenute. Una volta che la tortura ha
inizio, il suo utilizzo sembra diffondersi incontrollabilmente in una
spirale verso il basso di paura e di sensazione di potere. Con la
proliferazione delle tecniche fotografiche digitali, possiamo
anticipare, per i prossimi cinque-dieci anni, ancora altre immagini
agghiaccianti e bufere devastanti sul credito internazionale americano.
La prossima volta, tuttavia, le preoccupazioni morali del pubblico
americano e le scuse di Washington suoneranno ancora più a vuoto,
producendo un danno ancora più grande al prestigio statunitense.

Note

(1) strappado: tortura in cui una persona con le mani legate dietro la
schiena veniva sollevata da terra e fatta cadere tramite una corda
legata ai polsi.

(2) Nella tortura dell'acqua, la question de l'eau, veniva versata
dell'acqua nella gola dell'accusato, insieme ad un panno morbido, in
modo da causare soffocamento. Il panno veniva rapidamente rimosso così
da lacerare gli organi interni.

(3) tortura in cui la vittima era totalmente immobilizzata tramite
un'asta che bloccava collo, polsi e caviglie.

(4) Questa tortura infliggeva allo stesso tempo due tipi di tortura:
quella psicologica e quella fisica. Rendeva ridicoli ed umiliava di
fronte al pubblico, ma allo stesso tempo provocava un dolore tremendo
poiché stringeva la testa e, spesso e volentieri, una pallina al suo
interno entrava in bocca in modo tale da impedire di urlare.

Documento originale The Hidden History of CIA Torture: America's Road
to Abu Ghraib by Alfred W. McCoy

Traduzione di Garabombo - ZNet.it
Alfred W. McCoy è professore di storia all'Università del
Winsconsin-Madison. E' autore di "The Politics of Heroin, CIA
Complicity in the Global Drug Trade" [La politica dell'eroina: la
complicità della CIA nel mercato globale della droga], un'analisi delle
alleanze della CIA con i signori della droga, e "Closer Than Brothers"
[Più che fratelli] uno studio dell'impatto dei metodi di torture
psicologica della CIA sull'esercito filippino. Pubblicherà una versione
integrata di questo saggio in The New England Journal of Public Policy
(Volume 19, No. 2, 2004).



Articolo originale:
http://www.uruknet.info/?p=5488


:: L'indirizzo di questa pagina è : www.uruknet.info?p=7543

:: L'indirizzo originale di quest'articolo è :
   www.zmag.org/Italy/mccoy-torture-cia.htm