Informazione

(srpskohrvatski / italiano)

Prossime iniziative segnalate

1) Molfetta (BA) 4/3: NOI RICORDIAMO TUTTO e mostra TESTA PER DENTE
2) 12 MARZO, Giornata nazionale di mobilitazione contro la guerra
3) Milano 19-20/3, presentazioni dei libri L'ARTE DELLA GUERRA + UOMINI E NON UOMINI + LA REGINA DEL CAOS di Zambon Editore
4) Kumrovec (HR) 28.5., DAN MLADOSTI / Proposta di grande raduno antifascista


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Molfetta (BA), venerdì 4 marzo 2016
alle ore 19 presso la Sala Consiliare del Comune, Piazza Municipio

NOI RICORDIAMO TUTTO
Storia e mito a cavallo del confine orientale

Il circolo "Palestina Libera" di Molfetta del Partito della Rifondazione Comunista si rende promotore di un'iniziativa di Resistenza Storica, per combattere ogni tentativo, da parte di storici nazionalisti e delle istituzioni statali e locali, di riscrittura della storia di quanto avvenuto al confine orientale dell'allora Regno d'Italia, per riaffermare e difendere il carattere antifascista ed internazionalista delle Resistenze di tutte Europa, per eliminare ogni mistificazione storica prodotta dal nazionalismo sciovinista e dal fascismo di ieri e di oggi.

Venerdì 4 Marzo, ore 19:00, Sala Consiliare del Comune di Molfetta

INCONTRO -->
con
Piero Purini, storico freelance
Sandi Volk, storico

- Piero Purini (Trieste, 1968) si è laureato in storia contemporanea all’Università di Trieste sotto la guida del prof. Jože Pirjevec. Ha poi frequentato corsi di perfezionamento post laurea presso l’Università di Lubiana e quindi ha conseguito il dottorato di ricerca presso l’Università di Klagenfurt sotto la guida del prof. Karl Stuhlpfarrer. Si occupa principalmente di movimenti migratori, di spostamenti di popolazione e di questioni legate all’identità e all’appartenenza nazionale: il fatto di aver studiato in Italia, Slovenia ed Austria gli ha permesso di analizzare la storia di una regione etnicamente complessa come la Venezia Giulia in una prospettiva più internazionale ed europea. Affianca all’attività di storico anche quella di musicista.

- Sandi (Alessandro) Volk nato a Trieste il 24 aprile 1959 si è laureato in storia contemporanea presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Trieste con relatore il prof Elio Apih. Ha conseguito il master ed il dottorato in storia contemporanea presso il Dipartimento di Storia della Facoltà di Filosofia dell’Università di Lubiana (SLO), relatore il prof. Duˇsan Ne´cak. Si occupa di storia contemporanea della Venezia Giulia, in particolare di Trieste e della storia degli sloveni della regione. Ha svolto ricerca sulla nascita del movimento operaio sloveno a Trieste, sul movimento nazionale sloveno nel periodo precedente alla prima guerra mondiale, sulla seconda guerra mondiale nella memoria degli sloveni di Trieste, sulla storia del lager nazista della Risiera di S. Sabba, sulla/e memoria/e riguardo al periodo 1918-1954 in vari gruppi della popolazione triestina e soprattutto sul destino degli esuli/profughi istriani e dalmati dopo l’esodo, che è stato anche il tema della tesi di master e di dottorato. Pubblica in Slovenia e Italia. Attualmente è ricercatore presso la Sezione storia della Biblioteca nazionale slovena e degli studi di Trieste. Collabora con il Centro di ricerche scientifiche della Repubblica di Slovenia di Capodistria, con lo Zgodovinsko druˇstvo za juˇzno Primorsko, con lo Inˇstitut za narodnostna vpraˇsanja di Lubiana, con i Civici Musei di Storia ed Arte di Trieste, con l’Istituto Regionale per la Storia del Movimento di Liberazione nel Friuli-Venezia Giulia di Trieste. È membro della Commissione consultiva del Comune di Trieste per il Civico Museo della Risiera di S. Sabba – Monumento nazionale.

MOSTRA DIDATTICO-DOCUMENTARIA -->
"Testa per dente".
Crimini fascisti in Jugoslavia 1941/1945 

- Lo scopo della mostra è fornire uno strumento didattico e culturale che serva da stimolo per colmare un grave “vuoto” di in-formazione nella memoria storica collettiva, soprattutto presso i giovani.
Le verità sulle tragiche vicende legate alle avventure imperialiste del fascismo italiano (in particolare quelle verso la sponda orientale dell’Adriatico), pur essendo note da tempo fra gli studiosi più attenti, sembrano essere continuamente rimosse (per non dire censurate) da parte degli organi più o meno ufficiali di informazione e divulgazione nella nostra Repubblica democratica.
Sta dilagando invece, sotto l’ambiguo nome di revisionismo, la sistematica manipolazione dei fatti (negati, inventati, destrutturati ecc., a seconda dei casi), nel tentativo, tutto politico, di sostituire alla storiografia scientifica e critica una mitologia utile a garantire il consenso sociale intorno ai gruppi dominanti, specie in periodi di crisi come l’attuale. Si sa, questi metodi sono antichi; ma oggi la loro efficacia è legata all’uso monopolistico delle tecnologie mediatiche, vere armi di distrazione di massa delle intelligenze e della coscienza civile.
Questa mostra vuol essere un passo (piccolo ma, speriamo, significativo) nella direzione opposta: aiutare gli italiani di oggi a imparare dalla storia per non ripetere gli stessi errori, e a ricuperare quei valori della Resistenza antifascista che (al di là della retorica ufficiale) non sono mai stati realmente e coerentemente perseguiti dalla classe di governo – a partire dai mancati processi ai criminali di guerra; passando per i segreti sulle stragi di Stato, sui tentativi golpisti, sulle infiltrazioni mafiose; fino allo “svuotamento” (sostanziale prima che formale) della stessa Costituzione (divisione dei poteri, ripudio della guerra, diritti del lavoro, giustizia sociale, difesa ambientale ecc.): oggi lo Stato è sottoposto di fatto alle “leggi del mercato”, con evidenti pericoli di degenerazione autoritaria. Ma le vere risposte potranno darle solo le lotte.
Sarà bene precisare che nella mostra non c’è nulla che possa essere paragonato a una “fiction”: l’impatto emotivo di alcuni contenuti è legato esclusivamente alla loro funzione documentaria. Le immagini e alcuni testi («in corsivo») sono tratti da pubblicazioni e documenti originali dell’epoca. Senza pretendere una completezza e una profondità di analisi impossibili da ottenere con un tale mezzo divulgativo, la cura nella ricerca e nella scelta del materiale è tale da non temere critiche fondate sul piano storico e metodologico.
Per verifiche, consultazioni e approfondimenti sono disponibili l’elenco puntuale delle fonti e un’ampia bibliografia. (Pol Vice)
(http://www.diecifebbraio.info/testa-per-dente/)

Durante l'iniziativa sarà possibile acquistare volumi della collana "Resistenza Storica" editi da KAPPA VU edizioni che affrontano le tematiche che saranno oggetto dell'iniziativa. (http://www.ecommerce.kappavu.it/storia/storia-resistenza-storica.html)



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12 MARZO, Giornata nazionale di mobilitazione contro la guerra

All'interno del percorso di mobilitazioni contro la guerra che ha già visto tenersi un importante appuntamento il 16 gennaio u.s., il Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia ONLUS aderisce ed invita ad aderire anche alla nuova giornata nazionale di protesta indetta per il 12 MARZO 2016.



=== 3 ===

Milano 19-20 marzo 2016
nell'ambito della Fiera dei libri e della cultura indipendente BELLISSIMA
c/o Palazzo del Ghiaccio, Via Giovanni Battista Piranesi 14 

Zambon Editore presenterà tre libri preziosi:

SABATO 19 H. 15,00-16,00 Sala 3 (25 Posti): L'ARTE DELLA GUERRA, di Manlio Dinucci 
presentano l'Autore e Jean Toschi Marazzani Visconti
info sul libro: https://www.cnj.it/documentazione/bibliografia2.htm#dinucci2015

DOMENICA 20 H. 15,00-16,00 Sala 4 (25 Posti): UOMINI E NON UOMINI, di Goran Jelisić 
presentano Ugo Giannangeli e Jean Toschi Marazzani Visconti
recensione del libro: https://www.cnj.it/MILOS/testi.htm#jelisic_rec_am

DOMENICA 20 H. 16,30-17,30 Sala 4 (25 Posti): HILLARY CLINTON LA REGINA DEL CAOS, di Diana Johnstone 
presentano Ugo Giannangeli e Jean Toschi Marazzani Visconti


=== 4 ===

*** Proposta di grande raduno antifascista a Kumrovec ***

Izvor: FB-sajt SFR Jugoslavija - SFR Yugoslavia, 25.2.2016.
https://www.facebook.com/36436743833/photos/a.329272308833.185523.36436743833/10153951759118834/?type=3

OD VARDARA DO TRIGLAVA - OD ĐERDAPA PA DO JADRANA !
APEL SVIM ANTIFAŠISTIMA !
Zbog političke situacije u Hrvatskoj, jer ta država sa novom vladom podržava neoustaštvo i negira antifašistički boj partizana i maršala Josipa Broza Tita, apelujemo na sve antifašiste i veteranske organizacije SUBNORe na području Jugoslavije, da u što večem broju dodju na Dan Mladosti koji ce se odrzati SUBOTA 28. maj 2016 u Titovom selu Kumrovec i sa tim podrže udruženja JBT Hrvatske i sve ANTIFAŠISTE u Hrvatskoj ! 
Molimo sve SUBNORe, SABNORe, ZZBNOB i udruženja Josip Broz Tito i udruženja ANTIFAŠISTA, Jugoslavena, da taj poziv dele medju svoje organizacije i prijatelje !
Zajedno smo JAĆI ! 
SMRT FAŠIZMU !




All'interno del percorso di mobilitazioni contro la guerra che ha già visto tenersi un importante appuntamento il 16 gennaio u.s., il Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia ONLUS aderisce ed invita ad aderire anche alla nuova giornata nazionale di protesta indetta per il 12 MARZO 2016.

Questa scadenza si colloca in una fase di ripresa del rullo di tamburi, specialmente con l'annunciata operazione neocoloniale in Libia (paese ridotto alla guerra civile proprio da un "nostro" precedente intervento militare). La recente riunione del Consiglio Supremo della Difesa significa che non sono più solamente voci.

Di seguito riportiamo documentazione e collegamenti utili
* sull'organizzazione della giornata
* al dibattito che si va sviluppando in seno al movimento antiguerra, essenzialmente tra "antiamericani" e "antieuropeisti"
* sull'episodio - non scollegato - della contestazione al propagandista di guerra Angelo Panebianco.


INIZIATIVE

Le iniziative in via di preparazione sono: 

Manifestazione davanti al cantiere TAV della Val Clarea (Chiomonte) 

Base militare di Ghedi a Brescia 

A Bologna è previsto un corteo regionale, ore 15.00 da Piazza San Francesco alla Caserma Mameli

Pisa si mobilita a Camp Derby 

A Roma è previsto un corteo cittadino 

Napoli: manifestazione alla base NATO di Lago Patria, Giuliano 

In Sicilia contro l’uso della base di Sigonella per le aggressioni militari

In Piemonte per Novara contro gli F35 si sta valutando la possibilità di organizzare altre mobilitazioni

In Veneto una importante iniziativa si terrà a Vicenza alla Caserma Ederle: 
SABATO 12 MARZO ORE 10.30 MANIFESTAZIONE CONTRO LA NATO A VICENZA
APPUNTAMENTO DI FRONTE ALLA CASERMA EDERLE IN VIALE DELLA PACE
info: http://www.contropiano.org/in-breve/italia/item/35102-vicenza-il-12-marzo-manifestazione-a-camp-ederle-contro-la-guerra


MATERIALI

IL TESTO DI CONVOCAZIONE DELLA MOBILITAZIONE DEL 12 MARZO
L'Italia va alla guerra. Il 12 marzo mobilitiamoci in tutte le città 
http://contropiano.org/articoli/item/35008


UNA LOCANDINA CONTRO LA GUERRA (Sibialiria, 29.2.2016)
Prodotta dalle redazioni di due siti – Sibialiria e l’Antidiplomatico – da tempo impegnati nella controinformazione, la locandina può essere scaricata in formato PDF (pronta per essere stampata) a questo indirizzo: https://drive.google.com/file/d/0B07uAzp9X0cTTWNUVkZUSzJzNW8/view?usp=sharing
il testo (editabile) della locandina, invece, può essere scaricato a questo indirizzo: https://drive.google.com/file/d/0B07uAzp9X0cTeG9WbF9ZRDM1X1E/view?usp=sharing

12 MARZO CONTRO LA GUERRA: UN SITO PER INFORMARE E FAR CONDIVIDERE LE INIZIATIVE
Grande è l’urgenza di mobilitarsi contro la guerra e alcune organizzazioni hanno lanciato l’idea del 12 marzo (e poi del 4 aprile) come data per manifestazioni di vario tipo a livello locale in tutta Italia. Sibialiria per promuovere l’iniziativa e renderne partecipe quanta più gente è possibile, offre come servizio alle organizzazioni e realtà locali che parteciperanno a questa giornata:
Il sito                                    https://12marzocontrolaguerra.wordpress.com/
La pagina Facebook        https://www.facebook.com/12-marzo-contro-la-guerra-186010068431823/info/
L’account Twitter             https://twitter.com/noguerra12marzo
L’hashtag                            #12marzocontrolaguerra
Il canale Youtube            https://www.youtube.com/channel/UCY5PI0Egs39ccu9k9Poctsw
Il videoclip promozionale dell’iniziativa: https://youtu.be/ATlwAPTyJ7I
Per contatti a riguardo la mail è                12marzocontrolaguerra@... 
La redazione di Sibialiria
www.sibialiria.org


ADESIONI AD OGGI

COORDINAMENTO CONTRO LA GUERRA, LE LEGGI DI GUERRA, LA NATO: PROMOTORI E PRIME ADESIONI 

Aldo Silvano Giai, Nicoletta Dosio, Fulvio Perini, Alberto Perino, Bianca Riva, Cellerina Cometto, Mira Mondo, Eugenio Cantore, Eleonora Cane, Claudio Cancelli, Valentina Cancelli, Domenico Bruno, Franco Olivero Fugera, Italo Di Sabato, Valentina Colletta, Emanuele D'Amico, Danilo Ruggieri, Manuela Palermi, Ernesto Screpanti, Nella Ginatempo, Fabio Frati, Fabrizio Tomaselli, Stefano Zai, Giorgio Cremaschi, Gianpietro Simonetto, Emiddia Papi, Mauro Casadio, Aldo Romaro, Paola Palmieri, Francesco Olivo, Michele Franco, Sergio Cararo, Luigi Marinelli, Franco Russo, Ugo Boghetta, Sandro Targetti, Leonardo Mazzei, Francesco Piccioni, Marco Santopadre, Selena Difrancescoantonio, Marco Tangocci, Giovanni Bacciardi, Vasapollo Luciano, Valter Lorenzi, Antonio Allegra, Dino Greco, Beppe Corioni, Moreno Pasquinelli, Guido Lutrario, Loretta Napoleoni, Gualtiero Alunni, Anastasi Dafne, Nico Vox, Carlo Formenti, Dario Filippini, Antonella Stirati, Maria Pia Zanni, Lorenzo Giustolisi, Sabino Derazza, Enzo Miccoli, Loredana Signorile, Mara Manzari, Roberto Vallocchia, Monica Natali, Luca Massimo Climati, Laura Scappaticci, Patrick Boylan, Sergio Bellavita, Ezio Gallori, ...

Movimento NO TAV, Piattaforma Sociale Eurostop, Unione sindacale di Base, Centro Sociale 28 Maggio Brescia, Ross@, Campagna Noi Restiamo, Fronte Popolare, Noi Saremo Tutto, City Strike Genova NST, Collettivo Putilov Firenze, Rete NoWar, Economia per i Cittadini, Contropiano, Partito Comunista d’Italia, Rifondazione comunista Molfetta, Programma 101, Rete dei Comunisti, Partito della Rifondazione Comunista, Partito Comunista dei Lavoratori, NO MUOS Milano, Comitato Difesa Sociale Cesena, Circolo agorà di Pisa, Comitato No Guerra No NATO Brescia, Area Opposizione Cgil, Sinistra Anticapitalista, Carc, ...


AGGIORNAMENTI BREVI E LINKS

QUAL È IL NEMICO PRINCIPALE CONTRO CUI FARE FRONTE COMUNE? (Manlio Dinucci, 16 Febbraio 2016)
... Ritengo fuorviante a tutti i livelli proclamare una mobilitazione contro la guerra non nominando mai gli Stati uniti, facendoli così sparire dallo scenario mondiale. In tal modo la Nato diventa una entità vaga e, con la formula «UE-Nato» viene fatta apparire come subordinata alla UE, quando è vero il contrario...

LA GUERRA, GLI IMPERIALISMI E IL “NEMICO PRINCIPALE”: UNA RISPOSTA A MANLIO DINUCCI (Rete dei Comunisti, 19 Febbraio 2016)
... Sottovalutare la vigenza – e la estrema pericolosità – del processo di integrazione e di gerarchizzazione europea è un grave errore analitico che può condurre a prendere posizioni non all’altezza di una situazione che, rispetto anche solo a dieci anni fa, è estremamente diversa e in continuo movimento. D’altronde in varie occasioni, negli ultimi anni, abbiamo visto rimuovere da parte di importanti settori della sinistra radicale e anche comunista “ortodossa” il tema dell’imperialismo europeo, in nome di punti di vista datati e spesso ispirati da suggestioni e dogmatismi piuttosto che dall’analisi concreta della soluzione concreta...

L’URGENZA DI USCIRE DALLA NATO (Comitato No NATO - 21 febbraio 2016)
Il Comitato No Guerra No NATO: un giudizio e un appello sulla situazione attuale, in cui crescono ogni giorno i pericoli di guerra. Prima di una nuova guerra in Libia.
... Non si può pensare di costruire una Europa diversa, senza liberarci dal dominio e dall’influenza che gli USA esercitano sull’Europa direttamente e tramite la Nato... per una nuova Europa indipendente che contribuisca a relazioni internazionali improntate alla pace, al rispetto reciproco, alla giustizia economica e sociale...

MOBILITAZIONE IN VISTA DELLA GIORNATA DI “ATTIVISMO DECENTRATO” DEL 12 MARZO DOPO L'APPELLO DI ALEX ZANOTELLI (DI Patrick Boylan, 24 Febbraio 2016)
Esiste ancora un movimento contro le guerre in Italia? Il 12 marzo la risposta... Si vuole così preparare il terreno per la riuscita del grande incontro nazionale contro la guerra che Alex Zanotelli convocherà, non appena otterrà le adesioni delle varie associazioni pacifiste italiane...

SULLA PACE E SULLA GUERRA È IMPORTANTE RICORDARE... (Comitato contro la guerra di Milano, feb 2016)
... Rifuggiamo da ogni facile eclettismo e crediamo che non si rechi un contributo alla verità quando i fatti da noi elencati, di cui lo zio Sam è responsabile, non vengano considerati fino al punto di non nominare gli USA. Certo aristocraticismo distante dalla verità, che non sa distinguere tra aggressori ed aggrediti non può lasciarci indifferenti… L’astrattismo è spesso andato a braccetto con l’irresponsabilità: quando si parla di popoli e nazioni la pretesa di esportare la democrazia è sorta a causa del sonno della ragione che, come si sa, genera mostri...

RIUNITO IL ‘CONSIGLIO SUPREMO DI DIFESA’: ITALIA DI NUOVO IN GUERRA, TUTTI IN PIAZZA! (Rete dei Comunisti, 26.2.2016)
... Alla riunione convocata al Quirinale hanno partecipato oltre a Mattarella il premier Matteo Renzi, il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, il ministro dell'Interno Angelino Alfano; il ministro della Difesa Roberta Pinotti; il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan, il Ministro dello Sviluppo Economico Federica Guidi, il Capo di Stato Maggiore della Difesa, Gen. Claudio Graziano. E poi il sottosegretario alla Presidenza del consiglio dei ministri Claudio De Vincenti, il segretario generale della Presidenza della Repubblica Ugo Zampetti, il segretario del Consiglio Supremo di Difesa, Gen. Rolando Mosca Moschini...

PANEBIANCO, LA GUERRA, LA CENSURA. MA DE CHE? (di Fulvio Scaglione, 28.2.2016)
... C’era qualche milione di persone, compresi i pacifisti che Panebianco copriva di disprezzo dalle colonne del Corriere, che ritenevano le sue convinzioni errate. Ma oggi, dopo che i fatti hanno dato ragione a loro, in cattedra a insegnare “Teorie della pace e della guerra” e a pontificare sul Corriere c’è sempre lui...

LIBIA: DI BATTISTA, NO TRUPPE O VIETNAM (28 Febbraio 2016)
http://italian.irib.ir/notizie/mondo/item/212615-libia-di-battista,-no-truppe-o-vietnam
ROMA - Sulla Libia "l'Italia deve contribuire nel modo giusto per distruggere il terrorismo che è un cancro che va affamato, ma non credo che inviare droni possa servire a qualcosa": così Alessandro Di Battista (M5s) a l'Intervista su SkyTg24.
E' d'accordo sull'invio di forze speciali sul campo? "No - ha risposto - l'Italia faccia la sua parte ma no all'invio di forze speciali. Se si decidesse una cosa del genere ci opporremo in Parlamento perché significa andare in guerra, in una terra a 500 cento chilometri da qui, che potrebbe diventare un nuovo Vietnam".

COMUNICATO EUROSTOP BOLOGNA (Piattaforma Sociale EUROSTOP, 29 Febbraio 2016)
...  “Se arriveremo -ci dice Panebianco- a quell’appuntamento con una opinione pubblica impreparata, ci saranno forti contraccolpi nelle piazze e in Parlamento”: niente e nessuno potrà dunque permettersi di intralciare quella strada che, a colpi di cannone, porta dritta all'unificazione politica dell'Europa. L'Unione Europea sta provando a costituirsi come polo economico e militare competitivo a livello mondiale. Per far ciò, promuove arroganti politiche militari ai propri confini da ben 25 anni: dalla Jugoslavia all'Ucraina, passando per la Siria, fino alla Libia...
http://www.contropiano.org/politica/item/35164-bologna-contro-la-guerra-e-la-propaganda-bellica-il-12-marzo-in-piazza



(francais / italiano)

PATACCHE UTILI PER LA TERZA GUERRA MONDIALE


Accuse false rivolte alla Russia di avere oltrepassato i confini turchi con i propri aerei impegnati in Siria sono già state usate a pretesto per l'abbattimento di un Sukhoi Su-24M lo scorso 24 novembre 2015. Nelle ultime settimane gli Stati Uniti d'America hanno continuato a lanciare questo tipo di accuse, mai suffragate da prove concrete, al preciso scopo di far salire alle stelle la tensione tra Russia e Turchia. 

Washington contro il principio di presunzione d'innocenza (La Tana dell'Orso, 14.2.2016.)
Un imputato è considerato non colpevole fino a prova contraria. L'onere della prova spetta alla pubblica accusa. Vorreste vivere in un mondo in cui non esiste la presunzione d'innocenza? Se avete risposto no, è arrivato il momento di agire, perché è proprio in un mondo del genere che gli Stati Uniti ci stanno portando...

Le concepteur du F-16 confirme la version russe de l’attaque turque (par Valentin Vasilescu, Réseau Voltaire, 23.12.2015)
La Russie souffre de ne pas être entendue par les Occidentaux. C’est pourquoi elle multiplie les appels à des spécialistes étrangers. Ainsi a-t-elle organisé l’ouverture de la boite noire du Su 24 détruit par l’aviation turque en présence d’experts occidentaux et chinois, ou vient-elle d’obtenir le témoignage du concepteur du F-16 pour certifier son interprétation des données...



(italiano / srpskohrvatski / english)

L'analista politico Phil Butler, esperto di questioni dell'Europa orientale, espone la sua interpretazione in merito allo squartamento della Jugoslavia: chi l'ha voluto? Perché?  E cosa sarebbe diventata la Jugoslavia se non fosse stata aggredita e distrutta? Probabilmente, dice Butler, se la Jugoslavia avesse continuato ad esistere, data la sua posizione geopolitica centrale, il suo carattere multinazionale ed avanzato, e la sua economia già fiorente ed in grande espansione fino agli anni Ottanta, oggi essa sarebbe più influente di tanti altri paesi ed il centro d'Europa sarebbe a Belgrado, anziché a Bruxelles o a Berlino... (a cura di IS – articolo segnalato da DK)


=== ORIGINAL TEXT ===


22.02.2016 
Author: Phil Butler

A Yugoslavian Fantasy: 24th versus 149th Place


In an alternative universe, what if Yugoslavia still existed? NATO’s expansion, the Cold War still being waged, the so-called democratic western nations destroying freedoms in the name of democracy, we’re already living World War III. At this crucial juncture in history, it’s absolutely imperative that we examine what has transpired the last 25 years. Yugoslavia and western intervention there, is perhaps the best place to begin. This article calls to question the peace that might have been. More importantly, it calls to question whether or not peace was ever a democratic goal.

Can you imagine Europe today with Yugoslavia as a key player among nations? I can. Yugoslavia was in fact, one of the greatest cultural and human experiments in history. Formed in the crucible that was the conflict in between the Austro-Hungarian Empire and the Ottoman Empire, Yugoslavia melded together people’s of both cultures, and in ways not seen since the time of Alexander the Great’s assimilation of peoples after immense conquest. The experiment, if I may call it that, lasted a little over half a century. The ideal was, to form a single state for all southern Slavic peoples. While Yugoslavia’s creation was partly a geo-strategic move on the part of Britain and France, in order to restrain or block Germany, the underlying idealism was sound and just. The provisions of the so-called “Corfu Declaration” called for what amounted to a constitutional monarchy not unlike England’s. Rights and suffrage, and core principles of something known as the Illyrian movement, were promising aspects of early Yugoslavia. Even though King Alexander would eventually suspend the constitution and elections, the melding of ethnic groups and cultures still showed promise. War, political machinations, internal and external pressures preyed heavily always on this fledgling world power. As has been the case in many such experiments, ultimately authoritarian rule became the necessity, even desirable.

To end the history lesson, when the national hero turned Dictator and world celebrity, Josip Tito was firmly in control, Yugoslavia played on the world stage. Then when his power waned, opposing forces found their foothold. No scholars or politicians speak of it today, but Tito’s part in establishing the Non-Aligned Movement of nation states was magnanimous and extremely significant, especially for the people who now live in Croatia, Serbia, Montenegro, and the other former Yugoslav regions. I’ll get into this further along, but for now it seems important to outline this Non-Aligned Movement’s ideals.

The NAM’s foundations were built in Belgrade in 1961 by the initial ideas of Tito’s Yugoslavia; India’s first prime minister, Jawaharlal Nehru; Indonesia’s first president, Sukarno; Egypt’s second president, Gamal Abdel Nasser; and Ghana’s first president Kwame Nkrumah. To be concise here, maybe reflecting one of NAM’s greatest proponents, Cuba’s Fidel Castro. In a speech given during the Havana Declaration of 1979, Castro laid out the real purpose behind NAM, saying the movement should strive for:

“The national independence, sovereignty, territorial integrity and security of non-aligned countries” in their “struggle against imperialism, colonialism, neo-colonialism, racism, and all forms of foreign aggression, occupation, domination, interference or hegemony as well as against great power and bloc politics”

So essentially, the NAM was to be an independent movement of nations in between the great powers, with the idea of negating the Cold War was in novel and interesting one. Of course the major powers engaged in this new political and idealistic warfare had at their core strategy, the inclusion of every one of these fledgling independents. As we see today, the battle goes on to fragment, divide and render powerless, countries and peoples everywhere on the globe. This can be seen most easily in the carving up of the former Yugoslavia, and in the fact the resulting states have shown no inclination to be part of NAM now. Instead, the EU and NATO have been the gravitational pull that moves Croatia and the others. We see the prevalence of “Cold War” strategy in the fact Belarus and Azerbaijan are the only two members of the Movement in Europe, Azerbaijan and Fiji being the most recent entrants, having joined back in 2011. However, the 2012 NAM Summit saw higher attendance than any previous year, a bit of a sign of our crisis time now, I expect. With a declared purpose of “world peace”, and fundamental rights and integrity as its dogma, NAM was and is a valid theoretical mediating framework. But let me return to the fantasy case for Yugoslavia now.

Looking at the breakup of Yugoslavia in retrospect, framing what is Washington geo-strategy everywhere takes solid form. The Clinton administration’s actions at that time have been parlayed and propagandized with the same Orwellian “doublethink” the public is mystified with today. Reading Washington think tank propaganda like that of the Brookings Institute reveals this. In “Decision to Intervene: How the War in Bosnia Ended” from 1998, author Ivo H. Daalder begins:

“While many have written eloquently and passionately to explain Washington’s—and the West’s—failure to stop the ethnic cleansing, the concentration camps, and the massacres of hundreds of thousands of civilians, few have examined why, in the summer of 1995, the United States finally did take on a leadership role to end the war in Bosnia.”

The truth is a much simpler reality. No one needed a think tank to discover why President Bill Clinton hesitated to intercede in Bosnia. Clinton was in fact, continuing the policies of his predecessor, George Bush the senior, to destabilize the Yugoslavian socialist success. We know now that US covertly trained insurgents played a vital role in fragmenting the region via an organization known as the Atlantic Brigade, which fought in the Kosovo war at the side of the Kosovo Liberation Army (KLA), numbering some 400 armed fighters (Also see Christian Science Monitor 1999). There’s not space within this report to reveal the subterfuge and death dealing that came about because of US proxy wars in the former Yugoslavia. I will direct the reader to an expert.

The decorated soldier and award winning journalist, Colonel David Hackworth (November 11, 1930 – May 4, 2005) was a war hero and defender of truth for the thousands and millions blown to pieces by these wars. “Hack”, as he was often called, was one of the most decorated soldiers in history having worn; 2 Distinguished Service Crosses, 10 Silver Stars, 8 Bronze Stars, 8 Purple Hearts, and 34 Air Medals, to name a few. A journalist for Newsweek and others, “Hack” was in the former Yugoslavia at the critical moment. This piece by him shines light on the lies the American people were told about Bush’s and Clinton’s war there.  Comparing US policy in the former Yugoslavia to that of Vietnam, Hackworth uses the case of Sgt. Richard Casini, a recon trooper in Kosovo who stepped on a mine. In this singular incident, we see what we know now as a “ritual” of lying propaganda to mislead Americans and the world. When the boy’s dad was notified of his son’s injuries, “Your boy is being flown to Germany on the general’s jet,” was the news he got. Unfortunately, “Hack” was contacted later by Sgt. Casini, who had lost a foot, and learned how the boy had been flown to the hospital on a cargo plane wedged in between crates.

David Hackworth is gone now, he succumbed to cancer a few years back. The legacy of “soldiers against war” goes on, only with different proponents like those at Veterans Today and elsewhere. As for Bill Clinton’s playing at reluctance in the region once known as Yugoslavia, the sordid history of genocide and graft seems endless now. Another story I found, the tale of a Frenchman who trained with the Atlantic Brigade, it calls to mind Ukraine, Libya, and Syria of late. You see “patterns” lead us to the truth more often than not, ask any criminal profiler. The ghastly killing fields of the legitimate country of Yugoslavia, the investments in carving up the pieces left over, stain the hands of US presidents, British lords, and neo-Nazi German industrialists.

In an interview with a French mercenary names “Jacques’, Jean-Luc Porte reported back in 1999 how the US backed “Atlantic Brigade” was formed up. The skin head killer of Serbs and Croatians, by his own admission, outlines for us how fascism and Nazis akin to those seen in Ukraine of late, made up a killing brigade effecting the dismemberment of a former great nation. Wounded, rethinking his service to the cause, the Frenchman who joined other multinationals in Albania bore the mark of “HOS for Ustashis,” a proud brand of Croatian Nazis who joined the Germans in World War II. Not unlike the Banderites of the Ukraine crisis, the various proxy wars in the Balkans were manned by lethal killers from abroad. And top American officials knew full well the breed of murderers they pulled the strings on in Kosovo and throughout the Balkans. Yugoslavia, you see, became the template for Afghanistan and Iraq, Arab Spring, and the current anti-Russia onslaught. The names of Madeleine Albright, Javier Solana, General Wesley Clark and others continue to reverberate. In the former Yugoslavia the friends of key players in government planned a literal carving feast of potential creditor nations and investment bonanzas. The tale of this genocide in the name of democracy is almost too awful to speak of. Most of the people of these nations were set back 200 years, into a kind of medieval existence without hope. The only glimmer of possibility for most former Yugoslavians is quite naturally, the EU and its NATO protectors.

As I write this American, Brit and German planners are already carving up Syria. This Rand Corporation plan is not surprisingly clinical, even matter of fact, about partitioning a sovereign state. For those unaware, Rand Corporation is the Big Brother of all hegemonic think tanks. If you see it in print from these guys, the US military industrial complex invested money in it – period. Certainly there was genocide on both sides of the Albania-Kosovo conflict, as well as the other wars in the Balkans. This is not the point really, for the totality of catastrophe is what I am focused on. First of all the people of the united Yugoslavia no longer have any real voice. Secondly, the breakup of that nation has led to the death or dislocation of millions now. This is another story. But my “fantasy” Yugoslavia should be an eye opener. Let me conclude.

Yugoslavia was built on an idea that Southern Slavs would not remain a weak and divided people. A united nation of Yugoslavia was not easy prey for imperialist intentions like we see taking place today. It is a fact, that after World War II, socialist Yugoslavia became something of a European success story. Between 1960 and 1980 the country had one of the most vigorous growth rates in the world: a decent standard of living, free medical care and education, a guaranteed right to a job, one-month vacation with pay, a literacy rate of over 90 percent, and a life expectancy of 72 years. To my knowledge, not one of the Balkans states that were created can claim half this prosperity. It was this prosperity which caused western interests to want to destroy Yugoslavia.

Yugoslavia’s multi-ethnic citizenry also had affordable public transportation, housing, and utilities. The not-for-profit economy was mostly publicly owned, not exactly the poster child for western democratic love obviously. The county could not be allowed to compete with Germany, France, and especially Britain, and the London and Luxembourg bankers could not extract their billions in a socialistic system. Yugoslavia had to die, and the Reagans, Bushs, and Clintons helped make it happen. Award winning author, political scientist, and Visiting Fellow at the Institute for Policy Studies in Washington, D.C., Michael Parenti has outlined the Yugoslavia disaster many times. According to Parenti, the U.S. goal has been to transform the Yugoslav nation into a Third-World region:

  • incapable of charting an independent course of self-development;
  • a shattered economy and natural resources completely accessible to multinational corporate exploitation, including the enormous mineral wealth in Kosovo;
  • an impoverished, but literate and skilled population forced to work at subsistence wages, constituting a cheap labor pool that will help depress wages in western Europe and elsewhere;
  • dismantled petroleum, engineering, mining, fertilizer, and automobile industries, and various light industries, that offer no further competition with existing Western producers.

Does this strategy sound familiar? Remember the Rand Corporation plan for Syria. Were Ukraine, Donbass, and Crimea understood before the Euromaidan? What is the plan for Russia? This is where the metal meets the meat my friends. In the Balkans catastrophe the West demonized the Serbs. In Libya it was Colonel Muammar Gaddafi, in Syria it is Assad, and the pattern goes on with Vladimir Putin as the biggest trophy head to put on some banker’s den wall. If that sounds contrite, I am sorry, this is the world we live in now. By the power of sleeping American citizens drugged stupid with worthless trinkets of super-capitalism – the world is being taken over by tyrants.

But what if Yugoslavia had survived? What if the great ethnic-socialist experiment had worked? It’s safe to say our world would be totally different today. For one thing, the EU with the Non-Aligned Movement of nation states (NAM) operating within its current boarders would be less potent, far less influential geo-politically. All of Europe might have led to Belgrade, and from there into the six republics now fighting for crumbs from Brussels. To galvanize how my fantasy Yugoslavian nation might look, I’ll leave you with the relative economic situations of current Balkans states, and the Yugoslavia GDP in 1991, positioned at 24thamong world nations. As former President Ronald Reagan used to say; “Are you better off?”

As of 2015, Bosnia and Herzegovina is 112th economically, and conditions are worsening. Still the poor Bosnians think joining the EU will solve all problems. Croatia is currently 76th in the world economically, but Bloomberg just named the country one of the 10 worst on Earth. Macedonia ranks 130th, with agriculture being the only real industry, unemployment in the country is above 30%. Montenegro, despite the sheer beauty of the tiny country, is 149th among world nations. Like some other former republics, Montenegro believes EU ascension will solve everything. Serbia is ranked 87th in GDP, and seems more stable in many regards than her contemporaries. Slovenia ranks 81st in GDP, and is for some a potential miracle if tourism and other industries continue to grow there.

From a personal perspective, I recall a moment of prosperity in the former Yugoslavia, the 1984 Olympics at Sarajevo. Those were the first Winter Olympics ever held in a Communist nation, as I recall. The torch relay through Dubrovnik, then Split, Ljubljana, Zagreb, and countless other Yugoslavian cities, culminated in a proud moment in Sarajevo. The names of the gold medal athletes there have become blurred in my mind now, but the little wolf mascot Vučko, created by the Slovenian painter Jože Trobec is framed in my mind’s eye for some reason. A cartoon here in Yugoslavia at the time, the little wolf represented the people of these Balkans nations well. Wolves are prominent in Yugoslavian fables, they are the embodiment of courage and strength and the also symbolize winter. And as I type these final letters, I think about what the courageous and strong people of Yugoslavia might have won had their destinies not been interrupted by outsiders? All I know is, 24th place is a far cry from 149th in the Olympics. As for Yugoslavia, that nation is gone forever.


Phil Butler, is a policy investigator and analyst, a political scientist and expert on Eastern Europe, exclusively for the online magazine “New Eastern Outlook”.
http://journal-neo.org/2016/02/22/a-yugoslavian-fantasy-24th-versus-149th-place/



=== NA SRPSKOHRVATSKOM ===


Phil Butler: "Jugoslavija je morala biti uništena, a što bi bilo da nije...?"  

Možete li zamisliti Europu danas s Jugoslavijom kao ključnim igračem među narodima? Ja mogu. Jugoslavija je u stvari bila jedan od najvećih kulturnih i društvenih eksperimenata u povijesti. Osnovana na području sukoba nekadašnjeg Austro-ugarskog i Osmanskog carstva, Jugoslavija je sjedinila obje kulture na način koji nije viđen još od vremena Aleksandra Velikog, koji je nakon golemih osvajanja asimilirao narode. Eksperiment, ako ga mogu tako nazvati, trajao je nešto više od pola stoljeća. Idealan iz razloga što su u jednoj državi živjeli svi južnoslavenski narodi. Stvaranje Jugoslavije je djelomično bio i geostrateški potez Britanije i Francuske, kako bi se usporila ili blokirala Njemačka. Odredbe tzv. "Krfske deklaracije" su udarile temelje ustavnoj monarhiji koja se ni po čemu nije razlikovala od Engleske. Prava i pravo glasa, te poštivanje temeljnih principa Ilirskog pokreta su bili obećavajući aspekti rane Jugoslavije. No, tada je kralj Aleksandar ukinuo ustav i izbore, ali je zajednički život etničkih i kulturnih skupina je i dalje davao nadu za budućnost. Rat, političke spletke, unutarnji i vanjski pritisci su u to vrijeme  teško opterećivali ovu novu svjetsku silu u nastajanju. Kao što je to bio slučaj u mnogim takvim pokusima, u konačnici je autoritarna vlast postala nužna, možda i poželjna.

Za prekid "predavanja iz povijesti", nacionalni heroj Josip Broz Tito je postao taj "diktator", ali je stekao svjetsku  slavu i čvrsto držao stvari pod kontrolom, a Jugoslavija je igrala veliku ulogu na svjetskoj sceni. Međutim, kada je njegova moć oslabila, suprotne sile su našle svoje uporište. Nema znanstvenika ili političara koji o tome danas ne govori, ali Titova uloga u osnivanju Pokreta nesvrstanih nacionalnih država je velika i izuzetno značajna, pogotovo za ljude koji sada žive u Hrvatskoj, Srbiji, Crnoj Gori i ostalim bivših jugoslavenskim zemaljama. 

Ideali Pokreta nesvrstanih i njegovi temelji su udareni u Beogradu 1961. U stvaranju pokreta su sudjelovali Tito, indijski premijer Jawaharlal Nehru, predsjednik Indonezije Sukarno, egipatski predsjednik, Gamal Abdel Naser i predsjednik Gane, Kwame Nkrumah. U najkraćim crtama ideju Pokreta nesvrstanih objašnjava lider Kube, Fidel Castro, u govoru u Havani 1979.

"Pokret nesvrstanih postoji kako bi čuvao nacionalnu nezavisnost, suverenitet, teritorijalni integritet i sigurnost nesvrstanih zemalja u njihovoj borbi protiv imperijalizma, kolonijalizma, neokolonijalizma, rasizma i svih oblika strane agresije, okupacije, dominacije, miješanja ili hegemonije, kao i protiv velikih sila i blokovske politike", rekao je tada Castro.

Dakle, u suštini, Pokret nesvrstanih je težio samostalnom razvoju naroda između velikih sila s idejom koja negira Hladni rat. Naravno, velike sile koje su se bavile ideološkim ratovima i imale su svoje strategije, koje su uključivale apsorbiranje svake od tih siromašnih nezavisnih zemalja.

Kao što vidimo danas, strategija je bila izazvati bitke koje vode ka fragmentiranju, podijeli i stvaranju nemoćnih zemalja i naroda diljem svijeta.

Raspad Jugoslavije je najbolji primjer, gdje danas nijedna zemlja ne pokazuje naklonost prema Pokretu nesvrstanih.

Umjesto toga, EU i NATO su bili gravitacijska sila koja je privukla Sloveniju, Hrvatsku i ostale. Vidimo ostatke strategije Hladnog rata i u činjenici da su Bjelorusija i Azerbajdžan jedine dvije preostale članice pokreta u Europi, a Fidži se kao najnoviji član pridružio 2011.

Međutim, 2012. je summit Pokret nesvrstanih vidio veću posjećenost od bilo koje prethodne godine, što je možda i znak krize Zapada. Uz deklariranu svrhu "borbe za mir u svijetu" i svojih temeljnih dogmi, pokret je ipak, barem teoretski, vrijedan posrednički okvir. No, dopustite mi da se vratim na slučaj Jugoslavije i kakva bi možda bila da postoji danas.

Gledajući s distance na raspad Jugoslavije, primjetno je da se radi o uokvirivanju geostrategije Washingtona koja se provodila svugdje, pa i teškim metodama. Akcije Clintonove administracije su u to vrijeme bile tajnovite za javnost, jednako kao što su i danas.

Čitajući Washingtonov think tank propagandni Institut Brookings otkrivate ovo. U tekst "Odluka o intervenciji - Kako završiti rat u Bosni" iz 1998. godine autor Ivo H. Daalder počinje:

"Dok danas mnogi pišu rječito i strastveno da objasne neuspjeh Washingtona i Zapada da se zaustave etničko čišćenje, koncentracijski logori i masakri stotina tisuća civila, malo tko je to pitanje postavio u ljeto 1995. godine, kada su SAD napokon odlučile preuzeti vodeću ulogu u okončanju rata u Bosni."

No, istina je puno jednostavnija od stvarnosti. Nikome ne treba think tank da otkrije zašto je predsjednik Bill Clinton oklijevao da posreduje u Bosni. Clinton je u stvari nastavljao politiku svoga prethodnika, Georgea Busha starijeg, kojoj je cilj bio destabilizirati jugoslavenski socijalistički uspjeh. 

Sada znamo da su kod nas tajno obučeni pobunjenici odigrali ključnu ulogu u fragmentiranju regije preko organizacije poznate kao Atlantska brigada, koja se borila u ratu na Kosovu na strani Oslobodilačke vojske Kosova (OVK), a brojala je oko 400 naoružanih boraca, kao što piše Christian Science Monitor 1999. 

Ovo izvješće otkriva da su SAD pod lažnim izgovorom vodile posrednički rat u bivšoj Jugoslaviji (proxy war).

Što se tiče Billa Clintona i njegove nevoljkosti da se upliće u regiju nekad poznatu kao Jugoslavija, to je prljava povijest genocida i beskrajnih laži.

Priča koju sam pronašao je priča o Francuzu koji je trenirao Atlantsku brigadu, što u svemu podsjeća kasnije na Ukrajinu, Libiju i Siriju. Vidite "obrasce" koje nas vode do istine i više nego dovoljno.

Stravična stratišta legitimne države Jugoslavije su služila za ulaganje u podjelu preostalih komada zemlje, uz pomoć američkih predsjednika, britanskih gospodara i njemačkih industrijalaca.

Atlantska brigada je djelovala u raznim posredničkim ratovima na Balkanu, a važni pripadnici su joj bili smrtonosne ubojice iz inozemstva. Američki dužnosnici u vrhu su ih dobro poznavali i upravljajući njima su vukli konce na Kosovu i širom Balkana. Jugoslavija je postala prototip, predložak za djelovanje u Afganistanu i Iraku, Arapskom proljeću.

Imena Madeleine Albright, Javiera Solane, generala Wesleya Clarka i drugih se i dalje spominju. U bivšoj Jugoslaviji su prijatelji ključnih igrača u vladama doslovno planirali pretvoriti narode i zemlje u kreditore i investicijski  "eldorado".

Priča o tom genocidu u ime demokracije je prestrašna. Većina naroda ovih prostora je vraćena 200 godina natrag u neku vrstu srednjovjekovnog postojanja bez nade. Jedini tračak nade za većinu bivših "Jugoslavena" je, sasvim prirodno, EU i NATO savez.

Dok ovo pišem američki, britanski i njemački planeri već uređuju Siriju. Poznata Rand Korporacija izrađuje plan podjele suverene države. Za one koji nisu svjesni, Rand Korporacija je "Veliki brat" svih hegemonijskih think tankova

Tko je je zašto uništio Jugoslaviju?

Sigurno je bilo zločina i genocida s obje strane u sukobima, od Kosova do ostalih ratova na Balkanu. Ali to nije poanta zbog čega sam se fokusirao na ovu katastrofu.

Prije svega, nijedan narod bivše Jugoslavije danas nema pravo glasa. Drugo, podjela među tim narodima je dovela do smrti ili preseljenja milijuna ljudi.

Ali moja "fantazija"o Jugoslaviji bi možda mogla biti iznenađenje. Dopustite mi da zaključim.

Jugoslavija je izgrađena na ideji da u njoj Južni Slaveni neće ostati slabi i podijeljeni narodi. Ujedinjeni u Jugoslaviju ne bi bili lak plijen imperijalnim namjerama, kao što vidimo da se događa danas. 

Činjenica je da je nakon Drugog svjetskog rata socijalistička Jugoslavija postala neka vrsta europske priče o uspjehu. Između 1960. i 1980. zemlja je imala jednu od najvažnijih stope gospodarskog rasta u svijetu, pristojan životni standard, besplatnu medicinsku skrb i obrazovanje, zajamčeno pravo na posao, jednomjesečni plaćeni godišnji odmor, stopu pismenosti od preko 90 posto, a očekivani životni vijek od 72 godine. Koliko ja znam, ni jedna od država Balkana danas ne može sanjati ni pola ovog prosperiteta. 

Bio je to napredak koji je među zapadnim silama izazvao želju da unište Jugoslaviju.

Multietničko stanovništvo zemlje je imalo povoljan javni prijevoz, stanovanje i komunalije. Neprofitno gospodarstvo je uglavnom bilo u državnom vlasništvu, što nije baš najočitiji primjer zapadne demokratske ljubavi. U to vrijeme su od resursa daleko bili Njemačka, Francuska ili Velika Britanija, a bankari Londona i Luksemburga nisu mogli izvlačiti milijarde iz socijalističkog sustava. 

Jugoslavija je morala umrijeti, a Reagan, Bush stariji i mlađi i Clinton su pomogli da se to dogodi. Nagrađivani autor, politolog i gostujući suradnik u Institutu političke studije u Washingtonu, Michael Parentičesto je govorio o katastrofi u Jugoslaviji.

Prema Parentiu, američki cilj je bio pretvoriti jugoslavenske narode u regiju Trećeg svijeta, a to se moglo ostvariti podjelom zemlje koja će onda otvoriti svoje gospodarstvo korporativnoj eliti i zapadnim bankarima. Po raspadu Jugoslavije je zemlje trebalo učiniti takvima da budu:

1. Nesposobne da slijede nezavisan kurs osobnog razvoja.

2. Razbijenih ekonomija i prirodnih resursa u potpunosti dostupnih za multinacionalne korporacijske eksploatacije, uključujući i ogromna mineralna bogatstva na Kosovu.

3. Osiromašenog, ali pismenog i osposobljenog stanovništva koje će biti prisiljeno raditi za minimalne nadnice,  koje će predstavljati jeftin radni bazen s kojim će se lakše sniziti plaće u zapadnoj Europi i drugdje.

4. Demontiranih industrija automobila, nafte, teških strojeva, rudarstva i petrokemije, te raznih drugih industrija koje nisu smjele biti konkurencija postojećim zapadnim proizvođačima.



Foiba o non foiba

1) La vicenda della non–"foiba" di Rosazzo ... (Marco Barone)
2) La foiba di Corno di Rosazzo, o di Manzano, o di Oleis, o di… (Claudia Cernigoi)


Sulla patacca giornal-propagandistica della "foiba di Rosazzo" si vedano le veline propagandistiche di questi giorni:
Forsennata ricerca di una nuova foiba nel Goriziano... o forse no (da Il Messaggero Veneto del 16.2.2016)


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27/02/16

La vicenda della non"foiba"di Rosazzo parte da Gorizia città della storia 


Gorizia città del novecento. Gorizia città della storia. La storia è una cosa seria, delicata ,che merita rispetto. Ma la storia, ultimamente si è prestata alla politica, è diventata politica, vedi il caso della negazione della sala dalla Provincia nel 10 febbraio a resistenza storica. E la storia, da Gorizia, in questo periodo sta evidenziando una brutta anzi pessima pagina. Sono stati aperti, nel mese di febbraio 2016 gli archivi del così detto armadio della vergogna, oltre 13 mila pagine desecretate, dove emergono anche i nomi dei criminali di guerra nostrani, militari italiani, mai puniti. Penso a quelli compiuti in Jugoslavia, ad esempio. Eccidi, torture, esecuzioni sommarie, incendi di villaggi, massacri, e mai puniti. Come risulta dagli archivi dell'ONU in un piccolo villaggio jugoslavo sono state trucidate 878 persone, mentre, in un solo giorno, sono state arrestate 2858 persone. In Jugoslavia, Grecia, Albania, gli italiani hanno istituito circa 200 campi di concentramento e si sono serviti degli ostaggi per formate i plotoni di esecuzione. Nei territori balcanici occupati dall'Italia su una popolazione di 360 mila abitanti ne sono stati uccisi 67.230.

vedi qui La Commissione d'inchiesta per i criminali di guerra italiani, istituita per non consegnarli alla Jugoslavia e qui: Quell'elenco dei criminali di guerra italiani e nazisti ora desecretati )

Insomma pur di non parlare delle responsabilità criminali di questo Paese, si ha la netta sensazione che  da più parti si sta distraendo l'attenzione con notine piene di contraddizioni alla ricerca di "foibe" dove neanche esistono le foibe. E poi mutate in "fossa comune" e ponendo come dogma la presunzione della colpevolezza! Alla faccia dello stato di diritto e del rispetto. Con tutte le conseguenze che ne sono derivate nei confronti dell' ‎ANPI‬, della resistenza e dei nostri partigiani. E comunque so che diversi stanno valutando azioni da condurre nelle opportune sedi per tutelare l'onore dei nostri partigiani e della nostra resistenza. D'altronde è la logica del revisionismo. Da giorni e giorni si continua ad andare alla ricerca della foiba che foiba non è, ma doveva essere foiba, perché fossa comune non rende alla causa, di Rosazzo, poi Corno di Rosazzo, poi Manzano, poi Premariacco, poi Poggiobello, poi Rocca Bernarda, Oleis, Bosco Romagno, e poi di chissà quanti altri luoghi. Ma quando finirà il Friuli dove l'andranno a cercare? 
Ed il tutto parte da una spedizione composta da Luca Urizio, Ivan Buttignon e Lorenzo Salimbeni, agli Archivi di Stato di Roma,di cinque giorni, nel mese di ottobre 2015, cofinanziata per 500 euro dal Comune di Gorizia. Questo quanto emerge nella delibera del Comune di Gorizia 181 del 9 ottobre 2015.


Eppure come la storia ha insegnato nella zona di Oleis ci sono state cruente battaglie. Per esempio intorno al 29 aprile del 1945 venne attaccata una colonna a Manzano, causando 22 morti e 38 feriti ai nemici, e distruggendo 6 macchine. Il giorno seguente risulta che la Brigata autonoma Natisone attacca una colonna nazista sulla Manzano-Oleis, causando morti e distruggendo un’autoblinda ed alcuni automezzi. Senza dimenticare i cosacchi in fuga in quella zona che si resero responsabili di atrocità enormi. Ma i nazisti, i fascisti, i collaborazionisti sono spariti dal vocabolario. Tutte le insinuazioni sono state in modo infamante e vigliacco indirizzate verso la nostra resistenza, o meglio verso quella non "bianca". Perché il tutto è governato da un chiaro sentimento di odio anticomunista ed antijugoslavo. Eppure senza la resistenza jugoslava in FVG ci sarebbe stata una resistenza diversa, più debole, e forse anche la nostra Costituzione sarebbe stata peggiore.  Quando si parla di Oleis, si dovrebbe ricordare, ad esempio, la storia di Lino Stabile caduto a Manzano (Udine) il 10 settembre 1944, ferroviere. Ultimo di dieci figli di una famiglia di agricoltori della Bassa Friulana, aveva trovato un sicuro posto di lavoro nel personale viaggiante delle Ferrovie dello Stato. Ciò non gli impedì, poco dopo l'armistizio, di entrare nella Resistenza come partigiano ("Attila" il nome di battaglia), della Divisione Garibaldi "Natisone". Il ragazzo, che era inquadrato nel Battaglione "Mazzini" della Brigata "Gramsci", fu gravemente ferito durante un'azione contro carri armati tedeschi nella zona di Oleis. Catturato e finito sul posto, i nazifascisti ne portarono la salma a Lucinico (Gorizia) e barbaramente la impiccarono, lasciandola esposta come monito per la popolazione. Soltanto dopo la Liberazione i familiari poterono recuperare i resti del giovane e traslarli al paese natale. Di questo si deve parlare. E non di fantasmi, del nulla, che viene strumentalizzato ed usato per denigrare la nostra storia e la nostra resistenza. Non tutti i morti in guerra sono uguali, e mai potranno e dovranno essere uguali. E questo lo si deve ricordare. Insomma, da Gorizia, è partita una situazione che non aiuta la verità storica, che non aiuta la ricerca storica, e che insegna, a parer mio, proprio come la storia non la si debba fare. E certamente, quando questa allucinante vicenda giungerà , si spera quanto prima, a termine, non finirà mica a tarallucci e vino.



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LA FOIBA DI CORNO DI ROSAZZO, O DI MANZANO, O DI OLEIS, O DI…

FOIBE NUOVE MAI CONOSCIUTE PRIMA

Non ce ne vogliano gli illustri ricercatori goriziani Luca Urizio e Ivan Buttignon, coadiuvati dal triestino Lorenzo Salimbeni (il primo presidente della Lega nazionale di Gorizia, gli altri due più volte relatori in convegni patrocinati da quella destra che spazia dai rossobruni di Eurasia ai nerofumo di CasaPound), che a novembre dell’anno scorso hanno dato pubblica comunicazione di avere rinvenuto negli archivi romani dei documenti tanto sconosciuti quanto definitivi (un bel risultato per meno di una settimana di ricerche), documenti che (da quanto da Urizio sbandierato negli ultimi mesi) dovrebbero stabilire il numero reale degli “infoibati” da Gorizia: in pratica un documento “inedito” che parla di “un migliaio” di arrestati al quale togliere circa 200 rientrati; non ce ne vogliano, anche perché dopo che la rappresentante dei parenti degli infoibati, Clara Morassi Stanta aveva tassativamente asserito sulla stampa che “entro quindici giorni” (cioè entro fine novembre 2015) sarebbero stati resi noti i risultati di tali ricerche, mentre dopo tre mesi stiamo ancora aspettando tali risultati e ci aspettavamo che venissero resi noti proprio nel Giorno del ricordo, ma ne siamo rimasti delusi.

Dobbiamo, è vero, confessare il motivo della nostra curiosità, e cioè che la descrizione dell’elenco nominato dai tre inviati con soldi del Comune di Gorizia a spulciare archivi romani, ci ricorda molto un altro elenco, noto da anni, che raccoglie un migliaio di nomi di arrestati con duecento rientrati, ed è quello ancora in fase di verifiche redatto dalla ricercatrice slovena Natasa Nemec – alla fine del quale elenco, anche a studi non completati, appare peraltro che da Gorizia scomparvero come “civili”, intendendo per questi anche i funzionari del Fascio ed i collaborazionisti, circa 300 persone, dato che corrisponde più o meno a quanto reso noto nel 1986 (trent’anni fa!) dall’Istituto Friulano della storia del Movimento di Liberazione).

Ma il 10 febbraio, invece di informarci del frutto di queste loro ricerche, il terzetto Leganazionalista ha reso noto un altro loro scoop storiografico sull’individuazione di una finora sconosciuta foiba che avrebbe visto un massacro dalle 200 alle 800 persone (piuttosto ampia come forbice) di cui mai prima si era sentito parlare (nemmeno nei ponderosi testi di Marco Pirina) in una zona (Corno di Rosazzo) dove nulla sarebbe mai trapelato. E questo, cari Urizio & Co., ci ha francamente deluso. Niente di accertato sulle foibe goriziane (la notizia sembra addirittura scomparsa dalle pagine dei giornali), mentre tutto quello che ci hanno propinato è in fin dei conti nulla più di una “informativa” (e ribadiamo che le “informative” sono nulla più che rapporti nei quali agenti di polizia o dei servizi informano i propri superiori di cose di cui hanno sentito parlare in giro, ma non si tratta di verbali ufficiali su fatti realmente avvenuti) del 1945 (che pubblichiamo in calce così come l’hanno pubblicata i rinvenitori) dalla quale risulta, in sintesi, che “qualcuno” (non si sa né chi né dove, dato che i nominativi delle località interessate sono stati cancellati con un tratto di pennarello per mantenere il segreto istruttorio o la privacy o chissà che altro) avrebbe riferito che «secondo quanto afferma la popolazione (di quale località non è dato sapere, come visto prima, n.d.r.) dovrebbero essere sepolti da 200 a 800 cadaveri facilmente individuabili perché interrati a poca profondità».

E poi l’informativa aggiunge che i responsabili sarebbero stati i garibaldini agli ordini del IX Korpus, facendo i nomi dei comandanti Mario Fantini Sasso e Giovanni Padoan Vanni (ambedue oggi deceduti e quindi impossibilitati a difendersi). Di seguito la copia diffusa in rete da Urizio & Co: http://www.diecifebbraio.info/2016/02/la-foiba-di-corno-di-rosazzo-o-di-manzano-o-di-oleis-o-di/informativa-foiba-corno-di-rosazzo/

Da questo documento non sappiamo neppure dove sarebbe stata segnalata questa misteriosa “foiba o fossa comune”, perché il nome è stato cancellato. Non sappiamo neppure se tale informativa ha avuto dei seguiti (i ricercatori non hanno creduto di rendercene edotti, ammesso che lo sappiano). Ma ci domandiamo: se nel 1945 i cadaveri erano “facilmente individuabili perché interrati a poca profondità, come possono non essere stati individuati all’epoca? 800, o anche solo 200 salme “interrate a poca profondità” non è che passano proprio inosservate; se l’informativa faceva i nomi di Sasso e Vanni, e questi non sono mai stati ufficialmente accusati di questo (presunto) eccidio, non sarà che già all’epoca erano state fatte le indagini del caso e ne era uscito che il tutto era soltanto uno dei vari falsi allarmi dell’epoca?

Attendendo lo sviluppo delle indagini sollecitate da Urizio, osserviamo che se oggi qualcuno pubblica una informativa del dicembre 1969 nella quale Valpreda viene indicato come “la belva umana” che commise la strage del 12 dicembre, e non aggiunge che in seguito vi furono alcuni anni di indagini e dibattimenti che lo assolsero dall’accusa, ciò non significa automaticamente che Valpreda abbia messo la bomba in piazza Fontana.

Nel frattempo sulla stampa la dislocazione della “foiba” venne posta ora a Manzano, ora a Quattroventi, ora più a nord, mentre un quotidiano ha anche segnalato che un anno fa era stata data notizia di una “sicura” presenza di “infoibati” in una fossa presso Taipana (a nord di Nimis), ma dopo un anno nulla più si è saputo (si fossero trovati cadaveri si suppone che se ne avrebbe parlato, ma non è neppure giornalisticamente serio non dire che non si è trovato nulla, nel caso le indagini avessero avuto esito negativo.

Al momento in cui andiamo in stampa è giunta notizia dal Messaggero Veneto che la “foiba” sarebbe stata localizzata a “Poggiobello, tra Manzano e Premariacco” e che alcuni residenti avrebbero detto che “qualcosa si nasconde nella zona di Rocca Bernarda”.

Ricordiamo che la zona di Rocca Bernarda, presso Ipplis, è sede di una tenuta vinicola lasciata in eredità dal docente di tradizioni popolari Gaetano Perusini (ucciso da ignoti nella propria casa triestina il 14 giugno 1977, delitto archiviato come tragico finale di un “gioco” sessuale al quale si sarebbe prestato l’insegnante, notoriamente gay) al Sovrano Ordine militare dei cavalieri di Malta (dei quali peraltro non faceva parte), e che lo scrittore Veit Heinichen, indagando sulla morte dello studioso triestino Diego de Henriquez si era imbattuto anche nell’omicidio Perusini, trovandovi dei collegamenti che furono ipotizzati dal custode della tenuta (che era stato custode prima della morte di Perusini e vi era rimasto alle dipendenze dei nuovi proprietari) nell’interesse che Perusini e de Henriquez avevano avuto nei confronti della strage di Peteano (tre carabinieri uccisi da una bomba, rivendicata dall’ordinovista Vincenzo Vinciguerra, il 31/5/72).

La stampa ci informa anche che già nel 1995 erano state condotte delle indagini poi conclusesi con un nulla di fatto. Noi ricordiamo a questo punto un articolo comparso sulla stampa triestina il 26/3/47:

«DUECENTO CADAVERI nella voragine di S. Lorenzo?» il cronista della voce libera (quotidiano finanziato dall’Ufficio Zone di Confine di Andreotti assieme al Messaggero Veneto) scrive che “viene segnalata” presso la grotta di San Lorenzo (Jezero) “un’altra foiba che sarebbe la tomba di numerosi allievi ufficiali tedeschi e di parecchi civili italiani”. E che “si credette che il numero degli infoibati fosse superiore a 200, ma il recupero venne giudicato molto difficile”.

Giova forse aggiungere che i DUECENTO CADAVERI – il maiuscolo era nel testo originale – non furono MAI – il maiuscolo è nel testo nostro – recuperati).

 

Claudia Cernigoi

27 febbraio 2015




"AMBASCIATA VERDE"


Risanamento dei suoli: necessità ambientale e fattore per attrarre nuovi investimenti in Serbia

(26/02/2016) ... Il Ministero italiano dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, e il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP), presso l’Ambasciata d’Italia hanno presentato ieri il primo sistema nazionale di mappatura e monitoraggio dell’inquinamento del suolo in Serbia, in conformità con gli standard internazionali...
... L’evento di oggi è parte della celebrazione del 90° anniversario giubileo della costruzione del palazzo dell’Ambasciata Italiana a Belgrado, che è un simbolo di una lunga e ricca tradizione di rapporti tra Roma e Belgrado. Il programma delle celebrazioni e delle attività (visibile su www.ambbelgrado.esteri.it) tra le altre cose si concentra sulle questioni ambientali: il progetto “Ambasciata Verde” prevede misure volte a ridurre il consumo energetico e l’impatto dell’Ambasciata sull’ambiente, con il supporto delle aziende italiane in Serbia. “Vogliamo collegare ultimi 90 anni con il futuro del palazzo”, viene detto dal’ Ambasciatore Manzo...


Nessuna menzione dell'inquinamento dovuto ai bombardamenti, direttamente (per DU e metalli pesanti) o in conseguenza degli sversamenti di sostanze altamente tossiche (es. cloruro di vinile monomero a Pančevo – https://www.cnj.it/24MARZO99/criminale.htm#choss ).




Il Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia ONLUS cura da anni una trasmissione periodica dai microfoni di Radio Città Aperta (RCA), dedicata alle questioni "dal monte Triglav al fiume Vardar" e perciò intitolata JUGOSLAVENSKI GLAS – VOCE JUGOSLAVAhttps://www.cnj.it/informazione.htm#jugoglas
La trasmissione fu avviata nel 1993 (!), quando la cappa di propaganda antijugoslava e antiserba, particolarmente pesante nei momenti tragici della guerra fratricida e imperialista in Bosnia-Erzegovina, indusse i coraggiosi e coerenti amministratori di RCA a concedere uno spazio autogestito a Ivan Pavičevac (attualmente nostro presidente) e Milena Čubraković (grande artista, compianta amica e compagna di lotte). Da allora la trasmissione è stata mantenuta, pur con alcune variazioni di orario e veste redazionale, al fianco delle tante altre iniziative preziose, di taglio internazionalista, antimilitarista e contro-informativo, promosse da RCA. 
Anche, ma non solo, per questa nostra frequentazione di lunga data, ci teniamo a ribadire in questo difficile momento di transizione il nostro appoggio alla Radio e la nostra gratitudine a chi ci lavora per la dedizione instancabile e l'impegno sociale e politico continuamente profusi, per una informazione libera, per una società diversa, per un mondo migliore. 
(a cura della segreteria di CNJ ONLUS)


Radio Città Aperta diventa una radio on line

1) Radio Città Aperta cambia per non cambiare (23.2.2016)
2) Radio Proletaria-Radio Città Aperta chiude ma non si arrende (Rete dei Comunisti, 24.2.2016)


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Radio Città Aperta cambia per non cambiare

23 Febbraio 2016

Dal primo marzo Radio Città Aperta non trasmetterà più sugli 88.9 FM, ma diventerà una radio on line: radiocittaperta.it

Dal 1978 ad oggi sono cambiate molte cose: la società, la comunicazione, le tecnologie, il rapporto tra politica e potere. Radio Città Aperta ha resistito a momenti di crisi e ad attacchi di ogni tipo; oggi è in atto un pesante processo di normalizzazione di tutte le realtà sociali, politiche ed informative che si pongono fuori dalle dinamiche e dai percorsi utili all'attuale assetto politico ed economico.

Siamo stati per tanti anni uno strumento di informazione, di divulgazione culturale, di aggregazione sociale e politica, dando voce a categorie sociali considerate “mediaticamente” poco rilevanti dal potere e dal mainstream: una radio sempre indipendente dal potere e libera da qualsiasi condizionamento.

Abbiamo, per primi, fatto uscire dalle aule elettive fino ad allora “chiuse” di Comune e Regione quanto veniva approvato o respinto, permettendo così di avere un quadro esatto e non mediato dell'attività istituzionale dei rappresentanti dei cittadini. Un servizio democratico e trasparente che negli anni è diventato anche strumento di autofinanziamento, con l'aggiudicazione di bandi pubblici. Il “processo di normalizzazione” è anche questo: il taglio di servizi non compatibili con le attuali esigenze del potere politico, in questo caso locale, ed il conseguente taglio di fondi destinati a coprirne i costi. Nello specifico, per la radio tutto ciò ha rappresentato un progressivo strangolamento economico che ci impedisce di fatto di continuare a trasmettere in FM oltre che di gestire qualsiasi forma di progettualità e prospettiva.

Dopo quasi quarant'anni, è necessario mettere in campo una scelta coraggiosa, un rinnovamento di forma per rendere ancora più ambizioso il nostro progetto editoriale.

Continueremo a raccontare ai nostri ascoltatori quanto avviene non solo a Roma ma in Italia e nel mondo con informazione, approfondimenti ed inchieste. Continueremo ad essere un punto di riferimento con la nostra programmazione musicale, con la qualità dell'offerta culturale e l'assoluta indipendenza artistica.

Come nel 1978 fu fatta una scommessa su una tecnologia allora libera e da scoprire, l'FM, così oggi noi puntiamo sulla rete, consapevoli delle difficoltà ma anche delle opportunità che ci aspettano.

Noi non molliamo: cambiamo forma per non cambiare la sostanza, e per rilanciare ancora più forte.

radiocittaperta.it vi aspetta dal primo marzo.


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24/02/2016

Radio Proletaria-Radio Città Aperta chiude ma non si arrende

Era la fine del 1977 quando i compagni di quella che si chiamava Organizzazione Proletaria Romana - nata dalla crisi dei gruppi extraparlamentari della sinistra e dai comitati operai e di lotta nei quartieri romani - cominciarono a fare i primi esperimenti per aprire a Roma una radio che fosse cosa diversa dal movimentismo e mettesse al centro dei propri contenuti le condizioni e l’organizzazione di classe. 
Non bastavano più i volantini o i fogli di lotta, c’era bisogno di un proprio strumento di comunicazione e le tecnologie e le normative disponibili offrivano questa possibilità.
A febbraio del 1978 inizierà le trasmissioni una radio che non poteva che chiamarsi “Radio Proletaria”, la frequenza saranno gli 88,9 mhz.  Radio Proletaria ha i suoi studi nelle soffitte di un palazzo ottenuto con l’occupazione delle case del 1974 nel quartiere di Casalbruciato. “Radio Proletaria. Un contributo alla costruzione del movimento di classe” recita il primo manifesto stampato dalla radio.
Radio Proletaria, parla delle lotte sociali e operaie in corso, commenta -  interpretandoli - i fatti politici e dedica molta attenzione all’internazionalismo. I toni sono duri  e il dibattito con gli ascoltatori che chiamano in diretta è spesso asprissimo.  Radio Proletaria nasce anche in rapporto con molti giovani proletari della Tiburtina , spesso con spiccata sensibilità alla buona musica piuttosto che alle lotte. Questo connubio tra il migliore rock e le lotte sociali,  ha raggiunto in molti casi livelli di qualità indiscutibili e decisamente fuori dal comune, una qualità continuata, confermata e cresciuta negli anni dai livelli raggiunti poi da Radio Città Aperta.
Alla fine degli anni ’70, quando si delinea una violentissima controffensiva padronale e restauratrice si pone dunque il problema di come rispondere ad una sfida politica a tutto campo. “Una prima risposta l'abbiamo data con la costruzione di Radio Proletaria... come strumento di orientamento politico in una situazione in sviluppo, di aggregazione di forze, di introduzione di tematiche di classe”  era scritto in un documento dell’epoca. Da un primo bilancio viene riaffermata “una prospettiva di intervento politico che ha nella radio un suo cardine essenziale”.
L’azione repressiva nel primo anno di attività di Radio Proletaria in quegli anni sarà durissima. Inizia ad agire il “Partito della Fermezza” sperimentato nel ’77 e rafforzatosi nelle settimane del sequestro Moro, una sorta di patto tra DC, PCI e apparati dello Stato che per almeno cinque anni sottoporrà il paese alle leggi di emergenza e rovescerà contro la sinistra rivoluzionaria la guerra di bassa intensità avviata negli anni ’60 contro il Pci dagli Usa, dalla DC, dagli apparati dello Stato e dai fascisti.”.
A metà del 1978 Radio Proletaria aveva cominciato una attività di denuncia della situazione nelle carceri speciali dove erano  stati rinchiusi i prigionieri politici (gran parte dei quali militanti dei gruppi armati). Molte di queste carceri sono su isole che diventeranno tristemente famose come l’Asinara, Favignana, Pianosa.  Radio Proletaria, sostiene le manifestazioni dei familiari dei prigionieri, partecipa  e organizza  assemblee e riunioni anche a livello nazionale per organizzare in modo stabile questa attività per la chiusura delle carceri speciali e l’introduzione dei colloqui con i vetri divisori.
A febbraio del 1979 una vasta operazione di polizia, con il quartiere di Casalbruciato circondato da decine di agenti, porterà alla chiusura di Radio Proletaria e all’arresto di 23 compagni con accuse pesantissime. La Radio ospitava una riunione nazionale sulle carceri alla quale partecipavano avvocati, familiari dei prigionieri e attivisti di riviste e collettivi impegnati nella lotta contro la repressione”.  L’immediata mobilitazione dei compagni smonta l’operazione della Digos e della magistratura  pezzo su pezzo.  Dopo due mesi i compagni arrestati verranno tutti scarcerati e al processo, alcuni anni dopo, verranno assolti con formula piena.
 Dopo tre mesi di chiusura, Radio Proletaria- ospitata in quei mesi da Radio Onda Rossa - riapre e riprende le trasmissioni. Un manifesto della radio che verrà affisso sui muri di Roma scrive: “La radio riaperta, i compagni scarcerati. Una brillante operazione della Digos andata a male”. Dal 1978 Radio Proletaria diventa in qualche modo l’espressione politica di un progetto di cui i comitati popolari sulla casa o dei quartieri, il comitato disoccupati organizzati e i comitati operai di fabbrica, ne sono l’articolazione sociale e di classe. La radio prende iniziative sul terreno della lotta contro la repressione, sull’internazionalismo e sull’agenda politica. Su questi  temi verrà sviluppata una azione politica non più solo a Roma ma verranno sviluppati contatti anche in altre città. Nel 1980 sarà per giorni ai cancelli della Fiat Mirafiori occupata dagli operai, diffondendo corrispondenze in diretta su quanto accadeva a Torino, corrispondenze che sono storia del patrimonio comunicativo del movimento operaio nel nostro paese.
Nonostante un clima sempre più pesante sul piano dell’agibilità politica, Radio Proletaria, non rinuncia alla sua attività contro la repressione. Nel 1982, quando vennero denunciati numerosi episodi di tortura contro gli arrestati Radio Proletaria, insieme ad altre realtà diede vita al Comitato contro l’uso della tortura (che pubblicò un libro bianco di denuncia) affrontando apertamente sia  le reazioni degli apparati repressivi che della “politica”, la quale negava spudoratamente l’uso della tortura.  Nei primi anni Ottanta sostenne con una  campagna gli scioperi della fame dei  prigionieri politici nelle carceri contro l’art.90 (una restrizione odiosa nella detenzione), anche  affrontando un duro scontro con coloro che erano contrari a quella forma di lotta. Nel 1984 riuscì a portare la questione dell’art.90 e dello sciopero della fame dei detenuti al parlamento europeo e alla commissione diritti umani di Strasburgo insieme ad alcuni familiari di prigionieri politici, rompendo finalmente il muro di silenzio sulla vicenda.
Ma i microfoni e le trasmissioni di Radio Proletaria sono stati decisivi per far conoscere e amplificare le prime esperienze del sindacalismo di base nel nostro paese. Dalle prime RdB (diventate poi Cub e Usb), al Comu dei ferrovieri, al Comitato di Lotta dell’Atac, ai primi Cobas della scuola. In alcuni ospedali romani le RdB nasceranno perché alcuni lavoratori e delegati ne verranno a conoscenza e le realizzeranno attraverso le trasmissioni della radio.
L’altro fronte che ha visto Radio Proletaria impegnata e attiva per anni, è stato l’internazionalismo e la lotta contro la guerra. Quando l’amministrazione Usa  a fine 1979 vara la direttiva nr.39 che prevede l’installazione dei missili nucleari Cruise e Pershing in Europa (Italia, Germania, Belgio etc.), nelle trasmissioni della radio già si intuisce che ci si avvia ad uno scontro globale con l’Urss, con quella che sarà la Seconda Guerra fredda sul piano politico/militare e con  l’offensiva liberista sul piano economico. Il pericolo principale per la pace viene dalla Nato e dalla politica guerrafondaia degli Stati Uniti, dunque nessuna equidistanza  Le trasmissioni di Radio Proletaria, seguono le vicende della corsa al riarmo nucleare, ma cominciano a seguire con maggiore attenzione anche lo sviluppo dei movimenti rivoluzionari in Centro America e in America Latina dopo la vittoria del Nicaragua, in particolare nel Salvador. La lotta nel cortile di casa dell’imperialismo Usa ha indubbiamente un carattere di grande interesse, anche alla luce dell’esperienza rivoluzionaria di Cuba.  Nel 1981 Radio Proletaria organizza la prima manifestazione di solidarietà con la lotta del Salvador alla quale partecipano migliaia di persone.
Radio Proletaria partecipa attivamente ai blocchi e al campeggio contro la base militare di Comiso dove verranno installati i missili Usa e avvia su questo un progetto nazionale che porterà alla costituzione della rete “Imac ‘83” (che prende il nome dall’International  Meeting  Against  Cruise che era il campeggio di Comiso). 
In quegli anni lo scontro politico dentro il movimento per la pace si dà quindi sulla Nato e contro l’equidistanza tra Usa e Urss, una posizione che il Movimento per la Pace ed il Socialismo, evoluzione negli anni ’80 dell’OPR, ritiene profondamente sbagliata ed orienta la radio anche in funzione di questa battaglia politica (e alla luce della storia aveva ottime ragioni per ritenerla tale), essendo gli Usa quelli che hanno tutto l’interesse a promuovere l’economia di guerra e l’escalation bellica. Sono questi quindi i motivi per cui Radio Proletaria viene indicata arbitrariamente come i “filosovietica”, una etichetta strumentale e decisamente sballata, anche perché non vi era alcun rapporto con l’Unione Sovietica. “L’oro di Mosca” dalle parti della radio (purtroppo, potremmo dire,  perché sarebbe stato molto utile come abbiamo scritto in un manifesto dieci dopo) non è mai arrivato. E su questo va scritta ormai una verità definitiva che taglia la lingua a tutti i detrattori.
Nel 1990 viene presa la decisione di cambiare nome alla radio ma di salvaguardarne la natura e i contenuti. Il nome deciso è quello di Radio Città Aperta, un omaggio ad un film che celebra la Resistenza antifascista a Roma e che indica già la necessità di affrontare i flussi migratori che proprio in quegli anni cominciano a investire l’Italia.  Radio Città Aperta sarà la radio in cui le comunità immigrati per anni potranno trasmettere nella loro lingua.
La scelta di Radio Città Aperta sarà quella di consolidare il carattere popolare e di massa della radio, collegandosi strettamente ai territori, alle lotte sociali, a tutti coloro che si mettono di traverso rispetto al dominio dei poteri forti sulla città di Roma. Le dirette dei consigli comunali e regionali verranno strappate alle varie amministrazioni che per tutta una fase erano atterrite dall’idea che quello che veniva discusso nelle aule istituzionali fosse accessibile da tutti attraverso la radio. La scelta non è semplice: si tratta di rinunciare a ore di trasmissioni per dare spazio a dirette dei lavori istituzionali raramente entusiasmanti. Ma questo è anche quello che consentirà alla radio un autofinanziamento utile per sviluppare l’iniziativa politica e informativa a tutto campo. La Radio animerà il Forum per il Diritto a Comunicare insieme ad altri giornalisti indipendenti, darà spinta e impulso alla stessa Federazione Nazionale della Stampa a difesa della libertà di informazione ma anche delle crescenti figure precarie nel mondo della comunicazione. La radio sarà uno strumento attivissimo nelle mobilitazioni contro la guerra dei trent’anni avviata nel 1991 in Iraq e tuttora in corso, nella solidarietà con il popolo palestinese e con l’ondata progressista in America Latina.
Nel 1993 nasce il mensile cartaceo Contropiano, giornale per l’iniziativa di classe. Il dibattito e le proposte che si esprimono attraverso il giornale daranno vita prima al Forum dei Comunisti e poi alla Rete dei Comunisti. Dal 2011 si realizza invece il progetto del quotidiano comunista online Contropiano, un giornale che in un solo anno e mezzo vedrà crescere a migliaia i suoi lettori permettendo una comunicazione a livello nazionale. Contropiano era un periodico cartaceo che distribuiva alcune centinaia di copie in tutto paese. Come giornale online, nel 2015 ha avuto più di due milioni di lettori.
Nelle trasmissioni della radio e nelle pagine del giornale prende corpo quella profonda divaricazione critica e teorica tra l’ipotesi della Rete dei Comunisti contro la degenerazione bertinottiana nel Prc e nella sinistra sfociata nella sua crisi di questi anni.
Radio Proletaria e poi Radio Città Aperta non sono mai state solo una radio, sono state parte di un progetto complessivo sul piano della comunicazione antagonista e della lotta per il cambiamento sociale del nostro paese. Il nemico ha cercato più volte di tacitarla, qualche volta con la galera e le denunce, adesso con lo strangolamento economico voluto e imposto.
La scelta di rinunciare alle trasmissioni in modulazione di frequenza e di passare alla comunicazione online tramite la rete diventa ancora una volta una nuova sfida anticipatrice che i compagni che hanno aperto, costruito e adesso gestiscono la radio intendono prendere di petto. Le nuove tecnologie consentono costi più bassi delle vecchie, offrono immense possibilità ma impongono un cambiamento di abitudini. Così è stato ad esempio per il giornale Contropiano passato con successo dal cartaceo all’online, sullo stesso obiettivo si lavorerà per la nuova primavera di Radio Città Aperta. Non è affatto una chiusura, è un cambio di passo. La determinazione, in 38 anni, non ci ha mai fatto difetto.

Rete dei Comunisti - Roma



(srpskohrvatski / italiano)

Pro- e anti-NATO in Serbia

1) SKOJ/NKPJ: Yankee go home! (11.2.2016.)
Anti-NATO akcija u Beogradu / Azione dimostrativa a una conferenza di ambienti NATO a Belgrado
2) Governo serbo ratifica accordo con la NATO / Šta je dobio NATO (19-20.2.2016.)
3) Due cittadini serbi rapiti in novembre in Libia sono stati uccisi nei bombardamenti statunitensi


Si vedano anche:

Писмо Беофорума Председнику Томиславу Николићу / La lettera del Forum di Belgrado sulla ratifica dell'accordo con la NATO

Manif. lo scorso 22/2 a Belgrado in solidarietà con il Donbass e l'Ucraina antifascista
Beograd, 22 feb: Protest protiv održavanja konferencije "Srbija i Rusija - ruski uticaj na stabilizaciju, demokratizaciju i evropske integracije Srbije"
NKPJ I SKOJ ORGANIZOVALI ANTI-NATO I ANTIFAŠISTIČKI PROTEST 
Protiv održavanja konferencije „Srbija i Rusija – ruski uticaj na stabilizaciju, demokratizaciju i evropske integracije Srbije”. Protest je održan 22. 02. 2016. godine ispred hotela „Metropol“ u Beogradu...


=== 1 ===

Anti-NATO akcija SKOJ-evaca u Beogradu / Azione dimostrativa dei ragazzi dello SKOJ, 11.2.2016.

A una conferenza internazionale che vedeva la partecipazione di numerosi boss legati all'Alleanza Atlantica, incluso il nuovo ambasciatore USA in Serbia, Kyle R. Scott... 

Izvor SKOJ-a: VRUĆA „DOBRODOŠLICA“ ZA NOVOG AMERIČKOG AMBASADORA
Grupa omladinskih aktivista iz redova naše Partije i naše omladinske organizacije SKOJ, prisustvovala je debati o američkoj spoljnoj politici i ulozi SAD u savremenim međunarodnim odnosima, koja se održala u Beogradu, u hotelu Metropol, 11. februara...
VIDEO: 
http://www.tanjug.rs/multimedia.aspx?izb=v&GalID=203141&vs=0&page=0
http://www.b92.net/video/vesti.php?yyyy=2016&mm=02&dd=11&nav_id=1095876

JOŠ TEKSTOVA:
http://www.tanjug.rs/full-view.aspx?izb=228637
http://www.blic.rs/vesti/svet/incident-na-debati-vuka-jeremica-napolje-fasisti-iz-nato/m0j9bnh
http://www.blic.rs/vesti/politika/debata-cirsd-a-svet-se-ne-nalazi-u-novom-hladnom-ratu/snhzfq3
http://www.nspm.rs/hronika/incident-u-hotelu-metropol-grupa-mladica-prekinula-tribinu-cirsd-o-americkoj-spoljnoj-politici.html

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http://www.resistenze.org/sito/te/po/se/posegb15-017516.htm
www.resistenze.org - popoli resistenti - serbia - 15-02-16 - n. 576

NCP di Jugoslavia: Yankee go home!

Nuovo Partito Comunista di Jugoslavia (NKPJ) | solidnet.org
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

15/02/2016

I membri del Nuovo Partito Comunista di Jugoslavia (NKPJ) e della sua organizzazione giovanile, la Lega della gioventù comunista (SKOJ), hanno dimostrano chiaramente che cosa pensano della politica estera degli Stati Uniti e del ruolo della Nato durante il dibattito pubblico sulla politica estera americana e il ruolo degli USA nelle attuali relazioni internazionali che ha avuto luogo a Belgrado l'11 febbraio.

I membri del NKPJ - SKOJ si sono presentati davanti una platea di 1.200 persone all'inizio della conferenza, indossando una t-shirt con la scritta "USA OUT" e "NKPJ-SKOJ", così dichiarando inequivocabilmente che noi in Serbia non guardiamo di buon occhio gli obiettivi della politica estera degli Stati Uniti e che i fascisti della Nato non sono i benvenuti. Il sistema di sicurezza operativo durante il dibattito, ha reagito rapidamente e in modo repressivo: i membri del NKPJ e del SKOJ sono stati minacciati di percosse dai servizi, che hanno utilizzato anche la ruvida forza fisica, e poi sono stati consegnati alla polizia per essere interrogati.

Il dibattito pubblico è stato aperto dall'ex ministro degli esteri della Serbia, Vuk Jeremic, che accanto al nuovo ambasciatore statunitense in Serbia ha ospitato anche un politologo americano, Joseph Nye, un decano della "Fletcher", scuola d'élite americana, James Stavridis, il presidente della Washington Center for New American Studies, Richard Fontaine e l'ex ministro degli esteri polacco Radoslaw Sikorski. Tutti questi sono feroci sostenitori dell'aggressiva politica imperialista occidentale, in primo luogo di quella statunitense. Inoltre, bisogna ricordare che gli Stati Uniti e la Nato nel 1999 hanno commesso crimini di guerra orribili contro il nostro paese e il nostro popolo che hanno causato danni materiali per 100 miliardi di dollari, usando armi proibite dalla Convenzione di Ginevra, come le bombe all'uranio impoverito e le bombe a grappolo.

Anche loro sono responsabili dell'occupazione politica ed economica e per l'alienazione del Kosovo e di Metohjna, la provincia meridionale serba, dalla Serbia, così come della frammentazione della nostra Patria, la Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia, e per l'avvio delle guerre fratricide sul nostro suolo.

La stampa scandalistica e i media di regime hanno stigmatizzato l'incursione dei membri di NKPJ e SKOJ come una "operazione estremista". Ma l'unica cosa estrema oggi è la situazione in cui versano i cittadini della Serbia: estreme differenze sociali, con lo Stato spinto a unirsi alle strutture della Nato e dell'Ue, soppressione delle libertà di espressione e negazione dei diritti umani fondamentali, genuina guerra ideologica di classe che mira non solo a demonizzare il passato socialista ma a mostrare con la forza bruta che non c'è altra via se non la barbarie e lo sfruttamento capitalista.

La lotta continua! Siamo sicuri che in futuro saremo più organizzati e militanti e porremo fine allo sfruttamento e alla barbarie capitalista.

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Izvor SRP-a (Hrvatska): AKCIJA SKOJ-evaca U BEOGRADU

U četvrtak, 11. februara, je, kako prenosi Tanjug, u Beogradu održana međunarodna konferencija u organizaciji Centra za međunarodne odnose i održiv razvoj (CIRSD). Na skupu je prisustvovalo više stotina ljudi i 20-ak ambasadora, a govorilo se o američkoj vanjskoj politici, odnosima između SAD-a i EU, odnosima u EU, izbjegličkoj krizi i njenom utjecaju na zemlje EU.
Ono po čemu će događaj ostati upamćen je uspiješna organizirana i zapažena akcija intervencije koju je izvela grupa članova SKOJ-a, podmlatka Nove komunističke partije Jugoslavije, koji su ušli na skup u hotelu Metropol obučeni u partijske majice i prekinuli debatu uzvikujući parole: “Van NATO fašisti”, “NATO ubojice, marš iz Srbije”. Nakon što ih je osiguranje izvelo iz sale, odvedeni su na informativni razgovor.
Vijest je dobro primljena među elektronskim i pisanim sredstvima informiranja i prenio ju je neutvrđan broj medija iz Srbije i ostalih dijelova nekadašnje Jugoslavije.

Vladimir Kapuralin, predsjednik SRP-a


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NATO oslobođen poreza u Srbiji

Blic, 20.2.2016.

Šta sve piše u zakonu koji je Nikolić potpisao

Borba protiv terorizma, rešavanje problema izbeglica i brza reakcija u kriznim situacijama tri su osnovne stvari od kojih će Srbija imati koristi posle usvajanja zakona o saradnji sa NATO.

Ovaj zakon, o kojem se danima govorilo i koji je čekao konačan sud predsednika Srbije Tomislava Nikolića, potpisan je juče. To u praksi znači da bi njegova primena mogla da počne već od 1. marta.
- Cela priča o tom zakonu je bila predimenzionirana, a on u suštini ništa novo ne donosi. Suština je pružanje logističkih i tehničkih servisa i operativno-tehnička podrška. Ovo je samo korak ka uspostavljanju regionalnog sistema u kojem Srbija priskače u pomoć i dobija pomoć u trenutno tri najvažnije stvari: borbi protiv terorizma, situaciji sa izbeglicama i u kriznim situacijama - objašnjava za „Blic“ Jelena Milić, direktorka Centra za evroatlantske studije.
Kako kaže, usvajanje ovog zakona ne znači da će po Srbiji svako vršljati kako mu se hoće i da se zna ko, kada, kako i zašto dolazi, postoje procedure, protokoli, pravila...
Na potpis predsednika Nikolića na ovaj zakon danima se čekalo. Međutim, bez obzira na to, ni juče, kao ni prethodnih dana, nije bilo moguće čuti šta šef države misli o njemu.
S druge strane, premijer Aleksandar Vučić smatra da je Srbiji potrebna saradnja s NATO.
- Naša politika je jasna, a to je da hoćemo da budemo nezavisna suverena zemlja koja hoće da sarađuje i s NATO i s Ruskom Federacijom. Ovaj sporazum se ne primenjuje automatski, ne omogućava nekontrolisani prolazak i boravak, nego važi za konkretan događaj. On se primenjuje na pripadnike stranih oružanih snaga. Prvi put Srbija obezbeđuje sebi prava koja je pre mnogo godina Alijansa dala svojim članicama, da kad ide preko teritorije neke zemlje, u Liban ili gde već, ne plaća dažbine, već prolazi isto kao drugi kod nas - objasnio je Vučić.

Šta je dobio NATO

Sloboda kretanja i diplomatski imunitet svim pripadnicima NATO u Srbiji po Bečkoj konvenciji
Razmena poverljivih informacija i opreme sa srpskom vojskom
Čvršća saradnja Srbije i NATO, odnosno njenih organizacija NSPO i NSPA
Pripadnici NATO i njihova vozila imaće slobodan prolaz kroz Srbiju, a ulazak u bezbednosne zone usaglašavaće se sa srpskim nadležnim organima
Osoblju NATO se na njihov zahtev odobrava pristup državnim i privatnim objektima u kojima se radi, uključujući i one u kojima se obavljaju probe i ispitivanja
Imovina NATO i njegovog osoblja biće oslobođena poreza i carina


--- ITALIANO:

Fonte: CEAS - Centar za evroatlantske studije / Centro per gli studi euroatlantici

NATO esonerata dalle tasse in Serbia

Blic, 20.2.2016.

Cosa c'è nella legge firmata da Nikolić

Lotta contro il terrorismo, risoluzione del problema dei migranti e risposta rapida nelle situazioni di crisi sono tre aspetti di cui beneficierà la Serbia a seguito dell'adozione della legge sulla cooperazione con la NATO

Questa legge, di cui si parla da giorni e che aspettava il giudizio finale del presidente serbo Tomislav Nikolić, è stata firmata ieri. L'applicazione potrebbe iniziare già dal primo marzo.
“Tutto il trambusto attorno a questa legge è stato esagerato, mentre la legge stessa non comporta nulla di nuovo. Si tratta della fornitura di servizi logistici e tecnici e supporto tecnico-operativo. Questo è solo un passo nella costituzione di un sistema regionale nel quale la Serbia accorre in soccorso e riceve aiuto in tre aree attuali: la lotta contro il terrorismo, il problema dei migranti, e le situazioni di crisi”, spiega al “Blic” la direttrice del Centro per gli studi euroatlantici, Jelena Milić.
La stessa afferma che l'adozione di questa legge non significa che chiunque potrà frugare per la Serbia a proprio piacimento, e che sarà noto chi, quando, come e perché del suo arrivo. Esistono procedure, protocolli, regolamenti...
La firma del presidente Nikolić è stata attesa da giorni. Tuttavia né ieri né nei giorni precedenti era possibile sentire che cosa pensi il capo dello stato di questa legge.
Dall'altro lato, il primo ministro Aleksandar Vučić sostiene che alla Serbia è necessario cooperare con la NATO.
“La nostra politica è chiara, vogliamo essere un paese indipendente e sovrano che vuole cooperare sia con la NATO che con la Federazione Russa. Questo accordo non verrà applicato automaticamente, non consente il passaggio e permanenza incontrollati, ma vale per eventi particolari. Verrà applicato ai membri di forze armate estere. Per la prima volta la Serbia si fornisce dei diritti che molti anni fa l'Alleanza aveva dato ai suoi membri, che quando passa per il territorio di un paese, in Libano o altrove, non paga alcuna imposta, ma passa allo stesso modo come altri passano da noi”, ha spiegato Vučić.

Che cosa ha ricevuto la NATO

• Libertà di movimento e immunità diplomatica a tutti i membri della NATO in Serbia secondo la convenzione di Vienna
• Scambio di informazioni confidenziali ed equipaggiamento con le forze armate serbe
• Cooperazione più solida tra la Serbia e la NATO, ovvero le sue organizzazioni NSPO e NSPA
• I membri della NATO e i loro veicoli avranno libero transito attraverso la Serbia, e l'entrata nelle zone militari verrà disposta con gli organi competenti serbi
• Al personale NATO, se ne farà domanda, verrà consentito l'accesso a edifici pubblici e privati, incluso in quelli nei quali si svolgono indagini e interrogatori
• La proprietà della NATO e del suo personale verrà esentata da tasse e dogane

(trad. A.D.)


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I DUE CITTADINI SERBI RAPITI SONO STATI UCCISI IN LIBIA NEI BOMBARDAMENTI STATUNITENSI

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(ANSA) - BELGRADO, 20 FEB - La Serbia intende chiedere spiegazioni agli Usa e alla Libia sull'operazione militare in Libia nella quale sono rimasti uccisi due cittadini serbi rapiti lo scorso novembre. Lo ha detto il ministro degli esteri Ivica Dacic. "Cercheremo di ottenere informazioni precise e spiegazioni sia dagli Usa che dalla Libia su quali fossero le loro conoscenze e sulla scelta di luoghi e obiettivi" da bombardare, ha detto Dacic aggiungendo che nessuno da Washington ha informato le autorità di Belgrado sul piano di attacco aereo. I due serbi, Jovica Stepic e Sladjana Stankovic - autista e responsabile comunicazioni dell'ambasciata di Serbia in Libia - erano stati rapiti l'8 novembre scorso in una imboscata da parte di uomini armati contro un convoglio diplomatico presso la cittadina costiera di Sabratha. L'ambasciatore americano a Belgrado Kyle Scott ha espresso profondo cordoglio e grande rammarico.

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Serbia, rimpatriate salme dei cittadini uccisi in Libia dai raid Usa

24/02 – Sono arrivate a Belgrado le salme dei due cittadini serbi che erano stati rapiti in Libia e sono rimasti uccisi nei raid americani contro postazioni del gruppo Stato Islamico. I due, un uomo e una donna che lavoravano per l’ambasciata serba in Libia, erano stati rapiti lo scorso 8 novembre a Sabratha, a Ovest di Tripoli.

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Ivica Dacic: “Tadic è il Presidente che ha perso tutto”

Posted on 24/02/2016 by Iva Nikolic in Politica 

Il partito socialista serbo (SPS) ha comunicato che Boris Tadic sarà ricordato come il presidente cha ha perso tutti i collaboratori, i partner politici, gli amici e la dignità personale, solo perchè “ha dimenticato tutto ed ha provato a costrigere gli altri di dimenticare tutto”.
“Alcune persone non sanno quando è arrivato il tempo di ritirarsi. Alcune persone non sanno accettare la responsabilità per i propri sbagli e riconoscere la propria colpa. Alcuni percepiscono il momento per un ritiro dignitoso. Alcuni capiscono che sono diventati ex e lasciano altri a lavorare. Tutto questo non lo sa Boris Tadic”, viene comunicato dal partito socialista. Ieri, nelle comunicazioni al Comitato organizzativo del Partito socialista è stato affermato che loro non si occuperanno più della questione di Tadic.
Precedentemente, Tadic ha detto che il leader dei socialisti, Ivica Dacic dovrebbe dare le dimissioni dall’incarico di ministro degli affari esteri, perchè lo ritiene risponsabile per la morte dei due cittadini serbi in Libia. Alla conferenza stampa, Tadic ha ricordato che il sequestro è successo un mese prima  e che Dacic è responsabile perchè l’indagine non era fatta prima.
“Dobbiamo avere delle risposte alla domanda perchè Dacic ha autorizzato il viaggio che ha avuto come risultato il sequestro”, ha detto Tadic. 
(Mondo 23.02.2016.)





di Davide Conti, su Il Manifesto del 18 febbraio 2016


Stragi nazifasciste e crimini italiani all’estero: un silenzio di 70 anni da cui è nato il «nostro» revisionismo storico.

La declassificazione e la pubblicazione on-line, voluta dalla Camera, di una parte dei documenti della Commissione parlamentare d’inchiesta sulle «cause dell’occultamento dei fascicoli relativi ai crimini nazifascisti» è senz’altro un fatto significativo per gli studi e per la «lettura pubblica» del nostro passato prossimo. Tuttavia la ricercata catarsi della memoria nazionale, che sottende a queste operazioni, fatica a tradursi in compiuta nemesi storica in un paese come l’Italia.
Per «ritrovare» nella Procura Militare Generale di Roma i 695 fascicoli relativi alle stragi nazifasciste ed ai crimini italiani all’estero si dovette attendere il 1994 allorché la documentazione «dell’armadio della vergogna» (come recitò il titolo dell’inchiesta di Franco Giustolisi) riemerse dalla «archiviazione provvisoria» stabilita il 13 gennaio 1960 dal Procuratore militare Enrico Santacroce, già noto all’epoca per la sentenza di assoluzione emessa il 19 febbraio 1949 in favore di Mario Roatta e altri generali fascisti responsabili con il re della vergognosa fuga da Roma dell’8 settembre 1943.
La Commissione d’inchiesta istituita nel 2003 (dal governo Berlusconi con dirigenti post-fascisti ascesi al rango di ministri della Repubblica) si prefissò lo scopo di ricercare le «cause dell’occultamento dei fascicoli» ma concluse i suoi lavori con due diverse relazioni finali, come quasi sempre accade quando nella camere di compensazione politica si cerca di scrivere la storia «condivisa».
In verità il lavoro d’individuazione delle «cause» era stato già svolto e sintetizzato in modo esplicito e disarmante pochi anni prima da Paolo Emilio Taviani preminente figura della Resistenza cattolica, segretario nazionale della Dc, ministro dell’Interno e della Difesa nonché responsabile politico di primo piano di «Gladio».
Il 20 ottobre 1956 nel suo diario di memorie (pubblicato postumo nel 2000) Taviani sintetizzò in poche righe ciò che le istituzioni ed il paese avrebbero fatto fatica a raccontare per altri quarant’anni: «Gaetano Martino [ministro degli Esteri] mi scrive che non è opportuno chiedere alla Germania l’estradizione di Speidel ritenuto (ma ci sono dubbi) uno dei responsabili della strage di Cefalonia. I russi stanno per invadere l’Ungheria. Il riarmo tedesco è più che mai indispensabile. Moro [ministro della Giustizia] mi aveva detto che la competenza non è sua, ma mia e degli Esteri.
Mi ero imposto per iniziare la pratica dell’estradizione. Ma ora non ci penso neppure ad insistere per questo Speidel. Martino ha ragione».
Gli equilibri della Guerra Fredda, la necessità del riarmo tedesco-occidentale e la «ragion di Stato» divennero la base del paradigma dell’impunità sia per i crimini di guerra compiuti dai nazifascisti in Italia sia per quelli commessi dal regio esercito in Africa e nei Balcani.
Tuttavia a distanza di settant’anni dai fatti il vero nodo di criticità che rischia di far rimanere deboli iniziative come quella della Camera rimane il cortocircuito memoriale avviato proprio alla metà degli anni novanta attraverso la retorica dei «ragazzi di Salò» che trovò la tribuna più importante proprio dallo scranno più alto della stessa Camera, all’epoca presieduta da Luciano Violante.
Così il combinato disposto dell’omertoso silenzio sui crimini di guerra e della comprensione della «buona fede» dei fascisti che «andavano a cercar la bella morte» (ma più volentieri la infliggevano con stragi e torture a civili e partigiani) ha finito per tradursi politicamente con lo «sdoganamento»
post-missino e con la fine della «conventio ad excludendum» contro gli eredi del Pci. Approdando, in ultima istanza, al loro reciproco riconoscimento di accesso al governo del paese.
Mentre la documentazione sulle stragi nazifasciste rimaneva quasi sullo sfondo del dibattito nazionale, nello stesso 1994 l’opinione pubblica «moderata» considerava i partigiani dei GAP come i «veri» responsabili della strage delle Fosse Ardeatine e soltanto una protesta clamorosa davanti al Tribunale militare di Roma impedì che il capitano delle SS Erich Priebke tornasse libero in Argentina
Tra il 2003 e il 2004 seguirono poi la denuncia «del sangue dei vinti» e l’istituzionalizzazione del «giorno del ricordo» durante il quale, a suggello di una ricostruzione «narrativa» e non storica, sono stati premiati decine di repubblichini di Salò di cui il caso di Paride Mori (a cui la medaglia alla memoria dello scorso anno è stata poi revocata) non è che un esempio.
Ben vengano, dunque, le declassificazioni dei documenti che favoriscono i conti col passato perché nella conservazione e nella resa di accessibilità delle fonti risiedono il ruolo e le funzioni che le istituzioni hanno il dovere di esercitare nei confronti della storia.
Scriverla sarà compito della ricerca.


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La documentazione è quella elencata alla pagina
https://archivio.camera.it/desecretazione-atti/commissione-parlamentare-inchiesta-sui-crimini-nazifascisti-leg-XIV/list
Di seguito ne riproduciamo l'indice nella sua interezza.
Tra gli altri documenti segnaliamo che alcuni riguardano eccidi in Jugoslavia, criminali di guerra italiani in Jugoslavia e richieste di estradizione da parte jugoslava.
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Richiesta documenti
E' possibile ricevere copia digitale dei documenti declassificati di cui si intede effettuare la richiesta spuntando i relativi checkbox e compilando il modulo.
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Commissione parlamentare di inchiesta sulle cause dell'occultamento di fascicoli relativi a crimini nazifascisti
XIV Legislatura

Documenti

  • Ministero Affari Esteri
    • 101/1 
      giovedì
      14 ottobre 1965 (734 KB)
      Lettera di trasmissione con allegato foglio riservatissimo n. 5491/2053 del 14/10/65 verosimilmente proveniente dalla Delegazione italiana presso il Consiglio Atlantico e inviata al Ministero degli affari esteri - DGAP - Ufficio IV (SS NATO).
      Il materiale allegato è compreso nell'elenco dei documenti rinvenuti dall'avv. Simone Sabattini e richiesto dalla Commissione con nota 2005/0001685/SG-CIV/1944 del 28/10/05.
    • 103/0 
      giovedì
      22 dicembre 2005 (4 MB)
      Documentazione della DGAP (Direzione Generale Affari Politici) pervenuta in Commissione a cura dell'Ispettorato generale del Ministero degli affari esteri. Lettera di trasmissione con allegato elenco riepilogativo della documentazione (p. 2-94).
      Trattasi di "documentazione indicata negli elenchi di massima redatti dall'avv. Sabattini" (consulente della Commissione) e richiesta appositamente dalla Commissione con nota 2005/0001685/SG-CIV/1944 del 28/10/05.
    • 103/1 
      (6 MB)
      Documentazione pervenuta dall'Ispettorato generale del Ministero degli affari esteri e relativa (come da elenco compreso nelle p. da 1 a 7) ai seguenti fascicoli:
      - trattative per indennizzi del nazismo;
      - contenzioso finanziario italo-tedesco;
      - trattative italo tedesche per indennizzi vittime del nazismo (danni di guerra).
    • 103/2 
      (3 MB)
      Documentazione pervenuta dall'Ispettorato generale del Ministero degli affari esteri e relativa (come da elenco compreso nelle p. da 1 a 3) ai seguenti fascicoli:
      - interpellanza n. 253 del sen. Polano ed altri riguardante magg. delle SS Joachin Peiper (presunti crimini commessi a Boves - Cuneo).
    • 103/3 
      (7 MB)
      Documentazione pervenuta dall'Ispettorato generale del Ministero degli affari esteri e relativa (come da elenco compreso nelle p. da 1 a 7) ai seguenti fascicoli:
      - Herbert Kappler - detenuto militare.
    • 103/4 
      (18 MB)
      Documentazione pervenuta dall'Ispettorato generale del Ministero degli affari esteri e relativa (come da elenco compreso nelle p. da 1 a 9) ai seguenti fascicoli:
      - criminali nazisti;
      - richiesta di informazioni sul trattamento pensionistico riservato ai perseguitati politici del regime fascista;
      - massacro di Cefalonia della divisione Aqui (passato tutto al 1970);
      - richiesta tedesca di informazioni su campi di internamento in Italia della II guerra mondiale;
      - prescrizione crimini nazisti;
      - trattative italo-tedesche per indennizzi vittime del nazismo (danni di guerra);
      - Mons. Matthias Defregger vescovo ausiliare di Monaco.
    • 103/5 
      (33 MB)
      Documentazione pervenuta dall'Ispettorato generale del Ministero degli affari esteri e relativa (come da elenco compreso nelle p. da 1 a 29) ai seguenti fascicoli:
      - indennizzi a vittime del fascismo;
      - visite a Kappler;
      - Kappler (domanda di grazia);
      - criminali nazisti ed internati o prigionieri;
      - crimini di guerra in Italia - accuse mosse da un redattore del settimanale "Stern";
      - criminali nazisti. Parte generale;
      - fucilazione 85 civili italiani nel 1944;
      - Inchiesta su fatti di Cefalonia;
      - Schmidt Helmut a Roma;
      - Protezione interessi tedeschi in Guinea;
      - Rendiconto trimestrale maggio-luglio 1971;
      - contatti R.F.G. - Guinea;
      - interessi tedeschi in Guinea - Marche consolari;
      - Adolf Marx - Passato al 1972;
      - sorvolo della Guinea da parte del Ministro Scheel durante il viaggio in Africa;
      - centro cinematografico di Boulbinet.
    • 103/6 
      (9 MB)
      Documentazione pervenuta dall'Ispettorato generale del Ministero degli affari esteri e relativa (come da elenco compreso nelle p. da 1 a 11) ai seguenti fascicoli:
      - politica militare - notizie militari;
      - esplosioni e ricerca nucleari e spaziali;
      - leggi e regolamenti;
      - Marina militare, navi scuola e crociere d'istruzione;
      - marina mercantile;
      - associazioni;
      - rappresentanze diplomatiche e consolari;
      - pubblicazioni;
      - telegrafo radio televisione;
      - film documentari e politica culturale;
      - traffico aereo e permessi sorvolo;
      - consultazioni a livello funzionari;
      - protezione interessi tedeschi nella RAU (cittadini tedeschi nella RAU accusati di spionaggio).
    • 103/7 
      (27 MB)
      Documentazione pervenuta dall'Ispettorato generale del Ministero degli affari esteri e relativa (come da elenco compreso nelle p. da 1 a 18) ai seguenti fascicoli:
      - crimini nazifascisti e criminali nazisti - parte generale;
      - SS Kappler - detenuto a Gaeta;
      - domande di grazia per Kappler;
      - risiera di S. Sabba - procedimento penale per criminali nazisti;
      - comunicati stampa.
    • 103/8 
      (5 MB)
      Documentazione pervenuta dall'Ispettorato generale del Ministero degli affari esteri e relativa (come da elenco compreso nelle p. da 1 a 5) al seguente fascicolo:
      - varie.
    • 103/9 
      martedì
      16 gennaio 1968 (9 MB)
      Documentazione fornita dal Ministero Affari Esteri e classificata segreta dalla Commissione su richiesta del predetto ministero. In particolare trattasi delle note di cui ai nn. 123, 168, 177, 260, 264, 271, 279, 280, 281, 303, 306, 380, 402, 447, 448, 456, 465, 466, 485, 518, 527, da 555 a 558, da 563 a 568, da 570 a 571, 573, 578, 587, 589, 595, 603, 605, 606, 616, 619, 624 e 625 dell'elenco fornito dal predetto ministero.
      riguardante: Herbert Kappler; Mons. Matthias Defregger; Reder e Kappler; crimini di guerra in Italia, accuse mosse da un redattore del settimanale « Stern »; prepotenze naziste a Zeltweg (Stiria); fucilazione 85 civili italiani 1944, Castelnuovo Val di Cecina (PI); massacro di Cefalonia della Divisione Acqui; protezione interessi tedeschi; sorvolo della Guinea da parte del ministro Scheel durante il viaggio in Africa; politica militare, notizie militari (Germania occidentale); associazioni; telegrafo radio televisione; protezione interessi tedeschi nella RAU (cittadini tedeschi nella RAU accusati di spionaggio); varie (contratti di lavoro sospetti); criminali nazisti - parte generale, criminali di guerra detenuti in Pesi europei; risiera di San Sabba, procedimento penale per criminali nazisti.
    • 107/0 
      mercoledì
      11 gennaio 2006 (345 KB)
      Lettera di trasmissione della documentazione acquisita in copia presso il MAE
    • 107/1 
      (6 MB)
      Busta 96 - Ufficio DGAP I - Anno 1952.
      Pratiche nominative.
      Dollmann Eugenio (Larcher Enrico).
    • 107/2 
      (23 MB)
      Busta 21 - Ufficio DGAP - Anno 1951.
      Criminali di guerra tedeschi.
      Processo a carico di Petitto Rocco, cap. Meir, magg. Haren, Lanz Hurbert, Mayr Ernst (fucilazione cap. Pierluigi Chiaramonte e Mario Pezzoli e altri).
      Processo a carico del cap. tedesco Krumhaar Waldemar.
      Notizie dalla Germania.
      Atteggiamento U.S.A.
      Atteggiamento della Gran Bretagna.
      Stampa.
      Atteggiamento inglese, danese, norvegese, francese - anno 1951.
      Atteggiamento inglese, danese, norvegese, francese - anno 1952.
    • 107/3 
      (4 MB)
      Busta 162 - Ufficio DGAP I - Anno 1950 - 1957.
      Criminali di guerra richiesti da alcuni stati esteri.
      Pratiche di estradizione.
    • 107/4 
      (6 MB)
      Busta 79 - Ufficio MAE GAB - Anno 1945.
      Processo Mario Roatta.
    • 107/5 
      (10 MB)
      Busta 661 - Ufficio DGAP II. Anno 1953.
      Grecia - Criminali di guerra.
      Pratiche nominative relative a: sergente Stellà Panaiotti e altri.
    • 107/6 
      (1 MB)
      Busta 172 - Ufficio DGAP I. Anno 1953.
      Criminali di guerra richiesti da altri stati.
      Esecutorietà delle sentenze penali a carico di cittadini italiani emesse da autorità militari straniere.
    • 107/7 
      (4 MB)
      Busta 172 - Ufficio DGAP I. Anno 1953.
      Criminali di guerra richiesti da altri stati.
      Criminali di guerra richiesti dal comando alleato.
    • 107/8 
      (7 MB)
      Busta 172 - Ufficio DGAP I. Anno 1953.
      Criminali di guerra richiesti da altri stati.
      Criminali di guerra richiesti dalla Gran Bretagna.
    • 107/9 
      (19 MB)
      Busta 172 - Ufficio DGAP I. Anno 1953.
      Criminali di guerra richiesti da altri stati.
      Criminali di guerra richiesti o detenuti dagli americani.
    • 107/10 
      (8 MB)
      Busta 172 - Ufficio DGAP I. Anno 1953.
      Criminali di guerra richiesti da altri stati.
      Criminali di guerra italiani richiesti dalla Francia.
    • 107/11 
      (16 MB)
      Busta 172 - Ufficio DGAP I. Anno 1953.
      Criminali di guerra richiesti da altri stati.
      Criminali di guerra italiani reclamati o detenuti dagli inglesi.
    • 107/12 
      (179 KB)
      Busta 130 - Ufficio DGAP I. Anno 1957.
      Jugoslavia.
      Washington 1 novembre 1957 telespresso n.14092/3792.
    • 107/13 
      (720 KB)
      Busta 20 - Ufficio DGAP I. Anno 1964.
      Germania nominativi.
      Lettera del cittadino tedesco W. Wehner relativa a italiani deportati in Bassa Sassonia.
    • 107/14 
      (1 MB)
      Busta 20 - Ufficio DGAP I. Anno 1964.
      Germania nominativi.
      Avv. J. Tochtrop - fucilazione a Garessio (Cuneo) nel luglio 1944 di civili italiani.
    • 107/15 
      (1 MB)
      Busta 78 - Ufficio DGAP I. Anno 1956.
      Traccia di conversazione.
      Incontro Italo-tedesco, traccia di conversazione.
    • 107/16 
      (694 KB)
      Busta 78 - Ufficio DGAP I. Anno 1956.
      Traccia di conversazione.
      Documentazione inerente all'incontro Italo-tedesco.
    • 107/17 
      (18 MB)
      Busta 1160 - Ufficio DGAP IV. Anno 1951.
      Criminali di guerra reclamati dai russi.
      Promemoria sulle accuse mosse da parte russa a militari italiani.
    • 107/18 
      (3 MB)
      Busta 15 - Ufficio DGAP I. Anno 1964.
      Germania 1/1.
      Theodore Saewecke ex capo SS Milano.
    • 107/19 
      (839 KB)
      Busta 139 - Ufficio DGAP I. Anno 1947.
      Stati vari V.
      Conferenza di Mosca - Parigi, 3 giugno 1947 telespresso n.476/5977/1663.
    • 107/20 
      (676 KB)
      Busta 87 - Ufficio MAE GAB. Anno 1945.
      Criminali di guerra.
      Criminali di guerra - Archivio del Gabinetto di S.E. il Ministro.
    • 107/21 
      (61 KB)
      Busta 10 - Ufficio DGAP I. Anno 1961.
      Italia 1/8.
      Visita del presidente Fanfani a Bonn (Roma 12 dicembre 1958 appunto caso Kappler)

      (Message over 64 KB, truncated)

(english / italiano)

Moldavia europeissima

1) Left forces lead protests in Moldova, face police repression (G. Butterfield, Feb 18, 2016)
2) Moldavia: è in corso un vero e proprio colpo di stato filo-occidentale (Partito dei Comunisti della Repubblica di Moldova, 20.1.2016)
3) In Moldavia si riabilita e si rende legale il nazi-fascismo (Partito dei Comunisti della Repubblica di Moldova, 3 Dicembre 2015)


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Left forces lead protests in Moldova, face police repression

By Greg Butterfield 
February 18, 2016


On Feb. 15, seven anti-fascist political prisoners in Chisinau, the capital of the eastern European country of Moldova, were brutalized in court by armed riot police, while a three-judge panel looked on. The prisoners are leaders of a popular uprising against a pro-West, oligarch-backed regime.

One of the prisoners, Grigory Petrenko, leader of the leftist Red Bloc party, had his wrists “cut to the bone” by his handcuffs as he was dragged from the courthouse, according to his spouse, Lilia Petrenko. (1News.md, Feb. 16)

Another prisoner, Pavel Grigorchuk, youth leader and editor of the communist news site Grenada.md, was dragged headfirst down a flight of stairs. Others were dragged by their feet. Omega News Agency reports that the prisoners appealed for medical help after their return to Penitentiary No. 13.

Outside, more than 1,000 protesters held an angry but peaceful demonstration, surrounding the courthouse and blocking traffic. Later, masked riot police, carrying shields and swinging billy clubs, attacked the action.  The protest continued late into the evening, with activists eventually marching from the courthouse to Chisinau’s central square. (MoldNews.md, Feb. 15)

The political prisoners — including Petrenko, Grigorchuk, Mikhail Amerberg, Alexander Roshko, Andrei Druz, Oleg Buzni and Vladimir Zhurata — were violently arrested on Sept. 6, during a protest against the Western-backed government dominated by oligarch Vlad Plahotniuc. 

The prisoners, known collectively as the “Petrenko Group,” were denied release by the judicial panel on Feb. 15 — despite four leading European parliamentarians agreeing to serve as their guarantors, which under Moldovan law is sufficient for pretrial release.

Omega also reported that for the first time, representatives of the U.S. and European embassies were present in the courtroom. So far it’s unknown why they chose to show up on this particular day, after months of entreaties from local activists to monitor the case.

After the judges announced their decision, the political prisoners held a sit-down protest. Armed police in riot gear swept the media from the courtroom, pushing reporters, family members and friends of the prisoners down corridors and stairs. Then, they moved in to brutalize the prisoners and remove them by force. The attack in the courtroom was captured on a cellphone video.

Despite the attack, the prisoners raised their fists outside and chanted in solidarity with the protesters as they were herded into a police van to be returned to jail.  Demonstrators surrounded the van, rocking it, until forced back by truncheon-wielding riot cops.


Popular uprising against oligarchy

Moldova, a former republic of the Soviet Union, is a small country of about 3.5 million people in eastern Europe. To its north and east is Ukraine, where a U.S.-backed coup powered by fascist gangs seized power two years ago, unleashing a war on Russia’s western border. To its south is Romania, a member of the NATO military alliance ruled by a U.S. puppet regime.

Moldova is also in the throes of a popular uprising against oligarchy and neoliberal reforms. 

The movement sweeping Moldova has a fundamental difference from the right-wing, Euromaidan movement that seized power in Ukraine two years ago: It has a powerful left, anti-fascist and anti-imperialist wing. 

Because of this — and despite the country’s modest size — this movement threatens to upset the reactionary tide throughout the region, built up over decades by Washington/Wall Street and the Western Europe imperialist powers. 

On Jan. 20, dramatic footage was broadcast around the world of protesters entering and occupying the Parliament building in Chisinau, as a new government headed by Prime Minister Pavel Filip was sworn in two days after receiving the U.S. State Department’s blessing. 

U.S. and Western media provided no context for these seemingly chaotic images to a public kept largely unaware of Moldova’s existence, much less the economic and political plight of people suffering under International Monetary Fund-European Union “reforms,” including privatization and the cutoff of traditional trade with Russia and other former Soviet republics.

The current wave of protests was sparked in 2015 with the revelation that leading politicians appointed by the country’s top oligarch and political kingmaker, Vlad Plahotniuc, had embezzled more than $1 billion from Moldova’s banking system. 

At first, in early 2015, the protests were dominated by pro-“Euro-integration” forces, including the ultraright that seeks the country’s merger with Romania. The movement seemed similar to the one in Ukraine, known as Euromaidan, that overthrew the government in February 2014.

But in the summer of 2015, the recently formed Red Bloc party led a working-class campaign to turn back government-mandated utility-rate and fuel-price hikes. This party includes independent leftists and communists who had left or been expelled from the old Party of Communists of the Republic of Moldava.  

Red Bloc leadership turns the tide

The Red Bloc campaign spread like wildfire. Pensioners, students and workers occupied city halls and held mass assemblies in towns and villages across the country. The regime was forced to step back and temporarily halt the rate hikes. 

In Chisinau, the Red Bloc erected a tent city outside Plahotniuc’s home and staged protests at his businesses and media holdings. At this time, Red Bloc leader Petrenko was cast as “Public Enemy No.1” by oligarch-controlled media.

This mobilization of the working class, rooted in the anti-fascist traditions of Soviet times, began to shift the center of gravity in the protests. Instead of the pro-Western capitalist and middle-class opposition keeping the leadership, the protesters moved toward those who favor friendly relations and economic partnership with Russia. They also want to preserve the country’s agriculture and industry. They reject the NATO military alliance and oppose unification with pro-West Romania.

The Red Bloc began to build a pole of attraction in the movement of the left, anti-fascist and anti-EU forces, including the Party of Socialists of the Republic of Moldova and Our Party, a party representing Russian-speaking Moldovans based in the city of Balti.

When protests resumed in the autumn, there were two distinct wings in the movement — the “Euro-integration” forces of the Civic Platform “Dignity and Truth” (the DA Platform), which held a protest of tens of thousands in central Chisinau on Sept. 6, and the smaller but class-struggle-based movement headed by the Red Bloc, which held a demonstration of about 1,000 people the same day. It was at this protest where seven Red Bloc activists, including party leader Petrenko, were arrested.

Since that time, the left pole, numerically dominated by the Party of Socialists, has overtaken the pro-Euro-integration forces. The left pole has been playing the leading role in the recent mass demonstrations against the new regime, which, as before, is dominated by protégés of Plahotniuc.

The shift in momentum is clearly visible in the words and actions of the pro-Euro-integrationist DA Platform. Shortly after the Petrenko Group’s arrest, the political prisoners’ supporters were kept to the outskirts of DA Platform protests.  Some leftists who entered were attacked by fascist elements — similar to the Maidan protests in Ukraine in 2013-2014.

Now, however, the DA Platform has had to adjust its actions in response to mass pressure, and has even joined with the leftists in the Civil Forum coalition calling for unconditional release of the political prisoners, along with early parliamentary elections. (Omega, Feb. 4)

A poll taken after the January protests showed that if parliamentary elections were held soon, the Party of Socialists and Our Party would win a decisive victory, with the DA Platform coming in third. The current governing parties — the so-called Democrats, Liberal Democrats and Liberals — were far down the list.



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Moldavia: è in corso un vero e proprio colpo di stato filo-occidentale

25 Gennaio 2016

da www.pcrm.md | Traduzione di Marx21.it

Comunicato del Partito dei Comunisti della Repubblica di Moldova

Nei giorni scorsi centinaia di persone hanno fatto irruzione in Parlamento per protestare contro un nuovo governo gradito all'Unione Europea, installatosi con le modalità di un vero e proprio colpo di stato. La notizia, come sempre quando non  è conforme ai progetti imperialisti, non è stata riportata dai media. Per contribuire alla comprensione degli eventi, traduciamo qui il comunicato del Partito dei Comunisti della Repubblica di Moldova, emesso pochissimi giorni prima delle clamorose manifestazioni di protesta.

Dopo aver ignorato il risultato internazionalmente riconosciuto delle elezioni del 2009, i partiti che allora formavano l'Alleanza per l'integrazione europea hanno dato il via a pogroms e agli incendi del Parlamento e dei palazzi presidenziali, alla violazione della Legge Fondamentale nell'elezione del capo dello Stato, alla suddivisione dei ministeri e di altre posizioni tra i vari partiti secondo il manuale Cencelli, alla violazione della Costituzione, delle leggi e dei regolamenti, oltre ad aver aizzato disordini che hanno portato alla perdita del controllo sul paese e alla sua trasformazione in una enclave mafiosa e corrotta. La corruzione e la mancanza di leggi sono penetrate in ogni sfera della società, peggiorando ulteriormente la vita delle persone.

E' stato sferrato un forte attacco a tutte le strutture democratiche del paese, sono state chiuse le reti televisive sgradite, fatte pressioni politiche ed economiche sulla carta stampata, limitato il diritto di assemblea e di manifestazione e contro i partecipanti è stata usata la violenza e la persecuzione. La televisione pubblica "Moldavia 1" è controllata dal Partito Liberale ed è usata per sostenere le politiche di unione all'Europa, mentre tutte le restrizioni e le proibizioni sono dirette verso i partiti e i movimenti di opposizione.

Questo ha portato negli ultimi tempi al degrado e alla paralisi completa del sistema socioeconomico del paese, alla stagnazione e alla distruzione di qualsiasi forza di sviluppo della società.

La partecipazione diretta alla corruzione del Primo Ministro, dei vari ministri, dei parlamentari, degli ufficiali e di numerosi rappresentati a livello nazionale e locale non sarebbe stata possibile senza il supporto dato dal gruppo parlamentare dell'Alleanza per l'Integrazione Europea. I parlamentari democratici e liberali, attraverso la manipolazione delle leggi e attraverso l'intervento diretto negli specifici affari dei ministeri, hanno contribuito alla truffa da un Miliardo di Euro della Vem, alla svendita dell'aeroporto di Chisinau, alla fissazione di altissime tariffe del gas, della luce e dei trasporti e dei servizi e a una diffusione mai vista prima di corruzione ed estorsione. Questi gruppi parlamentari hanno votato la chiusura di scuole, di asili, di ospedali e per l'innalzamento del prezzo di generi alimentari e medicine, per licenziamenti di massa...

Il risultato di questa tragedia nazionale è il completo disprezzo per la volontà degli elettori espressa nelle elezioni del Novembre 2014.

La Moldavia è una vergogna mondiale. Ciò che è accaduto sembrava impossibile fino a poco tempo fa. Grossi gruppi parlamentari sono stati acquistati come merci al mercato, come dei servi. Con nostra grande vergogna, 14 dei nostri deputati hanno lasciato per questo il gruppo parlamentare comunista. Appena se ne sono andati, hanno cominciato a servire gli interessi di quelli che volevano restare al potere con ogni mezzo. È possibile che queste “anime morte” riescano nel loro intento.

Ma questi deputati traditori cosa diranno agli elettori, alle proprie famiglie, agli amici? Ormai hanno  assunto le caratteristiche di Giuda e non se ne libereranno finché vivranno.

E' importante sapere che la pratica diffusa dell'acquisto di parlamentari ha portato al ridisegno del Parlamento, che non corrisponde più alla volontà degli elettori, così come è stata espressa nel Novembre 2014. Questi traditori e i loro acquirenti si sono presi gioco della volontà degli elettori e hanno perso il loro supporto elettorale.

In queste condizioni, non è importante sapere a quale risultato porterà questo tradimento. In ogni caso, è certo che questo potere sarà privo del supporto pubblico, e non sarà capace di consolidarsi, e invece di risolvere i problemi dello stato continuerà la sua pratica distruttiva in base al principio del “divide et impera”.

Chi ha abbandonato il gruppo parlamentare, usurpando i seggi vinti dai partiti ha perso la propria qualità di rappresentante. Costoro e i loro acquirenti hanno acquistato il potere di rappresentanza al mercato, perdendo tutto il supporto sociale degli elettori e sono corresponsabili ai loro occhi.

Il Parlamento, da allora, non è più rappresentativo delle persone, e quindi non ha il diritto di agire in loro nome.

Il Comitato Centrale del Partito dei Comunisti della Repubblica di Moldova pensa che quello che sta avvenendo oggi in merito alla questione del potere non ha niente a che vedere con la politica e non rappresenta le vere aspirazioni del popolo moldavo. L'imminente fiducia al governo non è altro che una farsa.

Di conseguenza il PCRM non darà alcuna fiducia alla composizione di questo governo.

Il Comitato Centrale del PCRM

20 Gennaio 2016


=== 3 ===


In Moldavia si riabilita e si rende legale il nazi-fascismo

3 Dicembre 2015

da skpkpss.ru

Traduzione dal russo di Mauro Gemma

Dichiarazione del Partito dei Comunisti della Repubblica di Moldova

Il Partito dei Comunisti della Repubblica di Moldova esprime la sua indignazione e protesta contro la decisione della Corte Costituzionale della Repubblica di Moldova, del 23 novembre 2015, che di fatto ha legalizzato l'attività delle organizzazioni fasciste e i simboli fascisti.

Attraverso la lettura attenta delle tesi contraddittorie esposte nella sentenza della Corte Costituzionale, i cui membri sono cittadini di un altro stato (la Romania), emerge chiaramente il carattere mirato di tali insinuazioni anticostituzionali e contro l'umanità.

Per ogni persona di buon senso e che abbia qualche conoscenza della storia la riabilitazione del fascismo, in qualsiasi forma, significa genocidio, morte e distruzione.

Probabilmente i cosiddetti “costituzionalisti” e coloro che li manipolano non sanno che, sotto i simboli nazisti nei campi di concentramento sono state bruciate vive milioni di persone. Sotto i simboli nazisti è stata ripristinata la schiavitù a metà del XX secolo. Sotto i simboli del nazismo è stata uccisa e violentata gente non solo in Unione Sovietica, ma in tutto il mondo.

Ormai da tempo l'umanità ha imparato a giudicare i gruppi criminali, banditeschi e le formazioni armate illegali. Il Tribunale Internazionale di Guerra di Norimberga per la prima volta nella storia ha condannato i crimini commessi a livello di stato dalla Germania nazista, ha condannato i suoi caporioni politici, l'ideologia e i simboli del fascismo. Da allora sono passati 70 anni... Si è informato in merito a queste pagine di storia quel deputato di un partito che in Moldavia pratica la corruzione e il latrocinio, prima di rivolgersi alla Corte Costituzionale?

Gli ordini di chi eseguono questo membro del Partito Liberal Democratico e la Corte Costituzionale, composta esclusivamente da cittadini della Romania?

Dobbiamo constatare che le riabilitazioni del passato nei giorni attuali stanno diventando sempre più frequenti. Si sono attivizzate forze che desiderano riconsiderare i risultati della Seconda Guerra Mondiale, sminuire e persino annullare il ruolo decisivo dell'Unione Sovietica nella sconfitta del fascismo, equiparare la Germania nazista, stato aggressore, all'URSS, che ha condotto la guerra di liberazione e ha avuto un numero enorme di vittime per salvare il mondo dagli orrori del nazismo.

Viviamo in un mondo turbato e instabile, di anno in anno sempre più fragile e vulnerabile. Le contraddizioni tra gli stati sviluppati e gli altri sono sempre più acute, investono la cultura, le religioni e producono disuguaglianze sociali.

La decisione della Corte Costituzionale, che di fatto ha autorizzato l'uso nel territorio del nostro paese dei simboli del nazismo, non è solo cinica, ma criminale. In tal modo viene assecondata la logica perversa dei cinque giudici romeni della Corte Costituzionale moldava, che utilizzano i loro poteri contro lo stato e il popolo. Costoro non si pongono solo al di sopra del Parlamento. Stanno cercando di riscrivere la storia. Giudici, che sono cittadini della Romania, negano le decisioni del processo di Norimberga, che ha giudicato l'ideologia e i simboli fascisti crimini contro l'umanità. Chi credono di essere questi piccoli servi dei nuovi ideologi del neonazismo e del fascismo? Il sistema parlamentare moldavo è forse così debole da non essere in condizione di reagire adeguatamente ad azioni scorrette della Corte Costituzionale?

Il Partito dei Comunisti della Repubblica di Moldova ribadisce che tutti i tentativi di riscrivere la storia conducono a gravi conseguenze, e per questa ragione non permetterà che in Moldova i neonazisti alzino la testa e che la nostra società sia nuovamente contagiata dalla “peste bruna”?

Il fascismo non passera!

Il Comitato Centrale del Partito dei Comunisti della Repubblica di Moldova




(english / italiano)

RUSSOFOBIA

1) Guy Mettan: RUSSOFOBIA. Mille anni di pregiudizi
2) Christopher Black: OPERATION BARBAROSSA 2. American Occupation of Europe Intensifies


+ due video sulla russofobìa contemporanea:

EURODIPUTADO JAVIER COUSO (I.U.) DENUNCIA LA "RUSOFOBIA" DEL PARLAMENTO EUROPEO (tena carlos, 18 feb 2016)
El organismo continental debatía este jueves qué estrategias debe adoptar para defenderse en la guerra mediática, mencionando "la propaganda rusa" como una de las principales amenazas a las que tiene que hacer frente...
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=uB9xNWf-TF0

FRAU MERKEL, VUOLE ESSERE TRASCINATA IN GUERRA CONTRO LA RUSSIA? (PandoraTV, 20 feb 2016)
La decisa condanna della deputata comunista al Bundestag Sahra Wagenknecht alla recente visita della signora Merkel in Turchia...
VIDEO: http://www.pandoratv.it/?p=6318
oppure: https://www.youtube.com/watch?v=dk9I5MDYhJs


=== 1 ===

Riceviamo e volentieri segnaliamo:

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SANDRO TETI EDITORE
IN PREPARAZIONE:

GUY METTAN

RUSSOFOBIA
Mille anni di pregiudizi

L’affermato giornalista e storico Guy Mettan indaga le distorsioni che affliggono da sempre i rapporti tra Russia e Occidente. La crisi ucraina del 2014 e il successivo intervento russo in Siria hanno fatto prepotentemente riemergere l’insieme di pregiudizi e stereotipi che in Occidente risalgono all’epoca di Carlo Magno e che sembravano essersi sopiti dopo la caduta dell’Urss.Un saggio avvincente e di grande attualità, dove Mettan decostruisce le radici stesse della russofobia europea e statunitense, narrandone l’evoluzione storica con lo stile coinvolgente dell’inchiesta giornalistica.In quest’opera di alta divulgazione, molto documentata, il racconto del sentimento antirusso diventa un’occasione per esercitare lo spirito critico di fronte a visioni del mondo preconfezionate.

L’autore: Guy Mettan, giornalista, storico e politologo svizzero è membro fondatore, nonché direttore, del Club Svizzero della Stampa. Dopo l’esordio al Journal de Genève nel 1980, collabora con numerose testate fino a divenire redattore capo della prestigiosa Tribune de Genève. Nel 1991 ha adottato una bimba orfana di Suzdal’ ricevendo di lì a poco la cittadinanza dall’amministrazione El’cin.



Guy Mettan, RUSSOFOBIA - Mille anni di pregiudizi – In preparazione l’edizione italiana
Titolo originale: Russie-Occident, une guerre de mille ans : La russophobie de Charlemagne à la crise ukrainienne, Editions des Syrtes,‎ 2015 5

Con i recenti accadimenti in Ucraina a seguito dell’Euromaidan e le conseguenti reazioni in ambito politico, diplomatico e di opinione pubblica negli USA e in Europa, il tema delle relazioni tra Russia e Occidente, con particolare attenzione alle categorie secondo cui l’Occidente guarda, pensa e racconta la Russia, è di estrema e scottante attualità. Guy Mettan, giornalista, politico e direttore del Club Suisse de la Presse, si propone di analizzare nelle sue coordinate storiche e geopolitiche, nella sua dimensione propagandistica e nelle sue conseguenze psicologiche e fattuali il fenomeno della russofobia, quella che l’autore non esita a chiamare «una guerra millenaria», condotta dagli Occidentali contro il loro «grande vicino» a colpi di cliché, rappresentazioni (spesso consciamente) distorte e persino mistificazioni della Russia e di tutto ciò che attorno ad essa gravita.
Il saggio, pubblicato per la prima volta a Ginevra nel 2015, è articolato in tre parti, nelle quali l’autore affronta il ‘cosa’, il ‘quando/dove’ e il ‘come’ del fenomeno in analisi, con il costante obiettivo di spiegarne il ‘perché’. Nella prima parte delinea il profilo della russofobia, non complotto ma vera e propria predisposizione d’animo occidentale (a volte, paradossalmente, condivisa e alimentata dagli stessi Russi), mostrando con una puntuale critica delle fonti la messa in atto del discorso russofobo in occasione di quattro eventi di recente memoria: il disastro aereo di Überlingen (2002), il sequestro di Beslan (2004), la seconda guerra in Ossezia (2008), i Giochi olimpici di Soči (2014); speciale attenzione, poi, è dedicata a riconsiderare la crisi Ucraina mettendo in questione la rappresentazione unilaterale e distorta che i media occidentali ne hanno fornito. 
Nella seconda parte si segue l’evoluzione storica e ideologica del sentimento russofobo, individuandone le origini nella rivalità politica e religiosa che prende avvio sotto Carlo Magno, colui che contese a Bisanzio il ruolo di erede dell’Impero romano. L’ossessione imperialistica resta la costante di fondo delle successive declinazioni nazionali della russofobia: quella francese, che con l’allestimento del falso testamento di Pietro il Grande sotto Luigi XV inaugura il mito dell’espansionismo russo; quella inglese, meno ‘dottrinale’ ma più capillarmente propagata, che rovescia nel XIX secolo il rapporto con la Russia dopo l’alleanza antinapoleonica; quella tedesca che, nata sotto il Secondo Reich nell’ambito della temperie culturale del nazionalismo romantico, troverà un fertile terreno nella teoria del Lebensraum; quella americana, sintesi delle precedenti, efficace risorsa per la retorica della tutela di libertà e democrazia volta a coprire e legittimare la penetrazione dei valori neocapitalistici. 
La terza parte del libro, una sorta di manualetto della russofobia, mette a nudo le dinamiche della realizzazione e del funzionamento del discorso antirusso nei media e nel mondo accademico. Tale discorso si concretizza in racconto attraverso la costruzione del cattivo perfetto, Vladimir Putin, alla guida del nemico perfetto, il feroce orso russo che brama di divorare l’Europa: l’autore torna così sugli eventi recenti, e in particolare sulla crisi ucraina, per mostrare in azione tutto il potenziale del soft power occidentale.
L’indagine di Mettan non si pone l’obiettivo di trascinare al banco degli imputati l’Occidente per rovesciare, conservandola, la visione manichea della storia che la propaganda russofoba vorrebbe delineare; l’operazione mira piuttosto a concedere alla Russia – la cui parte di responsabilità nella drammatica degenerazione di questo bipolarismo non è taciuta – quella parola che le viene con una certa metodicità negata dal sistema di informazione occidentale, in un tentativo di ricostruire la complessità dei rapporti Russia-Occidente e smascherare i pregiudizi che ci impediscono di apprezzare i tanti aspetti positivi del nostro grande vicino. Allo stesso modo, per quanto i giornalisti siano i principali responsabili, o meglio, i ‘finalizzatori’ del discorso russofobo elaborato dagli establishment e dalle lobby occidentali, il libro non vuole essere nemmeno una condanna tout court dei media (la cui libertà di azione non è mai peraltro un dato scontato); ciò che si auspica, a più riprese, è piuttosto un recupero della deontologia giornalistica. L’onestà intellettuale, la capacità (e la volontà) di informarsi cercando e interpellando fonti di opposto schieramento, soprattutto il senso critico, quell’esigenza di porre e porsi continuamente domande, anche e soprattutto quelle più scomode e che meno convengono agli schemi precostituiti: questo è ciò che Mettan – procedendo lui stesso con stile giornalistico e guarnendo con voluta insistenza e abbondanza le sue pagine di punti interrogativi – vuole risvegliare nella coscienza non solo dei giornalisti, ma di tutti coloro che, quotidianamente, sono esposti al bombardamento della russofobia e ne diventano quasi inconsciamente vittime, se non addirittura attori stessi.
Nella consapevolezza che sono i rapporti di forza a regolare le relazioni internazionali, Mettan insiste tuttavia sul potere che le domande, le giuste domande, possono esercitare sull’opinione pubblica, tanto cara ai governanti. Sensibilizzare la gente a chiedersi se le responsabilità non siano condivise, se il proprio punto di vista unilaterale sia l’unico che conti, se i propri interessi e sistemi di valori siano davvero superiori, è il solo modo per incamminarsi verso un futuro dove finalmente non ci si dichiarerà più contro l’Altro, bensì con lui.


=== 2 ===



Operation Barbarossa 2: American Occupation of Europe Intensifies

by Christopher Black 

17 February 2016


On February 1 the New York Times ran a front page story by two of their journalists confirming the intentions of the United States to increase its occupation of and military presence in Europe particularly the east. Under the title “U.S. Fortifying Europe’s East to Deter Putin” the story sets out just one in a continuing series of acts of aggression against Russia. At the same time as the Americans announced this action they pretended to negotiate with Russia in Geneva about a solution to the American and allied aggression against Syria.

Of course, the story begins with the lie in the headline of a need to “deter Putin.” It then continues with the standard set of lies and propaganda about world events that we always get from the government of that country. No one outside the United States can read these things without laughing or crying, but of course they are intended to justify the criminal actions of the American government and ruling elite to the people who have to pay for the criminal wars they conduct, that is, to justify the unjustifiable, to the citizens of the United States.

There is no need to enter once again into the real history of events in Ukraine, Syria, Europe, Asia, Africa and all the places in the world where American and European meddling have wreaked havoc and loosed Chaos with the dogs of war. The history is well known by those who are interested. But there is a need to comprehend the meaning of what the United States is doing by announcing that it will increase its military budget for eastern Europe by 400%, from a current budget of $789 million to $3.4 billion in 2017. Since the Russians are not the threat in the region, but the United States and NATO are, the placement of military hardware to support a full armoured combat brigade in the region, and right on top of Russia’s borders can have only one other purpose, aggression.

Once can even argue that the pattern of moving equipment and forces continually nearer to Russia’s border, the continuous military exercises and their increasing control of the governments of the east European states in lockstep with this military build up, looks far too much like Nazi Germany’s build of forces prior to Operation Barbarossa, the Nazi invasion of the Soviet Union in 1941. History never repeats itself exactly, we have learned that much. But the overall pattern is very similar and the objectives and motivations remain the same.

The story also quoted American officials as stating that the equipment could be used in Syria, another threat to Russia. But the main threat is against Russia itself. Indeed the writers stated,

“Still, there is no doubt the primary target of the funding is Russia.”

The Times admits that the 1997 agreement known as the NATO-Russia Founding Act stipulates that neither side can place forces along their respective borders and admits that the deployment of American and NATO troops along Russia’s borders is a clear violation of the agreement. But, being the weasels that they are, they always state that wrong is right and so they simply deny they are in violation of the agreement or excuse it based on ”Russia’s incursion” into Crimea. This makes no sense of course since the United States took over Ukraine as its protectorate in the coup in 2014. Its forces have been there ever since and it has been in violation of the agreement from the day it was signed as NATO occupied, one by one, the countries formerly protected from NATO by the Soviet Union. The agreement means nothing to them. They just shrug their shoulders if it is mentioned and chew their gum.

Since the build-up of American forces in Europe is explicitly directed at Russia and since a few months ago an American general stated that they expected Russia to engage in “hybrid warfare” in the Baltic states and regard this as a “certainty” for which NATO has to prepare, an objective observer must ask whether the US itself intends to stage a series of provocations in the Baltic and blame them on Russia.

The Americans, British and Turks have created a series of provocations in the past weeks, accusing Russia of killing civilians in Syria, of violating Turkish, therefore NATO airspace, of murdering Russians abroad on the personal orders of President Putin, and as with other leaders they have attacked and murdered in the past, now accuse President Putin of corruption, a charge they levelled at President Milosevic when he was attacked and then finally arrested in Serbia.

This writer had the opportunity of meeting with Serbian officials who were in charge of the case against Milosevic at that time and I asked them if the corruption charges were true. They told me that they were completely false but that the Americans pushed them to charge Milosevic in order to undermine support for him in Serbia and as an excuse to hold him until they could kidnap him and take him in chains to their NATO tribunal in The Hague. They further told me that the Americans had threatened to bomb them again if they refused to cooperate.

The accusations made against President Putin are in line with this strategy of setting him up to be labelled in the west as a criminal with whom negotiations are impossible and therefore, setting the stage for sowing confusion amongst the Russian people about their own leaders, and undermining support for their government. But this is only one purpose and since the Russian people are very aware of how the game works, it is unlikely that this campaign of defamation against President Putin will have any success inside Russia. So, the primary objective is to demonise him in the eyes of the western public in order to justify further aggression against Russia and since these stories receive saturation coverage in the west, the NATO propagandists are succeeding.

It took nearly ten years for Operation Barbarossa to be set up and put into effect, from the time that Hitler was made Chancellor of Germany and began to discuss with the British and French his intentions of attacking the Soviet Union. The British and French were very content for the Nazis to do that and there is no doubt that the primary objective of Hitler was always the crushing of Russia. That the attack failed is one of the reasons the NATO leaders snubbed the Moscow Victory Parade last summer since they now identify themselves with the objectives of the defeated Nazi regime.

Some doubt that the NATO powers will actually attack Russia and risk a world war and point out that the forces being placed in eastern Europe are too weak to mount any attack. But they miss the point, which is that the build up is steady, and it is increasing, along with the propaganda and increased economic warfare. The Americans are really prepositioning resources, stores, equipment and headquarters and logistics bases that can be rapidly used to build up NATO forces at the right moment. The question is when that moment will be.

Unless the European powers can escape the American pressure and become independent states once again and unless a new regime dedicated to peace arises in the United States, neither of which look likely for the foreseeable future, it rests with us, the citizens of the world to get off our chairs and get on the streets and demand that these preparations for world war be stopped. For, unless that happens, the march to war by the Americans and their NATO lieutenants appears to be inexorable.


Christopher Black is an international criminal lawyer based in Toronto, he is a member of the Law Society of Upper Canada and he is known for a number of high-profile cases involving human rights and war crimes, especially for the online magazine “New Eastern Outlook”.




10 Febbraio? Terribilmente vicino a Carnevale...

1) Iniziative:
– UDINE 19/2: CHI HA PAURA DI "RESISTENZA STORICA"?
– PADOVA fino al 24/2: "TESTA PER DENTE. CRIMINI FASCISTI IN JUGOSLAVIA 1941-1945"
2) Sulle vergognose dichiarazioni del Direttore dell'IRSML–FVG, Roberto Spazzali
3) Dopo il divieto del convegno di Gorizia: ENRICO GHERGHETTA, ESEMPIO DI PULIZIA ETNICA
4) ATTACCO FRONTALE DA FASCISTI E FASSINO CONTRO L'ANPI A TORINO
5) Trieste, il carcere del Coroneo intitolato agli agenti di custodia infoibati... Ma chi erano?
6) 10 Febbraio a Basovizza: assieme a Cosolini e Serracchiani, labari e bandiere dei nazifascisti
7) Forsennata ricerca di una nuova foiba nel Goriziano... o forse no


Vedi anche:

Napoli. L'Assessore alla Cultura, Gaetano Daniele, scivola...sulle foibe! (Redazione Contropiano, 10 Febbraio 2016)
... Stamattina, nei pressi del Bosco di Capodimonte, l'Assessore Daniele, era presente alla posa di unalapide che "ricordava l'eccidio delle foibe" in compagnia di uno sparuto gruppetto di aderenti al nodo napoletano dell'organizzazione fascista Casa Pound...


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Venerdì, 19 febbraio 2016 

ore 17.30

Sala "Dante" presso l'Hotel Cristallo

Piazzale D'Annunzio, 43

UDINE


La casa editrice Kappa Vu vi invita alla conferenza-stampa


CHI HA PAURA DI "RESISTENZA STORICA"?


Con la partecipazione di Claudia Cernigoi, Marco Barone, Alessandra Kersevan


In questi giorni, in questi mesi, in questi anni, la Kappa Vu e molti Autori della collana Resistenza Storica, siamo oggetto sia sui giornali, sia sul web, di continue diffamazioni con l'epiteto di "negazionisti" o "riduzionisti" , per le nostre ricerche sulle vicende del confine orientale nel corso del '900.

La diffamazione nei nostri confronti si accompagna ad un attacco sempre più scoperto, ormai usuale in occasione del Giorno del Ricordo, contro i partigiani italiani, come sta succedendo ora contro la Divisione Garibaldi-Natisone e i suoi comandanti, Sasso e Vanni.

Durante la conferenza - che indirizziamo in particolare al mondo della stampa, ma a cui tutti sono invitati - metteremo in evidenza quali siano i principi storiografici che ispirano il lavoro di ricerca che come gruppo di Resistenza Storica abbiamo svolto in questi anni, dimostrando anche l'inconsistenza delle argomentazioni di coloro che vorrebbero impedirci di parlare.

La virulenza degli attacchi contro i nostri studi dimostrano che non si tratta soltanto di storia, ma che si sta giocando una partita legata all'attualità , attraverso la riduzione di fatto della libertà  di parola, il restringimento degli spazi di democrazia, l'abitudine al conformismo, la costrizione al pensiero unico dominante. Non solo in quanto ricercatori storici, ma in quanto cittadini italiani ne siamo fortemente preoccupati.

Per tutti questi motivi, pensiamo che discuterne sia importante e vi invitiamo caldamente a partecipare.



Udine, 17 febbraio 2016
Per Kappa Vu edizioni
Alessandra Kersevan


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PADOVA da mercoledì 10 (dalle 19) a mercoledì 24 febbraio 2016
all'interno della Marzolo Occupata, Via Marzolo 4, rione Portello

sarà in esposizione la mostra in 18 pannelli 

"Testa per dente. Crimini fascisti in Jugoslavia 1941-1945" 

curata da Pol Vice.

Dal sito Dieci Febbraio 1947 http://www.diecifebbraio.info/testa-per-dente/
"(...) Sta dilagando, sotto l’ambiguo nome di revisionismo, la sistematica manipolazione dei fatti (negati, inventati, destrutturati ecc., a seconda dei casi), nel tentativo, tutto politico, di sostituire alla storiografia scientifica e critica una mitologia utile a garantire il consenso sociale intorno ai gruppi dominanti, specie in periodi di crisi come l’attuale. Si sa, questi metodi sono antichi; ma oggi la loro efficacia è legata all’uso monopolistico delle tecnologie mediatiche, vere armi di distrazione di massa delle intelligenze e della coscienza civile. Questa mostra vuol essere un passo (piccolo ma, speriamo, significativo) nella direzione opposta: aiutare gli italiani di oggi a imparare dalla storia per non ripetere gli stessi errori, e a recuperare quei valori della Resistenza antifascista che (al di là della retorica ufficiale) non sono mai stati realmente e coerentemente perseguiti dalla classe di governo – a partire dai mancati processi ai criminali di guerra; passando per i segreti sulle stragi di Stato, sui tentativi golpisti, sulle infiltrazioni mafiose; fino allo “svuotamento” (sostanziale prima che formale) della stessa Costituzione (divisione dei poteri, ripudio della guerra, diritti del lavoro, giustizia sociale, difesa ambientale ecc.): oggi lo Stato è sottoposto di fatto alle “leggi del mercato”, con evidenti pericoli di degenerazione autoritaria. Ma le vere risposte potranno darle solo le lotte. Sarà bene precisare che nella mostra non c’è nulla che possa essere paragonato a una “fiction”: l’impatto emotivo di alcuni contenuti è legato esclusivamente alla loro funzione documentaria. Le immagini e alcuni testi («in corsivo») sono tratti da pubblicazioni e documenti originali dell’epoca. Senza pretendere una completezza e una profondità di analisi impossibili da ottenere con un tale mezzo divulgativo, la cura nella ricerca e nella scelta del materiale è tale da non temere critiche fondate sul piano storico e metodologico. Per verifiche, consultazioni e approfondimenti sono disponibili l’elenco puntuale delle fonti e un’ampia bibliografia. Pol Vice". 

Evento facebook: https://www.facebook.com/events/1534965006796111/


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Vedi anche:

Roberto Spazzali: «Gli istriani difendevano la patria. I migranti invece sono codardi»
http://www.ilgiornale.it/news/politica/istriani-difendevano-patria-i-profughi-invece-scappano-solo-1220213.html

Foibe, il ricordo a Bondeno. Spazzali: “Autodifesa è dovere”
http://www.estense.com/?p=525479

Se questo è un direttore di istituto storico della Resistenza. Roberto Spazzali e i guasti da «Giorno del Ricordo» (di Nicoletta Bourbaki / Giap, 11/2/2016)
Martedì 9 febbraio 2016, vigilia del Giorno del Ricordo 2016. Mentre stiamo ultimando l’articolo che state per leggere, Roberto Spazzali, direttore dell’Istituto Regionale per la Storia del Movimento di Liberazione del Friuli Venezia Giulia (Irsml-FVG), travolto dalle critiche per certe sue esternazioni di qualche giorno prima, chiede scusa pubblicamente...

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Fonte: pagina facebook "Irsml FVG", 9.2.2016
https://www.facebook.com/Irsml/posts/952545424798879

COMUNICATO STAMPA
In merito alle polemiche recentemente comparse, Roberto Spazzali riconosce di avere pronunciato una frase inopportuna che gravemente offende le condizioni di chi oggi fugge dalla morte. E se ne scusa.
Il Direttivo dell’Istituto regionale per la storia del movimento di liberazione nel Friuli Venezia Giulia, riunitosi il 9 febbraio 2016, prende atto delle dichiarazioni di Roberto Spazzali e si rammarica per una affermazione che non corrisponde alla linea culturale e ai valori coerentemente espressi nel tempo dall’Istituto stesso. Del pari si duole della strumentalizzazione che ne è sorta a più livelli.
Il presidente
Anna Maria Vinci

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http://www.italia-resistenza.it/in_evidenza/dichiarazione-del-cda-insmli-1936/

Dichiarazione del CdA INSMLI


16/2/2016

In seguito alle polemiche suscitate dall’intervento del direttore dell’Istituto regionale per la storia del movimento di liberazione nel Friuli Venezia Giulia (IRSML), Roberto Spazzali, pubblicato sul sito «ilgiornale.it», il Consiglio di Amministrazione dell’INSMLI ritiene di doversi dissociare totalmente e profondamente dalle parole espresse. Compiere un confronto e un paragone tra i rifugiati che giungono a centinaia di migliaia in questi mesi in Europa per sfuggire a guerre e crimini contro l’umanità e gli esuli che fuggirono dalla Jugoslavia nell’immediato dopoguerra, è un nonsenso storiografico. Ogni vicenda storica ha le sue premesse e le sue condizioni di svolgimento. Però imputare ai rifugiati di oggi di essere codardi e di non saper difendere le proprie terre è, oltre che un tesi storicamente insostenibile, un’offesa al senso di giustizia e di umanità. E’ improprio, antistorico e inaccettabile risuscitare fantasmi di irredentismi, nazionalismi e contese territoriali, in un mondo globalizzato in cui i fenomeni di migrazione di massa traggono origine da tragici conflitti armati, non solo locali, e da condizioni estreme di povertà e di disuguaglianza.
Il Comune di Trieste e la Regione Friuli Venezia Giulia sono stati e sono in prima fila per approntare, nei confronti dei rifugiati dalla Siria e dai conflitti mediorientali e dei migranti più in generale, politiche di accoglienza e di integrazione che sono spesso da prendere a modello. Comprendere le ragioni storiche e politiche di questo esodo massiccio e tragico che sta mettendo in crisi gli stessi equilibri europei è un compito che gli Istituti del movimento di liberazione possono e debbono portare avanti insieme alla loro molteplice attività.
Pur essendo evidente che, come quasi ogni anno, in occasione della Giornata del ricordo ci sia chi intende strumentalizzare quella data per le proprie polemiche politiche e ideologiche, occorre riconoscere che frasi come quella pronunciata da Spazzali sembrano fatte apposta per favorire strumentalizzazioni e polemiche. L’IRSML ha meritoriamente affrontato per anni la questione delle foibe e della violenza attorno al confine orientale italiano ed è quindi evidente che l’attenzione su quanto pensano e dicono i suoi organi dirigenti è maggiore, attorno al 10 febbraio, Giornata del ricordo, di quanto non sia altrove o in altri momenti. Ma maggiore è anche la sua responsabilità nel favorire una conoscenza storica e un dibattito che, sulla base di un riconoscimento delle verità storiche, anche le più scomode e in passato spesso neglette, possa favorire la crescita di una coscienza storica e civile soprattutto tra le giovani generazioni.
Il CdA è certo che gli organi dirigenti dell’IRSML saranno in grado di rispondere con chiarezza alle polemiche suscitate e di prendere le misure necessarie perché venga riaffermata, nell’autonomia e nella libertà che è propria di ognuno, la linea storiografica e culturale che è patrimonio di tutta la rete degli Istituti della Resistenza. Auspica che l’IRSML possa intensificare la collaborazione con gli altri istituti di ricerca storica della regione e con le università presenti sul territorio e nei vicini paesi di confine, per continuare a essere un punto di riferimento per giovani ricercatori, studiosi, insegnanti e studenti in un clima di collaborazione e di approfondimento dei tanti temi e problemi storici ancora aperti o che meritano di venire studiati e divulgati.


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Sulla vicenda della negazione della sala per il convegno di "Resistenza Storica" a Gorizia si veda alla pagina
http://www.diecifebbraio.info/2016/02/gorizia-1022016-11-anni-di-giorno-del-ricordo/

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Fonte: pagina FB di Marco Barone, 10.2.2016:
 
Grazie a tutte e tutti per la solidarietà e partecipazione! 
Ha fatto il giro della rete in fretta ed in furia il caso della revoca della sala da parte della Provincia di Gorizia. Decisione unilaterale del Presidente. Sala revocata a storici, studiosi, antifascisti che, muovendosi all'interno dei parametri della Legge sul giorno del ricordo, volevano parlare delle vicende complesse del confine orientale, e di tutto ciò che vi è connesso su questo giorno. Una delle cose che ha fatto più male, se non rabbia, è stato l'esempio posto in essere da parte del Presidente della Provincia di Gorizia, per giustificare e motivare la mancata concessione della sala: " È come se il giorno della memoria dell'olocausto concedessi una sala pubblica a chi lo nega". Come se fossimo dei nazisti che negano l'olocausto. Ragionamento che si pone in linea con quello fatto dal Presidente della Lega Nazionale di Gorizia, quando ha scritto, a proposito di questo caso che:"Cosa penseresti di una conferenza di Casa Pound il 25 Aprile?". Penso che non sono due cose paragonabili, due opposti enormi ed estremi. Presso il locale Aenigma di Gorizia si è svolta una partecipata assemblea. Si è parlato del giorno del ricordo, sono state smontate tutte le falsità e menzogne che ruotano in questo giorno e rinviando ad un convegno più grande ed importante che si svolgerà prossimamente a #Gorizia. La solidarietà che è pervenuta è stata importante e continua. Quanto accaduto a Gorizia avrà delle inevitabili ripercussioni politiche, e non solo. Non si può continuare a stare con un piede in due scarpe. La storia è una cosa seria, l'antifascismo pure. Si deve scegliere da che parte stare. E se il sedere sulla poltrona viene reputato più importante, ciò avrà ovviamente delle ovvie conseguenze.Oggi a Gorizia è stata data la migliore risposta a chi continua ad attaccare quella voce che nuoce al nazionalismo nostrano, questa risposta è stata la solidarietà, pervenuta da tutta Italia, ed una sala piena di persone e contenuti, in questo 10 febbraio del 2016 in una Gorizia dove la democrazia è stata sospesa. Ci potete anche togliere le sale, ma non il diritto di parlare, ed oggi, nonostante il tutto, abbiamo parlato. mb

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Ecco cosa scrive il Presidente della Provincia di Gorizia il 9 febbraio 2016 (fonte
https://www.facebook.com/enrico.gherghetta/posts/10208757420523663):

"Vorrei occuparmi di altro, ma visto che qualcuno fa disinformazione, chiarisco perché oggi ho negato la sala di Palazzo Attems per domani a una iniziativa negazionista sulle foibe.
Cominciamo con ricordare che..
《Il Giorno del ricordo è una solennità civile nazionale italiana, celebrata il 10 febbraio di ogni anno. Istituita con la legge 30 marzo2004 n. 92[1] essa vuole conservare e rinnovare «la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell'esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale》. (da Wikipedia)
Questo significa che il 10 febbraio si ricordano le foibe per legge dello stato italiano. Questo è un obbligo di tutte le istituzioni. Non a caso domani mattina sarò alle 11 a Monfalcone e poi nel pomeriggio a Gorizia, non a titolo personale ma come Presidente della Provincia. Ci sarei cmq andato anche a titolo personale perché mio nonno, Antonio Stefanini è stato prelevato e fatto sparire a Fiume il 8 maggio 1945.
Detto questo, preciso che le sale pubbliche sono un bene collettivo di tutta la comunità, e in questo senso, da quando ci sono io, vengono date a chiunque ne faccia richiesta senza esprimermi sulla condivisione delle singole iniziative. Il patrocinio viene invece dato solo a ciò che si condivide.
Nel caso in questione è lapalissiano che il giorno del ricordo previsto per legge non possa concedere una sala pubblica a chi nega la legge. 
È come se il giorno della memoria dell'olocausto concedessi una sala pubblica a chi lo nega.
Oltre a una evidente sensibilità politica che rispetta le memorie esiste un dovere istituzionale che non a caso il parlamento ha stabilito con legge.
Questo vuol dire che la sala pubblica sarà disponibile per chi vuole negare le foibe in uno degli altri 364 giorni dell'anno. Ma non il 10 febbraio.
D'altra parte se hanno una verità storica con fondamento, essa sarà valida anche il giorno dopo.
Abbiamo sempre fatto così con tutti e ogni altra considerazione è inutile. Mi auguro che i promotori rifacciano la domanda e avranno la sala, come tutti.
PS visto che non è mio costume nascondermi dietro un dito, dico anche della iniziativa in questione non condivido nulla."

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ENRICO GHERGHETTA, ESEMPIO DI PULIZIA ETNICA

Il comunicato di Gherghetta richiede una risposta ponderata ed organica, che stiamo elaborando.
Ma vorremmo fare intanto solo un paio di osservazioni. Egli parla di un nonno "infoibato" a Fiume nel maggio 1945, Antonio Stefanini. Ma questo nome non risulta in alcun elenco di scomparsi (neppure Wikipedia, che il presidente usa come gazzetta ufficiale).
Secondo punto. Gherghetta, che avrebbe avuto il nonno "infoibato" e sostiene la (fallace) teoria della "vera e propria pulizia etnica" che avrebbe colpito gli italiani in Jugoslavia, è nato a Fiume nel 1957 (segno che i suoi genitori vi sono vissuti serenamente almeno per dodici anni dopo la fine della guerra) ed è venuto in Italia dopo. 
Citando l'enciclopedia Treccani (più qualificata che non Wikipedia, che peraltro cita questa definizione) leggiamo la definizione di "pulizia etnica".
- Programma di eliminazione delle minoranze, realizzato attraverso il loro allontanamento coatto o ricorrendo ad atti di aggressione militare e di violenza, per salvaguardare l’identità e la purezza di un gruppo etnico -. 
Gherghetta è la prova vivente che in Jugoslavia non vi fu una pulizia etnica nei confronti della popolazione di lingua italiana. Altrimenti lui non sarebbe nato a Fiume, ma in Italia.

Claudia Cernigoi
10 Febbraio 2016


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ATTACCO FRONTALE DA FASCISTI E FASSINO CONTRO L'ANPI A TORINO

http://www.lastampa.it/2016/02/10/cronaca/fassino-vergognoso-lattacco-dellanpi-alla-giornata-del-ricordo-EWPD3Zkk3RCvTFpI7pF76O/pagina.html

Foibe, esuli contro partigiani: “Denigrano il nostro dramma”

Fassino: “Chi nega distorce i fatti compie un errore inaccettabile”

10/02/2016
ROBERTO TRAVAN

TORINO – «Nessuna interpretazione può cambiare i fatti: chi nega o cerca delle giustificazioni al dramma delle foibe e dell’esodo istriano, compie un errore inaccettabile». Non ha lasciato spazio il sindaco Fassino agli attacchi che puntuali, anche quest’anno hanno cercato di inquinare il «Giorno del ricordo».  
Fassino si è accodato con queste parole all’allarme lanciato da Antonio Vatta, presidente della Consulta regionale dell’Anvgd - l’Associazione che raccoglie in Piemonte gli esuli istriani. Che ieri mattina al Cimitero Monumentale (e poi in Sala Rossa), nella giornata dedicata agli italiani massacrati o costretti alla fuga dai partigiani jugoslavi di Tito, ha accusato i membri dell’Anpi di «aver avviato una dolorosa e ingiustificata campagna denigratoria, organizzando convegni e diffondendo documenti in cui negano il dramma che colpì la nostra gente alla fine della Seconda guerra mondiale».  
Vatta, 81 anni - a Torino dal 1951 dopo aver girovagato 12 anni nei campi profughi sparsi in Italia - nella cerimonia al Cimitero Monumentale non ha usato giri di parole. «Si continua ad offendere la memoria di chi ha pagato il prezzo più alto nel dopoguerra: perché noi abbiamo perso tutto e solo recentemente ci è stato restituito il diritto di ricordare alla luce del sole il nostro dramma». Vatta ha poi denunciato pubblicamente «il tentativo vergognoso dell’Anpi di negare quanto è accaduto in Istria, a Fiume e in Dalmazia: trecentomila persone costrette ad abbandonare terre abitate da generazioni. E altre migliaia barbaramente trucidate». Infine l’affondo: «È ora di finirla con chi riscrive la storia o la nega. Abitavamo quelle terre pacificamente da sempre, e non eravamo fascisti: dopo 70 anni sentirci dire ancora certe cose ci rattrista e ci preoccupa».  
Fassino ha sottolineato che «siamo qui per riaffermare l’inaccettabilità di ogni forma di negazionismo e di riscrittura della storia. E per riaffermare che al ricordo si deve accompagnare l’impegno di evitare che tragedie simili si ripetano, cosa non scontata come dimostra la storia recente».  
Il sindaco di Torino ha ribadito che dopo anni di silenzio «si è presa coscienza che una nazione ha il dovere di assumere sulle proprie spalle ogni pagina della sua storia e non c’è pagina che possa esser cancellata e negata. Chi fu ucciso nelle foibe e chi fu cacciato dalla sua terra lo fu solo perché italiano in quella che fu un’operazione di pulizia etnica»  

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<< Nel lontano 1997, quando ancora erano pochi coloro che si occupavano di foibe, ebbi modo di consegnare personalmente all'allora non so che ruolo ricopriva Piero Fassino, una mia analisi sulle falsità a proposito di foibe diffuse all'epoca dal mancato golpista (con Borghese) Marco Pirina, che in collaborazione con l'avvocato piduista Augusto Sinagra ed al magistrato che si faceva intervistare dal Secolo d'Italia Giuseppe Pititto, stava organizzando il processo contro gli "infoibatori" (poi conclusosi in una bolla di sapone, com'era prevedibile, ma che ci fece tribolare per diversi anni). Quindi Fassino non può dire di non sapere, ciò che fa lo fa perché ha consapevolmente scelto di farlo. >>

Claudia Cernigoi, 12.2.2016

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Fonte: pagina FB "Dieci Febbraio", 12.2.2016
https://www.facebook.com/diecifebbraio1947/posts/1677459949195463

Accade a Torino che il Presidente regionale dell'Anvgd, Antonio Vatta, attacchi l'Anpi. 
Si scopre poi che suo nipote, Luigi Vatta, è stato candidato e legale per Casa Pound ed è autore di libri presentati alla sede dell'Anvgd con lo zio Antonio (nella foto sono il terzo e il quarto).
http://www.anvgd.com/public/anvgd/Image/Luigi%20Vatta%20Fiume%202.jpg

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Fonte: http://www.anpitorino.it

COMUNICATO STAMPA

Spiace constatare come la celebrazione del Giorno del Ricordo a Torino si presenti con un attacco all’ANPI, come se questa Associazione fosse responsabile di quella terribile situazione sul Confine Orientale. 
E’ merito dell’ANPI semmai condurre un lavoro di riflessione e ricerca per approfondire responsabilità, cause ed eventi. E’ improprio che una riflessione sia vista come campagna di denigrazione.
Nessuno nega il dramma di quelle terre di confine, ma proprio per questo la storia non va riscritta da un solo punto di vista, per cui da alcuni anni l’ANPI, come altri soggetti, cerca di evitare semplificazioni e falsità.
Alla Città di Torino chiediamo di favorire commemorazioni che mettano a confronto più voci, perché il Giorno del Ricordo non può essere appannaggio dell’Associazione degli Esuli Istriani, come non devono esserci attacchi che ne inquinino il significato.
Aver sfruttato questa giornata per un improprio e ingiustificato attacco all’ANPI, non fa onore alla necessità che la memoria sia giusta e utile a superare equivoci e contrapposizioni.
La Presidenza ANPI Provinciale Torino
Torino, 11/02/2016

Comunicato della sezione Anpi V^ Riunite: http://www.anpitorino.it/sezioni/V%20Cicoscr/Comunicato%20della%20sezione%20%20ANPI%20V%20RIUNITE%20TORINO.pdf
Corriere della Sera del 19 gennaio 1944: http://www.anpitorino.it/documenti/Giorno%20Ricordo%20Corriere%20della%20Sera%2019-01-1944.jpg


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http://ilpiccolo.gelocal.it/trieste/cronaca/2016/02/11/news/il-carcere-del-coroneo-intitolato-agli-agenti-di-custodia-infoibati-1.12943236

Il carcere del Coroneo intitolato agli agenti di custodia infoibati

11 febbraio 2016 – Le carceri del Coroneo di Trieste saranno intitolate alla memoria del comandante Ernesto Mari e degli agenti di custodia in forza alle carceri giudiziarie Angiolo Bigazzi e Filippo Del Papa, che il 24 maggio del 1945 furono trucidati e infoibati nella cavità Plutone di Basovizza. A renderlo noto è Paolo Sardos Albertini, presidente della Lega Nazionale e del Comitato per i martiri delle foibe nel corso del suo intervento durante la commemorazione del Giorno del ricordo.
Sardos Albertini ha espresso «soddisfazione per questa decisione, oltre che per la recente modifica alla legge con la quale sono stati ampliati i termini per la richiesta del riconoscimento ai familiari degli infoibati, in precedenza fissati in dieci anni».
Presenti alla cerimonia della foiba di Basovizza, i rappresentanti delle Associazioni degli esuli. (...)
Infine, gli interventi del capogruppo del Partito democratico alla Camera dei deputati Ettore Rosato, per il quale «l’Italia esce dall’oblio per prendere consapevolezza di un passaggio drammatico e per troppo tempo ignorato della propria storia» e della deputata di Forza Italia Sandra Savino che ha posto l’accento sui «terribili crimini dei titini perpetrati a guerra conclusa: un eccidio tenuto a lungo nascosto e sottaciuto».(p. pit.)


Fonte: pagina FB de "La Nuova Alabarda", 12.2.2016
https://www.facebook.com/LaNuovaAlabarda/posts/351571285013444

IL CARCERE DEL CORONEO DEDICATO AGLI AGENTI DI CUSTODIA INFOIBATI

Ernesto Mari, Angelo Bigazzi e Filippo Del Papa furono "infoibati" nell'abisso Plutone da un gruppo di criminali comuni infiltratisi nella Guardia del popolo al momento dell'insurrezione. Il gruppo fu scoperto dalle autorità jugoslave ed i responsabili arrestati: il compianto, solerte, pseudoricercatore storico Marco Pirina (reduce dal fallito golpe di Junio Valerio Borghese) aveva superato se stesso mettendo questi nominativi sia nell'elenco degli aguzzini in quanto facevano parte della Guardia del popolo, sia nell'elenco degli "infoibati" in quanto arrestati dagli Jugoslavi e condotti a Lubiana per essere processati.
Ma vediamo le limpide figure di coloro ai quali sarà intitolato il carcere cittadino.
Nel maggio ’45 gli agenti di custodia Giuseppe Rovello e Paolo Lopolito denunciarono alle autorità jugoslave Angelo Bigazzi ed Ernesto Mari (comandante del corpo degli agenti di custodia del Coroneo) come responsabili di internamenti in Germania di altri agenti di custodia e perciò furono successivamente accusati di avere provocato arbitrariamente l’arresto dei loro superiori; furono giudicati ed infine assolti il 7/5/47 dalla Sezione Istruttoria della Corte d’Appello di Trieste. Dopo i recuperi dalla foiba Plutone, la vedova di Mari presentò un altro esposto contro i due, ed un nuovo processo fu celebrato nel ‘49 dal Tribunale Militare di Padova. La sentenza del 25/10/49 assolse i due imputati «in ordine al reato di concorso in insubordinazione con omicidio (…) per non aver commesso il fatto». Ambedue le sentenze riconoscono che «l’autorità militare jugoslava dette riconoscimento al Corpo delle Guardie del popolo, i cui componenti divennero così pubblici ufficiali – il 12 maggio 1945 – e che proprio in tal giorno vennero arrestati Mari e Bigazzi, onde solo per gli arresti eseguiti nei giorni precedenti si può parlare di illegittimità» (Sentenza Tribunale Militare di Padova d.d. 10/11/49).
Tra le circa 300 lettere scritte da vari cittadini alle autorità jugoslave nel maggio ‘45 per chiedere la liberazione di civili e militari arrestati, c’è un’unica segnalazione che non dice bene della persona cui si riferisce, anzi: «Il sig. Bigazzi per conto mio deve rimanere al lavoro perche (sic) squadrista». Firmato «Bembo Renato, già detenuto politico SS» (In Archivio di Roman Pahor, OZZ NOB 23). 
Lopolito, denunciato nel 1944 per indisciplina alle autorità germaniche da Bigazzi e Mari, presentò una memoria nella quale asseriva che mentre era agli arresti per indisciplina «il Sottocapo Bigazzi andò a visitarlo più volte per dirgli che, come vedeva, aveva mantenuto la parola d’inviarlo in Germania, e che Mari la sera precedente la partenza» gli disse: “Come vedi ti ho fatto seguire la via dell’agente Leone (Salvatore Leone fu deportato a Buchenwald dove rimase 18 mesi; presentò una denuncia contro chi riteneva responsabili del suo arresto, tra i quali Mari, conservata in AS 1827 F 871/I, n.d.a.): domani partirai per la Germania”». 
Prosegue la sentenza: «il 18 agosto effettivamente Lopolito veniva deportato e dopo avere subito maltrattamenti e digiuno al campo di concentramento, poté rientrare a Trieste, nei primi del maggio 1945 in miserevoli condizioni. Nessun dubbio pertanto nel Lopolito che causa delle sue sofferenze fossero stati proprio Mari e Bigazzi».
Inoltre si legge che alla vedova dell’agente Tafuro, che era stato deportato in Germania, era stato detto, il 27/4/45 che il marito stava per tornare ed allora «era andata a pregare il Mari stesso perché intervenisse con la sua opera per far tornare suo marito. A tale preghiera il Mari dichiarò che aveva fatto quanto era nelle sue possibilità e che pertanto non poteva più far nulla, che nessuna colpa egli aveva dell’internamento; e poiché la Tafuro, disperata, alzò il tono di voce egli, prendendola per un braccio la minacciò: “stia zitta, che se no, la faccio finire in Germania anche lei”». Lo stesso giorno la donna ricevette la comunicazione che il marito era morto in Germania il 3 marzo; fu per questo motivo che alcuni giorni dopo si consultò con Rovello e sporse denuncia contro Mari.


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Fonte: pagina FB de "La Nuova Alabarda", 12.2.2016
https://www.facebook.com/LaNuovaAlabarda/photos/a.115168005320441.1073741826.115049368665638/351486738355232/?type=3
 
IL GIORNO DEL RICORDO CHE PIACE ALLE ISTITUZIONI

Nella foto sotto, tratta dalla pagina del Primorski Dnevnik (http://www.primorski.it/stories/trst/252903_faistini_simboli_v_bazovici/#.VrzZrvnhCM8) si vedono, nel corso della cerimonia ufficiale presso la foiba di Basovizza (dove, ricordiamo, l'unico "infoibato" fu un torturatore al servizio del nazifascismo) alla presenza della autorità civili e militari, sindaco Cosolini e governante (governatrice ci pare pacchiano) Serracchiani in testa, esposti nell'ordine i seguenti labari e bandiere.
Alpini Tagliamento (reparto autonomo della RSI); Decima Mas (conosciuta, si spera); bandiera ufficiale della RSI con l'aquila di Salò; seminascosto il labaro dell'Arma Milizia (rappresentante di tutti i corpi armati fascisti oggi fuorilegge).
La bandiera tricolore con simbolo giallo, essendo poco visibile, non l'abbiamo identificata, ma dovrebbe essa pure appartenere alla RSI.

Ecco spiegato il motivo per cui qualcuno viene tacciato di "negazionista": perché talune istituzioni di questa repubblica hanno evidentemente deciso di violare sistematicamente le leggi che vietano l'apologia del fascismo.


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Forsennata ricerca di una nuova foiba nel Goriziano... o forse no

Fonte: Il Messaggero Veneto, 16.2.2016

TITOLO: «A giorni le indicazioni per trovare la foiba»
OCCHIELLO: Il presidente della Lega Nazionale di Gorizia conferma le anticipazioni. Nel documento rimasto segreto si indicano anche i responsabili della strage

di Giulia Zanello – «Stiamo facendo riferimento a un documento di massima ufficialità e attendibilità, secretato da settant’anni nell’archivio del ministero degli Affari esteri. E sì, si può parlare di foiba, perché il terreno individuato è roccioso. Entro la fine di questa settimana o nei primi giorni della successiva sarà svelato il punto preciso». Il presidente della Lega Nazionale di Gorizia, Luca Urizio, replica con queste parole al presidente dell’Anpi provinciale, Dino Spanghero, intervenuto domenica, durante la cerimonia di commemorazione dei 23 partigiani fucilati l’11 febbraio davanti al cimitero di San Vito, sul caso scoppiato sulla presunta esistenza di una foiba nella zona di Rosazzo. Un incartamento che “pesa”, dunque, secondo Urizio, che arriva dalla Farnesina e indica che nella zona rocciosa, situata nel cuore dei Colli Orientali a cavallo tra le province di Udine e Gorizia, sarebbero state gettate, nel 1945, tra le duecento e le ottocento persone. Ma il giallo potrebbe essere presto risolto. «Finora sono stato molto vago perché le autorità mi hanno chiesto di mantenere il massimo riserbo - precisa Urizio -. Le indagini (che vedono collaborare i carabinieri della Compagnia di Palmanova, ndr) sono in corso e spero al più presto di poter fornire informazioni più dettagliate in merito al punto esatto. È questione di giorni». (...)

DUE GIORNI DOPO IL TITOLO ONLINE VIENE CAMBIATO E L'ARTICOLO MODIFICATO: La Lega Nazionale: "A giorni le indicazioni per trovare la foiba di Manzano"» [SIC - hanno cambiato zona...]

di Giulia Zanello – ...

ALTRO PEZZO – TITOLO: Il figlio di “Annibale”: non ne abbiamo mai sentito parlare
OCCHIELLO: Vanni Donato: le informative non hanno fondamento di verità. «Dubito che mio padre si sia portato nella tomba un segreto così»

di Davide Vicedomini – «Mio padre non mi ha mai parlato di una fossa comune a Rosazzo. E anche mia madre, che tuttora ha 97 anni, è rimasta colpita da questa notizia. Stento a credere che papà si sia portato nella tomba un segreto del genere». Vanni Donato è il figlio di Dante, nome di battaglia “Annibale”. Dante viene citato nell’incartamento della Farnesina come persona informata dei fatti della “presunta foiba” nel cuore del Collio dove sarebbero sepolte tra le «200 e le 800 persone». (...) «Essendo comandante degli Osovani e sindaco in pectore, visto che di lì a qualche mese avrebbe guidato il paese, probabilmente qualcuno lo riteneva una persona informata dei fatti. Ma, ve lo posso assicurare, che di un simile massacro non ho mai sentito parlare in casa. Me lo sarei ricordato, eccome, a meno che qualcuno non abbia ritenuto il caso di tenere lontani da queste notizie me e mio fratello, essendo piccoli». Vanni comunque un’idea se l’è fatta di tutta la vicenda. «Ho lavorato nell’esercito – conclude – e quel documento è un’informativa. E le informative sono un classico “si dice per sentire dire”. Non hanno alcun fondamento di verità».