G. Chiesa ed altri su Ucraina e nuova guerra fredda


1. Leopoli, tradizionale avamposto del nazismo ucraino:

- Mark Bernardini: Ci siamo? Il centro di cultura russa di Leopoli
assaltato e riempito di svastiche; la disinformazione strategica del
canale "Euronews"

- A Leopoli 300 golpisti giurano fedeltà a Yushenko

2. UNA GIORNATA TRA I MANIFESTANTI DI KIEV
Le impressioni del comunista russo Dmitrij Jakushev

3. L’UCRAINA E’ UNA POSTA TROPPO ALTA
di Giulietto Chiesa, 24 novembre 2004

4. Le reazioni in Russia:

- Mosca preoccupata per atteggiamento Occidente: le dichiarazioni di
Lavrov (la Repubblica)

- L’OCCIDENTE HA MOSTRATO IL SUO VERO VOLTO ALLA RUSSIA, di Oleg
Leonov, vicedirettore dell’agenzia “RBC daily”


=== 1 ===

Leopoli, tradizionale avamposto del nazismo ucraino

---

Da: "Mark Bernardini"
Data: Ven 26 Nov 2004 18:44:56 Europe/Rome
A: "No Berluska" <noberluska @ yahoogroups.com>
Cc: jugocoord
Oggetto: Ci siamo?

A Leopoli è stato assaltato il Centro di Cultura Russa (per intenderci,
una struttura statale analoga ai vari Istituti di Cultura Italiana
"Dante Alighieri" sparsi per tutto il mondo) e riempito di svastiche da
parte dei movimenti radicali di appoggio a Juščenko. Il Consolato
Generale della Federazione Russa a Leopoli è assediato da cinque
giorni, con difficoltà ad entrare ed uscire. E' questa la democrazia
occidentale che si pensa di insediare in Ucraina?
Per chi dispone di ADSL o ISDN, segnalo un fatto curioso: ieri, 25
novembre, Euronews ha trasmesso a manetta un'intervista con Juščenko,
dove quest'ultimo si sbraccia e si genuflette davanti all'Unione
Europea per lo spazio concessogli da Euronews, invitando a non
riconoscere il potere leggittimo ucraino, dunque in pratica invitando a
sostenere il tentativo di colpo di Stato in atto. L'intervista è al link

www.euronews.net/create_html.php?page=interview&lng=4&option=5,home

E da lì si accede al video in italiano. Io il tutto l'ho visto alla
televisione in russo, e qui viene il bello. Euronews in Russia
trasmette dalle sette alle dieci del mattino sul quinto canale
"Kul'tura". In questi giorni, di Juščenko ho saputo tutto, fra un po'
anche quanti peli abbia nel naso. Viceversa, di Janukovič non si sa
quasi nulla, non se ne parla, con buona pace di Juščenko che afferma
che non gli si dia spazio. Ricorda molto il Pannella italiano. E'
probabile che qualcuno abbia fatto notare ad Euronews che quando è
troppo è troppo, visto che si piccano sempre di essere "obiettivi ed
equidistanti". Ecco quindi che stamane hanno avvisato di essere pronti
ad intervistare anche Janukovič, ma non l'hanno fatto sinora perché il
quartier generale di quest'ultimo avrebbe "difficoltà di connessione
telefonica", ripromettendosi di farlo non appena possibile. Alle dieci
(le otto in Italia) è cessato il ponte con Euronews, ma io sto seguendo
il tutto anche via internet, in questo momento sono le nove di sera e
Janukovič continua ad essere il convitato di pietra. Vorrei ricordare a
lor signori prezzolati euroccidentali che qui [in Russia, ndCNJ] non
siamo nel Burundi (con tutto il rispetto), le connessioni telefoniche
funzionano benissimo, le prime centrali telefoniche digitali sono
arrivate nel 1990, ci sono più cellulari che utenze fisse, e per quanto
riguarda internet, per fare un esempio, il sottoscritto viaggia a 100
Mbit/s per 30 dollari al mese. Già, intanto però in questo modo
Euronews spera di avere salvato la faccia...

Mark Bernardini
mark @...
www.bernardini.com

---

http://www.repubblica.it/2004/k/dirette/sezioni/esteri/ucraina/
ucraina26nov/index.html

26/11/04 15:56
300 poliziotti giurano fedeltà a Yushenko

Circa 300 agenti di polizia ucraina hanno "prestato giuramento" oggi a
Leopoli, bastione nazionalista nell'ovest dell'Ucraina, al capo
dell'opposizione Viktor Yushenko che martedì si era autoproclamato
presidente. "Eseguiremo gli ordini del presidente del popolo Viktor
Yushenko" ha detto Mikhailo Chapla, vice capo della polizia stradale
regionale anche a nome di molti altri colleghi.


=== 2 ===

UNA GIORNATA TRA I MANIFESTANTI DI KIEV

Le impressioni del comunista russo Dmitrij Jakushev

24 novembre 2004
http://www.left.ru

La peste “arancione” si propaga per Kiev. Il Kreshatik, piazza
dell’Indipendenza, piazza Europa sono gremiti di folla, praticamente
tutto il centro della città. Sono stato alla stazione e ho constatato
che stanno arrivando treni dall’occidente pieni di sostenitori di
Juschenko, che salutano gli abitanti di Kiev con lo slogan “banderista”
(i seguaci di Bandera, collaborazionisti delle SS naziste, nota del
traduttore) “Gloria agli eroi, gloria all’Ucraina”. Mi ha sollevato il
fatto di aver incontrato dei cittadini di Kiev consapevoli di quanto
sta succedendo e per questo allarmati. C’era anche una donna, che
appena ieri aveva votato per Juschenko, perché non sopportava Kuchma e
credeva che Juschenko fosse un “buon economista”, spaventata, quando ha
visto apparire dietro la schiena del “buon economista” la
“banderovschina” più esaltata, che da qualche giorno imperversa per le
strade di Kiev. Non ci dovrebbe essere alcun dubbio sul fatto che del
potere potrebbero impadronirsi proprio i fascisti. Davanti agli occhi
abbiamo tutti gli ingredienti dell’ideologia fascista: finanziamenti
enormi, una smisurata demagogia, che utilizza la tematica sociale e il
nazionalismo aggressivo, diretto contro la Russia.

Janukovic, al momento, a Kiev controlla solo alcuni palazzi
amministrativi. Qui si afferma continuamente che essi sarebbero sotto
controllo dei corpi speciali russi. Se fosse così, Putin sarebbe
davvero molto in gamba. Ma francamente non vedo come Janukovic possa
cambiare radicalmente la situazione a Kiev. Non dispone della forza
militare in grado di permetterglielo. Poi, sono assolutamente convinto
che Juschenko già dispone di reparti militari, che per ora non sono
ancora entrati in azione. Juschenko ha bisogno di dare una parvenza
legale alla presa del potere, in modo tale che venga riconosciuta da
tutta l’Ucraina. Ieri lo speaker della Rada Litvin ha interrotto la
seduta, non appena è stato evidente che Juschenko sarebbe stato
proclamato presidente. Ma ciò è ugualmente avvenuto. Juschenko ha
giurato sulla Bibbia, mentre i deputati “banderisti” (tutti gli altri
erano assenti in sala) cantavano “L’Ucraina non è morta”. C’è però da
dire che la migliore propaganda contro Juschenko nelle regioni
orientali del paese è rappresentata proprio dal suo canale televisivo
“tv5”. Nessuno là nutre dubbi sul fatto che Juschenko non sia certo
l’uomo adatto a realizzare gli appelli, lanciati da questa TV, per la
creazione di un’unica nazione ucraina.

(Traduzione dal russo di Mauro Gemma)


=== 3 ===

> http://www.giuliettochiesa.it/modules.php?name=News&file=print&sid=90

L’UCRAINA E’ UNA POSTA TROPPO ALTA

Data: Wednesday, 24 November @ 22:14:00 CET
Argomento: Articoli

di Giulietto Chiesa

del 24 novembre 2004, in uscita sul mensile Galatea


Avevamo archiviato la Russia, sotto le diciture varie di partner
dell'occidente, inglobata, normalizzata, capitalista, democratica,
addomesticata, inoffensiva, un pò cadente, fuori moda, folklore ecc.
Più o meno tranquillizzanti, tutte le diciture, gli aggettivi e i
gerundi. Eravamo certi di avere vinto, definitivamente.
Passata la tempesta odo augelli far festa.... I baltici glieli abbiamo
portati via e adesso sono in Europa, felici e contenti. L'Ucraina
sarebbe caduta come una pera al momento giusto di maturazione. La
Bielorussia di Lukashenko sarebbe stata un ossicino soltanto un tantino
più duro da sgretolare.
Laggiù in Asia la guerra afghana di George Bush era stata efficace:
non tanto e non solo per far fuori i taleban ormai scomodi e -
com'erano sempre stati - anche repellenti. No, il risultato migliore
era stato quello di avere portato via dalle grinfie dell'orso ormai
domato tre repubbliche dell'Asia Centrale ex sovietica, e di avere
piazzato basi americane in Kirghizia e Uzbekistan...

Più a ovest, detronizzato il vecchio e un pò rintontonito Eduard
Shevardnadze, anche la Georgia era ormai entrata nell'area di influenza
degli Stati Uniti e della Nato. L'Azerbajgian aveva già cambiato
padrone con la buon'anima di Gheidar Aliev, ed era da tempo divenuto il
luogo dove molti ex segretari di Stato Usa andavano a tenere conferenze
ben pagate, aprivano uffici di consulenza, benedicevano gli affari
delle grandi compagnie petrolifere.

Ci si poteva dunque occupare d'altro. Per esempio di dichiarare guerra
all'Irak, e di esportare la democrazia americana in tutto il resto del
mondo. Poi, improvvisamente, ecco che il leader del partner democratico
e capitalista, senza nemmeno avvertire, senza un minimo di cortesia,
dopo aver tanto sorriso, dato e ricevuto pacche sulle spalle a Bush e
Berlusconi, a Chirac e Shroeder, a Blair e a tutti gli altri, comunica
freddamente al resto del mondo di avere armi strategiche del tutto
nuove, inedite, imparabili.

Informa i suoi dirimpettai d'oltre Atlantico - e, per conoscenza,
anche i vicini cinesi, che sono molto amici, ma anche molto grossi e
sempre più potenti - che la Russia ha missili capaci di sollevare 14, 4
tonnellate di armamenti nucleari, ben distribuiti in dieci testate
indipendenti ciascuno, in grado di scendere a terra con traiettorie
imprevedibili, velocissimi e manovrabili, insomma così strani da
rendere vano ogni tentativo di intercettarli prima che giungano a
destinazione.

Cosa significa tutto questo? Putin Vladimir Vladimirovic fa un pò di
voluta confusione parlando di necessità di perfezionare la lotta contro
il terrorismo internazionale. Ma è del tutto evidente che questo tipo
di armi non ha nulla a che vedere con il terrorismo internazionale (a
meno di non supporre che Bush considera gli Stati Uniti come dei
terroristi internazionali, per la qual cosa avrebbe parecchie ragioni).
In realtà riafferma senza mezzi termini il ruolo della Russia come
potenza mondiale, con la quale occorre di nuovo fare i conti. Altro che
partner subalterno e pronto a incassare schiaffoni economici, politici
e geostrategici! Il presidente russo dice quello che l'Occidente aveva
voluto dimenticare: che la Russia è un paese dalle mille risorse,
dotato di alta esperienza tecnologica e militare, oltre che di profonda
e diffusa cultura.

Si può essere poveri , perfino miserabili, si può avere un crollo di
natalità, o vertici di mortalità infantile, si può avere un sistema
sanitario ridotto ai minimi termini, o un elevatissimo tasso di
alcolismo - e la Russia è diventata tutto questo e molto altro ancora,
in peggio, grazie ai riformatori alla Boris Eltsin, applauditi
freneticamente dall'Occidente mentre bombardavano il legittimo
parlamento nazionale - ma questo non è sempre sufficiente per mettere
in ginocchio un paese di grandi dimensioni.

E' vero quello che scrisse il marchese De Coustine, e cioè che bisogna
andare in Russia per capire cosa non può fare perfino colui che tutto
può. Ma è anche vero il contrario, se un paese ha dimensioni di scala
sufficientemente vaste. Bisogna andare in Russia per capire che un
paese devastato e colonizzato può conservare risorse immense per
risalire la china.

Certo non nel tenore di vita delle sue genti, ma sicuramente nel campo
tecnologico e militare. Così si può dire che la Russia di Putin è un
vero disastro sociale e democratico, ma nello stesso tempo è in grado
di costruire le armi più sofisticate del mondo. Non c'è alcuna
contraddizione tra le due cose. Anzi, a ben vedere, esse sono
complementari, e la seconda spiega bene anche la prima.

Increduli o inquieti molti osservatori occidentali pensano adesso che
Putin stia barando, o bluffando. Sbaglieremmo se ci cullassimo in
questa ulteriore illusione. Nel 1999 mi capitò di visitare, tra i primi
giornalisti occidentali ammessi a quelle zone un tempo segretissime,
una delle città "Arzamas".

Se non ricordo male aveva il numero 11. Città segrete fatte apposta
perchè gli scienziati che vi lavoravano non potessero mai entrare in
contatto con gli stranieri, le spie, i disturbatori della pubblica
quiete come i giornalisti che fanno il loro mestiere (sempre più rari).

La città stava andando a pezzi, gli edifici non erano stati riparati
da molto tempo, come l'asfalto delle strade. C'era la casa dove Andrei
Sakharov aveva lavorato per diversi anni, quasi sepolta tra le frasche
mai potate, anch'essa quasi in rovina. Ma i laboratori dove ancora si
lavorava, anche, in qualche caso, su progetti finanziati dagli
americani, erano lindi ed efficienti. Poveri nel loro aspetto
esteriore, ma tenuti a lucido. E gli scienziati che ancora li
abitavano, pagati con stipendi che avrebbero fatto vergognare un
lavascale di condominio italiano, erano ancora permeati di un orgoglio
inossidabile.

Credo che siano stati loro a fare quello che oggi Putin sbandiera come
un suo successo.

Non credo quindi che sia un bluff. Del resto era da almeno due anni
che circolavano voci su diverse innovazioni russe: dai sommergibili
atomici, ai nuovi caccia bombardieri supersonici Sukhoi, ai nuovi
missili che, a quanto scrivono le riviste specializzate in armamenti,
sono già stati messi in vendita segretamente agli iraniani e ai cinesi.
Missili di crociera di cui si conosce anche il nome: Moskit , e che la
Nato ha già catalogato come SS-N-22 Sunburn , che viaggiano a velocità
Mach 2,1 due volte quella del suono, trasportando a scelta un carico
nucleare di 200 chiloton ovvero una testata convenzionale di circa 400
chili, con un sistema di guida che gli permette bruschi e improvvisi
mutamenti di rotta (ecco la novità che potrebbe riguardare le testate
multiple dei missili balistici intercontinentali).

Se Putin disponesse davvero di queste nuove armi ecco che l'equilibrio
strategico dovrebbe essere ridefinito d'accapo in quasi tutte le sue
componenti. Resta da chiedersi perchè mai Putin ha deciso di tirare
fuori dal cappello a cilindro le sue sorprese proprio adesso. Fino
all'altro ieri aveva taciuto; adesso, all'improvviso, fa la frittata.
Perchè di una frittata si tratta, cioè di un processo irreversibile che
non può più ritornare alle uova d'origine.

Una risposta forse c'è nella crisi che si è aperta a centro
dell'Europa, e precisamente in Ucraina. Non è una disputa da poco e
Putin ha parlato dei suoi nuovi missili appena prima che esplodesse con
il contestatissimo esito dell'elezione presidenziale. Non è un caso.
L'avvertimento doveva servire a dissuadere gli Stati Uniti e l'Europa
dal forzare la situazione a loro vantaggio, dal tirare la corda oltre
il limite di sopportabilità che Putin può permettersi.

Perchè anche lo zar ha i suoi problemi. L'Ucraina è la sua carta
massima, la sua briscola più decisiva. La zar vuole ricostruire la
Grande Russia. Non gl'importa niente del socialismo, ma pensa agli
slavi e ortodossi di Russia, Ucraina, Bielorussia e Kazakhstan, cui
magari aggiungere i cristiani non cattolici di Armenia e, in
prospettiva, di quella Georgia divenuta da poco americana, ma che
rimane appesa alle scelte della Russia in Abkhazia e in Ossetia del Sud.

Tutto questo era fin troppo chiaro anche due anni fa. E Putin cedette
mezza Asia Centrale ex sovietica per avere in cambio l'autorizzazione a
questo disegno. Non so se Bush gliela firmò. Quello ch'è ora evidente è
che un precipitare dell'Ucraina fuori dalla sfera d'influenza russa e
il suo ricadere, con un grande tonfo, nel campo occidentale, nella
Nato, nell'Europa, sarebbe la fine della grandeur putiniana. Con tante,
forse troppe ricadute negative anche sulla figura del nuovo zar,
disinnescato in casa propria dall'imperatore che non fa più sconti a
nessuno.

Ecco perchè adesso i missili fanno comodo: politicamente. Per dire a
Washington che non può andare troppo oltre se non vuole innescare una
drammatica contrapposizione.

E' troppo presto per cogliere tutte le ripercussioni della mossa di
Putin. Ma una è già fin troppo chiara: la politica del disarmo,
inaugurata da Gorbaciov, è stata ormai cancellata del tutto. Ricomincia
al contrario una grande, triplice, corsa al riarmo. Bush dovrà
inventarsi un'altra cosa rispetto allo scudo spaziale che è già
obsoleto prima ancora di essere entrato in funzione, e dopo che è già
costato circa 20 miliardi di dollari.

Ovvio che qualcosa troverà, perchè a ogni arma, prima o poi,
corrisponde un'arma uguale e contraria, oppure disuguale ma altrettanto
efficace. I cinesi se ne stanno acquattati, ma stanno facendo
esattamente la stessa cosa, ben consapevoli che questa Russia che
risorge militarmente (e solo militarmente) dal pantano, dovrà anch'essa
rimanere sotto controllo. Il mondo bipolare ha impiegato cinquant'anni
per andare in pezzi; a quello unipolare, per andare in frantumi, sono
bastati quattro anni.


Questo Articolo proviene da Giulietto Chiesa - Sito ufficiale
http://www.giuliettochiesa.it

L'URL per questa storia è:

http://www.giuliettochiesa.it/modules.php?name=News&file=article&sid=90


=== 4 ===

http://www.repubblica.it/2004/k/dirette/sezioni/esteri/ucraina/
ucraina26nov/index.html

26/11/04 11:20
Mosca preoccupata per atteggiamento Occidente

Per bocca del ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov, Mosca ha
espresso "preoccupazione per i tentativi di alcuni stati di portare
l'Ucraina fuori dal quadro legale". Secondo Lavorv "alcune capitali
europee" non riconoscono i risultati delle elezioni perché "promuovono
la tesi che l'Ucraina deve stare con l'Occidente".
"E' il popolo ucraino che deve decidere da solo che cosa fare", ha
dichiarato il ministro, e ha sottolineato che l'Ucraina non confina
solo con l'Occidente ma anche con la Russia. "Tutto ciò porta a pensare
- ha concluso - che qualcuno vuole tracciare in Europa nuove linee di
demarcazione".

---

L’OCCIDENTE HA MOSTRATO IL SUO VERO VOLTO ALLA RUSSIA

di Oleg Leonov, vicedirettore dell’agenzia “RBC daily”

http://www.rbcdaily.ru/editor_col/index.shtml?2004/11/25/31334/

25 novembre 2004

Esattamente a poche ore dall’inizio del vertice Russia-UE, che si sta
svolgendo in questo momento, i leader dei paesi europei hanno scoperto
le loro carte. Alludendo al fatto che i risultati delle elezioni in
Ucraina devono essere rivisti, e che la Russia non deve partecipare al
regolamento della situazione rivoluzionaria nel paese vicino, hanno
stilato una dichiarazione ufficiale dell’Unione Europea, per la quale
“le elezioni in Ucraina non possono essere considerate democratiche e
rispondenti agli standard internazionali, mentre le autorità ucraine
devono esaminare tutti i reclami relativi alla campagna elettorale e ai
risultati, ed eliminare tutte le anomalie rilevate dagli osservatori
internazionali”. Identica posizione in merito alle elezioni in Ucraina
è stata espressa dal Dipartimento di stato USA. Il suo responsabile
Colin Powell ha dichiarato ufficialmente che Washington non riconosce i
risultati delle ultime elezioni in Ucraina.

Si può far notare che tali dichiarazioni di tale durezza non erano mai
state rilasciate in Occidente. Esse non tengono in alcuna
considerazione le minime cautele diplomatiche. Le elezioni non hanno
alcuna legittimità, occorre cambiare i risultati, in Ucraina bisogna
assolutamente FARE (maiuscolo nel testo originale) ciò. Ciò in qualche
modo ricorda l’aggressione della NATO contro la Jugoslavia alla fine
degli anni ’90. Inoltre, se è concesso, dopo l’ultimatum fascista alla
Polonia nel settembre 1939, richieste simili non furono rivolte a un
paese così grande come l’Ucraina e con una popolazione di diverse
decine di milioni di abitanti. Era tanto che l’Occidente non si
spingeva così lontano nell’ “autosmascheramento”, attraverso il
discredito dei propri dogmi sulla libertà e la democrazia.

E’ rilevante che tutto ciò avvenga sullo sfondo di un esplicito
schieramento con l’Occidente dell’oppositore Viktor Juschenko,
dimostrato dall’intervista che il canale “Euronews”, portavoce
dell’Unione Europea, ha mandato in onda per l’intera giornata, mentre
il massimo rappresentante dell’Unione Europea per le questioni della
politica estera e la sicurezza Solana concedeva un’audizione telefonica
al leader ucraino. I politici e i “media” occidentali simpatizzanti per
Juschenko all’unisono lo presentano come eroico combattente contro
l’imperialismo russo. “Se la democrazia in Ucraina dovesse soccombere
(leggi, Juschenko perde), ciò significherebbe che le vedute imperiali
della Russia trionferebbero”, - ha dichiarato Zbignew Brzezinskij, noto
russofobo e stratega della frantumazione della Russia, che in più di
un’occasione si è augurato avvenga presto. Il concorrente di Juschenko,
Viktor Janukovic, si capisce che non venga mostrato da nessuna parte.
Sembrerebbe quasi che si sia spostato al Cremlino e che di lui a Kiev
non vi sia neppure l’ombra. Inoltre, riprendendo i discorsi di
Juschenko, i “media” occidentali comunicano che corpi speciali russi
sarebbero nella capitale dell’Ucraina, allo scopo di sottomettere gli
ucraini al giogo imperiale.

Ma l’Ucraina non è la Georgia. L’avvento al potere di Juschenko non è
oggi così sicuro come sembrava alcune settimane fa. Sono sorti alcuni
imprevisti: ad esempio il presidente Leonid Kuchma, che per dieci anni
ha deliziato l’Occidente di discorsi sulla necessità dell’integrazione
dell’Ucraina nella comunità “civilizzata”, improvvisamente ha mostrato
i tratti del leader, dando prova di una certa indipendenza. Lo
spettacolo alla fine potrebbe rivelarsi un fallimento. Il fiasco dello
spettacolo potrebbe a breve allontanare l’Ucraina dall’Occidente, dal
momento che l’attuale elite è stata ormai investita dall’ “anatema” di
Washington e Bruxelles. E ciò potrebbe significare che Kiev avrebbe
bisogno di riavvicinarsi alla Russia. E se russi e ucraini
ricominciassero a lavorare insieme, sarebbe alquanto complesso
retrocedere. In una simile situazione non resta altro che minacciare le
autorità ucraine con ferocissimi ultimatum.

(Traduzione dal russo di Mauro Gemma)