Informazione


Da: "Kappa Vu S.a.s." <info @ kappavu.it>
Oggetto: Invito al Convegno storico "I campi di concentramento fascisti" - 29 gennaio 2014. Con preghiera di diffusione
Data: 17 gennaio 2014 15:00:24 CET
La Kappa Vu edizioni vi invita al

Convegno storico "I campi di concentramento fascisti"
che si terrà Mercoledì 29 gennaio presso la Sala Ajace, Piazza della Libertà, Udine.

L' iniziativa si inserisce nell'ambito delle celebrazioni del Comune di Udine per la Giornata della Memoria 2014.


Programma del convegno (la locandina in allegato)

Durante la seconda guerra mondiale, almeno centomila civili jugoslavi vennero internati dal regime fascista in campi di concentramento, nelle varie regioni italiane e nelle isole della Dalmazia occupate con l’aggressione alla Jugoslavia del 1941. Migliaia di persone - donne, uomini, vecchi, bambini - vi morirono di fame e di malattie.
Si tratta di una tragedia di cui si è parlato poco nel nostro paese, ma che è importante conoscere  non solo per capire meglio la storia del confine orientale d’Italia, ma anche per riflettere sulla disumanità di tutte le strutture concentrazionarie, sull’oggi e sulle origini del razzismo crescente nella nostra società.

09.15 Saluti istituzionali e presentazione del convegno.

09.35 Piero Purini: I campi di concentramento nei progetti di bonifica nazionale e repressione delle minoranze.

10.00 Carlo Spartaco Capogreco (università della Calabria): La memoria e la storiografia dei campi fascisti. Riflessioni e spunti di ricerca.

10.40 Boris Gombač: La problematica dei campi attraverso l’analisi della mostra di scritti e di disegni di bambini sopravissuti.

- pausa -

11.25 Dragutin Drago V. Ivanović: La repressione italiana in Montenegro ed il calvario degli antifascisti da Bar-Antivari fino a Colfiorito.

11.50 Sandi Volk: Dalle catene alla libertà: la formazione della Rabska brigada nel campo di concentramento di Rab/Arbe

12.15 Andrea Martocchia: Dall’internamento alla Resistenza. La partecipazione degli ex internati jugoslavi nella Resistenza italiana.

12.40 Eventuali domande o interventi del pubblico.

- pausa -

14.30 Claudia Cernigoi: Le deportazioni dalla Venezia Giulia da parte dell’Ispettorato speciale di P.S. di Trieste (1942-43).

14.50 Genni Fabrizio (associazione Tenda per la Pace e i Diritti): I campi di concentramento, oggi.

15.10 Ferruccio Tassin: Il campo di concentramento di Visco. La memoria sul confine.

15.30 Ivan Cignola: I luoghi della memoria.

15.50 Alessandra Piani: Oblio e memoria. Il campo di concentramento di Gonars (1941-1943) nelle testimonianze orali della popolazione locale.

16.10 Dorino Minigutti: Documentare la memoria oltre la storia.

- Coordina Alessandra Kersevan -

Iniziativa realizzata in collaborazione con l'Assessorato alla Cultura del Comune di Udine.
Con il patrocinio di:
ANPI di Udine
Fondazione Ferramonti di Tarsia
Istituto Friulano per la Storia del Movimento di Liberazione

Sottolineiamo l'importanza di una partecipazione numerosa.
Un cordiale saluto,
la Kappa Vu




Inizio messaggio inoltrato:

Da: comitatocontrolaguerramilano 
Oggetto: Lettera aperta alla ministra Bonino: l'Italia esca dal gruppo Amici della Siria.
Data: 16 gennaio 2014 21:21:02 CET


COMUNICATO STAMPA

Si sono riuniti a Parigi domenica scorsa i cosiddetti "Amici della Siria", tra cui purtroppo anche l'Italia.

"Purtroppo" perché,  in realtà, questi "Amici" sono proprio i paesi che da tempo alimentano la guerra in Siria, inviando armi e anche formazioni terroriste.  Sono i paesi che hanno più volte silurato i tentativi di pace dell'ONU (piano Annan, negoziati Brahimi) perché il loro scopo è quello di imporre un nuovo regime in Siria (a loro gradito) con le armi, non con il consenso popolare.

La nostra Lettera Aperta alla Ministra Bonino chiede pertanto che l' Italia esca da questo raggruppamento e faccia invece una politica limpida e non ambigua per la pace in Siria.  Vedi qui sotto e in formato pdf qui:
http://boylan.it/nowar/lettera_aperta_ministra_bonino_amici_della_siria.pdf

Rete NoWar - Roma    Comitato contro la guerra-Milano
nowar@...          comitatocontrolaguerramilano@...




Lettera aperta alla ministra Bonino: l'Italia esca dal gruppo Amici della Siria

Roma, 15 gennaio 2014

Ministra Bonino,

come cittadini italiani, siamo rimasti delusi da ciò che trapela dall’ultimo Vertice degli undici paesi cosiddetti “Amici della Siria”, tenutosi a Parigi domenica scorsa, e La invitiamo a darne conto in parlamento.

In particolare Le chiediamo di spiegare la partecipazione italiana ad un gruppo che pretende, non di affiancare, ma di sostituirsi all’Onu, sovvertendo le iniziative di pace intraprese in passato, prima da Annan e poi da Brahimi.  Noi preferiamo chiamare questo raggruppamento gli “Amici della guerra in Siria” perché, come è facilmente documentabile, molti fra i suoi undici componenti da tempo sostengono gruppi armati persino fanatici nel paese. Ciò fa sì che, rimanendo in quel raggruppamento, l’Italia si annovera tra i sostenitori dei jihadisti e de facto sottoscrive la distinzione aberrante che viene fatta di recente a Washington (e che viene denunciata dagli stessi analisti statunitensi come Joshua Landis) fra “al qaedisti buoni”, da sostenere, e quelli “cattivi”.  Siamo alla follia.

Le vorremmo porre tre domande, dunque, in merito all’ultima riunione dei cosiddetti “Amici della Siria”:

--  perché l'Italia e gli altri componenti del raggruppamento non spendono neanche una parola per condannare quel che è sotto gli occhi di tutti, ovvero che la guerra in Siria è alimentata dall’afflusso, da paesi terzi, di armi, denaro e combattenti, in genere jihadisti?  E' forse perché questi “paesi terzi” fornitori sono proprio gli “Amici della Siria” (ciascuno con il proprio protetto)?  Il comunicato MAE non menziona i loro nomi, ma essi sono: l'Arabia Saudita, la Turchia, il Qatar, l'UK, la Francia, gli Usa e probabilmente anche l'Italia, visto l'enorme sbalzo nella fornitura di armi italiane, a partire dall'inizio del conflitto siriano, destinate ufficialmente alla Turchia ma verosimilmente alle forze ribelli che hanno le loro basi in Turchia (da 1,7 milioni di euro di armi esportate dall'Italia verso la Turchia nel 2009, si è passato nel 2012 ad oltre 36,5 milioni, dati OPAL);

-- come può l’Italia rimanere in un gruppo che dà appoggio logistico e armato (illegale secondo il diritto internazionale) a gruppi persino terroristici che cercano una soluzione militare alla crisi siriana, invece di una soluzione politica?

-- Non Le pare surreale attribuire ad Assad, come Lei ha fatto durante la riunione a Parigi, tutti  gli (stimati) 130 mila morti in Siria? Non sa che la maggior parte di quei morti fanno parte dell’esercito siriano, e che fra il 40% stimato dei civili, molti sono caduti vittima di azioni armate dell’opposizione o sono morti fra i due fuochi?  Perché Lei imputa tutti i morti ad una delle parti soltanto?  Le vostre dichiarazioni non fanno che alimentare la caricatura di un “regime che stermina il proprio popolo”, legittimando un maggiore afflusso di armi e, nel contempo, paralizzano qualsiasi protesta pacifista.  O è questo il vero scopo delle Sue dichiarazioni?


Ministra, se la comunità internazionale non impone un embargo totale al traffico delle armi, i vari e divisi gruppi armati non deporranno mai le armi e sarà inutile persino la creazione di “corridoi umanitari”, che verranno usati per rifornire le milizie e quindi per far durare la guerra.  Se vuole veramente favorire la pace e una soluzione politica in Siria, il Suo dicastero, a nostro avviso, dovrebbe lavorare per:

1. far cessare l'afflusso delle armi – per cominciare, dall'Italia – e chiedere una tregua immediata;
2. contrastare i tentativi di sabotare la Conferenza di Pace “Ginevra2”, ad esempio dichiarando che, chi non partecipa, non verrà più considerata dall'Italia un interlocutore credibile;
3. far aprire la Conferenza “Ginevra2” a tutti gli attori, ivi compreso l'Iran, a pieno titolo;
4. affrontare seriamente il dramma dei profughi, eliminando le condizioni disumane in molti campi e facilitando il ritorno in patria laddove possibile;
5. far venire in Italia anche le opposizioni siriane non violente, per spiegare agli italiani che una soluzione politica viene ritenuta possibile anche da chi vuole cambiare l'attuale governo.  Finora in Italia hanno avuto facili visti d'ingresso e facile accesso ai media solo i siriani che pretendono che le armi siano l'unica strada.

Rete NoWar-Romanowar@...
Comitato contro la guerra-Milano, comitatocontrolaguerramilano@...


Inizio messaggio inoltrato:

Da: comitatocontrolaguerramilano 
Oggetto: MARTEDI 21 GENNAIO ORE 18,30 PRESIDIO FIACCOLATA IN PIAZZA DELLA REPUBBLICA
Data: 16 gennaio 2014 22:12:35 CET

Cari Amici e Compagni, nel corso della riunione di ieri, in contatto con gli attivisti di Roma e Napoli, abbiamo deciso di mobilitarci alla vigilia della conferenza "Ginevra 2". A breve invieremo il volantino, chiediamo a tutti gli attivisti di far girare la convocazione  e organizzare la presenza più numerosa possibile.


MARTEDI 21 GENNAIO ORE 18,30

PRESIDIO FIACCOLATA

IN PIAZZA DELLA REPUBBLICA 32 ANGOLO VIA TUNISIA

(MM3 P.zza Repubblica)

DAVANTI AGLI UFFICI DELLE LINEE AEREE DEL QATAR (QATAR AIRWAIS) E SAUDI ARABIAN AIRLINES

BASTA CON L'INVIO DI MERCENARI E JIHADISTI SANGUINARI IN SIRIA

BASTA CON L'INVIO DI DENARO E ARMI AI TERRORISTI ISLAMISTI

NO ALLA PARTECIPAZIONE DELL'ITALIA ALLA GUERRA IMPERIALISTA


IN OCCASIONE DELLA CONFERENZA “GINEVRA 2” CHIEDIAMO AL GOVERNO ITALIANO di:


1. far cessare l'afflusso delle armi – per cominciare, dall'Italia – e chiedere una tregua immediata;
2. contrastare i tentativi di sabotare la Conferenza di Pace “Ginevra2”, ad esempio dichiarando che, chi non partecipa, non verrà più considerata dall'Italia un interlocutore credibile;
3. far aprire la Conferenza “Ginevra2” a tutti gli attori, ivi compreso l'Iran, a pieno titolo;
4. affrontare seriamente il dramma dei profughi, eliminando le condizioni disumane in molti campi e facilitando il ritorno in patria laddove possibile;
5. far venire in Italia anche le opposizioni siriane non violente, per spiegare agli italiani che una soluzione politica viene ritenuta possibile anche da chi vuole cambiare l'attuale governo.  Finora in Italia hanno avuto facili visti d'ingresso e facile accesso ai media solo i siriani che pretendono che le armi siano l'unica strada


COMITATO CONTRO LA GUERRA – MILANO





Giornata della Memoria (27/1): iniziative segnalate

GORIZIA 22 GENNAIO: IL LAGER DI SAN SABBA 
TORINO 26 GENNAIO: LA VALLE DEI SOSPIRI - PER RICORDARE L'OLOCAUSTO ROM
TRIESTE 26 GENNAIO: DAN SPOMINA / IL GIORNO DELLA MEMORIA IN RISIERA DI SAN SABBA


=== GORIZIA 22 GENNAIO 2014:

Gorizia, Mercoledì 22 gennaio 2014
ore 18.00 - presso la Sede del Forum per Gorizia, Via Ascoli 10/a, vicino la Sinagoga.

IL LAGER DI SAN SABBA - Dall'occupazione nazista al processo di Trieste

Il Forum per Gorizia organizza la presentazione del Libro di TRISTANO MATTA 
"Il lager di San Sabba. Dall'occupazione nazista al processo di Trieste", 
Beit Casa Editrice srl, Trieste.

PIERPAOLO LENAZ introduce e dialoga con l'autore.


=== TORINO 26 GENNAIO 2014:

LA VALLE DEI SOSPIRI - PER RICORDARE L'OLOCAUSTO ROM

Domenica 26 gennaio 2014
Ore 15.30 -- 19.00
presso la sala Gabriella Poli – Centro Studi Sereno Regis – via Garibaldi 13, Torino

Un'iniziativa che, in occasione del Giorno della Memoria, ricorda il Porrajmos dei Rom: dall'Olocausto dimenticato all'attuale negazione dei diritti.

La manifestazione prevede la prima assoluta del film:

“La Valle dei Sospiri”/ “Valea Plângerii”. 

Film-documentario per ricordare l’Olocausto Rom
(Romania, 2013, 56′), regia di Mihai Andrei Leaha, Iulia Hossu, Andrei Crisan.

Un film-documentario sul Porrajmos raccontato dai Rom sopravvissuti alle deportazioni in Transnistria.


Proiezioni ore 15.30 e ore 18.00 (ingresso libero)

Alle ore 17.00, tra le due proiezioni, avrà luogo un momento di dibattito pubblico per ricordare il Porrajmos di Rom e Sinti e riflettere sull’attualità dell’antiziganismo in Italia.

Parteciperanno: Marco Buttino (Università di Torino), Lorenzo Trucco (Presidente ASGI), Vesna Vuletic (Presidente di “Idea Rom Onlus”) e Moni Ovadia con un intervento in video. Conduce Cecilia Rubiolo (Università di Torino).

Il film, premiato con il Best Image Award Astra Film Festival 2013 di Sibiu (Romania), descrive le atrocità commesse nel periodo fra il 1943 e il 1945, quando 25.000 Rom romeni furono deportati in Transnistria – regione compresa tra i fiumi Nistru e Bug – dal regime fascista del Maresciallo Ion Antonescu . Metà di loro sono morti quasi subito per fame, freddo o morte violenta. Oggi i pochi sopravvissuti, che all’epoca erano bambini, raccontano quei terribili eventi. Il film vuole ricostruire il cammino, i luoghi e le tragiche vicende dell’Olocausto Rom. “La valle dei sospiri” è un luogo tristemente noto, un luogo dove le autorità romene hanno deprivato i Rom deportati di tutto ciò che possedevano e li hanno costretti morire a cielo aperto, nudi ed affamati. A 70 anni da quegli eventi, il film cerca di ricostruire cinematograficamente il paesaggio così come appare oggi. Le inquadrature di campi, fiumi e vecchie fattorie dei villaggi della deportazione sono piene delle memorie e delle emozioni dei Rom sopravvissuti. Le storie raccontate dai Rom, accompagnate da interviste ad alcuni membri dell’attuale comunità ucraina della Transnistria, trasformano un’area oggi apparentemente insignificante in un luogo antropologico di memorie, lacrime e sospiri. I membri della comunità ucraina ricostruiscono il paesaggio così come appariva all'epoca dell'Olocausto, ricordando e raccontando con tristezza e compassione la loro relazione con i Rom deportati dal regime di Antonescu. Rappresentare cinematograficamente il paesaggio attuale, dove in passato sono avvenuti questi tragici eventi storici, permette allo spettatore di immaginarsi e sentire il paesaggio così come appariva 70 anni fa.

La storia non è un tempo, ma un luogo e una memoria.



=== TRST / TRIESTE 26 GENNAIO 2014

Giorno della memoria - Dan spomina

Trieste, Domenica 26 gennaio 2014
Risiera Di San Sabba
Via Giovanni Palatucci, 43

Baklada, sledi koncert - Fiaccolata, segue il concerto.

promuove: Tržaški Partizanski Pevski Zbor Pinko Tomažič





Najzad prekinuto snimanje serije "Ravna gora"

1) Prekinuto snimanje serije "Ravna gora" (14.01.2014.)
2) Pismo čitateljima Blica i gledateljima serije “Ravna gora” (B. Dežulović, 04.12.2013.)
3) СУБНОР: Протест. Лажна слика породичне манифактуре (14.11.2013.)
4) СУБНОР: РТС и манифактура: По јутру се дан познаје (12.11.2013.)
5) SKOJ: Održan protest protiv emitovanja serije "Ravna gora" (10.11.2013.)


La produzione della serie televisiva "Ravna Gora", che era inizialmente previsto dovesse continuare anche nel 2015, è stata finalmente interrotta.
A causare tale interruzione pare siano stati problemi con i finanziamenti, oltre alle ben note critiche rivolte dal pubblico più attento. La serie televisiva mirava a rappresentare i fatti della II Guerra Mondiale in maniera distorta, equiparando il movimento dei cetnizi ai partigiani, come è di gran moda oggi ovvero come impone la ventata di revisionismo storico in arrivo da Occidente… (a cura di Italo Slavo)

Isto procitaj: 

17. istorijskih grešaka u seriji Ravna gora!
http://www.kurir-info.rs/17-istorijskih-gresaka-u-seriji-ravna-gora-clanak-1181989

Falsifikovanje istorije na RTS
https://it.groups.yahoo.com/neo/groups/crj-mailinglist/conversations/messages/7806

Dr Branko Latas: DOKUMENTI O SARADNJI ČETNIKA SA OSOVINOM 
http://www.znaci.net/00001/114.htm

THE TRIAL OF DRAGOLJUB-DRAŽE MIHAJLOVIĆA 
Stenographic record - Belgrade 1946
https://www.cnj.it/documentazione/varie_storia/Trial-indictment.pdf

VIDEO: Izdajnici i ratni zlocinci (6/8)
http://www.youtube.com/watch?v=RfHEpIAwCDE


=== 1 ===

http://www.tvbest.rs/24470-ravna-gora-snimanje-serija

Prekinuto snimanje serije "Ravna gora"

14.01.2014. 13:33 Kultura

Produkcijska kuća "Kontrast studio" saopštila je da neće biti nastavljeno snimanje serije "Ravna gora".
Kako su rekli medijima, planirano je da to bude dramska trilogija, završeno je emitovanje prvog dela i trebalo bi da budu snimljena još dva, ali nije poznato kada će do toga doći.
Prvi deo je sniman u veoma teškim finansijskim uslovima, zbog toga ne mogu da prave dugoročne planove, iako im je cilj da se drugi deo emituje tokom 2015. godine.
Doduše, i loše kritike su, sigurni smo, uticale na gledanost serije….


=== 2 ===

http://www.teslavision.tv/news/drutvo/pismo-itateljima-blica-i-gledateljima-serije-ravna-goraboris-deulovi.html

Pismo čitateljima Blica i gledateljima serije “Ravna gora” 


Boris Dežulović


04.12.2013.god. | Kategorija: Društvo



Kad sam u intervjuu za Blic, komentirajući ustaški ispad hrvatskog reprezentativnog stopera Joea Šimunića, ovlaš – na pola jedne rečenice – spomenuo srpske stadione, “Nož, žicu, Srebrenicu”, Ratka Mladića i Radovana Karadžića, to je mogao biti incident. Kad je Blic iz Slobodne Dalmacije prenio moj tekst na istu temu, u kojemu sam ovlaš – na pola jedne rečenice – spomenuo Dražu Mihailovića, još uvijek je mogla biti tek slučajnost. Kad su, međutim, na Blicovom sajtu – “ekavicom i našim rečima prilagođen za ovdašnje čitaoce, naročito mlađe” – objavili moj tekst iz Jutarnjeg o antifašističkoj povijesti Hajduka, u kojemu sam na kraju ovlaš, na pola pretposljednje rečenice, spomenuo popa Momčila Đujića, to je već bila pojava sa svim svojim pojavnim zakonitostima.
Ja, eto – svaka mi čast i slava – jebem majku ustaškim zlikovcima, ali nekako sam, tipično latinski, opsjednut Srbima i rijetko kad, zapravo nikad, ne propuštam priliku ovlaš spomenuti i Srbe, ravnopravno tako i ravnogorno dijeleći među ustašama i četnicima odgovornost za naše historijske nesreće.
Ili tako barem, prilično širokim konsenzusom, zaključuju znanstveni stolovi anonimnih i neanonimnih komentatora, svaki put kad Blic prenese moj tekst o ustašama i Mladiću, ustašama i đeneralu Draži ili ustašama i popu Đujiću.
“Eno vam pop Momčilo Đujić i njegovi četnici što se istih tih dana 1943. šepure po splitskoj Rivi, jebite se s njima!”, poručio sam mladim nacistima iz Splitske Torcide što dižu desnice u zrak i urlaju “Za dom spremni!”, izazvavši tako pravedan gnjev srpskih čitatelja koji su u tome nepogrešivo prepoznali antisrpsku i antičetničku komunističku propagandu, što uvijek nekako, kako god zna, mora u istu rečenicu potrpati njemačke naciste, talijanske fašiste, ustaše i četnike.
Tu sam, međutim, kod kuće: zbog potpuno iste stvari – zbog toga što uvijek, pišući o četnicima, ovlaš spomenem i ustaše, optužuju me i hrvatski nacionalšovenski ignoranti. Nije li divno kad se ustaše i četnici tako nađu da mi zajednički sude zbog izjednačavanja ustaša i četnika?
A ja sam uspio ne samo potrpati četnike u istu rečenicu s ustašama i nacistima, već ih ugurati i usred Nezavisne Države Hrvatske, da se slobodno šepure po splitskoj Rivi dok ustaški režim istovremeno ubija Srbe u Jasenovcu!
Kako se isti komentari pojavljuju ispod svakog mog teksta na tu temu, bez obzira prenese li ih Blic ili neki drugi srpski portal, i kako su komentari isti i kad ih pišu dobronamjerni štovatelji mog rada i kad ih pišu oni manje dobronamjerni – obzirom dakle da, kako smo vidjeli, nije riječ o incidentu, već o pojavi sa svim pojavnim zakonitostima – stvar valja razjasniti. Zaista, kakve veze imaju srpski četnici s NDH, kakve veze imaju čiča Draža i pop Đujić s ustašama, fašistima, Hajdukom i Splitom u Drugom svjetskom ratu?
Iznenadit će vas odgovor: tijesne.
Epizoda sa četnicima što se usred Drugog svjetskog rata pod šubarama s kokardama šepure po talijansko-njemačko-ustaškom Splitu ionako, slutim, neće biti među deset epizoda serije “Ravna gora”. O njoj, najzad, malo znaju i u samom Splitu, a kamoli u Srbiji, i šteta bi je bilo propustiti. Makar i “prilagođenu za ovdašnje čitaoce, naročito mlađe”.
Četnika u Splitu za cijelo vrijeme Nezavisne Države Hrvatske ne samo, naime, da je bilo, već su bili neobično aktivni. Već početkom listopada 1941. godine, svega koji mjesec nakon utemeljenja NDH i Rimskih ugovora, kojima je Pavelić Dalmaciju prepustio Italiji, na dogovor s Talijanima o zajedničkoj ratnoj strategiji u Split je iz Kolašina stigao četnički vojvoda Ilija Trifunović-Birčanin, bliski suradnik Koste Pećanca. Nakon nekoliko mjeseci, vojvoda Birčanin – kojega će Draža Mihailović ubrzo imenovati komandantom Dalmacije, Hercegovine, zapadne Bosne i jugozapadne Hrvatske – nezadovoljan situacijom u Splitu, 9. svibnja 1942. telegramom obavještava đenerala Dražu kako “u Splitu i celoj Dalmaciji, a naročito u ovom glavnom mestu na primorju, kao da je devedeset odsto komunista!”.
Tih dana u hladu bašte hotela Park na Bačvicama stoluje i četnički vojvoda Dobroslav Jevđević, koji će tamo tanačiti detalje suradnje s predstavnicima talijanske divizije Bergamo i organizirati zajedničke akcije. Aktivna četnička organizacija u Splitu do tada već izdaje list Slobodna Srbija i bilten Krik iz jama, koje pod sponzorstvom Talijana dijele po kućama, pa čak i po školama, ali najaktivniji su u marljivom sastavljanju spiskova za likvidaciju splitskih antifašista, koje uredno dostavljaju talijanskim vlastima: većina antifašista koje su Talijani likvidirali u Splitu otkrivena je upravo uz pomoć splitske četničke organizacije.
Ipak, najdublji trag četnici su ovdje ostavili početkom jeseni 1942, kad su Talijani vlakom iz Knina doveli u Split dvije stotine pripadnika Drvarsko-petrovačkog četničkog odreda pod komadom Mane Rokvića, pa ih kamionima prebacili u nedaleki Omiš, odakle su – pod pratnjom dva oružnika Ministarstva unutarnjih poslova NDH – krenuli u obližnje Gate, zapalili cijelo selo, brutalno silujući i koljući sve što im se našlo na putu. Iza četnika u Gatama je ostalo devedeset pet leševa nedužnih civila, uglavnom žena, djece i staraca, nakon čega se krenuli dalje podmosoroskim selima, završivši pokoljem tridesetak ljudi u Dugopolju. Ukupno su Rokvićevi četnici u selima oko Splita poklali više od dvjesto ljudi.
Nakon tog masakra u Splitu je održana i konferencija četničkih vođa Dalmacije, pod predsjedanjem popa Momčila Đujića, utemeljitelja Dinarske četničke divizije, a 14. siječnja 1944. u hotelu Ambasador na splitskoj Rivi i novi sastanak Talijana i splitskih četnika, predvođenih popom Sergijem Urukalom, na kojemu se dogovaraju detalji suradnje u velikoj operaciji koja će kasnije biti poznata kao Četvrta ofenziva, ona na Neretvi.
Istog dana ilegalci su u Splitu ranili dva četnika, pa dva dana kasnije osmi broj biltena Krik iz jama poručuje Splićanima: “Split, koji mučkim napadom na četnike klikće svojim junacima mraka, može da se spremi da dugo jauče. Splite, splitska većino, samo nosi novo drvlje na svoju lomaču, na kojoj ćeš izgoriti i sasuti se u prah i pepeo. Četnici poznaju splitske komuniste, kao i sve ono splitsko što se s komunistima plete, jatači i plješće im. Sve će to bez samilosti i bez izuzetaka biti istrijebljeno iz Splita. Sve će to biti istrijebljeno danas, sutra, prekosutra!”
Tih dana, u Splitu pod talijanskom okupacijom, prilično je uobičajeno na ulici vidjeti ustaše u crnim uniformama i četnike s mrtvačkim glavama na šubarama, i jedne i druge pod talijanskim oružjem. Prava četnička parada održana je, međutim, početkom veljače 1943, kad je umro vojvoda Ilija Birčanin, glavni Mihailovićev povjerenik za Split i Dalmaciju, a na sprovod vlakom iz Knina stiglo nekoliko stotina Đujićevih četnika, pjevajući po gradu četničke pjesme i kličući “srpskom Jadranu”.
Svega koji tjedan kasnije u Split će ih vlakom iz Knina stići još više: gotovo tri hiljade četnika, po nekima i cijelih pet, iz Splita će zajedno s ustašama i domobranima krenuti na put prema – Neretvi. Upravo nadrealna, filmska scena mogla se tih dana vidjeti u splitskoj luci, iz koje je u sklopu velike zajedničke ofenzive 6. ožujka 1943. isplovio parobrod za Merković: na pramcu četnici, u sredini Talijani, a na krmi ustaše, tri vesele vojske na pijanom brodu pjevaju svaka svoju pjesmu, čak se i međusobno podbadaju i zajebavaju, pa onda zajedno bodre i pjesmom prijete partizanima.
Tih dana osnovan je u Splitu Centralni četnički odbor, čiji će članovi koncem ožujka avionom otputovati u Crnu Goru, a odatle u Kolašin, na dogovor s generalom Dražom Mihailovićem oko daljnjeg rada četničke organizacije u Splitu i Dalmaciji. A ona je u gradu sad već dobro uhodana, suradnja s Talijanima cvate – nije nezapaženo prošla njihova pojava, rame uz rame s ustašama, na sahrani zloglasnog talijanskog oficira Giovannija Save, straha i trepeta Splita toga doba, ni pomoć u likvidaciji šestoro splitskih omladinaca, optuženih za Savino ubojstvo – pa se na redovnim tjednim sastancima splitskih četnika raspravlja i o preuzimanju vlasti u gradu nakon sve izvjesnijeg odlaska Talijana.
Tim je poslom uskoro stigao i izaslanik četničke Vrhovne komande potpukovnik Mladen Žujović, novi Dražin komandant Bosne, Like i Dalmacije, koji će u Splitu formirati Nacionalni komitet za Dalmaciju i s generalom Umbertom Spigom, komandantom 18. armijskog korpusa, u kolovozu razmatrati mogućnost primopredaje vlasti.
Od primopredaje vlasti, kako znamo, nije bilo ništa: nakon kapitulacije Talijani su otišli, otišli su za njima i ustaše, partizani su ušli u Split, a dični splitski četnici požurili su svoju pomoć ponuditi novom gospodaru: 18. rujna 1943. njemački poručnik Lippert iz Obavještajnog odjela 114. lovačke divizije sastavlja izvještaj o posjetu Milana Cvjetičanina, oficira Dinarske četničke brigade, kojega je kapitulacija Italije zatekla na liječenju u Splitu, nakon čega je požurio Nijemcima. “Mi četnici znamo da se samo uz pomoć njemačkih trupa može postići efikasno uništenje bandita, jer smo mi za to isuviše slabi”, kaže Cvjetičanin poručniku Lippertu.
I odjednom – gle čuda – eto četnika po drugi put među Splićanima, ovaj put s njemačkim propusnicama, usred Nezavisne Države Hrvatske. Bizarno? Povijest se ne sjeća, ali arhive pamte: kad je koji mjesec kasnije, 9. siječnja 1944, u svađi kraj splitskog buffeta Aeroplan jedan pijani ustaša ubio nekog četničkog vazduhoplovca, povjerljivog njemačkog konfidenta, Feldkomandatura Wehrmachta zaprijetila je ustašama da to “skupo platiti”. Usred ustaške NDH!
Kad su, uostalom, u proljeće 1944. ustaške vlasti u Splitu pohapsile četničke vođe zbog nezapamćenog masakra u Sinjskoj krajini – iako su više od hiljadu civila, žena, djece i staraca u selima pod Kamešnicom poubijali pripadnici zloglasne SS divizije Prinz Eugen – zapovjednik puka 264. divizije u Splitu, potpukovnik Müller, naredio je vlastima NDH da zarobljene četničke saveznike odmah puste na slobodu. Što su ustaške vlasti, jasno, odlučno poslušale. Jednako kao što su odlučno poslušale i kad je 12. svibnja iz Zagreba stigla zapovijed da se iz Splita deportira dvije hiljade “nepouzdanih osoba”, uglavnom Talijana, Srba, četnika, Jugoslavena i komunističkih simpatizera, a iz njemačke komande samo tri dana kasnije, 15. svibnja, stiglo upozorenje da se “četnike u Splitu ne dira”.
Četnici su Nijemcima u Splitu trebali, između ostalog, za istu stvar kao i Talijanima: za ubacivanje u redove antifašista i njihovo denunciranje. U tome ih je organizirao poznati njemački povjerenik Mihajlo Zaklanović, koji po nalogu popa Đujića toga svibnja putuje u četničku Vrhovnu komandu, da generalu Draži Mihailoviću podnese iscrpni izvještaj o stanju u splitskoj četničkoj organizaciji i suradnji s Nijemcima.
Već je, uostalom, ljeto 1944. i četnici su sad otvoreni njemački saveznici. Ministarstvo oružanih snaga NDH 17. srpnja 1944. obavještava tako jedinice na terenu kako je Führer zabranio upotrebu naziva “partizani”, koje u komunikaciji s Nijemcima od sada valja zvati “komunisti” ili “komunistička banda”, a “četničke suborce” – “hrvatskim borbenim skupinama”. Tog ljeta opet u Split stiže pop Momčilo Đujić, a u kolovozu Nijemci u Splitu sklanjaju tri stotine njegovih četnika odjevenih u njemačke uniforme, drže ih u svojim kasarnama i preventivno – dok su Đujićevi četnici u gradu – zbog izrazito antisrpskih tekstova zabranjuju splitski dnevni list Novo doba!
Mislite da je to bizarno? Početkom jeseni, 25. rujna 1944, Nijemci su u Splitu uhapsili i zatvorili ustaškog bojnika Bednjanca, zbog toga što su njegovi ljudi premlatili dva četnika, zaprijetivši – prema izvještaju Ustaške nadzorne službe od 25. rujna 1944. – da će, ako u Splitu bude ubijen koji četnik, za odmazdu strijeljati petoricu ustaša! Usred NDH!
Za to, međutim, nije bilo vremena: mjesec dana kasnije u Split su ušli partizani, i grad je konačno bio slobodan. Epilog epizode? Kad je koji dan nakon ulaska u Split Vojni sud Osmog korpusa NOVJ obznanio kako je zbog ratnog zločina i suradnje s neprijateljem izvršena smrtna kazna nad većom grupom građana Splita, među dvadeset četvoricom strijeljanih pravilno se rasporedilo osam suradnika njemačkog okupatora, osam ustaša i – osam četnika.
Pitaju li se, eto, još uvijek “ovdašnji čitaoci, naročito mlađi”, kakve veze imaju četnici sa Splitom, NDH i ustašama, eto odgovora: prilično tijesne.
Odrastao sam, najzad, na Gripama, tik iznad stepenica prema staroj austrijskoj tvrđavi, kraj kojih je 29. travnja 1943, zbog atentata na Giovannija Savu, ubijen gimnazijalac Žarko Pejković, kojega su Talijanima – uzgred, nevinog – denuncirali splitski četnici: štoviše, šezdesetih sam nedaleko odatle išao u vrtić što je nosio njegovo ime. Nakon toga išao sam u osnovnu školu na Lučcu, koja je nosila ime Bruna Ivanovića, mladog Splićanina kojega su 1942. u Strmici kraj Knina brutalno ubili četnici popa Đujića, a onda u srednju školu nazvanu imenom Ante Jonića, prvog dalmatinskog narodnog heroja, kojega su 1942. kod Livna zajedničkim snagama ubili Talijani i četnici.
Ne znam, možda je u Srbiji bilo drugačije, možda su se podno Ravne gore četnici herojski borili protiv Talijana, Nijemaca i ustaša, ali u Splitu, kako vidite, baš ih i ne pamtimo po dobru.
O tome, naravno, iz serije “Ravna gora” nećete doznati ništa. A teško da ćete o tome išta doznati i iz suvremene hrvatske kinematografije ili historiografije. To da su se četnici popa Đujića usred Drugog svjetskog rata šepurili po ustaškom Splitu, iz nekog razloga, rekoh, ne vole čuti ni Hrvati.
Eto vam dakle, poštovani gledatelji, talijanskih crnokošuljaša i odanih prijatelja iz SS divizije Prinz Eugen, pa zajedno gledajte “Ravnu goru”, eto vam Nezavisne Države Hrvatske, Führerovih “hrvatskih borbenih skupina” i njihovih najboljih neprijatelja ustaša, s kojima se tih dana šepure po splitskoj Rivi – jebite se s njima. 


=== 3 ===

http://www.subnor.org.rs/protest-3


ЛАЖНА СЛИКА ПОРОДИЧНЕ МАНИФАКТУРЕ


На сва звона најављивана, снимана у недоглед новцем народа Србије, мегаломанска тв серија у продукцији наводног јавног сервиса РТС и многољудне приватне, породичне манифактуре у многим поступцима бахатог Радоша Бајића, већ првом епизодом потврдила је сумње.

Та ”Равна гора” је самим именом смишљена провокација, а досадни почетак  доказ да је у редитељској столици седео дилетант који је писао и малициозан сценарио да би, искривљавањем истине, оправдао историјски пораз својих миљеника што су се, током Другог светског рата, држали подруку са окупатором чак и драстичније кад их се, из Лондона, одрекао и главнокомандујући у избеглишту.

РТС наставља да приказује серију са ”поносом”, па ће засигурно бити још доста речи о новом настојању да се – како рече један од садашњих српских државника – не дозовемо памети и поново, сада уз позамашну помоћ народног новца, сеје семе неспоразума и доказује оно што је свугде у свету већ одавно прихваћено као неопозива истина о само једном јединственом антифашистичком покрету који је, уз раме са савезницима, утулио бакљу из чељусти хитлеровске нацистичке аждахе.

КОМЕ  И  ЧЕМУ  СЛУЖИ  ТАКАВ  СЕРВИС

На овом порталу преносимо део речи младог активисте Александра Ђенића, од РТС-а углавном прећутаног протеста, које је изговорио народу окупљеном уочи емитовања прве епизоде.

Протест је одржан испред седишта ”јавног сервиса”, у Таковској 10, у Београду.

„РТС припада јавном сервису и треба да служи народу, али ми добро знамо да није није тако! Од успоставе капитализма у Србији, он служи само интересима буржоазије, а не народа.

Један од најбољих показатеља је пљачкашка претплата која је наметнута грађанима.

Исто тако смо сведоци цензуре коју спроводи РТС према свему ономе што је прогресивно, комунистички, оно што је у духу антифашистичког покрета, партизана, револуције…

Уместо да сврха РТС буде у интересу народа, он подлеже манипулацији не преносећи праве информације. РТС ћути о многобројним радничким штрајковима, блокакадама, студентским протестима који се боре за јавно финансирано и бесплатно образовање, а против Болоњске декларације, сељацима који се боре против високих намета  и свему оном што је у вези са борбом радног народа.

Сигурно највећа срамота онога што би требало да се зове јавни сервис је  финансирање и емитовање серије „Равна гора“ чији је циљ ревизија историје. Поставља се питање да ли је случајно да баш у овом тренутку почиње са њеним емтивањем? Наравно да ниje!

ОСВЕТА ОСТРАШЋЕНИХ ПОТОМАКА

Ми данас живимо у системској кризи капитализма која жели да прикаже да тај систем нема алтернативу. Подсетимо да ми у Југославији нисмо имали само антифашистичку борбу, већ и револуцију! Револуцију, која је укинула експлоатацију туђег рада, која је обезбедила свакоме да се школује и лечи, која је градила станове, фабрике, болнице… револуцију која је донела нови свет – свет социјализма!

Друга ствар због чега се у овом тренутку емитује серија са оваквим садржајем су идеолошки наследници четничког покрета, који данас воде исту политику као што су водили њихови идеолошки преци. Они имају исти слугерански однос који су четници имали према нацистичким и фашистичким окупаторима…

Стога јасно поручујемо да нећемо дозволити ревизију и фалсификовање историје! Једини ослободиоци су били партизани, а на челу партизанског покрета су били комунисти! Наставићемо даљу борбу против рехабилитовања народних непријатеља, колаборациониста и окупатора. Чињенице и истина ће победити!“ – рекао је, између осталог, Александар Ђенић на протесту у Таковској улици, у Београду, испред зграде РТС, која емитује серију са претензијом да у Србији „неће остати ни камен на камену“ захваљујући некаквој „новој истини“ о Другом светском рату на нашим просторима.



=== 4 ===


http://www.subnor.org.rs/rts-i-manifaktura


ПО ЈУТРУ СЕ ДАН ПОЗНАЈЕ


Прва епизода помпезно најављене серије „Равна гора“, виђена на РТС 10. новембра, петпарачка је прича о судбоносним данима југословенске државе и народа. Мада је  и наговештај произвољног тумачења времена и стања које је произишло из турбуленције у којој се свет био нашао. 

Не улазећи у аматеризам и наивно виђење судбоносних историјских догађаја назире се правац фалсификовања историјске истине и  на издисају приземне намере настале у напору српског квислинштва и колаборације са фашистичким окупаторима да рехабилитују себе и упрљају српски антифашизам, патриотизам и  родољубље.

ЕПИЗОДА КАО УСПУТНА ПРИЧА

Збуњеност и неприпремљеност људи за сурову историјску стварност приказује се кроз опскурне и досадне детаље који треба да докажу будућу намеру и превару која се припрема као истина грађанима Србије и – чули смо – у целом свету.

Да није филмски забележена од немачких освајача сурова истина о разарању Београда у нападу 6. априла 1941. године, на успаван град и његове житеље, ова епизода била би успутна прича људи који убијају досаду и време причајући произивољно и наивно о судбоносним данима у којој се нашла Југославија.

Толико би то деловало неозбиљно да није у Дневнику РТС-а најављена идеја исте „озбиљности“ која овом серијом треба да промени писану историју Другог светског рата, а Србије и Југославије успут. Што нам је у ударном термину дичног РТС-а најавио „највећи историчар и уметнички стваралац“ и сада спасилац овог „залуђеног и у мраку 70 година држаног света а у склопу њега и српског народа“, кога он сада са својом фамилијом и камарилом у једном тајкунском даху руши, освешћује и отвара очи и целом свету и за сададшња и сва будућа времена ставља тачку.

Сваки човек може да сања да је спасилац човечанства, прича и пише фантастичне приче које му падају на памет – то је његово право.

СВЕСНА НАМЕРА ФАЛСИФИКАТОРА

У овом случају треба рећи да је у питању свесна намера фалсификовања истине у корист оних који су доживели историјску осуду због оног што су учинили и чинили.

На жалост у кошмару времена та група то ради новцем овог сиромашног  народа преко РТС-а и истомишљеника шегачећи се са народом и историјом.

Да није у питању још један покушај преваре и друштвене злоупотребе наметнуте позиције, било би помало забавно али и тужно.

Одовојимо професионалну креацију глумаца којима је то занимање  од намере и циља немањеног овој серији  од оних који је финансирају.



=== 5 ===

http://www.skoj.org.rs/rts.html

ODRŽAN PROTEST PROTIV EMITOVANJA SERIJE "RAVNA GORA"

U organizaciji Nove komunističke partije Jugoslavije (NKPJ) i Saveza komunističke omladine Jugoslavije (SKOJ) u nedelju 10. novembra 2013. godine održan je narodni protest ispred zgrade Radio televizije Srbije u Beogradu protiv emitovanja sramne falsifikatorske serije ”Ravne gora”, koja za cilj ima rehabilitaciju izdajničkog četničkog pokreta u Drugom svetskom ratu.

Na narodnom protestu na kome se okupilo oko 300 gnevnih građana, prisutnima se obratio drug Aleksandar Đenić član Sekretarijata NKPJ i SKOJ-a. U svom govoru drug Đenić se zahvalio gradskom odboru SUBNOR-a Beograda koji je, na čelu sa svojim predsednikom drugom Borom Ercegovcem podržao skup, kao i drugim levičarskim i antifašističkim organizacijama koje su se pojavile na protestu NKPJ I SKOJ. Đenić je oštro kritikovao RTS, jer je “javni servis građana” finasijer antinarodne serije “Ravna Gora” koju emituje na svom programu . On je istakao da bi RTS koji finansiraju građani iz budžeta i pretplate trebalo da bude u službi naroda, što u Srbiji nije slučaj. Đenić je istakao da RTS slepo služi srpskoj buržoaskoj pro- imperijalističkoj vlasti, a najbolji pokazatelj je taj da “javni servis” ćuti ili tendenciozno izveštava o brojnim radničkim protestima koji se događaju širom Srbije, studentskim protestima koji za cilj imaju besplatno obrazovanje , seljačkim protestima protiv latifundija i nebrige buržoaske države za njihove interese, odnosno o svemu onome što ima veze sa borbom radnog naroda za bolji i dostojanstveniji život. Takođe, drug Đenić je napomenuo da se RTS ne libi da sprovodi pljačkanje građana preko visoke tv pretplate, u zemlji koja ima najniža primanja u regionu Balkana.

Đenić je ukazao da nije slučajno da se baš u ovom trenutku prikazuje serija koja ima za cilj promociju po zlu poznatog kolaboracionističkog četničkog pokreta Draže Mihailovića, napomenuvši da mi danas živimo u sistemskoj krizi kapitalizma, a da je Narodnooslobodilačka borba ujedno bila i revolucija koja je sa sobom donela novi svet – svet socijalizma. Drug Đenić je kritikovao buržoasku pro-imperijalističku vlast u Srbiji da vodi vazalnu politiku prema kapitalističkim lihvarskim organizacijama poput MMF-a i Svetske banke i zbog faktičkog priznavanja imperijalističke okupacije južne srpske pokrajine, pozivom i učešćem na lažnim izborima koje su na Kosovu i Metohiji organizovale marionetske terorističke vlasti u Prištini. Radio televizija Srbije je i ovog puta demonstrirala reakcionarnu tendencioznost objavivši na svom sajtu da je na skupu prisustvovalo svega 30-tak ljudi. Okupljeni na protestu su izvikivali parole “Ustaše – četnici – zajedno ste bežali”, “bando četnička”, “Draža ubica – nikad antifašista” i pevali partizanske pesme “Po šumama i gorama”, ,,Bandera Rossa” kao i proletersku himnu ,,Internacionala”. Skup se završio porukama da revizija istorije neće proći, da postoji samo jedan oslobodilački pokret, a to partizanski, koji je predvodila slavna Komunistička partija Jugoslavije (KPJ), uz pozdrav Smrt fažizmu – sloboda narodu.

Sekretarijat Nove komunističke partije Jugoslavije

Sekretarijat Saveza komunističke omladine Jugoslavije

Beograd, 10. novembar 2013. god.





L'umanità diventi consapevole della necessità della pace mondiale

14 Gennaio 2014

di Socorro Gomes, presidente del Consiglio Mondiale della Pace | da www.vermelho.org.br

Traduzione di Milena Fiore per Marx21.it


È questo l’eloquente titolo dell’intervento della compagna Socorro Gomes, presidente del Consiglio Mondiale della Pace, che ha partecipato alla 19ª Conferenza Rosa Luxemburg (Berlino, 11 gennaio 2014), organizzata dai movimenti pacifisti e da altri movimenti sociali tedeschi, a cui hanno preso parte tra gli altri Denis Goldberg, attivista per i diritti sociali e compagno di lotta dell'ex presidente Nelson Mandela, Michel Chossudovsky, l’ex il Ministro degli Affari Esteri jugoslavo Zivadin Jovanovic, Bernd Riexinge, esponente del Partito della Sinistra tedesca (Die Linke), Monty Schädel, leader dell'Associazione tedesca per la Pace, e Jamal Hart, fratello del giornalista detenuto politico statunitense Mumia Abu-Jamal che ha letto un messaggio indirizzato alla conferenza.

L’intervento della compagna Gomes è un appello alla mobilitazione contro il militarismo, i piani aggressivi ed espansionistici dell’imperialismo e le tendenze alla guerra che, in corrispondenza con l’aggravarsi della crisi economica, si fanno sempre più preoccupanti.


La costruzione di una lotta di massa è nella nostra epoca particolarmente complessa, poiché – come ha affermato Socorro – “riflette la complessità del mondo contemporaneo, i cambiamenti nella relazioni delle forze politiche suscitati dai cambiamenti geopolitici degli ultimi due decenni. Riflette anche i cambiamenti sociali ed economici, lo sviluppo delle forze produttive e i nuovi fenomeni della società contemporanea.”

Allo stesso tempo si estende il campo delle forze sociali e dei popoli colpiti dalle politiche imperialistiche. L’insieme di queste due condizioni rende necessaria e possibile una lotta per la pace vasta e unitaria che coinvolga sul piano internazionale interi paesi e popoli e settori sempre più vasti della società.

Segue il testo integrale della dichiarazione di Socorro Gomes:


Compagne e compagni, signore e signori,

Quest’anno ricorre il centenario di uno dei più sanguinosi conflitti militari della storia, che ha fatto pagare un altissimo prezzo all'Umanità. Cento anni fa, il 31 luglio 1914, è stata dichiarata la Prima guerra mondiale, una carneficina che ha provocato la morte di circa 10 milioni di persone, un numero triplo di feriti, e ha generato un grande danno economico, con la devastazione dei campi e la distruzione delle industrie. In Germania, due grandi rivoluzionari ebbero il coraggio di denunciare la guerra e si rifiutarono di sostenerla. Erano Karl  Liebknecht e Rosa Luxemburg.

Per Rosa, la Prima guerra mondiale fu il risultato di un conflitto interimperialisticico, che poteva portare a due risultati diversi: la fine del capitalismo o la regressione della civiltà umana, per cui divenne famosa la sua frase: “socialismo o barbarie”.

Quella guerra fu la conseguenza dei gravi problemi economici, sociali e geopolitici nelle principali nazioni europee, in un’epoca in cui il capitalismo raggiungeva una nuova fase, l'imperialismo, caratterizzato dal capitalismo monopolistico, dal dominio del capitale finanziario, dall'esportazione di capitali, dal saccheggio di materie prime, dall’accaparramento dei mercati, da una sempre più intensa concorrenza e da una lotta feroce tra le potenze politiche e militari per la spartizione del mondo.

Le classi dominanti dell’epoca, a fronte di diversi nazionalismi, competevano per il dominio delle risorse, dei mari, dei continenti e dei popoli del pianeta.

Più i paesi  europei erano industrializzati, più forte era la lotta tra loro, non solo per il dominio dell'Europa, ma anche per modernizzare le proprie economie a scapito delle altre nazioni.

Una competizione feroce per le fonti di materie prime e il mercato mondiale ha portato i paesi imperialisti a investire ingenti risorse nella tecnologia di guerra e nella produzione di armi, costruendo così potenti eserciti. Queste potenze svilupparono le cosiddette politiche delle alleanze, la diplomazia segreta e firmarono trattati politici e militari che divisero i paesi in blocchi. La divisione vedeva da un lato la Germania, l'Italia e l'Impero Austro-ungarico, che formavano un primo blocco, e un altro blocco fra Inghilterra, Francia e Russia, che crearono la Triplice Intesa.

“Lottare  per la pace è la più sacra delle lotte”, disse Jean Jaurés, uno dei leader più vivaci del movimento per la pace del 20esimo secolo, assassinato il giorno stesso in cui fu dichiarata la Prima guerra mondiale. Ricordando la sua azione pacifista e il suo martirio nel preludio dello scoppio della Prima guerra mondiale, riaffermiamo il nostro impegno e la nostra concezione quanto alla priorità di questa lotta per il destino dell'umanità.

Incessantemente, come Consiglio Mondiale della Pace e organizzazioni affiliate, sommiamo i nostri sforzi - e dobbiamo farlo sempre di più - a quelli di tutte le donne e gli uomini progressisti, di tutti gli attivisti sociali e politici nel condannare gli atti di guerra, interventismo, gli attacchi, l'uso della forza, il militarismo, le alleanze politiche tra paesi imperialistici contro le nazioni più deboli. Siamo solidali con i popoli e le nazioni attaccate, difendiamo la cooperazione internazionale, l'autodeterminazione dei popoli, il principio della sovranità nazionale e del non-intervento, la risoluzione pacifica dei conflitti e delle differenze tra gli Stati e l’esercizio di un ruolo attivo in questa direzione da parte di istituzioni internazionali credibili, democratiche, multilaterali e veramente legate al diritto internazionale.

Non illudiamoci, però. La vera pace non sarà raggiunta, finché perdureranno le relazioni di dominio e di oppressione, di classi e tra nazioni, finché vivrà e crescerà il sistema imperialista, che impone relazioni sociali ed economiche ingiuste, come politiche basate sulla forze e sulle aggressioni. La pace può solo prendere forma solo con la vittoria della lotta dei popoli di tutto il mondo un nuovo ordine politico, economico e sociale con caratteri profondamente diversi da quelli oggi prevalenti, ossia con la costruzione di una nuova società.

L'esperienza storica, non solo della Prima guerra mondiale che ho citato qui, ma anche della Seconda guerra mondiale, scoppiata pure in un contesto di conflitti interimperialistici e nel tentativo di distruggere il socialismo in Unione Sovietica, dimostra che le guerre non sono frutto del caso o della decisione personale di presidenti, generali, sovrani e dittatori.

Le guerre derivano dallo sviluppo di leggi economiche e sociali oggettive, sono un fenomeno connesso con l'imperialismo. Tuttavia, non siamo fatalisti. La guerra non è inevitabile, nonostante le tendenze aggressive delle potenze imperialiste. È possibile invertire il corso degli eventi ed evitare tragedie ulteriori se i lavoratori e i popoli lotteranno per i propri diritti, per l’autodeterminazione e la pace, e quindi impediranno il concretizzarsi dei piani imperialisti.

La dominazione imperialista, volta a ottenere il massimo profitto a favore dei monopoli e dell'oligarchia finanziaria, comporta necessariamente l'uso della forza bruta, la conquista di nuovi territori, fonti di materie prime e mercati per l'esportazione di capitali e merci. Nell'epoca dell'imperialismo, dopo che le grandi potenze capitaliste si sono divise tra loro il dominio del mondo, qualsiasi modifica dei rapporti di forze tra loro porta alla lotta per una nuova spartizione del mondo, che in genere produce la guerra.

Compagne e compagni, signore e signori,

Il mondo di oggi vive una situazione completamente diversa dai periodi della prima e della seconda guerra mondiale, ma l'essenza dell'imperialismo non cambia.

L'attuale congiuntura internazionale è fortemente segnata da una profonda crisi economica, che mette in evidenza la natura predatrice e oppressiva del sistema capitalista-imperialista.

La grande borghesia monopolistica-finanziaria e governi al suo servizio muovono una brutale offensiva  contro i diritti dei lavoratori e dei popoli e saccheggiano  sfrenato della ricchezza dei paesi.

La crisi ha dei costi inestimabili per le masse, il cui tenore di vita e i cui diritti vengono attaccati. La disoccupazione, la fame e la miseria rappresentano uno scenario dantesco nei paesi capitalistici sviluppati o meno.

La crisi rende più acute le contraddizioni e la lotta tra le potenze imperialiste per i mercati, le materie prime, il controllo dei mari e degli oceani e delle regioni strategiche, che può essere ottenuto solo con l'aumento del militarismo, con la moltiplicazione delle basi militari, con gli interventi e gli atti di aggressione contro paesi e popoli sovrani. In questo contesto, è fondamentale notare che la crisi del sistema capitalista-imperialista aumenta il rischio di guerra, sia di guerre locali, sia di scontri su più vasta scala.

Compagne e compagni, signore e signori,

le minacce alla pace mondiale e all'autodeterminazione dei popoli provengono da una offensiva imperialista, militarista e antidemocratica brutale condotta dall'imperialismo degli Stati Uniti e di altre potenze, in particolare quelle che egemonizzano l'Unione europea e compongono la NATO.

Ci sono molte componenti di questa offensiva, così come sono diversi i focolai di guerra.

Esattamente tre anni fa, una coalizione di potenze imperialiste ha attaccato la Libia con il pretesto della democratizzazione del paese. Nuovi conflitti sono sorti nella regione a seguito della disgregazione causata dall'intervento in Libia, che, a sua volta, viene utilizzata come pretesto per nuovi interventi nel nord-ovest dell'Africa. Nel contesto dell'apertura di questi nuovi fronti di guerra in Africa, i paesi imperialisti sono impegnati nella creazione di AFRICOM, il Comando Africano per coordinare le ingerenze e le aggressioni militari. 

La situazione in Medio Oriente continua a essere il principale obiettivo della strategia militarista e interventista degli Stati Uniti. Un bilancio dei principali problemi del Medio Oriente include, inevitabilmente, il ruolo di questa potenza come responsabile per le violenze e l’instabilità nella regione.

Continua il genocidio perpetrato dai sionisti israeliani contro il popolo martire della Palestina, vittima della lunga occupazione. Persiste l’aggressione imperialista contro la Siria, destabilizzando e alimentando il pericolo di un conflitto in tutta la regione; prosegue di fatto l’occupazione dell'Iraq, ora lacerata da un terribile guerra civile; l'Afghanistan e l'Iran continuano a essere sotto i riflettori dell'imperialismo.

Nel conflitto tra Israele e i palestinesi, nell'accordo nucleare con l'Iran, nel conflitto in Siria e nell'uso di droni per gli attacchi in Asia centrale, gli Stati Uniti sono attivamente coinvolti nelle questioni di maggiore rilevanza nella regione, giocando sempre un ruolo interventista e schierandosi sempre contro gli interessi dei popoli.

L'instabilità che domina la regione è chiaramente determinata dalle relazioni statunitensi, attraverso la loro alleanza incrollabile col sionismo e lo Stato aggressivo di Israele, così come con le monarchie autocratiche della regione, tra cui l'Arabia Saudita.

In Afghanistan, più di un decennio è passato dall'invasione criminale guidata dal governo dell’ex presidente George W. Bush.

La smilitarizzazione e l'indipendenza afghana sono le condizioni fondamentali per lo sviluppo di questo paese centro-asiatico. Il paese sta vivendo una situazione di estrema povertà e vulnerabilità. Eppure, gli Stati Uniti fanno pressione sul governo afghano per mantenere le loro truppe nel Paese oltre il 2014, termine concordato per il ritiro completo, al punto che il presidente del paese, Hamid Karzai, certo non sospetto di essere anti-imperialista, ha detto che gli Stati Uniti hanno atteggiamento colonialista.

In Egitto, le forze armate sono tornate al potere. La relazione delle classi dominanti egiziana con gli Stati Uniti, malgrado le contraddizioni, è un'eredità dagli accordi di Camp David del 1970, con Israele, che assicurarono all’Egitto il miliardario bilancio militare annuale degli Stati Uniti. Nelle prossime settimane, l’attuazione di un referendum per approvare la Costituzione - redatta da una commissione del governo ad interim, sostenuto dall'esercito - avrà ancora molti ostacoli da superare.

La dominazione e la spartizione colonialista in tutta la regione hanno lasciato segni profondi e hanno fatto sì che le divisioni settarie prevalessero, politicamente manipolate e strumentalizzate dalle potenze. L'amministrazione del presidente Barack Obama segue la tradizione, la lunga scia dell’ingerenza politica, “sottile” o aggressiva, che era stata intensificata dal presidente George W. Bush nella sua "guerra contro il terrorismo”.

Obama è stato attivamente impegnato nelle sanzioni contro l'Iran - una politica iniziata nel 1979, quando la Rivoluzione islamica rovesciò la monarchia autocratica sostenuto dagli Stati Uniti – e nel provocare un intervento militare contro la Siria, entrambe operazioni miseramente fallite, ma che hanno segnato un periodo importante dell’anno scorso. Obama rimase isolato mentre invocava un intervento militare in Siria, come i suoi sostenitori, il Regno Unito e la Francia; l’intervento militare è stato impedito dai loro stessi Parlamenti e dalle proteste civili, cui si sono aggiunte potenze come la Russia e la Cina che hanno esercitato pressione politica e diplomatica.

È stato in questo contesto che tanto nella questione del conflitto siriano quanto nel programma nucleare iraniano, il presidente degli Stati Uniti è stato costretto a sedersi al tavolo dei negoziati.

In Siria, come in Libano, le tensioni etniche sono intensificate. Diventa sempre più evidente che i conflitti armati sono qualcosa di costruito dall'esterno, da molti attori: gli Stati Uniti, Regno Unito, Arabia Saudita, Qatar, Turchia e Israele. L'ingerenza straniera nel paese è evidente su più fronti: politico, militare, finanziario e dei media. 

La manipolazione delle informazioni, l'invio di mercenari, armi ed estremisti religiosi sono le strategie più evidenti, ma lo diventano ancora di più con l'aggressività dei discorsi di Obama e dei capi di Stato di Regno Unito e Francia e dei rappresentanti della monarchia saudita e del sionismo.

L'evento non ancora chiarito dell’attacco chimico nella regione di Ghutta, vicino a Damasco, che ha ucciso numerosi civili, sembrava il pretesto perfetto per le grandi potenze per intervenire con discorsi infuocati e messe in scena su una "linea rossa", con l'uso di armi chimiche; e resta un attacco la cui paternità non è ancora stata stabilita, nemmeno dagli ispettori internazionali, che indagano nel Paese su invito del governo.

Con un gesto diplomatico, la Siria ha ratificato la Convenzione per la proibizione delle armi chimiche, ha invitato gli ispettori internazionali per indagare e per accompagnare la distruzione del suo arsenale e della capacità di produrre armi chimiche, e ha poi proseguito, sollecitando l’opposizione a sedersi al tavolo delle trattative, definendo, con la partecipazione fondamentale di Russia, una data per la conferenza internazionale di Ginevra 2. Nel frattempo, i gruppi armati subiscono continue sconfitte militari.

Dall’altra parte, Israele mantiene uno stock di testate nucleari non dichiarate, si rifiuta di adottare la Convenzione sulla proibizione delle armi chimiche e il Trattato di non proliferazione nucleare e continua a impedire la visita degli ispettori dell'Agenzia internazionale dell'energia atomica (AIEA).

C'è più di un esempio di quello che praticamente solo l'alleanza con gli Stati Uniti è in grado di garantire allo Stato sionista: intraprendere discorsi e azioni aggressive, possedere armi nucleari e chimiche - e, in questo caso, usarli senza conseguenze, come è successo in Libano e nella Striscia di Gaza nelle guerre più recenti - e continuare così indisturbato.

L'allargamento del conflitto in Siria è evidente anche in Libano. Il paese tenta di rinnovare un governo dai contorni complessi, distribuito secondo la Costituzione tra le diverse linee religiose, ma le tensioni interne e l'instabilità regionale rendono questo un obiettivo impegnativo. Le forze destabilizzatrici, secondo la sinistra libanese, hanno impegnato sforzi decisivi per disgregare il paese, acuendo le principali divisioni politiche interne.

Il militarismo è inseparabile dalla strategia politica dell'imperialismo. I principali paesi membri della NATO hanno aumentato le loro spese militari. La NATO, dal tempo delle guerre che distrussero la ex Jugoslavia, ha accresciuto il suo ruolo e rafforzato il suo carattere di braccio armato dell'imperialismo USA e dell'Unione europea per consentire gli interventi armati nel continente europeo e fuori di esso, rafforzando intanto la militarizzazione dei blocchi politici ed economici.

La strategia militare dell'amministrazione di Barack Obama mantiene l'obiettivo di installare un sistema di difesa antimissilistico e di rafforzare il patto militare aggressivo della NATO. Questa strategia prevede la persecuzione e l’assassinio di persone "sospettate di praticare o di pianificazione atti terroristici". Ultimamente, il Pentagono ha accresciuto le motivazioni invocate in precedenza per intensificare le sue azioni militari col pretesto delle "minacce informatiche".

La "Dottrina Obama" conferma i piani di attacchi militari preventivi o le rappresaglie militari contro le minacce per la "sicurezza nazionale", i "diritti umani" e la “democrazia”.

Inoltre, l'imperialismo statunitense ha installato basi militari in tutti i continenti. Domina i mari, i continenti e lo spazio aereo, oltre ad essere la più grande potenza nucleare al mondo.

La militarizzazione è uno dei principali aspetti della situazione internazionale ed è l'aspetto essenziale della politica imperialista per opprimere i popoli e garantire i propri interessi. La NATO ha aumentato il numero dei suoi membri e ha ampliato la sua area di operazioni, aumenta costantemente la sua spesa militare e investe nella creazione di nuove armi. Partecipa a numerose operazioni militari in varie regioni. Pretesti come la "lotta al terrorismo" e l’instaurazione della "democrazia" sono stati ampiamente utilizzati nel tentativo di legittimare l'espansione delle operazioni militari della NATO in nuove aree geografiche.

L’America Latina e i Caraibi sono inclusi in queste concezioni e azioni militariste della Dottrina Obama e nell’obiettivo della sua offensiva destabilizzante. La Quarta Flotta della Marina di Guerra degli Stati Uniti, le 76  basi militari, la crescita delle forze armate e degli arsenali degli Stati Uniti per intervenire in qualunque parte della regione, il sabotaggio sistematico dei governi progressisti, il blocco a Cuba e i tentativi di sconfiggere la Rivoluzione Bolivariana, tutto questo è incluso nella Strategia di sicurezza nazionale degli Stati Uniti.

Le provocazioni contro la Repubblica popolare democratica di Corea; le crescenti tensioni nei territori dell'ex Unione Sovietica contro la Federazione Russa, la militarizzazione del Sud Pacifico e le crescenti provocazioni rivolte contro la Cina - sono anche essi elementi della strategia aggressiva ed espansionista dell'imperialismo.

Compagne e compagni, signore a signori,

65 anni fa, quando l'umanità usciva dal buio del fascismo e conquistava la democrazia con la vittoria dei popoli e delle forze antifasciste nella Seconda guerra mondiale, il Consiglio Mondiale della Pace fu istituito per organizzare la lotta contro le minacce di una nuova guerra e la minaccia di catastrofe nucleare.

In quel momento, quando poi le forze oscurantiste dell'imperialismo rivelavano le loro mire egemoniche e la loro volontà di giungere fino alle estreme conseguenze per garantire i loro obiettivi, gli intellettuali e gli operai progressisti di tutto il mondo si riunirono per scongiurare i nuovi pericoli con cui si confronta l'umanità.

Meno di cinque anni prima sorsero le Nazioni Unite, il cui obiettivo principale era quello di creare e mettere in atto meccanismi che consentivano la sicurezza internazionale, lo sviluppo economico, la definizione del diritto internazionale, il rispetto dei diritti umani e il progresso sociale. Assicurare la pace globale, opporsi a qualsiasi conflitto armato, dirimere pacificamente le controversie tra Stati nazionali e garantire la piena sovranità nazionale e l'autodeterminazione dei popoli, sono stati e sono tuttora i nobili principi, gli ideali e gli obiettivi a cui aderiscono tutti gli amanti della pace nel mondo.

Nel corso della sua storia, il Consiglio Mondiale della Pace ha sostenuto questi principi e si è opposto con parole e azioni alle guerre imperialiste, alle violazioni del diritto internazionale, all'interventismo che tradisce e svia l'autodeterminazione dei popoli.

Il Consiglio Mondiale della Pace, con ancora maggiore ragione oggi e in considerazione della complessa situazione internazionale qui esposta, esprime la sua profonda e radicale opposizione alla crescente aggressività dell'imperialismo, un sistema che provoca guerre, miseria e distruzione per garantire i profitti del grande capitale e dei monopoli transnazionali.

È nostro principio inalienabile la completa solidarietà con i popoli che lottano contro tutti i tipi di minacce e interventi imperialisti, con i popoli sotto occupazione e con tutti i popoli che lottano per il diritto di determinare liberamente e democraticamente il proprio futuro.

Il Consiglio Mondiale della Pace sostiene in via di principio l'abolizione di tutte le armi nucleari e denuncia coloro che ammettono il loro utilizzo in un primo attacco. Facciamo nostro il motto dei nostri fondatori secondo cui in qualunque circostanza l'attacco nucleare dovrebbe essere evitato e l'uso delle armi nucleari è un crimine contro l'umanità.

Difendiamo la pace mondiale, così come la giustizia sociale, la distribuzione del reddito e della ricchezza, la democrazia, la sovranità nazionale e lo sviluppo.

Lottiamo per la pace nel mondo, contro le guerre di occupazione, in difesa della sovranità di tutti i popoli e di tutte le nazioni.

Denunciamo i crimini di guerra, i massacri di civili, la pratica aberrante della tortura e difendiamo i diritti umani;

Offriamo la solidarietà a tutti i popoli che lottano per i loro diritti sociali e politici e per la loro autodeterminazione.

Nel nome di questi principi e di questi impegni, il Consiglio Mondiale della Pace invita tutti a unire i loro sforzi per la pace come condizione per la libertà, la lotta alla povertà, la protezione della natura, lo sviluppo nazionale, la democrazia e l'indipendenza, rafforzando lo spirito di solidarietà con l'umanità intera.

L'umanità deve prendere coscienza della necessità urgente della pace nel mondo in modo da poter organizzare la vita delle persone e godere delle conquiste scientifiche che hanno arricchito la conoscenza umana.

In tutto il mondo i popoli manifestano contro le guerre, la violenza e le ingiustizie che sono state provocate da oligarchie che detengono il potere assoluto sul pianeta attraverso la concentrazione delle risorse economiche, politiche e militari. In difesa della democrazia, i popolo condannano l'autoritarismo crescente che li trasformano in schiavi dei diktat imperialisti.

La lotta per la pace è una lotta di tutti i popoli, una lotta dei lavoratori, dei giovani, delle donne, degli intellettuali, indipendentemente dalle ideologie, le organizzazioni politiche, le filosofie e i credi religiosi. Il Consiglio Mondiale della Pace si considera uno degli strumenti di questa lotta ed è disposto a lavorare con tutti coloro che si mobilitano per organizzare la lotta contro la guerra e i suoi fautori.

Una lotta di massa oggi è complessa, riflette la complessità del mondo contemporaneo, i cambiamenti nella relazioni delle forze politiche suscitati dai cambiamenti geopolitici degli ultimi due decenni. Riflette anche i cambiamenti sociali ed economici, lo sviluppo delle forze produttive e i nuovi fenomeni della società contemporanea.

La lotta per la pace si sviluppa in questo contesto ed è trasversale fra le altre lotte politiche, economiche e sociali. Il suo successo dipende dalla mobilitazione e dall’unità delle forze progressiste e di tutti i settori sociali suscettibili di unirsi e mobilitarsi, poiché il nemico è potente.

È per questa unione che ci rivolgiamo e facciamo appello a tutti, nella certezza che, nonostante la sua brutalità e la sua forza l'imperialismo non è invincibile e sarà sconfitto dall’unione e dalla lotta dei popoli.




L'INTERVISTA


Mihajlovic: «Vi racconto la mia Serbia, 
prima bombardata e poi abbandonata»


L'intervento Nato dieci anni fa. Sinisa: dagli americani soltanto morte


Non rinnega, perché è fiero. Non ha vergogna, perché non c’è paura. Parlare di forza del gruppo, spogliatoio coeso non è il suo rifugio. Per star comodamente al mondo, anche in quello del calcio, basta dire ovvie banalità. Si fa così, è il protocollo da conferenza stampa. Racconta niente, ma basta a sfamare tutti. Sinisa Mihajlovic no. Non la prende mai alla larga, non ci gira attorno. Va dentro il problema, lo spacca, lo analizza. Poi lo ripone daccapo, con un’altra domanda e una nuova ancora, finché sei tu a cercare risposte e a dover ricomporre certezze sgretolate. Mihajlovic è una persona forte, cresciuto sotto il generale Tito, svezzato da due guerre, indurito dall’orgoglio della sua Serbia. Gli storici sogni di grandezza del Paese sono scomparsi, resta a mala pena la voglia di farcela a sopravvivere. L’allenatore del Bologna è un «privilegiato», almeno così dice chi guarda da fuori. E in fondo è vero. Aveva notorietà e miliardi in tasca quando sulla sua casa piovevano bombe. Aveva tutto, ha ancora l’umiltà di non dimenticare da dove viene e chi è.


Il 24 marzo 1999 la Nato cominciò i bombardamenti sulla Federazione Jugoslava. Quando l’hai saputo? Dov’eri? 
«In ritiro con la nazionale slava. La notte prima ci avvisarono che la guerra sarebbe potuta cominciare. Eravamo al confine con l’Ungheria, la Federazione ci trasferì in fretta a Budapest. La mattina dopo sulla Cnn c’erano già i caccia della Nato che sventravano la Serbia». 

Qual è stata la tua prima reazione? 
«Ho contattato i miei genitori, stavano a Novi Sad. Li ho fatti trasferire a Budapest, ma papà non voleva. Da lì siamo partiti per Roma (ai tempi giocava nella Lazio, ndr), ma dopo due giorni mio padre Bogdan ha voluto tornare in Serbia. Mi disse: "Sono già scappato una volta da Vukovar a Belgrado durante la guerra civile. Non lo farò ancora, non potrei più guadare i vicini di casa quando i bombardamenti finiranno". Prese mia madre Viktoria e se ne andarono. Ero preoccupato, ma fiero di lui». 

Dieci anni dopo come giudichi quella guerra? 
«Devastante per la mia patria e il mio popolo. A Novi Sad c’erano due ponti sul Danubio: li fecero saltare subito. Ci misero in ginocchio dal primo giorno. Prima della guerra per andare dai miei genitori dovevo fare 1,4 km, ma senza ponti eravamo costretti a un giro di 80 chilometri. Per mesi la gente ha sofferto ingiustamente. Bombe su ospedali, scuole, civili: tutto spazzato via, tanto non faceva differenza per gli americani. Sul Danubio giravano solo delle zattere vecchie. Come la giudico? Ho ricordi terribili, incancellabili, inaccettabili». 

Ma la reazione della Nato fu dettata dalla follia [sic] di Milosevic. La storia dice [sic] che fu lui a provocare [sic] quella guerra. 

«Siamo un popolo orgoglioso. Certo tra noi abbiamo sempre litigato, ma siamo tutti serbi. E preferisco combattere per un mio connazionale e difenderlo contro un aggressore esterno. So dei crimini attribuiti a Milosevic, ma nel momento in cui la Serbia viene attaccata, io difendo il mio popolo e chi lo rappresenta». 

L’hai conosciuto? 
«Ci ho parlato tre-quattro volte. Aveva una mia maglietta della Stella Rossa di Belgrado e mi diceva: Sinisa se tutti i serbi fossero come te ci sarebbero meno problemi in questa terra». 

Il tuo rapporto con gli americani? 
«Non li sopporto. In Jugoslavia hanno lasciato solo morte e distruzione. Hanno bombardato il mio Paese, ci hanno ridotti a nulla. Dopo la Seconda Guerra Mondiale avevano aiutato a ricostruire l’Europa, a noi invece non è arrivato niente: prima hanno devastato e poi ci hanno abbandonati. Bambini e animali per anni sono nati con malformazioni genetiche, tutto per le bombe e l’uranio che ci hanno buttato addosso. Che devo pensare di loro?». 

Rifaresti tutto ciò che hai fatto in quegli anni, compreso il necrologio per Arkan? 
«Lo rifarei, perché Arkan era un mio amico: lui è stato un eroe per il popolo serbo. Era un mio amico vero, era il capo degli ultras della Stella Rossa quando io giocavo lì. Io gli amici non li tradisco né li rinnego. Conosco tanta gente, anche mafiosi, ma non per questo io sono così. Rifarei il suo necrologio e tutti quelli che ho fatto per altri». 

Ma le atrocità commesse? 
«Le atrocità? Voi parlate di atrocità, ma non c’eravate. Io sono nato a Vukovar, i croati erano maggioranza, noi serbi minoranza lì. Nel 1991 c’era la caccia al serbo: gente che per anni aveva vissuto insieme da un giorno all’altro si sparava addosso. È come se oggi i bolognesi decidessero di far piazza pulita dei pugliesi che vivono nella loro città. È giusto? Arkan venne a difendere i serbi in Croazia. I suoi crimini di guerra non sono giustificabili, sono orribili, ma cosa c’è di non orribile in una guerra civile?» 

Sì, ma i croati... 
«Mia madre Viktoria è croata, mio papà serbo. Quando da Vukovar si spostarono a Belgrado, mia mamma chiamò suo fratello, mio zio Ivo, e gli disse: c’è la guerra mettiti in salvo, vieni a casa di Sinisa. Lui rispose: perché hai portato via tuo marito? Quel porco serbo doveva restare qui così lo scannavamo. Il clima era questo. Poi Arkan catturò lo zio Ivo che aveva addosso il mio numero di telefono. Arkan mi chiamò: "C’è uno qui che sostiene di essere tuo zio, lo porto a Belgrado". Non dissi niente a mia madre, ma gli salvai la vita e lo ospitai per venti giorni». 

Hai nostalgia della Jugoslavia? 
«Certo, di quella di Tito. Slavi, cattolici, ortodossi, musulmani: solo il generale è riuscito a tenere tutti insieme. Ero piccolo quando c’era lui, ma una cosa ricordo: del blocco dei Paesi dell’Est la Jugoslavia era il migliore. I miei erano gente umile, operai, ma non ci mancava niente. Andavano a fare spese a Trieste delle volte. Con Tito esistevano valori, famiglia, un’idea di patria e popolo. Quando è morto la gente è andata per mesi sulla sua tomba. Con lui la Jugoslavia era il paese più bello del mondo, insieme all’Italia che io amo e che oggi si sta rovinando». 

Sei un nazionalista? 
«Che vuol dire nazionalista? Di sicuro non sono un fascista come ha detto qualcuno per la faccenda di Arkan. Ho vissuto con Tito, sono più comunista di tanti. Se nazionalista vuol dire patriota, se significa amare la mia terra e la mia nazione, beh sì lo sono». 

È giusta l’indipendenza del Kosovo?
«Il Kosovo è Serbia. Punto. Non si possono cacciare i serbi da casa loro. No, l’indipendenza non è giusta per niente». 

Dieci anni dopo la guerra cos’è la Serbia? 
«Un paese scaraventato indietro di 50-100 anni. A Belgrado il centro è stato ricostruito, ma fuori c’è devastazione. E anche dentro le persone. Oggi educare un bambino è un’impresa impossibile». 

Perché? 
«Sotto Tito t’insegnavano a studiare, per migliorarti, magari per diventare un medico, un dottore e guadagnare bene per vivere bene, com’era giusto. Oggi lo sapete quanto prende un primario in Serbia? 300 euro al mese e non arriva a sfamare i suoi figli. I bimbi vedono che soldi, donne, benessere li hanno solo i mafiosi: è chiaro che il punto di riferimento diventa quello. C’è emergenza educativa in Serbia. L’educazione dobbiamo far rinascere». 

Sei ambasciatore Unicef da dieci anni e hai aperto una casa di accoglienza per gli orfani a Novi Sad. 
«Sì è vero, ce ne sono 150, ma non ne voglio parlare. So io ciò che faccio per il mio Paese. Una cosa non ho mai fatto, come invece alcuni calciatori croati: mandare soldi per comprare armi». 

L’immagine peggiore che hai della guerra? 
«Giocavo nella Lazio. Apro Il Messaggero e vedo una foto con due cadaveri. La didascalia diceva: due croati uccisi dai cecchini serbi. Uno aveva una pallottola in fronte. Era un mio caro amico, serbo. Lì ho capito, su di noi hanno raccontato tante cose. Troppe non vere».


Guido De Carolis
23 marzo 2009(ultima modifica: 25 marzo 2009)




In merito alle affermazioni di Simone Cristicchi

1) Cristicchi su IL TEMPO parla di CNJ-onlus: la nostra replica e diffida

2) Sulla "tessera onoraria" a Simone Cristicchi: la LETTERA APERTA e le reazioni dell'ANPI


=== 1 ===

Da: "Coord. Naz. per la Jugoslavia" 
Oggetto: In merito alle affermazioni di Simone Cristicchi
Data: 09 gennaio 2014 22:22:38 CET
A: redazione  @iltempo.it, cronache  @iltempo.it, teatro  @iltempo.it

Spett.le Redazione de Il Tempo - con preghiera di pubblicazione: 


Nell'intervista a voi rilasciata da Simone Cristicchi, pubblicata in data 8/1/2014 (*), il cantante reitera una accusa sulla quale va insistendo da settimane pubblicamente in internet - spec. sul suo profilo Facebook - secondo cui la nostra onlus Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia avrebbe commesso una azione illegale pubblicando sul proprio sito presunte "corrispondenze private" del cantante.
Come può verificare chiunque abbia interesse, nella pagina del nostro sito cui si riferisce Cristicchi (**) non è stata pubblicata alcuna corrispondenza "privata" o tale per cui possa configurarsi violazione della privacy di chicchessia. Viceversa, il segretario della nostra associazione ha in quella sede manifestato il suo pensiero, limitandosi a trattare, proprio sul sito della associazione, di fatti storici controversi, esercitando legittimamente un diritto di critica. Critica cui il sig. Cristicchi non può sottrarsi in via generale, a meno che essa non sia ovviamente, per toni o contenuti, lesiva della sua persona. 
Peraltro, nello scambio di opinioni da noi reso pubblico, non è contenuta alcuna informazione, relativa al sig. Cristicchi, che possa essere qualificata come "dato personale". 

Viceversa, nella stessa vostra intervista Cristicchi pone CNJ-onlus in relazione con "episodi di violenza e intimidazione", "insulti e una sospetta ruota squarciata", e qualcuno che indosserebbe "le magliette I love foiba". Tali riferimenti ledono gravemente l'immagine della nostra Onlus, il cui scopo statutario "è la continuazione ed il rilancio di (…) attività culturali, di difesa dei diritti civili e di solidarietà (…) Tali attività hanno finalità di solidarietà sociale e sono dirette ad arrecare beneficio esclusivamente a soggetti svantaggiati" (***).

Diffidiamo il signor Cristicchi dal reiterare accuse diffamatorie infondate nei nostri confronti e/o dal mettere la nostra associazione in relazione con fatti a noi estranei di intolleranza e violenza - che siano essi veri, verosimili, presunti o puramente immaginari.

Per CNJ-onlus, il Direttivo
9 gennaio 2014



---


08/01/2014 06:04

LA REPLICA

Cristicchi: «Io e la mia compagnia siamo stati insultati»

Il cantante parla dalla sua pagina Facebook e risponde a chi contesta il suo spettacolo «Magazzino 18»


Simone Cristicchi prende la parola in prima persona. E lo fa dalla sua pagina Facebook. Il cantautore romano risponde a chi lo contesta. A chi contesta il suo spettacolo «Magazzino 18» (che dovrebbe andare in onda in seconda serata il 10 febbraio su Rai1) perché colpevole di essere antipartigiano.
Cristicchi è un artista coraggioso e non si fa intimorire dalle minacce. Neppure da chi ha chiesto la sua espulsione dall’Associazione Nazionale Partigiani. «La tessera mi è stata donata dall’Anpi stessa nel 2010 come attestato di riconoscenza per lo spettacolo con il Coro dei Minatori di Santa Fiora - ha scritto Cristicchi sul suo Facebook - A quanto mi risulta, qualche mese fa la richiesta è già pervenuta all’Anpi, che ha risposto "No" al ritiro della tessera. Ora un’oceanica folla (un centinaio di firmatari) ci sta riprovando, con la benedizione del CNJ, che continua a violare leggi sulla privacy pubblicando mie corrispondenze private sul loro sito».
Ma Cristicchi denuncia anche veri e propri episodi di violenza e intimidazione subìti negli ultimi mesi. «Senza pensare al fatto che io e la mia compagnia abbiamo subìto insulti e una sospetta ruota squarciata durante il tour in Istria - conferma il musicista - Bel modo di esporre le proprie idee! Complimentoni».
Alla lunga prende il sopravvento la rabbia e la voglia di mettere in luce le contraddizioni del movimento. «Detto questo, se da una parte è deludente constatare cotanta presunzione, sono quasi contento che stiano uscendo allo scoperto questi atteggiamenti, le loro critiche campate in aria e la valanga di menzogne sul mio spettacolo. Così mostrano il loro vero volto, in fondo non così diverso dagli estremisti di destra che loro si vantano di "combattere". Si. Indossando le magliette "I love foiba". Da antifascista, sono schifato da tutto ciò. La tessera gliela rispedisco io! In posta prioritaria. Altrimenti, senza tante chiacchiere, si facciano loro uno spettacolo con la loro "sacrosanta" verità. In fondo, ma molto in fondo, siamo un paese democratico, no?»

Carlo Antini


=== 2 ===

LETTERA APERTA ALL’ANPI SUL CASO DELLA “TESSERA ONORARIA” DI SIMONE CRISTICCHI

Da: Appello Anpi <sam.letteranpi(a)gmail.com>
Oggetto: Lettera Aperta all'ANPI sul caso della "tessera onoraria" di Simone Cristicchi
Data: 08 gennaio 2014 15:27:05 CET
A: info(a)anpi.it, Comitato Nazionale ANPI, Segreteria ANPI, Ufficio Stampa ANPI, “Patria Indipendente”, Redazione “Patria”
Cc: CNJ-onlus, Redazione Diecifebbraio.info


Di seguito il testo della nostra Lettera Aperta, già anticipata dalla stampa nazionale. In allegato, in formato PDF, lo stesso testo e l'elenco dei sottoscrittori. Per contatti: sam.letteranpi @ gmail.com
-------

Cari Voi tutti, Membri del Comitato Nazionale ANPI, Membri dei Comitati Provinciali, Regionali e Soci dell’Associazione Nazionale PARTIGIANI d’Italia, con i suoi 120.000 iscritti,

in qualità di iscritti all’ANPI e quali antifascisti, figli e nipoti di antifascisti, democratici rispettosi della memoria storica della Resistenza, manifestiamo la nostra preoccupazione ed il nostro stupore nell’apprendere che il Sig. Simone Cristicchi (secondo quanto lui stesso sostiene) è membro onorario dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia. Il Sig. Simone Cristicchi, nell’ambito del suo spettacolo teatrale “Magazzino 18”, che ha come tema la TRASPOSIZIONE di alcuni vissuti drammatici degli esuli d’Istria, di Fiume e Dalmazia, supportato da una direzione artistica, manageriale e da una regia di promozione istituzionale, sembra alimentare a livello mediatico e diffusivo a mezzo web una propaganda politica antipartigiana, che ancor più gravemente si mostra priva di analisi storica, riportando interpretazioni che riteniamo falsino fatti e circostanze, con un esito di palese natura strumentale. La strumentalizzazione delle vicende umane a supporto di idee nazionaliste è resa ancora più insopportabile per il coinvolgimento di minori in scene di violenza, che ci appare presunta ed esagerata.
Evidenziamo inoltre che le tesi, le congetture, i toni delle polemiche, l’accettazione di messaggi e manifestazioni di scherno ed offesa rivolte alla memoria storica della Resistenza sia italiana che jugoslava, presenti nel profilo facebook e in altri siti gestiti dal cantautore, non ci appaiono politicamente ed ideologicamente espressioni vicine alla storia e rispettose dei principi ispiratori dell’ANPI.

Il rifiuto di un confronto scientifico, manifestato da Cristicchi in diverse occasioni e nei diversi spazi di dialogo con il pubblico, molti dei quali gestiti dallo stesso in piena discrezionalità (facilmente reperibili e noti) e il suo apprezzamento verso personaggi quali Maria Pasquinelli* contrapposto ad una continua opera di criminalizzazione della lotta di liberazione del popolo jugoslavo dall’oppressore nazifascista in particolare, costituiscono un’offesa all’Associazione stessa, lo Statuto della quale, nel suo oggetto sociale (art. 2) e soprattutto nel profondo rispetto ed in virtù dell’art. 22 e dell’art. 23, recita:

Possono essere ammessi come soci con diritto al voto, qualora ne facciano domanda scritta:
a) coloro che hanno avuto il riconoscimento della qualifica di partigiano o patriota o di benemerito dalle competenti commissioni;
b) coloro che nelle formazioni delle Forze Armate hanno combattuto contro i tedeschi dopo l’armistizio;
c) coloro che, durante la Guerra di Liberazione siano stati incarcerati o deportati per attività politiche o per motivi razziali o perché militari internati e che non abbiano aderito alla Repubblica Sociale Italiana o a formazioni armate tedesche.
Possono altresì essere ammessi come soci con diritto al voto, qualora ne facciano domanda scritta, coloro che, condividendo il patrimonio ideale, i valori e le finalità dell’A.N.P.I., intendono contribuire, IN QUALITÀ DI ANTIFASCISTI, sensi dell’art. 2, lettera b), del presente Statuto, CON IL PROPRIO IMPEGNO CONCRETO ALLA REALIZZAZIONE E ALLA CONTINUITÀ NEL TEMPO DEGLI SCOPI ASSOCIATIVI, CON IL FINE DI CONSERVARE, TUTELARE E DIFFONDERE LA CONOSCENZA DELLE VICENDE E DEI VALORI CHE LA RESISTENZA, CON LA LOTTA E CON L’IMPEGNO CIVILE E DEMOCRATICO, HA CONSEGNATO ALLE NUOVE GENERAZIONI, COME ELEMENTO FONDANTE DELLA REPUBBLICA, DELLA COSTITUZIONE E DELLA UNIONE EUROPEA E COME PATRIMONIO ESSENZIALE DELLA MEMORIA DEL PAESE.

Per questo, auspichiamo che sia ritirata la tessera di socio ANPI al Sig. Simone Cristicchi, il cui operato e la cui espressione politica non sono riconoscibili in alcun modo nell’essenza dei valori e della cultura della Resistenza partigiana, di ieri e di oggi.

Fraterni saluti



---


08/01/2014 06:04

LA POLEMICA

Cristicchi «infoibato». I partigiani si dividono

Sullo show degli esuli istriani l’Anpi nel caos. Si punta a ritirare la tessera al cantautore


La «guerra civile culturale» in Italia non è mai finita. Se intorno a un cantante che mette in scena la «verità storica» sull’esodo istriano, giuliano e dalmata che «condannò» migliaia di italiani alla fame, alla sete e alla morte, si produce ancora uno «squarcio storico», allora siamo ancora lontani da una «storia condivisa». Con «Magazzino 18» andato in scena a Trieste, Simone Cristicchi racconta la verità stabilita dai documenti storici. La verità di italiani, non di fascisti, in fuga dalle «speciali purghe» titine e in cerca dell’agognata libertà. Una verità che a quanto pare può essere raccontata solo dopo una preventiva revisione del «copione» da parte dei «depositari» della verità. E se da una parte la onlus Cnj ha annunciato di aver raccolto qualche centinaio di firme di aderenti all’Anpi per chiedere che a Cristicchi venga ritirata la tessera onoraria dell’associazione dei partigiani, dall’altra c’è chi, fra i rappresentanti dei partigiani, nello spettacolo storico-teatrale di Cristicchi vede una ventata di verità. È il caso di Elena Improta, vicepresidente Anpi Roma, a cui abbiamo chiesto un commento sulla vicenda.

La vicenda Cristicchi ha riaperto una ferita che in realtà non si era mai chiusa. Che posizione ha l’Anpi sulla polemica innescata da «Magazzino 18»?

«Le posizioni nell’associazione non sono univoche. Mi sono informata, ho letto tutto e poi ho parlato con persone che hanno visto lo spettacolo di Cristicchi. Si tratta di iscritti al Partito democratico, persone che hanno avuto parenti deportati ad Auschwitz. Gente, insomma, vicina alla Resistenza e alla lotta di Liberazione. Ebbene, tutti mi hanno riferito che in quello spettacolo non hanno trovato assolutamente nulla di sconvolgente e che si tratta di una polemica assolutamente ideologica. Cristicchi ha solo voluto evidenziare che vanno condannate tutte le forme di violenza che hanno segnato la nostra storia. Non ci possiamo più nascondere».

Qualcuno, come la onlus Cnj, vorrebbe addirittura togliere la tessera onoraria dell’Anpi al cantante per aver ricordato le foibe e il destino di quegli esuli.

«Quelle associazioni e quegli esponenti territoriali dell’Anpi che hanno sottoscritto l’appello contro Cristicchi per il ritiro della tessera perché nel suo spettacolo ha ricordato le foibe, mi sembrano fuori dal mondo. Non c’è nulla di sconvolgente in quelle dichiarazioni. Ricordare quello che furono le foibe non è uno scandalo e nulla toglie al valore della Resistenza e alla lotta partigiana. Se memoria dev’essere, si ricordi tutto. È arrivato il momento di riconoscere che chi scappava da Tito non era fascista, ma cercava la libertà come la cercavano i nostri partigiani. Mi chiedo se chi ha rilasciato certe dichiarazioni abbia realmente visto lo spettacolo di Cristicchi. Il "negazionismo" va condannato a 360 gradi, anche quello sulle foibe».

C’è chi nell’Anpi ha una posizione molto rigida e si accoda alla richiesta di Cnj.

«Le opinioni di chi persegue rigidamente i valori dell’Anpi sono univoche nel senso che ricordano solo la violenza fascista, riconoscono e condannano solo quella, non quella delle foibe. Sto parlando della parte "conservatrice" che fa riferimento o che è vicina ai Comunisti italiani e a Rifondazione comunista. Sbagliano e lo ripeto. Ricordare le foibe non vuol dire negare la Resistenza o la lotta partigiana».

Accanto a Elena Improta c’è Mario Bottazzi, ex combattente partigiano ora nel comitato provinciale dell’Anpi romana. Va oltre, Bottazzi, e si chiede perché non si debbano ammettere nell’Anpi anche persone legate alla destra più moderna e antifascista. Sul «caso Cristicchi» abbiamo sentito anche Carlo Smuraglia, presidente nazionale dell’Anpi che si chiede: «Chi, come e quando ha deciso di dare la tessera ad honorem a Cristicchi? In ogni caso l’Anpi toglie le tessere solo in casi eccezionali, solo in presenza di gravissimi fatti di indegnità». Sottolinea, il presidente dell’Anpi, che «si occuperà della cosa, lo farà la sezione locale, per verificare di che spettacolo parliamo e di questa tessera ad honorem. Sarà una verifica seria e non improvvisata». E poi prosegue: «In genere sono per rispettare le manifestazioni d’arte, prenderle per quelle che sono e poi discutere. Certe cose non si affrontano a picconate, vanno rispettate. Se poi uno fa uno spettacolo per negare l’esistenza delle camere a gas, allora ci si arrabbia. Se invece affronta qualcosa che è ancora oggetto di discussione, è diverso». Infine Smuraglia ammette che su quegli esuli italiani in fuga da una dittatura perché in cerca della libertà e non in quanto fascisti, «è arrivato il momento di discutere seriamente, di affrontare l’argomento nelle sedi opportune».


Luca Rocca

---

Da: Vito Francesco Polcaro
Oggetto: Caso Cristicchi
Data: 09 gennaio 2014 16:51:10 CET

Cari amici,
ho ricevuto la vostra lettera relativa al “caso Cristicchi”.
Pur se non è costume dell’ANPI dare seguito a “lettere aperte” ed “appelli” che tendano ad influenzarne la linea politica, dato che L’ANPI è una struttura organizzata, con le proprie regole democratiche di formazione delle decisioni e le proprie strutture che sono perfettamente in grado di farle rispettare, rispetto al caso in questione mi preme informarvi che:

1) Il Sig. Cristicchi NON risulta iscritto all’ANPI nella Provincia di Roma
2) La “tessera onoraria” non è mai stata prevista dallo Statuto dell’ANPI. In passato, questa forma è stata in alcune occasioni utilizzata come riconoscimento per una qualche iniziativa che ha dato un contributo alla memoria della Resistenza e della Guerra di Liberazione, ma doveva essere intesa solo come una sorta di premio relativo all’iniziativa in questione e non come una prova di effettiva appartenenza all’Associazione, se ad essa non avesse poi fatto seguito una regolare richiesta di una tessera ordinaria, approvata dal Comitato Provinciale competente per territorio. In ogni caso, il Regolamento Nazionale entrato in vigore nel 2012 non prevede tali riconoscimenti e quindi le “tessere onorarie” concesse in precedenza non esistono più. Non esistendo, non possono neppure essere ritirate.
3) L’UNICA POSIZIONE UFFICIALE DELL’ANPI riguardo al caso in questione è quella espressa dal Presidente Nazionale dell’ANPI, Prof. Carlo Smuraglia, nell’intervista rilasciata al “Tempo” in data 8 gennaio 2014.

Cordiali saluti
Vito Francesco Polcaro
Presidente del Comitato Provinciale ANPI di Roma



 

----Messaggio originale----
Da: Daniel Salvatore Schiffer
Data: 06/01/2014 14.04
Ogg: ma tribune sur BHL et Sarajevo

Bonjour,

J'ai le plaisir de vous informer que le site du magazine "BH Info.fr", publié en France mais lié aux informations en provenance de la Bosnie-Herzégovine, a mis très objectivement à la "une" de sa dernière édition hebdomadaire la tribune, intitulée "La Bosnie rêvée, plus que réelle, de Bernard-Henri Lévy", que le site de la RTBF (Radio-Télévision Belge Francophone) m'a fait l'honneur de publier le 23 décembre dernier. 

Par ailleurs, les sites des journaux en ligne français "Mediapart" et "Agoravox" ont également publié, les jours derniers, cet article, qui se trouve aussi sur mon blog ("La Vérité des Masques") du Nouvel Observateur. Cet article, apparemment, fait du bruit!

Bonne année à vous!
Daniel Salvatore Schiffer
---
IDEES - TRIBUNE

Le discours de Sarajevo : "truffé d’erreurs de jugement et d’inexatitudes"

dimanche 5 janvier 2014 par BH Info

Le site Internet de la RTBF a publié le 23 décembre 2013 un article signé Daniel Salvatore Schiffer, considéré comme pro-serbe, critiquant fortement le discours prononcé lors de la dernière visite à Sarajevo par Bernard-Henri Lévy qui l’a consacré citoyen d’honneur. Un discours que le philosophe juge "truffé d’erreurs de jugement et d’inexactitudes" et "emplie d’approximation et de contre-vérités".

Le 25 novembre dernier, il y a donc un mois presque jour pour jour, Bernard-Henri Lévy se voyait décerner le titre de citoyen d’honneur de Sarajevo, en guise de remerciement, selon les autorités politiques et administratives de cette ville, pour ses " témoignages des souffrances du peuple bosnien pendant la guerre intercommunautaire de 1992-1995 ". Soit : tant mieux pour Lévy, qui se trouve ainsi gratifier, fût-ce de manière exagérée, de cette prestigieuse récompense. Le discours qu’il prononça, lors de cette très protocolaire cérémonie, était d’ailleurs assez beau, empli des plus nobles idéaux de l’humanisme quoique truffé d’inexactitudes et même si son ego hypertrophié ne put certes l’empêcher d’en profiter, une fois de plus, pour mettre sa propre personne en évidence, tout en écornant, par la même occasion, celle de François Mitterrand, dont il ne craignit pas de déclarer là, au mépris de toute réalité, qu’il avait en fait " voté contre la Bosnie-Herzégovine et contre Sarajevo asphyxiée par un siège de plus de mille jours. "

Révisionnisme historique

Il est vrai que BHL, philosophe aussi médiatisé que discrédité en France, n’en est plus, n’en déplaise aux autorités de la ville de Sarajevo, à une imposture près. Car il faut avoir une bien frauduleuse vision de l’histoire, doublée d’un encore plus retors sens de la vérité, pour oser affirmer, comme il le fit lors de ce discours, que la Bosnie-Herzégovine est " l’héritière ", depuis les " années 1940 ", des " partisans ", et Sarajevo, la " mémoire ", aujourd’hui, des " antifascistes ". C’est en effet là pur, bien que paradoxalement du plus mauvais aloi, révisionnisme historique !

Devrais-je donc rappeler à cet amnésique Lévy que ces partisans qu’il glorifie à juste titre furent le glorieux lot, au contraire de ce que son manichéisme caractérisé soutient ici de manière éhontée, de la Serbie, laquelle fut la plus héroïque et résolue, au sein de ce magnifique ensemble multiethnique et pluriconfessionnel que constitueront ensuite les républiques de l’ex-Yougoslavie, dans son combat, aux côtés de la France et des Alliés, contre les nazis, qui avaient alors envahi aussi bien la Croatie, dont les tristement célèbres oustachis d’Ante Pavelic s’avérèrent les disciples les plus zélés des Allemands, que la Bosnie-Herzégovine, où sévissaient, en plein cœur de Sarajevo, la division SS " handzar ", que dirigeait alors, d’une main de fer, le grand Mufti de Jérusalem ? C’était, en cet obscur temps-là, l’impitoyable et très cruelle alliance, au point qu’elle effraya parfois jusqu’aux nazis eux-mêmes, entre le fascisme noir et le fascisme vert, contre les résistants serbes et monténégrins.

C’est, du reste, pour ce même motif, pour rendre justice à la résistance serbe, que le chef des partisans, le maréchal Tito (lequel était par ailleurs d’origine croate), fit de Belgrade, et non de Zagreb ou de Sarajevo, la capitale de la Yougoslavie.

Davantage : c’est en mémoire de ces Résistants, précisément, que l’un des plus grands clubs de foot et de basket de la Serbie contemporaine s’appelle, encore aujourd’hui, " Partizan Belgrade " !

Mystification

Mais il y a pis encore, si cela est possible, dans le révisionnisme historique, concernant ce passé bien peu reluisant de la Bosnie, de Bernard-Henri Lévy. Il a trait, cette fois, à ce portrait dithyrambique que ce mystificateur hors pair n’a jamais cessé de dresser, comme il le fit encore tout récemment dans un de ses " bloc notes " (intitulé Le Discours de Sarajevo, paru le 24 octobre dernier) de l’hebdomadaire " Le Point " , d’Alija Izetbegovic, premier Président de la Bosnie indépendante, mais, surtout, fondamentaliste musulman dont la fameuse " Déclaration Islamique ", parue à Istanbul dès 1970 avant que d’être republiée à Sarajevo en 1990, affirme textuellement, niant là les valeurs de nos sociétés laïques, qu’ " il n’y a pas de paix ni de coexistence entre la religion islamique et les institutions sociales et politiques non islamiques ". Et encore, ces mots terribles, dignes de l’intégrisme religieux le plus dangereux pour la sauvegarde de nos démocraties mêmes, sinon du sens de la fraternité entre les peuples : " Avant le droit de gouverner lui-même et son monde, l’islam exclut clairement le droit et la possibilité de la mise en œuvre d’une idéologie étrangère sur son territoire. Il n’y a donc pas de principe de gouvernement laïc, et l’Etat doit être l’expression et le soutien de concepts moraux de la religion ". Édifiante, cette étrange et contradictoire conception de la tolérance chez BHL !

C’est dire si ce que soutient BHL, dans son Discours de Sarajevo, se révèle tout simplement faux lorsqu’il y écrit qu’Alija Izetbegovic fut " l’infatigable héraut " de l’ " islam modéré " et que, plus ahurissant encore, il " refusa " les " brigades internationales " et autres " fous de Dieu " que " certains de ses amis lui proposaient " pour venir en aide à son armée. Une preuve irréfutable en est le documentaire, remarquable d’objectivité journalistique et de déontologie professionnelle, que France 3 diffusa, le 12 novembre 2012, dans le cadre de ses reportages ayant pour très emblématique titre " Docs Interdits ". J’écrivis d’ailleurs à ce à propos, dans la foulée, une chronique, intitulée " Bosnie-Kosovo, quand Allah s’en allait en guerre ".

Erreur de jugement

Conclusion ? J’ai bien peur que cette Bosnie dont Bernard-Henri Lévy s’évertue, depuis maintenant plus de vingt ans, à nous vanter les prétendus mérites historiques, après avoir en outre passé son temps à diaboliser aussi systématiquement qu’outrageusement les Serbes (dont les chefs politiques et militaires, lors de cette sanglante guerre en ex-Yougoslavie, ne furent certes pas eux non plus, la nuance étant ici de mise, des anges), ne soit rêvée plus que réelle, comme surgie des fantasmes d’une subjectivité toute narcissique : ce séduisant mais illusoire miroir cérébral déformant toute perspective et, comme tel, induisant les faits à se plier, comble du narcissisme, au gré de son propre et seul imaginaire personnel. Le résultat, extrêmement dommageable pour la raison, en est une énorme erreur de jugement.

Aux philosophes épris d’honnêteté intellectuelle (ce nécessaire mixte de ce que le grand sociologue allemand Max Weber nomma jadis, dans un essai intitulé Le Savant et le Politique, " l’éthique de conviction " et " l’éthique de responsabilité ") de rétablir donc, à ce douloureux et important sujet, la vérité historique !

 

par Daniel Salvatore Schiffer, philosophe

*Philosophe, auteur de plusieurs ouvrages dont " Requiem pour l’Europe – Zagreb, Belgrade, Sarajevo " L’Âge d’Homme, 1993 et " Critique de la déraison pure – La faillite intellectuelle des " nouveaux philosophes " et de leurs épigones " François Bourin Editeur, 2010 est un intellectuel engagé qui est intervenu à plusieurs reprises lors de la guerre en ex-Yougoslavie. Considéré à l’époque comme un défenseur des positions serbes, il dénonce régulièrement les crimes des différents camps.


 ===  Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia - ONLUS https://www.cnj.it/ http://www.facebook.com/cnj.onlus/  === * ===


Scopri istella, il nuovo motore per il web italiano.
Istella garantisce risultati di qualità e la possibilità di condividere, in modo semplice e veloce, documenti, immagini, audio e video.
Usa istella, vai su http://www.istella.it?wtk=amc138614816829636



Un fantasma si aggira per l'Europa…

1) La “dolce vita” jugoslava fa il tutto esaurito a Belgrado (Stefano Giantin - Il Piccolo)
2) Altro che Europa: ora a Est rimpiangono il comunismo (Fausto Biloslavo - Il Giornale)


=== 1 ===


La “dolce vita” jugoslava fa il tutto esaurito a Belgrado

La mostra nostalgica sugli oggetti quotidiani di un tempo riapre a furor di popolo mentre il 45% dei rumeni rimpiange Ceausescu e Praga rilancia la Cecoslovacchia

di Stefano Giantin, 24 dicembre 2013

BELGRADO. Il viale del passeggio è come al solito affollato. Bancarelle di souvenir di dubbio gusto, suonatori di strada, gente che va di fretta. Ma negozi e boutique sono mezzi vuoti, in quel di Belgrado. Belgrado che, come tutta la Serbia, aspetta il 2014 senza grandi entusiasmi. Il Pil cresce ma è anemico, la disoccupazione e la povertà non calano, sale il costo della vita. E allora non stupisce quell’assieparsi di persone davanti al numero 14 della centralissima via Knez Mihailova, dove da una settimana si presentano in centinaia ogni giorno. Centinaia di persone che pagano 250 dinari, poco più di due euro, per avviare il motore della macchina del tempo di “Ziveo Zivot”, mostra che promette di riportare indietro tutti i visitatori «ai bei tempi, quelli tra il 1950 e il 1990».
Dolce vita jugoslava, quando «l’uomo medio si alzava alle sei, si lavava i denti con dentifricio nazionale, faceva colazione in un appartamento che odorava di latte caldo, poi andava al lavoro» con la Zastava «nuova di zecca», illustrano i materiali dell’esposizione. Esposizione in pure stile “Good Bye Lenin”, dove i protagonisti sono gli oggetti della vita quotidiana della Jugoslavia socialista, provenienti da collezioni private, spettri di un passato che manca a molti, nei Balcani. Sedili di un vecchio aereo della da poco defunta Jat che nell’anno del massimo splendore, il 1987, volava su «22 rotte interne e 256 internazionali». Le storiche scarpe Borovo, modelli in scala 1:1 di un ufficio standard e di un salotto jugoslavo. Profumi e visioni del Paese che non c’è più. E perfino sapori, con il bar che serve il “C Kafa” a 45 dinari o gli hot dog autarchici venduti al tipico chioschetto modulare “K67” ideato nel 1966 dal designer sloveno Sasa Mächtig, incluso dal MoMA negli oggetti cult di design del XX secolo. Una botta di nostalgia che piace tantissimo, in Serbia, e che ha imposto il bis all’iniziativa. Quarantamila i visitatori di “Ziveo Zivot” al debutto, la scorsa estate, tantissimi altri ora, alla seconda uscita, iniziata poco prima di un Natale che si annuncia assai malinconico.
Nostalgia comune anche ad ampie porzioni dell’Est. Un sondaggio ha appena rivelato che il 45% dei rumeni, malgrado la durezza del regime e la povertà endemica, confessa di aver vissuto meglio sotto Ceausescu. Percentuali che salgono al 60% tra i russi, orfani del comunismo. Praga e Bratislava intanto pensano di rilanciare il marchio “made in Cecoslovacchia”, più conosciuto e apprezzato sui mercati asiatici e africani di quello ceco o slovacco. E telefilm sui “gloriosi” anni Ottanta comunisti vanno di moda a Mosca, Riga e Tallinn.
Nostalgia, viste le asprezze del presente, «normale» anche in Serbia. «Io faccio parte della generazione dei fortunati, sono nata nel 1953», ammette alla mostra di Belgrado Ljilja Stojcevic, indicando «quel passaporto rosso» con la scritta “Sfrj” «che ci faceva viaggiare ovunque». Nostalgia, «orgoglio» per i tempi che furono e «tristezza per quelli attuali», le fa eco Marina, nata tre anni dopo la morte di Tito. Due persone che rappresentano il visitatore tipo. «La metà sono giovani», venuti a vedere i prodotti della Nazione che fu e a toccare con mano quanto sentito in casa a proposito della Jugoslavia. Il resto sono anziani, «e solo qualcuno, una piccolissima parte, ci accusa di aver fatto un’apologia di Tito», spiega davanti alla cassa della mostra la guida Djordje Maletkovic. Un altro Maletkovic, Zivko, fra gli organizzatori della mostra, lo raggiunge subito dopo.
Perché quel titolo? Perché ha letteralmente «un doppio senso, celebra la vita di quei tempi, sicuramente migliore di quella di oggi, e ricorda all’uomo comune come aveva vissuto» pienamente, «un tempo». Cosa manca alla mostra? «Mi sembra fantascienza ascoltare certi ricordi degli anziani», risponde la “Pr”, Tanja Kovac. «Che noia, facciamo un viaggetto all’estero, partiamo subito», dicevano da giovani. E potevano farlo, senza immaginare i futuri problemi economici e di visti dei giorni nostri. E allora gli organizzatori, seppur in ritardo, stanno pianificando pure una sezione dove si ricostruirà anche quello che è rimasto nell’immaginario collettivo balcanico del mercato di Ponte Rosso a Trieste. Trieste, città dove ai “bei tempi” «si andava a fare shopping». E dove la mostra, questo il desiderio degli organizzatori, vorrebbe presto sbarcare.


=== 2 ===

da www.intopic.it   (www.ilgiornale.it)

Altro che Europa: ora a Est rimpiangono il comunismo

Grande successo a Belgrado di una mostra di oggetti della defunta Jugoslavia. Ma anche in altri Paesi orientali c'è chi ricorda volentieri quando si stava peggio

Fausto Biloslavo - Sab, 04/01/2014

La mitica Zastava, il glorioso passaporto rosso scuro della Federativa, una banconota da 5mila dinari con il faccione di Tito occhialuto sono alcune chicche della Yugonostalgia, in mostra a Belgrado.

Alla faccia dell'Europa unita e della globalizzazione i serbi si sono messi in coda, nella centralissima Kneza Mihailova, per rivivere i quarant'anni di socialismo dal 1950 al 1990. Nostalgia canaglia che sta emergendo anche in altri paesi dell'ex Cortina di ferro dalla Romania che sembra rimpiangere il «Conducator» Ceausescu, all'Ostalgia della Germania Est fino al rilancio del marchio «made in Cecoslovacchia». Per non parlare del successo delle serie televisive sugli anni Ottanta del comunismo che vanno di moda a Mosca, ma pure in Bulgaria e addirittura nei Paesi baltici.

Crisi economica, disoccupazione galoppante e pensioni da fame spingono molti nell'Europa dell'Est a rimpiangere i tempi andati. La mostra Yugonostalgica di Belgrado, che ha aperto i battenti prima di Natale, si intitola «Ziveo zivot», «viva la vita». Titolo discutibile, che ti riporta ai tempi di Tito e della bandiera nazionale con la stella rossa in mezzo.

Un'utilitaria Zastava, la 600 del socialismo, è esposta assieme ad una confezione di biscotti Plazma, i Plasmon jugoslavi. Un visitatore ha commentato: «Faccio parte dei fortunati nati nel 1953, quando il nostro passaporto rosso ci permetteva di viaggiare ovunque». Altri pezzi forti sono le magliette ed i ricordi dei campioni di basket della Federativa socialista ai vertici della pallacanestro mondiale.

Non mancano i sedili azzurrini della Jat, la compagnia aerea di Stato, da poco defunta, che volava «su 22 rotte interne e 256 internazionali». I prodotti alimentari dei «Paesi non allineati» si mescolano alle riviste dell'epoca. In copertina sorridono le donnine socialiste, ma con la permanente all'occidentale. Gli hot dog autarchici vengono serviti ad un vero chiosco dell'epoca e si può gustare un caffè socialista al bar spartano del socialismo.

La nostalgia canaglia del passato si sta espandendo a macchia d'olio in molti Paesi dell'Europa orientale. Il 44,7% dei romeni, secondo un recente sondaggio, pensa che il comunismo non era poi così male. Il palazzo più visitato dai turisti a Bucarest è la marmorea «casa del popolo», reggia di Nicolae Ceausescu e signora. Addirittura l'ex caserma di Targoviste, dove il Conducator è stato sbrigativamente fucilato con la moglie, sta diventando un'attrazione turistica. A Praga e Bratislava si riesuma il marchio di esportazione della Cecoslovacchia, preferito dai Paesi africani e asiatici. Lo scorso anno il 32% dei cechi si sono detti convinti che il regime comunista fosse meglio dell'attuale democrazia. In Slovacchia le percentuali sono ancora più alte.

Ostalgie è un neologismo tedesco che indica il rimpianto per la Germania Est e la sua memorabilia. Molte imprese ripropongono marchi obsoleti del periodo comunista come la bevanda Vita-Cola e l'automobile Trabant.

In Ungheria sono tornati di moda l'aperitivo socialista Bambi e i sandali del passato regime. Film come «Goodbye Lenin» sono stati surclassati da serie nostalgiche, che vanno forte grazie al boom delle pay tv nell'Europa dell'Est. In Russia ha grande successo «Gli Ottanta», una commedia sull'ultimo decennio sovietico con la musica occidentale proibita, le lavanderie a vapore ed il mercato nero dei jeans. La serie viene trasmessa anche in Ucraina, Lettonia ed Estonia. In Bulgaria va in onda «Sette ore di differenza», una serie su un ex agente segreto comunista.

La nostalgia del comunismo è alimentata dalla delusione dell'Europa unita e dei governi democratici spesso corrotti o malfunzionamenti come nel passato. Il settimanale Economist lancia l'allarme: il rischio di disordini sociali e rivolte nell'Europa dell'Est, nel 2014, non ha mai raggiunto livelli così alti dalla caduta del comunismo.




(srpskohrvatski / italiano)

Sul centenario della Prima Guerra Mondiale

1) Nove činjenice o Velikom ratu (Mirjana Nikolić - Međunarodni radio Srbija)
2) Ristabilire l'ordine delle cose (Gianmarco Pisa)


=== 1 ===


Nove činjenice o Velikom ratu

Pon, 06/01/2014 - Teorija da je u krhkim međunarodnim odnosima 1914. godine kap koja je prelila čašu bio Sarajevski atentat, te da je zbog toga počeo sukob koji je odneo 15 miliona života, uskoro bi mogla biti potpuno promenjena. Iz Arhiva Srbije ponovo je na svetlo dana izneto pismo koje dokazuje da su planovi za početak Prvog svetskog rata postojali 13 meseci pre atentata.

U susret stotoj godišnjici početka Prvog svetskog rata, sve su češći pokušaji revidiranja istorije, kako bi se kompletan teret za početak Velikog rata prebacio na Srbiju i Rusiju. Poznato je da je na Vidovdan 28. Juna 1914. godine, organizacija „Mlada Bosna“ tačnije njen pripadnik Gavrilo Princip, ubio Austrougarskog prestolonaslednika Franca Ferdinanda. Dolazak princa u Sarajevo na veliki srpski praznik Vidovdan, trebalo je da bude uvreda za Srbe, a tako je Austrougarska htela da pokaže Srbiji, a i celom svetu da je Bosna njen deo i da će tako i ostati. Cilj „Mlade Bosne“ bio je ujedinjenje sa Srbijom i Crnom Gorom, i taj je atentat kroz srpsku istoriju prikazan kao čin borbe za slobodu.

Istoričari podsećaju na do sada prećutkivano pismo tadašnjeg guvernera Bosne i Hercegovine Oskara Poćoreka ministru Austrougarske monarhije Bilinskom, 28. maja 1913. a koje dokazuje da su planovi za Prvi svetski rat postojali više od godinu dana pre atentata u Sarajevu.

Dokument koji je prvi put objavljen još 1928. godine, do sada nije korišćen u naučnim radovima, jer se nije uklapao u stereotip o istoriji početka rata, a početkom godine ga je u Andrićgradu predstavio direktor Arhiva Srbije Miroslav Perišić. On je objasnio da pismo otkriva ne samo namere ratnih krugova Beča da povedu rat, već i stavove prema Srbima, Hrvatima i muslimanima kao i politiku Beča prema pobornicima ideje ujedinjenja Južnih Slovena. "Pismo se završava rečima da se ne sme dozvoliti da dođe do približavanja Zagreba i Beograda, odnosno da Zagreb treba da predstavlja protivtežu Beogradu", naveo je Perišić.

Planovi za rat objašnjavaju donekle ultimatum koji je upućen Srbiji mesec dana posla atentata, a iz kasnijih događaja poznavaocima prilika je jasno da bi do rata došlo, čak i da je Srbija pristala na sve što se od nje tražilo. Član Odbora Andrićevog instituta za obeležavanje godišnjice Prvog svetskog rata Miroslav Jovanović kaže da sarajevski atentat nije bio presudan, nego je bio samo povod za izbijanje velikog svetskog krvoprolića. Austroguarska je povod za početak Prvog svetskog rata stavila na teret Srbije i Rusije, što su kasnije podržali brojni poznati istoričari.

Proslavljeni reditelj i idejni tvorac Kamengrada Emir Kusturica rekao je da ponovno objavljivanje ovog pisma u "Istorijskim sveskama" Andrićevog instituta treba da popravi istorijsku i medijsku sliku o početku rata. "Sarajevski atentat je zloupotrebljen i iskorišćen za progon srpskog naroda i za početak Velikog rata", rekao je Kusturica.
On kaže je da je Gavrilo Princip ubio okupatora Franca Ferdinanda, "rasistu i antisemitu, na kućnom pragu, u zemlji Gavrila Principa, a ne u Beču ili nekom Ferdinandovom letnjikovcu ". Objavljivanje dokumenta o planovima Austrougarske, početak je nastojanja Andrićevog instituta da javnosti stavi na uvid dokumente koji skreću pažnju javnosti sa koloseka propagande, ali i organizovanog zaborava.

Da će se o Velikom ratu pisati puno ove godine nagoveštavaju novinski tekstovi u kojima se podseća da je 1941. godine za svoj rođendan Adolf Hitler dobio na poklon jedini ratni trofej donet iz raskomadane Jugoslavije. Kažu da mu je na lični zahtev iz okupiranog Sarajeva donesena spomen-ploča Gavrilu Principu. Fotografije svedoče da je Hitler dobio ploču na kojoj piše „Na ovom istorijskom mjestu se Gavrilo Princip izborio za slobodu Srbije.“

Svakako, 2014. godina biće cela u znaku obeležavanja stote godišnjece Velikog rata, pa ćemo se detaljima o ovoj temi baviti cele godine. Već su objavljena istraživanja javnog mnjenja koja nam govore da mladi ljudi malo znaju o Prvom svetskom ratu, da Principa polovina građana doživljava kao heroja, a četvrtina kao teroristu, a da jako mali broj ljudi zna koja se zemlja borila sa čije strane. Godina posvećena godišnjici biće prilika da se i ova statistika promeni.

Pripremila Mirjana Nikolić


=== 2 ===

Ristabilire l'ordine delle cose.

Il centenario della prima guerra mondiale e il “Sarajevo 2014”.


Gianmarco Pisa


È difficile pensare che il casus belli della prima guerra mondiale, l'assassinio dell'arciduca Francesco Ferdinando ad opera di Gavrilo Princip a Sarajevo, sia stato il vero motivo scatenante il conflitto. Soprattutto quando nuovi documenti storici e importanti fonti primarie vengono portati in luce a smentire quello che sempre più si è andato e si va affermando come luogo comune, piuttosto strumentale e pretestuoso.


I piani per scatenare quella che si sarebbe rivelata la prima guerra mondiale possono essere datati a 13 mesi prima dell'assassinio di Sarajevo, vale a dire ben 14 mesi prima della dichiarazione di guerra ufficiale dell'Austria-Ungheria e, di conseguenza, degli Imperi Centrali contro la Serbia, come ha messo in luce il ritrovamento ad Andricgrad, nella Repubblica Serba di Bosnia, di una lettera con i “piani di guerra”.


Si tratta della lettera, adesso nelle disponibilità del Dipartimento di Storia di Kamen-grad, spedita dal Governatore, per conto dell'Austria-Ungheria, della Bosnia e della Erzegovina, Oskar Potiorek, al ministro asburgico Bilinski, il 28 Maggio 1913, nella quale risultano evidenti non solo le intenzioni dei circoli asburgici di dare inizio al conflitto, ma, in particolare, l'atteggiamento della corona e del circuito imperiale nei confronti degli Slavi del Sud: sia in relazione ai rapporti reciproci tra Serbi, Croati e Musulmani, sia, in particolare, nei confronti dei Serbi, di Serbia e di Bosnia, particolarmente invisi all'Impero, quali sostenitori dell'idea dell'unificazione degli Slavi del Sud in quella che sarebbe poi diventata, tempo dopo, la Jugoslavia.


È stato lo stesso Miroslav Perisic, direttore dell'Archivio di Serbia, in occasione della presentazione pubblica del prezioso documento, lo scorso 5 Gennaio, a segnalare l'importanza del testo, quale fonte storica primaria ai fini dell'accertamento delle concause e delle responsabilità dello scoppio del conflitto mondiale, e del suo valore politico, considerando, del resto, quanto possa essere facile immaginare le ragioni per cui, al di là della “fortuita ricorrenza” del centenario della dichiarazione di guerra (1914-2014), sia trascorso tanto tempo dal ritrovamento della lettera, essendo il suo contenuto molto lontano dalla vulgata “ufficiale”, occidentale, di quel conflitto.


Secondo una dichiarazione di Perisic, d'altra parte: «questo documento così importante non era sino a questo momento a disposizione degli storici e non è stato preso in considerazione, di conseguenza, dalla comunità scientifica, sebbene sia stato pubblicato per la prima volta nel 1928 nel giornale Vecernja Posta di Sarajevo». Come riferito da un altro studioso, Miroslav Jovanovic, dell'Istituto Andric, i «fatti di Sarajevo», in particolare, l'assassinio dell'arciduca Francesco Ferdinando ad opera di Gavrilo Princip, non possono essere considerati, come troppo spesso le cancellerie e le opinioni pubbliche “occidentali” tendono a fare, l'evento-chiave, ma solo il pretesto per dare corso a un piano di guerra che sarebbe poi diventato un tragico e devastante bagno di sangue, con nove milioni di soldati e cinque milioni di civili uccisi.


Gli Imperi Centrali, Austria-Ungheria e Germania, in primo luogo, le stesse potenze che si apprestano adesso a sponsorizzare o promuovere il cosiddetto “forum di pace” del Sarajevo 2014, hanno voluto attribuire le responsabilità di quel bagno di sangue in particolare alla Serbia e alla Russia, mobilitando schiere di storici a supporto di tale tesi, da Chris Clark a diversi altri, ma i fatti, semplicemente, non stanno così. 





Segnaliamo che l'iniziativa di inviare una Lettera collettiva all'Associazione Nazionale Partigiani d'Italia -ANPI-, per la verifica e l'eventuale ritiro della "iscrizione onoraria" di Simone Cristicchi alla associazione, sta avendo uno straordinario riscontro. 
All'appello hanno aderito partigiani e figli di partigiani, antifascisti, operai, sindacalisti da tutte le regioni del Paese, che in molti casi hanno anche voluto commentare inviando parole di indignazione per l'ondata montante di demagogia revanscista e per il continuo dileggio cui è sottoposta la memoria della Resistenza, e della Resistenza jugoslava in particolare.

Fra pochi giorni il testo sarà inviato agli indirizzi ufficiali dell'ANPI con un lungo elenco di firme.
Invitiamo chi non lo avesse ancora fatto a sottoscrivere, ma anche a diffondere fra i propri contatti l'invito all'adesione, che - ricordiamo - va comunicata all'indirizzo: sam.letteranpi@... 
specificando NOME, COGNOME, CITTA', e indicando eventualmente la appartenenza all'ANPI o il ruolo svolto nell'associazionismo antifascista.

Inizio messaggio inoltrato:

Da: "Coord. Naz. per la Jugoslavia" 
Oggetto: [JUGOINFO] Richiesta di adesione alla Lettera Aperta all'ANPI su Cristicchi
Data: 31 dicembre 2013 15:43:32 CET


Inoltriamo il seguente messaggio, ricevuto dai promotori della Lettera Aperta riprodotta più sotto, alla quale hanno già aderito un centinaio di firmatari.
Per aderire scrivere a: sam.letteranpi@... 
specificando NOME, COGNOME, CITTA', e indicando eventualmente la appartenenza all'ANPI o il ruolo svolto nell'associazionismo antifascista.
----------

Cari  tutti, questa in allegato è una lettera che speriamo possa ricevere la vostra attenzione e conseguente adesione.

 

Riguarda la vicenda del cantautore Simone Cristicchi e dello spettacolo “Magazzino 18” di cui è co-autore.

L’iniziativa specifica è partita in seno a CNJ onlus, ma raccoglie adesione di singoli.

L’obiettivo è politico e culturale. E’ importante, per la storia partigiana dell’Italia, della Jugoslavia e dell’Europa tutta.

 

Lo spettacolo di questo cantautore e del suo co-autore, lo storico Jan Bernas, sta già ricevendo tra il pubblico le scuole dell’Istria e sta proseguendo il suo giro per la penisola.

Le rappresentazioni di "Magazzino 18" in Istria sono state realizzate con il contributo del ministero degli Affari Esteri italiano e probabilmente anche della FederEsuli.

Non vorremmo trovarci questo “spettacolo dei sentimenti” o delle “emozioni” (definizione dell’autore) come bibliografia o come capitolo dei libri di storia dei nostri figli di oggi e di domani, dove fascisti e antifascisti si minestrano troppo superficialmente, favorendo distorsioni storiche e politiche gravi. Le distorsioni alimentano non verità e conflittualità.

 

Sulla pagina facebook di “Magazzino 18”, Cristicchi stesso si esprime e fa conversazione sul tema. Molti soci CNJ, ma anche altri, hanno postato commenti e tentato di aprire un confronto storico-scientifico, con il risultato di vedere i propri post cancellati. Il suo biasimo verso Pertini, che ha riconosciuto sempre i meriti della resistenza partigiana jugoslava, è una delle “perle” espresse dal cantautore, che riserva repliche talvolta d’effetto, ma che dimostrano poca capacità e/o volontà di argomentazione.

 

Riepiloghiamo di seguito una breve ma non esaustiva rassegna sulla questione, in parte già circolata, all’origine della lettera.

 

Questo è uno dei primi scambi ad agosto 2013, tra Cristicchi ed il CNJ, ma sulla questione si sono mossi anche altri. Cristicchi ha intimato al CNJ la rimozione della pagina, attraverso il suo avvocato:

https://www.cnj.it/documentazione/IRREDENTE/cristicchi.htm

 

L’Unione degli Istriani ha approvato il copione modificato andato in scena il 21/10/2013 nelle prove generali, pare con una sorta di ricatto:

http://www.unioneistriani.it/news/comunicati-stampa/200-m18 

 

Di seguito il colloquio con Simone Cristicchi - in occasione del lancio del suo spettacolo "Magazzino 18", con Claudia Cernigoi e Carlo Oliva, RadioTre - trasmissione Fahrenheit di venerdì 1/11/2013

Il file audio (28'): http://www.diecifebbraio.info/wp-content/uploads/2013/11/Fahrenheit-CRISTICCHI.mp3

 

Sul debutto a Trieste nel corrente mese di dicembre 2013:

http://ilpiccolo.gelocal.it/cronaca/2013/12/08/news/magazzino-18-di-cristicchi-sbarca-nei-teatri-dell-istria-1.8261697

 

Questo è un comunicato del partito socialista dei lavoratori croato nel merito, pubblicato da varie testate on line e girato in lista cnj:

http://www.marx21.it/internazionale/europa/23285-comunicato-del-partito-socialista-dei-lavoratori-croato-in-merito-allo-spettacolo-teatrale-magazzino-18-di-simone-cristicchi-in-programma-in-croazia-e-slovenia.html

 

Dal 17 al 22 dicembre lo spettacolo è stato rappresentato a Roma. Di seguito l’intervista pubblica a Cristicchi di una giornalista de Il Piccolo di Trieste, dura 4 minuti circa:

http://www.youtube.com/watch?v=cBLamBKxIyk

 

L’intervento ci sembra confermare le critiche mosse fino ad ora allo spettacolo: Cristicchi dichiara che è stato realizzato per far conoscere un pezzo di storia, ma allo stesso tempo, sostiene che non pretende di raccontare la storia ma di essere ascoltato attraverso la rappresentazione di alcuni drammi personali dell’epoca. Afferma inoltre una non verità, nel richiamare fonti storiografiche variegate di destra e di sinistra, a cui avrebbe fatto riferimento, ed invece la fonte principale citata è solo Jan Bernas. La confusione dei piani di lettura si rivela uno strumento di propaganda perfetto, che gioca sull’apparente ingenuità dell’ “artista” sfuggente ed ignaro, un po’ per davvero, un po’ per finta.

 

Ultima notizia, è uscito il libro + CD (si veda il link sotto, nel sito curato dal partito umanista di TS) http://www.freaksonline.it/freaks/magazzino-18-libro-e-cd.html

 

Contiamo che questa lettera, nella sua veste di appello, possa aprire un dibattito o chiarisca la posizione di certi soggetti anche istituzionali.

 

Per comunicare le vostre adesioni e tutte quelle che raccoglierete per la lettera in allegato, Vi preghiamo pertanto di rispondere a questo indirizzo sam.letteranpi@...   indicando:

NOME, COGNOME, CITTA’, EVENTUALE ISCRIZIONE ANPI (SI/NO e sezione), ALTRO (facoltativo: es. professione, qualifica, stato occupazionale etc…)

Grazie a tutti per la collaborazione e un grande saluto

 

Samantha


--------

LETTERA APERTA ALL'ANPI SU CRISTICCHI

Cari Voi tutti, Membri del Comitato Nazionale ANPI, Membri dei Comitati Provinciali, Regionali e Soci dell’Associazione Nazionale PARTIGIANI d’Italia, con i suoi 120.000 iscritti,

in qualità di iscritti all’ANPI e quali antifascisti, figli e nipoti di antifascisti, democratici rispettosi della memoria storica della Resistenza, manifestiamo la nostra preoccupazione ed il nostro stupore nell'apprendere che il Sig. Simone Cristicchi (secondo quanto lui stesso sostiene) è membro onorario dell'Associazione Nazionale Partigiani d'Italia.

Il Sig. Simone Cristicchi, nell’ambito del suo spettacolo teatrale “Magazzino 18”, che ha come tema la TRASPOSIZIONE di alcuni vissuti drammatici degli esuli d’Istria, di Fiume e Dalmazia, supportato da una direzione artistica, manageriale e da una regia di promozione istituzionale, sembra alimentare a livello mediatico e diffusivo a mezzo web una propaganda politica antipartigiana, che ancor più gravemente si mostra priva di analisi storica, riportando interpretazioni che riteniamo falsino fatti e circostanze, con un esito di palese natura strumentale. La strumentalizzazione delle vicende umane a supporto di idee nazionaliste è resa ancora più insopportabile per il coinvolgimento di minori in scene di violenza, che ci appare presunta ed esagerata.

Evidenziamo inoltre che le tesi, le congetture, i toni delle polemiche, l'accettazione di messaggi e manifestazioni di scherno ed offesa rivolte alla memoria storica della Resistenza sia italiana che jugoslava, presenti nel profilo facebook e in altri siti gestiti dal cantautore, non ci appaiono politicamente ed ideologicamente espressioni vicine alla storia e rispettose dei principi ispiratori dell’ANPI.

Il rifiuto di un confronto scientifico, manifestato da Cristicchi in diverse occasioni e nei diversi spazi di dialogo con il pubblico, molti dei quali gestiti dallo stesso in piena discrezionalità (facilmente reperibili e noti) e il suo apprezzamento verso personaggi quali Maria Pasquinelli* contrapposto ad una continua opera di criminalizzazione della lotta di liberazione del popolo jugoslavo dall'oppressore nazifascista in particolare, costituiscono un'offesa all'Associazione stessa, lo Statuto della quale, nel suo oggetto sociale (art. 2) e soprattutto nel profondo rispetto ed in virtù dell’art. 22 e dell’art. 23, recita:

Possono essere ammessi come soci con diritto al voto, qualora ne facciano domanda scritta:
a) coloro che hanno avuto il riconoscimento della qualifica di partigiano o patriota o di benemerito dalle competenti commissioni;
b) coloro che nelle formazioni delle Forze Armate hanno combattuto contro i tedeschi dopo l’armistizio;
c) coloro che, durante la Guerra di Liberazione siano stati incarcerati o deportati per attività politiche o per motivi razziali o perché militari internati e che non abbiano aderito alla Repubblica Sociale Italiana o a formazioni armate tedesche.

Possono altresì essere ammessi come soci con diritto al voto, qualora ne facciano domanda scritta, coloro che, condividendo il patrimonio ideale, i valori e le finalità dell’A.N.P.I., intendono contribuire, IN QUALITÀ DI ANTIFASCISTI, sensi dell’art. 2, lettera b), del presente Statuto, CON IL PROPRIO IMPEGNO CONCRETO ALLA REALIZZAZIONE E ALLA CONTINUITÀ NEL TEMPO DEGLI SCOPI ASSOCIATIVI, CON IL FINE DI CONSERVARE, TUTELARE E DIFFONDERE LA CONOSCENZA DELLE VICENDE E DEI VALORI CHE LA RESISTENZA, CON LA LOTTA E CON L’IMPEGNO CIVILE E DEMOCRATICO, HA CONSEGNATO ALLE NUOVE GENERAZIONI, COME ELEMENTO FONDANTE DELLA REPUBBLICA, DELLA COSTITUZIONE E DELLA UNIONE EUROPEA E COME PATRIMONIO ESSENZIALE DELLA MEMORIA DEL PAESE.

Per questo, auspichiamo che sia ritirata la tessera di socio ANPI al Sig. Simone Cristicchi, il cui operato e la cui espressione politica non sono riconoscibili in alcun modo nell’essenza dei valori e della cultura della Resistenza partigiana, di ieri e di oggi.


Per aderire: sam.letteranpi@... 





NATO servants in the Balkans

1) Serbia: Chief of the Defence General Staff visits NATO JFC Naples (4.12.2013.)
2) Montenegro: Foreign Minister believes that "NATO has no alternative" (3.1.2014.)
3) Slovenia: Hungarian Gripens In Charge Of NATO Air Control (3.1.2014.)


Also worth to read / listen to:

“NATO is worse than an atavism, it is a threat to 21st century security” – Rick Rozoff
John Robles - Voice of Russia
December 4, 2013
Audio: http://voiceofrussia.com/2013_12_04/NATO-is-worse-than-an-atavism-it-is-a-threat-to-21st-century-security-Rick-Rozoff-3284/

NATO engaged in wars of aggression against small countries – Rick Rozoff
John Robles - Voice of Russia
Recorded on December 7, 2013
Audio: http://voiceofrussia.com/2013_12_11/NATO-engaged-in-wars-aggression-against-small-countries-Rick-Rozoff-0170/
http://voiceofrussia.com/2013_12_11/NATO-engaged-in-wars-aggression-against-small-countries-Rick-Rozoff-0170/

Source of the following texts is the Stop NATO newsletter: 

List home page with archives and search engine: http://groups.yahoo.com/group/stopnato/messages
Stop NATO website and articles: http://rickrozoff.wordpress.com


=== 1 ===

http://www.aco.nato.int/serbian-chief-of-the-defence-general-staff-visits-jfc-naples.aspx

North Atlantic Treaty Organization - Allied Command Operations
December 4, 2013

Serbian Chief of the Defence General Staff visits JFC Naples

Story by Allied Joint Force Command Naples Public Affairs Office 


Naples, Italy: The Chief of the Serbian Armed Forces General Staff, General Ljubiša Diković, paid an official visit to the Allied Joint Force Command Naples headquarters in Lago Patria on Tuesday 3 December till Wednesday 4 December 2013.  
  
The Commander of Allied Joint Force Command Naples, Admiral Bruce W. Clingan, met with Gen. Dikovic to highlight the cooperation between the Serbian Armed Forces and JFC Naples, as well as showcase the proficiency of the headquarters. The two officials discussed ways that NATO could further assist the Serbian Armed Forces in defense reform and implementation of the joint partnership goals. 

He also received a detailed orientation of the organization, tasks and missions of JFC Naples and a tour the new Lago Patria base. Furthermore, he obtained a firsthand impression of the members’ duties in a NATO multinational operations headquarters. Gen. Diković also met with the JFC Naples Assistant Chief of Staff for Civil Military Cooperation and military partnership, Brig. Gen. Richter, to discuss ways that JFC Naples could further assist the Serbian Armed Forces. He also visited the Senior Serbian National Representative, who has been serving in JFC Naples since August 2013.  
  
The visit of General Dikovic was in the framework of the efforts by the operational level command JFC Naples to foster mutual understanding and cooperation with NATO partner nations. 


=== 2 ===

http://rickrozoff.wordpress.com/2014/01/03/montenegro-natos-diminutive-outlet-on-the-adriatic/
http://www.b92.net/eng/news/region.php?yyyy=2014&mm=01&dd=02&nav_id=88861

Tanjug News Agency

January 3, 2014


Montenegrin FM: NATO has no alternative


“NATO today has no alternative. It is the guarantor of every kind of safety to a country and it is important that the citizens of Montenegro understand in the right way that this is the best way for our children and for future development,” Lukšić said.

Montenegro is currently in the Membership Action Plan (MAP), while full membership in NATO is considered to be the next step.

“Given our desire and ambition to be given an invitation for membership in 2014, we will continue with further fulfillment of obligations, and we actively contribute to global stability as a dedicated and reliable partner of the alliance,” he continued.

Lukšić also told the CDM website that the Montenegrin government will in the coming period “intensify the dialogue with citizens on the subject of integration in NATO and offer sufficient arguments so that they understand the benefits of membership in the alliance.”

Lukšić said that Montenegro, with the opening of negotiating chapters 23 and 24, “showed that it was a serious partner of the European Union,” but that it was also “capable of meeting the demanding obligations on the road of European integration.”

He pointed out that the policy of good neighborly relations also continues to be one of the priorities of Montenegro.

Commenting on relations within the Montenegrin ruling coalition, he said that there had been “better moments,” but that it was “quite normal that after a long joint performance of authority there should be friction and different views on certain issues.”



=== 3 ===

http://www.xpatloop.com/news/75506

Hungarian News Agency - January 3, 2014

Hungarian Gripens In Charge Of Nato Air Control Over Slovenia

From now on, Hungary’s Gripen fighters are in control of air space not only in Hungary but also in Slovenia, daily Magyar Nemzet said. Controlling air space is a shared task for NATO allies, and Slovenia has no fighters of its own.

Starting from this year, Hungary is taking over the task from Italy. If any violation of Slovenian air space is reported, Hungary’s Gripens will fly over to clarify the situation, it said. Defence Minister Csaba Hende said in July 2013 that the Hungarian army’s Gripens will join air control operations in Slovenia from 2014, and similar operations in Estonia, Latvia and Lithuania from 2015.

If all goes according to plan, Hungary will have to relocate four Gripens and their crew to Lithuania from 2015 on without compromising its capabilities to defend its own air space.