Kosovo: una commissione schizofrenica

(francais / italiano)

La Commissione internazionale indipendente (?) sui Balcani, guidata da
Giuliano Amato, prende atto che in Kosovo i non-albanesi sono
sottoposti ad apartheid e vivono in ghetti e campi di concentramento,
e che l'attuale status paracoloniale della provincia ha creato una
situazione vergognosa ed insostenibile. E che cosa propone come
soluzione? L'"indipendenza senza sovranità", naturalmente, e cioè:
nuove frontiere "etniche" nei Balcani, con conseguente aggravamento
dei contrasti tra le nazionalità, e cronicizzazione della occupazione
coloniale e militare. Grazie tante! (a cura di I. Slavo)

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Amato Kosovo

di Tommaso Di Francesco

Il Manifesto, 30/04/2005

L'allarme è della Commissione internazionale indipendente sui Balcani,
guidata da Giuliano Amato, che ieri ha presentato a Roma un rapporto -
già proposto a Bruxelles il 12 aprile scorso - sul Kosovo, ancora dal
punto di vista del diritto internazionale regione della Serbia della
quale però la leadership albanese-kosovara dopo la «vittoria» della
Nato nel 1999, chiede l'indipendenza subito. Eccolo: gli incidenti del
marzo 2004 - i pogrom antiserbi - rappresentano «il più forte segnale
che la situazione può ancora esplodere» in Kosovo. Lì è sempre stato
marzo, fin dal giugno-luglio 1999, dopo la pace di Kumanovo, con
migliaia di serbi e rom uccisi e desaparecidos, con 200.000 serbi
cacciati, con 150 monasteri e chiese ortodosse distrute per riscrivere
la storia della presenza culturale nella regione contesa. Ma di questa
«continuità» sanguinosa il rapporto di Amato non fa menzione. Però
l'accusa non è meno cogente perché «la comunità internazionale ha
chiaramente fallito nei suoi sforzi di portare sicurezza e sviluppo
nella provincia», perché un Kosovo multietnico semplicemente «non
esiste» e l'amministrazione Unmik-Onu «ha avuto diverse occasioni di
essere attiva nella ricerca di una politica che potesse interrompere
le discriminazioni in Kosovo», ma ciò non è avvenuto e anche se «il
fallimento dell'azione dell'Unmik può essere spiegato non può però
essere tollerato». Infatti ancora oggi i serbi del Kosovo «vivono
imprigionati nelle loro enclave senza libertà di movimento, senza
lavoro e senza nessuna speranza di una piena integrazione nella
società del Kosovo». Per il rapporto ora la posizione della minoranza
serba in Kosovo sarà l'indicatore principale «della volontà e
dell'abilità dell'Europa di applicare sul terreno i propri valori». A
partire dal fatto che la maggioranza albanese del Kosovo «deve
ricevere un chiaro messaggio che l'uso della violenza è il peggiore
nemico dei loro sogni di indipendenza» da Belgrado. Accuse così
esplicite raramente sono emerse. Ricordiamo solo il Consiglio di
sicurezza Onu del dicembre 1999 che accusava di «contropulizia etnica»
la maggioranza albanese kosovara con le «vittime diventate carnefici».
Manca il domandarsi una volta per tutte a che cosa sia servita
l'infausta guerra di bombardamenti aerei che per 78 giorni devastò
l'ex Jugoslavia. E si approfitta per scaricare ogni colpa sulla sola
Onu-Unmik - che certo ha gravi responsabilità -, dimenticando quelle
della Nato che in questi sei anni è stata a chiudere gli occhi sulla
nuova pulizia etnica a danno dei serbi. Ma l'accusa è grave e pesante.

Ne dovrebbe conseguire un discorso alternativo all'indipendenza e un
punto di vista autocritico sui Balcani, devastati dalle guerre etniche
e dai nazionalismi, ma anche dai riconoscimenti avviati dall'Europa
nel 1991-1992 di indipendenze autoproclamate sulla base di ragioni
etniche. Invece no. Il rapporto avvia una incerta road map in quattro
punti verso l'indipendenza del Kosovo, pure riconoscendo che non
risolverebbe tutti i problemi territoriali dell'area - li aggraverà
infatti in Bosnia e in Macedonia dove, a quel punto, esploderanno le
minoranze serbe, croate e albanesi per le «loro» indipendenze. E pur
temendo che l'indipendenza venga «imposta a Belgrado» anche perché,
dice il rapporto, «Cina e Russia in Consiglio di sicurezza Onu
sarebbero molto contrari». E va detto subito che, mentre Rugova
insisteva a Pristina sull'indipendenza, a Belgrado il filoccidentale
presidente Boris Tadic, intervistato dal Corriere della Sera, ribadiva
a nome davvero di tutta la Serbia: «No all'indipendenza».

Ecco dunque le quattro tappe per l'indipendenza del Kosovo: primo,
accettazione della separazione di fatto; secondo, indipendenza senza
sovranità, che nel 2005-6 vedrebbe il Kosovo riconosciuto come entità
indipendente, con il protettorato che dall'Onu passerebbe all'Ue, il
ritorno dei rifugiati e i diritti di proprietà, più un accordo
speciale per Mitrovica e incentivi alle enclave serbe; terzo, lo
status di candidato all'adesione e negoziati con Bruxelles; quarto,
assorbimento nell'Ue.

I negoziati sullo status del Kosovo dovrebbero iniziare entro
l'estate. Il rapporto di Amato fotografa l'esistente. Ma mette la
diapositiva sulla pietra tombale dei Balcani.

(fonte: http://www.lernesto.it/index.aspx?m=77&f=2&IDArticolo=3853)

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Amato Kosovo

Tommaso di Francesco

L'alarme vient de la commission internationale indépendante des
Balkans, conduite par Giuliano Amato, qui a présenté hier à Rome un
rapport – déjà proposé à Bruxelles le 12 avril dernier- sur le Kosovo
qui est encore, du point de vue du droit international une région de
la Serbie dont, cependant, les dirigeants albano-kosovars, après la
« victoire » de l'Otan en 1999, demandent l'indépendance immédiate. Le
voici : les incidents de mars 2004 –les pogroms anti-serbes-
représentent « le signal le plus fort que la situation puisse encore
exploser » au Kosovo. Là bas, c'est mars depuis toujours, depuis juin
juillet 1999, après la paix de Kumanovo, avec des milliers de serbes
et de roms tués et desaparecidos, 200 000 serbes chassés, 150
monastères et églises orthodoxes détruites pour réécrire l'histoire
de la présence culturelle dans la région contestée. Mais le rapport
Amato ne fait pas mention de cette « continuité » sanglante. Cependant
l'accusation n'en est pas moins impérative parce que « la communauté
internationale a clairement failli dans ses efforts pour apporter la
sécurité et le développement de la province », parce qu'un Kosovo
multiethnique, tout simplement « n'existe pas » et l'administration
Unmik-Onu « a eu diverses occasions d'être active dans la recherche
d'une politique qui puisse interrompre les discriminations au
Kosovo », sans que cela n'advienne et même si « la faillite de
l'action de l'Unmik peut être expliquée, elle ne peut cependant pas
être tolérée ». De fait, aujourd'hui encore les serbes du Kosovo
« vivent emprisonnés dans leurs enclaves sans liberté de mouvement,
sans travail et sans aucune espérance d'une pleine intégration dans la
société du Kosovo ». Pour le rapport, la position de la minorité serbe
au Kosovo sera maintenant l'indicateur principal « de la volonté et de
l'habileté de l'Europe à appliquer sur le terrain ses propres
valeurs ». En commençant par le fait que la majorité albanaise du
Kosovo « doit recevoir un message clair que l'usage de la violence est
le pire ennemi de leurs rêves d'indépendance » de Belgrade. Des
accusations aussi explicites sont rarement émises. Souvenons-nous
seulement du Conseil de sécurité de l'ONU en décembre 99 qui accusait
de « contre épuration ethnique » la majorité albanaise kosovar, avec
« les victimes devenues bourreaux ». Ne manque que se demander une
fois pour toutes à quoi a servi la terrible guerre de bombardements
aériens qui dévasta l'ex-Yougoslavie pendant 78 jours. On en profite
pour décharger toute la faute sur l'ONU-Unmik –qui certes a de graves
responsabilités-, en oubliant celle de l'OTAN qui a été pendant ces
six années de fermer les yeux sur la nouvelle purification ethnique
contre les serbes. Mais l'accusation est grave et lourde.

Il devrait en résulter un discours alternatif à l'indépendance, et un
point de vue autocritique sur les Balkans dévastés par les guerres
ethniques et les nationalismes mais aussi par les reconnaissances,
amorcées par l'Europe en 91-92, d'indépendances autoproclamées sur la
base de raisons ethniques. Et au contraire, non. Le rapport lance une
incertaine road map vers l'indépendance du Kosovo en quatre points,
tout en reconnaissant que ça ne résoudrait pas tous les problèmes
territoriaux de la région : ça les aggravera en fait en Bosnie et en
Macédoine où, en ce point, les minorités serbes, croates et albanaises
vont exploser pour « leur » indépendance. Tout en craignant que
l'indépendance soit « imposée à Belgrade » parce que, dit aussi le
rapport, « au Conseil de sécurité, la Chine et la Russie y seraient
très opposées». Pendant que Rugova insistait à Pristina sur
l'indépendance, à Belgrade le président pro-occidental Boris Tadic,
interviewé par Il Corriere della Sera, répétait au nom vraiment de
toute la Serbie : « Non à l'indépendance ».

Voici donc les quatre étapes pour l'indépendance du Kosovo :
premièrement, acceptation de la séparation de fait ; deuxièmement ,
indépendance sans souveraineté, qui verrait la reconnaissance du
Kosovo comme entité indépendante en 2005-2006, avec un protectorat qui
passerait de l'ONU à l'UE, le retour des réfugiés et les droits de
propriété, plus un accord spécial pour Mitroviça et des primes pour
les enclaves serbes ; troisièmement , le statut de candidat à
l'adhésion et des négociations avec Bruxelles ; quatrièmement,
l'absorption dans l'UE.

Les négociations sur le statut du Kosovo devraient commencer d'ici
l'été. Le rapport Amato photographie ce qui existe. Mais dépose la
photo sur la pierre tombale des Balkans.

Edition de samedi 30 avril 2005 de il manifesto

Traduit de l'italien par Marie-Ange Patrizio

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KOSOVO: COMMISSIONE INTERNAZIONALE,SITUAZIONE PUO' ESPLODERE

(ANSA) - ROMA, 29 APR - Gli incidenti avvenuti nel marzo 2004
rappresentano ''il piu' forte segnale che la situazione puo' ancora
esplodere'' in Kosovo. L'allarme viene lanciato dalla Commissione
internazionale sui Balcani, guidata da Giuliano Amato, che ha oggi
presentato a Roma un rapporto sull'intera regione nel quale il Kosovo
rappresenta pero' il capitolo decisamente piu' preoccupante. ''Non
c'e' piu' tempo per il Kosovo: la comunita' internazionale ha
chiaramente fallito nei suoi sforzi - si legge nel rapporto che era
gia' stato reso noto il 12 aprile a Bruxelles - di portare sicurezza e
sviluppo nella provincia''. La realta' e' che un Kosovo multietnico
''non esiste'' e l'amministrazione delle Nazioni Unite (Unmik) ''ha
dimostrato di non avere ne' la capacita' ne' il coraggio di invertire
questo trend''. Infatti ancora oggi i serbi del Kosovo ''vivono
imprigionati nelle loro enclave senza liberta' di movimento, senza
lavoro e senza nessuna speranza di una piena integrazione nella
societa' del Kosovo''. Per il rapporto della Commissione
internazionale la posizione della minoranza serba in Kosovo sara'
l'indicatore principale ''della volonta' e dell'abilita' dell'Europa
di applicare sul terreno i propri valori''. In proposito il rapporto
sottolinea come la maggioranza albanese del Kosovo ''debba ricevere un
chiaro messaggio che l'uso della violenza e' il peggiore nemico dei
loro sogni di indipendenza'' da Belgrado. Nel capitolo dedicato al
Kosovo del rapporto della Commissione internazionale c'e' anche un
duro atto di accusa all'Unmik e quindi all'intera comunita'
internazionale: si ricorda infatti che negli ultimi anni l'Unmik ''ha
avuto diverse occasioni di essere attiva nella ricerca di una politica
che potesse interrompere le discriminazioni in Kosovo'', ma cio' non
e' avvenuto e anche se ''il fallimento dell'azione dell'Unmik puo'
essere spiegato non puo' pero' essere tollerato''. Il rapporto
riconosce che una eventuale indipendenza del Kosovo non risolverebbe
tutti i problemi territoriali dell'area, ma sicuramente ''posporre il
problema dello status del Kosovo portera' ad un deterioramento della
situazione nella provincia''. Secondo il rapporto ''l'indipendenza del
Kosovo non dovrebbe essere imposta a Belgrado''. Infatti questa
imposizione di indipendenza non e' solo indesiderabile ma anche di
difficile realizzazione visto che ci sono due membri del Consiglio di
Sicurezza dell'Onu, come la Russia e la Cina, che sono decisamente
contrari. La Commissione e' anche ''pessimista'' sulla possibilita'
che lo stallo possa essere risolto attraverso colloqui diretti tra
Belgrado e Pristina: al contrario, ''dovrebbe essere la comunita'
internazionale a guidare il processo. Processo che si dovrebbe basare
sull'offerta a Belgrado di incentivi reali in modo che la Serbia possa
trovare ''accettabile'' la prospettiva futura di un Kosovo
indipendente come futuro membro dell'Unione Europea. Persuadere
Belgrado di cio' e' difficile ma - conclude il rapporto - non
impossibile''.(ANSA). FN/TER
29/04/2005 12:09

BALCANI: AMATO, UE NON PUO' REGGERE SITUAZIONE PARACOLONIALE

(ANSA) - ROMA, 29 APR - ''Noi troviamo terrificante che l' Unione
Europea si possa trovare in una situazione paracoloniale, che possa
mantenere la pace nei Balcani attraverso la presenza di soldati e l'
uso di finanziamenti''. Lo ha detto Giuliano Amato questo pomeriggio
alla Farnesina, presentando il rapporto della Commissione
internazionale sui Balcani, sottolineando che un clima ''post
coloniale'' e' la prospettiva che la Comunita' internazionale si trova
davanti se non cambia il suo atteggiamento nei confronti dei Balcani.
Illustrando i contenuti del rapporto, che era gia' stato presentato a
Bruxelles, Giuliano Amato ha spiegato che servono velocemente
''interventi per cambiare la situazione con un coraggio che e'
difficile da trovare'', ma che e' oggi essenziale. Bisogna, in
sostanza, superare ''lo status quo che non porta da nessuna parte e
che anzi rischia di cancellare il futuro dell' area a di chiudere la
regione nel suo passato''. In concreto, la strada da seguire e' quella
di un progressivo inserimento dei paesi balcanici nell' Unione Europea
e nella Nato. Dopo aver brevemente ripercorso le conclusioni del
rapporto sui diversi paesi, Amato si e' soffermato in particolare sul
Kosovo. In questa regione, ha spiegato, ''il trattamento della
minoranza serba e' inammissibile; i villaggi di campagna dei serbi
sono campi di concentramento e nella capitale Pristina la comunita'
serba non osa andare negli altri quartieri. Anche sul lavoro - ha
aggiunto - i serbi sono discriminati''. Per queste ragioni bisogna
avere il coraggio di dire ''che per il futuro il Kosovo dovra' essere
uno Stato indipendente''. Anche se questo non significa dire oggi che
sara' uno Stato sovrano perche' Belgrado, e paesi importanti nel
Consiglio di sicurezza come la Russia e la Cina, sono contrari.
(ANSA). FN/ARS
29/04/2005 16:47