PIAZZA RE ENZO, DALLE ORE 16.00 ALLE 18.30: PRESIDIO
* Non un passo indietro! [NOI SAREMO TUTTO aderisce alla CAROVANA ANTIFASCISTA della BANDA BASSOTTI del 9 maggio GIORNO DELLA VITTORIA. NO PASARAN!]
Il video di presentazione del progetto internazionalista "Non un passo indietro!" della rete nazionale Noi Saremo Tutto... (Noi Saremo Tutto, 3 feb 2015)
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=tcK-LPuHeLw
di Enrico Vigna. Zambon editore, 2015
ISBN 978-88-98582-14-3 - 17x24 cm - 240 pagine a colori - 20 €
Con l'approvazione odierna del Progetto di Legge 1014-3, in materia di "emendamenti ad alcune leggi ucraina sull'attuazione delle politiche di non allineamento", la Rada decide di porre fine alla neutralità del paese, indirizzandosi apertamente verso il blocco euro-atlantico. I 303 deputati che hanno votato a favore, hanno scelto di modificare l'articolo 6 della legge "Sulla base della sicurezza nazionale dell'Ucraina", in relazione alle necessità di integrarsi nello spazio politico europeo allo scopo di aderire all'UE.
L'approvazione del progetto di Legge prevede anche di modificare l'art. 11 della legge "Sui fondamenti della politica interna ed estera", al fine approfondire la cooperazione con la NATO allo scopo di adeguarsi ai criteri necessari all'ingresso nell'organizzazione.
http://italian.ruvr.ru/news/2015_01_10/Gorbaciov-prevede-guerra-nucleare-pericoloso-espansionismo-NATO-ad-est-3793/
"Tutte le proposte russe per unire le forze e lavorare su una nuova architettura della sicurezza sono state ignorate con arroganza dall'Occidente," - ha detto Gorbaciov.
Rispondendo alla domanda se in Europa ancora una volta potrebbe scoppiare una guerra su larga scala, il politico ha detto: "Non bisognerebbe nemmeno pensarci. Tale guerra sarebbe inevitabilmente nucleare. Non sopravviveremo nei prossimi anni se qualcuno non sarà lucido in questo contesto."
http://itar-tass.com/en/world/772859
“While examining the building of the Donetsk airport, we found a great number of American firearms, assault rifles and hand mortars, equipment and communications devices,” he said. “We also found publications in European languages, including on religious matters.”
Apart from that, “we found dead bodies in NATO uniforms under the debris in the new terminal. Personal belongings indicated that these people were foreign citizens contracted by private military companies who operated under the disguise of Ukrainian subversive groups,” he said.
MILITARI INGLESI REGOLARI DELLA NATO COMBATTONO a Mariupol NELL'ESERCITO UCRAINO, ECCO LA PROVA (Fonte: pagina FB di Rolando Dubini, 23/1/2015):
VIDEO: http://youtu.be/jW1JdOXdJkU
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https://www.facebook.com/PANDORATV.IT/photos/a.596888513732284.1073741828.596490170438785/769480943139706/?type=1
Inutile dire che, sul terreno le formazioni militari semi-regolari, legate alle forze ucraine più estremiste, premono per un'offensiva. Hanno ricevuto le armi da USA e NATO e vogliono usarle.
Naturalmente non si spingerebbero a tanto se non ci fosse una chiara copertura da parte americana, della Germania della Merkel e della Polonia. Questo è lo schieramento che punta allo scontro.
Lo fa continuando a insistere sulla presenza di truppe russe sul territorio del Donbass, cioè all'interno dei confini dell'Ucraina. Presenza indimostrata e, si ha ragione di ritenere, indimostrabile poichè non esistente.
D'altro canto un articolo di John Vinocur, giornalista falco per eccellenza, apparso sul Wall Street Journal, scatena un violentissimo attacco, al limite dell'insulto personale, contro Federica Mogherini, presentata come una suffragetta pacifista, a causa di una sua presa di posizione che, comunque, riflette le posizioni - sicuramente esistenti in Europa - che cercano di prendere tempo e di non forzare Putin a un intervento più esplicito a sostegno dei ribelli.
La Mogherini si muove esprimendo sia la posizione di Hollande, sia quella dei socialdemocratici tedeschi, sia quella di numerosi circoli europei molto inquieti per il pericolo crescente rappresentato dalla pressione americana.
Vinocur attacca anche il presidente Obama, senza mezzi termini, accusandolo di incertezze e di illusione che sia possibile "ricondurre alla ragione" Putin.
Il quadro di un aggravamento ulteriore della situazione sul terreno è disegnato con chiarezza dai fatti. La risoluzione approvata dal Parlamento europeo lo scorso 15 gennaio ha spalancato la porta di un'offensiva americana. Se "l'altra Europa" cede, saranno guai per tutti.
Il portale “Svobodnaja Pressa” (Stampa Libera) raccoglie l’opinione di alcuni politici e analisti russi e ucraini sulle conseguenze della decisione del parlamento ucraino di annullare lo status di “paese non allineato”, in vista della richiesta di adesione alla NATO…
http://www.marx21.it/internazionale/area-ex-urss/24925-lucraina-la-nato-e-la-preparazione-della-guerra-alla-russia.html
http://www.german-foreign-policy.com/de/fulltext/59027
Accompanied by protest demonstrations, Kiev's Prime Minister, Arseniy Yatsenyuk, will have talks with Chancellor Angela Merkel today, Thursday, on expanding German support to Ukraine. Yatsenyuk is pursuing an arms buildup by all possible means. Observers assume that Kiev is preparing a new offensive in Ukraine's civil war. It was reported that several NATO countries are involved in arming the country's military. The German government confirmed back in September that it had satisfactorily complied with Ukraine's requests including "defensive equipment". Even trans-Atlantic supporters of Kiev's February 2014 putsch, are now warning that a considerable rise in the influence of fascist militias and certain oligarchs is threatening to establish an uncontrollable warlord system. Prime Minister Yatsenyuk's party has particularly taken the lead in supporting right-wing extremist battalions. Yesterday, Yatsenyuk was ceremoniously received by German President Joachim Gauck...
(All'aeroporto di Donetsk, i battaglioni Somali e Sparta hanno rinvenuto fucili AR-15 di fabbricazione americana)
18.01.2015 Donetsk Airport. DPR soldiers defend airport (PL Win, 18 gen 2015)
Donetsk People's Republic soldiers defend the airport. They found at the airport warehouse of NATO weapons...
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=YeYGSAkUeW0
23/01/2015 – Cadaveri con uniformi della Nato e armi americane trovati sotto le macerie dell’aeroporto di Donetsk, riconquistato dai ribelli filorussi. Circa 600 i combattenti ucraini uccisi nella battaglia più sanguinosa dall’inizio delle guerra civile nell’est dell’Ucraina. Questa la risposta dei filorussi alla massiccia mobilitazione del governo di Kiev, che nei giorni scorsi aveva respinto il piano di pace proposto da Putin e lanciato una nuova offensiva con cinquantamila uomini
http://www.pandoratv.it/?p=2724
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=mkWvNFVqyaY
By: Steven Pifer, Strobe Talbott, Ambassador Ivo Daalder, Michele Flournoy, Ambassador John Herbst, Jan Lodal, Admiral James Stavridis and General Charles Wald
http://www.brookings.edu/research/reports/2015/02/ukraine-independence-russian-aggression
http://ilmanifesto.info/il-prestigio-dellitalia/
http://www.pandoratv.it/?p=2779
http://www.german-foreign-policy.com/de/fulltext/59047
http://www.german-foreign-policy.com/de/fulltext/59049
http://fortruss.blogspot.com/2015/02/lavrovs-munich-speech-full-transcript.html
http://www.analisidifesa.it/2014/12/typhoon-italiani-contro-i-jet-russi-sul-baltico/
TYPHOON ITALIANI “CONTRO” I RUSSI SUL BALTICO
di Redazione – 18 dicembre 2014
Gli Eurofighter italiani si misureranno presto con Mig, Sukhoi e Tupolev russi nei cieli sempre più caldi del Mar Baltico. Quattro caccia Typhoon dell’Aeronautica Militare Italiana verranno schierati dal 27 dicembre nella base lituana di Siauliai nell’ambito della Baltic Air Patrol (BAP) della NATO, l’operazione che vede i jet alleati alternarsi nel garantire la protezione aerea alle tre Repubbliche Baltiche (Estonia, Lettonia e Lituania) partner dell’Alleanza Atlantica ma le cui forze aeree sono prive di jet da combattimento.
La BAP è stata progressivamente potenziata. quest’anno in seguito alla crisi in Ucraina e all’escalation dei voli militari russi ai limiti dello spazio aereo dei Paesi che si affacciano sul Baltico
Si tratta di un nuovo importante impegno per l’Aeronautica Militare italiana, l’unica in ambito alleato a garantire la sorveglianza dello spazio aereo di ben quattro Nazioni prive di forze aeree da combattimento: oltre a partecipare a rotazione alla BAP in Lituania i nostri jet proteggono infatti i cieli dell’Islanda (a rotazione con altri partner NATO), Slovenia e Albania, quest’ultima in cooperazione con le forze aeree greche.
Secondo fonti NATO (il Ministero della Difesa italiano come al solito tace) l’Italia assumerà il comando della BAP e i Typhoon saranno operativi dall’inizio dell’anno insieme ai jet polacchi (4 Mig-29 schierati anch’essi a Siauliai, a 4 Typhoon spagnoli basati nell’aeroporto militare estone di Amari e ad altri 4 britannici attesi in gennaio. Le pattuglie italiane, polacche e spagnole avvicenderanno i velivoli alleati attualmente assegnati ala BAP: 4 Typhoon tedeschi, 4 F-18 (CF-188) canadesi, 4 F-16 olandesi e altrettanti portoghesi, questi ultimi dislocati a Siauliai.
Da quanto appreso da Analisi Difesa il comando della BAP sarà affidato al colonnello Marco Bertoli mentre i Typhoon, gli equipaggi e il personale impegnati nella missione della durata di circa tre mesi provengono dagli Stormi 4°, 36° e 37°.
La NATO garantisce dal 2004 la sicurezza dei cieli delle Repubbliche Baltiche ma ha portato da 4 a 16 i caccia assegnati alla BAP a causa della crisi con Mosca, in uno sforzo a cui si unirà nel 2015 anche l’Ungheria con i cacciabombardieri Saab Gripen.
Superfluo sottolineare l’impatto politico di un rischieramento operativo di forze aeree da combattimento italiane che, pur restando nell’ambito NATO, assume una precisa valenza di contrasto alla Russia in un momento in cui l’Italia già paga il prezzo più alto nei rapporti con Mosca a causa delle sanzioni UE che penalizzano il nostro export.
L'Alleanza atlantica mobilita 30mila militari al confine russo
di Manlio Dinucci - su Il Manifesto del 5/2/2015
Per i ministri della difesa della Nato, riuniti ieri a Bruxelles, è stata «una giornata molto intensa». Dopo l’incontro bilaterale in cui il ministro Usa della difesa Chuch Hagel ha trasmesso le istruzioni al segretario generale della Nato Jens Stoltenberg, si è riunito il Gruppo di pianificazione nucleare (a cui partecipa anche l’Italia, violando il Trattato di non-proliferazione). Non si sa che cosa abbia deciso, dato che non è stato emesso alcun comunicato. Ma, poiché Washington ha ribadito che «la Nato resterà una alleanza nucleare», si può dedurre che sia stato deciso di accelerare l’«ammodernamento» delle forze nucleari Usa schierate in Europa (Italia compresa) e il potenziamento di quelle francesi e britanniche. Si è quindi riunita la Commissione Nato-Georgia, apprezzando il contributo georgiano alle operazioni in Afghanistan e alla «Forza di risposta della Nato» (viatico per l’ormai certa ammissione della Georgia nell’Alleanza).
Contemporaneamente, sotto guida Usa, la Nato estende la sua strategia al Nordafrica e Medioriente. La demolizione della Libia con la guerra, l’analoga operazione lanciata in Siria, il rilancio della guerra in Iraq, l’uso a doppio taglio di formazioni islamiche (sostenute per abbattere i governi presi di mira, usate quindi per giustificare altri interventi armati) rientrano nella strategia Usa/Nato.
Com'era prevedibile, gli ‘apprendisti stregoni’ dell’imperialismo statunitense e di quello dell’Unione europea - a rimorchio di Washington nella destabilizzazione dell’Ucraina e nel conseguente colpo di stato – hanno indotto una escalation che da quanto sembra non solo ha prodotto una guerra civile che ha provocato decine di migliaia di morti, ma che ora rischia di coinvolgere direttamente potenze militari di livello globale che finora si erano confrontate per interposta persona.
A imporre un nuovo impulso all’escalation è stata, come fin qui avvenuto, di nuovo un’iniziativa provocatoria degli Stati uniti che, di fronte ai continui rovesci militari delle truppe di Kiev, hanno pensato bene di intervenire più o meno direttamente a fianco del regime fantoccio Poroshenko-Jatsenjiuk. In corrispondenza con la visita di John Kerry a Kiev la Nato ha ribadito il proprio interventismo nel contesto ucraino. In ballo, dopo che i militari e le milizie di estrema destra maidanisti hanno già ricevuto fondi, attrezzature e armi da Usa, Nato e alcuni paesi europei, anche se tramite triangolazioni, c’è l’invio in territorio ucraino di truppe occidentali e di un grande quantitativo di armi sofisticate che faccia pendere la bilancia dalla parte di truppe sbandate e demotivate.
In un intervento volutamente provocatorio, l’alleanza atlantica ha ribadito la propria intenzione di adoperare in quel teatro la nuova versione potenziata della “forza di reazione rapida” scaturita dallo storico vertice di Newport, forte di 5 mila soldati pesantemente armati che dovrebbero presto diventare ben 30 mila.
Dopo la riunione dei ministri della Difesa dei Paesi membri a Bruxelles, il segretario generale Nato Jens Stoltenberg ha spiegato che questa spearhead («punta di lancia») avrà il sostegno «delle forze aeree, marittime e speciali» ma soprattutto «sarà pronta all'azione in 48 ore» con il supporto di aviazione, marina e forze speciali.
La novità non è solo la conferma della scelta aggressiva sancita nel vertice del Galles, ma l’accelerazione di un processo di militarizzazione del fianco est della Nato che prevede, ha chiarito il segretario dell’Alleanza Atlantica, di installare «immediatamente» i primi sei gruppi di comando e controllo che faranno da base logistica nell'Est europeo: in Lituania, Lettonia, Estonia, Polonia, Bulgaria e Romania.
Nel complesso la capacità della Forza “di risposta” della Nato, attualmente composta da 13.000 soldati sarà rafforzata entro il 2016 «per rispondere a tutte le minacce, tanto a est quanto a sud», Medio Oriente compreso, e sarà composta complessivamente da 30mila soldati. I paesi che parteciperanno alla forza come «framework nation», a rotazione, sono Francia, Germania, Italia, Polonia, Spagna e Regno Unito. Tre "nazioni quadro" avranno l'incarico di coordinare l'azione. Un paese, detto in "stand-by" assicurerà per un anno la disponibilità delle sue truppe con brevissimo preavviso: da due giorni per i primi elementi a una settimana per gli altri. Le due altre nazioni quadro dovranno garantire di potersi unire in un periodo da quattro a sei settimane. La Gran Bretagna ha annunciato che prenderà il comando di questa forza nel 2017, mettendo a disposizione un migliaio di uomini e tre caccia Typhoon. La Francia e la Germania saranno le prime altre nazioni quadro, secondo fonti Nato.
Stoltenberg ha chiarito che si tratterà del principale rafforzamento della “difesa collettiva” dell'Alleanza Atlantica dalla fine della Guerra Fredda.
Che l’obiettivo di un tale volume di fuoco sia la Russia era chiaro a settembre e lo è diventato ancor di più negli ultimi tempi. E a dimostrarlo è anche una dichiarazione resa dall'ex segretario della Nato, Rasmussen, resa al quotidiano britannico Daily Telegraph, nella quale accusa Mosca di fare ciò che in realtà sta facendo il fronte occidentale. "Occorre guardare oltre l'Ucraina - ha affermato Rasmussen - Putin vuole ridare alla Russia il suo status di grande potenza e ci sono forti probabilità che intervenga nel Baltico per mettere alla prova l'articolo 5 della Nato", che prevede che un attacco armato contro uno dei Paesi membri "sia considerato come un attacco diretto contro tutti gli stati membri".
Tanto per cambiare, l’Italia ha dato immediatamente la propria disponibilità a partecipare al nuovo piano d’azione della Nato anche se qualche giorno fa l’esecutivo Renzi aveva chiarito la propria indisponibilità a inviare armi all’esercito ucraino, naturalmente in scia con quanto già dichiarato da Berlino e Parigi. «Abbiamo aperto alla disponibilità di essere framework nation nel 2018, con un discorso da chiudere a giugno, quando verranno prese le decisioni» ha affermato il ministro della Difesa Roberta Pinotti al termine della riunione dei suoi omologhi della Nato.
Come stupirsi della reazione stizzita della Russia accerchiata? La risposta di Mosca non ha tardato ad arrivare.
I Paesi baltici potrebbero diventare una regione di «confronto militare» tra Russia e Nato, ha avvertito l'inviato della Federazione Russa presso l'Alleanza, Alexander Grushko, secondo il quale la decisione della Nato di istituire centri di comando supplementari in 6 Paesi ai confini russi costringerà Mosca a misure "adeguate", uguali e contrarie. «L'apertura di ulteriore potenziale militare lungo le nostre frontiere non è altro che un tentativo di esercitare pressioni sulla Russia», ha detto Grushko.
Già ieri il leader del Cremlino, Vladimir Putin, ha firmato un decreto per mobilitare per due mesi i riservisti dell’esercito russo. Si tratta di una prassi ordinaria annuale, sottolineano gli esperti. Ma che in un quadro simile potrebbe assumere un significato assai diverso rispetto al passato.
Mentre Washington e le sue pedine della “Nuova Europa” – interne all’Ue – sembrano mirare al muro contro muro, non sfugge al nucleo del polo europeo il rischio che questa escalation comporta. Non è un caso che proprio ieri, con una iniziativa inedita, la cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente francese Francois Hollande hanno informato di un viaggio urgente a Mosca, nel tentativo di sganciarsi dalla trappola di Washington che potrebbe trascinare Bruxelles in uno scontro dal quale l’Europa ha tutto da perdere. L’obiettivo dei due boss dell’Ue, ha chiarito senza mezzi termini il ministro degli Esteri tedesco Frank-Walter Steinmeier, è lanciare con Putin una mediazione “prima che il conflitto finisca fuori controllo”. A quanto pare è stato il capo del Cremlino a lanciare l’amo ai leader di Parigi e Berlino, proponendo elementi di trattativa per ora non ancora resi pubblici. E mentre vari esponenti dell’establishment statunitense insistono sulla necessità e sull’urgenza di inviare armi ai governativi ucraini, il ministro della Difesa tedesco, Ursula van der Leyen, ha definito quello proposto da Washington «un passo sbagliato».
Intanto tra le ipotesi in ballo c’è anche quella di uno schieramento di un contingente di caschi blu dell'Onu in Donbass. Secondo un portavoce del ministero degli Esteri russo sarà uno degli argomenti di discussione durante l’incontro di oggi tra Putin, Merkel e Hollande. E da Donetsk, uno dei negoziatori delle repubbliche popolari ha sostenuto che i ribelli non si opporrebbero.
Il quasi filosofo francese Levy e il quasi democratico miliardario Usa Soros sul Corsera a spiegare al mondo che la guerra condotta da Kiev contro Mosca e i fantasmi sovietici è sacrosanta e salvifica per l’Occidente. L’analisi di Marsonet a fare chiarezza, e la storia dei due a farci arrabbiare
Tra gli innumerevoli articoli pubblicati dai giornali sulla crisi ucraina, mancava giusto il tentativo di giustificare “filosoficamente” la politica dell’Occidente in quest’area-chiave dell’Europa orientale. Quando dico Occidente, tuttavia, intendo soprattutto gli Stati Uniti, essendo noto che la UE è assai divisa sull’argomento, con alcuni Paesi membri che manifestano la loro perplessità un giorno sì e l’altro pure.
La suddetta giustificazione filosofica è alla fine giunta e, in Italia, è uscita il 26 gennaio sul “Corriere della sera”. A scriverla è una “strana coppia” formata dal filosofo francese del jet set Bernard-Henri Lévy –spesso chiamato BHL– e da George Soros, il celebre magnate americano di origine ungherese.
Secondo i due l’Europa deve aiutare il governo di Kiev non solo per espandere a Est la democrazia, ma anche per rafforzare se stessa. Tralasciando i ben noti dubbi circa il reale svolgimento degli eventi di piazza Maidan e il ruolo che vi ebbero (per loro stessa ammissione) i servizi segreti americani, BHL e Soros sostengono che la trasformazione in Ucraina “è il risultato di un eccezionale esperimento di democrazia partecipativa, un’avventura nobile e ammirevole per mano di un popolo che ha saputo riunire le forze e spalancare la nazione alla modernità, alla democrazia e all’Europa”.
Superfluo aggiungere che l’unico “cattivo” qui è Putin, il cui solo obiettivo sarebbe destabilizzare la nazione confinante con il chiarissimo (per loro) intento di ricostruire la defunta Unione Sovietica. Nessun cenno ai problemi delle vaste regioni orientali russofone che, anzi, trarrebbero soltanto vantaggio dall’essere inserite – anche con la forza – in una democrazia occidentale non corrotta com’era la vecchia URSS. La nuova Ucraina, proseguono gli autori, “è una democrazia partecipativa che non si affida a un unico governante, bensì a un sistema di pesi e contrappesi”.
Su Bernard-Henri Lévy non è necessario spendere molte parole, anche se sorprende che grandi quotidiani continuino a trattarlo con i guanti riservandogli grande spazio. Basti rammentare il ruolo nefasto svolto da BHL nella crisi libica, quando convinse Hillary Clinton (è lei stessa a scriverlo) che l’eliminazione di Gheddafi avrebbe consentito la nascita di una Libia democratica e vicina all’Occidente. Tutti sappiamo com’è finita quell’avventura iniziata con i raid aerei anglo-francesi.
Più interessante parlare di Soros. Nell’articolo di cui sopra si esalta infatti la “rivoluzione democratica” di Mikhail Saakashvili in Georgia. Si dà il caso che il magnate americano sia stato uno dei principali finanziatori del leader georgiano, come ora lo è del governo di Kiev. Lecito chiedersi, a questo punto, se sia così normale che quest’uomo dalle enormi risorse finanziarie abbia un ruolo tanto decisivo nella politica estera occidentale e, in particolare, americana.
Lo stesso Soros non si offende quando viene definito come grande speculatore finanziario internazionale. Nel 1992 le sue abili manovre costrinsero la pur potente Banca d’Inghilterra a svalutare la sterlina facendola uscire dallo SME. Calcoli prudenziali stimarono che nell’occasione il magnate abbia guadagnato oltre un miliardo di dollari. Nello stesso anno l’operazione venne ripetuta con la lira italiana, con una perdita di valore del 30% e la conseguente uscita dallo SME come già era toccato alla sterlina. Senza contare altre e numerose accuse di “insider trading”.
Se questi sono i difensori della democrazia, vien fatto di pensare, che il buon Dio ci protegga: ne abbiamo bisogno. Soros ha poi cercato di rifarsi una verginità politica pubblicando un libro contro il capitalismo “selvaggio” e proclamandosi seguace della teoria della “società aperta” di Karl Popper, del quale seguì alcuni corsi alla London School of Economics. Davvero difficile prenderlo sul serio. Mentre seriamente dev’essere considerata la sua vicinanza a Barack Obama, del quale ha finanziato con generosità le campagne elettorali.
Tutto allora si tiene. Il magnate appoggia e incoraggia la politica dell’attuale amministrazione USA in Ucraina, incluso il proposito di fornire al governo di Kiev maggiori armamenti, sottolineato ancora in questi giorni dal Segretario di Stato John Kerry. Conta poco che il Ministro degli Esteri tedesco Steinmeier inviti alla prudenza affermando: “sperare che più armi servano a disinnescare la crisi non è in linea con quella che è la realtà dell’Ucraina”.
Le decisioni non si prendono certo a Berlino o a Bruxelles, bensì a Washington e nelle fondazioni che Soros ha creato e finanzia. Sarebbe però opportuno che lui e BHL non venissero presentati sui grandi quotidiani come nobili difensori degli ideali liberal-democratici.