(srpskohrvatski / italiano)

Miroslav Krleža: Titov povratak 1937
Miroslav Krleza: Il ritorno di Tito 1937


=== ITALIANO ===


Introduzione

La notizia della demolizione della famosa statua di Tito, realizzata
da Gustincic e posta dinanzi alla casa natale di Kumrovec, ha suscitato
forti emozioni e ricordi in molti di noi.

DK ricorda sua madre "sulla foto con i bambini scalzi di Kumrovec,
nel Maggio 1945, con i mazzetti di fiorellini in mano... E un
testo del secondo miglior figlio della terra jugoslava e croata, lo
scrittore marxista Miroslav Krleza, ed il suo capitolo che racconta
il ritorno di Tito dalla Russia, con il compito di riorganizzare il
partito, nel 1937..."

DK ha tradotto integralmente questo testo, la cui versione originale,
ripresa dalla pagina
http://de.geocities.com/opiumzanarod/tekstovi/povratak.htm , e' da noi
riportata in fondo.

Lo stesso sito http://de.geocities.com/opiumzanarod (oppure:
http://www.bratstvo.cjb.net/ ) contiene, oltre a questo, alcuni altri
brani fondamentali della letteratura jugoslava, che oggi qualcuno
vorrebbe dimenticata. Lo stesso Miroslav Krleza, che e' il piu' grande
scrittore della Croazia del XX secolo, e' "reietto" dagli attuali
ambienti letterari e culturali croati, tutti improntati al
nazionalismo, ed e' trascurato, per opportunismo, anche dagli slavisti
nostrani.

Di Miroslav Krleza, una stringata bibliografia in italiano:

- bellezza arte e tendenza politica costa&nolan 1991
- i signori glembaj (gospoda glembajevi) costa&nolan 1987
- il dio marte croato (hrvatski bog mars) studio tesi 1991
- il ritorno di filip latinovicz (povratak filipa latinovicza) studio
tesi 1983
- la battaglia di bistrica lesna pbu 1995
- sull’orlo della ragione studio tesi 1984

DK segnala anche il sito http://www.borut.com/library/index.htm, primo
archivio web della letteratura degli slavi del sud, sul quale alla
lettera "K" si possono trovare, di Krleza, i racconti e segmenti dalle
novelle.

Forse non lo amavano, i figli del suo paese, ma Krleza era un testardo,
brillante e motivato. Marxista, nei suoi primi anni di creatività
andava in Unione Sovietica per lunghi mesi. Fu direttore generale della
Encyclopedia jugoslava, per molti anni nel dopoguerra. Tra le sue
battute piu' famose:

"Sali sul monte Sljeme, sopra Zagabria, e quello che vedi, è la Croazia"

"Serbi e Croati sono una merda che la ruota della storia ha spezzato in
due"

"Serbo e Croato sono un'unica lingua, i Serbi lo chiamano il serbo, e i
Croati lo chiamano il croato"...

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Miroslav Krleza

Il ritorno di Tito 1937

Tito sta in piedi davanti alla casa natia, con i pensieri che, in
grandi cerchi, gli girano attorno a questo antico muschioso tetto di
Kumrovec. Sta riflettendo di se, della sua infanzia triste, della
Grande Guerra, di caserme,
Carpazi, campi di concentramento e di combattimento, delle battaglie
che ha passato. Di fiumi enormi, siberiani, di una lingua russa che
bagna le mura della Cina, di paesi e popoli mongoli, lontani come il
mare che si spande in tutta l'Asia fino al Pacifico. Sta riflettendo
ora, Tito, sulla propria vita, sulle fabbriche in cui fu operaio, sui
sindacati, sui compagni, sugli scioperi, sul movimento di cui fu il
capo, su tutta una vita che, dai giorni della prigionia a
Lepoglava, e dalla guerra in Spagna, con l'enorme cerchio delle
battaglie e dei combattimenti da Madrid fino a Kumrovec, ora si
chiude - questo interminabile cerchio di una vita, un viaggio attorno
al pianeta che dura, oramai, da una vita intera, mentre i cani
abbaiano come facevano trenta e quarant'anni fa. Non hanno nemmeno
oliato le cerniere delle porte, i gatti morti li buttano ancora nel
ruscello, i letamai sono ancora privi dei muri di supporto, come se
nel mondo non accadesse nulla, non fosse accaduto proprio nulla, come
se l'Europa non stesse dinanzi ad una nuova guerra mondiale! Le
ciminiere fumanti dei complessi chimici dal Mare del Nord fino agli
Urali e al Volga traspirano, con il ritmo del lavoro, e
rimbombano le acciaierie da Vladivostok fino a Magnitogorsk, vibrano
le fondamenta medioevali della terra. America ed Europa stanno cuocendo
più di cento milioni di tonnellate di acciaio, tuonano i cannoni in
Spagna, Hitler sta preparando la carneficina, una tempesta
internazionale sta arrivando, mentre qua, i cani abbaiano, i fossi
puzzano come ai tempi della servitù della gleba e del lavoro duro, i
tempi di Keglevic. Una nuova catastrofe internazionale si sta
preparando, il gorilla fascista affila i suoi coltelli, e da
noi... Kupinec, Kaptol e Kumrovec ancora ronfano, tutta la nostra
intelligentzia piccolo-borghese ronfa, mentre Tito sta in mezzo a
Kumrovec e sente questo vuoto, questo ritardo di dimensioni medioevali,
la dannazione di questa notte di Kumrovec, con i cani che abbaiano
in un posto completamente immobile e dannato come sempre. Dal
Pacifico, dalla Spagna, giungono le fiamme della grande rivoluzione
in atto, tremola il riflesso del rossore di un'alba fatta dei fuochi
delle innumerevoli fonderie del mondo nuovo: il polso del mondo
batte già col ritmo dei futuri secoli radiosi, mentre da noi il
barbagianni gira attorno al campanile dell'epoca di Maria Teresa: ed è
tutto talmente, noiosamente vecchio che sembra il cimitero vecchio di
Kumrovec e il suo ponte marcio che rischia di sgretolarsi sotto al
rumoroso passo di qualche notturno passante solitario. Nel silenzioso
momento finale di questo soliloquio lirico, negli ultimi toni
della cantilena di questo monologo melanconico, la voce di Tito ha
cambiato colore e i suoi occhi azzurro chiaro, colombini, si sono tinti
con i
riflessi di un blu scuro, metallico come l'inchiostro. Il gioco
morbido e benigno delle labbra si è irrigidito in forma di riga
scolpita nella pietra, e in quella voce è apparsa un'espressione
indefinita e suggestiva, piena di dolore e turbamento.

- Kumrovec russa, che dio la benedica: ma fino a quando da noi
tutto dormirà ronfando, si chiede Tito impaziente, quasi
nervosamente, con quell'accento violento con cui nella lingua nostrana
buttano giù dal cielo tutti gli dei dal gradino superiore ad uno
inferiore.

- Noi ci troviamo dinanzi ad una nuova guerra mondiale, e non ci
salverà proprio niente, tranne la nostra ragione! Ed è questo che
bisognerebbe spiegare a Kumrovec e Kupinec, ed ai nostri stupidi
borghi di provincia, da Ljubljana fino a Belgrado! Le colombe
arrostite non cadono dai cieli.

Da quando la storia nostrana viene scritta con il sangue e con la
carne dei nostri popoli, il nome di Tito è diventato oggi il simbolo
drammatico di tutta la generazione attuale. In questo naufragio, il
più disperato di tutti, è emerso lui, con la torcia leniniana a
schiarire le tenebre, ed il suo itinerario da Kumrovec e Jajce, fino a
Belgrado e Zagabria, è l'itinerario del nostro popolo; dalla
figura d'un uomo medioevale, indietro, fino al cittadino dei secoli
futuri, ben più felici: questo è il movimento che ritrova la nostra
civiltà, ad ogni costo. Questa è la nostra volontà storica,
manifestatasi in innumerevoli sforzi nei secoli precedenti, e se
si può esprimere nel modo seguente: è la volontà di
trasformazione e di liberazione nelle sfere sociali superiori di
tutto il mondo, sulla base delle esperienze della prima e della seconda
guerra mondiale, e dopo la sotterranea, pesante battaglia politica
che è durata per decenni e che ci è costata tante vittime. Tito è
l'arco glorioso tra le mura scure ed insanguinate del nostro passato
medioevale fino alla strada, fino ad una civiltà non più soggiogata
dalle banche, dalle menzogne e dai pregiudizi altrui. È lui la
cartuccia di mitraglia che sbocca davanti il fumo e la nebbia
della nostra arretratezza, ed emerge come simbolo incandescente
sopra le bandiere stellate della nostra consapevolezza politica moderna.

Quando, durante quest'ultima guerra, nelle lunghe ore della
veglia notturna, negli anni 1943 - 1944, di tanto in tanto si sentiva
il rombo dei cannoni di Tito che brontolavano per le notti
intere attorno a Zagabria, io li ascoltavo spesso. Dinanzi a me
c'era sempre un'immagine, sin dall'anno millenovecentotrentasette:
l'immagine di Tito che sta seduto davanti ad un abat-jour di
pergamena di una lampada fiorentina, nella lucentezza giallastra del
corale gregoriano, con delle note antiche, quadrate in quattro-quarti,
con dei caratteri tinti in un rosso sangue carmine, che parla del
notturno di Kumrovec. Tuonano i suoi cannoni mentre dura, questa
veglia determinante per la guerra - ed io, nella mia
solitudine, penso: eccolo Tito che risveglia Kumrovec dal sonno
millenario! Tito si è ribellato contro il medioevo, ha trovato la
strada d'uscita, lui naviga a vele spiegate, e le sue galee navigano
nel porto sicuro della vittoria...


(A cura di DK. Revisione di AM per il CNJ)


=== SRPSKOHRVATSKI ===


Miroslav Krleža:Titov povratak 1937

Stoji Tito pred svojom kućom, a misli mu kruže u ogromnim krugovima oko
starog kumrovečkog krova obraslog mahovinom. Razmišlja o sebi, o svom
žalosnom djetinjstvu, o svjetskom ratu, o kasarnama, o Karpatima, o
logorima i o bojištima, o bitkama kroz koje je prolazio i o velikim
sibirskim rijekama, o ruskom jeziku, što oplakuje kao more kitajske
zidine i mongolske daleke zemlje i narode, razlijevajući se sve tamo
preko Azije do Tihog oceana. Razmišlja Tito o svom vlastitom životu, o
fabrikama po kojima je radio, o sindikatima, o drugovima, o
štrajkovima, o pokretu kome stoji na čelu, o čitavom jednom ljudskom
životu, što se preko Lepoglave i Španije zatvara danas u ogroman krug
bitaka i borbe od Madrida do Kumrovca, i taj nedogledni životni krug
jednog putovanja oko svijeta, traje eto, već čitav jedan život, a ovdje
u Kumrovcu, laju psi kao što su lajali prije trideset i četrdeset
godina, Ni vrata nisu podmazali i krepane mačke bacaju u potok, ni
gnojnice nisu podzidali, kao da se u svijetu ništa ne događa i kao da
se uopće ništa nije dogodilo i kao da Evropa ne stoji pred novim
svjetskim ratom! Puše se i dime kemijski kombinati od Sjevernog ledenog
mora do Urala i Volge, grmi čelična industrija od Vladivostoka do
Magnitogorska, trese se zemlja u svojim sredovječnim temeljima, Amerika
i Evropa kuvaju više od sto miliona tona čelika, grme topovi u Španiji,
Hitler sprema pokolj, dolazi međunarodna oluja, a ovdje laju psi i
vonjaju jame kao u Keglevićevo doba tlake i robote. Sprema se nova
međunarodna katastrofa, fašistički gorila brusi svoje noževe, a kod nas
Kupinec hrče, Kaptol hrče, Kumrovec hrče, čitava naša malograđanska
inteligencija hrče, a Tito stoji usred Kumrovca i osjeća vakuum
sredovječnog zakašnjenja, prokletstvo kumrovečkog nokturna, kada laju
psi i sve stoji ukleto na jednom te istom mjestu. Od Tihog Oceana i od
Španije ližu plamenovi velike revolucije, u rujnom odsjevu titra osvit
požara po bezbrojnim talionicama svijeta, dime se kombinati, puls
svijeta kuca već danas ritmom budućih svijetlih stoljeća, a kod nas
sovuljaga oblijeće oko marijaterezijanskih zvonika: i sve je dosadno
staro kumrovečko groblje i truli most, te prijeti da će se srušiti pod
malo glasnijom stopom noćnog samotnika. U tihom završnom trenutku ovog
lirskog solilokvija, u posljednjim tonovima kantilene tog melankoničnog
monologa, Titov glas promijenio je sjaj i njegove svijetloplave oči
golubinje prelile su se ocalnim, tamnomodrim, metalnim prijelivom i
potamnile kao tinta. Dobročudna, mekana igra usana ustitrala je od
prkosne, tvrde, kao od kamena klesane crte i u onom pogledu, u onom
glasu javio se nekakav neodređen i sugestivan izraz pun bola i nemira.

- Kumrovec hrče, bog ga blagoslovio, pak dokle će kod nas sve da hrče,
zapitao se Tito bijesno, gotovo nervozno, s onim violentnim akcentom,
kojim se u našem jeziku skidaju s neba sva božanstva višeg i nižeg rada.

- Mi stojimo pred novim svjetskim ratom, i ako nas ne bude spasila naša
vlastita pamet, neće nas spasiti ništa! I to je ono što bi trebalo
objasniti i Kumrovcu i Kupincu, i glupim našim čaršijama od Ljubljane
do Beograda! Ne padaju pečeni golubovi s neba.

Ime Titovo postalo je danas dramatskim simbolom pokoljenja svih naših
naroda, otkada se piše historija krvlju i mesom naših naroda. U
brodolomu, koji od svih naših brodoloma bio najbeznadniji, pojavio se
on sa lenjinskom buktinjom u mraku i njegov put od Kumrovca i Jajca, do
Beograda i do Zagreba put je našeg naroda, da bi od sredovječnog,
zaostalog čovjeka postao građaninom budućih sretnijih stoljeća: to je
pokret za našom vlastitom civilizacijom pod svaku cijenu. To je naša
historijska volja koja se objavljivala u mnogobrojnim naporima kroz
vjekove, i ako se može tako reći, to je volja za preobražajem i
oslobođenjem u višim društvenim silama čitavog svijeta, na temelju
iskustva iz prvog i drugog svjetskog rata i teške političke podzemne
borbe, koja je trajala decenijama i stajala bezbrojno mnogo žrtava.
Tito, to je slavoluk između mrkih i krvavih zidina naše sredovječne
prošlosti i put do civilizacije, koja neće više da bude robovanje tuđim
bankama, tuđim neistinama i predrasudama. To je karteča koja se kroz
dim i maglu naše zaostalosti probila kao usijani znamen nad zvjezdanim
barjacima naše suvremene političke svijesti.

Kada su se u ovom ratu za dugih noćnih bdjenja oko 1943. do 1944. od
vremena na vrijeme čuli Titovi topovi kako gunđaju čitave noći oko
Zagreba, često sam prisluškivao toj noćnoj grmljavini. Uvijek me je
pred očima bila jedna te ista slika iz godine tridesetsedme; sjedi Tito
pred pergamenom fjorentinske svjetiljke, u žućkastom sjaju
rasvjetljenog gregorijanskog korala sa starinskim, četverouglastim
notama kvadrakvatrama u krvavoj transparentnoj boji karminskih slova, i
priča o kumrovečkom Nokturnu. Grme njegovi topovi, traje sudbonosno
ratno bdjenje a ja mislim u svojoj samoći: gle, Tito budi Kumrovec iz
hiljadugodišnjeg sna! Tito se pobunio protiv srednjeg vijeka, on je
našao izlaz, on plovi punim jedrima i njegove galije putuju u sigurnu
luku pobjedu...


(iz: http://de.geocities.com/opiumzanarod/tekstovi/povratak.htm )