Informazione

[In Serbia - ci hanno detto - dall'ottobre del 2000 c'e' la
democrazia. Chi volesse capire meglio in cosa consiste questa
democrazia puo' seguire in questi giorni la campagna elettorale per le
presidenziali.
Due sono i candidati in lizza con qualche chance di vittoria.
L'uno - Vojislav Kostunica - e' gia' presidente della Federazione:
percio', e' come se un Presidente degli Stati Uniti, mentre e' in
carica, si candidasse a governatore dell'Alabama. In effetti,
Kostunica e' l'unico uomo della attuale maggioranza di governo in
grado di apparire in maniera appena decorosa agli occhi della
popolazione: sa usare all'occorrenza toni critici verso l'Occidente e
verso le micidiali "riforme" ultraliberiste; nel "gioco delle parti"
con il premier Djindjic recita il ruolo dell'"onesto", benche' alle
sue parole non seguano mai atti coerenti - ricordiamo ad esempio la
vicenda della consegna di Milosevic alla Royal Air Force. In sostanza
Kostunica, dopo essere stato "cavallo di Troja" di Djindjic
nell'ottobre 2000, riveste tuttora il ruolo di luccicante "specchietto
per le allodole" del regime.
L'altro candidato, Vojislav Seselj, e' pure lui di destra ed usa pure
lui toni critici nei confronti del governo; ma - a differenza di
Kostunica - anti-occidentale ed anti-liberista lo e' per davvero.
Seselj e' rimasto tra i pochi uomini politici "in vista" in una
opposizione che dall'ottobre 2000 ha subito colpi micidiali. Dopo la
quasi-sparizione della JUL - colpita pesantemente, tra l'altro, dalle
violenze squadristiche di "Otpor" ed affini - e dopo l'aggravarsi
della crisi nel Partito Socialista Serbo - che nel primo "round" delle
presidenziali si era persino diviso sul candidato, e che oggi versando
in una paurosa crisi finanziaria non dispone nemmeno piu' di un suo
sito internet -, la vecchia coalizione "patriottica" di
sinistra-destra deve fare affidamento sul leader del Partito Radicale
Serbo. Seselj ha ottime chance di vincere, perche' la popolazione e'
giustamente stufa ed indignata per la situazione in cui versa il paese
per colpa della attuale classe dirigente "quisling".
In "democrazia" si pone allora il problema: come evitare questo
rischio? Si, perche' in Serbia non si puo' mica fare come in Francia o
in Austria o in Italia, dove esponenti di ultradestra come Le Pen,
Haider o Bossi si candidano e magari vanno pure al governo... No: In
Serbia bisogna evitare un "testa a testa" tra i candidati, se
possibile. Come evitare che Seselj arrivi in fondo alla competizione
elettorale? Tra i tanti metodi applicabili, quello di cui parlano le
cronache di questi giorni e' piuttosto drastico: si minaccia di
arrestare Seselj, il candidato dell'opposizione. Per fortuna siamo in
"democrazia", e la "democrazia" va difesa a tutti i costi:
democraticamente o meno. (I.Slavo)]

SERBIA: PRESIDENZIALI, SESELJ PRESTO FUORI GIOCO DICE COVIC

(ANSA) - BELGRADO, 20 NOV - Il leader ultranazionalista Vojislav
Seselj, candidato alle elezioni presidenziali serbe dell'8 dicembre,
non ha speranze di venire eletto anche perche' ''viaggera'
probabilmente molto presto'', ha detto il vicepremier serbo
responsabile per la questione kosovara Nebojsa Covic. L'allusione era
all'inchiesta che il Tribunale penale internazionale sta conducendo,
secondo indiscrezioni dello stesso Tpi, nei confronti di Seselj.
Stando a Covic, Seselj ''viaggera' probabilmente molto presto, e credo
che cio' sia necessario perche' la gente torni in se' (il leader
ultranazionalista aveva ottenuto un sorprendente 23,24% di consensi
nel primo turno delle elezioni presidenziali fallite in autunno) e
sappia cosa ha fatto quell'uomo dal curriculum vitae incredibilmente
interessante''. Seselj e' uno dei tre candidati alla poltrona di
presidente serbo, assieme all'attuale presidente jugoslavo Vojislav
Kostunica e a Borislav Pelevic, leader del Partito dell'unita' del
defunto comandante paramilitare Zeliko 'Arkan' Raznatovic. (ANSA). OT
20/11/2002 12:24
http://www.ansa.it/balcani/jugoslavia/20021120122432391890.html

JUGOSLAVIA: TPI; PRESTO TOCCA A SESELJ, CAPO ONG

(ANSA) - BELGRADO, 21 NOV - Il Tribunale penale internazionale per i
crimini di guerra nella ex Jugoslavia starebbe preparando
incriminazioni nei confronti del leader ultranazionalista Vojslav
Seselj, candidato alle elezioni presidenziali serbe dell'8 dicembre,
dell'ex capo dei servizi di sicurezza Jovica Stanisic e dell'ex capo
di stato maggiore Nebojsa Pavkovic: lo ha detto Sonja Biserko, capo
del locale Comitato di Helsinki per i diritti umani. ''Ci aspettiamo
una incriminazione nei confronti di Stanisic - ha detto Biserko -
perche' il suo nome e' fatto spesso all'Aja (nel processo in corso
contro l'ex presidente jugoslavo Slobodan Milosevic, ndr). Quanto a
Seselj, l'incriminazione e' da tempo in preparazione, e Pavkovic e'
stato attivamente coinvolto nelle vicende del Kosovo''. La visita di
ieri a Belgrado del procuratore generale del Tpi Carla Del Ponte ha
rilanciato le voci di nuove incriminazioni in arrivo in Serbia. Fra i
nomi apparsi sugli organi di stampa, oltre a quelli citati dalla
signora Biserko, c'e' quello di un altro candidato alle elezioni
dell'8 dicembre, Borislav Pelevic, leader del Partito dell'unita' del
defunto comandante paramilitare Zeljko Arkan Raznatovic. (ANSA). OT
21/11/2002 15:13
http://www.ansa.it/balcani/jugoslavia/20021121151332393317.html

SERBIA: ELEZIONI, RINVIO INCOSTITUZIONALE DICE CESID

(ANSA) - BELGRADO, 15 NOV - Un eventuale rinvio delle elezioni
presidenziali serbe fissate per l'8 dicembre, chiesto dal Partito
democratico serbo (Dss) del presidente jugoslavo e candidato di punta
Vojislav Kostunica, sarebbe incostituzionale. Lo afferma Marko
Blagojevic, uno dei responsabili dell'organizzazione indipendente
jugoslava per il monitoraggio elettorale Cesid. Pur concordando sul
fatto che le liste dei votanti necessitano di una revisione,
Blagojevic ha sottolineato che i tempi sono troppo stretti, e che ''in
base alla Costituzione, una volta convocate le elezioni non possono
venire rinviate o cancellate''. (ANSA). OT
15/11/2002 14:12
http://www.ansa.it/balcani/jugoslavia/20021115141232387502.html

PARADAJZOM NA ROBERTSONA

--- In This email address is being protected from spambots. You need JavaScript enabled to view it., "Miroslav Antic" wrote:

Incident na samitu NATO
Paradajzom na Robertsona


PRAG (Tanjug) - Dva mlada ruska demonstranta koji su uzvikivali "Nato
je gori od Gestapoa" i "Nosite na sebi krv dece èitavog sveta" gaðali
su paradajzom generalnog sekretara NATO-a D¾ord¾a Robertsona tokom
zavr¹ne konferencije za ¹tampu samita Alijanse u Pragu, ali su ga
proma¹ili.
Policijsko obezbeðenje je strgnulo jaknu sa jednog od njih dvojice
koji su se pretvarali da su novinari, kako bi obezbedili pristup
konferenciji za ¹tampu u kongresnom centru. Oba demonstranata su
privedena.

http://www.glas-javnosti.co.yu/

--- End forwarded message ---

CENSURA SUI MEDIA A BELGRADO, MA NON SOLO I TAPINI DI "B-52",
BENSI' ENNIO REMONDINO

L'ultima impresa Rai: rimosso Ennio Remondino

Ultima impresa Rai, «chiudere l'ufficio dei Balcani». Lo denuncia, in
un'intervista al sito dell'associazione Articolo 21, il corrispondente
Ennio Remondino: «Ho appreso la notizia con due righe burocratiche,
come si comunica che viene cessato un contratto d'affitto». Eppure la
sede dei Balcani, aperta 5 anni fa, nella guerra, riguarda un
territorio che va dalla Turchia all'Ungheria dove «abbiamo più di
10mila uomini dei contingenti militari italiani, e grossi interessi
economici, e crisi ancora aperte», sottolinea Remondino; nonché la
partita dell'«allargamento dell'Europa». E motivo dell'improvvida
iniziativa «non è certo il bilancio: 250 milioni di budget
complessivo... con quella cifra ci paghi la portineria e l'ascensore
della sede di New York». Reagisce il Ds Giulietti, portavoce di
Articolo 21, «speriamo che non sia vero», e chiede alla Rai se si
tratti di una decisione del cda, e se il provvedimento «sia stato preso
ad personam per Ennio Remondino», giacché l'«orrenda lista di
proscrizione» ai danni di giornalisti e dirigenti non graditi alla
maggioranza di governo, induce il «legittimo sospetto» che si voglia
colpire un altro giornalista «scomodo perché libero». Sullo stesso
registro reagiscono i responsabili informazione dei Ds Morri, e del Prc
Bellucci, il verde Boco, membro della Commissione di vigilanza Rai.
La Rai `smentisce' non smentendo: «si deve precisare che non esiste
alcuna decisione in merito a una possibile chiusura di quella sede», e
però «è necessario sottolineare che i direttori di testata, ai quali
spetta la valutazione professionale di queste questioni, in una
riunione del 24 ottobre hanno manifestato uno scarso interesse per
l'ufficio di Belgrado nel quadro delle priorità strategiche
internazionali».

(da "Il Manifesto", 23/11/2002)




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From : bjones@...
To : jugocoord@...
Cc :
Date : 24 Nov 2002 04:05:34 -0000
Subject : Monoscopio da Belgrado (ergo: silurate Remondino)


Tutti questi fonemi, krkrkr, tutti questi nomi propri ich-
ich, dice chi presta orecchio al serbocroato senza conoscerlo.
Lo presagiva anche Danilo Kis, scrittore jugoslavo di talento,
che ad Ovest rimane indefinitamente misconosciuto: perché l'arto
amputato dell'Europa, quello balcanico, interessa solamente quando
occorre strillare di barbarie secolari e malefatte storiche: da
Gavrilo Pricip alle farse dell'Aja. (Notizia fresca: Carla del
Ponte sa che Mladic è a Belgrado. Complimenti per l'intuito). Di
Jugo-storie e di Jugo-culture non sappiamo nulla. Passa, sdoganato
con l'etichetta frettolosa del consumo, il folklore post-bellico
di Kusturica e passano, sdaziate dalle feste di piazza estive,
le sudate fanfare di Bregovic: nient'altro. Di jugo-letteratura
in occidente qualcuno ha letto Andric, il Nobel, quello del ponte
sopra quel certo fiume, cos'è, mica il Danubio? S'è detto e scritto
tutto il possibile e spesso l’improbabile su Sarajevo, slavine di
volumi in perfetto stile 'c'ero anch'io', come conviene
al rampante giornalista occidentale, dall'Amanpour in poi:
Sarajevo e il sangue, lo specchio e la memoria, il dolore e
l’odio, Sarajevo oggi, Sarajevo muore, Sarajevo vive, Sarajevo
Sarajevo: ma dove sarà l'accento, si dice Sàrajevo, Saràjevo,
Sarajèvo? Forse Srebrenica, in sillabe, aveva una pronuncia troppo
ostica per potersene occupare quanto ci s'è occupati di Sarajevo,
e malamente. Ad ogni modo, a dieci anni dall’assedio ben in pochi
ne conservano memoria: tutto quel krkrkkr, ich-ich, quelle mahale,
kasabe, carsije, dzamije, dzezve, dimije: troppo macchinoso e
levantino, troppo radioattivo l'uranio che avvelena la bella Bosnia
(la bella Serbia non sta meglio, ma è un uranio impoverito umanitario,
ed evapora con nonchalance). Interrotto il romanticismo dell'assedio
da narrare, il brivido degli snajper da descrivere con aggettivi
straripanti: i cecchini atroci, gelidi come la morte. Giusto un
menestrello italico è riuscito di recente a piazzare sulle colline
della Bosnia le balalajke, soggettino d'un ritornello sanremese.
A Sarajevo non ci sono balalajke, provare per credere, ma l'occidente
presagisce un oriente slavo mescolato proprio in questo modo:
matrioske, rakija e polveriere, il minestrone dev'essere pronto in
cinque minuti e possibilmente lacrimevole. Balcani solubili,
fast-ex-jugo. Consumare in fretta e niente effetti collaterali.
L'informazione dalla Jugo-Atlantide, ahinoi, non offre di meglio.
Il corrispondente impavido che tenta l'approfondimento (cosa accade
nella pace Nato prefabbricata del Kosovo, ad esempio? Qual è lo
stato di salute della democrazia croata? E a Skopje, che succede?)
incassa in genere un commento che è già uno sbuffo: ah, ancora la
Jugoslavia? Non vende più, la Jugoslavia, annotava amaramente
Jasmina Tesanovic nel suo diario da Belgrado. E' il solito occidente,
bellezza: sappiamo tutto sul cardio-doppler di Milosevic (il garante-
tiranno, selezionato dall’Alleanza Atlantica per siglare gli accordi
di Dayton prima, e qualche anno più tardi scelto per liquidare le
colpe collettive), ma delle recenti catastrofiche elezioni in Serbia
e Bosnia s'è detto l'essenziale, e l’essenziale è nulla. Forse perché
il disastro si rivolge ad occidente, e alle radici della catastrofe
elettorale ci siamo noi. Pochi, i giornalisti che si occupano di
Jugo-Balcani con la serietà dovuta. Uno di questi si chiama
Remondino Ennio, dodici anni di jugo-anzianità, e nei negozi di
Belgrado il suo cognome ha involontariamente battezzato quel certo
giubbottino di renna spelacchiata ('il remondino', appunto) che
il nostro indossava per raccontare dagli schermi Rai, spesso nelle
ultime edizioni a margine (perché le lacrime di Kukes 'tiravano',
come si dice in gergo, più di quelle di Pancevo) la guerra del '99.
Bravo, Remondino, e competente: raccontare in diretta la prima guerra
umanitaria della storia era fatica da Don Chisciotte. Eppure c'è
riuscito. E c'è riuscito grazie alle qualità specifiche ed essenziali
di ogni bravo giornalista: pazienza, competenza, molta ironia: per
chi l'ha saputa cogliere fra un krkrkr e un ich-ich, senza
orpelli, senza servilismo. Notizia del giorno, 23 novembre 2002
anno domini, Remondino il non-allineato rientra nelle spese che il
CdA di mamma Rai decide di tagliare: chiude la redazione di Belgrado.
Eppure quel che accade fra Praga e Istanbul è proprio Remondino a
poterlo riferire, e dovrebbe riguardarci da vicino.
Pare che per la Rai non sia così: il minestrone di polvere da sparo
e domande restate prive di risposta non interessa più: alla voce
‘Balcani’, in Rai, solo uno spazio vuoto, un monoscopio ‘fine delle
trasmissioni’ certo più rassicurante del narrante Remondino. Brutto
momento per l’informazione, nella penisola italica separata da quella
balcanica da un solo braccio di Adriatico: fischia un vento troppo
destro per essere definito solamente sinistro. Aveva ragione proprio
Remondino: "se le stronzate del giornalismo italiano fossero mine,
saremmo una categoria di mutilati".

Babsi Jones

http://bjones.interfree.it

BIN LADEN QUELLO "BUONO"

(...) Il 16 ottobre il quotidiano russo Novosti ha riportato
quanto segue: «Vicino al villaggio di Ropotovo è in funzione
un campo di addestramento di miliziani albanesi, vicino a Kosovska
Kamenica, nella provincia jugoslava del Kosovo, che è controllata
dalle forze americane, notizia riportata dalle forze russe in Kosovo.
Secondo le fonti, nel campo si stanno ora addestrando 50 mujaheddin
afghani e algerini, guidati da Zaiman Zawahiri. Questo è indicato
essere il fratello di uno dei più stretti associati del terrorista
internazionale Osama bin Laden. Questo campo prepara i militanti
delle formazioni terroriste in Kosovo e Macedonia. I loro istruttori
sono ex ufficiali di etnia albanese che nel 1991-'92 disertarono
dall'esercito jugoslavo».
L'Indipendent ha riportato il 21 ottobre che l'Interpol ha collegato
bin Laden alle gang criminali dell'Esercito di Liberazione del Kosovo
(Kla), e che «ha fornito uno dei suoi più alti comandanti militari
per una unità di elite del Kla» in Kosovo. Questo è stato solo
l'inizio. L'obiettivo dello spiegamento delle bande terroriste
in Macedonia è prevenire, con la violenza, il ritorno dei rifugiati
macedoni ai loro villaggi, "ripuliti" dal Kla durante l'anno e
impadronirsi della riserve idriche dalla quale dipende Skopje, la
capitale della Macedonia. (...)
Chi manovra Al-Zawahiri? Il quotidiano macedone Dnevnik il 19 ottobre
scorso riportava che il gruppo guidato dal fratello del Dr. Ayman
al-Zawahiri, il più stretto associato di Bin Laden, ha attraversato
la frontiera del Kosovo ed è entrato in Macedonia. Citando fonti
dei servizi di informazione, il giornale ha scritto: «Il fratello
più giovane del comandante in capo nei Balcani di Al-Qaeda, Ayman
al-Zawahiri, con circa 50 mujahideen, è entrato in Macedonia e ha
cominciato a costruire fortificazioni nella regione di Skopska
Crna Gora. Lo scopo del gruppo terrorista è attaccare la riserve
idriche di Skopje».

( Fonte: M. Bottarelli su "La Padania" del 17/9/2002:
http://www.lapadania.com/2002/settembre/17/17092002p16a1.htm )