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www.resistenze.org - popoli resistenti - croazia - 07-03-04
tratto da Le Monde - articolo pubblicato il 4 Febbraio 2004
traduzione dal francese del Ccdp


La vita francese di un fuggitivo croato


Il generale Ante Gotovina, ricercato dal 2001 per "crimini contro l'umanità",
ha un rapporto particolare con la Francia che gli ha dato una secondo nazionalità.
Gli è servita anche da rifugio? Itinerario di un faccendiere dalle amicizie
torbide.

Lungo la costa dalmata un strano fenomeno si è prodotto nel novembre 2003,
all'avvicinarsi delle elezioni legislative. Sono apparsi manifesti raffiguranti
un militare, accanto ai simboli dei partiti politici. "Un eroe e non un
criminale", era precisato. La foto era quella di Ante Gotovina, generale
croato incolpato in giugno, 2001 dal Tribunale penale internazionale per
l'ex-Iugoslavia (TPIY) per crimini di guerra e crimini contro l'umanità.
Da quel momento, Ante Gotovina è in fuga. Durante la sua assenza, è stato
nominato però cittadino onorario della città di Zadar. Bisogna dire che,
in questo paese, la guerra, di indipendenza (1991-1995), i suoi fantasmi
ed i suoi attori sono ancora nelle menti.

Un giornalista croato, Ivo Pukanic, redattore capo del settimanale ?Nacional?,
l'ha potuto incontrare, in giugno 2003, "in un hotel di una capitale di
un paese dell'unione europea". M. Pukanic ha rifiutato di indicare alla
polizia dove si trovava il generale, ma ha precisato che egli potrebbe vivere
fino alla fine dei suoi giorni a l'interno delle frontiere dello spazio
Schengen" grazie alle complicità di cui egli gode. Dall?ambiente di Carla
Del Ponte, procuratore del TPIY, si dice che, da due anni, Ante Gotovina
è passato il 90% del suo tempo in Croazia. Questa estate, è stato segnalato
nelle acque croate, a bordo, di uno yacht. Ma le autorità locali hanno,
un'altra volta, taciuto, evitato di intercettarlo. "Il generale Gotovina
ha fatto un'offerta alla Sig.ra Del Ponte, spiega il suo avvocato, Louka
Misetic. È pronto a rispondere alle sue domande se si sposta a Zagabria.
Se le sue risposte non sono giudicate soddisfacenti, andrà a L'Aia."

In Croazia, la sua vita è una leggenda. Molto vedono in lui un crociato
della la sovranità nazionale, così cara acquistata contro i serbi.
La sua sorte ha anche una valenza politica: la Gran Bretagna ed i Paesi
Bassi hanno fatto del suo arresto una condizione preliminare all'entrata
della Croazia nell'UE. Ma, in un altro paese, la sua vita è iscritta oltre
che negli schedari dei servizi di informazione e gli archivi giudiziali
anche nella memoria collettiva. Questo paese, è la Francia.

La sua seconda patria. La vita francese del fuggitivo è una storia di viaggi
e di incontri, di missioni speciali e di colpi storti.
Di amicizia vera anche. Ante Gotovina è nato sull'isola di Pasman, vicino
a Zadar, il 12, ottobre 1955. Nella sua autobiografia, pubblicata in Croazia
nel 2001, racconta come, essendo bambino, sognava grande, sulle tracce di
Cristoforo Colombo. A 16 anni, prova a fuggire con un amico a bordo di una
barca a remi, in direzione dell'Italia. la Loro spedizione fallisce, ma
la considerano solo rimandata. Alcuni mesi più tardi, a Bordeaux, imbarcato
come marinaio a bordo di una nave che effettua dei collegamenti tra l'Europa
e gli Stati Uniti. Dopo un anno in mare, in occasione di uno scalo in Italia,
decide di soddisfare un altro sogno: la Legione Straniera. Sempre minorenne,
raggiunge Marsiglia, luogo di reclutamento della Legione. Il 1 gennaio 1973,
si impegna per cinque anni e raggiunge i ranghi del 2 reggimento straniero
di paracadutisti, con base a Calvi, (Alta-Corsica). Il "2 REP" è un corpo
di élite, spesso impegnato in operazioni commando in territorio ostile.
Il giovane croato sarà sommozzatore di ricognizione, prima di effettuare
un stage a Pau per diventare paracadutista operativo.

Fa allora la conoscenza di Dominique Erulin, legionario e futuro compagno
di operazioni speciali. Suo fratello, il colonnello Philippe, Erulin, dirigi
il 2 REP. Il suo grande fatto d?armi è di essere stato a Kolwezi (Zaire),
nel 1978, per rimpatriare gli europei minacciati dai ribelli. Ante Gotovina
serve come autista e guardia del corpo al colonnello.

Senza avere partecipato ad un'attività operativa, lascia la Legione col
grado di caporale-capo, nel 1978. Il suo passaggio al 2 REP egli permette
di richiedere la nazionalità francese, che ottiene nell'aprile 1979. Ufficialmente,
a questa epoca, si è installato vicino a Calvi.
Secondo Dominique Erulin, entra allora come uomo rana alla Comex, società
specializzata nei cantieri sottomarini di cui certi a carattere militare.
In realtà, egli usa il suo passaporto percorrendo il mondo.

Il suo ambiente, impiantato intorno ad Aix-in-Provenza e a Nizza, è composto
da ex-legionari, da agenti segreti e da militanti di estrema destra. Gotovina
partecipa alla creazione di KO International, filiale, del società VHP Security,
disponendo di un indirizzo a Parigi ed a Nizza.
Secondo le informazioni generali, KO serve di copertura al Servizio di azione
civica (Borsa), organizzazione segreta creato nel 1959, in margine, del
movimento gollista. Ufficialmente, KO assicura la protezione di personalità,
come Jean-Marie Le Pen. Ma le sue competenze si estendono alle missioni
speciali, dovunque dei mercenari possono rivelarsi utili. "Si, era una squadra
di cacciatori di tesori, si ricorda Dominique Erulin. Ante era un compagno
di armi".

I contratti conducono i due uomini in Argentina, in Paraguay, in Turchia
ed in Grecia. In Francia, anche: nel maggio 1981, ad Seyne-su-mer, la tipografia
dell'editore Jean-Pierre Mouchard, vicino, a M. Le Pen, è bloccata dal CGT.
Erulin e Gotovina conducono una operazione di "pulizia" dei luoghi, dando
calci, pugni e manganellate in 50, organizzati in modo militare per fare
piegare i sindacalisti, più numerosi.
Alcuni mesi dopo Ante Gotovina va in Guatemala e in Colombia, dove incontra
la sua futura compagna, Ximena che gli darà una figlia. Di ritorno in Francia
sotto una falsa identità, egli, è fermato per un furto di gioielli commesso
nel 1981, a Parigi, presso un fabbricante di casseforti, in compagnia di
Dominique Erulin.
Condannato nel 1986 dalla corte di Parigi a cinque anni di reclusione, egli,
è liberato nel settembre 1987.

Alla sua uscita di prigione, riprende le sue avventure, come da contratto.
Va spesso in Sudamerica, particolarmente in Argentina, dove incontra spesso
Erulin che ha scelto l'esilio. I due uomini conducono degli "stage di formazione"
paramilitare.
"In Francia, eravamo cacciati ma all'estero eravamo sostenuti da persone
dei servizi di informazione per condurre delle missioni pericolose", assicura
M. Erulin.

I loro impegni non sono sempre gloriosi: aiutano per esempio una francese
a ricuperare i suoi due bambini rapiti dal loro padre, come raccontano Erulin
nel suo libro "Selvaggina di stato" (Albin) Michel, 2002. Mancanza di denaro,
avventure fiacche. Ma la storia va a fornire a Gotovina l'opportunità di
cambiare vita.

Ritorna in Croazia nel 1990, ad alcuni mesi della proclamazione di l'indipendenza
e dell'inizio della guerra. La sua esperienza è benvenuta di fronte ai serbi.
Ma non cessa comunque le sue attività annesse.
Fine 1990-inizio 1991, il suo passaporto porta i visti di entrata al Paraguay
ed in Argentina. I servizi di informazione francese sospettano traffico
di cocaina, senza potere avvalorare i loro sospetti.

Gotovina scala velocemente i gradi in seno all'esercito croato. Nell'ottobre
1992, è nominato comandante del distretto militare di Split, postazione
che occuperà fino nel marzo 1996. Nello stesso tempo, è segnalato in Francia
come dipendente della società Assistenza Protezione Sicurezza, installata
in regione parigina che ricicla numerosi vecchi della Legione. Il militare
croato rimane malgrado tutto inafferrabile. Nell'aprile 1992, poi in dicembre
1995, il tribunale, correzionale di Parigi lo condanna in contumacia a due
anni, poi due anni e mezzo di prigione per "estorsione". Secondo la direzione
di sorveglianza del territorio (DST), si dedicherebbe ad un traffico di
armi, particolarmente via la Spagna, l'Italia e la Corsica.

Il 4 agosto 1995, la Croazia lancia un'offensiva conosciuta sotto il nome
di "Oluja" (Tempesta) il cui l'obiettivo è di riprendere la regione del
Krajina, caduta alle mani dei serbi. Questa operazione che prosegue fino
al 15 novembre, è diretta da Gotovina. Durante questi tre mesi, secondo
l'atto di accusa del TPIY in data del 21 maggio 2001, le forze, croate si
sono dedicate a numerose estorsioni contro i serbi vivendo nel Krajina,
uccidendo 150 di essi e causando la scomparsa di centinaia di altri. "Questi
crimini di cui l'omicidio dei serbi di Krajina che non erano fuggiti, l'incendio,
la distruzione ed il saccheggio di villaggi o di beni serbi, particolarmente
di case, dipendenze, fienili e del bestiame, hanno continuato ad essere
commessi su grande scala durante almeno tre mesi dopo che le autorità ha
ripreso il controllo della regione.

L'accumulo di questi atti delle forze croate ha contribuito allo spostamento
su vasta scala da circa 150 000 a 200 000 serbi di Krajina verso la Bosnia-Erzegovina
e la Serbia" come è scritto nell'atto di accusa. In Croazia, non si fa,
evidentemente, questa lettura della storia. Zagabria ha tentato di portare
a termine l'imputazione di Gotovina - tuttavia espulso dai ranghi dell'esercito
nel settembre 2000 - facendo valere che questa operazione aveva il solo
obiettivo di riprendere i territori conquistati dai serbi nel 1991. Armata
contro armata, una guerra classica tutto sommato nella quale i croati avrebbero
beneficiato, secondo il settimanale americano Newsweek, del sostegno logistico
della CIA.

Dopo l'imputazione di Gotovina a L'Aia, il TPIY manda, a fine agosto 2001,
una commissione per rogatoria internazionale in Francia per eseguire il
mandato di arresto. La sezione di ricerca dei gendarmi di Parigi è incaricata
dell'inchiesta. Il 14 novembre, il capo dell'ufficio dell?aiuto penale internazionale
alla direzione degli affari criminali e delle grazie del ministero della
giustizia trasmette una nota sul fuggitivo alla direzione centrale della
polizia giudiziale (DCPJ). "Le investigazioni effettuate queste ultime settimane
-... - hanno permesso di stabilire che aveva la sua
residenza abituale nel sud della Francia", si spiega.

Nel suo rapporto di sintesi trasmesso il 19 novembre 2001 a Philippe Coirre,
decano dei giudici istruttori, la sezione della gendarmeria spiega che ha
proceduto alle verifiche in un hotel marsigliese, dove il Croato è sceso
frequentemente "per i moventi professionali" e che aveva indicato anche
nella sua scheda di naturalizzazione nel 1979.
All'epoca della sua ultima visita, l'interessato "faceva parte di un gruppo
di cittadini residenti all'estero croati, professionisti del mare", secondo
i, gendarmi.
Stranamente, quando il TPIY riceve il rapporto di questi ultimi, egli ci
è precisato che "nessun passaporto francese gli è conosciuto."
Nessuno? Il primo data del 1979, il secondo, del 1988. In quanto al terzo,
lo ha rilasciato l'ambasciata dalla Francia a Zagabria, il 11 aprile 2001,
cioè meno di due mesi prima alla sua imputazione!

Nel dicembre 2001, il DST è al suo giro allertato. Apprende, tramite informatori
che Gotovina potrebbe trovarsi vicino a Nizza. Secondo il ministero dell'interno,
si tratta dell'unica volta dove la sua presenza su il suolo francese è stato
considerato seriamente. Alcune verifiche sono effettuate tra i vecchi mercenari
in ex-Iugoslavia.
Invano. Nel giugno 2002, il DST iscrive Gotovina nello schedario delle persone
ricercate per traffico di armi.
Nel febbraio 2003, delle nuove eco giungono al DST, di sorgente, croato
questa volta. Il fuggitivo si sarebbe installato in un piccolo villaggio
di montagna dei dintorni di Calvi, grazie alle sue amicizie tra i, vecchi
legionari. Le investigazioni non sono spinte oltre.

Durante questo tempo, in campo diplomatico, la tensione sale. ALL'Aia, Carla
Del Ponte fustiga la mancanza di cooperazione delle autorità croate.
Preoccupati di mostrare che i militari serbi non sono il bersaglio unico
della giustizia internazionale, gli Stati Uniti offrono 5 milioni di dollari
per l'arresto del generale.

In Francia, lo scenario ricompare. In un telegramma diplomatico datato del
18 aprile 2003 per la sua ambasciata a Zagabria, con copia a tutte le direzioni
della polizia, il ministero degli affari esteri sottolineano l'errore dei
gendarmi concernente il passaporto di Gotovina, commesso "con evidente buona
fede" e "senza dubbio dovuto al fatto -... - che non esiste in Francia schedario
centrale dei passaporti." Il telegramma precisa che, "alla conoscenza delle
autorità francesi, Gotovina non risiede in Francia." Tuttavia, il 8 ottobre,
in una nota di sintesi, il DST afferma che il generale avrebbe scelto di
installarsi nel sud-est del Francia a causa della rete relazionale che aveva
tessuto mentre era legionario negli ambienti di estrema destra e del banditismo
impiantati in questa regione. (...) Beneficerebbe localmente di sufficienti
protezioni mafiose, addirittura di personalità locali, per vivere senza
doversi nascondere e sarebbe in procinto di spostarsi all'estero senza difficoltà
particolari". Dall'esecuzione della commissione rogatoria della polizia
nessuno servizio di polizia francese è stato incaricato ufficialmente di
ricercare il fuggitivo.

Piotr Smolar



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Da: "icdsm-italia@..."
A: "icdsm-italia" <Ova adresa el. pošte je zaštićena od spambotova. Omogućite JavaScript da biste je videli.>
Oggetto: [icdsm-italia] La lettera di Ramsey Clark a Kofi Annan
Inviato: Thu, 11 Mar 2004 12:24:30 +0100


[this text in english:
http://it.groups.yahoo.com/group/icdsm-italia/message/41%5d


Lettera di Ramsey Clark ad Annan


Il processo di Slobodan Milosevic, ex-Presidente della Repubblica Federale
Jugoslava, davanti alla Corte Criminale Internazionale per l?ex-Jugoslavia.

di Ramsey Clark

Caro Segretario Generale Annan,

Il processo all?ex-Presidente della Repubblica Federale Jugoslava è programmato
a chiudere la presentazione degli atti al Tribunale Internazionale per i
Crimini in Jugoslavia (ICTY) il 19 Febbraio 2004, a più di due anni dalla
prima testimonianza; da allora 500 mila pagine di documenti, 5 mila video,
300 giorni di giudizio, 200 testimoni, 33000 pagine di trascrizione di atti.
L?accusa non è riuscita a presentare significative o inconfutabili prove
di alcuna azione o intento criminale del Presidente Milosevic. In mancanza
di ciò l?accusa sembra sperare di mettere assieme una documentazione talmente
ampia da richiedere anni di analisi degli atti per portare ad una conclusione.

Intanto lo spettacolo di questo poderoso attacco, portato da una squadra
di sostegno dell?accusa enorme, con grandi risorse gettate contro un singolo
uomo, che si difende da solo, cui è negata una effettiva assistenza, i cui
sostenitori sono sotto attacco in ogni luogo, che sta perdendo la salute
per la fatica, da l?idea dell?ingiustizia del processo.

Diverso fu il primo processo della storia per ?crimini contro la pace del
mondo? tenutosi a Norimberga, iniziato il 20 Novembre 19454 contro 19 accusati
e finito circa tre mesi dopo, il 4 Marzo del 46, quando 4 nazioni presentarono
le prove. Nella sua apertura, il Capo dell?Accusa Robert H. Jackson ha osservato:
? C?è una drammatica differenza tra le circostanze degli accusatori e dell?accusato,
che può screditare il nostro lavoro se esiteremo, anche nelle piccole cose
, bisogna essere sereni e temperati ?non dobbiamo mai dimenticare che la
documentazione sulla quale noi giudichiamo questi imputati è la documentazione
sulla quale la storia giudicherà noi domani. Passare a questi imputati un
calice di veleno è porre lo stesso anche sulle nostre labbra.

Il processo contro Milosevic fu istruito da R. Goldstone (Sud Africa) nell?Ottobre
del 1994. Quando lasciò l?incarico, nel Dicembre del ?96, non aveva trovato
prove che sostenessero l?imputazione. Il suo successore Arbour (Canada)
continuò le indagini senza emettere azioni formali fino al Maggio del ?99,
quando il Presidente Milosevic fu imputato per presunti atti compiuti all?inizio
di quello stesso anno.

Tale imputazione giunse durante il pesante bombardamento US/NATO su tutta
la Serbia e il Kossovo: un?azione di guerra di aggressione che ha ammazzato
civili e distrutto proprietà per miliardi di dollari, (inclusa la casa di
Milosevic, nel tentativo di assassinarlo, il 22/4/99 e l?ambasciata Cinese
a Belgrado, il 7/5/999). Bombe all?uranio impoverito, bombe cluster, e superbombe
hanno centrato civili e le loro risorse Centinaia di infrastrutture civili
sono state distrutte e uomini uccisi a Novi Sad, a Nis, a Pristina...

Nell?imputazione iniziale non sono compresi i crimini in Croazia o in Bosnia.
Si occupa esclusivamente delle presunte azioni dell?esercito serbo in Kossovo
nel 1999. Tutta la Serbia, compreso il Kossovo, è rimasta sotto attacco
di pesanti bombardamenti US/NATO mentre venivano mosse le accuse. Non c?erano
forze US/NATO o investigatori ICTY in Kossovo; le indagini erano impossibili.
Le accuse sono semplicemente un?azione politica per demonizzare Milosevic
e la Serbia, e giustificare quei bombardamenti sulla Serbia, che sono essi
stessi una violazione criminale della Carta delle Nazioni Unite e della
NATO

Come ambasciatrice US alle UN, la Albright guidò le pressioni US per indurre
il Consiglio di Sicurezza a creare l?ICTY. In seguito scrisse nelle sue
memorie che mentre era Segretaria di Stato US, aveva perseguito da lungo
tempo la rimozione di Milosevic dalla sua carica: ? Ho spinto l?opposizione
interna serba a costruire una efficace organizzazione politica puntata ad
estromettere Milosevic. In una nota pubblica affermai ripetutamente che
gli US volevano Milosevic ?via dal potere?, via dalla Serbia e agli arresti
per crimini di guerra?.

Il Presidente Milosevic è stato accusato ed è sotto processo per aver pensato
e agito per proteggere e preservare la Jugoslavia, una federazione essenziale
alla pace nei Balcani. Interessi forti stranieri, con l?aiuto di gruppi
nazionalisti e separatisti e di interessi affaristici dall?interno delle
diverse Repubbliche jugoslave, erano determinati, per loro diverse ragioni,
allo smembramento della Jugoslavia. Primi tra questi gli Stati Uniti; con
la Germania che ha giocato un ruolo. E poi la NATO, che ha prestato il suo
nome all?opera, in violazione della sua stessa Carta. La violenza che ne
è seguita è stata prevedibile e tragica.

In tutto questo non c?è stato leader più conciliante di Milosevic, che ha
evitato di portare la guerra in Slovenia, Croazia, Bosnia e Macedonia, separandole
dalla Repubblica Federale. Nella sua strenua difesa della Jugoslavia, ridotta
a Serbia e Montenegro, sarà soprattutto ricordato per i suoi compromessi
di Dayton, in Ohio, per frenare il brutale bombardamento della Serbia da
Marzo a Giugno del?99. La sua condotta è stata improntata alla pace e alla
sopravvivenza del nucleo della federazione degli Slavi del Sud, di quella
che in giorni migliori fu la federazione degli stati Balcani, essenziale
per il mantenimento della pace, l?indipendenza politica e l?agibilità degli
scambi economici nella regione. Ma Stati Uniti ed altri hanno voluto altrimenti.


Le conseguenze sono state disastrose per ognuno degli stati che facevano
parte della precedente repubblica federale. Oggi in Jugoslavia ci sono interferenze
economiche e stagnazione, instabilità politica, diffuso malcontento e una
montante minaccia di violenza. Gli US sollecitano la Croazia a far parte
della NATO come base per le forze europee per il controllo della regione
e mantenere la sua divisione. La Croazia ha mandato un piccolo contingente
militare al servizio alla NATO in Afganistan e sta subendo pressioni per
mandare truppe in Iraq, in questo modo mantiene il confronto con i popoli
musulmani della Croazia e della Bosnia. Il Ministro della Difesa US, Rumsfeld,
incontrando la lesadership nazionalista croata, Presidente e Primo Ministro
compresi, l?8 Febbraio 2004 ha detto: ?Attendo il giorno in cui la Croazia
sarà parte della NATO?.

L?ex-Presidente della Jugoslavia, accusato per aver difeso la Jugoslavia
in una corte del Consiglio di Sicurezza, non può far rimostranze. Invece
il Presidente degli US, che ha apertamente e notoriamente indetto una guerra
di aggressione, ?supremo crimine internazionale?, contro l?Iraq indifeso,
causando decine di migliaia di morti, spargendo violenza qui e altrove,
non affronta addebiti. Il Presidente Bush continua a minacciare guerre d?aggressione
unilaterali e a spingere allo sviluppo di una nuova generazione di armi
nucleari tattiche - dopo aver invaso l?Iraq usando il pretestuoso argomento
che fosse una minaccia per gli US e che possedesse di armi di distruzione
di massa-. Questo può avvenire soltanto perché il potere e non i principi
stanno ancora prevalendo.

Le Nazioni Unite non possono sperare nella fine del flagello della guerra
finché non troveranno la volontà di affrontare il potere e restare saldi
e uniti sui principi di pace. Quale più chiara evidenza è necessaria sulla
intenzioni degli US di infischiarsene della legge e di imporsi con la forza
che i grandi sforzi statunitensi per distruggere la Corte Criminale Internazionale
(ICC) e guidare i trattati bilaterali perché le nazioni non accettino di
sottomettere cittadini US all?ICC? Composta questa ostruzione alla giustizia
con l?esposto del 30 Giugno 2002 della Rappresentanza Permanente degli US
alle UN, l?ambasciatore Negroponte ha chiesto l?immunità per gli US da tutti
gli accusatori stranieri ai quali il Consiglio di Sicurezza è sottoposto.
Negroponte, minacciando il veto sulla risoluzione pendente in Consiglio
di Sicurezza per il rinnovo della missione di pace in Bosnia Herzegovina,
ha così ottenuto dal Consiglio un?immunità, che è impunità, autorizzando
l?apporto di personale alle missioni di pace keeping. La proposta era di
porre il personale e i delegati US al di sopra dalla legge, mentre i nemici
degli Stati Uniti sono vittime di processi discriminatori in tribunali illegali.


Il tribunale ICTY e gli altri creati ad hoc dal Consiglio di Sicurezza,
sono illegali perché la Carta dell?ONU non da mandato al Consiglio di Sicurezza
di istruire alcun tipo di corte penale. Il dettato della Carta è chiaro.
Fosse stato messo un tale potere nella Carta nel 1945, non ci sarebbero
le Nazioni Unite. Nessuna delle 5 potenze fatte membri permanenti del Consiglio
di Sicurezza nella Carta avrebbe accettato di sottoporre alle UN un rapporto
criminale.

L?ICC fu creato con una trattativa, riconoscendo che le UN non avevano il
potere, senza emendare la loro Carta, di creare questo genere di tribunale.
La creazione dell?ICC dovrebbe precludere la creazione di altri tribunali
criminali e chiedere l?abolizione di quelli esistenti; che sono stati creati
per servire le ambizioni geo-politiche degli Stati Uniti. La questione è
della più grande importanza. Ciò determina se lo stesso Consiglio di Sicurezza
sia sopra alla Carta e al dettato della legge.

I tribunali criminali ad hoc sono inerentemente discriminatori, sfuggendo
i principi
di equità nell?amministrare la giustizia. Le discriminazioni sono utilizzate
per distruggere i nemici. Così quello del Ruanda (ICTR) non ha indiziato
un solo tutsi nel corso di nove anni, durante i quali Faustin Twagirimungu,
Primo Ministro del governo Tutsi del Ruanda (1994-1995), ha testimoniato
davanti a quello di aver creduto che più hutu che tutsi fossero stati uccisi
nelle tragiche violenze del 1994. In seguito centinaia di migliaia di hutu
furono massacrati in Zaire, ora Repubblica Democratica del Congo, e restano
ancora oggi impuniti. Il tribunale ICTR è uno strumento degli US per favorire
il controllo dei tutsi in Uganda, Ruanda, Burundi e forse ancora nella Repubblica
Democratica del Congo.

Il tribunale dell?ICTY è schiacciantemente contro i serbi e solo i leaders
serbi sono stati imputati da questo, inclusi non solo Milosevic e il suo
governo ma anche i leaders della Srpska, l?enclave dei serbi in Bosnia.


Il processo dell?ex-Presidente della Jugoslavia mina la sua salute; egli
è seriamente indebolito e la sua stessa vita è in pericolo. La scorsa settimana
l?udienza è stata cancellata perché stava troppo male, ma il Tribunale ha
aggiunto un carico di ore di udienza per le ultime due settimane della causa.
Solo ieri il Tribunale è stato costretto a ridurre le udienze a mezze giornate
in seguito ad un referto medico di Milosevic, redatto dai dottori indicati
dalla corte. Il Presidente è stato tenuto in totale isolamento per mesi,
durante i quali ha capeggiato il ticket del partito socialista nelle elezioni
parlamentari e il suo partito si è unito nella coalizione che ha eletto
il nuovo portavoce del Parlamento, la scorsa settimana. All?inizio di questa
settimana, il Tribunale ha prolungato l?isolamento di Milosevic per un altro
mese a causa degli eventi politici in Serbia.

Il Presidente Milosevic, da carcerato, con la salute pericolosamente compromessa,
difendendosi da solo nell?aula del tribunale, ha avuto, a più di due anni
dalla deposizione, meno di tre mesi di tempo per preparare la sua difesa,
prima che la presentazione della difesa sia calendarizzata all?inizio di
Maggio. Queste ultimissime azioni del Tribunale sono rappresentative della
grossolana grande ingiustizia dei procedimenti durante gli anni della prigionia
di Milosevic e della causa contro di lui.

Per preparare correttamente la difesa, gli sarebbe necessario assicurarsi
e esaminare decine di migliaia di documenti, cercare e interrogare centinaia
di potenziali testimoni e organizzare la deposizione in una presentazione
coerente ed efficace.

Le Nazioni Unite devono compiere le azioni seguenti nell?interesse della
mera giustizia, per correggere gli errori precedenti, assicurare la legalità
e la serietà di una corte a tal fine creata e per mantenere credibilità
agli occhi del Popolo delle Nazioni Unite:
- Dichiarare una moratoria su tutti i procedimenti in tutti i tribunali
criminali istruiti ad hoc dalle UN, per un periodo di almeno sei mesi, e
per il periodo aggiuntivo che fosse giudicato necessario dalle UN per:

Creare una commissione di studiosi di diritto pubblico internazionale e
di storici per esaminare i precedenti, gli abbozzi, il linguaggio e le intenzioni
della Carta delle Nazioni Unite per determinare se la Carta autorizza il
Consiglio di Sicurezza a creare tribunali criminali e, se così , i fondamenti,
l?autorità e lo scopo di questo potere, o rimettere il problema alla decisione
della Corte di Giustizia Internazionale
Creare una commissione di studiosi di diritto criminale internazionale per
rivedere il processo in corso contro il Presidente Milosevic, per determinare
se gli errori legali, le violazioni dei dovuti procedimenti legali, o l?ingiustizia
nella condotta del processo costringano alla ricusazione degli atti e se
le prove addotte dall?accusa contro l?ex-Presidente Milosevic siano sufficienti
per la legge internazionale, prima che ogni difesa sia presentata, per convalidare
e giustificare la continuazione del processo.
Provvedere l?ex-Presidente Milosevic dei fondi per l?anticipo al collegio
dei consiglieri, a investigatori, ricercatori, esaminatori di documenti
ed altri esperti sufficienti a confutare efficacemente le prove presentate
contro lui ed assicurare il tempo richiesto a completare il lavoro prima
di qualsiasi ulteriore ripresa processuale; tale sforzo diventerà essenziale,
anche se la Corte sarà abolita o se il processo sarà respinto, per favorire
la dimostrazione storica dei fatti per la pace futura.
Provvedere fondi per garantire diagnosi mediche indipendenti, trattamenti
e cure per l?ex-Presidente Milosevic, in Serbia.

Rispettosamente, Ramsey Clark

Traduzione dall?inglese Bf


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intestato ad Adolfo Amoroso, ROMA
causale: DIFESA MILOSEVIC



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CNJ

(italiano / francais / english)


=== ITALIANO ===


M. Collon e V. Stojiljkovic hanno diffuso una lettera in occasione del
quinto anniversario della aggressione dei paesi
NATO contro la RF di Jugoslavia - che cadra' il prossimo
24 marzo - per invitarci a ricordare quella infamia vedendo
e facendo vedere il loro importante videodocumentario
I DANNATI DEL KOSOVO - tra le pochissime testimonianze
video del regime di apartheid e terrore instaurato congiuntamente
da NATO ed UCK nella provincia serba dopo la "liberazione"
del giugno 1999.

Per maggiori informazioni sul video:

http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/2387

http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/2506

(quest'ultima URL contiene anche la taduzione italiana di due
interviste agli autori del video, scaricabile anche in formato Word alla
URL:
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/files/CollonPadova.doc
)

Vedi anche il sito ufficiale:

http://lesdamnesdukosovo.chiffonrouge.org

La versione italiana del videodocumentario I DANNATI DEL KOSOVO
si puo´ richiedere direttamente agli autori (vedi piu' sotto),
oppure ad SOS Yugoslavia - l'associazione che ha curato la
versione italiana - scrivendo a: posta@...

(a cura di AM


=== ENGLISH ===

-------- Original Message --------
Subject: Letter from Michel Collon & Vanessa Stojilkovic
Date: Sat, 6 Mar 2004 18:23:35 +0100
From: Michel Collon

Michel Collon, journalist, author
& Vanessa Stojilkovic, director


Dear Friend,

Soon, it will be the 5th "anniversary" of the Nato war against Yugoslavia.
Permit us to draw your attention to our film The Damned of Kosovo. Because
we believe it will be useful in your organizing and discussions of current
events with a very wide public and helpful in understanding what's really
at stake for all of us today. We also believe it will be of great benefit
to include with our film recent important documentation to show that the
situation, already alarming at the time of filming, has only gotten worse.

The war propaganda at the time of the bombing in 1999 was intolerable to
us, as intolerable as the deafening silence that the media have imposed
on the region today. If many people were fooled and manipulated at that
time, it is our duty to everyone today to re-establish the truth and above
all to give a voice to the forgotten: 20 exclusive witnesses from the Serb,
Roma, Jewish, Muslim, Turkish, Goran and Albanian communities describe the
daily terror of today's Kosovo where "NATO has entered into a marriage of
convenience with the mafia," said an expert.
Serbia was governed for the last three years by the IMF. 10 million people
sucked into a vortex of misery... The price of bread has quadrupled. 170,000
families in Belgrade can't pay for electricity or heating. The IMF is in
the process of laying off 800,000 workers. Some work 13 hour days, 6 days
a week, without social benefits. Soon, they will close more factories here
and move them there.

Unlike what some have told us, we are not 'one war too late'! Quite the
contrary: with their invasion of Iraq the US strategists not only drew lessons
from Kosovo (most notably in their more and more Machiavellian manipulations
of public opinion), but they developed a global war that began, the day
after the Berlin wall came down, in Yugoslavia.
In fact, after having investigated and conducted many interviews in the
country, our analysis of the situation in Kosovo and in Yugoslavia allows
us to conclude without fear of contradiction that this war was brought about
precisely by the need to control oil routes; the most striking example (brought
out in our film) being the US military's super-base, Camp Bondsteel, constructed
in Kosovo, right on the tracks of the projected US trans-Balkan pipeline.

When the US occupies a strategic region, it provokes terrible suffering
for all the people there. And no solution. If this film can show that in
Kosovo, for the last four years, nothing has been sorted out, it might also
help the other people who've been threaten and attacked, all over the world,
to expose in a simple way the strategy of the US global war and its catastrophic
results.
But the resistance to occupation, in Iraq and in Palestine also shows that
these people just won't let things slide. This film is meant to help, in
concrete ways, the forgotten people of Kosovo. It exists as an NGO project
to carry out an international inspection and to bear witness.

How can you help us? By spreading the word about this film in your circles.
You will find here attached a list of concrete proposals. If you can help
us to realize even just one of these proposals, you will be demonstrating
your solidarity with these sacrificed people. And you will be helping bring
a halt to this runaway global war. Thank you very much.

Michel Collon Vanessa Stojilkovic

You may order this film in cassette VHS
for 9 Euros + 3 Euros for postage (Europe) 4 Euros other continents.
HOW TO ORDER : SEE END OF THIS MAIL

++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++

With this film, you receive a dossier composed of several short documents
:

QUESTIONS, ANSWERS and DOCUMENTATION
BEHIND THE FILM
The Damned of Kosovo

* Intolerable war propaganda of 1999, intolerable silence today.
Why did we make this film and how can it help you?


* Report of the Red Cross on the current situation in Kosovo
"Fewer than 2% of the people forced to flee have returned to their homes."


* What's happening today in Kosovo? A film breaks the silence.
Interview : Michel Collon & Vanessa Stojilkovic about their Damned of Kosovo


* France 2 : Economic War USA -- France in Kosovo
Multinationals on the make under cover as NGOs and 'reconstruction'


* The country no one talks about anymore: Where is Yugoslavia?
Explosions in prices, lay offs, cancer, and suicides. The IMF government.


* "I work up to 13 hours a day, 6 days a week, for a miserable wage"
Scenes of workers' lives today in Serbia.


* Media Quiz: Kosovo, True or False?
Alastair Campbell also 'informed' us about Kosovo


* Media Quiz : about our information on the break-up of Yugoslavia
How many years will we have to wait before we learn the truth behind the
war?


* "Let's bust up Iraq like Yugoslavia!"
US strategy suggests . . . ethnic cleansing as a way of sorting out the
mess


* The news that's still hidden from us
Oil, USA & the mafia, Bernard Kouchner, Jamie Shea, Macedonia. . . .


* Will Wesley Clark do the opposite tomorrow... ?
Latin America, Yugoslavia, China and some other targets. . . .


* Can you help us get the word out on The Damned of Kosovo?
A practical program

+++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++

INTERVIEW :
What's Happening in Kosovo today?
A film that breaks the silence.

Michel Collon and Vanessa Stojilkovic
on their new film The Damned of Kosovo

Chased from her apartment in Pristina, Maria would not have had a life
except that she spoke Albanian. Her nephew, an interpretor for the UN, was
savagely murdered. Silvana's husband was kidnapped, and she hasn't had any
news about him for two years. Stanimir's home was burned down. What do
they have in common? They are Serbs and live, or rather survive, in Kosovo.
Why don't the media talk about this region occupied by NATO? The new
film by Michel Collon and Vanessa Stojilkovic breaks the silence. And sounds
an alarm to all people now threatened by these wars of globalization...

How did this film come to be?
Michel Collon. I could not bear the 1999 propaganda war and the medialies
of the spokesman of Nato, Jamie Shea.Nor the media silence imposed afterwards
about Kosovo. Nato had promised wonderful things : so why did they hide
what was happening to the people there ? So I did this report on Kosovo
to get a first hand look at the current situation there...

The problems are not solved ?
Michel Collon. Quite the contrary ! I saw an accumulation of suffering that
no one could imagine here. Bombing attacks, assassinations, expulsions and
the destruction of homes, kidnappings and families in anguish, constant
threats . . . The situation is overwhelming : a veritable ethnic cleansing
that has run off a large part of the non-Albanian population and has terrorized
those who've stayed.
I got "explosive" images, but I am no filmmaker. I had to find someone determined
to engage fully and make from these images a message that could alarm the
opinion. After a first trying, stopped because of health problems of the
filmmaker, I got in touch with Vanessa through Internet. Although she was
very young, I immediately understood she was the right person.

Why ? Who are you, Vanessa ?
Vanessa Stojilkovic. My family comes from Kosovo and Central Serbia. I am
going there every summer. In France, I grew among the Yugoslav community,
I know very well this people, his culture, his history.
I was 13 when the war started. And still today, I continue to endure the
anxiety and the mourning. All these deaths, unfair and useless, because
of the war but also because of the embargo, because vital medicines were
blocked, really, the consequences are not over ! Yugoslav people remain
under threat, the war of 99 still kills. The stress of war and bombings
brought enormous problems of hypertension, and they cannot care them. Cancers
agre increasing terribly. People are dying in silence. The real balance
of war for Yugoslavia, it is not only deaths, it is also the physical and
psychological condition of those who remain. No future !
Year after year, I got many testimonies of ex-Yugoslavs about war, the refugees,
survival and solidarity between people. Michel's writings were in accordance
with what was happening there.
Thanks to him, I could become useful. Helping to let the truth known, as
asked by all these persons giving their testimonies to me. The images and
interviews that Michel brought back from Kosovo appeared as a gold mine.
Irrefutable proofs!

Michel Collon. When listening to Vanessa's suffering, I felt the injustice
made to these people "diabolized" in the media and forbidden to talk! The
Yugoslavs were heard only through the filters and the medialies of Nato.
Situation is much more complex.
I admired that such a young girl, with little experience, engaged in the
impressive work of making a documentary film. She supported the whole burden
: rewriting the scenario, changing and making the montage. Really, we have
to trust the young people!

The result is a film, called by many as "a bomb", if we dare to say so.
Political bomb ?
Michel Collon. Remind what Bill Clinton said just as he began the bombing
of Yugoslavia: "Our firmness is the only hope for the people of Kosovo to
be able to live in their own country. Imagine if we closed our eyes and
if these people were
massacred, right on NATO's doorstep. It would be discredited."
Clinton spoke of the Albanians. But today, what about the Serbs and the
other national minorities, the Roma [Gypsies], Gorans, Turks, Egyptians,
Muslims... They all suffer martyrdom.

The presence of NATO troops has not put a stop to the violence?
Michel Collon. Not only has it not stopped the violence, but the film shows
several exclusive documents that reveal NATO's complicity with the authors
of this violence: the militias of the KLA separatists. Recently German police
officers accused American troops to protect murderers.
Vanessa Stojilkovic. My principal motivation was above all to open the eyes
of all the 'native' French or all the people of Western Europe who have
been misinformed. To make them aware, for example, that we have been depriving
the non-Albanians of decent health care: People are dying because they don't
have anything to treat them with, because they don't have the necessary
medical equipment. That Serb children don't have schools to go to. That
a hundred churches have been destroyed. And that all this is still going
on. Kosovo remains hell.

Is this a 'pro-Serb' film?
Michel Collon. No. First, it also states the case for other national minorities,
those who have also been persecuted, 'cleansed'. The Roma (so called "Gypsies"),
for example, chased off all over Europe, these days. And murdered in Kosovo.
And also the Jews, Gorans, Muslims, Turks, Egyptians... Minorities about
whom silence is dominating.
And then, many Albanians find themselves equally victimized by a mafia system
based on terror. One of them was able to testify in front of our camera.
He was persecuted because he married a Serb!
In fact, I am neither pro-Serb, nor pro-Albanian. I think that all these
people find themselves victims of hidden strategies: The US wanted, just
like their allies, to destroy Yugoslavia which they saw as too Leftist.
They wanted to control the oil routes that pass precisely through there.
They wanted to install their super-base, Camp Bondsteel. And they have succeeded,
by utilizing --no, by themselves inciting-- this conflict between the Serbs
and the Albanians.
Do you know that presently Washington has signed 99 year leases for all
the runways used by its bombers? Could someone explain to us how these bombers
will help resolve the problems of the people of Kosovo?

A much wider strategic objective, then?
Michel Collon. Exactly. This military base brings the US bombers very close
to Moscow and to the Caucauses. It is part of a larger plan of encirclement,
because Washington doesn't think Putin and his current positions will necessarily
last forever. And moreover, by breaking up
Yugoslavia as part of a global plan they sent out this message to the people
of the world: If you resist globalization, you will be destroyed.
An editorial in the New York Times on the eve of the war had already clearly
stated this: "For globalization to work, America must not demure from acting
like the omnipotent super-power that it is. The invisible hand of the market
never functions without the hidden fist. McDonalds cannot prosper without
McDonnel Douglas, the builder of the F-15 fighter. And the hidden fist that
guarantees a secure world for the technologies of the Silicon Valley is
called the US Army, Air Force, Navy and Marines."

You have written several books on these themes. Why a film?
Michel Collon. I realized that this medium allows one to touch those who
don't read. And it is ideal for stimulating debate. Each person can easily
give a cassette to a friend, a relative. Or organize at his home a little
screening and discussion.
And this is urgent because Mr Bush has announced that he will attack a number
of other countries. A great reason for progressives to resume the discussion
of what happened in Yugoslavia. Did the results of the NATO intervention
correspond to its promises? Are there other hidden interests here? Was public
opinion manipulated by the media lies?
Vanessa Stojilkovic. During the war, Western media hurted me a lot. I understood
very fast that using the images was the best way to pass a message and make
the people sensitive to a cause. And when I went there, I got it : our film
makes possible for these people, blocked in their ghettos, to go across
the borders and bring here their testimony.

You assert that globalization leads to war ?
Michel Collon. Yes. The policies of the multinationals only widen the gap
between the rich and poor on this planet. War became the number one method
to break their resistance. The war against the Palestinians and the Iraqis,
'Plan Columbia', the interventionist agression against the Congo, threats
against Iran, Syria, North Korea, all that is part of the same global war.
Vanessa Stojilkovic. The young people organized against globalization must
inform themselves more seriously on these wars. A country that has used
chemical weapons like Agent Orange, depleted uranium bombs and other such
filth can not be allowed to manipulate us and to make us believe that it
waged this war for the liberties and the rights of Man. We can't let them
rule the world and organize these wars in the financial interests of the
multinationals. And I'm also angry at the European nations that were complicit
and profited from this war.

Yugoslavia is a warning for the whole planet ?
Michel Collon. Yes. All people who do not want to live on their knees, all
countries who want to determine their own destinies, risk being hit by this
global war that Mr Bush and his pals are planning. The only issue is to
create a huge international front of resistence to this war.

What are you going to do now with this film, already translated in six languages
?
Vanessa Stojilkovic. In the end of the film, Lajos, a old Hungarian man,
blocked behing the barbed wire of a center for refugees, sends an appeal
to the international public opinion : "Help us!". Our duty is to make the
drama known in all possible places. We promised that to them.

++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++

TO ORDER :

Send by mail to michel.collon@...
(Same address to organize debates or get info)

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Street, Nr : ...............................

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I want :

O ........... copies in English of The Damned of Kosovo

O ........... copies in French

O ........... copies in Serb

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PRICE : 10 Euros + 3 Euros for postage Europe (other continents, 4 Euros
or 4 dollars)


HOW TO PAY :
Send to this account : 979-1390659-72
of Michel Collon, 37 rue Renard, 4430 Ans, Belgium.

If you paid from abroad, you have to mention :

CODE IBAN : BE38 9791 3906 5972

CODE SWIFT ARGENTA : AR SPBE22

Banque Argenta, 188 chaussée de Tongres, 4000 Rocourt, Belgium


http://lesdamnesdukosovo.chiffonrouge.org


For those you want to buy the film and the book
Liar's Poker (The great powers, Yugoslavia and the next wars,
202 A4 pages illustrated, New York, 2002, normally sold at 19 ? :

We can send that book together with the film for 9 ? instead of 19 ?.
So one film + one book is 18 ? + 5 ? postage = 23 ? (or 30 $)

LIAR'S POKER TABLE OF CONTENTS

The Media -- Let's Make a Fresh Start
1. Media Tests: How Good Is Our News Information? 9
-- Geographic Censorship
-- How to Demonize Your Opponent
-- Aspects of Sarajevo Concealed by the Media
-- Rapes, Camps, Enclaves: The Battle of Media Lies

The Great Powers: Allies or Rivals?
2. Germany's Revenge 49
3. A Recurring Story? 65
4. Bonn Wants to Become a Superpower 89
5. "Their Objective Is to Prepare for War" 103
6. The USA vs. Germany 111
7. The Four Strategic Stakes in the Balkans 127
-- Control of Oil Routes
-- The Domination of Eastern Europe
-- Weaken and Control Russia
-- The Struggle for Military Bases
8. NATO: War or Peace? 159
9. 1991-1995: Five Years of Rivalry between Bonn and Washington 175

Index 199



=== FRANCAIS ===


Michel Collon, journaliste d'investigation
& Vanessa Stojilkovic, réalisatrice


Cher ami,


A l'approche du 5ème anniversaire de la guerre de l'Otan contre la
Yougoslavie, nous nous permettons d'attirer votre attention sur notre
nouveau film Les Damnés du Kosovo. Car nous croyons qu'il sera utile dans
votre action et vos discussions sur l'actualité avec des publics très larges
et désireux de comprendre les véritables enjeux dans lesquels nous sommes
tous impliqués. Nous avons également jugé bon d'accompagner notre film de
documents récents et importants, montrant que la situation, déjà alarmante
au moment du tournage du film, n'a fait que s'aggraver.

La propagande de guerre lors des bombardements de 1999 nous a été
intolérable, comme nous est intolérable aujourd'hui le silence médiatique
assourdissant imposé à cette région. Si beaucoup de personnes ont été
trompées et manipulées à l'époque, il est de notre devoir à tous aujourd'hui
de rétablir la vérité et surtout de donner la parole aux oubliés :

20 témoignages exclusifs de Serbes, Roms, Juifs, Musulmans, Turcs, Gorans,
Albanais... décrivent la terreur quotidienne, aujourd'hui au Kosovo, Où
«
l'Otan a fait un mariage de raison avec la mafia », explique un expert.
Quant à la Serbie, gouvernée depuis trois ans par le FMI, ce sont 10
millions de personnes qui se retrouvent aspirées dans une spirale de
misère... Le prix du pain a été multiplié par quatre. 170.000 familles de
Belgrade ne peuvent plus payer l'électricité (et donc le chauffage urbain).
Le FMI est en train de licencier 800.000 travailleurs. Explosion de la
drogue et des suicides. Des ouvriers travaillent 13 heures par jour, 6 jours
par semaine, sans sécurité sociale. Payés avec des mois de retard et
surexploités. Bientôt, on fermera d'autres usines ici pour délocaliser
là-bas.

Contrairement à ce que certains peuvent nous rétorquer, nous ne sommes pas
« en retard d'une guerre » ! Bien au contraire : dans leur intervention
contre l'Irak, les stratèges US ont non seulement tiré des leçons du Kosovo
(notamment dans la manipulation de plus en plus machiavélique de l'opinion
publique), mais ils n'ont fait que développer une guerre globale qui a
commencé, au lendemain de la chute du mur de Berlin, en Yougoslavie.
En effet, après avoir enquêté et mené plusieurs interviews sur place, notre
analyse de la situation au Kosovo et en Yougoslavie nous permet d'avancer
sans crainte que cette guerre était précisément motivée par la volonté de
contrôler les routes du pétrole ; l'exemple le plus frappant (exposé
d'ailleurs dans notre film) est la super-base militaire US, Camp Bondsteel,
installée au Kosovo. Juste sur le tracé du projet US de pipeline
trans-Balkans .

Quand les Etats-Unis occupent une région stratégique, cela provoque de
terribles souffrances pour toutes les populations. Et aucune solution. Si
ce
film permet de montrer qu'au Kosovo, depuis quatre ans, rien ne s'arrange,
il veut aussi aider les autres peuples agressés ou menacés, partout dans
le
monde, en exposant de façon simple la stratégie guerrière globale des
Etats-Unis et ses résultats catastrophiques.
Mais la résistance à l'occupation, en Irak, en Palestine, montre aussi que
les peuples ne se laissent pas faire. Ce film se veut une aide concrète
aux
populations oubliées du Kosovo. Il existe un projet d'ONG pour une visite
internationale d'inspection et de témoignage.

Comment pouvez-nous nous aider ? En faisant connaître ce film autour de
vous. Vous trouverez ci-après une liste de propositions concrètes. Si vous
pouvez nous aider à réaliser ne serait-ce qu'une seule de ces propositions,
vous témoignerez votre solidarité envers ces populations sacrifiées. Et
vous
aiderez à freiner la course vers la guerre globale dans le monde. Merci
d'avance.

Michel Collon @ Vanessa Stojilkovic

Vous pouvez acheter ce film en cassette VHS au prix de 9 euros + 2 ? de
port
( Belgique) ou 3 ? (Europe).
BON DE COMMANDE EN FIN DE MAIL

+++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++

Avec ce film, vous recevez un dossier rassemblant divers petits documents
:

QUESTIONS, REPONSES ET DOCUMENTS

AUTOUR DU FILM
Les Damnés du Kosovo

* Intolérable propagande de guerre en 1999, intolérable silence aujourd'hui
Pourquoi avons-nous fait ce film et en quoi peut-il vous servir ?

* Rapport de la Croix-Rouge Internationale sur la situation actuelle au
Kosovo
« Moins de 2% des personnes chassées sont retournées dans leurs foyers »

* Que se passe-t-il à présent au Kosovo ? Un film brise le silence.
Interview de Michel Collon & Vanessa Stojilkovic à propos de leurs Damnés
du
Kosovo

* Envoyé spécial (France 2) : Guerre économique USA - France au Kosovo
Multinationales en chasse sous couvert d'ONG et de « reconstruction »

* Le pays dont on ne parle plus : où en est la Yougoslavie ?
Explosion des prix, des licenciements, des cancers, des suicides. Et rejet
du gouvernement du FMI.

* «Je travaille jusqu'à 13 h par jour, six jours semaine, pour un salaire
de
misère»
Scènes de la vie des travailleurs aujourd'hui en Serbie

* Test - médias : Kosovo, vrai ou faux ?
Alastair Campbell nous avait aussi « informés » sur le Kosovo

* Test - médias : que valait notre info sur l'éclatement de la Yougoslavie
?
Combien d'années nous faut-il attendre avant d'apprendre la vérité sur les
dessous d'une guerre ?

* «Divisons l'Irak comme la Yougoslavie !»
Un stratège US propose le... nettoyage ethnique comme solution au bourbier

* L'actualité qu'on nous cache encore
Pétrole, USA & maffia, Bernard Kouchner, Jamie Shea, Macédoine...

* Wesley Clark fera-t-il demain le contraire de ce qu'il a fait hier ?
Amérique latine, Yougoslavie, Chine et quelques autres cibles...

* Pouvez-vous nous aider à diffuser Les Damnés du Kosovo ?
Un formulaire pratique

+++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++







NTERVIEW :
Que se passe-t-il à présent au Kosovo ?
Un film brise le silence.

Michel Collon et Vanessa Stojilkovic
sur leur nouveau film Les Damnés du Kosovo

Chassée de son appartement à Pristina, Maria n'a eu la vie sauve que parce
qu'elle parlait albanais. Son neveu, interprète pour l'ONU, a été assassiné
sauvagement. Le mari de Silvana a été kidnappé, elle est sans nouvelles
depuis deux ans. La maison de Stanimir a été brûlée. Qu'ont-ils en commun?
Ils sont Serbes et vivent, ou plutôt survivent au Kosovo. Pourquoi les
médias ne parlent-ils plus de cette région occupée par l'Otan ? Le nouveau
film de Michel Collon et Vanessa Stojilkovic brise le silence. Et met en
garde tous les peuples menacés par les guerres de la mondialisation...

Quel a été le point de départ de ce film ?
Michel Collon. La propagande de guerre de 1999 et les médiamensonges du
porte-parole de l'Otan, Jamie Shea, m'avaient été intolérables. Tout comme
le silence médiatique imposé ensuite sur le Kosovo. L'Otan avait promis
monts et merveilles, mais pourquoi ne nous disait-on plus rien des gens
qui
vivaient là-bas ? J'ai donc effectué un reportage sur place...

La situation n'est pas réglée ?
Michel Collon. Au contraire ! Ce que j'ai constaté et ce que le film montre,
c'est une accumulation de souffrances qu'on n'imagine pas ici : attentats
à
la bombe, assassinats, destructions des maisons ou expulsions, kidnappings
et angoisses des familles, menaces permanentes... Le constat est accablant:
une véritable purification ethnique a chassé du Kosovo la plupart des non
-
Albanais et terrorise ceux qui restent. Il fallait absolument briser ce
silence.
J'avais des images explosives, mais je ne suis pas cinéaste. Il me fallait
donc trouver quelqu'un qui s'engage à fond pour transformer ces images en
un
message capable d'alerter l'opinion. Après un premier essai arrêté pour
maladie, je suis entré en contact par Internet avec Vanessa. Malgré son
jeune âge, j'ai immédiatement senti que c'était elle qu'il fallait.

Pourquoi ? Qui êtes-vous, Vanessa ?
Vanessa Stojilkovic. Ma famille d'origine vit au Kosovo et en Serbie
centrale. J'y vais chaque été, j'y ai des amis. En France, j'ai grandi au
sein de la communauté yougoslave, je connais bien ce peuple, sa culture,
son
histoire.
J'avais 13 ans quand la guerre a commencé en 91. Et aujourd'hui encore,
je
vis l'angoisse et les deuils. Tant de morts injustes et inutiles - à cause
de la guerre, mais aussi à cause de l'embargo, c'est-à-dire la privation
de
médicaments vitaux - vraiment, nous n'avons pas fini d'en ressentir les
conséquences! Le peuple yougoslave reste sous la menace, la guerre de 99
tue
toujours des gens. Le stress de la guerre et des bombardements a provoqué
d'énormes problèmes d'hypertension qu'ils n'ont pas les moyens de soigner.
Et les cancers croissent à une allure fulgurante. Les gens meurent dans
la
souffrance. Le bilan actuel de la guerre, pour toute la Yougoslavie, ce
n'est pas seulement des morts, mais aussi l'état physique et psychologique
de ceux qui restent. Et leur manque d'avenir.
Au fil des années , j'avais rassemblé quantité de témoignages
d'ex-Yougoslaves sur la guerre, les réfugiés, la survie et la solidarité
des
peuples. Les articles de Michel concordaient avec ce qui se passait
réellement là-bas.
Grâce à lui, j'ai pu me rendre utile. En aidant à faire connaître la vérité
comme me l'avaient demandé toutes ces personnes dont je notais les
témoignages bouleversants. Les images et interviews ramenées par Michel
du
Kosovo me sont apparues comme une mine d'or. C'étaient des preuves
irréfutables !

Michel Collon. En écoutant la souffrance de Vanessa, j'ai ressenti
l'injustice qui avait été commise envers ces gens diabolisés par les médias
et interdits de parole ! On n'a écouté les Yougoslaves qu'à travers les
filtres et les médiamensonges de l'Otan. La situation est bien plus
complexe.
J'ai admiré qu'une toute jeune fille, avec peu d'expérience, se lance dans
la tâche impressionnante de réaliser un film documentaire ! Elle a tout
porté sur ses épaules : réécrire le scénario, transformer le découpage,
effectuer le montage. Vraiment, on doit faire confiance aux jeunes !

Le résultat est un film que certains ont qualifié de bombe, sans mauvais
jeu
de mot. Une bombe politique ?
Michel Collon. Rappelez-vous ce que disait Bill Clinton en déclenchant les
bombardements sur la Yougoslavie : «Notre fermeté est le seul espoir pour
le
peuple du Kosovo de pouvoir vivre dans son propre pays. Imaginez si nous
fermions les yeux et si ces gens étaient massacrés, à la porte même de
l'Otan. Celle-ci serait discréditée.»
Clinton parlait des Albanais. Mais aujourd'hui, les Serbes et les autres
minorités nationales qui vivaient au Kosovo depuis des siècles - Roms,
Gorans, Turcs, Egyptiens, Musulmans... , tous subissent un martyre.

La présence des troupes de l'Otan ne freine pas ces violences ?
Michel Collon. Non seulement elle ne les freine pas, mais le film apporte
plusieurs documents exclusifs qui révèlent la complicité de l'Otan avec
leurs auteurs : les milices de l'UCK séparatiste. Récemment, des policiers
allemands ont encore accusé les troupes américaines de protéger les
meurtriers...
Vanessa Stojilkovic. Ma motivation principale a été d'ouvrir les yeux à
tous
ceux d'Europe occidentale qu'on a désinformés. Leur faire savoir, par
exemple, que les non-Albanais sont privés de soins de santé décents : que
des gens meurent parce qu'ils sont privés des équipements médicaux
nécessaires. Que les enfants serbes et autres sont privés d'écoles. Qu'une
centaine d'églises ont été démolies. Et que ça continue. Le Kosovo reste
un
enfer.

Est-ce un film «pro-serbe» ?
Michel Collon. Non. D'abord, il donne aussi la parole aux nombreuses
minorités nationales, elles aussi persécutées, «nettoyées». Les Roms, par
exemple, pourchassés un peu partout en Europe, ces temps-ci. Et martyrisés
au Kosovo. Et aussi les Juifs, Gorans, Musulmans, Turcs, Egyptiens... Des
minorités dont on ne parle jamais.
Ensuite, de nombreux Albanais se retrouvent également victimes d'un système
maffieux basé sur la terreur. L'un d'eux a pu témoigner devant notre caméra.
Il était persécuté parce que marié à une Serbe !
En fait, je ne suis ni pro-serbe, ni pro-albanais. Je pense que tous ces
peuples se retrouvent victimes de stratégies cachées : les Etats-Unis
voulaient, comme leurs alliés, détruire une Yougoslavie trop à gauche. Ils
voulaient contrôler les routes du pétrole qui passent précisément par là.
Ils voulaient installer leur super-base militaire de Camp Bondsteel. Et
ils
y ont réussi, en utilisant - non : en excitant eux-mêmes - le conflit entre
Serbes et Albanais.
Savez-vous qu'à présent, Washington conclut des locations de 99 ans pour
les
pistes de ses bombardiers ? Quelqu'un peut-il nous expliquer en quoi des
bombardiers aideront à résoudre les problèmes des populations du Kosovo
?
Les bases installées aujourd'hui, ce sont les guerres de demain.

Un objectif stratégique plus vaste, alors ?
Michel Collon. Exactement. Cette base rapproche les bombardiers US de Moscou
et du Caucase. Elle fait partie du grand plan d'encerclement, car Washington
ne pense pas que Poutine et sa tendance seront nécessairement éternels.
Et
briser la Yougoslavie faisait partie du plan global en envoyant un message
à
tous les peuples du monde : si vous résistez à la mondialisation, vous serez
détruits.
Un éditorialiste du New York Times l'avait déjà clairement expliqué, à la
veille de la guerre: «Pour que la globalisation marche, l'Amérique ne doit
pas craindre d'agir comme la superpuissance omnipotente qu'elle est. La
main
invisible du marché ne fonctionnera jamais sans un poing caché. McDonalds
ne
peut être prospère sans McDonnel Douglas, le constructeur de l'avion F-15.
Et le poing caché qui garantit un monde sûr pour les technologies de la
Silicon Valley, ce poing s'appelle armée des Etats-Unis, Air Force, Navy
et
Marines.»

Vous avez écrit plusieurs livres sur ces thèmes. Pourquoi un film ?
Michel Collon. J'ai constaté que ce média permet de toucher aussi ceux qui
ne lisent pas, notamment chez les jeunes. Et de susciter un débat. Nous
vendons le film en cassette, très bon marché, ce qui permet à chacun de
l'offrir à un ami, un parent. Ou d'organiser chez soi une petite projection
+ discussion.
Et c'est urgent car Monsieur Bush annonce qu'il va attaquer de nombreux
autres pays. Une bonne raison pour les progressistes de rediscuter ce qui
s'est passé en Yougoslavie. Les résultats de l'Otan correspondent-ils à
ses
promesses ? Y avait-il d'autres intérêts cachés ? A-t-on manipulé l'opinion
par des médiamensonges ?
Vanessa Stojilkovic. Pendant toute la guerre, les médias occidentaux m'ont
fait beaucoup de tort. J'ai vite compris que les métiers de l'image étaient
l'outil idéal pour faire passer un message et sensibiliser les gens à une
cause. Et, en me rendant sur place, j'ai compris : notre film permet à ces
gens, bloqués dans leur ghettos, de franchir les frontières et d'apporter
ici leur témoignage.

Votre thèse, c'est que la mondialisation mène à la guerre ?
Michel Collon. Oui. La politique des multinationales ne fait qu'augmenter
l'écart entre riches et pauvres de cette planète. La guerre est devenue
la
méthode n° 1 pour briser leurs résistances. La guerre contre les
Palestiniens et les Irakiens, le «Plan Colombia», l'agression contre le
Congo par armées interposées, les menaces contre l'Iran, la Syrie, la Corée,
tout cela fait partie de la même guerre globale.
Vanessa Stojilkovic. Il faudrait que la jeunesse antimondialisation
s'informe plus sérieusement sur ces guerres. On ne peut laisser un pays
qui
a utilisé l'arme chimique Agent Orange, des bombes à l'uranium et autre
saloperies nous manipuler et nous faire croire qu'il mène la guerre pour
la
liberté et les droits de l'homme. On ne peut le laisser gouverner le monde
et y organiser des guerres dans l'intérêt financier de ses multinationales.
Et je suis en colère aussi contre les pays européens qui ont été complices
et tirent profit de cette guerre.

La Yougoslavie, c'est un avertissement à toute la planète ?
Michel Collon. Oui. Tout peuple qui ne veut pas vivre à genoux, tout pays
qui entend fixer lui-même son destin, sera frappé par la guerre globale
de
Bush et ses amis. La seule issue est de créer un grand front international
de résistance à la guerre.

Qu'allez vous faire concrètement avec ce film, qui est déjà traduit en six
langues ?
Vanessa Stojilkovic. A la fin du film, Lajos, un vieil homme d'origine
hongroise, persécuté et immobilisé derrière les barbelés d'un centre pour
réfugiés, lance un appel à l'opinion internationale : « Aidez-nous ! » Notre
devoir est de faire connaître leur drame partout où ce sera possible. Nous
le leur avons promis.






Bon de commande :

A renvoyer en mail à michel.collon@...
(Même adresse pour infos et organisation de projections débats)


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Commande :

O ........... exemplaires en français des Damnés du Kosovo

O ........... exemplaires en anglais The Damned of Kosovo

O ........... exemplaires en espagnol des Condenados de Kosovo

O ........... exemplaires en serbo-croate des Damnés du Kosovo

O ........... exemplaires en néerlandais De Verdoemden van Kosovo

O ........... exemplaires en italien I danato de Kosovo

O ........... veut être tenu au courant des parutions en allemand et en
arabe


PRIX : 9 Euros + port (Belgique: 2 ?, Europe : 3 ?, Autres : 4 ? ou $)


PAIEMENT :

Vous pouvez virer au compte 979-1390659-72 de Michel Collon, Liège,
Belgique.

Si vous virez de l'étranger, il faut mentionner :

CODE IBAN : BE38 9791 3906 5972

CODE SWIFT ARGENTA : AR SPBE22

PAIEMENT POUR LA FRANCE :
Egalement par chèque à l'ordre de Vanessa Stojilkovic, 19 rue Paul Painlevé
26000 Valence


CONSULTEZ LE SITE DU FILM : http://lesdamnesdukosovo.chiffonrouge.org







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Gli intoccabili - la saga continua

(english / italiano)

IL CRIMINALE AGIM CEKU DI NUOVO FERMATO E SUBITO RIMESSO IN LIBERTA'
PER MERITI VERSO LA N.A.T.O.

Sul precedente arresto e rilascio di Ceku vedi:
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/2908

Sulla analoga vicenda riguardante Hasim Thaci detto "il serpente" vedi:
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/2622
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/2642

Vedi anche il commento di Babsi Jones su
http://www.clorofilla.it/articolo.asp?articolo=3492
oppure
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/2960


=== ITALIANO ===

NOTA: diversamente da quanto riportato dall'ANSA, il mandato di cattura
contro Ceku non si riferisce ai crimini commessi in Kosovo durante la
occupazione militare occidentale (dai bombardamenti NATO in poi),
bensi' ai crimini commessi da Ceku in Slavonia (odierna Croazia) in
qualita' di ufficiale dell'esercito croato ai danni della popolazione
serba autoctona !

http://www.ansa.it/balcani/kosovo/kosovo.shtml

KOSOVO: UNGHERIA, ARRESTATO CAPO CORPI PROTEZIONE KOSOVO CPK

(ANSA-AFP) - BUDAPEST, 29 FEB - L'albanese Agim Ceku, capo dei Corpi
di protezione del Kosovo (Cpk), e' stato arrestato oggi all'aeroporto
di Budapest in esecuzione di un mandato di cattura internazionale. Lo
ha detto un responsabile della polizia ungherese. ''Abbiamo
arrestato Agim Ceku che e' ricercato dall'Interpol'', ha detto il
portavoce della polizia di frontiera ungherese Sandor Orodan. Il
portavoce ha aggiunto che Ceku e' arrivato a Budapest da Praga, in
compagnia di un soldato americano, e che intendeva recarsi a
Pristina, il capoluogo della provincia serba del Kosovo. Le
autorita' ungheresi non sono state in grado di precisare i motivi del
mandato di cattura internazionale, ma Orodan ha detto che questi
potrebbero essere gli stessi di un precedente mandato di arresto
internazionale. La Serbia in passato aveva chiesto che fosse emesso
un mandato di cattura internazionale contro Agim Ceku per crimini
contro l'umanita' e genocidio commessi contro i serbi in Kosovo dopo
che la provincia era passata sotto il controllo delle Nazioni UNite e
della Nato, nel giugno 1999. Agim Ceku e' uno degli ex comandanti
dell'Esercito di liberazione del Kosovo (Uck), ora disciolto, un
gruppo armato albanese che ha combattuto le forze di Belgrado nel
Kosovo durante il conflitto del 1998-99. Era stato detenuto per breve
tempo in Slovenia lo scorso ottobre in base alle accuse serbe, e
poi presto rilasciato. Attualmente dirige il Cpk, sorvegliato da
vicino dall'Unmik, la Missione delle Nazioni Unite in Kosovo forte di
3.000 uomini e che ha il mandato di reagire a catastrofi umanitarie.
I membri del Cpk hanno il diritto di possedere un numero limitato
di armi e la maggioranza degli albanesi vedono in loro il nucleo
delle future forze armate regolari di un agognato Kosovo
indipendente. La provincia fa tuttora parte della Serbia MOntenegro,
ma e' controllata da Onu e Nato. (ANSA-AFP) LG 29/02/2004
18:24

KOSOVO: UNGHERIA; LIBERATO AGIM CEKU, DICE PORTAVOCE CPK

(ANSA-AFP) - PRISTINA (SERBIA), 29 FEB - Il dirigente albanese del
Kosovo Agim Ceku, arrestato oggi all'aeroporto di Budapest in
esecuzione di un mandato di cattura internazionale, e' stato
liberato. Lo ha detto un suo collaboratore a Pristina, capoluogo
della provincia serba, che lo hanno contattato per telefono.
''Abbiamo potuto metterci in contatto con il signor Ceku e lui ci ha
confermato che e' stato liberato e che sara' di ritorno (a Pristina)
domani'', ha detto Enver Dugolli, portavoce dei Corpi di protezione
del Kosovo (Cpk), l'organizzazione paramilitare comandata da Ceku.
In precedenza a Pristina il presidente del Kosovo Ibrahim Rugova
aveva condannato l'arresto di Agim Ceku, considerato un eroe
nazionale dagli albanesi del Kosovo, definendolo ''inaccettabile''.
Rugova aveva chiesto alle autorita' ungheresi di ignorare la
richiesta di mandato di cattura internazionale per crimini di guerra
e genocidio contro Ceku avanzata dalla Serbia. (ANSA-AFP) LG
29/02/2004 20:26


=== ENGLISH ===

B92/Associated Press - February 29, 2004

Ceku arrested in Budapest on Belgrade-issued warrant

BUDAPEST -- Sunday – The commander of the UN-created
civil emergency unit, the Kosovo Protection Corps
(KPC), was detained in Hungary this morning on an
arrest warrant issued by the Serbian authorities.
Agim Ceku, a former leader of the Kosovo Liberation
Army, was arrested at Budapest’s Ferihegy airport at
around 11am. He was on his way back to Kosovo after a
one-month training course with 20 KPC members in the
Czech Republic.
A spokesman for the Hungarian police said they were
trying to contact the authorities in Belgrade to
confirm the warrant’s validity.
It accuses Ceku of war crimes, including genocide,
during the 1998-99 war in the province.
Ceku has been arrested once before on the same warrant
in Slovenia, but was quickly released.
The 3,000-strong KPC that he heads was created by the
United Nations administration from the disbanded
guerrilla army.
Kosovo President Ibrahim Rugova said the detention was
“unacceptable” and urged the Hungarian authorities
against acting on Serb warrants, which he said were
“not valid for the people of Kosovo.”

---

http://www.b92.net/english/news/index.php?order=priority
Beta - February 29, 2004

Ceku released as Croatian citizen

BUDAPEST -- Sunday - Agim Ceku, a former guerrilla
leader and current commander of the Kosovo Protection
Corps, was released by Hungarian police today and
handed over to Croatian diplomatic authorities.
A spokesman for the Hungarian border patrol said the
Croatian embassy in Budapest had identified Ceku as a
Croatian citizen.
“That individual entered Hungary with Croatian
documents, but in the warrant against him it is stated
he is a citizen of Serbia,” Sandor Orodan told Beta
news agency.
He conceded it was “perfectly clear” that the
individual detained was the individual on the warrant,
but said that Interpol was not able to “unequivocally”
identify him.
Ceku was detained today at the airport in Budapest on
a warrant issued by the Serbian authorities, accusing
him of genocide in Kosovo after the arrival of the
international administration and peacekeepers.

---

http://www.b92.net/english/news/
index.php?&nav_category=&nav_id=27264&order=priority&style=headlines
SRNA - March 3, 2004

UN mission asks Belgrade to withdraw Ceku warrant

PRISTINA -- Wednesday – The United Nations mission in
Kosovo has asked the authorities in Belgrade to
withdraw an arrest warrant against former guerrilla
leader and current Kosovo Protection Corps commander
Agim Ceku.
Crimes committed in Kosovo are outside the
jurisdiction of the Serbian judiciary, UNMIK
spokesperson Izabella Karlowicz said today, after a
row erupted this week over the arrest and then release
of Ceku in Hungary.
A former leader of the Kosovo Liberation Army, Ceku
was detained at the airport in Budapest on an
international arrest warrant issued by the Serbian
authorities, accusing him of genocide against the Serb
population in Kosovo. He was later released after
producing Croatian citizenship papers.
Karlowicz repeated today that under Security Council
Resolution 1244, only the Kosovo judicial bodies have
jurisdiction over crimes committed by citizens of
Kosovo.
The UN mission has requested an urgent meeting with
the Interpol head office to resolve this “very
delicate matter,” said Karlowicz.

Beogradski Forum / Artel Geopolitika
Okrugli sto na temu "Drzavni i nacionalni prioriteti"
Beograd, 28. februar 2004, godine

(isto procitaj:
http://www.artel.co.yu/sr/reakcije_citalaca/2004-02-04.html
http://www.artel.co.yu/sr/reakcije_citalaca/2004-02-25.html
ili
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/3193
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/3243

1. Rade Drobac: Drzavni i nacionalni prioriteti

2. Vladislav Jovanovic: NEKI NEZAOBILAZNI NACIONALNI I DRZAVNI
PRIORITETI I PRAVCI NJIHOVOG RESAVANJA


=== 1 ===


http://www.artel.co.yu/sr/reakcije_citalaca/2004-03-01.html

BEOGRADSKI FORUM ZA SVET RAVNOPRAVNIH
Okrugli sto na temu "DRŽAVNI I NACIONALNI PRIORITETI"
Beograd, 28. februar 2004. godine
Etnografski muzej
Izlaganje:. Rade Drobac

Postovane kolege, gosti i prijatelji,

Poslednji je trenutak da se pokrene javna rasprava o nacionalnim i
drzavnim prioritetima srpskog naroda i nase zemlje kako bi se zaustavio
dalji sunovrat nacije i drzave..
Srpski narod je u svojoj dugoj istoriji mnogo puta bio na teskim
iskusenjima, dolazeci u situaciju da nestane I da se njegov identitet,
kultura I duhovni smisao razbije I unisti. To se dogadjalo narocito u
trenucima kada je I njegova drzava bila na teskim mukama, ili cak nije
ni postojala
I ovaj trenutak je jedan od takvih.
Nasa se drzava - Srbija - sistematski razbija i razgradjuje. Pocnimo od
njenog gusenja tokom SFRJ, kada je bila u potpuno neravnopravnom
polozaju u odnosu na druge republike koje su sacinjavale tadasnju
zajednicku drzavu sto je, kasnije se ispostavilo, bila priprema za
stradanja koja ce uslediti. Nastavilo se sa desetogodisnjim ratovima,
sankcijama i politickom, vojnom, propagandnom i duhovnom agresijom
Zapada na nađ narod i državu, koja kulminira sadasnjom tihom okupacijom
zemlje i sistematskim sludjivanjem naroda kako ne bi shvatio sta mu se
dogadja i sta ce mu se tek dogadjati..
Tokom ovog perioda srpski narod je, iako autohtom i ustavno ravnopravan
na svim teritorijama na kojima je živeo, proteran iz Hrvatske, a potom
u BiH proglasen za agresora na svojoj zemlji. Ostaci srpskog naroda u
Hrvatskoj su sada šaka jada i nema nade daž}e se iole znacajniji deo
srpske populacije ikada vratiti na svoje ognjista jer Hrvatska to ne
zeli pa to onemogucava na svaki nacin, a za to ima i prežutnu podrđku
Zapada,
U Bosni i Hercegovini srpski narod je pod stalnim pritiskom krivice za
tobožnji genocid i agresiju, što se koristi kao izgovor za njegovo
kontinuirano razbijanje. Sabijen je u svoj entitet bez iole ozbiljnije
podrske ni od Srbije, a kamoli svetskih sila koje ga pokusavaju ponovo
uterati u unitarnu drzavu, nezavisnu BiH, pod komandom Hrvata i
Muslimana. To je opasno po njegov opstanak, kako fizicki, jos vise
politicki, ekonomski , kulturni i duhovni. Unitarna BiH ne podrazumeva
samo jedinstvenu drzavu i njene organe vec, na žalost, i nametanje
srpskom narodu politike, ekonomske pozicije, etike i duhovnosti koje
nisu u njegovom interesu, sabijanje njegovog životnog prostora i
potpuno marginalizovanje. Sprečavanje Srbije da na bilo koji način
pomogne Srbima u BiH dokazuje da se RS želi što više oslabiti kako bi
se uništila.
Srbija je u tom desetogodišnjem periodu oslabila ekonomski, sankcije su
podstakle kriminal i sivu ekonomiju a porvh svega primila je i preko
800.000 izbeglica sa ovih prostora sto je bio strašan udar na njenu
ionako slabu privredu pod sankcijama i svakojakim sputavanjima.
Agresija NATO na SRJ 1999. godine samo je zaoštrila ionako tešku
situaciju u zemlji, dovela do novog talasa izbeglica u Srbiji, njih
350.000 sa Kosova, kao i do amputacije jos jednog dela teritorije na
kome su ziveli Srbi, ovoga puta teritorije koje je bila u sastavu
drzave Srbije. Iako je to formalno privremeni status, bar prema
rezoluciji 1244 SB OUN, očito je da je agresija izvrsena radi otimanja
KiM od nase zemlje i da se takva politika nastavlja i danas. Više ne
oruzjem i bombardovanjem vec konstantnim nasiljem nad preostalim
srpskim stanovništvom, proterivanjem svih atributa srpske suverenosti
nad svojom pokrajinom i postepenim legalizovanjem u medjunarodnim
organizacijama otcepljenja KiM od Srbije i SCG.
Rušenje prethodne vlasti 2000. godine, izvršeno uz obilatu finansijsku,
logistišku I svaku drugu pomoć Zapada označilo je nastavak
rasparčavanja i slabljenja naše države drugim sredstvima. Umesto
agresije spolja, zemlja se uništava iznutra, uz pomoć vazalne vlasti.
Uništavanje države vuče za sobom i ugrožavanje pozicije srpskog naroda
i njegovih vitalnih interesa - slobode, nezavisnosti, prava na rad,
standarda, pa i samog opstanka nacije.
Od dolaska DOS-a na vlast, sve institucije drzave se slabe i
razgradjuju. Kompormitovalo se sudstvo, parlament bi bio smešan da nije
tragičan, pravo se izvitoperilo, u SMIP-u se masovno otpustaju
profesionalni kadrovi da bi se doveli partijski, oni koji bez pogovora
izvrsavaju zadatke stranih nalogodavaca. Sada se isto cini i sa VJ,
čime se slabi poslednja prepreka stranoj okupaciji zemlje.
Privreda, koja je I u vreme ekonomskih sankcija uspelvala da nekako
prezivi, sada je potpuno paralisana. Pod firmom tranzicije I
transformacije privrede, sva proizvodnja je zaustavljena. Privatizacija
se svela na rasprodaju društvenog bogatstva miljenicima vlasti I
stranim kompanijama budzašto umesto da bude faktor pokretanja privrede.
Trzista na koja smo mogli izvoziti su proglasena ideološkim, a
pravovernim ona na koja nemamo sta izvesti niti to mozemo zbog jake
konkurencije. Naše banke su zatvorene a dovedene su strane . Umesto da
se zaposlenost povećava otpuštene je nastotine huljada radnika. Umesto
da se zemlja stabilizuje u političkom , bezbodnosom I ekonomskom
smislu, vladaju političko nasilje, jednoumlje, progoni, afere,
korupcija I manipulacije, počev od skupštine, kao vrhovnog organa
yakonodavne vlasti, pa nadalje. Videćemo da li će nova skupština biti
drugačija. Heroji koji su branili zemlju od agresije proglašavaju se
ratnim zločincima I isporučuju Hagu, političkom sudu koga su
organizovale zemlje agresori na SRJ kako bi kaznile one koji su svoju
zemlju časno branili. Nastavljau se procesi dezintegracije zemlje bez
ikakvog otpora vlasti I uz apatiju I malodušnost naroda. A povrh svega,
ta malodušnost, siromaštvo I, naročito, bezperspektivnost, doveli su
dao pojave "bele kuge" drastičnih razmera, na šta se. takodje, niko
ozbiljno ne osvrće.
Sve prethodno izneto je krajnje sumorna slika našeg stanja pri čemu je
najgore {šo je sistematskim propagandnim bombardovanjem spolja, od
strane Zapada, kao I unutrašnjim oportunizmom političara, institucija,
nevladinih organizacija i medija, narod do te mere razjedinjen I
zbunjen da više ne razaznaje žito od kukolja, istinu od lažI, dobre od
loših namera, svoje od tudjih interesa.
A istina je prosta. Samo treba poćI od toga da u politici uvek treba
slediti samo sopstvene interese, u meri u kojoj se oni mogu ostvariti u
datim okolnostima. Da naša politika ne sme biti povladjivanje drugima
već borba za naše interese u odnosu sa drugima. Da kompromisi moraju
biti obostrani a našI eventualni ustupci uzvraćeni odgovarajućim
ustupcima drugih. Da našI interesi nisu manje važni od tudjih. Da smo
pre svega svoji pa onda tudji. Da ni u koga ne smemo imati poverenje
već uvek proveravati iskrenost I dobronamernost partnera jer u politici
nema prijatelja I neprijatelja. I mnogo toga drugoga..
Da ovo ne bi zvučalo previše uopšteno daću par primera duplih standarda
jer se ovde zapravo o njima radi:
- Zašto se od nas traži razoružavanje VJ po meri standarda koje su
drugi doneli, dok se ti isti drugi ubrzano naoružavaju.
- Zašto se traži otvaranje naše granice po svim pitanjima kada ti koji
to traže čvrsto i dosledno svoje granice drže zatvorenim
- Zašto se od nas ultimativno traži isporučivanje političkih i vojnih
starešina medjunarodnim sudovima kada istovremeno ti isti odbijaju
svaku mogućnost da njihovi državljani budu sudjeni u inostranstvu i
vrši pritisak na pojedine države da to garantuju bilateralnim ugovorima
- Za{šo se Albancima na KiM daje apsolutna podrška da otmu tudju zemlju
a sprečavaju Srbi da se na svoja ognjišta vrate čak i bez ikakvih
poltičkih zahteva,
- Zašto se srpskom narodu sistematski uteruje krivica prektajanjem
njegove istorije i neprekidnim pozivima da se denacifikuje, lustrira
ili edukuje iako nikada nije bio agresor, dok se oni koji to jesu
nagradjuju ubrzanim ulaskom u evroatlantske integracije i svim drugim
mogć}im povlasticama, itd.
Alfa i omega popravljanja pozicije i interesa srpskog naroda je
definisanje onoga što nam je vitalni interes, kratkorično i dugoročno.
Na žalost, usled specijalnog rata koji je protiv nas vodjen svih ovih
godina od strane spoljneg agresora, u sprezi sa njegovim domaćim
pomagačima, srpski narod je potpuno podeljen i sukobljen. Dok su jedni
nacionalisti, drugi su mondijalisti, Dok su jednii autokrate, drugi su
demokrate, jedni su komunisti, drugi roajalisti, jedni su partizani,
drugi četnici, ali svi za sebe veruju i govore da su patriote i da rade
u najboljem interesu svog naroda. Takva je situacija podele i u
dijaspori koja misli da može pomoći da se Srbija i srpski narod izvuku
iz krize a ne vidi svoje podele, na istim ili sličnim linijama kao u
zemlji.
Jedni pritv drugih ratuju kao da su jedni drugima veći neprijatelji
nego što su nam oni koji nam mute vodu i koriste se našim podelama i
sukobima.
Da postoji jaka država, sa jasno definisanim prioritetima i ciljevima i
sa kvalitetnim i profesionalnim kadrovima, sve bi bilo lakše. Na
žalost, ona je skoro uni{šena, Parlament je donedavno bio pijaca, vlada
skup raznoraznih miljenika Zapada, njemu odgovornih, priparavnika u
svojim strukama, državna zajednica SCG postoji samo na papiru, SMIP
uništen, VJ razbijena, MUP potpuno podredjen aktuelnoj vlasti, kao
uostalom i vecina medija, institucije koje okupljaju intelektualce
zaplašene i prigušene, itd.
Zato bi najvažniji posao nove vlasti trebalo da bude jačanje države i
njenih organa jer bi to stvorilo neke od osnovnih predpostavki za
podsticaj i drugih segmenata društva ka nekakvom ozdravljenju, prvo u
glavama, pa onda i drugde, a to bi omogućilo da na zdravim nogama
postavimo temelje nacionalnih i državnih interesa, koji bi bili opšte
prihvatljivi za većinu gradjana ove zemlje i ovog naroda, što je i
preduslov da bi ih sosptvenim aktivnostima i podržavali a ne, kao do
sada, u mnogim slučajevima, sputavali
Želim da verujem da će ovaj okruglisto podstaći široku javnu raspravu o
ovim suštinskim pitanjima za opstanak srpskog naroda i države i nagnati
intelektualce ove zemlje i ovog naroda,a ko i sve druge patriotske
snage, bez obzira na ideološke ili druge razlike, da se trgnu i
preduzmu sve što mogu da se spreči dalje stradanje i situacija
stabilizuje i preokrene jer je zadnji čas da se to učini ako se ne želi
potpuno razbijanje i države i naroda.


=== 2 ===


http://www.artel.co.yu/sr/reakcije_citalaca/2004-03-04.html

BEOGRADSKI FORUM ZA SVET RAVNOPRAVNIH
Okrugli sto na temu "Drzavni i nacionalni prioriteti"
Beograd, 28. februar 2004, godine
Etnografski muzej

Izlaganje Vladislava Jovanovića

1. Izlaganje na temu osnovnih nacionalnih i drzavnih interesa bilo bi
lakse i prijatnije da se nalazimo na čvrsćem drzavnom tlu. Nazalost,
spotičemo se o porazavajuću činjenicu da normalnu drzavu nemamo. Prava
drzava je zrtvovana da bi se ugodilo unutrasnjem separatizmu i spoljnom
pokroviteljstvu. Umesto drzave, dobili smo nedrzavu, labavu i
nefunkcionalnu
drzavnu zajednicu sa smesno kratkim rokom trajanja. Posle dvesta godina
drzavne punoće, usli smo, neodgovorno i lakomisleno, u drzavnu prazninu.
Okruzeni pravim drzavama, suočeni smo sa procesima prestruktuiranja
postojećih drzava i saveza na kontinentu. Neoprezno i opasno smo se
nasli na vetrometini regionalnih i evropskih promena, sa realnim
pretnjama da nas one mimoidju ili se čak okrenu protiv nas.

Zbog toga je prvi prioritet nasih nacionalnih i drzavnih interesa da
sto pre zauzmemo stvarni drzavni zaklon. Sadasnji provizorijum ne
odgovara istinskim potrebama i teznjama oba dela naseg naroda, izuzev
malobrojnim, ili organizovanim i glasnim separatistički grupama i
političkim krugovima.
Obnavljanje zajedničke drzave, u kojoj bi oba njena dela zivela u
ravnopravnosti i uskladjenosti interesa imperativni je zadatak sadasnje
generacije. Svako oklevanje ili odlaganje ide naruku separatističkim
snagama u oba dela drzavne zajednice, a posebno onima u Crnoj Gori, i
povećava mogućnosti stranog mesanja i manipulisanja s nasim unutrasnjim
raskolima.

2. Medjutim, to je samo prvi i najpreči korak koji treba da učinimo.
Njime se jos ne postize puno definisanje granica zajedničke drzave, s
obzirom na postojanje jednog drugog provizorijuma - protektorata OUN i
NATO nad Kosovom i Metohijom, sa jedva prikrivenim projektima
pretvaranja privremene faktičke odvojenosti te pokrajine od Srbije u
sankcionisano stalno stanje. To automatski stavlja problem Kosova i
Metohije na drugo mesto na listi prioriteta nacionalnih i drzavnih
interesa. Moramo dosledno i bez kompromisa
insistirati na nasoj tapiji na Kosovo i Metohiju i sve učiniti za
povraćaj te pokrajine u nas drzavno-pravni poredak. Sve dok čvrsto
stojimo na tom stavu, drugi relevantni faktori (stalni članovi Saveta
bezbednosti Rusija, Kina, mozda i Francuska i Velika Britanija) će nas
podrzavati i odupirati se projektima za nezavisnost te juzne pokrajine
ili njenom otcepljenju od Srbije na neki uvijeniji način (kao
eventualni treći član sadasnje drzavne zajednice). U tom cilju treba da
se organizovanije i česće pozivamo na principe Helsinskog finalnog
akta, Povelje OUN, nalaze Badinterove Arbitrazne komisije i nas ponovni
prijem u članstvo OUN, jer se u svim tim odlukama i dokumentima
podrzavaju drzavni suverenitet, teritorijalna celokupnost i
neizmenljivost spoljnih granica bez pristanka.

Budući da spoljni zagovornici nezavisnosti Kosova i Metohije uvidjaju
da ne mogu da ignorisu nasu tapiju na tu pokrajinu, niti mnogo veruju u
to da Srbiju mogu, milom ili silom, da navedu na odricanje od nje, oni
računaju sa Haskim tribunalom kao saveznikom u političkoj zavrsnici
koju uzurbano
najavljuju i za koju pripremaju medjunarodju javnost.

Naime, resenost merodavnih medjunarodnih činilaca (NATO, EU, Kontakt
grupa) da se o konačnom statusu Kosova i Metohije razgovara već 2005.
(ili 2006, ako albanske privremene institucije dotle ne sprovedu osam
propisanih
standarda) podudara se (svakako ne slučajno!) sa rokom isticanja
privremenosti drzavne zajednice Srbije i Crne Gore, kao i sa, ne manje
bitnim, rokom okončanja sudjenja bivsem predsedniku Slobodanu
Miloseviću i izricanja naručene presude za agresiju, etničko čisćenje,
istrebljenja, a mozda i genocid. Vremensko podudaranje tih dogadjaja
isplanirano je tako da se Srbija nadje u opasnosti da ostane u jos
goroj drzavnoj praznini i da njena tapija na Kosovo i Metohiju izgubi
pravnu tezinu u poredjenju sa moralnom tezinom presude njenoj politici
tokom jugoslovenske krize kao zločinačkoj i njenoj jednoipovekovnoj
nacionalnoj i drzavnoj ideji kao
remetilačkoj, porobljivačkoj i genocidnoj. Ako bi se ta tri dogadjaja
nasla u sticaju, opravdavanje nezavisnosti Kosova i Metohije dobilo bi
nov argument da se Albanci ne mogu naterati da ostanu u drzavi
zločinačkim ili genocidnim Srbima. Razume se da primer Albanaca ne bi
ostao usamljen, već bi
i neke druge nacionalne manjine bile ohrabrivane da se sa teritorijom
koju pretezno naseljavaju otcepe od Srbije (Bačka, Raska).

3. Iako neravnopravna, istorijska borba za očuvanje suvereniteta Srbije
nad Kosovom i Metohijom i reintegraciju te pokrajine u njen
drzavno-pravni sistem, sastavni je deo paralelnih napora za očuvanjem
drzavnog jedinstva Srbije u njenom ostalom delu. Jedinstvo Srbije je
napadnuto na sinhronizovan i agresivan način od nosilaca ideja,
koncepata i ustavnih inicijativa za tzv. regionalizaciju i
federalizaciju Srbije. Nema nikakve sumnje u to da se iza tzv.
evropskog modela regionalizacije krije uvodjenje novih autonomija, jer
se za buduće regione predvidjaju ovlasćenja koja prevazilaze modele
administrativne decentralizacije. To je samo drugo ime za rastakanje i
dalju dezintegraciju Srbije. Ne sme se smetnuti s uma da se proces
rasturanja SFRJ neće zavrsiti dok se on ne kompletira i u Srbiji. Da bi
se to olaksalo i postiglo, Srbiji se kao model za ugledanje nude
regionalna ostvarenja u Spaniji i Italiji, koje su visenacionalne ili
visejezične zemlje, a ne nama
mnogo sličnije susedne zemlje (Madjarska, Rumunija, Bugarska, Grčka,
Albanija, Turska) kojima ne pada na pamet da uvoznim modelima
regionalizacije dovode u pitanje svoje drzavno jedinstvo i
teritorijalni integritet.

Drzavno jedinstvo Srbije ugrozava i ubrzani proces podrzavljenja
Vojvodine, sa pretnjom internacionalizacije tog procesa ako se vlada
Srbije tome suprotstavi. Jedinstven je slučaj u Evropi da se 65
procenata stanovnistva matičnog srpskog naroda manipulisanjem i
separatističkom demagogijom pokusava odvojiti i suprotstaviti svojoj
matici pod izgovorom da je to neophodno za polozaj, prava i dobrobit
nacionalnih manjina u toj pokrajini.
Lazno je i nedobronamerno shvatanje, koje se kosi i sa gradjanskim
drustvom koje gradimo, da su demokratija i pravo teritorijalno pitanje.
Decentralizacija vlasti kroz prenosenje realnih ovlasćenja sa
centralnih organa na organe lokalne samouprave je nuzna radi
efikasnijeg i demokratskijeg funkcionisanja drzave. Regionalizam u
jednonacionalnoj Srbiji bez Vojvodine i Kosova i Metohije nije ni nuzan
ni opravdan; on je sinonim
za partikularizam geografskih regiona sa neizbeznom teznjom da postanu
autonomne pokrajine.

4. Medjutim, čak i ako se uspesno suprotstavimo konceptima regionalizma
i federalizma koji nam se sugerisu spolja, drzavno jedinstvo Srbije
neće biti dovoljno osigurano sve dok ne ostvarimo ravnopravan polozaj u
regionu i Evropi. Zato postizanje takve ravnopravnosti predstavlja
takodje vazan
prioritet u zastiti nacionalnih i drzavnih interesa. Neophodan je
opstenacionalni i svestranački konsenzus da je ravnopravni tretman
Srbije uslov za svaki razgovor o njenoj daljoj integraciji u
evroatlantske strukture. To pretpostavlja prestanak prakse beskrajnog
uslovljavanja, napustanje metoda stapa i sargarepe i izostajanje bilo
kakve dvosmislenosti u pogledu priznavanja suvereniteta Srbije nad
njenom celokupnom teritorijom, uključujući Kosovo i Metohiju. Ako bismo
se spustili ispod tog praga, unapred bismo prihvatili slabiji polozaj u
dijalozima i implicitno dopustili mogućnost da se suverenitet Srbije
nad njenom celom teritorijom počne dovoditi u pitanje. Insistiranje na
ravnopravnosti nije nikakav isključiv zahtev, jer trazimo i očekujemo
samo ono sto ostale zemlje u tranziciji već
imaju, tj. uvazavanje suvereniteta, teritorijalnog integriteta i
nacionalnog dostojanstva.

5. Imati drzavu, znati koje su njene granice i biti ravnopravno
tretiran u medjunarodnim relacijama polazne su pretpostavke i za
postojanje prihvatljive i odrzive bezbednosti neke zemlje. Adekvatna
bezbednost mora da bude medju prvim prioritetima nase nacionalne i
drzavne politike. Ona ne sme da se gradi i razvija na veresiju, već da
uvek bude na čvrstom nacionalnom
tlu. U rastrkanoj situaciji u kojoj se nalazi nasa drzavna zajednica, a
jos vise Srbija, strategija bezbednosti ne sme da se zasniva samo na
jednom segmentu, već mora da bude visedimenzionalna da bi mogla da
zadovolji nase različite potrebe i odgovori na sva otvorena pitanja.

Nazalost, trenutno su sva jedra nase politike bezbednosti okrenuta samo
premu Evropskoj uniji i Partnerstvu za mir NATO-a. Ne sagledavaju se
dovoljno, ili se sasvim previdjaju drugi vazni elementi nacionalne i
drzavne bezbednosti, kao sto su neispunjavanje obaveza NATO iz
Kumanovskog sporazuma o rasporedjivanju odredjenog broja nase vojske i
policije na Kosovo i Metohiju, nedovoljno jasan i čvrst odnos NATO i EU
prema latentnom albanskom terorizmu i separatizmu u tri opstine na jugu
Srbije, infiltracija ekstremističkih ćelija islamskog fundamentalizma u
Raskoj i Crnoj Gori, učestale pretnje separatista da će
internacionalizovati pitanje drzavnosti Vojvodine, sirenje pojasa
samoubilačkih terorističkih akcija medjunarodnog
terorizma prema Balkanu. Očigledno je da planirano priblizavanje EU i
NATO, bez prethodnog rasčisćavanja njihovih stavova prema svim
elementima nase bezbednosti ne bi bila sasvim dobra politika. Ona bi
značila isto to sto i stavljanje svih jaja u jednu korpu i potpunu
zavisnost od dobre volje tih partnera da li će i koliko imati
razumevanja i simpatija za nase specifične nacionalne interese i
bezbednosne potrebe. Sadasnji njihov, u najmanju ruku ambivalentan stav
u pogledu budućnosti Kosova i Metohije i nedovoljno odlučan stav prema
tinjajućem separatizmu u tri opstine na jugu Srbije,
opominju da ne smemo da im se lakomisleno izručujemo, tj. da gotovinu
zamenjujemo veresijom.

Nase eventualno članstvo u Partnerstvu za mir treba da bude
kontraktuelni posao, a ne puko ispunjavanje uslova koji nam se stalno
postavljaju, čak i onih čije bi ispunjavanje nama direktno stetilo. Ono
mora da sadrzi konkretne obaveze da će NATO imati dosledan pozitivan
odnos prema svim aspektima nase bezbednosti, posebno onim koji se tiču
zastite i očuvanja
teritorijalne celokupnosti Srbije i Crne Gore u svim njijovim
medjunarodno priznatim granicama.

Posebno vazan i aktuelan aspekat nase bezbednosti jeste nase učesće ili
neučesće u okupacionim snagama velikih sila u trećim zemljama. Pokusava
se da nam se, kao nojevo jaje, poturi tumačenje da bi takvo učesće bilo
isto ili ne mnogo različito od tradicionalnog učesća nasih oruzanih
snaga u
mirovnim misijama OUN, kao i da bi nam takvo vojno prostituisanje i
najamnistvo donelo posebnu naklonost tih velikih sila, sto bi se onda
povoljno odrazilo i na prevazilazenje nekih nasih specifičnih
bezbednosnih problema. Medjutim, jedno su zvanično priznate mirovne
operacije OUN, a nesto sasvim drugo je oruzano nametanje mira koje vrse
pojedine velike sile, bez saglasnosti svetske organizacije ili sa
njenim manje vise nevoljno datim blagoslovom. Učesće nasih vojnih snaga
u mirovnim operacijama OUN ne samo da nije sporno nego je i vrlo
pozeljno, ukoliko nam to materijalne mogućnosti
dopustaju. Medjutim, nase eventualno učesće u okupacionim snagama u
trećim zemljama, posebno u Iraku, a donekle i u Avganistanu, ne samo da
nije pozeljno nego bi bilo u punom raskoraku sa nasom celokupnom
slobodarskom istorijom. Značilo bi vazalni odnos prema stranom sizerenu
i vratilo bi nas u doba Kraljevića Marka i despota Stevana Lazarevića,
koji su, kao turski vazali, morali da se za tudje interese bore u
drugim zemljama.

Najavljeni ulazak nase zemlje u takav vojni avanturizam kojim bismo
poslusnistvo prema spoljnim centrima moći plaćali zivotima nasih
vojnika i gubitkom nacionalnog obraza, neizbezno bi doveo medjunarodni
terotizam pred nasa vrata, tim vise sto fanatici islamskog ekstremizma
mogu da računaju na jatake, ako ne i na neposrednu ispomoć, raznih
islamskih ekstremista u nasem najblizem susedstvu.

Zbog svih navedenih razloga, koji ukazuju na postojanje mnogih
elemenata neizvesnosti u korpusu nase nacionalne i drzavne bezbednosti
u tekućem i narednom periodu, deluju lakomisleno i naivno uveravanja da
će nas ulazak u Partnerstvo za mir staviti pod kisobran NATO, sto će
biti dovoljno za osiguranje nase bezbednosti u svim njenim aspektima.
Umesto prepustanja brige za nase specifične bezbednosne potrebe drugima
i prihvatanja zavisnosti od stranih procena oportunosti njihove
zastite, moramo zaustaviti proces slabljenja i rasturanja vojske koji
se vrsi pod izgovorom
njenog reformisanja i sačuvati respektabilnu oruzanu silu sposobnu da
se suoči sa svim mogućim izazovima na planu bezbednosti.

6. Opasnost za nase bitne nacionalne i drzavne interese ne dolazi samo
od izrazenih nastojanja da se nase oruzane snage svedu na manje vise
simboličan broj, već i od sve otvorenijeg i organizovanijeg osporavanja
i negiranja naseg duhovnog i nacionalnog identiteta. Čine se
sistematski napori da se sprski narod raskoreni, odvoji od svojih
tradicija, mitova i slobodoljubive istorije, rasćiriliči i utopi u
sistem zapadnih vrednosti, koje mu se masovno i nekritički savetuju i
nude. Cilj je da se slobodarski mentalitet srpskog naroda maksimalno
diskredituje i zameni vazalnim mentalitetom, osećanjem krivice i
inferiornosti i spremnosću na epigonstvo i podanistvo novim centrima
moći u svetu. Jedan od primera takvog nastojanja je i nedavno
obelezavanje dva veka srpskog ustanka iz 1804. učinjeno proslavom u
Orascu sa prigusivačem i bez stvarnih srpskih sadrzaja. Sistematski
napori za razduhovljenje srpskog naroda praćeni su i omalovazavanjem
njegovog patriotizma kao slabosti koja ga je puno puta skupo kostala u
istoriji.
Umesto patriotskih osećanja, novim vrlinama proglasavaju se
prilagodjavanje, poslusnost i usvajanje mondijalističkih mitova i
ciljeva. Zaboravlja se da je svaki kosmopolitizam lazan ako nije
razvijen iz patriotizma. Kako je to pre desetak godina izjavio akademik
Mihajlo Djurić, nema čovekoljublja bez
rodoljublja. Očuvanje nacionalnog i duhovnog identiteta ne samo da nije
upereno protiv modernosti i procesa globalnog povezivanja i
integracija, nego je neophodna pretpostavka za ulazak u te procese. Ono
je lična karta za identifikaciju srpskog naroda. Bez razvijenog i
očuvanog drzavnog i nacionalnog identiteta ne bismo postojali u moru
naroda i drzava, niti bismo
bilo relevantni za procese integracije, u koje ne bismo imali sta da
ulozimo niti sa čime da pregovaramo.

7. Razbijanje prethodne SFRJ nije samo prinudilo skoro 2,5 miliona
nasih sunarodnika da zive u nekoliko novoformiranih drzava, nego je na
ceo srpski narod i njegovu matičnu drzavu Srbiju natovarilo toliko
mnogo optuzbi, kleveta, podmetanja i insinuacija da će se on s tim jos
dugo suočavati. Posle visegodisnjih sadističkih sankcija i satanizacije
bez presedana u novijoj istoriji sveta, srpskom narodu i njegovoj
matičnoj drzavi sistematski se poturaju endemske sklonosti ka
zločinima, agresijama, etničkom čisćenju drugih naroda i genocidnosti.
Vertikala tih sklonosti izvodi se jos iz sredine devetnaestog veka, kao
sto pokazuje optuznica Haskog tribunala protiv bivseg predsednika S.
Milosevića. Ide se dotle da se Srbi porede s Nacistima i trazi od njih
da izvrse sopstvenu denacifikaciju ili katarzu, kako se denacifikacija
eufemistički naziva. Cilj je da se Srbi i njihova matična drzava
nateraju na prihvatanje tzv. asimetrične odgovornosti za rasturanje
SFRJ i sva zla koja su otuda proistekla. Haski
tribunal je glavno institucionalno sredstvo za ostvarenje tog cilja.
Ako bi se u tom uspelo, svi nasi ključni nacionalni i drzavni interesi
bili bi najdirektnije ugrozeni.

Odlučno suprotstavljanje takvim paklenim namerama predstavlja
neposredan prioritet nasih aktivnosti na medjunarodnom planu. Zvanična
Srbija ne sme da ostane pasivna prema optuzbama koje Haski tribunal
rezervise samo za Srbe, već mora da pomogne njihovoj odbrani da se
najgore, politički motivisane, optuzbe odbace kao neosnovane i
tendenciozne. Propustanje da se to uradi rizikovalo bi da se optuzbe
protiv Srba kao zločinačkog, odnosno genocidnog,
naroda prenesu u presude, sto bi imalo direktne i pogubne posledice po
očuvanje teritorijalne celokupnosti Srbije i njen ekonomski oporavak i
budućnost.

8. Zastita zivotnog standarda stanovnistva, zaustavljanje daljeg pada
privrede i stabilan ekonomski oporavak Srbije jedan je od najhitnijih
prioriteta Srbije. Dodirnuto je egzistencijalno dno najvećeg broja
stanovnistva. Opste osiromasenje zemlje i nepostojanje izlazne
strategije frontalno ugrozavaju zdravstvo, prosvetu i druge vitalne
oblasti zivota.
Zbog kolapsa privrede, nastavljene bele kuge i povećane ekonomske
migracije, pre svega mladjih kategorija stanovnistva, zaostrava se
problem depopulacije i otvara pitanje bioloskog opstanka nacije. Izrada
strategije izlaza iz
ekonomske krize ne treba da se oslanja samo na stranu pomoć i kredite,
posebno ako su oni vezani za neprihvatljive uslove, već i na
mobilizaciju vlastitih resursa. Ko ne moze sebi da pomogne, ne mogu mu
ni drugi dovoljno pomoći. U tom pogledu, inspiracija mogu da budu
uspesne zemlje u tranziciji
(Slovenija, Česka), koje nisu primale zdravo za gotovo preporuke i
zahteve medjunarodnih finansijskih institucija.

9. Jedan od nasih osnovnih nacionalnih i drzavnih interesa je i stalna
briga za polozaj nasih sunarodnika u susednim zemljama. To se posebno
odnosi na Bosnu i Hercegovinu, gde je Republika Srpska izlozena snaznom
pritisku da odustane od nekih svojih ustavnih prava i prihvati jačanje
centralnih organa. Kao jedan od supotpisnika i sugaranata Dejtonskog
sporazuma, Srbija ima pravo i duznost da insistira na doslednoj primeni
tog sporazuma i suprotstavi se svim pokusajima njegove jednostrane ili
prisilne revizije u korist unitarne BiH. Nazalost, sem par časnih
izuzetaka, vlast posle 5. oktobra 2000. godine nije posvećivala
potrebnu paznju revizionističkim teznjama i potezima u susednoj BiH,
sto su unitarističke snage u njoj mogle shvatiti kao nezainteresovanost
Srbije za dalju sudbinu RS ili čak kao
prećutno saglasavanje sa pojačanim ucenama RS i ubrzanim unitarističkim
merama. Obavezu da bdiju nad doslednim ispunjavanjem i postovanjem
Dejtonskog sporazuma imaju i druge drzave garanti, ali Srbija kao
matična zemlja ima posebnu obavezu da registruje ozbiljnija odstupanja
i neprincipijelne postupke i da povodom toga alarmira druge
medjunarodne garante.

****
Spomenuti prioriteti ne zaključuju listu svih nasih osnovnih
nacionalnih i drzavnih interesa, već samo naglasavaju njihovu
nespornost i neodloznost postupanja po njima.

Bitne pretpostavke za uspesno ostvarivanje tih prioritetnih ciljeva su
postizanje opstenacionalnog konsenzusa o njima i opredeljenje za
politiku srednjeg puta, koji neće biti ni konfrontacija, kojoj je
naginjala vlast pre 5. oktobra 2000. godine, ni kapitulacija koju je
sledila vlast posle 5. oktobra 2000. godine. Politika srednjeg puta
podjednako uvazava realnosti naseg polozaja u svetu i potrebu očuvanja
nase slobode, nezavisnosti i nacionalnog dostojanstva.

Duboke podeljenosti i sukobljavanja koji postoje u nasem nacionalnom i
političkom biću ne pogoduju uspesnom vodjenju takve politike.
Nagomilane slozene i potencijalno opasne probleme danasnje Srbije ne
moze resiti nijedna politička stranka, ma koliko bila velika, niti blok
izdvojenih
političkih stranaka, ma kolika obećanja davao.

Samo vlada nacionalnog spasa sastavljena od svih parlamentarnih
stranaka i priznatih stručnjaka, sa moratorijumom na aktivnost
političkih stranaka u trajanju od pet godina, moze da se suoči sa
izazovima nase tragične situacije. Sve druge varijante, bile one i
najdobronamernije, značile bi
samo dalje gubljenje dragocenog vremena, rasipanje preostale energije i
pruzanje dodatnih sansi drugima da steknu nove koristi od naseg
oslabljenog i degradirajućeg polozaja.

Da: ICDSM Italia
Data: Gio 4 Mar 2004 14:44:45 Europe/Rome
A: Ova adresa el. pošte je zaštićena od spambotova. Omogućite JavaScript da biste je videli.
Oggetto: [icdsm-italia] Caso Telekom Serbia


Caso Telekom Serbia:
complici di un dittatore sanguinario
o servi stupidi degli Stati Uniti d'America?

1. Introduzione e link utili
2. In che cosa consiste lo "scandalo di Telekom Serbia" ?

3. Una nota sulla campagna di finanziamento dell'ICDSM


=== 1 ===


INTRODUZIONE


"...non so come mai mi ci hanno tirato dentro... in Jugoslavia io ci
sono andato solo in viaggio di nozze..."

(Clemente Mastella, esponente politico democristiano. Fonte:
http://www.exju.org/ )

"...in quegli anni le truppe di Milosevic, regolari e irregolari,
massacravano migliaia di musulmani. Si era in flagranza di reato..."

(Guido Rampoldi, disinformatore, editorialista di "Repubblica". Fonte:
http://www.repubblica.it/2003/j/sezioni/politica/telekomserbiaquattro/
rampo/rampo.html )

"...in quel modo furono arricchiti i fondi dello Stato di Milosevic che
gli sono serviti a stringere il cerchio e la minaccia militare intorno
al Montenegro. Chiunque allora aiutava Milosevic in qualche modo
contribuiva alla guerra nei Balcani...''

(Milo Djukanovic, ex presidente del Montenegro sotto inchiesta per
contrabbando e legami con la camorra italiana. Fonte:
http://www.ansa.it/balcani/serbiamontenegro/20040229165932859482.html )

"...noi con Milosevic abbiamo fatto la guerra, e in quel periodo Bossi
era li' ad esprimergli solidarieta'..."

(Massimo D'Alema, criminale di guerra. Fonte:
http://it.news.yahoo.com/040229/2/2ofx3.html )

"...frasi d'indignazione fissate su un taccuino per drenare la rabbia.
[Piero Fassino, segretario DS,] ha visto per mesi il suo nome collegato
ad una storia di tangenti, 'associato ad accuse infamanti, ad una
colossale montatura'. Ha assistito all'amarezza di sua madre,
ottantenne..."

(Fonte:
http://www.repubblica.it/2003/j/sezioni/politica/telekomserbiaquattro/
fermate/fermate.html )


Le piu' recenti dichiarazioni in merito al "caso Telekom Serbia" ed ai
lavori della relativa commissione parlamentare d'inchiesta, rilasciate
da esponenti politici di centro-sinistra e di centro-destra in una
sorta di ping-pong polemico, non chiariscono niente di quello che
sarebbe effettivamente successo ne' tantomeno aiutano a comprendere
quale sia in effetti la materia del contendere.
L'unica cosa che chiaramente emerge e' che tutti i protagonisti e
commentatori italiani fanno a gara a "chi la spara piu' grossa" contro
Slobodan Milosevic e contro quella Jugoslavia, invariabilmente indicata
come "dittatura" e regno del "terrore".

Si tratta dunque di una mera esercitazione retorica? Certamente si: una
esercitazione di retorica propagandistica, che dimostra solamente a
quale livello di abiezione morale sia usa la classe dirigente italiana.
Una classe dirigente storicamente trasformista, ipocrita, vigliacca,
servile, bugiarda, faccendiera, criminale eppure sempre "brava gente".
Una classe dirigente che decide amicizie ed alleanze in base alla
convenienza del momento, ma che e' sempre pronta a tradirle quando il
vento soffia da un'altra parte.
L'esatto contrario, insomma, della personalita' politica di Slobodan
Milosevic. Milosevic, vittima esemplare del Nuovo Ordine Mondiale,
nell'aula dell'Aia combatte ancora dignitosamente, in solitudine e
nell'omerta' totale dei media, una battaglia impari per la verita'
storica e per la indipendenza del suo paese. (Italo Slavo)


LINK UTILI

Dini accusa: l'inchiesta su Telecom-Serbia è manovrata dalla Cia. Da
"Il Manifesto",1 Marzo 2001

http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/819

Una compromettente (?) dichiarazione di Antonio Martino

http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/2749

Dini: qualcuno in alto ha pagato Marini

http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/2756

Telekomica con personaggi
1. I dettagli della piu' fallimentare impresa del colonialismo
economico italiano nei Balcani. Da "Il Manifesto" del 2/9/2003.
2. La voce del padrone, incarnata dall'ex inviato Gelbard, chiarisce
una volta per tutte: guai ai sudditi che cercano di fare affari con i
nostri nemici. Da "Panorama" del 4/9/2003.

http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/2766

Lo speciale Telekom Serbia di Repubblica

http://www.repubblica.it/speciale/2003/telekomserbia/index.html


=== 2 ===


[ Riproponiamo questa presa di posizione di ICDSM Italia, gia' diffusa
nello scorso ottobre ma che resta - purtroppo - assolutamente attuale ]


IN CHE COSA CONSISTE LO
"SCANDALO DI TELEKOM SERBIA"?

(Lettera aperta a "Liberazione" dalla Sezione Italiana del
Comitato Internazionale per la Difesa di Slobodan Milosevic)


Fiumi d'inchiostro ed ingorghi di parole sono stati e vengono tuttora
dedicati alla vicenda dell'acquisto di una quota di minoranza di
Telekom Serbia da parte dell'Italia nel 1997.

Particolarmente interessante a riguardo e' l'editoriale di Giovanni
Russo Spena, apparso su "Liberazione" del 28 settembre 2003. Assodato
che lo "scandalo", o meglio il polverone, scatenato soprattutto nelle
ultime settimane attorno alla vicenda serve essenzialmente a fini di
strumentalizzazione politica interna (Russo Spena parla addirittura di
"verminai di Stato"), bisogna tuttavia rilevare che e' impossibile
capire, nel merito, su che cosa si stia effettivamente polemizzando. Lo
"scandalo Telekom Serbia" riguarda uno dei tanti episodi di corruzione
italiana? Oppure si ritiene che tangenti in lire italiane siano state
incassate dall'entourage di Milosevic? Forse si contesta il fallimento
di quella operazione, dal punto di vista economico? O fa scandalo
piuttosto il fatto, in se e per se, che si sia voluta realizzare una
operazione finanziaria con la Jugoslavia di Milosevic (ritenuto un
dittatore sanguinario, vedi una recentissima copertina di "Panorama")?

Andiamo ad esaminare queste ipotesi, una per una.

A tutt'oggi, la magistratura non ha accertato che siano state pagate
tangenti di alcun tipo ad alcuno dei protagonisti italiani, politico o
manager o mediatore che fosse. Viceversa, sono fioccate a raffica
denunce per calunnia e diffamazione contro i cosiddetti
"supertestimoni". Idem sul versante jugoslavo e serbo, dove la locale
magistratura pare abbia avviato una inchiesta su quei fatti solo
qualche giorno fa, e solo in seguito alle forti pressioni del governo
italiano: nessun elemento concreto infatti sussiste a carico di
Milosevic, della sua famiglia o del suo piu' stretto entourage,
nonostante numerosissime siano ormai le inchieste a loro carico, per
reati di tutti i tipi, intentate nell'ambito della campagna
denigratoria condotta dal regime (iperliberista ma profondamente
illiberale) oggi al potere. Gli interrogatori per "Telekom Serbia"
condotti a Belgrado a fine settembre su richiesta dei magistrati
italiani non hanno dato alcun esito, dal punto di vista
dell'accertamento di un qualsivoglia reato.

Piu' verosimili appaiono allora le altre due ipotesi: ovvero che la
polemica sia rispetto all'opportunita' di quella operazione dal punto
di vista finanziario-imprenditoriale, oppure dal punto di vista
strettamente politico, cioe' di politica internazionale. Russo Spena,
legittimamente, non entra nel merito dei risvolti imprenditoriali,
ovvero del successo o meno dell'investimento; ci si attende pero' da
lui, come anche da "Liberazione" ovvero dal PRC, una analisi politica
di merito. Che cosa si evince, in questo senso, dall'articolo di Russo
Spena?

Secondo Russo Spena, "all'epoca dei fatti, la comunita' internazionale
(e il governo USA in primo luogo) aveva investito su Milosevic come
l'uomo della pacificazione nei Balcani, delle liberalizzazioni e delle
privatizzazioni dell'economia jugoslava, di cui molti paesi occidentali
usufruirono."

Dunque, secondo Russo Spena, gli USA volevano la pace nei Balcani, e
per questo si appoggiavano a Milosevic. In realta', ne' l'una ne'
l'altra idea corrispondono al vero: piuttosto, puo' darsi che, dopo gli
accordi di Dayton, ci fosse una linea diplomatica europea di questo
tipo, della quale certamente anche Dini e' stato un rappresentante. Gli
USA, viceversa, preparavano ulteriore destabilizzazione dell'area,
oltre ad un cambiamento di classe dirigente in Serbia: lo dimostrano i
fatti, sui quali non abbiamo nemmeno bisogno di argomentare.

Economicamente, gli USA non investirono neanche un fico secco nella
Jugoslavia di Milosevic: Russo Spena dimostri il contrario, se puo'.
Furono solo pochissimi paesi europei ad interessarsi alle prime
privatizzazioni jugoslave: Italia, Grecia, Francia.

Prosegue Russo Spena: "Successivamente, dopo due anni (...) si
realizzo' il tragico paradosso del governo D'Alema che bombardo', a
Belgrado, manufatti e strutture di telecomunicazioni a partecipazione
azionaria italiana."

Giusto, ma come spiegare questa contraddizione? Anzi: se addirittura
gli USA avessero davvero investito su Milosevic, approfittando della
liberalizzazione dell'economia jugoslava eccetera - come ipotizza Russo
Spena - la contraddizione rappresentata da quei bombardamenti sarebbe
ancora piu' stridente, ed inspiegabile.

"Nutro qualche fondato sospetto che i dossier, in gran parte falsi, sui
quali lavorano le destre in commissione, giungano da Oltreatlantico,
dagli ambienti neoconservatori intorno a Bush, ansiosi di riscrivere,
nell'ottica della guerra preventiva, la storia dei rapporti balcanici
fra paesi europei e la Jugoslavia (presunta comunista) di Milosevic."

E' certo assai probabile che i dossier abbiano questa provenienza. Dini
sin dall'inizio ha parlato esplicitamente, addirittura in Senato, di
"manovali della CIA" (vedi "Il Manifesto",1/3/2001). Tuttavia, i
neoconservatori USA non hanno bisogno di ri-scrivere proprio niente: la
politica USA verso i Balcani negli ultimi 10 anni non e' mai veramente
cambiata: essa e' stata sempre coerentemente ostile alla Jugoslavia. Si
legga ad esempio (su "Panorama" del 4/9/2003) l'intervista a Robert
Gelbard, inviato di Clinton nei Balcani all'epoca dell'acquisto della
società serba da parte della Telecom Italia: "Eravamo contrari
all'operazione ed è falso che l'America incoraggiasse investimenti a
favore di Milosevic". Come puo' Russo Spena asserire il contrario?

Il vero "scandalo di Telekom Serbia" per noi e' allora proprio questo:
e cioe' che si continui ad insistere, a sinistra come a destra, con
l'uso ossessivo dei soliti luoghi comuni sulla Jugoslavia di Milosevic,
nonostante tutto quello che e' successo nel frattempo. Vale a dire a
piu' di 12 anni dalla scelta occidentale di approvare le secessioni; a
piu' di 4 anni dai bombardamenti su Belgrado; a piu' di due anni dalla
cattura di Milosevic da parte dell'illegale e politico "tribunale"
dell'Aia. E mentre resta ancora drammaticamente aperta la crisi
balcanica in tutti i suoi aspetti - a partire dalla situazione ignobile
del Kosovo, trasformato oggi in campo di concentramento e di sterminio,
sorvegliato da aguzzini NATO, per tutte le minoranze non albanesi come
anche per gli albanesi-kosovari democratici.

In realta' quella che emerge dallo scritto di Russo Spena e' una
interpretazione maliziosa, contraddittoria, ma per un verso corretta
delle politiche di Milosevic: politiche da leader socialista moderato,
mirate ad addivenire ad accordi con l'Occidente ed a sostenere
l'economia nazionale nell'epoca della guerra e delle sanzioni,
conservando pero' allo Stato quote di controllo ("golden share") in
tutti i settori strategici. Il centrosinistra al governo nell'Italia di
quegli anni faceva le stesse identiche cose: e cioe' le privatizzazioni
con il "golden share". Ed il partito di Russo Spena, allora, appoggiava
quelle politiche.

L'operazione "Telekom Serbia" fu dunque una legittima operazione tra
due Stati che perseguivano ciascuno il proprio interesse nazionale. Al
di la' di possibili malversazioni - mai da escludere conoscendo il
nostro paese, ma ancora indimostrate - ed al di la' degli aspetti
relativi al successo o meno dell'investimento in quanto tale, il vero
"fallimento" della operazione e' consistito nel suo essere indigesta ed
inaccettabile al padrone statunitense, che non voleva ne' la pace ne'
tantomeno la normalizzazione dei rapporti tra Jugoslavia e resto del
mondo.

Certo, proprio la Serbia - ma quella di oggi e non quella di Milosevic!
- si configura ormai come caso esemplare di privatizzazione selvaggia,
di svendita agli stranieri, con tutto quanto di tragico questo comporta
dal punto di vista sociale ed umano. Di questo, e di centomila scandali
reali inerenti alla selvaggia ricolonizzazione economica dei Balcani,
Russo Spena dovrebbe anche occuparsi.

ICDSM - Sezione Italiana
5 ottobre 2003


=== 3 ===


Una nota sulla campagna di finanziamento dell'ICDSM

La Sezione Italiana dell'ICDSM ringrazia tutti quelli che hanno finora
contribuito alla campagna di finanziamento per la difesa di Milosevic.
La richiesta dell'ICDSM internazionale, tuttavia, e' che tali sforzi
vengano RADDOPPIATI nel prossimo futuro, poiche' le spese sono ingenti.
Non esistono altre fonti di finanziamento: la situazione a Belgrado e'
irrespirabile, i lavoratori ... non lavorano, chi ha i soldi per
mangiare li tiene stretti e non rischia certo la galera in attivita'
politiche o di solidarieta' a favore di Milosevic, che viene presentato
dai media laggiu' esattamente come da noi, cioe' come un dittatore
criminale e ferrovecchio. I nuovi ricchi votano i partiti
filo-occidentali e di destra e non appoggiano certo Milosevic. Per di
piu', alla campagna per Milosevic l'SPS e' sostanzialmente ESTRANEO,
poiche' la leadership parlamentare di quel partito ha scelto una linea
accomodante con Kostunica ed e' in rotta di collisione con il gruppo
organizzatosi attorno a SLOBODA (sezione belgradese dell'ICDSM).
A tutti deve essere infine chiaro che non esiste alcun "tesoro
nascosto" di Milosevic e che il nostro impegno e' insostituibile ed
indispensabile.

Per contribuire dall'Italia:

Conto Corrente Postale numero 86557006
intestato ad Adolfo Amoroso, ROMA
causale: DIFESA MILOSEVIC

Per contatti:

ICDSM - Sezione Italiana
c/o GAMADI, Via L. Da Vinci 27
00043 Ciampino (Roma)
email: icdsm-italia@...

LIBERAZIONE ? (Secondo)

MONDOCANE FUORILINEA
3/3/4

Fulvio Grimaldi


In Rai non misi più piede, dopo 16 anni, a partire dal 24 marzo 1999,
inizio dei bombardamenti sulla Jugoslavia e dello sfascio imperialista
di quel paese. Diversamente dai vari trombettieri al TG3 dell'infame
menzogna dell'"Intervento umanitario", Botteri, Della Volpe, Fichera,
Bonavolontà, Scardova, con annessi conduttori del tg, mi ero
documentato e avevo potuto constatare che la RAI e il TG3, già
immeritatamente definito Telekabul, avevano assunto in pieno il ruolo
di disinformatori e intossicatori, proprio di tutti gli altri media al
servizio della guerra Nato. Constatazione che poi ho potuto ampiamente
confermare e rafforzare recandomi subito in Jugoslavia e diventando
testimone oculare dell'immane architettura di inganni (dittatura,
pulizia etnica, fosse comuni, lager, massacri, nazionalismo serbo,
Sebrenica, Racak, Sarajevo) costruita da chi non aveva altri obiettivi
che quello di frantumare una nazione di popoli e confessioni convissuti
in pace per 70 anni e che avevano anche costruito un buon segmento di
socialismo, e di aprirsi la strada verso le regioni petrolifere e
oppiacee dell'Asia centrale. Qualche indicazione di questo tradimento
dell'etica giornalistica l'avevo già avuto, fin da quando il direttore
Alessandro Curzi si sperticò in elogi per tale Filippo Landi (oggi
appropriatamente corrispondente da Gerusalemme) che aveva raccontato
sul TG3 la "gloriosa guerra di liberazione della Croazia cattolica e
woytiliana contro i comunisti mangiabambini jugoslavi e serbi. Ma
sapete com'è, uno si illude, pazienta, spera finchè può, anche perché
tutte le alternative erano chiaramente peggiori.

Da "Liberazione", organo del PRC, fui cacciato nel maggio del 2003 per
aver scritto che i processati e condannati a Cuba non erano per niente
"intellettuali dissidenti" e "minoranze represse", bensì, come fu poi
ampiamente provato, terroristi mercenari al soldo degli USA, attori di
un'ampia e sanguinosa campagna di attentati terroristici che avrebbe
dovuto provocare l'aggressione statunitense all'isola. In effetti, mi
avevano già messo a pochi centimetri dalla porta per non aver cantato
la canzone del padrone a proposito del "criminale nazionalista"
Milosevic, del "terrorismo" palestinese, di molte faccende irachene e,
tutto sommato, della lotta di liberazione che spetta di diritto a
classi e popoli oppressi e sfruttati. Già incombevano le trombe del
giudizio universale di comunisti e rivoluzionari: la non violenza.

Ma se non mi avessero cacciato come neanche la McDonald's nei confronti
di uno schiavetto che ha fatto cadere un hamburger, ebbene oggi me ne
sarei andato io. La misura risulta colma, pur essendo stata già di
dimensioni iperboliche per le cateratte "nuoviste" che vi si erano
precipitate a partire dall'ultimo congresso del PCR. Molti hanno
parlato di una mutazione a dir poco genetica del partito, che avrebbe
dovuto rifondare il comunismo, in direzione di una formazione dal
profilo indistinto, vagamente buonista e migliorista, al meglio
saragattianamente socialdemocratica, rigorosamente disarmata, senza
neanche un ciotoletto in mano, figurarsi un pugno chiuso, anzi a mani
giunte, UEista e sicuramente compatibile con lo stato di cose
esistente, tanto da ambire al governo dell'esistente. Un esistente
notoriamente guerresco, violento assai - quello sì! - e
confindustriale, con incarnazioni come D'Alema, Amato, Rutelli,
Mastella, Fassino e con sue espressioni intellettuali quali Revelli,
Bobbio, Negri, o Imma Barbarossa (chi era costei?)

La goccia estrema del traboccamento di un vaso dal vino rosso andato in
aceto è stato il trattamento riservato dal "giornale comunista"
all'apocalisse imperialista eurostatunitense (sì anche di quell'Europa
alle cui regole il nuovo Partito della Sinistra Europea di Bertinotti e
altri panda deve e vuole conformarsi) inflitta al disgraziato popolo di
Haiti. Popolo di schiavi neri della prima rivoluzione latinoamericana,
popolo mille volte invaso dai barbari del Nord, affidato a sgherri del
Nord altro che Saddam, liberatosi ancora una volta e "democraticamente"
con un presidente dei poveri (ma i nazisti non dimenticano). D'accordo,
s'erano già superati tutti i limiti del veritiero e del giusto in tante
occasioni contingenti e su tante questioni di principio, dimostrando
una subalternità da carta carbone al sistema di disinformazione,
mistificazione e menzogna sistemica del dominio più reazionario e
feroce dai tempi della Controriforma. Dell'offensiva imperialista.
"Liberazione" ha via via accettato passivamente tutti i paradigmi
fondamentali. Basta pensare alla demonizzazione dei nemici da
abbattere, da Milosevic a Castro, dai russi in Cecenia a Saddam, in
ciò agevolando oggettivamente, nonostante pigolii di critica sul
metodo, tutte le aggressioni, le stragi, le distruzioni, le
devastazioni, gli squartamenti. Oppure, peggio ancora, si pensi alla
dicotomia, definita "spirale", di guerra e terrorismo, intrinsecamente
in linea con la furbata israelo-anglo-italo-statunitense della "guerra
necessitata dall'esistenza del terrorismo" (ovviamente islamico: è dove
stanno i musulmani che stanno gli idrocarburi e la massima parte degli
stupefacenti), che ha poi imposto lo scandaloso silenzio sulle scoperte
di investigatori imparziali di mezzo mondo e soprattutto negli USA
circa le vere responsabilità dell'11 settembre, alibi sine qua non
della guerra preventiva e permanente, molto preventivamente programmata.

Aver chiuso con ogni forza gli occhi (come ad altissimo livello di
partito si è fatto in un Seminario su terrorismo e guerra quando ho
citato le incongruenze e falsità delle versioni ufficiali, documentate
da fonti assolutamente attendibili, le mille prove di un terrore
programmato nel ventre del mostro imperialista) davanti alle spaventose
verità che vanno emergendo sulle Torri Gemelle: è questo il fatto più
grave e imperdonabile. Accettando che la guerra si fa contro terroristi
che buttano giù grattacieli, colpiscono il cuore militare della
nazione e ammazzano migliaia di innocenti, e che il terrorismo è a sua
volta una risposta alla guerra imperialista, non si fa che lubrificare
gli ingranaggi dello sterminio, della riconquista coloniale, degli
sterminii in massa, dell'assoggettamento dei popoli del mondo a un
groviglio in neonazisti, integralisti cristiani, multinazionalisti
antinazionalisti (nel caso degli altri) ed espansionisti, vessilliferi
del complesso militar-industriale. Ne consegue l'incapacità - o
rifiuto - di analizzare i meccanismi del dominio e di opporvisi. La
buona fede in questa oggettiva amicizia per il giaguaro è messa poi in
discussione dall'assalto alla biologia, alla storia, alla decenza, al
buonsenso e al futuro degli oppressi attraverso un violentissimo
bombardamento di non violenze estese ad assunto universale e assoluto.
Ne consegue anche una coltellata alla schiena a interi popoli che
resistono con la forza, come giustizia, diritto ed etica comandano,
alla barbarie genocide dell'aggressore, in Iraq, Palestina, Cuba,
domani Venezuela, Brasile, e chissà quali altri popoli che, già solo
per dignità, si sollevano in armi contro i cavalieri dell'apocalisse (e
loro palafrenieri "non violenti"). Tutti terroristi, per "Liberazione"
e guai se si azzarda un'"Intifada fino alla vittoria". Oltre a tutto
striderebbe con l'acquiescienza del giornale al ricatto sionista e
della comunità ebraica in Italia dell'anatema di "antisemitismo" con
cui si impiccano i critici del sionismo razzista e colonialista e chi
guarda con maggiore preoccupazione ai ben più credibili rigurgiti
razzisti e antisemiti nei confronti di arabi e immigrati vari in Europa.

L'epitome di tutto questo sta nella gestione dell'affaire Haiti da
parte di "Liberazione" e nel confronto con quella di un giornale,
peraltro spesso non impeccabile, come "Il Manifesto". Oggi, 3 marzo,
ancora in pagina molto interna, da roba secondaria, il "giornale
comunista" balbetta finalmente qualcosa su un "colpetto di stato" di
Washington e rettifica leggermente, per merito di Daniele Zaccaria, una
linea di vergognosa subalternità all'informazione golpista. Forse
perché non si poteva più far finta di niente dopo che "Il Manifesto"
aveva dedicato la prima e poi un'intera pagina interna alla feroce
aggressione statunitense, con tanto di biografie di quelli che
"Liberazione" chiama i capi degli "insorti", o dei "ribelli" e che
invece risultano ergastolani, massacratori al servizio prima dei
dittatori Duvalier, e poi della controrivoluzione pagata e istruita
dalla Cia (gangster usciti da scuole militari USA come lo stragista
narcotrafficante Guy Philippe, i serial killer tonton macoute
Jean-Pierre Baptiste, Louis-Jodel Chamblain, Emmanuel Constant). Ma per
tutto il tempo in cui si è dipanata l'infiltrazione degli sgherri USA
da Santo Domingo e che si è messo a ferro e fuoco un paese che non si
poteva più tollerare governato da chi provava a sollevare la sorte del
90% di miserabili schiacciati sotto il tallone dei latifondisti
filo-USA e a disobbedire, per quanto possibile nei morsi della fame, ai
diktat degli amerikani FMI e BM, per tutti quei giorni quel tabloid ha
dedicato all'ennesimo crimine latinoamericano USA - del tutto
paragonabile all'uccisione dell'Iraq o della Palestina - un quarto di
una sua paginetta, in fondo al giornale politico, mantenendo
un'equidistanza degna dell'ANSA tra la versione che sparlava di un
Aristide (unico presidente democraticamente eletto) "corrotto e
repressivo", anche un po' matto, e quella che attribuiva a Washington
un qualche ruolo nel "colpetto" di Stato. Lo stupro di Haiti è del
tutto assimilabile a quello che gli USA stanno da tempo programmando
per Cuba. Anche allora si vorrà riservare uno spazio marginale
all'evento, magari deplorando la resistenza armata del popolo?
Aristide aveva sciolto l'esercito. A Cuba c'è invece l'esercito
rivoluzionario e il generale Francisco Gonzales, detto "Pancho", un
veterano della rivoluzione, compagno del Che, vicecomandante nel
Secondo Frente di Raul Castro, che oggi cura coltivazione biologiche e
energie rinnovabili nella Sierra Maestra (e quindi, non essendo
diventato un brutale detentore del potere, smentisce l'insensato
assunto del fine che viene corrotto dai mezzi), mi disse una volta:
"Siamo vivi perché siamo armati". E il cielo sa quanto ha ragione, alla
faccia del disarmatore unilaterale Marco Revelli.

Tutto questo è indegno e insopportabile per chi compra quel tabloid
credendo di trovarvi un'informazione alternativa, non subalterna e
quindi veritiera. Dovrebbe esserlo ancora di più per chi ci lavora. Un
qualche Comitato di Redazione ha forse sollevato un'obiezione, magari
solo un sopracciglio, per come è stato minimizzata e praticamente
nascosta la zampata imperialista nel "cortile di casa"? Si è forse
trattato, da parte dell'esperta condirettrice Gagliardi, dell'ennesima
captatio benevolentiae del partner D'Alema, - avete visto il cinguettio
tra Bertinotti e il compagno opusdeista e inciucista al Costanzo sciò?
- uno dei più validi demolitori delle istanze di liberazione
latinoamericane, a partire da quella venezuelana, dove l'ex-premier si
è schierato in toto accanto all'oligarchia fascista e contro la
rivoluzione bolivariana? Vedi il giornale dei golpisti italiani di
Caracas "La Voce d'Italia")? Avete visto come ieri, ennesimo giorno
della brigantesca invasione di Haiti da parte di terroristi mercenari
in mimetica da ribelle e in divisa da marine o parà francese, il veleno
delle sbagliate corrispondenze sul colpo di Stato USA abbia potuto
infettare perfino un disegnatore astuto e acuto come Apicella (che,
pure, da anglofobo l'avrebbe potuta sapere più lunga). La sua vignetta
raffigura una mamma palestinese con figlio, nella casa a Jenin
distrutta dagli israeliani, angosciati e ansiosi davanti a uno schermo
tv che racconta come a Haiti si sia verificato un "pronto intervento di
truppe francesi e americane". Il titolo in alto dice nientemeno:
"Sognando Haiti"! Avete capito? I palestinesi, a cui è negato
l'intervento di truppe "di pace" che li salvino dal caos, devono
"sognare" una Haiti dove quell'intervento invece c'è stato!

Si misurino, alla luce di questa indifendibile caduta politica e,
addirittura, professionale, le posizione del giornale (certamente non
farina esclusiva del sacco di Curzi, Gagliardi e subalterni) su
violenza e non violenza (esce un libro definito "dibattito" in cui su
50 interventi 40 sono di parte non violenta), sull'11/9, sulla bontà
degli interventi ONU (ONU reduce dall'avallo di Haiti, Somalia,
Jugoslavia, Afghanistan, Iraq, embargo e mille altre mostruosità
imperialiste), sulla falsa contrapposizione tra "conservatori" iraniani
e "progressisti" borghesi con la bandiera a stelle e striscie, sui
"ribelli" ceceni di Al Qaida (cioè Cia), amici di Panella e di Sofri, e
"massacratori" russi, sul "terrorismo" palestinese o iracheno. Mai un
dubbio - diffusissimo nella sinistra mondiale - che certe stragi di
sciti o certi scambi di bombe tra moschee sunnite e scite possano
essere riferiti alla palese strategia israelo-statunitense di provocare
una guerra civile che disintegri il grande paese disobbediente, o che
certe bombe a Istanbul possano voler punire una Turchia altamente
offensiva per aver proibito l'uso delle basi, il passaggio delle truppe
USA e l'invio delle proprie in Iraq, eccetera, eccetera, eccetera:
dopotutto la storia insegna - a noi, non a "Liberazione" - che
Washington ha praticato il terrorismo come pretesto per tutte le sue
guerre. Infine, è mai possibile accreditare un'autonomia
antimperialista a quell'Al Qaida che dalla Cia è stata creata e la Cia
ha servito in Bosnia, in Kosovo, ancora oggi in Macedonia, Algeria,
Filippine, ovunque agli ordini e negli interessi dei guerrafondai di
Washington?

Chiediamoci: "Liberazione" c'è o ci fa? Se c'è, va chiusa. Se ci fa,
merita una delle infinite "trasformazioni", "innovazioni",
"cambiamenti" di cui "l'altro mondo possibile" tracima quotidianamente.
Parafrasando un'orrenda sgrammaticatura del segretario del PRC (un
verbo intransitivo stuprato in transitivo), subito ripetuta ad libitum,
come consuetudine, da mille pennaioli e oratori del seguito, lanciamo
un appello: nei confronti del giornale è ora di agire la critica
rivoluzionaria.

[ L'edificio del "parlamento della Kossova", a Pristina, e' stato
recentissimamente ristrutturato senza badare a spese: eleganti marmi,
scaloni in mogano, simboli dei paesi della NATO, ed enormi
rappresentazioni murali ispirate al condottiero albanese Skanderbeg ed
alla storica riunione della Prima Lega di Prizren, che nel XIX secolo
pose le basi per la creazione dello Stato albanese ed a cui oggi si
ispirano i sostenitori della Grande Albania monoetnica. Motivi tanto
imbarazzanti che persino il governatore coloniale Harri Holkeri,
dell'UNMIK, ha preferito disertare la cerimonia di inaugurazione,
tenutasi lo scorso dicembre - mentre i "deputati" serbi disertano
oramai regolarmente tutte le sessioni.
Ma la cosa piu' curiosa e' che queste grandi opere "artistiche" sono
criticate un po' da tutti, per motivi non solo politici o estetici: gli
stessi kosovaro-albanesi non si spiegano per quale motivo i lavori
siano stati commissionati alla ditta "italiana" Mabetex, quella del
signor Bexhet Pacolli: l'ex marito di Anna Oxa, per intenderci... ]


IWPR'S BALKAN CRISIS REPORT, No. 482, February 27, 2004

KOSOVO ASSEMBLY MURALS ENRAGE SERBS

New building's décor angers both Serbs and guardians of good taste.

By Jeta Xharra in Pristina

As you walk into the renovated wing of the Kosovo parliament in
Pristina, a circle of marble tiles in the lobby is meant to conjure up
associations with NATO's insignia - an artistic thank-you to the
alliance for the bombing that drove Serbian troops from Kosovo in 1999.
With its grandiose mahogany staircases, the main hall resembles the
interior of a luxury liner about to embark on a smooth ocean crossing.
But the opening of the 2.5 million euro premises has been anything but
smooth.
The controversies that followed the inauguration ceremony on December
18 have turned the building into an obstacle, rather than an aid, to
the assembly's work.
The money for the renovation work came from Kosovo taxpayers while the
electronic voting system was a gift of the European Agency for
Reconstruction.
The parliament has been at work since December 2001, when the Albanians
who make up 90 per cent of Kosovo's population, regained their own
assembly after more than a decade under the direct rule of Slobodan
Milosevic's regime in Belgrade.
But in a sign of the trouble that was to come, Harri Holkeri, head of
United Nations Mission in Kosovo, UNMIK, refused to attend the opening
ceremony. According to Holkeri, this was because the murals on the
walls were of a "mono-ethnic" character.
Two tall murals, each more than 5 metres high, on either side of the
entry hall represent Skenderbeg, the medieval Albanian hero who
defeated an invading Ottoman army. A third painting represents the
Prizren League, a 19th-century gathering of Albanian leaders that paved
the way for the creation of an independent Albania in 1912.
"The murals in the assembly are mono-ethnic in nature, while the
assembly is a multi-ethnic institution and the murals should reflect
the multi-ethnic nature of the assembly as well as of Kosovo," said
Mechthild Henneke, UNMIK's press officer.
Despite this criticism, Nexhat Daci, speaker of the assembly, has
refused to remove the murals, saying that would only humiliate the
Albanians.
He suggested that local Serbian representatives in the Povratak
coalition should instead install paintings reflecting their own history
on the remaining blank spaces.
However, as there is no room for more paintings of the same size in the
entrance hall, they would - effectively - have to be hung in the
interior of the assembly café.
The Serb members of parliament are unimpressed and have boycotted every
session in this new building.
Oliver Ivanovic, the Serbian member of the assembly's presidency, told
IWPR on February 23 that Serb deputies would only return to the
parliament if the Albanians removed one of the three large murals, "so
that we could put up one painting with Serbian motifs of the same size".
Ramush Tahiri, advisor to the speaker of parliament, said he had
received a faxed proposal along those lines from the Povratak coalition
but had refused to consider it on account of the nature of the
communication.
"The fax is directed to the 'Institutions of Kosovo and Metohija'," he
declared. "We cannot review or discuss this proposal in parliament
since this is an unacceptable name."
The terms "Kosovo and Metohija", which is sometimes abbreviated to
"Kosmet", are exclusively Serbian and a cause of great irritation to
the Albanians who call the land Kosova.
Nevertheless, Tahiri admits that Albanian deputies - including himself
- are not happy with the murals. "These paintings are badly made copies
and we want a committee formed to decide on replacements," he said.
"But no one wants to be seen as the person who removed the great
Skenderbeg [from the walls], at least not before any new elections."
A need to take a patriotic stance in public and to glorify the nation's
heroes has been a distinguishing feature of Kosovo Albanian cultural
and public life since the Serbian withdrawal.
In some places, statues have been erected in honour of countries that
took part in the bombing of Serbia in 1999. A prominent example is the
miniature but eye-catching American Statue of Liberty placed on top of
the roof of the Pristina's Victory Hotel.
Zake Prelvukaj, a well-known painter teaching in the University of
Pristina, is one of many intellectuals who believes the attempt to
render patriotism into art in the new assembly has not benefited Kosovo.
"Why did they not let Kosovar painters decorate the parliament instead
of allowing Italians to deliver these embarrassing paintings?" she
asked. "We are training artists who are virtually starving from lack of
work."
Prelvukaj criticised the decision to leave the assembly's design and
furnishings to the Italian interior design company Mabetex, which had
been subcontracted to renovate the parliament.
The artist said the motifs chosen by the company had done more harm
than good. "Albanians must be clever in this phase of state-building,"
she said, "which means choosing authentic symbols for Kosovo that do
not stir up such animosity.
"This has actually hindered the development of a Kosovo state and has
definitely harmed the image of the Albanians."
Bexhet Pacolli, the head of Mabetex group, defended his organisation,
"The paintings and murals where not a part of our contract at all. But
when we noticed there were three big walls in the entry hall we asked
painters from the League of Painters in Kosovo to come up with three
paintings. They told me that it will take at least 9 months to finish
them. None of these painters was prepared to come and work in sub-zero
temperature this winter and slave away like my workers did.
"Additionaly, the paintings might not be of a high artistic value but I
assure you that we have made an effort to be politically sensitive in
our choice. For example, we removed the guns and knives from the
original painting of the Prizren League because we wanted to create an
image of diplomacy rather than war and bloodthirsty images.
"I am sure that more can be done and images could be improved but we
have done what we could to our capacity. The issue is that it would
take five minutes to remove these murals and put something else. Why
don't they do this? Nobody has asked me to do this. That is because
they would have to actually work harder to produce these paintings and
artists would rather prefer they gather and criticise as they sit in
cafes of Kosovo."

Jeta Xharra is IWPR project manager in Kosovo.

(...) Balkan Crisis Report is supported by the Department for
International Development, the European Commission, the Swedish
International Development and Cooperation Agency, The Netherlands
Ministry for Foreign Affairs, and other funders. IWPR also acknowledges
general support from the Ford Foundation. For further details on this
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website: www.iwpr.net (...) The Institute for War & Peace Reporting is
a London-based independent non-profit organisation supporting regional
media and democratic change. (...)

ISSN: 1477-7932 Copyright (c) 2004 The Institute for War & Peace
Reporting

BALKAN CRISIS REPORT No. 482

dall'archivio di zivkica nedanovska

due casi di dissesto ecologico nel sistema delle acque in vojvodina


1.FONTE: Glas Javnosti
2.TITOLO: Il canale di Backa
3.AUTORE: R.Kukobat
4.SITO INTERNET:
http://www.glas-javnosti.co.yu/danas/srpski/D04013101.shtml
5.NUMERO DI PAGINE:1
6.DATA: 01.02.2004.

Il progetto del risanimento del Canale grande di Backa che è la parte
integrante dell’iidrosistema Danubio-Tisa-Danubio, nella parte dal
posto Crvenka alla città Vrbas, praticamente non va avanti e ancora non
è certo se sarà realizzato. Il direttore del progetto, l’esperto
norvegese Fin Medbo, che per la prima volta ha presentato pubblicamente
il problema della realizzazione del progetto due settimane fa, dice che
si continua coll’inquinamenro del canale e che adesso non sa chi è
responsabile in questo paese, per questo problema. “L’inquinamento non
è cessato e gli inquinatori non si puniscono. La ministra per
l’ambiente, Andjelka Mihajlov con la quale, fra l’altro, abbiamo fatto
questo progetto, adesso dice che l’inquinamento delle acque non è nelle
sue competenze. Il Governo serbo si è rivolto a suo tempo al nostro
Governo con la richiesta dell’aiuto nella realizzazione di questo
progetto che è stato stimato come progetto prioritario dalla parte
serba. Il Governo norvegese ha stanziato un milione e mezzo di € e
adesso, dopo tutto, mi resta solo di andarmene a casa oopure di mettere
in discussione la questione-“ ha detto Medbo.
L’inquinamento del canale comincia presso Vrbas, e sul tratto da Vrbas
a Crvenka, le acque di scarico versano una decina di fabbriche, fra le
quali sonu due fabbriche di zucchero,
una fabbrica di pelli, una fabbrica dell’olio e una di carne. Secondo i
dati raccolti, nella fabbrica di zucchero”Vrbas”di Vrbas”, solo durante
la campagna di lavorazione di barbabietola, nel canale si versano 8.500
tonnellate di fango.
Nella fabbrica di carne ”Karnex”ai partecipanti del progetto è stato
detto che loro non hanno affatto problema coll’inquinamento. Dopo è
stato constatato che la fabbrica versa l’acqua nel canale con la quale
si lavano i reparti strapieni di sangue e grassi. E’ stato verificato
che la fabbrica “Karneks” versa le acque di scarico nel canale
periodicamente, in vari posti, il che è stato stimato come il
nascondere delle tracce.
“Nelle fabbriche ci danno i dati sull’inquinamento inesatti e preparati
in anticipo. Qualche volta spengono tutti i reparti perchè noi non
possiamo capire la situazione reale. Oltre a questo tipo di immoralità
ecologica, spesso la dirigenza non sa che i rifiuti si debbono riusare
nelle stesse fabbriche. Il problema nella risoluzione di questo nodo è
rappresentato anche dalla nostra legislatura che è già superata-“
conclude il dott. Bozo Dalmazia che partecipa nel progetto.
Il Governo di Vojvodina ha l’intenzione di convocare una riunione con
tutte le ditte che versano le acque di scarico nel Canale grande di
Backa per poter superare questo problema grave. La segretaria regionale
per l’ambiente è del parere che il problema dell’inquinamento del
Canale si possa risolvere solo con l’azione comune a tutti i livelli di
potere, di cittadini e di inquinatori. Lei rileva che tutt’ora la
Regione non ha competenze per punire gli inquinatori delle acque.


1.FONTE: B-92
2.TITOLO: Il problema dell’acqua potabile a Zrenjanin (Vojvodina)
3.AUTORE: B-92
4.SITO INTERNET: http://www.b92.net/
5.NUMERO DI PAGINE:1
6.DATA: 28.01.2004.

La ministra per l’ambiente nel Governo della Serbia, A.Mihajlov, ha
convocato la seduta con i rappresentanti del Segretariato regionale di
Vojvodina  per la protezione dell’ambiente, della ditta pubblica
”Vodovod” di Zrenjanin, dell’Elettroeconomia della Serbia, della Camera
dell’economia di Belgrado e la collettività locale di Elemir (vicino a
Zrenjan). L’obiettivo della seduta era la scoperta della soluzione
possibile per il risanimento dell’acqua potabile inquinata con il
metallo pesante arsenico a Zrenjan. In quell’occasione, la Mihajlov ha
rilevato l’indispensabilità del risolvere a lunga e breve scadenza del
problema dell’approvvigionamento dell’acqua potabile in alcune zone
della Vojvodina. E’ stata sostenuta l’iniziativa che l’impianto pilota
per la depurazione dell’acqua inquinata si colloca a Elemir. Qualora l’
impianto pilota si dimostri efficace, è stato deciso che si sarebbe
usato anche a Zrenjan. Alla riunione non erano presenti i
rappresentanti del Segretariato della Repubblica  e della Vojvodina per
la salute, anche se le acque si trovano nelle loro competenze.

A PROPOSITO DI ATTI DI TERRORISMO SUL CONFINE ORIENTALE

Ho letto con interesse l'intervento di Marco Coslovich sul Piccolo di
oggi, giovedì 26 febbraio, in merito alla richiesta all'onorevole
Casini fatta da alcuni sindaci dell'altipiano di recarsi a rendere
omaggio anche ai fucilati di Basovizza [1] oltre che alle vittime della
Risiera, di Gonars e della foiba di Basovizza. Comprendo perfettamente,
e lo condivido, il concetto che non è giusto rendere omaggio a chi si
macchiò di atti di terrorismo. Però a questo punto mi chiedo come mai
questo problema si ponga quando si parla dei fucilati di Basovizza e
non, ad esempio, quando si va sulla foiba di Basovizza, dove, da
risultanze storiche (processo celebrato nel gennaio del '49), appare
chiaramente che l'unica persona della quale si ha la certezza che sia
stata "infoibata" in quel posto era un torturatore della "banda
Collotti", riconosciuto come uno dei rastrellatori di Borst-S. Antonio
in Bosco, che poi "interrogavano" gli arrestati con la "sedia
elettrica". Nè si pone questo problema di coscienza quando si parla dei
morti del novembre 1953, alcuni dei quali, come risulta anche dalle
foto, erano scesi in piazza armati di paletti, alcuni con bombe a mano,
e si erano dedicati a sassaiole contro la polizia e all'incendio delle
automobili prima di venire pesantemente repressi. A che punto una
persona viene considerata "terrorista", dunque? Forse solo quando le
sue idee non collimano con le nostre?

Claudia Cernigoi


[1] Sulla vicenda dei quattro martiri di Basovizza - che possono essere
considerati i primi partigiani antifascisti della storia italiana -
vedi ad esempio:
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/1249
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/1248
(ndCNJ)