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Rom in Slovenia: venti di segregazione

05.04.2005 scrive Franco Juri

Nel 1991 la loro comunità è stata riconosciuta dalla Costituzione
slovena. A 15 anni da allora la condizione dei Rom è migliorata ma
rimane precaria. Nella scuola elementare di Bršljin, a sud-est di
Lubiana, alle lamentele di genitori "bianchi" il Ministro per
l'istruzione ha risposto con classi separate per i Rom ...


Lunedì scorso i bambini Rom che frequentano la scuola elementare di
Bršljin, nella regione della Dolenjska, a sud-est di Lubiana,sono
rimasti a casa. I loro genitori hanno voluto così protestare per la
recente decisione del ministro per l' istruzione Milan Zver che -
incalzato dai genitori »bianchi« - aveva proposto un »compromesso«,
separando di fatto gli alunni sloveni da quelli rom, eccezion fatta
per le materie di educazione civica, educazione fisica, educazione
tecnica e figurativa.

Il ministro che si era incontrato con le delegazioni dei genitori
sloveni e rom all' indomani del boicottaggio delle lezioni annunciato
dai primi, preoccupati per la scarsa qualità dell'insegnamento,
imputata alla presenza dei bambini zingari, aveva promesso di
rafforzare il corpo insegnanti con il fine di »specializzare« la
formazione dei Rom, puntando anche sulla loro specificità culturale.
Ma le promesse per ora sono rimaste lettera morta e quello che
sembrava un compromesso accettabile per tutti si è ben presto rivelato
una chiara forma di segregazione scolastica; nient'altro che una
divisione tra »bianchi« e Rom che fa sentire a questi ultimi tutta la
loro condizione di inferiorità.

Il caso della scuola di Bršljin è un sintomo del disagio che serpeggia
pesantementeante tra la comunità Rom, in modo particolare dopo la
svolta politica impressa dal governo di centrodestra di Janez Janša.
Quest' ultimo aveva in verità esordito con molto pragmatismo, attento
a frenare gli impulsi xenofobi che egli stesso, dall'opposizione,
aveva concorso ad alimentare, partecipando di persona alle
manifestazioni anti-Rom che la destra e alcuni gruppi della »sociatà
civile«, provenienti dalle zone di insediamento degli ex nomadi,
avevano inscenato per protestare contro la legislazione del governo
liberaldemocratico.

Alcune leggi varate nel 1996 e nel 2002 rendono infatti fattiva la
partecipazione politica dei Rom nei consigli dei Comuni di
insediamento e la loro integrazione non discriminatoria nelle scuole.
Tali »concessioni« avevano acceso una perniciosa polemica dai
connotati razzisti che aveva portato anche a momenti di drammatica
conflittualità, non di rado violenta, nei comuni interessati.

Alla testa della protesta si era lanciato per primo il Partito
Nazionale Sloveno (SNS) di Zmago Jelinčič e Sašo Peče (oggi
vicepresidente del parlamento), seguito dal Partito democratico di
Janša. La stampa più scandalistica aveva per anni infiammato il
sentimento anti-tzigano con una cronaca nera puntualmente dipinta in
toni razzisti.

Dopo la vittoria elettorale della destra e la formazione del nuovo
governo l' atteggiamento di Janša è apparentemente cambiato; a
reclamare la cancellazione dei diritti particolari dei Rom sanciti
dalla Costituzione è ora solo il SNS, mentre la compagine governativa
ha fatto marcia indietro, anche in virtù del fatto che la Slovenia
presiede l'OSCE. Quest' ultima emanò nel 1990 e nel 2000 due
risoluzioni molto chiare a favore e a tutela dei diritti dei Rom, come
d'altronde fatto anche dal Consiglio d'Europa e dall'Iniziativa
Centroeuropea, cui aderisce pure Lubiana.

Ora il caso di Bršilj rischia di diventare un precedente che potrebbe
vanificare gli sforzi , a dire il vero non sempre coerenti, dei
precedenti governi, atti a superare la discriminazione di fatto nei
confronti della minoranza rom.

Presenti nel territorio sin dal 14.secolo i Rom e i Sinti della
Slovenia sono tra gli 8 e i 10 mila anche se il censimento del 2002,
di dichiaratisi tali, ne registrava solo 3246. Ben diverse sono
infatti le statistiche dei centri di assistenza sociale. Tra i Rom il
tasso di disoccupazione è elevatissimo, le loro attività economiche
tradizionali sono state spazzate via dall'industrializzazione e dal
mercato e in assenza di programmi specifici, che in teoria potrebbero
attingere anche da fondi europei, il profilo economico-sociale di
questa comunità ne pronostica un futuro incerto.

Dal 1991, grazie ad uno specifico articolo nella Costituzione della
Slovenia indipendente, alla comunità Rom è riconosciuto lo status di
minoranza etnica i cui diritti particolari vanno definiti e realizzati
per legge. Sono 22 le attuali associazioni rom; i più organizzati e
socialmente integrati sono quelli del Prekmurje in cui vive pure la
comunità nazionale ungherese. Negli ultimi 10 anni si sono fatti
notevoli passi in avanti e il miglioramento delle loro condizioni,
soprattutto nel Prekmurje, dove la convivenza interetnica è
tradizionalmente più di casa, è più che evidente. Ma a 14 anni
dall'indipendenza e dal riconoscimento costituzionale dei Rom, questa
comunità rimane, nonostante tutto, la più deprivilegiata. La
conflittualità generata dalla precarietà sociale dei Rom ed il
razzismo strisciante della maggioranza, specie nella Dolenjska,
rimangono due pericolose mine vaganti che l'attuale governo sembra
affrontare con disattenzione, attento sì a non apparire come potere
xenofobo, ma sensibile anche alle intolleranze della propria base
elettorale.

La protesta dei Rom di Bršljin smaschera ora le ambiguità e richiede
al governo un atteggiamento chiaro contro i pericoli della
segregazione strisciante.