Informazione


CLAMOROSO! 

A Como la giunta di centrosinistra ha revocato all'ANPI e all'Istituto di Storia Contemporanea la concessione della sala della Circoscrizione per una iniziativa dedicata alla Giornata della Memoria dell'Olocausto - 27 gennaio - cedendo alle intimidazioni dell’organizzazione di estrema destra Militia.

Alessandra Kersevan vi era stata invitata a parlare dei lager fascisti italiani.

L'INIZIATIVA SI TERRA' COMUNQUE DOMANI IN UNA DIVERSA SALA:
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Lager italiani, pulizia etnica e campi di concentramento fascisti: incontro con Alessandra Kersevan

La sezione Anpi “Perugino Perugini” di Como, in collaborazione con l’Istituto di storia contemporanea Pier Amato Perretta,  è lieta di invitarvi alla

CONFERENZA PUBBLICA
con la ricercatrice storica 
Alessandra Kersevan
autrice del libro
LAGER ITALIANI
pulizia etnica e campi di concentramento fascisti per civili jugoslavi 1941-1943

l'incontro si terrà
sabato 1° febbraio 2014 ore 15.30
[…]

Tra il 1941 e l’8 settembre del 1943, il regime fascista e l’esercito italiano misero in atto un sistema di campi di concentramento in cui furono internati decine di migliaia di jugoslavi: donne, uomini, vecchi, bambini, rastrellati nei villaggi bruciati con i lanciafiamme. Lo scopo di Mussolini e del generale Roatta, l’ideatore di questo sistema concentrazionario, era quello di eliminare qualsiasi appoggio della popolazione alla Resistenza jugoslava e di eseguire una vera e propria pulizia etnica, sostituendo le popolazioni locali con italiani.
Alessandra Kersevan, grazie al suo percorso di ricerca storica è in grado oggi di illustrare la realtà del sistema repressivo fascista, spesso allo stesso livello, in termini di brutalità, del ben più indagato sistema concentrazionario nazista.


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Comunicato stampa/Incontro con Alessandra Kersevan

L’incontro con Alessandra Kersevan trasferito al Salone Bertolio in via Lissi dopo che il sindaco Mario Lucini ha negato l’uso della Circoscrizione n. 1 a seguito delle pretestuose proteste dell’organizzazione di estrema destra Militia

L’incontro con la storica Alessandra Kersevan, organizzato dalla sezione di Como dell’ANPI e dall’Istituto di Storia Contemporanea “Pier Amato Perretta” per domani sabato 1° febbraio alle ore 15.30 è stato spostato al salone Bertolio in via Lissi 6 (sopra la Cooperativa) dopo che nella tarda mattinata di oggi, venerdì 31 gennaio, il sindaco di Como, Mario Lucini, ha ritirato il permesso all’uso della sala della Circoscrizione, già concessa nei giorni precedenti, in seguito all’intervento dell’organizzazione di estrema destra Militia che sulla sua pagina fb ha definito la Kersevan “nota per lo spiccato negazionismo che la contraddistingue sul dramma delle Foibe”.
Com’è evidente dal programma, l’incontro non era centrato sulle foibe, ma sulle responsabilità del fascismo italiano riguardo alla persecuzione delle popolazioni jugoslave nel periodo dell’occupazione nazifascista. I lavori di approfondimento storico di Alessandra Kersevan non hanno mai negato il fenomeno delle foibe, ma si sono rivolti a cercare di ricostruire le reali dimensioni e le ragioni di tali tragici fatti, spesso usati a puri fini propagandistici senza alcun rapporto con la loro reale drammaticità.
Senza ragione, il Comune di Como ha fatto propria un’accusa irriguardosa del serio lavoro di approfondimento che la studiosa e le organizzazioni promotrici svolgono su questi temi da molti anni, come hanno riconosciuto pubblicamente anche alcuni esponenti – quelli meno ideologicamente prevenuti – dei profughi giuliano-dalmati.
L’unica possibile spiegazione di questa grave decisione è una sorta di “parità di trattamento” tra le associazioni antifasciste e quelle filofasciste e filonaziste cui nei giorni scorsi non era stato concesso l’uso della circoscrizione di Camnago Volta per un incontro celebrativo di un esponente del nazismo!
Per rispetto alle drammatiche vicende che intorno al “confine orientale” ebbero luogo negli anni prima e dopo la seconda guerra mondiale e la fine del fascismo, le organizzazioni promotrici dell’incontro hanno deciso di mantenere l’appuntamento, spostandolo al Salone Bertolio, e rivolgono l’invito di partecipazione a tutta la popolazione.

Associazione Nazionale Partigiani d’Italia - sezione di Como "Perugino Perugini"
Istituto di Storia Contemporanea “Pier Amato Perretta” di Como



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Il Sindaco Pd di Como si arrende alle richieste di Militia

L’incontro con la storica Alessandra Kersevan, organizzato dalla sezione ANnpi di Como e dall’Istituto di Storia Contemporanea “Pier Amato Perretta” (sabato 1° febbraio ore 15.30) ha subito un forzato trasloco. Si svolgerà nel salone Bertolio (vicino alla sede di Rifondazione Comunista) dopo che oggi 31 gennaio il sindaco Pd di Como, Mario Lucini, ha ritirato il permesso all’uso della sala della Circoscrizione 1 concessa nei giorni precedenti, in seguito all’intervento dell’organizzazione di estrema destra Militia che sulla pagina Facebook ha definito la Kersevan “nota per lo spiccato negazionismo che la contraddistingue sul dramma delle Foibe”.
L’incontro non è centrato sulle foibe, ma sulle responsabilità del fascismo italiano nelle persecuzioni delle popolazioni jugoslave durante l’occupazione nazifascista. I lavori di approfondimento storico di Alessandra Kersevan non hanno mai negato il fenomeno delle foibe. 
Senza ragione, il Comune di Como ha fatto propria l’accusa irriguardosa del serio lavoro di approfondimento che la studiosa e le organizzazioni promotrici svolgono su questi temi da molti anni, come per altro hanno riconosciuto pubblicamente anche alcuni esponenti dei profughi giuliano-dalmati.
L’unica possibile spiegazione che potrebbe arrivare dall’amministrazione PD-SEL-liste civiche di Como per giustificare questa gravissima decisione è una sorta di “parità di trattamento” tra le associazioni antifasciste e quelle filofasciste e filonaziste cui nei giorni scorsi non era stato concesso l’uso di una Circoscrizione per un incontro celebrativo di un esponente del nazismo!
Per rispetto alle drammatiche vicende che intorno al “confine orientale” ebbero luogo negli anni prima e dopo la seconda guerra mondiale e la fine del fascismo, le organizzazioni promotrici dell’incontro hanno deciso di mantenere l’appuntamento, spostandolo al Salone Bertolio. Rifondazione Comunista di Como solidarizza con Anpi e Istituto di Storia Contemporanea “Pier Amato Perretta”, stigmatizzando il comportamento della Giunta comunale di Como.

Guido Capizzi

in data:31/01/2014





Iniziative segnalate

- BRUGHERIO (MB) 30 GENNAIO: “ERAVAMO IN TANTI“. Diario partigiano di Eros Sequi

- MEL (BL) 1 FEBBRAIO: Inaugurazione mostra "TESTA PER DENTE". Esposizione fino al 9 febbraio

- VASTO (CH) 1 FEBBRAIO: PARLIAMO DI FOIBE


=== BRUGHERIO (MB), 30 GENNAIO ===

Giovedì 30 Gennaio 2014
alle ore 21,00, presso il Lucignolo Cafè - Piazza Togliatti, 11, Brugherio (MB)

L' Angolo del Lettore ”Augusto Daolio” e l’Associazione Culturale “Il Lucignolo”, in collaborazione con l'A.N.P.I. Provinciale di Monza e Brianza con il patrocinio del Comune di Brugherio hanno il piacere di invitarLa alla presentazione di:

“ERAVAMO IN TANTI“
Diario partigiano di Eros Sequi

Questa sera al Lucignolo è di scena la storia, presenteremo infatti il libro, rieditato dall'Associazione Cultural Box, “eravamo in tanti” diario partigiano di Eros Sequi combattente nell’Esercito Popolare di Liberazione Jugoslavo durante la Resistenza.

Ne parleranno
Luigi Lusenti, scrittore e giornalista, curatore del Libro 
Carlo Cifronti dell’Anpi provinciale di Monza e Brianza.

Dalla nota del curatore del libro:

la storia di Eros Sequi è la storia di tanti italiani che restarono a vivere in Jugoslavia per costruirvi il potere popolare. Le cose andarono poi diversamente e per questi uomini si costruì una storia silenziosa, di cui poco si sa e che invece, insieme alle ragioni di chi fece una scelta opposta – i trecentomila italiani dell’esodo –potrebbero aiutarci moltissimo, a ricostruire, fuori da fanatismi di parte, non tanto una verità univoca, ma comprensioni e ripensamenti su quello che è stato il secolo delle grandi illusioni” 

La Sua partecipazione sarà particolarmente gradita. Si ringrazia per una conferma. 

“IL CAFFÈ LETTERARIO” 
LUCIGNOLO CAFE'
Piazza Togliatti, 11, Brugherio (MB)
tel 0395251261, mobile 3493047796 lucignolocafe@...
www.comune.brugherio.mb.it 

Lucignolo Cafè è un locale no-slot aderente a www.senzaslot.it




=== MEL (BL), 1 FEBBRAIO ===

Mel (Belluno), 1 febbraio 2014
ore 17:30, presso: Palazzo delle Contesse

INAUGURAZIONE DELLA MOSTRA "TESTA PER DENTE"

con gli interventi di:
PAOLO CONSOLARO    Curatore della mostra
DARIO MATTIUSSI    Relatore del Centro isontino di ricerca “Leopoldo Gasparini”

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ESPOSIZIONE DELLA MOSTRA FOTOGRAFICA E DOCUMENTALE

“TESTA PER DENTE” – L’OCCUPAZIONE ITALIANA DELLA JUGOSLAVIA 1941-1943

A MEL (BL)- PALAZZO DELLE CONTESSE – DALL’1 AL 9 FEBBRAIO 2014

INAUGURAZIONE: SABATO 1 FEBBRAIO 2014 – ORE 17.30

Interventi:

PAOLO CONSOLARO    Curatore della mostra

DARIO MATTIUSSI    Relatore del Centro isontino di ricerca “Leopoldo Gasparini”

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Orari:

da lunedì a venerdì dalle 18 alle 20

sabato e domenica dalle 10 alle 12 e dalle 15 alle 19

INGRESSO LIBERO




=== VASTO (CH), 1 FEBBRAIO ===

Vasto (CH), sabato 1 febbraio 2014
ore 17.30 presso SALA CONFERENZE EX PALAZZI SCOLASTICI
C.so Nuova Italia (a ridosso di Piazza Rossetti)

Contro il revisionismo storico e neo-irredentista, l'Anpi di Vasto, con il patrocinio del Comune di Vasto, organizza un incontro-dibattito con
CLAUDIA CERNIGOI, giornalista triestina, autrice dell'importante ricostruzione storica "Operazione foibe. Tra storia e mito":

PARLIAMO DI FOIBE. In difesa della memoria antifascista.

Come ogni anno, a ridosso del 10 febbraio nascono iniziative tese a mettere sullo stesso piano Shoah e foibe, alimentando l'ideologia irredentista e revisionista.
L'incontro non avrà il carattere di "negazionismo delle foibe", ma di ricostruzione storica tesa a dimostrare, prove alla mano, che - come afferma Claudia Cernigoi - "sulla questione delle foibe sono state dette tante falsità e che queste falsità sono diventate una 'leggenda metropolitana', un 'mito', che vengono utilizzate in chiave antipartigiana" e neo-irredentista.
Alla luce dei materiali d'archivio che Claudia Cernigoi ha analizzato, si può dimostrare che nessuna politica di sterminio o pulizia etnica è stata condotta da parte dei partigiani jugoslavi contro gli italiani.





(english / italiano)

Usare le parole giuste nella Giornata della Memoria

1) Marco Rovelli, Moni Ovadia, Idea Rom Onlus: Una parola giusta per lo sterminio dei Rom
2) Tatiana Sirbu: The Deportation of Roma to Transnistria


=== 1 ===

Sullo stesso argomento: 
La memoria che verrà - di Jovica Jović
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Sterminio dei rom, cerchiamo un’altra parola

sabato 25 gennaio 2014

di Marco Rovelli e Moni Ovadia 
per il Fatto Quotidiano 

Il Giorno della Memoria è stato istituito nel giorno in cui 69 anni fa i soldati dell’Armata Rossa abbatterono i cancelli del lager di Auschwitz e vi entrarono rivelandone l’orrore. E sacrosanto è stato aver stabilito un giorno in cui ricordare quell’abisso incancellabile. Ma, come per ogni ritualizzazione, quella ferita sanguinante si scontra con il rischio della museificazione da una parte e della falsa coscienza dall’altra. Le attività e le manifestazioni di questa Giornata riguardano in maniera soverchiante la shoah, ovvero lo sterminio degli ebrei, al punto da oscurare quasi gli eccidi e le sofferenze subite dalle altre vittime della ferocia nazista: i rom, gli omosessuali, i menomati, gli antifascisti a vario titolo, i testimoni di Geova, gli slavi, i militari italiani che rifiutarono di servire il governo fantoccio di Salò. Ricordare l’unicità della shoah non può essere l’alibi per dimenticarsi degli altri. I rom, in particolare, sono stati per lunghissimo tempo misconosciuti nel loro status di vittime: e se oggi non c’è quasi un politico occidentale che non voglia mostrarsi amico degli ebrei e soprattutto degli israeliani, quasi nessuno di essi è disposto ad identificarsi con i rom. Nessuno dei rappresentanti politici dei paesi occidentali ha il coraggio di uscire da una visita al lager di Auschwitz dichiarando: “mi sento rom”; molti, però, si affrettano ad affermare: “mi sento israeliano”. Ora sia chiaro, nessuno vuole ignorare o sottovalutare lo specifico antisemita del nazifascismo e sminuire l’immane dimensione della Shoah. Ciò che è inaccettabile è il deliberato sottacere delle sofferenze dei rom e dei sinti anch’essi destinati al genocidio. È intollerabile che si discrimini fra le sofferenze di esseri umani che subirono la stessa tragica sorte. I rom sono vittime secolari dell’occultamente della loro identità e della loro memoria, oltre che essere vittime di un’antichissima persecuzione. Essi non hanno terra, non hanno un governo potente che parli per loro, sono tuttora gli “zingari” reietti: perché mai dunque riconoscere piena dignità alle loro inenarrabili sofferenze? La cultura orale dei rom, del resto, diversamente dalla cultura ebraica fondata sulla Scrittura, ha facilitato il compito della dimenticanza: non c’è stato che un soffio di vento, niente più che questo, nulla che sia conservato e degno di conservazione. Solo con fatica si è imposto il nome dello sterminio nazista dei rom: Porrajmos. Il merito di questo va al grande intellettuale rom inglese Ian Hancock, linguista e fra le altre cose rappresentante del popolo rom presso le Nazioni Unite. Il termine “Porrajmos”, nella lingua di alcuni romanì, “devastazione”. Ma la lingua romanes ha molte articolazioni, corrispondenti alla disseminazione dei suoi numerosissimi gruppi e sottogruppi: perciò capita che un significante abbia significati diversi per diversi rom. Da Jovica Jovic, grande fisarmonicista rom serbo, abbiamo appreso che quel termine, nel “suo” romanes, ha un significato sessuale osceno. Così per Jovica quel termine è inusabile, e offensivo: impossibile per lui ricordare i suoi zii morti ad Auschwitz con quel termine. Una vicenda paradossale, questa, direttamente legata alla dispersione e alla secolare marginalizzazione e inferiorizzazione dei rom. Per rispetto nei confronti dei rom come Jovica crediamo dunque che dovremmo cominciare a trovare un altro termine, che non sia l’ennesimo affronto alla memoria proprio là dove la memoria dovrebbe essere sacralizzata e conservata. Samudaripen è il termine alternativo che molti rom propongono: significa “tutti morti”, e non ha implicazioni imbarazzanti per nessuno. Domani le associazioni 21 luglio e Sucar Drom hanno organizzato un convegno a Roma intitolato proprio Samudaripen: può essere un buon inizio, per avere finalmente un nome, e un nome giusto, per l’Orrore dimenticato.

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Idea Rom Onlus

PORRAJMOS o SAMUDARIPEN

Il termine Porrajmos ha un significato controverso nelle numerose varianti della lingua Romanì. Alcuni rifiutano il termine Porrajmos a causa del significato della parola tra i Rom Kanjaira e, a sfumare, in altre comunità provenienti dai balcani. Ma fra le altre comunità Rom, anche provenienti dai balcani e coesistenti negli stessi territori dei Kanjaira, il significato si diversifica in tante direzioni: aprire, strappare, stuprare, divorare mostrano i denti, sbadiglio, abbagliamento, fissare, urlare, imbrogliare , piantare la tenda, lacerare, spalancare gli occhi o la bocca, forza smisurata e violenta, divorare, aprire gli occhi, aprire la bocca, apertura, seduta con le gambe sui fianchi, violentare, disturbare, ampliamento di un'apertura, libertà, accesso, allungare, allargare, estendere, fagocitare... Il termine è stato contestato a causa di alcuni possibili significati, in particolare per il suo uso come un eufemismo per "stupro". Ma questa ulteriore interpretazione , insieme a "gridare" e "bocca aperta" e "strappare a pezzi", aggiunge semplicemente forza al significato simbolico della parola, per quello che il genocidio ha fatto al nostro popolo. Ora abbiamo quattro parole diverse per l'Olocausto dei Rom, ma questo è abbastanza in linea con l'imprecisione complessiva sui Rom in generale, una vaghezza a cui noi stessi stiamo contribuendo. Tuttavia, il riconoscimento internazionale e l'uso della parola Porrajmos si sta diffondendo. Google ha oltre 80.000 voci di testo per Porrajmos / Porraimos / Porraimos / Poraimos e migliaia di immagini. La parola Porrajmos, per quanto controversa, ha dato un'identità e un nome al più tragico evento in tutta la nostra storia. Ovviamente non sappiamo se in futuro sarà ancora questa o un'altra parola a descriverlo ma, per il momento, crediamo che la priorità sia impegnarci per il riconoscimento, la memoria e la lezione di quei tragici eventi.


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January 23, 2014

DEPORTATION OF ROMA TO TRANSNISTRIA

In the 40s all of sudden so called “Gypsy issue” was raised in Romania. It had nothing to do with the traditional attitude of Romanian authorities to this population. From the day of their liberation from slavery in the middle of the XIXth century up to the time when regime of Antonescu came to power Gypsies did not enjoy any special attention of any government. Thus, this “Gypsy issue” refers primarily to evolution of Romanian nationalism and modification of political order of Romania in the political context of 1940, and on the other hand this was an influence from the West, where back at the beginning of the 30s deportations to concentration camps began and severe repressive measures were applied as a result of deepening of racist prejudices, of so called “Gypsy issue”.

This situation began in 1929 with the enactment of a law stipulating certain limitations for Roma including freedom of movement of specially equipp
ed carts and caravans, forcing young people who have reached the age of 16 and are not working anywhere to work for two years in internment camps.

Later, when Hitler came to power in 1933 these measures became more stringent. In the country the main slogan of which was Arbeit macht frei (“Work makes a person free”), any person without documents could be announced a parasite. Therefore Roma, who could not confirm their German nationality were deported from the country. Soon concentration camps were opened and among their prisoners who were the enemies of the regime Jews and Roma were also kept there as criminals.

If real measures were taken against Gypsies in pre-war Hitlerite Germany, only some attempts of scientific analysis of relations between Romanians and national minorities were made at that time in Romania. This approach was based in biopolitics researches of other countries, especially of German science. Later this scientific area became an autonomous part of such subjects as biopolitics and eugenics. The basis for biopolitics was laid by Cluj professor Iulie Moldovan.

On the basis of this particular point of view the “Gypsy issues” was reviewed in Cluj Institute of Social Hygiene representatives of which are actually the “authors” of this notion. They are the authors of such notions as “ethnic purity”, “lower race”, “mixed ethnos”. They believed that there were national minorities in Romania that caused “bioethnic danger”, so called “minorities of non-European origin” or “ballast-minorities”, such as Gypsies, Jews and others.

With certain decisiveness it was stated that “the Gypsy issue” was completely resolved by the political regime proclaimed when general Ion Antonescu came to power, when Romania joined political and ideological orbit of Hitlerite Germany. Since then measures against people speaking different languages were transformed into the state policy.

Ion Antonescu was that very person who raised the issue on the measures against Gypsies at the sitting of the Government on February 7, 1941. After one inspection in Bucharest when he revealed gross violations of the way the city is disguised he required deportation of all Gypsies from the city. This was the beginning of the policy of Antonescu’s regime towards the Gypsies.

As Ion Antonescu declared at the court trial held in 1946 deportation of Gypsies to Transnistria was carried out at his personal order. It is worth mentioning that not a single order of Antonescu concerning Gypsies was signed by him or was officially published. These were oral instructions to the ministers and to the General Inspection of Gendarmerie. Antonescu was closely tracking how his orders were executed, so the policy towards the Gypsies carried out in Romania and Bessarabia during the war times can be considered as creativity of Antonescu himself.

As we have already mentioned the most important part of Antonescu’s policy towards the Gypsies was their deportation to Transnistria in summer and early autumn of 1942. 25 thousand Gypsies were deported to Transnistria, all nomadic Gypsies and some of settled Gypsies.

If we want to understand why Gypsies and Jews were deported to the territory between the Dniester and the Bug rivers which before its occupation by German and Romanian armies in 1941 was the Soviet territory, it should be mentioned that Adolph Hitler and Ion Antonescu exchanged letters and German-Romanian agreement was signed in Tighina on August 30, 1941 in conformity with which this territory fell under administration of Romania and the final status of the territory was to be decided after the war. Romanian administration of Transnistria headed by Gheorghe Alexeanu was dealing with economic and social life of this territory. This administration ruled until January 29, 1944 when it was changed by a military administration because of the developments at the front. Transnistria became the place where in 1941 and 1944 Romanian authorities were deporting Jews of Bessarabia and Bucovina, as well as the Gypsies living in the country.

We will speak about the Gypsies deported from Bessarabia to Transnistria. This issue has not been studied in a single special research. We shall make an attempt to tell about these events on the basis of archive materials and to complete the real picture of Bessarabian Roma deportation to Transnistria.

Basing on the analysis of these materials Roma deportation to Transnistria can be divided into several stages. During the first stage that lasted from June 1 to August 15, 1942 there were deported nomadic Gypsies and those who were causing difficulties. For instance, from June 1 to August 1, 1942 135 persons (4 tents) were deported from urban and rural territories of Chisinau inspection [6] and 33 person, including 19 women and 11 men from Balti region.

At the second stage (from September 12 until early October of 1942) settled Gypsies qualified as extremely dangerous and without any employment were deported. Deportation of settled Gypsies was going on in all Bessarabian inspections – Chisinau, Balti, Cahul, and Orhei.

During this period dangerous and unemployed Roma were deported. For instance, 51 persons – 14 women, 16 men and 21 children were deported from Cahul and Leova regions. We do not know whether there existed lists of the Gypsies dangerous for public order and unemployed Roma in other regions [2, file 552].

We only know about the records that were kept about the Gypsies who were in prisons at that moment, but these people were not deported as they could avoid deportation measures that had been carried out before.

But when they were freed from the prison and those who ran away during deportation were caught an authorization for their deportation to Transnistria was requested from the Main Department.

We believe it is important to mention that certain law enforcement bodies (gendarmerie and police) were intimidating other categories of Roma not subject to deportation to Transnistria with the aim of obtaining certain material benefits as a result of confiscation of the property owned by Roma. [1, file 121].

This can explain the fact that later the ministry and the Council of Ministers received a large number of complaints that many Gypsies were deported in violation of the established procedure and that the lists were not drawn up accurately and thoroughly. Later there was expected retrial of certain cases especially of the families of the Gypsies who were at the front. Implementation of these measures required additional transportation costs and authorities were very unhappy about that. [1, file 258].

From the same document we can find out that other complaints forwarded to the Ministry of Internal Affairs were simply not reviewed and general explanation was given that in each particular case deportation was carried out by mistake or at the request of the people being deported.

At certain stage the Ministry found itself in such situation when it had to return all the Roma and Jews back to their homes, as the latter managed to establish certain connections and demanded the right to be returned home.

In conformity with the order of Chisinau regional police inspectorate Nr. 20371 of September 3, 1942 wired to Balti local police it was necessary to select all local Roma. There were found 24 Roma men who hade previous convictions for various offences and crimes, others were deemed dangerous elements and persons without permanent employment as they were making their living by thefts and other types of fraud [3, file 596].

Thus, 51 persons (both men and women) with 63 children were gathered. Their deportation was organized by Balti Gendarmerie Inspection. On September 15, 1942 they were put into three railroad cars at Balti-Slobodzeia station for further transportation to Transnistria. Property of the deported people was confiscated and transferred to the Property Administration of Balti.

In accordance with the same wire order Nr. 20371 of September 3, 1942 to Ismail local police (Nr. 10371) Roma of this region were to be deported. 44 Gypsies dangerous for public order (16 families) were transferred to the gendarmerie legion on September 5, 1942 [4, file 61].

No instruction on finding and deportation of previously convicted Gypsies was made to this region. Therefore it was not specified what particular categories of Roma must be deported to Transnistria. In other words, assumption that the first category of Roma is dangerous for the public order is not justified, especially if we take into consideration that not only people with previous convictions were deported, but also innocent people, women and children.

List of Roma subject to deportation to Transnistria can serve as convincing example here. For instance, five families were deported from Chisinau region, 16 families (52 persons) from Cahul region, 1 family (2 persons) from police station in Chilia Noua [4, files 61-67].

During the third stage which began after October 13, 1942 (on this date the Council of Ministers made decision on refrain from new deportations) only few Roma were deported to Transnistria, primarily those who avoided summer deportation.

Settled Roma were deported three months later, except for several categories, such as mobilized both at front and at the enterprises executing orders for the front, invalids of war and their close relatives. As far as the mechanism of the orders execution, the information on deportation of nomadic Roma from capital can be considered the most precise one.

As we have already mentioned, some of the people deported at the second stage reached Transnistria because they were not aware of the ministerial order on their liberation from deportation. As a result in the course of the last months of 1942 and at  he beginning of 1943 many Roma who found themselves in such situation and filed written solicitations were returning home.

At the same time many Roma who did not fall into the category of the persons subject to deportation, concealed their previous convictions either with the aim of joining their relatives, or believing that in Transnistria their situation could be better than at home. The Ministry of Internal Affairs set up three commissions that were reviewing their complaints in Transnistria, but each time the authors stated that they had written absolute truth. But since they did not provide any documents in confirmation of their declarations the General Gendarmerie Inspectorate required new field inspection.

In many cases the General Gendarmerie Inspectorate allowed servicemen to visit their families deported to Transnistria, covered their transportation expenses, but did not allow to return home for the simple reason that they allegedly did not request that. Solicitations of Roma were still reviewed by the authorized bodies until March 1943.

For example order Nr. 20771 of January 20, 1943 instructed that no deportations were to be carried out because of typhus epidemic in Transnistria. Later order Nr. 71265 of February 18, 1943 issued by the same department instructs that all solicitations to return from Transnistria shall not be reviewed.

Archive materials do not contain any information about deportation of Roma to Transnistria from such regions as Orhei, Soroca and Tighina. In this respect we have our own assumptions made on the basis of archive researches.

In several documents drawn up soon after the establishment of the Soviet power in this territory we have read that in the village of Cosuati, Soroca region, two pits of different sizes were discovered, the first one is 6 meters wide, 4 meters long and 3 meters deep and another one is 7 meters long, 9 meters wide and 3 meters deep. 20 skeletons were exhumed from the area of 1,28 m2 [5, fund 67]. At the depth of 3 meters 10-12 levels of corpses were laid. According to rough estimations 6000 persons were buried there.

Similar case was registered in the village of Straseni where there were discovered 11 graves 2 meters long and 1 meter wide, and next to them another grave 5 meters long and 4 meters wide. The latter grave obviously became the place of shooting of a large group of civilians. According to estimations about 350 persons were shot there. It is presumed that this happened in July, 1942 [5, fund 63].

We can assume that Roma were also among those victims and thus we can explain lack of lists of Roma of Soroca and Orhei regions subject to deportation to Transnistria.

Orders of the Ministry of Internal Affairs do not provide for clear reasons that caused Romanian authorities to deport Roma. It is supposed that the order on their deportation is based on the idea that major part of Roma caused danger for the public order, especially during civil defence trainings, when Roma were stealing and committing other offences causing damage to state and private property. We do not know the number of Roma deported during the first two stages, but we have information from many regions about people deported to Transnistria in September of 1942. However we cannot be sure that this information is accurate and final.

Thus, the policy carried out by Ion Antonescu set up the lowest status for this category of population and later led to extermination of large number of Roma.

Historian Billing differentiates various types of genocide, such as genocide by means of reproduction prevention and alienation from children, genocide by means of deportation, genocide by means of homicide [7, page 146].

It is worth mentioning that Ion Antonescu chose the second type of genocide by violating human rights proclaimed in the Constitution of 1923.

Therefore the fourth decade of the last century became terrible for a great number of Roma. In November of 1940 at the recommendation of the Ministry of Health Care because of typhus epidemic the Ministry of Internal Affairs prohibited movement of nomadic Roma. Next year results of secret census showed that 208 700 Roma lived in Romania, these were the people who were considered to infect “Romanian race”. In 1942 a Royal decree was issued defining theft tendencies and criteria for Roma deportation. That decree had tragic consequences for Romanian Gypsies.

Instead of conclusions we would like to note that because this drama was not thoroughly studied it is not possible to completely restore the events preceding Roma Holocaust and to systematize statistic data about deportation of Bessarabian Roma to Transnistria.

By Tatiana SIRBU,
Master of History.

Notes:

1. National Archive of the Republic of Moldova (NARM), fund 679, list 1, file 7239.
2. NARM, fund 680, list 1, file 4473.
3. NARM, fund 680, list 1, file 4570.
4. NARM, fund 680, list 1, file 4578.
5. NARM, fund 1026, list 2, file 18.
6. Arhivele Statului, Bucuresti, fond Inspectoratul General al Jandarmeriei, dos. 147/1942.
7. Myriam Novich, Genocid: de la Auschwitz la Bug, //Rromanothan. Studii despre romi, 1997, vol. 1, nr.2.



(english / italiano)


La UE sta causando la guerra civile in Ucraina


Possibile?? Mentre in Italia e nella gran parte dei paesi UE cresce l'anti-europeismo, o almeno il malcontento verso le politiche dell'Unione, in Ucraina viceversa pare che esistano schiere di "europeisti radicali", "disposti a tutto", anche a morire in piazza, per farsi schiavi della tecnocrazia di Bruxelles!
Forse le cose non stanno proprio così… Forse gli esagitati della piazza di Kiev sono una minoranza, ma una minoranza che dispone di spaventosi megafoni e di potentissimi appoggi. Certo è che, come è già successo nel caso jugoslavo, anche in Ucraina le pressioni verso la cosiddetta "integrazione europea" sono causa di gravi contrasti nel corpo sociale. Se proseguirà lo sforzo delle diplomazie occidentali per far vincere a tutti i costi l'opzione annessionista, il paese potrebbe spaccarsi in due: da una parte l'ovest a prevalenza cattolica e uniate (ortodossa filo-cattolica), annesso per l'appunto alla Unione Europea; dall'altra l'est dove è prevalente la componente russofona e ortodossa. 
"Europeisti" furono già, nel senso indicato da Hitler e Mussolini, i collaborazionisti seguaci di Bandera, protagonisti di spaventosi pogrom contro la popolazione ortodossa e contro gli ebrei durante la II Guerra Mondiale. Proprio nella Giornata della Memoria, ritrovare nella piazza di Kiev certa teppaglia razzista con le croci uncinate dovrebbe preoccupare chiunque abbia un po' di buon senso; e invece, l'inviata di RaiNews24 Annamaria Esposito sbraita in diretta televisiva, senza alcun contraddittorio, che le offerte di Janukovic "non si possono più accettare" perché "siamo andati troppo oltre" e "la piazza" è orgogliosamente "pronta a tutto"… RaiNews24, dunque, di nuovo con l'elmetto. Come sempre. (A cura di Italo Slavo)


1) Denunciamo il carattere fascista della nuova “rivoluzione colorata” in Ucraina (Mauro Gemma)
2) L'Ucraina sta precipitando in una guerra civile provocata da forze fasciste e neo-naziste, con il sostegno della NATO e dell'Unione europea (Fausto Sorini)
3) Media Disinformation: What’s Really Going On in Ukraine? (Andy Dilks)
4) Ucraina: conservatori e fascisti uniti nella destabilizzazione filo-occidentale (Fabrizio Verde)
5) Lettera aperta del leader del Partito Comunista Petro Simonenko al Presidente dell’Ucraina Viktor Yanukovich
6) LE NOTIZIE DI "VOCE DELLA RUSSIA": Lavrov avverte gli USA di non interferire in Ucraina / Yanukovich nota stranieri armati a Kiev / I radicali stanno continuando ad impadronirsi del potere in Ucraina
7) Ucraina: la storia non raccontata (Brian Denny)


LINKS:


On the Offensive (Germany and the protests in Ukraine)

Serbian scenario unfolding in Ukraine? Nebojsa Malic' interview

Russia Warns West Not To Encourage Ukrainian Violence (Stop NATO, January 25, 2014):
1) Moscow urges West not to encourage Ukrainian militants' actions
2) Lavrov criticizes Europeans for inappropriate reaction to events in Ukraine
3) Protesters piling up firearms at Kyiv City Administration building - Ukrainian interior minister 
4) Protesters blockade Ukraine's Energy Ministry
5) Buildings of four regional state administrations remain seized in Ukraine
6) Crimean parliament urges Yanukovych to declare state of emergency
7) Lawmakers from ruling party banned from travel to U.S.
8) Policeman shot dead in Kyiv, another policeman sustains knife wound - Ukrainian interior ministry

Pro-Western Ukrainian opposition stokes up civil war


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Denunciamo il carattere fascista della nuova “rivoluzione colorata” in Ucraina

20 Gennaio 2014

di Mauro Gemma

Alcuni nostri lettori e compagni dell'Europa orientale ci hanno chiesto, con appelli accorati, di contribuire a far conoscere il livello inaudito che hanno raggiunto le violenze scatenate dai fascisti ucraini nelle manifestazioni che, ormai da molte settimane, si propongono di sovvertire con un vero e proprio colpo di Stato le istituzioni della repubblica ex sovietica e che da noi una indegna campagna mediatica continua a presentare come la pacifica espressione della volontà di un popolo ansioso di entrare nell'Unione Europea, che sarebbe vittima di una feroce repressione.

Va detto, per fare chiarezza, che questo “popolo”, che occupa la piazza principale della capitale e tanto osannato dal nostro sistema di comunicazione dominante, è costituito prevalentemente da bande di teppisti, alla cui testa si trova  "Svoboda", un partito che mantiene legami "fraterni" anche con “Forza Nuova”, nostalgico del collaborazionismo con le SS, che ha tra i suoi "maestri" i criminali di guerra che si distinsero per lo zelo con cui parteciparono ai massacri di centinaia di migliaia di ebrei, comunisti e inermi civili nella Seconda Guerra Mondiale.
Costoro sono fautori dell'apartheid nei confronti delle decine di milioni di ucraini di etnia russa e russofoni. Si sono opposti con rabbia (insieme a quella Julia Timoshenko che, sebbene sia stata condannata per crimini economici, è stata proclamata “eroina dell'Occidente”) alla concessione al russo dello status di lingua ufficiale del paese. Nella parte occidentale dell'Ucraina questi gruppi di teppisti si sono resi responsabili di assalti alle sedi comuniste, di aggressioni ai veterani dell'Armata Rossa, di oltraggio ai monumenti che ricordano il periodo socialista. Sono gli stessi che, poco tempo fa, con furia vandalica hanno abbattuto la statua di Lenin nel centro di Kiev. Va detto senza incertezze: sono veri e propri fascisti. Fascisti che hanno trovato la solidarietà persino di esponenti del Partito Democratico, come il vicepresidente del parlamento europeo, Gianni Pittella, che, con un'inammissibile ingerenza negli affari interni di un paese sovrano, non ha avuto alcuna vergogna ad arringare e a farsi applaudire (insieme ad altri esponenti di questa Unione Europea che sta massacrando il nostro stato sociale e le prospettive di futuro per i nostri figli) da una folla che sventolava le bandiere di "Svoboda".

A fronte della campagna mediatica di sostegno a questi delinquenti fa riscontro, purtroppo, il silenzio mantenuto dalle forze più coerentemente di sinistra del nostro paese. E' ora di darsi una mossa, compagne e compagni. Con i venti gelidi di fascismo che soffiano in Europa, la denuncia e la mobilitazione sono oggi più che mai doverose. Il silenzio non ha più giustificazioni.


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L'Ucraina sta precipitando in una guerra civile provocata da forze fasciste e neo-naziste, con il sostegno della NATO e dell'Unione europea

26 Gennaio 2014 

di Fausto Sorini, responsabile esteri PdCI, segreteria nazionale

Una sovversione violenta e reazionaria, organizzata e guidata da gruppi paramilitari fascisti e neo-nazisti ucraini e da professionisti al soldo dei gruppi dominanti dell'Unione europea e della NATO sta cercando di rovesciare le istituzioni democratiche elette dal popolo ucraino in libere elezioni. Elezioni riconosciute dagli osservatori internazionali e dalle Nazioni Unite.
Nelle regioni in cui la sovversione reazionaria ha preso il sopravvento in queste ore, sono già stati dichiarati "fuorilegge" il partito comunista ed altri partiti al governo.
Facciamo appello all'ANPI e alle forze antifasciste (non solo a parole) presenti nel Parlamento italiano ed europeo affinchè facciano sentire la voce in una situazione che sta trascinando l'Ucraina in una guerra civile sanguinosa, che minaccia la pace nel cuore dell'Europa. Chi ha ancora la volontà e la possibilità di influire sulla situazione, lo faccia. Oppure sarà corresponsabile di una gravissima connivenza con questo nuovo fascismo risorgente. - 


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Media Disinformation: What’s Really Going On in Ukraine?

Global Research, January 27, 2014

You’d be forgiven for knowing very little about the unrest in Ukraine – the violence, the rioting on the streets, the armed protesters storming government buildings amidst plumes of thick black smoke rising from makeshift barricades. Most of the public have once again been Beibered by the mainstream media – the arrest of this precocious, spoilt physical embodiment of crass corporate culture proving newsworthy enough for an MSNBC host to interrupt an interview with a member of Congress discussing the true scale of NSA spying.

In this climate of superficial distractions and media inanity, you’d be equally forgiven for not really knowing why there is political unrest in Ukraine. Most of the explanations for the violence offered by the mainstream media present the information in simplistic soundbytes – talking points without the relevant wider political and historical context which renders current events coherent.

The following article from The Independent provides us with a brief overview of the media’s presentation of recent events in Ukraine:

In November President Viktor Yanukovych decided to pull out of a treaty with EU, an agreement many felt would have paved the way for the Ukraine to join the union. It looked like he was going to sign the agreement before performing a U-turn, which has made Ukrainian disappointment all the sharper. However the government would rather stay friendly with Putin in return for favourable treatment. The protesters think it would benefit ordinary people far more to be aligned with the EU and consider Yanukovych a man who only represents the interests of the richest.

The article goes on to define the demonstrations as “more than a pro-EU movement”, one which represents popular resentment towards perceived government corruption and violent repression towards peaceful activists.

President Viktor Yanukovych’s government forces are certainly guilty of using excessive force against the rioters, and accusations of torture appear to be well-founded and should not be excused. But condemnation is certainly clouded when you consider the level of violence from the rioters. By the same token, when mobile phone users near the scene of the riots received text messages from the state reading, “Dear subscriber, you are registered as a participant in a mass riot” it brought to home just how omnipresent - and ominous - surveillance technology in the 21st century has become. 

The problem with the “popular protests against the government and for integration into the EU” narrative is that it omits crucial information regarding the role of the West is fomenting and orchestrating demonstrations such as these; a role which illuminates broader geopolitical objectives in the region and the extent to which intelligence agencies and their offshoot organizations meddle in the affairs of sovereign nations. Understanding the nature of soft power – the use of coercion and bribery – and the subversion and infiltration of grassroots political movements by NGOs and other organizations backed either directly or indirectly by the US government, helps us to more broadly understand why the unrest in Ukraine is reaching such a fever pitch.

The seemingly spontaneous 2004 Ukrainian “Orange Revolution”, sparked by alleged electoral fraud and allegations of voter intimidation, was led largely by a number of grassroots movements tied to political activists and student groups. Many of the groups involved, however, were funded and trained by organizations intimately linked to the US government. The foreign donors of these groups included the US State Department, USAID, the National Democratic Institute for International Affairs, the Open Society Institute and the National Endowment for Democracy. 

The candidate who emerged victorious in the wake of these widespread orchestrated protests, Viktor Yushchenko, was not only endorsed by the same institutions which wielded their influence over the protest movements themselves, he was also supported by the International Monetary Fund. A central banker by profession, Yushchenko was a firm advocate of implementing IMF monetary reforms and, equally crucially, an advocate of NATO membership. Before entering into Ukrainian politics he had worked at the US State Department,the Reagan White House, the U.S. Treasury Department, and the Joint Economic Committee of Congress. In short, it’s safe to say that he was a product of Washington, an image only exacerbated by his hostility towards Russia.

It is tempting to automatically assume that the same process is taking place in Ukraine at the moment. Certainly, intelligence agencies have historical form when it comes to covert operations and the manipulation of activists via social media – similar US-backed “Colour Revolutions” have taken place in Georgia, Yugoslavia and elsewhere. The widespread political support for the protesters in Ukraine and the lack of condemnation for their use of violence would certainly add to the view that these protests are at least tacitly backed by the West, if not outright orchestrated. While none of this constitutes “proof” of outside interference, at the very least it is enough to raise suspicions. On the other hand, without firm evidence it is perhaps equally plausible that the support for the protesters is simply a case of making political capital out of the situation, stoking the flames of an already lit fire.

As the violence on the streets of Kiev continues, already spreading away from the capital, the Russian State Duma recently passed a resolution slamming foreign politicians and other players for interfering in Ukrainian internal affairs in an attempt to escalate the conflict. It’s a marked contrast to the rhetoric emerging from Washington and the EU, both of whom have expressed the possibility of intervening, with the US adopting a stance which hints at another planned “regime change” on Russia’s doorstep.

Perhaps the most damning indictment of the West’s stance over Ukraine and their support for what they refer to as a “pro-democracy protest movement” is the profoundly anti-democratic leanings of the violent protestors at the vanguard of the assault on the Ukrainian authorities. Anyone familiar with the crisis in Syria and the attempts to topple President Assad will be all too familiar with the US’s willingness to get into bed with extremists of the worst possible nature in order to achieve their objectives.

In Ukraine today it appears that very little has changed. Just as the Western-backed Syrian rebels with intimate ties to al-Qaeda were presented in our media as “pro-democracy” organizations, so too are many of those protesting in Ukraine drawn from far-right and fascistic groups such as the opposition Svoboda party, whom John McCain was more than happy to appear on stage with in December 2013 and offer his – and by extension America’s – support.

Yet it would also be wrong-headed to characterize the protests in Ukraine as being led by far-right extremists – many protesters are taking to the streets through genuine and legitimate grievances with the current government. The danger lies in these moderate protesters allying themselves with those on the far-right – combined with tacit support from the US for the likes of the Svoboda party, it could be a concoction which would set the stage for a dictatorship far more corrupt and repressive than those currently clinging onto power.

With the geopolitical stakes as high as they are, not least with the potential for a broader NATO influence in the region, it would be wise to view the situation in Ukraine through the wider prism of the global balance of power and all that this entails. Equally, we should be wary of simplistic media narratives which seek to paint any conflict in black and white/good vs. evil terms, particularly when the “good guys” are being backed by the US government and her allies. All too often this amounts to little more than propaganda designed to rouse support for opposition movements favourable to “regime change”, and by now it should be very clear how little this has to do with vague, idealistic notions of “democracy”, and how much it has to do with regional – and ultimately global – hegemony.


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Ucraina: conservatori e fascisti uniti nella destabilizzazione filo-occidentale

23 Gennaio 2014 
di Fabrizio Verde per Marx21.it

Giungono ancora una volta notizie di duri scontri da Kiev, dove i manifestanti anti-governativi e filo-europei, hanno tentanto di sfondare i cordoni dei reparti antisommossa per assaltare il parlamento ucraino. Ancora una volta i media nostrani danno conto di quanto accade nell'ormai nota piazza Maidan di Kiev, messa a ferro e fuoco, argomentando con la consueta capziosità. 

La narrazione degli eventi è, come di norma accade in questi casi, manichea: da una parte i manifestanti democratici, filo-europeisti e ovviamente amanti della libertà. Dall'altra il governo guidato da Yanucovich, vicino alle posizioni della Russia, quindi per convenzione nemico giurato della libertà e autoritario. Insomma, una sorta di regime repressivo e dispotico a prescindere. 

Peccato, che praticamente nessuno si sia preso la briga di andare oltre le veline occidentali. Di provare a inquadrare quanto avviene alle porte della Russia - un territorio dunque strategicamente importante – dove più che una dura protesta per la mancata associazione con L'Unione Europea e contro le politiche del governo, sembra essere in atto una vera e propria destabilizzazione – portata avanti del classico stile delle rivoluzioni colorate – mirante a dirottare il paese nell'orbita Ue e Nato. 

Eppure sarebbe bastato non fermarsi alla superficialità degli eventi e provare ad andare più fondo, magari abbozzando un analisi su quel coacervo di forze eterogenee che rappresentano l'opposizione filo-europea, dove spiccano gli «iper-democratici» nazisti di Svoboda, per fare quantomeno un minimo di chiarezza sulla questione. 

Il ruolo di Canvas

Uscendo dalla versione edulcorata e manichea impostata dai media nostrani, troviamo chi come il giornalista statunitense ed esperto di questioni geopolitiche William Engdahl, ha raccolto informazioni sul ruolo giocato in Ucraina da Canvas (ex Otpor), Organizzazione non Governativa serba attiva dalla fine degli anni 90', che risultò poi essere il fulcro dell'opposizione filo-occidentale al presidente Slobodan Milosevic. 

Fonti ucraine hanno infatti spiegato al giornalista statunitense che vi sono autobus fatti convogliare su Kiev da tutti gli angoli del paese. Bus pieni zeppi di studenti e disoccupati ingaggiati per le proteste. Vengono inoltre distribuiti in piazza Maidan - cuore della contestazione - opuscoli identici ( http://12160.info/photo/photo/show?id=2649739:Photo:1376645 ) a quelli diffusi nel 2011 nella ormai celebre piazza Tahrir. Luogo simbolo e teatro delle manifestazioni di protesta che portarono al rovesciamento di Hosni Mubarak. Spalancando le porte del governo ai Fratelli Musulmani, ovviamente sponsorizzati da Washington.  

A questo punto è necessario, oltre che interessante e istruttivo, fare un passo indietro per ripercorrere a grandi linee la storia di questa organizzazione, già attiva nel tentativo di «rivoluzione arancione» in Ucraina del 2004. 

L'attuale e influente Center for applied nonviolent action and strategies (Canvas) discende dalla vecchia Otpor!, organizzazione che si forma e acquista consensi durante i bombardamenti Nato sulla Yugoslavia, allorquando diede vita a una forte campagna politica e mediatica volta al rovesciamento del presidente serbo Milosevic. Divenendo così il cuore dell'opposizione filo-occidentale. Una volta ottenuta la caduta di Milosevic, l'organizzazione nel 2001 tenta la trasformazione in partito politico presentandosi alle elezioni del 2001. Ma l'operazione fallirà, con la lista che si ferma a un misero 1.65%. 

A questo punto i leader di Otpor abbandonano l'idea della trasformazione in partito politico, decidendo di dedicarsi alla «consulenza». Si trovano così a ricoprire un ruolo di primo piano, mettendo a disposizione le proprie «competenze», oltre a una considerevole quantità di dollari, durante le cosiddette rivoluzioni colorate negli stati ex-sovietici. Movimenti d'opposizione come Kmara in Georgia e Pora in Ucraina, tra il 2003 e il 2004, potranno contare sull'appoggio dei leader dell'ormai ex Otpor, che di lì a breve diverrà Canvas. 

L'organizzazione Canvas, però, raggiunge la ribalta delle cronache internazionali durante la cosiddetta «primavera araba», dove i movimenti di protesta tramite i social network ammettono non solo d'ispirarsi all'esperienza dell'ex Otpor, ma di avvalersi della loro consulenza. Della vecchia Otpor, il movimento egiziano 6 aprile mutuerà anche il simbolo. Dalle rivoluzioni colorate alle primavere arabe, per Otpor - Canvas il passo è stato decisamente breve, ma significativamente sempre rivolto nella stessa direzione. Quella che conduce verso gli interessi Usa-Nato sullo scacchiere internazionale. 

Attualmente Canvas si dichiara una fondazione educativa a cui sarebbe «proibito ricevere fondi da governi o altre fondazioni». In realtà è dato acclarato e mai smentito, che Canvas riceva regolarmente ingenti finanziamenti da svariate realtà quali: la Fondazione Andenauer, l'Open Society Institute di George Soros, l'International Renaissance Foundation, il National Democratic Institute di Madeleine Albright e l'Ong statunitense Freedom House (il cui budget è coperto per ben l'80% dal governo federale degli Stati Uniti) che ha addirittura assunto due componenti di Otpor come consulenti per i movimenti in Ucraina e Bielorussia. 

I nomi dei finanziatori ci portano direttamente a chi si cela dietro i tentativi, odierni e passati, di destabilizzazione dell'Ucraina: Unione Europea e Stati Uniti. Gli stessi Usa che ebbero un ruolo fondamentale nell'addestramento degli attivisti serbi sui metodi di combattimento nei disordini di piazza. Un ex funzionario Cia, Robert Helvey, fu infatti incaricato di radunare a Budapest e addestrare i membri dell'allora Otpor. Il tutto, finanziamenti e ingerenza Cia, confermato da un'inchiesta condotta da Limes all'indomani della cacciata di Mubarak.  

L'Unione Europea, L'Udar di Klitschko e i nazisti di Svoboda

Una volta appurato il ruolo di Canvas, che evidentemente si muove nel solco di quanto viene stabilito in quel di Washington, diventa interessante andare a scoprire le connessioni tra l'eterogenea schiera della cosiddetta opposizione filo-occidentale e l'Unione Europea. Oltre agli immancabili Stati Uniti d'America come abbiamo constatato in precedenza. 

Figura paradigmatica, esemplare in tal senso, è quella dell'ex campione di pugilato Vitaly Klitschko.  Uomo forte del partito di destra Udar, capace di incassare il consenso e il sostegno statunitense ed europeo. L'ex pugile attualmente indicato come leader della variegata opposizione, viene sostenuto da Victoria Nuland (incontro tra Klitschko e Nuland: http://www.youtube.com/watch?v=0miz548u0WY ). Già rappresentante statunitense presso la Nato sotto Bush, che attualmente ricopre il ruolo di Segretario di Stato per gli Affari Europei ed Euroasiatici dell'amministrazione Obama. Ma la Nuland può vantare solidi legami presso gli ambienti neoconservatori: suo marito è Robert Kagan, noto falco nonché stretto collaboratore dell'ex vicepresidente Usa Dick Cheney. 

Per quanto riguarda il versante europeo, è invece il quotidiano teutonico Bild a informare che il Cancelliere tedesco Angela Merkel di concerto con il PPE (conservatori europei), avrebbe indicato apertamente Klitschko come candidato filo-europeo da appoggiare in vista delle elezioni in programma per il 2015. Già da tempo l'Unione Cristiano Democratica di Germania (CDU) partito del Cancelliere tedesco – insieme al PPE - offre supporto economico e logistico ai membri di Udar. Provvedendo anche all'addestramento politico degli esponenti del partito di destra ucraino. 

Addirittura l'europarlamentare conservatore tedesco Elmr Brok, recatosi a Kiev, si è spinto sino a chiedere ai dirigenti dell'opposizione ucraina di essere pronti a morire per instaurare un nuovo corso pro-europeo.

Chiudiamo questo parziale resoconto sull'opposizione ucraina, che ancora alle nostre latitudini viene definita «pro-democrazia» - quando in realtà si tratta di un coacervo di forze conservatrici e fasciste - con Svoboda. Diretta derivazione del Partito Socialista Nazionale Ucraino (SNPU), prenderà l'attuale denominazione nel 1998, dopo l'elezione del suo leader Oleh Tiahnybok al Parlamento ucraino. Di  viene ricordato un aberrante discorso tenuto sulla tomba di un nazista ucraino, dove ha inveito contro «la mafia ebraica di Mosca». 

Questo partito sciovinista e nazista i cui militanti sono stati indicati dal New York Times come i più «temibili» tra i manifestanti, autori «delle iniziative più provocatorie come l'occupazione di edifici e il blocco degli uffici governativi», è fautore del culto di Stepan Bandera. Il fondatore dell'Organizzazione dei Nazionalisti Ucraini che nel giugno del 1941 unì le proprie forze a quelle dei nazisti durante l'invasione dell'Unione Sovietica. Lo sdoganamento di Svoboda (Libertà) è avvenuto grazie al partito filo-tedesco Batkivshina della malversatrice Julia Tymoshenko, attualmente detenuta per appropriazione indebita e frode, che nell'ultima tornata elettorale ha stretto un'alleanza con i nazisti decisamente fruttuosa per questi ultimi che hanno ottenuto ben 37 seggi. Mentre la loro influenza aumenta sempre più, grazie anche al ruolo preminente nelle violente proteste in atto. 

Disinformazione dei media mainstream e «abbagli» di una certa sinistra      

Per descrivere il ruolo mistificatore dei media mainstream in questa vicenda, possiamo ricorrere a quanto espresso dall'autorevole dirigente comunista Pietro Secchia attraverso le colone del settimanale «Rinascita» nel 1950. 

«Non da oggi – scriveva Secchia - la stampa è un potente strumento di cui si serve la classe dominante per mantenere la sua dittatura. Il grande capitale non domina solo con le banche, i monopoli, il potere finanziario, il tribunale e la polizia, ma con i mezzi quasi illimitati della sua propaganda e della corruzione ideologica. Mai, però, come oggi, il malcostume della stampa capitalista si è manifestato in forme così volgari e abiette. Vi fu un’epoca, agli inizi

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(srpskohrvatski / deutsch)



junge Welt (Berlin), 06.01.2014 / Schwerpunkt / Seite 3

»Neutralität ist beste Option«


Serbien braucht Partner, keine Befehlshaber: Mehrheit der Bevölkerung gegen Mitgliedschaft in der NATO. Ein Gespräch mit Zivadin Jovanovic

Klaus Hartmann

Der Jurist Zivadin Jovanovic war 1998 bis 2000 jugoslawischer Außenminister. Heute ist er Präsident des »Belgrad Forums für eine Welt der Gleichen«

Das Jahr bringt uns drei bedeutsame Jahrestage: der Beginn des Ersten Weltkriegs durch die von Deutschland unterstützte Kriegserklärung Österreich-Ungarns gegen Serbien, die Befreiung Belgrads von den Hitler-Faschisten 1944, und der 15. Jahrestag der NATO-Aggression gegen Jugoslawien. Welchen Zusammenhang sehen Sie bei diesen Ereignissen?

Alle drei, der Erste und Zweite Weltkrieg und die NATO-Aggression, wurden gegen unser Land geführt, im selben 20. Jahrhundert. Alle waren sie imperialistische Kriege, die unter verlogenen Vorwänden gestartet wurden. Sie bewirkten enorme menschliche, wirtschaftliche und politische Konsequenzen, die auch im 21. Jahrhundert noch nicht bewältigt sind. Serbien nimmt diese Jahrestage zum Anlaß, seiner Millionen gefallener Landsleute zu gedenken sowie aller Opfer, die ihr Leben für Freiheit und Menschenwürde gaben. Wir alle müssen die Erinnerung wach halten und die Botschaft vermitteln, daß sich solche Katastrophen für die Menschheit nicht wiederholen dürfen.

Ist im Bewußtsein der Öffentlichkeit Serbiens weiterhin präsent, daß das Land dreimal in einem Jahrhundert Ziel westlicher Aggressionen wurde?

Eine Nation, die über ein Drittel ihrer Bevölkerung im Ersten und mehr als eine Million im Zweiten Weltkrieg verloren hat, während die »humanitäre Intervention« der NATO auch nach 15 Jahren immer noch Todesopfer fordert, diese Nation kann und darf nicht vergessen. Das wäre unzivilisiert und unverantwortlich gegenüber der Zukunft.

Das »Belgrad Forum« spielt als unabhängige Organisation von Intellektuellen eine wichtige Rolle, das öffentliche Bewußtsein für die Aggressionskriege gegen Serbien im 20. Jahrhundert zu schärfen. Unter dem Motto »Niemals vergessen!« bereitet es eine Reihe Veranstaltungen zum bevorstehenden 15. Jahrestag der NATO-Aggression vor, darunter eine internationale Konferenz am 22. und 23.März in Belgrad mit dem Titel »Globaler Frieden gegen globalen Interventionismus und Imperialismus«, zu der prominente unabhängige Wissenschaftler und Friedensaktivisten aus der ganzen Welt erwartet werden.

Hat Europa Lehren aus der Geschichte des 20. Jahrhunderts gezogen?

Ich fürchte nicht. Ich bin besorgt über die Militarisierung der EU und die Expansion der NATO nach Osten. Einige europäische Regierungen, einschließlich links orientierter, kopieren mehr und mehr die imperiale Politik und das Benehmen der USA, sie verlieren den Respekt für die Werte der Zivilisation. Abhängig gemacht von US-Doktrinen wie dem »Recht auf humanitäre Intervention«, der »Schutzverantwortung« oder dem »Krieg gegen Terror«, hat Europa die Kraft und das Selbstvertrauen verloren, zu offenkundig antieuropäischer Politik nein zu sagen. Manche europäischen Regierungen wetteifern darin, der NATO Zugeständnisse zu machen. Hinter dem Vorhang antikommunistischer Rhetorik in verschiedenen nationalen und EU-Institutionen lebt der Faschismus wieder auf. Wir sind mit der systematischen Revision der europäischen Geschichte des 20. Jahrhunderts konfrontiert. Die Rehabilitierung von Nazis in einigen »Neuen Demokratien« geht einher mit Anklagen gegen Veteranen des antifaschistischen Kampfes und der Zerstörung von Denkmälern für Partisanen.

Die Revision der Geschichte ist kein Selbstzweck. Wenn bestimmte ungarische Politiker den Vertrag von Trianon des Jahres 1920 revidieren wollen, wird vollkommen klar, daß ihr wahres Ziel die Änderung der Grenzen ist.

Das Ziel des Krieges 1999 war die Zerstörung Jugoslawiens und die Zerstückelung Serbiens. Wie erfolgreich war die NATO?

Tatsächlich hat die NATO Jugoslawien zerstört, wirtschaftlich und als Staat, und sie hat Serbien und die serbische Nation fragmentiert. Ich bezweifle aber, daß dies ein Erfolg für irgendjemand ist. Die USA und die NATO unterliegen keinerlei rechtlichen oder sonstigen effektiven Kontrolle, ihr Krieg war ein Krieg gegen Europa – mit aktiver Beteiligung Europas!

Großbritannien führte enthusiastisch die Nützlichkeit seiner doppelgesichtigen Loyalität vor. Deutschland sah eine gute Gelegenheit, die ihm nach dem Zweiten Weltkrieg verpaßten Einschränkungen, die es als Zwangsjacke empfand, loszuwerden, der Rest der EU hatte nichts zu melden. Das »Racak-Massaker«, der »Hufeisenplan«, die »Rambouillet-Verhandlungen« und das Hager Sondertribunal waren Bausteine, um Serbien als neuen Nazistaat vorzuführen, um Sanktionen zu rechtfertigen, die kriminelle NATO-Aggression, die politische Erpressung und letztlich den Raub von Kosovo und Metohija.

In der Friedensbewegung gibt es die Auffassung, daß mit der NATO-Aggression eine dauernde Militärpräsenz der USA in diesem Teil Europas begründet werden sollte.

Das trifft zu. Sofort nach dem Krieg schufen die USA mit dem »Camp Bondsteel« in Kosovo und Metohija einen der weltweit größten Militärstützpunkte vom Typ der Ramstein Air Base. Der frühere Staatssekretär Willy Wimmer berichtete dem damaligen Bundeskanzler Gerhard Schröder, die USA wollten damit den »Fehler« von Präsident Eisenhower korrigieren, der es im Zweiten Weltkrieg versäumt habe, US-Truppen in Jugoslawien zu stationieren. Dies ist Teil der militärischen Expansion Richtung Rußland, Kaspisches Meers, Zentralasien und Mittlerer Osten. Heute gibt es in Europa mehr ausländische Militärbasen als auf dem Höhepunkt des Kalten Krieges ...

Welche Haltung nimmt die gegenwärtige Regierung in Belgrad gegenüber den Aggressoren von 1999 ein? Will sie immer noch in die EU, obwohl Kosovo und Metohija endgültig von Serbien abgetrennt werden soll?

Der Druck, den speziell die USA, Deutschland und Großbritannien auf Serbien ausüben, die einseitige illegale Sezession von Kosovo und Metohija anzuerkennen, um im Austausch dafür irgendwann nach 2020 die EU-Mitgliedschaft zu erhalten, ist unanständig, revanchistisch und kontraproduktiv. Eine Lösung im Widerspruch zur UN-Charta und zum OSZE-Abkommen von Helsinki, zur UN-Resolution 1244 und zur serbischen Verfassung ist keine Lösung. Die USA wollen die Angelegenheit dem UN-Sicherheitsrat aus der Hand nehmen, um Serbien der russischen und chinesischen Unterstützung zu berauben. Dazu nutzt Washington die EU als Vermittler. Doch 100 Jahre nach dem Wiener Diktat wird kein westliches Diktat das Statusproblem lösen.

1999 bezeichnete ich die NATO-Aggression als »Türöffner-Krieg« für die nächsten Kriege – inzwischen erlebten wir die Kriege gegen Afghanistan, den Irak, Libyen, Syrien, ebenso gegen Pakistan und viele afrikanischen Länder. Es ist schwer nachvollziehbar, daß Serbien Mitglied dieser Terrororganisation werden will.

Rund 75 Prozent der Bevölkerung Serbiens sind entschieden gegen eine NATO-Mitgliedschaft, nur 13 Prozent befürworten sie. Als Relikt des Kalten Krieges gehört die NATO aufgelöst. Serbien ist ein kleines, friedliebendes Land ohne imperialistische Ziele. Die NATO ist eine aggressive Maschinerie, die den Interessen des Militärisch-Industriellen Komplexes und des Finanzkapitals dient. Afghanistan, Irak, Libyen, Syrien waren nur Wiederholungen des jugoslawischen Präzedenzfalls. Das selbst angemaßte Recht der NATO, an jedem Punkt der Welt anzugreifen, ist die Quelle größter Gefahr für Frieden und Stabilität.

Wenn die Aggression 1999 der Wendepunkt Richtung Globalisierung des NATO-Interventionismus war, dann markieren die Ereignisse im Iran, in Syrien und der Ukraine 2013 den Wendepunkt vom Monopol zur Multipolarität. Für Serbien ist die Neutralität die beste Option. Wenn sechs Staaten in der EU sein können ohne Mitglied der NATO zu sein, warum sollte das Serbien als Gründungsmitglied der Blockfreien-Bewegung nicht können?

Bei verschiedenen Gelegenheiten wurden serbische Hoffnungen auf russische Hilfe und Unterstützung enttäuscht, andererseits kann eine komplette Einkreisung auf dem Balkan nicht in Moskaus Interesse liegen. Wie sind die serbisch-russischen Beziehungen?

Rußland war in der Geschichte immer Serbiens Verbündeter, es unterstützt Serbiens Souveränität und territoriale Integrität sowie die Umsetzung der UN-Resolution 1244 über Kosovo und Metohija. Rußland unterstützt Serbien auch bei der Durchsetzung des Dayton-Friedensabkommens über Bosnien und weist Versuche zurück, es zu Lasten der Serbischen Republik zu revidieren.

Für Entwicklungsprojekte in Serbien gewährt Rußland zinsgünstige Kredite über fünf Milliarden Dollar. Mit der Erdgas-Pipeline »South Stream« durch Serbien wird die Energiesicherheit in Europa garantiert und zugleich die geopolitische Position Serbiens gestärkt. Die EU-Mitgliedschaft ist für Serbien keineswegs alternativlos – es kann auch als neutrales Land ein guter und prosperierender Nachbar der EU sein. Serbien braucht den weiteren Ausbau der Beziehungen zu Rußland, China, Indien und allen anderen Ländern, die keine politischen Vorbedingungen stellen und die Serbiens Souveränität und territoriale Integrität unterstützen. Ein Grundsatz ist besonders wichtig: Serbien braucht andere Partner genauso, wie sie Serbien brauchen – nicht mehr, aber auch nicht weniger.



Neutralnost je najbolja opcija za Srbiju


Intervju za „junge Welt“,  Berlin

 
Autor Živadin Jovanović: Rođen je 1938. u Opariću, Srbija. Diplomirao je na Pravnom fakultetu Sveučilišta u Beogradu, 1961. u Jugoslavenskoj diplomaciji 1964. – 2000., Federalni ministar vanjskih poslova SRJ 1998. – 2000.; zastupnik srpskih i jugoslavenskih parlamenata, potpredsjednik Socijalističke partije Srbije 1997. – 2002., autor „Ukidanje države“, „Ogledalo Kosova“, „Mostovi“; predsjednik beogradskog Foruma za svijet jednakih.


- Pitanje: Godina 2014. obilježava tri značajne obljetnice: Početak Prvog svjetskog rata s njemačkom potporom austrijske objave rata Srbiji, oslobođenje Beograda od Hitlerovih fašista 1944. i 15. obljetnice NATO agresije na Jugoslaviju. Vidite li i kako bi nam mogli objasniti vezu između tih datuma?

ŽJ : Sva tri rata u 20. stoljeću – Prvi i Drugi svjetski rat i NATO agresija na Jugoslaviju 1999. bili su imperijalistički ratovi, svi su započeti pod lažnim izgovorima, svi su izazvali ogromne ljudske, gospodarske i političke posljedice do 21. stoljeća. Obilježavanje godišnjice 2014. Srbija odaje poštovanje prema milijunima poginulih sunarodnjaka, svim žrtvama palim za slobodu i ljudsko dostojanstvo bilo gdje. Svi mi moramo potaknuti naše pamćenje i poslati poruku da takve ljudske katastrofe ne smiju se ponoviti.

P: Je li još uvijek prisutna u svijesti javnosti Srbije činjenica da je zemlja bila meta zapadne agresije tri puta u jednom stoljeću?

ŽJ: Narod koji je izgubio više od jedne trećine stanovništva u prvom i preko milijun u Drugom svjetskom ratu, narod koji je čak 15 godina nakon NATO-ve “humanitarne intervencije” nastavlja trpiti umiranje građana, sigurno ne može i ne smije zaboraviti. Bilo bi necivilizirano, neodgovorno prema budućnosti zaboraviti.
Beogradski forum, neovisna, nestranačka udruga intelektualaca, ima važnu ulogu u jačanju javne svijesti o agresivnim ratovima protiv Srbije u 20. stoljeću. Pod sloganom „Ne zaboravi“, Beogradski Forum priprema niz događanja kojima se komemoriraju ljudske žrtve agresije NATO-a povodom 15. godišnjice njegovog početka. Središnji događaj bit će Međunarodna konferencija (Beograd, 22. – 23. marta, 2014.) pod nazivom „Globalni mir, globalni intervencionizam i imperijalizam“. Tu će biti nazočni ugledni, nezavisni intelektualci, znanstvenici i mirovni aktivisti iz cijeloga svijeta.

-P : Je li Evropa shvatila lekciju iz povijesti 20. stoljeća?

ŽJ: Bojim se da nije. Ja sam zabrinut zbog militarizacije EU i Evrope, te proširenje NATO-a na istok. Neke evropske vlade, uključujući i lijevo orijentirane, sve više i više kopiraju imperijalnu politiku i ponašanje SAD i smanjuju poštivanje civilizacijskih vrijednosti. Budući da je bila pod utjecajem američke doktrine „prava na humanitarne intervencije“, „obvezu zaštite“, „borbe protiv međunarodnog terorizma“, Evropa je izgubila snagu i samopouzdanje riječi „NE“ toj očito antievropskoj politici. Neke evropske vlade natječu se tko će biti velikodušniji, nude ustupke i vojne baze za NATO. Iza zastora antikomunističke retorike u različitim državnim i EU institucijama, oživljava neofašizam i neonacizam. Mi smo suočeni sa sustavnom revizijom povijesti Evrope u XX. stoljeću. Rehabilitacija nacista u nekim novim demokracijama ide paralelno s optužbama veteranima antifašističke borbe i uništavanjem partizanskih spomenika.
Revizija povijesti nije cilj sam po sebi. Ako, na primjer, pojedini političari u Mađarskoj traže reviziju Trianonskog ugovora iz 1920. jasno je da je njihov pravi cilj izmjena granica!

-P: Cilj NATO rata bio je raspad Jugoslavije i fragmentacija Srbije? Jesu li bili uspješni?

ŽJ: Istina je da je NATO uništio Jugoslaviju, ekonomski i kao državu, a to je fragmentiralo Srbiju i srpski narod. No, jako sumnjam da je to uspjeh za bilo koga. SAD i NATO izašli su iz bilo kojeg pravnog okvira ili sustava, izvan bilo kakve smislene kontrole. NATO i SAD agresija protiv Srbije (SRJ) bio je rat protiv Evrope, rat za kontrolu Evrope koja danas jedva može disati samostalno. Zamislite rat protiv Evrope s aktivnim sudjelovanjem Evrope! Velika Britanija je bila oduševljena pokazati korisnost njezine dvostruke lojalnosti. Njemačka je gledala na to kao dobru priliku da se oslobodi odgovornosti Drugog svjetskog rata, Francuska, Italija i ostali su bez težine i utjecaja. „Pregovori u Rambouilletu“, „masakr u Račku“, „plan potkova“, Haaški sud i tako dalje, bili su dio nastojanja da Srbiju prikažu kao novu nacističku državu kako bi opravdali napade, NATO agresiju, ucjene i na kraju otimanje Kosova i Metohije Srbiji.

-P : Postoji mišljenje da je NATO agresija 1999. bila povod da se uspostavi stalna američka vojna nazočnost u tom dijelu Evrope?

ŽJ:  Istina je. Odmah nakon NATO agresije SAD su osnovale „Bondstil“ vojnu bazu na Kosovu i Metohiji, a čini se da je to vojna baza tipa Ramstad. To je jedna od najvećih američkih vojnih baza u svijetu. Prema izvješću iz svibnja 2000. njemačkog političara Willyja Wimmera tadašnjem kancelaru Gerhardu Schröderu, američka agresija iz 1999. ispravila je Eisenhowerovu grešku tijekom Drugog svjetskog rata kojom je propustio prebaciti američke vojnike na jugoslavensko tlo. To je dio vojne ekspanzije prema Rusiji, Kaspijskom bazenu, središnjoj Aziji, Bliskom istoku. Nakon baze „Bondstil“, SAD je osnovao četiri baze u Rumunjskoj, četiri u Bugarskoj i tako dalje. Danas, Evropa ima više stranih vojnih baza nego na vrhuncu Hladnog rata. Što će im? Nema sukoba vojnih blokova, ideologija ili sustava. Invazija iz drugih planeta, za sada, nije vjerojatna.

-P : Koji je stav aktualne vlasti prema agresorima iz 1999. Jesu li oni i dalje u potrazi za članstvom u EU usprkos nastojanju EU-a da se odvoji Kosovo i Metohjia definitivno od Srbije?

ŽJ:  Pritisci, naročito iz SAD-a, Njemačke i Velike Britanije, nameću Srbiji priznanje jednostrane i ilegalne secesije Kosova i Metohije u zamjenu za članstvo u EU negdje nakon 2020. što je nepošteno, revanšističko i kontraproduktivno. Rješenje je to u suprotnosti s UN-om i Helsinškim poveljama, rezolucije Vijeća sigurnosti UN-a 1244 i Ustava Srbije pa i ne može biti rješenje. SAD su htjele to pitanje preuzeti iz ruku Vijeća sigurnosti UN-a kako bi poništile podršku Srbiji od strane  Rusije i Kine. Dakle, Washington je zadužio EU kao posrednika između Beograda i Prištine. No, može li se zapravo problem statusa Kosova i Metohije riješiti novim diktatom Zapada koji se podudara sa 100 godina Bečkog diktata 2014.? Iskreno sumnjam.
Oko 75 posto ukupnog stanovništva Srbije je izričito protiv članstva u NATO-u dok je samo 13 posto za.

-P : 1999. sam smatrao agresiju NATO-a kao „otvaranje vrata“ sljedećim ratovima. U međuvremenu smo svjedoci ratova protiv Afganistana, Iraka, Libije, Sirije, čak i Pakistana i mnogih afričkih zemalja. Teško je zamislivo da Srbija želi da se pridruži ovoj terorističkoj organizaciji.

ŽJ : NATO nije, po mom mišljenju, mjesto za Srbiju. Kao relikt Hladnog rata trebao bi biti raspušten. Srbija je mala miroljubiva zemlja bez imperijalnih ciljeva. NATO je agresivan, imperijalistički stroj za posluživanje interesa korporativnog vojno-industrijskog i financijskog kapitala. Samozvano pravo NATO-a intervenirati u bilo koje mjesto na svijetu je izvor velike opasnosti za mir i stabilnost. Čelnici NATO-a čini se ne razumiju da multipolarizacija svijeta i demokratizacija međunarodnih odnosa su neizbježni povijesni trendovi koji se ne mogu zaustaviti. Afganistan, Irak, Libija, Sirija bili su samo „kreativno“ ponavljanje presedana Jugoslavije iz 1999. Globalizacija intervencionizma mora biti zaustavljena.
Ako je 1999. agresija na Jugoslaviju bila prekretnica prema globalizaciji NATO intervencionizma, a zatim 2013. razvoj situacije u Iranu, Siriji i Ukrajini su prekretnica koja obilježava kraj monopola i početak multipolarizacije i demokratizacije u svjetskim odnosima.
Podržavam neutralnost Srbije kao najbolje opcije. Ako šest zemalja EU-a mogu to biti bez da su članice NATO-a, zašto Srbija, koja je bila osnivač i član Nesvrstanih, ne bi mogla?

P : U nekoliko navrata, nade Srbije u rusku pomoć i podršku bile su razočarane. No, potpuno imperijalističko okruženje na Balkanu ne može biti u interesu Rusije. Kakvi su stvarni odnosi Srbije prema Rusiji?

ŽJ:  Rusija nikada nije napala Srbiju. Uvijek su bile saveznice. Politički Rusija podupire suverenitet i teritorijalni integritet Srbije i provedbu rezolucije VS UN 1244 o Kosovu i Metohiji. Rusija je osigurala meke kreditne linije za razvojne projekte u Srbiji u vrijednosti od oko pet milijardi dolara. Plinovod „Južni tok“ koji prolazi kroz Srbiju je i Rusija financirala. Garantirajući energetsku sigurnost, ovaj europski projekt će, također, jačati geopolitički položaj Srbije. Rusija također podržava Srbiju u obrani provedbe Daytonskog mirovnog sporazuma u Bosni i odupire se pokušajima da se to izmijeni na štetu Srba (Republika Srpska) u Bosni. Nije istina da je članstvo u EU jedina alternativa za Srbiju. Neutralna Srbija može biti dobar i vrlo uspješan susjed EU. Srbija treba da dodatno proširi suradnju s Rusijom, Kinom, Indijom i svim drugim zemljama koje ne traže političke uvjete i koje podržavaju suverenitet i teritorijalni integritet Srbije. Jedan princip je posebno važan: Srbiji trebaju strani partneri kao što je i njima potrebna Srbija. Ni više, ni manje.

(Objavljeno, 6. siječnja 2014.)






*** COMUNICAZIONE IMPORTANTE: Lo spettacolo DRUG GOJKO di cui abbiamo dato notizia nel post precedente (Roma 26 gennaio, Forte Fanfulla) si terrà alle ore 19:00 diversamente da quanto già comunicato ***


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SCARICA LA LOCANDINA:  https://www.cnj.it/INIZIATIVE/volantini/AnghiariSansep2014.jpg

----- Original Message -----
Sent: Tuesday, January 21, 2014 1:36 PM
Subject: Anghiari e Sansepolcro ricordano il Giorno della Memoria

Regione Toscana
 
Anghiari e Sansepolcro ricordano il
 
GIORNO DELLA MEMORIA
2014
 
con incontri, spettacoli e performance
 
 
 
Giorno della Memoria è una ricorrenza internazionale celebrata il 27 Gennaio di ogni anno come giornata in commemorazione delle vittime del nazismo, dell’Olocausto e in onore di coloro che a rischio della propria vita hanno protetto i perseguitati. In questo giorno si celebra la liberazione del campo di concentramento di Auschwitz, avvenuta il 27 Gennaio 1945 ad opera delle truppe sovietiche dell’Armata Rossa.
 
Quest’anno, a 70 anni dalla Liberazione della Toscana, nei due comuni della Valtiberina, si terranno performance, presentazioni di libri, concerti e spettacoli a ricordo del coraggio di tanti uomini e donne che si opposero alla dittatura.
 
 
 
ANGHIARI
 
 
Sabato 25 Gennaio ore 17:30
BIBLIOTECA COMUNALE DI ANGHIARI
Presentazione Libro Giorgio Sacchetti
RENICCI 1943.
Internati anarchici: storie di vita del Campo n.97
Interviene Claudio Silingardi, Direttore Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia
 
 
 
Sabato 25 Gennaio ore 21:30
TEATRO COMUNALE DI ANGHIARI
Pulpito dedicato a
SCORDATELO ANCORA
Memorie permesse e omissioni (più o meno volontarie)
Performance teatrale e musicale ‘aperta’
 
 
 
Domenica 26 Gennaio ore 11:00
LA STAZIONE DI ANGHIARI-RENICCI: 4 CHILOMETRI E 400 METRI
Marcia dei prigionieri deportati dalle isole di confino del Mediterraneo e dalla ex-Jugoslavia più Rancio domenicale dell’internato
(Degustazione del “rancio dell’internato” gratuita, si consiglia comunque la prenotazione: 0575 1824380 info@...)
 
 
 
Domenica 9 Febbraio ore 18:00
TEATRO COMUNALE DI ANGHIARI
7 (erano i fratelli cervi)
con Gianni Micheli,Luca Baldini e Massimiliano Dragoni
regia:Andrea Merendelli
Teatro di Anghiari-Officine della Cultura
 
 
 
SANSEPOLCRO
 
 
Giovedì 23 Gennaio ore 10:30
TEATRO ex INPDAP
Associazione Cultura della Pace
TATIANA E ANDRA BUCCI
due sorelle deportate ad Auschwitz nel Marzo del 1944 incontrano gli studenti della Valtiberina
 
Sabato 25 Gennaio ore 10:30
EX-POSTE, in collaborazione con Liceo Città di Piero
Presentazione Libro Giorgio Sacchetti
RENICCI 1943.
Internati anarchici: storie di vita del Campo n.97
Interviene Claudio Silingardi, Direttore Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia
 
Sabato 1 Febbraio ore 15:00
CIMITERO DI SANSEPOLCRO
Sacrario dei Caduti Ex-Jugoslavia
Performance Teatrale a cura di Laboratori Permanenti, Caterina Casini.
 
Lunedì 10 Febbraio ore 10:30
7 (erano i fratelli cervi)
con Gianni Micheli, Luca Baldini e Massimiliano Dragoni
regia:Andrea Merendelli
Teatro di Anghiari-Officine della Cultura
 
 
PER INFO
Tel. 0575-1824380
 
 
 
 
 
 
Teatro di Anghiari
via Bozia, 3
52031 ANGHIARI - AR
0575 788659
teatrodianghiari@...
Skype: teatro.anghiari
Facebook: Teatro di Anghiari


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Dall'Autore del libro Giorgio Sacchetti riceviamo e volentieri divulghiamo (per contatti: sacchetti.giorgio @ gmail.com ):

Renicci 1943

Internati anarchici: storie di vita dal Campo 97 


Pagine: 236
Formato: 14 x 21
Data pubblicazione: Novembre 2013
Editore: Aracne
Prezzo: 16,00 €
ISBN: 978-88-548-6538-9

Renicci è stata una vergogna tutta italiana, protrattasi oltre il 25 luglio. Questo volume, punto di arrivo di un percorso di studi e ricerche trentennale, si pone l’obiettivo di mantenere viva la memoria e l’identità di quel centinaio di connazionali, antifascisti non conformi e fuori ordinanza, che nell’agosto e settembre 1943 – sotto il regime militare di Badoglio – si trovarono, a fianco di migliaia di altri fratelli di etnia slava, anche loro reclusi nel famigerato campo d’internamento di Renicci d’Anghiari nella Valtiberina toscana. Lo studio si basa sulle biografie misconosciute, sorprendenti e “anomale” di 118 prigionieri e sulla storia di vita del comandante partigiano Beppone Livi. La complessiva vicenda fa anche emergere, nel ruolo di protagonisti negativi, servitori dello Stato – quali Marcello Guida (direttore di Ventotene) e Giuseppe Pistone (comandante di Renicci) – che sono espressione evidente di “continuità” nella transizione fascismo - democrazia.

info e richieste al link:




Altre iniziative, per la Giornata della Memoria e non solo

ROMA 26 GENNAIO: DRUG GOJKO
AVIANO (PN) 27 GENNAIO: IL CAMPO DI CONCENTRAMENTO DI GONARS 1942-1943
ROMA 30 GENNAIO: ROM E SINTI IN EUROPA. DALLO STERMINIO NAZISTA ALLA DIFFICILE INTEGRAZIONE DI OGGI
MONZA 31 GENNAIO: GONARS 1941-1943. IO ODIO GLI ITALIANI
COMO 1 FEBBRAIO: LAGER ITALIANI. PULIZIA ETNICA E CAMPI DI CONCENTRAMENTO FASCISTI PER CIVILI JUGOSLAVI 1941-1943
MILANO 9 FEBBRAIO: INCONTRO PER LA GIORNATA DELLA MEMORIA 2014
APPENDICE: PERCHE' NON E' APPROPRIATO IL TERMINE "PORRAJMOS" PER IL GENOCIDIO DEI ROM

vedi anche:

GORIZIA 22 GENNAIO: IL LAGER DI SAN SABBA 
TORINO 26 GENNAIO: LA VALLE DEI SOSPIRI - PER RICORDARE L'OLOCAUSTO ROM
TRIESTE 26 GENNAIO: DAN SPOMINA / IL GIORNO DELLA MEMORIA IN RISIERA DI SAN SABBA

UDINE 29 GENNAIO: CONVEGNO STORICO "I CAMPI DI CONCENTRAMENTO FASCISTI"


=== ROMA 26 GENNAIO ===

http://www.fanfulla.org/event/teatro-drug-gojko-con-pietro-benedetti-regia-elena-mozzetta/

TEATRO | Drug Gojko con Pietro Benedetti regia Elena Mozzetta

Roma 26/01/2014 
ore 21:00, presso: Forte Fanfulla
via Fanfulla da Lodi 5, Roma, RM,00176, Italia

Lo spettacolo Drug Gojko  narra, sottoforma di  monologo, le vicende di Nello Marignoli, classe 1923, gommista viterbese, radiotelegrafista della Marina Militare italiana sul fronte greco-albanese nei giorni intorno all’8 Settembre del 1943 e combattente partigiano nell’Esercito popolare di liberazione jugoslavo. Lo spettacolo che nasce da una ricerca di Pietro Benedetti e si avvale della testimonianza diretta di Marignoli è di notevole interesse per la storia locale, nazionale ed, infine, europea, nel dramma individuale e collettivo della seconda guerra mondiale. Una storia militare, civile e sociale, riassunta nei trascorsi di un artigiano, vulcanizzatore del Novecento rievocata con un innato stile narrativo ed emozionante quanto privo di retorica. 

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Sullo spettacolo DRUG GOJKO vedi anche: https://www.cnj.it/CULTURA/druggojko.htm


=== AVIANO (PN) 27 GENNAIO ===

Aviano - lunedì 27 gennaio 2014 
alle ore 20.30 presso la Casa dello Studente

CIO’ CHE SI DEVE SAPERE: IL CAMPO DI CONCENTRAMENTO DI GONARS 1942-1943 

conferenza di Alessandra Kersevan 

in occasione degli eventi organizzati dal Comune di Aviano – Commissione cultura e dai “Giovani in Movimento”  - per la Giornata della Memoria 2014.



=== ROMA 30 GENNAIO ===

Rom e Sinti in Europa

Casa della Memoria e della Storia - giovedì 30 gennaio, h. 17:30
ore 10/13 – Rom e Sinti in Europa: dallo sterminio nazista alla difficile integrazione di oggi
Introduzione storica di Irma Staderini (IRSIFAR) sul Porrajmos  

 
il genocidio dimenticato che ha provocato la morte di centinaia di migliaia di zingari nei lager nazisti, con proiezione di brani dal documentario “Porrajmos. Parole in musica” di Fabio Parente, Matteo Parisini, Luca Ricciardi (2010). Intervento della prof.ssa Simona Vannini sulla condizione attuale degli zingari in Europa.

Iniziativa a cura di IRSIFAR per le scuole


=== MONZA 31 GENNAIO ===

Monza - venerdì 31 gennaio 2014 
ore 20.30, presso il teatro Binario 7 in via Turati 

GONARS 1941-1943: IO ODIO GLI ITALIANI
spettacolo teatrale prodotto da La Danza Immobile e a cura di Valentina Paiano. Ingresso €10,00.

A seguire: conferenza di Alessandra Kersevan sul lager di Gonars. 



=== COMO 1 FEBBRAIO ===

Como, sabato 1 febbraio 2014 
alle ore 15.30 presso la Sala della Circoscrizione 1 (quartiere di Albate) in via S.Antonino 4

LAGER ITALIANI. PULIZIA ETNICA E CAMPI DI CONCENTRAMENTO FASCISTI PER CIVILI JUGOSLAVI 1941-1943 
conferenza di Alessandra Kersevan

Evento organizzato dalla sezione ANPI di Como “Perugino Perugini” con la partecipazione dell’Istituto di storia contemporanea “Perretta” di Como.


=== MILANO 9 FEBBRAIO ===

MILANO, DOMENICA 9 FEBBRAIO 2014
ORE 16 - PRESSO LA CASA ROSSA DI VIA MONTELUNGO 2 MILANO
(MM1 fermata TURRO)

GIORNATA DELLA MEMORIA 2014

INCONTRO PUBBLICO CON RELAZIONI DI:
PIERINO MARAZZANI (alcuni recenti testi sulle stragi nazi-fasciste e le deportazioni antisemite)
BRUNO SEGRE
(storico e saggista, testimone oculare)
ROBERTO CENATI
(segretario dell'ANPI di Milano)

con la partecipazione di JEAN TOSCHI MARAZZANI VISCONTI

LA CITTADINANZA E' INVITATA

(organizzano Circolo Giordano Bruno e Casa Rossa)

per info: Pierino Giovanni Marazzani" <pierinogiovannimarazzani @ gmail.com>


=== APPENDICE ===

La Memoria che verra'

di Jovica Jovic - Cari amici, c'è una cosa che da tempo mi fa stare molto male, soprattutto di questo periodo. E non è la salute, non sono i soldi... è quella parola: PORRAJMOS.

Ogni anno, l'ultima settimana di gennaio ci incontriamo, voi a sentirmi e io a suonare, per la Giornata della Memoria, e quella parola ritorna puntuale. Voi, magari, la dite perché l'avete sentita da qualcuno istruito e, come noi Rom, la ripetete perché quello che è accaduto allora fu di una tale violenza, che dopo tutti cercarono un termine per descriverlo. Gli Ebrei trovarono la parola Olocausto, tra i Rom cominciò a diffondersi "porrajmos".

Quello che molti di voi non immaginano, è che la parola nella mia lingua significa STUPRO (si può usare solo per gli organi sessuali), quindi è estremamente violenta, ma del tutto inadatta ed offensiva ad essere pronunciata per descrivere gli stermini della seconda guerra mondiale. Può andare bene per qualcuno di voi, ma io non potrò mai dirla di fronte alle mie figlie, di fronte a una qualsiasi famiglia rom.

Ecco, parlerò a qualcuno di voi, sperando che mi capiate. Tenterò di essere calmo e comprensibile, e per questo devo spiegarvi alcuni termini della mia lingua (i termini in lingua romanés sono stati adattati alla grafia italiana, ndr.) :

  • PORADJOS: donna, apri le gambe.
  • PORAVESLES tu
  • PORAVASLES noi
  • PORAJMOS in tanti, assieme, come fare un'ammucchiata.

Per essere completi, esiste nella nostra lingua anche (due parole staccate) PO RAJMOS, che si può tradurre con "la signorilità", ma è ovvio che questo non ha alcuna relazione con l'uso che si dovrebbe fare della parola.

Quello che ho detto vale per la maggioranza dei Rom e dei Sinti - non pensate che il mio sia un capriccio: ho 60 anni, e sono figlio di una famiglia che ha partecipato alla II guerra mondiale, lì sono morti mio nonno, mio zio e poco dopo mio fratello che aveva contratto il tifo. La storia è raccontata nel libro Niente è più intatto di un cuore spezzato. Per me ricordare oggi quegli anni, usando quella parola, è come mancare di rispetto a loro e ucciderli nuovamente.

Tra i Rom, c'è chi non parla più il romanés, e altri che lo parlano per sentito dire, magari adattandolo alla lingua del paese dove vivono. Anche loro parlano allora di "porajmos" senza sapere di cosa si tratti. A loro non posso rimproverare molto. Ma quando ho parlato di questi miei sentimenti a Rom influenti e di cultura, mi è stato risposto pressappoco così: "Jovica, tu hai ragione. Ma ormai è tardi, è una parola che sta circolando da tempo e quello che tu chiedi non ha un valore pratico, anzi sarebbe anche impopolare". Avrà poco valore e sarà impopolare forse per loro, per me è una questione di rispetto per me e per l'affetto alla mia famiglia.

Con voi gagé le cose non sono andate molto diversamente. Ho scritto a molte persone di cultura, a molti che vivono nel mondo dell'informazione e della divulgazione. Le stesse persone che mi chiamano a suonare. Non ho avuto risposta. Durante i concerti, chiedo che se ne parli, ma non c'è mai il tempo pratico per farlo. Solo Moni Ovadia, durante la presentazione milanese del libro "La meravigliosa vita di Jovica Jovic", che ha scritto con Marco Rovelli, ha rotto infine il muro del silenzio.

Allora che termine usare, mi chiederete? Ultimamente, ho sentito adoperare SAMUDARIPEN, viene dalla parlata dei Rom Khorakhané, significa "totale omicidio". Anche i Rom Abruzzesi hanno un termine simile: MUNDARIPE'. Il termine esatto da adoperare sarebbe BARO MUNDARIMOS LE MANUCHENGO, cioè:

  • BARO = grande
  • MUNDARIMOS = omicidio totale
  • LE MANUCHENGO = dell'umanità.

Si sarebbe potuto dire LE RROMENGO, ma in questo caso si sarebbe reso omaggio solo alle vittime rom, con MANUCHENGO invece io ricordo anche gli Ebrei, gli omosessuali, i Testimoni di Geova...

Questo è tutto. Non mi importa di quanti sono stati zitti sinora, io andrò avanti finché campo a difendere le mie idee e i miei ricordi. Se volete, se avete capito, datemi una mano a far circolare questi pensieri, anche sulla stampa, anche su Facebook, dovunque. E forse, riusciremo assieme a fare un po' di luce, su tutti i defunti uccisi dal razzismo e dal fascismo

Grazie.


(fonte: blog Mahalla - http://networkedblogs.com/SYXnw )



(srpskohrvatski / english / italiano)


Verso il 15.mo anniversario… NATO's U238 (DU) bombing effects

1) Problem of NATO depleted uranium bombing pushed under the carpet – Retired Generals (InSerbia - December 12, 2013)
2) Uranio impoverito: condannato il ministero (La Repubblica, 3/1/2014) / Condannato anche in Appello, il ministero dovrà risarcire militare (Ass. Vittime Uranio, 7/1/2014)
3) СУБНОР: ЗА  НАТО  НЕМА  ОПРОСТА (15.1.2014.)

=== 1 ===

http://genova.repubblica.it/cronaca/2014/01/03/news/uranio-75038777/

 

Uranio impoverito
Condannato il ministero

La Corte d'appello ha confermato che il tumore di cui si è ammalto un brigadiere dei carabinieri in missione durante la guerra del Kosovo è l'effetto dell'uranio impoverito con cui erano realizzati i proiettili in uso alle forze di polizia internazionali. Il ministero della Difesa condannata a risarcire 150 mila euro

Dedica la sua vittoria ad un collega morto per lo stesso contagio da uranio impoverito che gli ha provocato un tumore alla pelle. Gaetano Luppino, vicebrigadiere savonese dei carabinieri di ritorno dalle missioni in Bosnia e Kosovo, ha vinto in appello la causa contro il ministero della Difesa che non gli ha mai riconosciuto la causa di servizio. 
 
"La pubblica amministrazione si è dimostrata peggiore del cancro", si è sfogato il militare a cui ora il ministero dovrà versare un indennizzo di 150 mila euro.

Un battaglia lunga quattro anni per l'ex componente della Msu, la Multinational Specialized Unit, la forza di polizia che aveva compiti di lotta al crimine organizzato e al terrorismo. Una prima vittoria in tribunale, a Savona; adesso la conferma della sentenza pronunciata dalla Corte d'Appello - sezione Lavoro.  

Il vicebrigadiere, tra il settembre 2003 e l'aprile 2004 fu in missione nei Balcani quando le truppe di pace usavano proiettili arricchiti con 'uranio impoverito'. Al ritorno in Italia, come tutti i suoi compagni d'armi, Gaetano Luppino fu sottoposto a periodiche visite mediche. Nel dicembre 2008 la diagnosi: tumore alla pelle. 
 
Il militare presentò richiesta per ottenere un risarcimento per "causa di servizio", ma il ministero si è sempre detto contrario. Da allora intraprese una dura battaglia legale. "Dedico la mia vittoria a mia moglie e mia figlia - ha detto subito dopo la lettura della sentenza - senza dimenticare il caporale Erasmo Savino che, purtroppo, non c'è più. Oggi non posso che pensare a chi è stato abbandonato dallo Stato".
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http://inserbia.info/news/2013/12/problem-of-nato-depleted-uranium-bombing-pushed-under-the-carpet-retired-generals/

InSerbia - December 12, 2013

Problem of NATO depleted uranium bombing pushed under the carpet – Retired Generals

For almost 15 years, there hasn’t been political will in Serbia, the strength and courage to present to the international community a complete problem of bombing with depleted uranium munitions, the Serbian Daily “Novosti” reported.

And Serbia should define a national strategy to eliminate the effects of the harmful radiation.

This was, among other things, said on Wednesday at the “Yugoslav Army in the defense of the NATO aggression in 1999″ round table organized by the Club of generals and admirals of Serbia. Round table participants paid most attention to the consequences of the use of uranium munition, military health care, foreign propaganda and epilogue of reform of the Serbian armed forces.

“The question of the use of depleted uranium munition by NATO forces in Serbia has been pushed under the carpet for years because of the relationship to Western countries,” says retired General Slobodan Petkovic.

“It is necessary to urgently organize monitoring, treatment of patients, and help the population that was sprayed with this ammunition,” he said.

In the territory of Kosovo during the war in 1999. was fired more than 31,000 missiles and projectiles, and on other locations more than 5,000 missiles with depleted uranium. Land contaminated by depleted uranium is near Vranje, Bujanovac and Presevo. These areas are surrounded by concrete pillars, signs with warnings, but the population is not informed of all the dangers.

“The state initiated in 2000 a program of prevention and monitoring the health status of military personnel who came into contact with uranium, but the program was canceled,” reminds Petkovic.

Depleted uranium and growth of malignant diseases by more than 100 percent compared to the period before the NATO bombing are just one of the consequences of NATO aggression.

According to the round table participants, the war in another form is not completed even after combat operations. The U.S. and NATO have started the degradation of the Serbian army, which in 1999 in Kosovo taught them a military lesson on successful defense .

“Breaking the army, under the guise of reform, is done first by destroying its organization, and continued with bringing the people who established the Serbian Army to be in the interests of the aggressor from 1999,” says a retired admiral Bosko Antic.

The defense system, according to Antic, was destroyed with extradition of leading generals to The Hague, retirement of commanding officers, breaking the officer corps, introducing the Brigadier system because of which armies, corps and divisions vanished. With drastically reduced numerical strength of military personnel and the abolition of the conscripted army, question of combat readiness of the troops to counter the dangers that still threaten Serbia is raised.

Retired generals point out that the Serbian army in previous years was reformed by semiskilled or semi-literate military security analysts, NGOs and officials of the ruling parties.

“Everything is done to create Serbian Army as military service for NATO’s peacekeeping and humanitarian interventions worldwide.”
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Uranio impoverito, ministero condannato anche in Appello. Dovrà risarcire militare

Scritto da Associazione Vittime Uranio

SAVONA - I giudici della sezione lavoro della Corte d'appello di Genova hanno confermato che il tumore alla pelle di cui si è ammalato un brigadiere dei carabinieri, G.L., durante la guerra del Kosovo, è da collegare all'uranio impoverito con cui erano realizzati i proiettili in uso alle forze di internazionali. Il ministero della Difesa è stato condannato a risarcirlo con 150 mila euro. I giudici hanno rigettato l'Appello presentato dal Ministero della Difesa contro la sentenza di primo grado che si era espressa in questi termini, mettendo in relazione la malattia con la partecipazione del militare alla missione militare nei Balcani.


Il sottufficiale dell'Arma dei carabinieri era stato in missione nei Balcani tra l'estate 2003 e la primavera dell'anno successivo. In quel periodo era in servizio alla caserma dei carabinieri di Savona. Al suo rientro, dopo essere stato sottoposto a visite mediche regolari, gli era stato diagnosticato un tumore alla pelle e quindi gli era stata riconosciuta un'invalidità del 77%. In seguito a questa situazione aveva anche subito una decurtazione dello stipendio. Per sconfiggere il male si e' sottoposto a tre interventi chirurgici e a chemioterapie. Il ministero della Difesa dovrà corrispondergli i "benefici assistenziali", ovvero un indennizzo di oltre 150 mila euro.

"Ho vinto due volte: ho sconfitto la malattia e ho battuto il Ministero della Difesa che mi aveva lasciato solo dopo la malattia. Ora che anche l' Appello mi ha dato ragione, qualcuno mi dovrà dire qualcosa". A parlare è il brigadiere dei carabinieri che ha visto mettere in relazione dai giudici la sua malattia, un tumore alla pelle, con le missioni di pace in Kossovo dove venivano usati proiettili con uranio impoverito. Per lui si avvicina la possibilità di avere un risarcimento di 150 mila euro, come prevedono le sentenze." Amici, parenti ed ex colleghi mi sono stati vicino - dice - loro non mi hanno fatto sentire solo, lo Stato dopo la malattia sì. Da quel momento ho dovuto affrontare due battaglie: una contro la malattia l'altra contro lo Stato che mi aveva voltato le spalle. La pubblica amministrazione si è dimostrata peggiore del cancro".

Il sottufficiale dell'Arma dei carabinieri era stato impegnato in Kosovo tra l'estate 2003 e la primavera dell'anno successivo. Al rientro gli venne diagnosticato un tumore alla pelle e riconosciuta una invalidità del 77%. Ha subito tre interventi e cicli di chemioterapia. "E' una vittoria che dedico a mia moglie e mia figlia - sottolinea il militare - ma non dimentico il caporale Erasmo Savino che si è ammalato come me e non c'è più".

Da Associazione Vittime Uranio

7 gennaio 2014

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Злочини
Објављено 15. јануар 2014. | Од СУБНОР

ЗА  НАТО  НЕМА  ОПРОСТА

Приближава се тужна петнаестогодишњица, дан кад је у марту 1999.године почело злочиначко бомбардовање наше земље.

Агресија НАТО је без преседана – по дужини трајања, бруталности, људским и материјалним штетама, измишљању повода – у историји човечанства.

СУБНОР Србије, Београдски форум за свет равноправних и Клуб генерала и адмирала Србије, удружени као колективно чланство, организују низ манифестација са надом да се монструозни напади више никад и никоме неће приређивати.

У главном граду наше државе ће се 22.и 23. марта окупити на научном скупу око хиљаду истакнутих представника, значајних личности из разних области из света и Србије.

На седници организационог комитета, у коме су чланови све три организације, саопштено је да је учешће у Београду, поводом обележавања петнаестогодишњице агресије НАТО, већ пријавило неколико десетина угледника из Европе, САД, Јужне Америке, Азије и Африке. Они су поборници мира и равноправности и противници агресије, глобалног интервенционизма, милитаризације.

У оквиру овог светског скупа биће приређена и изложба о последицама натовског напада на Србију и СР Југославију, а очекује се и смотра документарних филмова о злочиначкој агресији.

Предвиђено је (о томе је упућен и званичан захтев органима државе) да се на Ушћу, у Београду, обнови Спомен ватра као успомена и захвалност невиним жртвама палим у натовском бомбардовању. Тај обеликс постоји у некадашњем Парку пријатељства, али је у више наврата, по доласку досовске власти, вандалски девастиран.

СУБНОР, Београдски форум и Клуб генерала и адмирала организоваће у истом периоду друге манифестације, а биће домаћини (21. марта) још једног изузеног међународног скупа. У питању је окупљање више од 30 представника европских националних покрета за мир. Они ће расправљати о мерама за унапређење добре воље и разумевања, на ”старом континенту” посебно, поводом једног века од почетка ”Великог рата”, седамдесетпетогодишњице почетка Другог светског рата и шест деценије оснивања милитантне војне групације НАТО. Скуп овакве врсте у нашем Београду треба схватити као признање домаћину и допринос напорима да у свету престане звецкање оружјем и диктат богатих и војно јачих.
 
 
===  Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia - ONLUS https://www.cnj.it/ http://www.facebook.com/cnj.onlus/  === * ===


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Da: "Kappa Vu S.a.s." <info @ kappavu.it>
Oggetto: Invito al Convegno storico "I campi di concentramento fascisti" - 29 gennaio 2014. Con preghiera di diffusione
Data: 17 gennaio 2014 15:00:24 CET
La Kappa Vu edizioni vi invita al

Convegno storico "I campi di concentramento fascisti"
che si terrà Mercoledì 29 gennaio presso la Sala Ajace, Piazza della Libertà, Udine.

L' iniziativa si inserisce nell'ambito delle celebrazioni del Comune di Udine per la Giornata della Memoria 2014.


Programma del convegno (la locandina in allegato)

Durante la seconda guerra mondiale, almeno centomila civili jugoslavi vennero internati dal regime fascista in campi di concentramento, nelle varie regioni italiane e nelle isole della Dalmazia occupate con l’aggressione alla Jugoslavia del 1941. Migliaia di persone - donne, uomini, vecchi, bambini - vi morirono di fame e di malattie.
Si tratta di una tragedia di cui si è parlato poco nel nostro paese, ma che è importante conoscere  non solo per capire meglio la storia del confine orientale d’Italia, ma anche per riflettere sulla disumanità di tutte le strutture concentrazionarie, sull’oggi e sulle origini del razzismo crescente nella nostra società.

09.15 Saluti istituzionali e presentazione del convegno.

09.35 Piero Purini: I campi di concentramento nei progetti di bonifica nazionale e repressione delle minoranze.

10.00 Carlo Spartaco Capogreco (università della Calabria): La memoria e la storiografia dei campi fascisti. Riflessioni e spunti di ricerca.

10.40 Boris Gombač: La problematica dei campi attraverso l’analisi della mostra di scritti e di disegni di bambini sopravissuti.

- pausa -

11.25 Dragutin Drago V. Ivanović: La repressione italiana in Montenegro ed il calvario degli antifascisti da Bar-Antivari fino a Colfiorito.

11.50 Sandi Volk: Dalle catene alla libertà: la formazione della Rabska brigada nel campo di concentramento di Rab/Arbe

12.15 Andrea Martocchia: Dall’internamento alla Resistenza. La partecipazione degli ex internati jugoslavi nella Resistenza italiana.

12.40 Eventuali domande o interventi del pubblico.

- pausa -

14.30 Claudia Cernigoi: Le deportazioni dalla Venezia Giulia da parte dell’Ispettorato speciale di P.S. di Trieste (1942-43).

14.50 Genni Fabrizio (associazione Tenda per la Pace e i Diritti): I campi di concentramento, oggi.

15.10 Ferruccio Tassin: Il campo di concentramento di Visco. La memoria sul confine.

15.30 Ivan Cignola: I luoghi della memoria.

15.50 Alessandra Piani: Oblio e memoria. Il campo di concentramento di Gonars (1941-1943) nelle testimonianze orali della popolazione locale.

16.10 Dorino Minigutti: Documentare la memoria oltre la storia.

- Coordina Alessandra Kersevan -

Iniziativa realizzata in collaborazione con l'Assessorato alla Cultura del Comune di Udine.
Con il patrocinio di:
ANPI di Udine
Fondazione Ferramonti di Tarsia
Istituto Friulano per la Storia del Movimento di Liberazione

Sottolineiamo l'importanza di una partecipazione numerosa.
Un cordiale saluto,
la Kappa Vu




Inizio messaggio inoltrato:

Da: comitatocontrolaguerramilano 
Oggetto: Lettera aperta alla ministra Bonino: l'Italia esca dal gruppo Amici della Siria.
Data: 16 gennaio 2014 21:21:02 CET


COMUNICATO STAMPA

Si sono riuniti a Parigi domenica scorsa i cosiddetti "Amici della Siria", tra cui purtroppo anche l'Italia.

"Purtroppo" perché,  in realtà, questi "Amici" sono proprio i paesi che da tempo alimentano la guerra in Siria, inviando armi e anche formazioni terroriste.  Sono i paesi che hanno più volte silurato i tentativi di pace dell'ONU (piano Annan, negoziati Brahimi) perché il loro scopo è quello di imporre un nuovo regime in Siria (a loro gradito) con le armi, non con il consenso popolare.

La nostra Lettera Aperta alla Ministra Bonino chiede pertanto che l' Italia esca da questo raggruppamento e faccia invece una politica limpida e non ambigua per la pace in Siria.  Vedi qui sotto e in formato pdf qui:
http://boylan.it/nowar/lettera_aperta_ministra_bonino_amici_della_siria.pdf

Rete NoWar - Roma    Comitato contro la guerra-Milano
nowar@...          comitatocontrolaguerramilano@...




Lettera aperta alla ministra Bonino: l'Italia esca dal gruppo Amici della Siria

Roma, 15 gennaio 2014

Ministra Bonino,

come cittadini italiani, siamo rimasti delusi da ciò che trapela dall’ultimo Vertice degli undici paesi cosiddetti “Amici della Siria”, tenutosi a Parigi domenica scorsa, e La invitiamo a darne conto in parlamento.

In particolare Le chiediamo di spiegare la partecipazione italiana ad un gruppo che pretende, non di affiancare, ma di sostituirsi all’Onu, sovvertendo le iniziative di pace intraprese in passato, prima da Annan e poi da Brahimi.  Noi preferiamo chiamare questo raggruppamento gli “Amici della guerra in Siria” perché, come è facilmente documentabile, molti fra i suoi undici componenti da tempo sostengono gruppi armati persino fanatici nel paese. Ciò fa sì che, rimanendo in quel raggruppamento, l’Italia si annovera tra i sostenitori dei jihadisti e de facto sottoscrive la distinzione aberrante che viene fatta di recente a Washington (e che viene denunciata dagli stessi analisti statunitensi come Joshua Landis) fra “al qaedisti buoni”, da sostenere, e quelli “cattivi”.  Siamo alla follia.

Le vorremmo porre tre domande, dunque, in merito all’ultima riunione dei cosiddetti “Amici della Siria”:

--  perché l'Italia e gli altri componenti del raggruppamento non spendono neanche una parola per condannare quel che è sotto gli occhi di tutti, ovvero che la guerra in Siria è alimentata dall’afflusso, da paesi terzi, di armi, denaro e combattenti, in genere jihadisti?  E' forse perché questi “paesi terzi” fornitori sono proprio gli “Amici della Siria” (ciascuno con il proprio protetto)?  Il comunicato MAE non menziona i loro nomi, ma essi sono: l'Arabia Saudita, la Turchia, il Qatar, l'UK, la Francia, gli Usa e probabilmente anche l'Italia, visto l'enorme sbalzo nella fornitura di armi italiane, a partire dall'inizio del conflitto siriano, destinate ufficialmente alla Turchia ma verosimilmente alle forze ribelli che hanno le loro basi in Turchia (da 1,7 milioni di euro di armi esportate dall'Italia verso la Turchia nel 2009, si è passato nel 2012 ad oltre 36,5 milioni, dati OPAL);

-- come può l’Italia rimanere in un gruppo che dà appoggio logistico e armato (illegale secondo il diritto internazionale) a gruppi persino terroristici che cercano una soluzione militare alla crisi siriana, invece di una soluzione politica?

-- Non Le pare surreale attribuire ad Assad, come Lei ha fatto durante la riunione a Parigi, tutti  gli (stimati) 130 mila morti in Siria? Non sa che la maggior parte di quei morti fanno parte dell’esercito siriano, e che fra il 40% stimato dei civili, molti sono caduti vittima di azioni armate dell’opposizione o sono morti fra i due fuochi?  Perché Lei imputa tutti i morti ad una delle parti soltanto?  Le vostre dichiarazioni non fanno che alimentare la caricatura di un “regime che stermina il proprio popolo”, legittimando un maggiore afflusso di armi e, nel contempo, paralizzano qualsiasi protesta pacifista.  O è questo il vero scopo delle Sue dichiarazioni?


Ministra, se la comunità internazionale non impone un embargo totale al traffico delle armi, i vari e divisi gruppi armati non deporranno mai le armi e sarà inutile persino la creazione di “corridoi umanitari”, che verranno usati per rifornire le milizie e quindi per far durare la guerra.  Se vuole veramente favorire la pace e una soluzione politica in Siria, il Suo dicastero, a nostro avviso, dovrebbe lavorare per:

1. far cessare l'afflusso delle armi – per cominciare, dall'Italia – e chiedere una tregua immediata;
2. contrastare i tentativi di sabotare la Conferenza di Pace “Ginevra2”, ad esempio dichiarando che, chi non partecipa, non verrà più considerata dall'Italia un interlocutore credibile;
3. far aprire la Conferenza “Ginevra2” a tutti gli attori, ivi compreso l'Iran, a pieno titolo;
4. affrontare seriamente il dramma dei profughi, eliminando le condizioni disumane in molti campi e facilitando il ritorno in patria laddove possibile;
5. far venire in Italia anche le opposizioni siriane non violente, per spiegare agli italiani che una soluzione politica viene ritenuta possibile anche da chi vuole cambiare l'attuale governo.  Finora in Italia hanno avuto facili visti d'ingresso e facile accesso ai media solo i siriani che pretendono che le armi siano l'unica strada.

Rete NoWar-Romanowar@...
Comitato contro la guerra-Milano, comitatocontrolaguerramilano@...


Inizio messaggio inoltrato:

Da: comitatocontrolaguerramilano 
Oggetto: MARTEDI 21 GENNAIO ORE 18,30 PRESIDIO FIACCOLATA IN PIAZZA DELLA REPUBBLICA
Data: 16 gennaio 2014 22:12:35 CET

Cari Amici e Compagni, nel corso della riunione di ieri, in contatto con gli attivisti di Roma e Napoli, abbiamo deciso di mobilitarci alla vigilia della conferenza "Ginevra 2". A breve invieremo il volantino, chiediamo a tutti gli attivisti di far girare la convocazione  e organizzare la presenza più numerosa possibile.


MARTEDI 21 GENNAIO ORE 18,30

PRESIDIO FIACCOLATA

IN PIAZZA DELLA REPUBBLICA 32 ANGOLO VIA TUNISIA

(MM3 P.zza Repubblica)

DAVANTI AGLI UFFICI DELLE LINEE AEREE DEL QATAR (QATAR AIRWAIS) E SAUDI ARABIAN AIRLINES

BASTA CON L'INVIO DI MERCENARI E JIHADISTI SANGUINARI IN SIRIA

BASTA CON L'INVIO DI DENARO E ARMI AI TERRORISTI ISLAMISTI

NO ALLA PARTECIPAZIONE DELL'ITALIA ALLA GUERRA IMPERIALISTA


IN OCCASIONE DELLA CONFERENZA “GINEVRA 2” CHIEDIAMO AL GOVERNO ITALIANO di:


1. far cessare l'afflusso delle armi – per cominciare, dall'Italia – e chiedere una tregua immediata;
2. contrastare i tentativi di sabotare la Conferenza di Pace “Ginevra2”, ad esempio dichiarando che, chi non partecipa, non verrà più considerata dall'Italia un interlocutore credibile;
3. far aprire la Conferenza “Ginevra2” a tutti gli attori, ivi compreso l'Iran, a pieno titolo;
4. affrontare seriamente il dramma dei profughi, eliminando le condizioni disumane in molti campi e facilitando il ritorno in patria laddove possibile;
5. far venire in Italia anche le opposizioni siriane non violente, per spiegare agli italiani che una soluzione politica viene ritenuta possibile anche da chi vuole cambiare l'attuale governo.  Finora in Italia hanno avuto facili visti d'ingresso e facile accesso ai media solo i siriani che pretendono che le armi siano l'unica strada


COMITATO CONTRO LA GUERRA – MILANO





Giornata della Memoria (27/1): iniziative segnalate

GORIZIA 22 GENNAIO: IL LAGER DI SAN SABBA 
TORINO 26 GENNAIO: LA VALLE DEI SOSPIRI - PER RICORDARE L'OLOCAUSTO ROM
TRIESTE 26 GENNAIO: DAN SPOMINA / IL GIORNO DELLA MEMORIA IN RISIERA DI SAN SABBA


=== GORIZIA 22 GENNAIO 2014:

Gorizia, Mercoledì 22 gennaio 2014
ore 18.00 - presso la Sede del Forum per Gorizia, Via Ascoli 10/a, vicino la Sinagoga.

IL LAGER DI SAN SABBA - Dall'occupazione nazista al processo di Trieste

Il Forum per Gorizia organizza la presentazione del Libro di TRISTANO MATTA 
"Il lager di San Sabba. Dall'occupazione nazista al processo di Trieste", 
Beit Casa Editrice srl, Trieste.

PIERPAOLO LENAZ introduce e dialoga con l'autore.


=== TORINO 26 GENNAIO 2014:

LA VALLE DEI SOSPIRI - PER RICORDARE L'OLOCAUSTO ROM

Domenica 26 gennaio 2014
Ore 15.30 -- 19.00
presso la sala Gabriella Poli – Centro Studi Sereno Regis – via Garibaldi 13, Torino

Un'iniziativa che, in occasione del Giorno della Memoria, ricorda il Porrajmos dei Rom: dall'Olocausto dimenticato all'attuale negazione dei diritti.

La manifestazione prevede la prima assoluta del film:

“La Valle dei Sospiri”/ “Valea Plângerii”. 

Film-documentario per ricordare l’Olocausto Rom
(Romania, 2013, 56′), regia di Mihai Andrei Leaha, Iulia Hossu, Andrei Crisan.

Un film-documentario sul Porrajmos raccontato dai Rom sopravvissuti alle deportazioni in Transnistria.


Proiezioni ore 15.30 e ore 18.00 (ingresso libero)

Alle ore 17.00, tra le due proiezioni, avrà luogo un momento di dibattito pubblico per ricordare il Porrajmos di Rom e Sinti e riflettere sull’attualità dell’antiziganismo in Italia.

Parteciperanno: Marco Buttino (Università di Torino), Lorenzo Trucco (Presidente ASGI), Vesna Vuletic (Presidente di “Idea Rom Onlus”) e Moni Ovadia con un intervento in video. Conduce Cecilia Rubiolo (Università di Torino).

Il film, premiato con il Best Image Award Astra Film Festival 2013 di Sibiu (Romania), descrive le atrocità commesse nel periodo fra il 1943 e il 1945, quando 25.000 Rom romeni furono deportati in Transnistria – regione compresa tra i fiumi Nistru e Bug – dal regime fascista del Maresciallo Ion Antonescu . Metà di loro sono morti quasi subito per fame, freddo o morte violenta. Oggi i pochi sopravvissuti, che all’epoca erano bambini, raccontano quei terribili eventi. Il film vuole ricostruire il cammino, i luoghi e le tragiche vicende dell’Olocausto Rom. “La valle dei sospiri” è un luogo tristemente noto, un luogo dove le autorità romene hanno deprivato i Rom deportati di tutto ciò che possedevano e li hanno costretti morire a cielo aperto, nudi ed affamati. A 70 anni da quegli eventi, il film cerca di ricostruire cinematograficamente il paesaggio così come appare oggi. Le inquadrature di campi, fiumi e vecchie fattorie dei villaggi della deportazione sono piene delle memorie e delle emozioni dei Rom sopravvissuti. Le storie raccontate dai Rom, accompagnate da interviste ad alcuni membri dell’attuale comunità ucraina della Transnistria, trasformano un’area oggi apparentemente insignificante in un luogo antropologico di memorie, lacrime e sospiri. I membri della comunità ucraina ricostruiscono il paesaggio così come appariva all'epoca dell'Olocausto, ricordando e raccontando con tristezza e compassione la loro relazione con i Rom deportati dal regime di Antonescu. Rappresentare cinematograficamente il paesaggio attuale, dove in passato sono avvenuti questi tragici eventi storici, permette allo spettatore di immaginarsi e sentire il paesaggio così come appariva 70 anni fa.

La storia non è un tempo, ma un luogo e una memoria.



=== TRST / TRIESTE 26 GENNAIO 2014

Giorno della memoria - Dan spomina

Trieste, Domenica 26 gennaio 2014
Risiera Di San Sabba
Via Giovanni Palatucci, 43

Baklada, sledi koncert - Fiaccolata, segue il concerto.

promuove: Tržaški Partizanski Pevski Zbor Pinko Tomažič





Najzad prekinuto snimanje serije "Ravna gora"

1) Prekinuto snimanje serije "Ravna gora" (14.01.2014.)
2) Pismo čitateljima Blica i gledateljima serije “Ravna gora” (B. Dežulović, 04.12.2013.)
3) СУБНОР: Протест. Лажна слика породичне манифактуре (14.11.2013.)
4) СУБНОР: РТС и манифактура: По јутру се дан познаје (12.11.2013.)
5) SKOJ: Održan protest protiv emitovanja serije "Ravna gora" (10.11.2013.)


La produzione della serie televisiva "Ravna Gora", che era inizialmente previsto dovesse continuare anche nel 2015, è stata finalmente interrotta.
A causare tale interruzione pare siano stati problemi con i finanziamenti, oltre alle ben note critiche rivolte dal pubblico più attento. La serie televisiva mirava a rappresentare i fatti della II Guerra Mondiale in maniera distorta, equiparando il movimento dei cetnizi ai partigiani, come è di gran moda oggi ovvero come impone la ventata di revisionismo storico in arrivo da Occidente… (a cura di Italo Slavo)

Isto procitaj: 

17. istorijskih grešaka u seriji Ravna gora!
http://www.kurir-info.rs/17-istorijskih-gresaka-u-seriji-ravna-gora-clanak-1181989

Falsifikovanje istorije na RTS
https://it.groups.yahoo.com/neo/groups/crj-mailinglist/conversations/messages/7806

Dr Branko Latas: DOKUMENTI O SARADNJI ČETNIKA SA OSOVINOM 
http://www.znaci.net/00001/114.htm

THE TRIAL OF DRAGOLJUB-DRAŽE MIHAJLOVIĆA 
Stenographic record - Belgrade 1946
https://www.cnj.it/documentazione/varie_storia/Trial-indictment.pdf

VIDEO: Izdajnici i ratni zlocinci (6/8)
http://www.youtube.com/watch?v=RfHEpIAwCDE


=== 1 ===

http://www.tvbest.rs/24470-ravna-gora-snimanje-serija

Prekinuto snimanje serije "Ravna gora"

14.01.2014. 13:33 Kultura

Produkcijska kuća "Kontrast studio" saopštila je da neće biti nastavljeno snimanje serije "Ravna gora".
Kako su rekli medijima, planirano je da to bude dramska trilogija, završeno je emitovanje prvog dela i trebalo bi da budu snimljena još dva, ali nije poznato kada će do toga doći.
Prvi deo je sniman u veoma teškim finansijskim uslovima, zbog toga ne mogu da prave dugoročne planove, iako im je cilj da se drugi deo emituje tokom 2015. godine.
Doduše, i loše kritike su, sigurni smo, uticale na gledanost serije….


=== 2 ===

http://www.teslavision.tv/news/drutvo/pismo-itateljima-blica-i-gledateljima-serije-ravna-goraboris-deulovi.html

Pismo čitateljima Blica i gledateljima serije “Ravna gora” 


Boris Dežulović


04.12.2013.god. | Kategorija: Društvo



Kad sam u intervjuu za Blic, komentirajući ustaški ispad hrvatskog reprezentativnog stopera Joea Šimunića, ovlaš – na pola jedne rečenice – spomenuo srpske stadione, “Nož, žicu, Srebrenicu”, Ratka Mladića i Radovana Karadžića, to je mogao biti incident. Kad je Blic iz Slobodne Dalmacije prenio moj tekst na istu temu, u kojemu sam ovlaš – na pola jedne rečenice – spomenuo Dražu Mihailovića, još uvijek je mogla biti tek slučajnost. Kad su, međutim, na Blicovom sajtu – “ekavicom i našim rečima prilagođen za ovdašnje čitaoce, naročito mlađe” – objavili moj tekst iz Jutarnjeg o antifašističkoj povijesti Hajduka, u kojemu sam na kraju ovlaš, na pola pretposljednje rečenice, spomenuo popa Momčila Đujića, to je već bila pojava sa svim svojim pojavnim zakonitostima.
Ja, eto – svaka mi čast i slava – jebem majku ustaškim zlikovcima, ali nekako sam, tipično latinski, opsjednut Srbima i rijetko kad, zapravo nikad, ne propuštam priliku ovlaš spomenuti i Srbe, ravnopravno tako i ravnogorno dijeleći među ustašama i četnicima odgovornost za naše historijske nesreće.
Ili tako barem, prilično širokim konsenzusom, zaključuju znanstveni stolovi anonimnih i neanonimnih komentatora, svaki put kad Blic prenese moj tekst o ustašama i Mladiću, ustašama i đeneralu Draži ili ustašama i popu Đujiću.
“Eno vam pop Momčilo Đujić i njegovi četnici što se istih tih dana 1943. šepure po splitskoj Rivi, jebite se s njima!”, poručio sam mladim nacistima iz Splitske Torcide što dižu desnice u zrak i urlaju “Za dom spremni!”, izazvavši tako pravedan gnjev srpskih čitatelja koji su u tome nepogrešivo prepoznali antisrpsku i antičetničku komunističku propagandu, što uvijek nekako, kako god zna, mora u istu rečenicu potrpati njemačke naciste, talijanske fašiste, ustaše i četnike.
Tu sam, međutim, kod kuće: zbog potpuno iste stvari – zbog toga što uvijek, pišući o četnicima, ovlaš spomenem i ustaše, optužuju me i hrvatski nacionalšovenski ignoranti. Nije li divno kad se ustaše i četnici tako nađu da mi zajednički sude zbog izjednačavanja ustaša i četnika?
A ja sam uspio ne samo potrpati četnike u istu rečenicu s ustašama i nacistima, već ih ugurati i usred Nezavisne Države Hrvatske, da se slobodno šepure po splitskoj Rivi dok ustaški režim istovremeno ubija Srbe u Jasenovcu!
Kako se isti komentari pojavljuju ispod svakog mog teksta na tu temu, bez obzira prenese li ih Blic ili neki drugi srpski portal, i kako su komentari isti i kad ih pišu dobronamjerni štovatelji mog rada i kad ih pišu oni manje dobronamjerni – obzirom dakle da, kako smo vidjeli, nije riječ o incidentu, već o pojavi sa svim pojavnim zakonitostima – stvar valja razjasniti. Zaista, kakve veze imaju srpski četnici s NDH, kakve veze imaju čiča Draža i pop Đujić s ustašama, fašistima, Hajdukom i Splitom u Drugom svjetskom ratu?
Iznenadit će vas odgovor: tijesne.
Epizoda sa četnicima što se usred Drugog svjetskog rata pod šubarama s kokardama šepure po talijansko-njemačko-ustaškom Splitu ionako, slutim, neće biti među deset epizoda serije “Ravna gora”. O njoj, najzad, malo znaju i u samom Splitu, a kamoli u Srbiji, i šteta bi je bilo propustiti. Makar i “prilagođenu za ovdašnje čitaoce, naročito mlađe”.
Četnika u Splitu za cijelo vrijeme Nezavisne Države Hrvatske ne samo, naime, da je bilo, već su bili neobično aktivni. Već početkom listopada 1941. godine, svega koji mjesec nakon utemeljenja NDH i Rimskih ugovora, kojima je Pavelić Dalmaciju prepustio Italiji, na dogovor s Talijanima o zajedničkoj ratnoj strategiji u Split je iz Kolašina stigao četnički vojvoda Ilija Trifunović-Birčanin, bliski suradnik Koste Pećanca. Nakon nekoliko mjeseci, vojvoda Birčanin – kojega će Draža Mihailović ubrzo imenovati komandantom Dalmacije, Hercegovine, zapadne Bosne i jugozapadne Hrvatske – nezadovoljan situacijom u Splitu, 9. svibnja 1942. telegramom obavještava đenerala Dražu kako “u Splitu i celoj Dalmaciji, a naročito u ovom glavnom mestu na primorju, kao da je devedeset odsto komunista!”.
Tih dana u hladu bašte hotela Park na Bačvicama stoluje i četnički vojvoda Dobroslav Jevđević, koji će tamo tanačiti detalje suradnje s predstavnicima talijanske divizije Bergamo i organizirati zajedničke akcije. Aktivna četnička organizacija u Splitu do tada već izdaje list Slobodna Srbija i bilten Krik iz jama, koje pod sponzorstvom Talijana dijele po kućama, pa čak i po školama, ali najaktivniji su u marljivom sastavljanju spiskova za likvidaciju splitskih antifašista, koje uredno dostavljaju talijanskim vlastima: većina antifašista koje su Talijani likvidirali u Splitu otkrivena je upravo uz pomoć splitske četničke organizacije.
Ipak, najdublji trag četnici su ovdje ostavili početkom jeseni 1942, kad su Talijani vlakom iz Knina doveli u Split dvije stotine pripadnika Drvarsko-petrovačkog četničkog odreda pod komadom Mane Rokvića, pa ih kamionima prebacili u nedaleki Omiš, odakle su – pod pratnjom dva oružnika Ministarstva unutarnjih poslova NDH – krenuli u obližnje Gate, zapalili cijelo selo, brutalno silujući i koljući sve što im se našlo na putu. Iza četnika u Gatama je ostalo devedeset pet leševa nedužnih civila, uglavnom žena, djece i staraca, nakon čega se krenuli dalje podmosoroskim selima, završivši pokoljem tridesetak ljudi u Dugopolju. Ukupno su Rokvićevi četnici u selima oko Splita poklali više od dvjesto ljudi.
Nakon tog masakra u Splitu je održana i konferencija četničkih vođa Dalmacije, pod predsjedanjem popa Momčila Đujića, utemeljitelja Dinarske četničke divizije, a 14. siječnja 1944. u hotelu Ambasador na splitskoj Rivi i novi sastanak Talijana i splitskih četnika, predvođenih popom Sergijem Urukalom, na kojemu se dogovaraju detalji suradnje u velikoj operaciji koja će kasnije biti poznata kao Četvrta ofenziva, ona na Neretvi.
Istog dana ilegalci su u Splitu ranili dva četnika, pa dva dana kasnije osmi broj biltena Krik iz jama poručuje Splićanima: “Split, koji mučkim napadom na četnike klikće svojim junacima mraka, može da se spremi da dugo jauče. Splite, splitska većino, samo nosi novo drvlje na svoju lomaču, na kojoj ćeš izgoriti i sasuti se u prah i pepeo. Četnici poznaju splitske komuniste, kao i sve ono splitsko što se s komunistima plete, jatači i plješće im. Sve će to bez samilosti i bez izuzetaka biti istrijebljeno iz Splita. Sve će to biti istrijebljeno danas, sutra, prekosutra!”
Tih dana, u Splitu pod talijanskom okupacijom, prilično je uobičajeno na ulici vidjeti ustaše u crnim uniformama i četnike s mrtvačkim glavama na šubarama, i jedne i druge pod talijanskim oružjem. Prava četnička parada održana je, međutim, početkom veljače 1943, kad je umro vojvoda Ilija Birčanin, glavni Mihailovićev povjerenik za Split i Dalmaciju, a na sprovod vlakom iz Knina stiglo nekoliko stotina Đujićevih četnika, pjevajući po gradu četničke pjesme i kličući “srpskom Jadranu”.
Svega koji tjedan kasnije u Split će ih vlakom iz Knina stići još više: gotovo tri hiljade četnika, po nekima i cijelih pet, iz Splita će zajedno s ustašama i domobranima krenuti na put prema – Neretvi. Upravo nadrealna, filmska scena mogla se tih dana vidjeti u splitskoj luci, iz koje je u sklopu velike zajedničke ofenzive 6. ožujka 1943. isplovio parobrod za Merković: na pramcu četnici, u sredini Talijani, a na krmi ustaše, tri vesele vojske na pijanom brodu pjevaju svaka svoju pjesmu, čak se i međusobno podbadaju i zajebavaju, pa onda zajedno bodre i pjesmom prijete partizanima.
Tih dana osnovan je u Splitu Centralni četnički odbor, čiji će članovi koncem ožujka avionom otputovati u Crnu Goru, a odatle u Kolašin, na dogovor s generalom Dražom Mihailovićem oko daljnjeg rada četničke organizacije u Splitu i Dalmaciji. A ona je u gradu sad već dobro uhodana, suradnja s Talijanima cvate – nije nezapaženo prošla njihova pojava, rame uz rame s ustašama, na sahrani zloglasnog talijanskog oficira Giovannija Save, straha i trepeta Splita toga doba, ni pomoć u likvidaciji šestoro splitskih omladinaca, optuženih za Savino ubojstvo – pa se na redovnim tjednim sastancima splitskih četnika raspravlja i o preuzimanju vlasti u gradu nakon sve izvjesnijeg odlaska Talijana.
Tim je poslom uskoro stigao i izaslanik četničke Vrhovne komande potpukovnik Mladen Žujović, novi Dražin komandant Bosne, Like i Dalmacije, koji će u Splitu formirati Nacionalni komitet za Dalmaciju i s generalom Umbertom Spigom, komandantom 18. armijskog korpusa, u kolovozu razmatrati mogućnost primopredaje vlasti.
Od primopredaje vlasti, kako znamo, nije bilo ništa: nakon kapitulacije Talijani su otišli, otišli su za njima i ustaše, partizani su ušli u Split, a dični splitski četnici požurili su svoju pomoć ponuditi novom gospodaru: 18. rujna 1943. njemački poručnik Lippert iz Obavještajnog odjela 114. lovačke divizije sastavlja izvještaj o posjetu Milana Cvjetičanina, oficira Dinarske četničke brigade, kojega je kapitulacija Italije zatekla na liječenju u Splitu, nakon čega je požurio Nijemcima. “Mi četnici znamo da se samo uz pomoć njemačkih trupa može postići efikasno uništenje bandita, jer smo mi za to isuviše slabi”, kaže Cvjetičanin poručniku Lippertu.
I odjednom – gle čuda – eto četnika po drugi put među Splićanima, ovaj put s njemačkim propusnicama, usred Nezavisne Države Hrvatske. Bizarno? Povijest se ne sjeća, ali arhive pamte: kad je koji mjesec kasnije, 9. siječnja 1944, u svađi kraj splitskog buffeta Aeroplan jedan pijani ustaša ubio nekog četničkog vazduhoplovca, povjerljivog njemačkog konfidenta, Feldkomandatura Wehrmachta zaprijetila je ustašama da to “skupo platiti”. Usred ustaške NDH!
Kad su, uostalom, u proljeće 1944. ustaške vlasti u Splitu pohapsile četničke vođe zbog nezapamćenog masakra u Sinjskoj krajini – iako su više od hiljadu civila, žena, djece i staraca u selima pod Kamešnicom poubijali pripadnici zloglasne SS divizije Prinz Eugen – zapovjednik puka 264. divizije u Splitu, potpukovnik Müller, naredio je vlastima NDH da zarobljene četničke saveznike odmah puste na slobodu. Što su ustaške vlasti, jasno, odlučno poslušale. Jednako kao što su odlučno poslušale i kad je 12. svibnja iz Zagreba stigla zapovijed da se iz Splita deportira dvije hiljade “nepouzdanih osoba”, uglavnom Talijana, Srba, četnika, Jugoslavena i komunističkih simpatizera, a iz njemačke komande samo tri dana kasnije, 15. svibnja, stiglo upozorenje da se “četnike u Splitu ne dira”.
Četnici su Nijemcima u Splitu trebali, između ostalog, za istu stvar kao i Talijanima: za ubacivanje u redove antifašista i njihovo denunciranje. U tome ih je organizirao poznati njemački povjerenik Mihajlo Zaklanović, koji po nalogu popa Đujića toga svibnja putuje u četničku Vrhovnu komandu, da generalu Draži Mihailoviću podnese iscrpni izvještaj o stanju u splitskoj četničkoj organizaciji i suradnji s Nijemcima.
Već je, uostalom, ljeto 1944. i četnici su sad otvoreni njemački saveznici. Ministarstvo oružanih snaga NDH 17. srpnja 1944. obavještava tako jedinice na terenu kako je Führer zabranio upotrebu naziva “partizani”, koje u komunikaciji s Nijemcima od sada valja zvati “komunisti” ili “komunistička banda”, a “četničke suborce” – “hrvatskim borbenim skupinama”. Tog ljeta opet u Split stiže pop Momčilo Đujić, a u kolovozu Nijemci u Splitu sklanjaju tri stotine njegovih četnika odjevenih u njemačke uniforme, drže ih u svojim kasarnama i preventivno – dok su Đujićevi četnici u gradu – zbog izrazito antisrpskih tekstova zabranjuju splitski dnevni list Novo doba!
Mislite da je to bizarno? Početkom jeseni, 25. rujna 1944, Nijemci su u Splitu uhapsili i zatvorili ustaškog bojnika Bednjanca, zbog toga što su njegovi ljudi premlatili dva četnika, zaprijetivši – prema izvještaju Ustaške nadzorne službe od 25. rujna 1944. – da će, ako u Splitu bude ubijen koji četnik, za odmazdu strijeljati petoricu ustaša! Usred NDH!
Za to, međutim, nije bilo vremena: mjesec dana kasnije u Split su ušli partizani, i grad je konačno bio slobodan. Epilog epizode? Kad je koji dan nakon ulaska u Split Vojni sud Osmog korpusa NOVJ obznanio kako je zbog ratnog zločina i suradnje s neprijateljem izvršena smrtna kazna nad većom grupom građana Splita, među dvadeset četvoricom strijeljanih pravilno se rasporedilo osam suradnika njemačkog okupatora, osam ustaša i – osam četnika.
Pitaju li se, eto, još uvijek “ovdašnji čitaoci, naročito mlađi”, kakve veze imaju četnici sa Splitom, NDH i ustašama, eto odgovora: prilično tijesne.
Odrastao sam, najzad, na Gripama, tik iznad stepenica prema staroj austrijskoj tvrđavi, kraj kojih je 29. travnja 1943, zbog atentata na Giovannija Savu, ubijen gimnazijalac Žarko Pejković, kojega su Talijanima – uzgred, nevinog – denuncirali splitski četnici: štoviše, šezdesetih sam nedaleko odatle išao u vrtić što je nosio njegovo ime. Nakon toga išao sam u osnovnu školu na Lučcu, koja je nosila ime Bruna Ivanovića, mladog Splićanina kojega su 1942. u Strmici kraj Knina brutalno ubili četnici popa Đujića, a onda u srednju školu nazvanu imenom Ante Jonića, prvog dalmatinskog narodnog heroja, kojega su 1942. kod Livna zajedničkim snagama ubili Talijani i četnici.
Ne znam, možda je u Srbiji bilo drugačije, možda su se podno Ravne gore četnici herojski borili protiv Talijana, Nijemaca i ustaša, ali u Splitu, kako vidite, baš ih i ne pamtimo po dobru.
O tome, naravno, iz serije “Ravna gora” nećete doznati ništa. A teško da ćete o tome išta doznati i iz suvremene hrvatske kinematografije ili historiografije. To da su se četnici popa Đujića usred Drugog svjetskog rata šepurili po ustaškom Splitu, iz nekog razloga, rekoh, ne vole čuti ni Hrvati.
Eto vam dakle, poštovani gledatelji, talijanskih crnokošuljaša i odanih prijatelja iz SS divizije Prinz Eugen, pa zajedno gledajte “Ravnu goru”, eto vam Nezavisne Države Hrvatske, Führerovih “hrvatskih borbenih skupina” i njihovih najboljih neprijatelja ustaša, s kojima se tih dana šepure po splitskoj Rivi – jebite se s njima. 


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http://www.subnor.org.rs/protest-3


ЛАЖНА СЛИКА ПОРОДИЧНЕ МАНИФАКТУРЕ


На сва звона најављивана, снимана у недоглед новцем народа Србије, мегаломанска тв серија у продукцији наводног јавног сервиса РТС и многољудне приватне, породичне манифактуре у многим поступцима бахатог Радоша Бајића, већ првом епизодом потврдила је сумње.

Та ”Равна гора” је самим именом смишљена провокација, а досадни почетак  доказ да је у редитељској столици седео дилетант који је писао и малициозан сценарио да би, искривљавањем истине, оправдао историјски пораз својих миљеника што су се, током Другог светског рата, држали подруку са окупатором чак и драстичније кад их се, из Лондона, одрекао и главнокомандујући у избеглишту.

РТС наставља да приказује серију са ”поносом”, па ће засигурно бити још доста речи о новом настојању да се – како рече један од садашњих српских државника – не дозовемо памети и поново, сада уз позамашну помоћ народног новца, сеје семе неспоразума и доказује оно што је свугде у свету већ одавно прихваћено као неопозива истина о само једном јединственом антифашистичком покрету који је, уз раме са савезницима, утулио бакљу из чељусти хитлеровске нацистичке аждахе.

КОМЕ  И  ЧЕМУ  СЛУЖИ  ТАКАВ  СЕРВИС

На овом порталу преносимо део речи младог активисте Александра Ђенића, од РТС-а углавном прећутаног протеста, које је изговорио народу окупљеном уочи емитовања прве епизоде.

Протест је одржан испред седишта ”јавног сервиса”, у Таковској 10, у Београду.

„РТС припада јавном сервису и треба да служи народу, али ми добро знамо да није није тако! Од успоставе капитализма у Србији, он служи само интересима буржоазије, а не народа.

Један од најбољих показатеља је пљачкашка претплата која је наметнута грађанима.

Исто тако смо сведоци цензуре коју спроводи РТС према свему ономе што је прогресивно, комунистички, оно што је у духу антифашистичког покрета, партизана, револуције…

Уместо да сврха РТС буде у интересу народа, он подлеже манипулацији не преносећи праве информације. РТС ћути о многобројним радничким штрајковима, блокакадама, студентским протестима који се боре за јавно финансирано и бесплатно образовање, а против Болоњске декларације, сељацима који се боре против високих намета  и свему оном што је у вези са борбом радног народа.

Сигурно највећа срамота онога што би требало да се зове јавни сервис је  финансирање и емитовање серије „Равна гора“ чији је циљ ревизија историје. Поставља се питање да ли је случајно да баш у овом тренутку почиње са њеним емтивањем? Наравно да ниje!

ОСВЕТА ОСТРАШЋЕНИХ ПОТОМАКА

Ми данас живимо у системској кризи капитализма која жели да прикаже да тај систем нема алтернативу. Подсетимо да ми у Југославији нисмо имали само антифашистичку борбу, већ и револуцију! Револуцију, која је укинула експлоатацију туђег рада, која је обезбедила свакоме да се школује и лечи, која је градила станове, фабрике, болнице… револуцију која је донела нови свет – свет социјализма!

Друга ствар због чега се у овом тренутку емитује серија са оваквим садржајем су идеолошки наследници четничког покрета, који данас воде исту политику као што су водили њихови идеолошки преци. Они имају исти слугерански однос који су четници имали према нацистичким и фашистичким окупаторима…

Стога јасно поручујемо да нећемо дозволити ревизију и фалсификовање историје! Једини ослободиоци су били партизани, а на челу партизанског покрета су били комунисти! Наставићемо даљу борбу против рехабилитовања народних непријатеља, колаборациониста и окупатора. Чињенице и истина ће победити!“ – рекао је, између осталог, Александар Ђенић на протесту у Таковској улици, у Београду, испред зграде РТС, која емитује серију са претензијом да у Србији „неће остати ни камен на камену“ захваљујући некаквој „новој истини“ о Другом светском рату на нашим просторима.



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http://www.subnor.org.rs/rts-i-manifaktura


ПО ЈУТРУ СЕ ДАН ПОЗНАЈЕ


Прва епизода помпезно најављене серије „Равна гора“, виђена на РТС 10. новембра, петпарачка је прича о судбоносним данима југословенске државе и народа. Мада је  и наговештај произвољног тумачења времена и стања које је произишло из турбуленције у којој се свет био нашао. 

Не улазећи у аматеризам и наивно виђење судбоносних историјских догађаја назире се правац фалсификовања историјске истине и  на издисају приземне намере настале у напору српског квислинштва и колаборације са фашистичким окупаторима да рехабилитују себе и упрљају српски антифашизам, патриотизам и  родољубље.

ЕПИЗОДА КАО УСПУТНА ПРИЧА

Збуњеност и неприпремљеност људи за сурову историјску стварност приказује се кроз опскурне и досадне детаље који треба да докажу будућу намеру и превару која се припрема као истина грађанима Србије и – чули смо – у целом свету.

Да није филмски забележена од немачких освајача сурова истина о разарању Београда у нападу 6. априла 1941. године, на успаван град и његове житеље, ова епизода била би успутна прича људи који убијају досаду и време причајући произивољно и наивно о судбоносним данима у којој се нашла Југославија.

Толико би то деловало неозбиљно да није у Дневнику РТС-а најављена идеја исте „озбиљности“ која овом серијом треба да промени писану историју Другог светског рата, а Србије и Југославије успут. Што нам је у ударном термину дичног РТС-а најавио „највећи историчар и уметнички стваралац“ и сада спасилац овог „залуђеног и у мраку 70 година држаног света а у склопу њега и српског народа“, кога он сада са својом фамилијом и камарилом у једном тајкунском даху руши, освешћује и отвара очи и целом свету и за сададшња и сва будућа времена ставља тачку.

Сваки човек може да сања да је спасилац човечанства, прича и пише фантастичне приче које му падају на памет – то је његово право.

СВЕСНА НАМЕРА ФАЛСИФИКАТОРА

У овом случају треба рећи да је у питању свесна намера фалсификовања истине у корист оних који су доживели историјску осуду због оног што су учинили и чинили.

На жалост у кошмару времена та група то ради новцем овог сиромашног  народа преко РТС-а и истомишљеника шегачећи се са народом и историјом.

Да није у питању још један покушај преваре и друштвене злоупотребе наметнуте позиције, било би помало забавно али и тужно.

Одовојимо професионалну креацију глумаца којима је то занимање  од намере и циља немањеног овој серији  од оних који је финансирају.



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http://www.skoj.org.rs/rts.html

ODRŽAN PROTEST PROTIV EMITOVANJA SERIJE "RAVNA GORA"

U organizaciji Nove komunističke partije Jugoslavije (NKPJ) i Saveza komunističke omladine Jugoslavije (SKOJ) u nedelju 10. novembra 2013. godine održan je narodni protest ispred zgrade Radio televizije Srbije u Beogradu protiv emitovanja sramne falsifikatorske serije ”Ravne gora”, koja za cilj ima rehabilitaciju izdajničkog četničkog pokreta u Drugom svetskom ratu.

Na narodnom protestu na kome se okupilo oko 300 gnevnih građana, prisutnima se obratio drug Aleksandar Đenić član Sekretarijata NKPJ i SKOJ-a. U svom govoru drug Đenić se zahvalio gradskom odboru SUBNOR-a Beograda koji je, na čelu sa svojim predsednikom drugom Borom Ercegovcem podržao skup, kao i drugim levičarskim i antifašističkim organizacijama koje su se pojavile na protestu NKPJ I SKOJ. Đenić je oštro kritikovao RTS, jer je “javni servis građana” finasijer antinarodne serije “Ravna Gora” koju emituje na svom programu . On je istakao da bi RTS koji finansiraju građani iz budžeta i pretplate trebalo da bude u službi naroda, što u Srbiji nije slučaj. Đenić je istakao da RTS slepo služi srpskoj buržoaskoj pro- imperijalističkoj vlasti, a najbolji pokazatelj je taj da “javni servis” ćuti ili tendenciozno izveštava o brojnim radničkim protestima koji se događaju širom Srbije, studentskim protestima koji za cilj imaju besplatno obrazovanje , seljačkim protestima protiv latifundija i nebrige buržoaske države za njihove interese, odnosno o svemu onome što ima veze sa borbom radnog naroda za bolji i dostojanstveniji život. Takođe, drug Đenić je napomenuo da se RTS ne libi da sprovodi pljačkanje građana preko visoke tv pretplate, u zemlji koja ima najniža primanja u regionu Balkana.

Đenić je ukazao da nije slučajno da se baš u ovom trenutku prikazuje serija koja ima za cilj promociju po zlu poznatog kolaboracionističkog četničkog pokreta Draže Mihailovića, napomenuvši da mi danas živimo u sistemskoj krizi kapitalizma, a da je Narodnooslobodilačka borba ujedno bila i revolucija koja je sa sobom donela novi svet – svet socijalizma. Drug Đenić je kritikovao buržoasku pro-imperijalističku vlast u Srbiji da vodi vazalnu politiku prema kapitalističkim lihvarskim organizacijama poput MMF-a i Svetske banke i zbog faktičkog priznavanja imperijalističke okupacije južne srpske pokrajine, pozivom i učešćem na lažnim izborima koje su na Kosovu i Metohiji organizovale marionetske terorističke vlasti u Prištini. Radio televizija Srbije je i ovog puta demonstrirala reakcionarnu tendencioznost objavivši na svom sajtu da je na skupu prisustvovalo svega 30-tak ljudi. Okupljeni na protestu su izvikivali parole “Ustaše – četnici – zajedno ste bežali”, “bando četnička”, “Draža ubica – nikad antifašista” i pevali partizanske pesme “Po šumama i gorama”, ,,Bandera Rossa” kao i proletersku himnu ,,Internacionala”. Skup se završio porukama da revizija istorije neće proći, da postoji samo jedan oslobodilački pokret, a to partizanski, koji je predvodila slavna Komunistička partija Jugoslavije (KPJ), uz pozdrav Smrt fažizmu – sloboda narodu.

Sekretarijat Nove komunističke partije Jugoslavije

Sekretarijat Saveza komunističke omladine Jugoslavije

Beograd, 10. novembar 2013. god.