Informazione
Riceviamo dal compagno Giuliano Cappellini e volentieri pubblichiamo
La celebrazione del 100° anniversario della Rivoluzione d’Ottobre in Russia ed in Italia
Ricorre in questi giorni il centenario della Rivoluzione d’ottobre. In tutta la Russia questo anniversario è celebrato con grande partecipazione popolare, il Palazzo d’Inverno a San Pietroburgo è illuminato di rosso. Il popolo che, secondo la narrazione dell’odierna propaganda controriformista, più di ogni altro avrebbe sofferto del regime di terrore permanente instaurato in Russia dopo la Rivoluzione, sfila con le icone di Lenin e di Stalin
In Italia, si sa, il clima è diverso. Le classi dirigenti politiche nazionali sono impegnate a rafforzare la loro immagine di fedeli alleati degli Stati Uniti d’America – condizione imprescindibile per rimanere al governo. Ragion per cui i mass media nazionali devono sminuire la portata di quella Rivoluzione che cambiò il mondo e caratterizzò il “secolo breve” come, forse il più importante storico inglese del ‘900, Eric J. Hobsbawm, definì il secolo scorso, confinandolo nella parabola temporale dell’URSS. Sono anche ben attenti a impedire che, Dio ce ne guardi, l’anniversario non offra alcuno spunto di ripensamento alle svolte “storiche” di una sinistra ormai passata armi e bagagli nel campo dell’imperialismo. E la morale implicita o esplicita delle narrazioni pseudo culturali che ci propina la TV è sempre la stessa, che si trattò di una rivoluzione tradita [1] poi fallita, frutto di tempi di confusione e violenza.
In questo angusto e controriformista clima culturale non c’è spazio per una trattazione corretta di eventi che videro il prolungato protagonismo politico ed insurrezionale, alla fine vittorioso, delle grandi masse proletarie e la scomparsa di quello di una borghesia acquiescente o incapace di opporsi alle tragedie alle quali le loro classi dirigenti condannavano la Russia. Similmente la Resistenza europea ed italiana, denunciò le responsabilità delle classi dirigenti e pose la questione del protagonismo delle classi lavoratrici che effettivamente difesero la dignità nazionale durante la Guerra di Liberazione. Ma, come si diceva, in Italia, Rivoluzione d’ottobre e Resistenza sono eventi da ricordare secondo copioni pieni di retorica. Difficilmente, quindi, possono interessare una gioventù che non conosce niente della storia contemporanea e niente apprende da tali copioni. E non si tratta solo di questo che la narrazione mescola una buona dose di falsificazione di quegli eventi e delle loro premesse, quanto basta per travisarne i risultati. Ad esempio, che non si riconosca il ruolo determinante che ebbero l’Unione Sovietica e Stalin nel movimento antifascista internazionale, è una bestialità che costa la censura perfino a De Gasperi, a Nenni e Pertini, e ai grandi leader della coalizione occidentale impegnata nella II Guerra Mondiale a fianco dell’URSS, come Roosevelt e Churchill, e a tanti altri che come quest’ultimo erano, pur sempre, accaniti anticomunisti. È cosa ardua, allora, ricordare che gli ideali che animarono la Rivoluzione d’Ottobre furono sempre presenti nel movimento resistenziale europeo e in particolare nella Resistenza italiana (oltre che, naturalmente, in quella jugoslava). Ideali di grandi trasformazioni sociali e di progresso.
D’altronde le Controriforme tentano sempre di riscrivere la Storia e quella in cui siamo immersi dalla fine dell’URSS non è diversa dalle altre, ad esempio da quella che dopo la sconfitta di Napoleone trascinò nel fango le glorie della Rivoluzione Francese, della vittoria di Valmy sulle armate austro-prussiane che volevano invadere la Francia. Oggi i vincitori della guerra fredda negano all’Unione Sovietica persino il merito della vittoria sul nazifascismo in Europa. Una vittoria che quel paese pagò al prezzo altissimo di 24 milioni di morti (quasi la metà di tutti i caduti della II Guerra Mondiale) e la distruzione della sua parte occidentale più industrializzata. O, certo, come è stato scritto, i vincitori scrivono la storia, ma non possono cancellare la verità. In questa operazione di riscrittura l’Italia si è distinta al punto che ha disertato la celebrazione del 70° anniversario della vittoria della Grande Guerra Patriottica celebrato in Russia nel 2015. Guerra Patriottica, così oggi i russi chiamano la II Guerra Mondiale, quasi a relegarla ad un fatto nazionale, ma che, in realtà, consentì a tutti i paesi soggetti alla invasione nazista – praticamente tutta l’Europa continentale, esclusa la penisola iberica, la Svizzera e la Svezia –, di riappropriarsi della democrazia. E, per carità di Patria, fermiamoci qui, che ce n’è abbastanza per capire come si navighi contro corrente quando si cerca di rispettare la verità storica.
L’antifascismo, i Fronti Popolari, la guerra di Spagna e il ruolo dell’Unione Sovietica
Fin dalla metà degli anni ’20 del secolo scorso, man mano che alla crisi economica colpiva le grandi masse lavoratrici dei paesi occidentali e le classi dirigenti dei paesi dell’Europa occidentale si orientavano sempre più verso soluzioni autoritarie e repressive se non dittatoriali come in Italia, i dirigenti dell’Unione Sovietica compresero il pericolo che incombeva sul mondo. Il movimento fascista infettò un’Europa le cui classi dirigenti capitaliste cullarono mostruose simpatie per Mussolini (Inghilterra e Stati Uniti compresi). Quando Hitler prese il potere in Germania, le classi dirigenti borghesi di Francia ed Inghilterra furono acquiescenti verso le imprese delle armate tedesche in Cecoslovacchia ed in Austria. All’Unione Sovietica unico paese a contrastare il nazifascismo si rivolsero le speranze di tutti i partiti operai e democratici d’Europa. Fu l’epoca dei patti di unità d’azione tra i partiti comunisti e quelli socialisti, dei Fronti Popolari che, vinsero le elezioni in Francia e Spagna. L’adesione agli ideali di sinistra e comunista delle menti migliori dell’intellettualità europea, letterati, musicisti, pittori, scienziati fu enorme. Dopo l’aggressione alla Repubblica spagnola delle armate italo-tedesche, l’URSS fu l’unico paese che aiutò la democrazia spagnola, purtroppo con quello di cui disponeva allora, ossia con mezzi militari molto inferiori a quelli degli avversari ed in condizioni logistiche impossibili, e si attirò, ancor più, le simpatia di tutti i democratici europei. Le grandi potenze europee, Francia e Inghilterra, girarono ancora una volta la testa da un’altra parte, nascondendo a sé stesse ed ai loro popoli il pericolo che si preparava, sempre più concreto ed evidente dal momento che le mire della la Germania hitleriana non venivano contrastate.
Nonostante la defezione delle grandi potenze europee, la Repubblica Spagnola poté, però, contare sull’aiuto delle brigate internazionali formate da 59mila volontari accorsi da 53 nazioni dei 5 continenti [2]. I rappresentanti di tanti popoli fornirono quell’aiuto internazionale che l’ignavia dei loro governi avevano mancato di dare. I 4050 volontari italiani erano inquadrati nel battaglione (poi brigata) Garibaldi. Il principale dirigente delle Brigate Internazionali, fu Luigi Longo, ma alla guerra di Spagna parteciparono anche Nenni, Pacciardi, Togliatti e tanti altri esponenti politici italiani che furono poi i dirigenti politici e militari della Resistenza italiana e promotori della Costituzione della Repubblica varata nel 1948. Guidate dal generale russo Emil Kléber, le Brigate internazionali ebbero un ruolo determinante nella difesa di Madrid, distinguendosi nella battaglia di Guadalajara nel marzo 1937, dove di fronte gli antifascisti italiani del battaglione Garibaldi si trovavano i cosiddetti volontari fascisti del Corpo Truppe Volontarie, e nelle grandi offensive repubblicane su Belchite (agosto) e Teruel (dicembre 1937 - gennaio 1938) e sull\'Ebro (luglio 1938). Ma non furono sufficienti a capovolgere l’esito del conflitto.
Ma la celebre frase di Carlo Rosselli: “Oggi in Spagna, domani in Italia” fu l’impegno solenne delle forze politiche democratiche, socialiste e comuniste in esilio. L’antifascismo in esilio aveva conosciuto la prova del fuoco e imparato i compiti dell’organizzazione della guerra e della guerriglia, una lezione preziosa che non dimenticherà più.
Intanto, mentre nell’impari lotta la Repubblica Spagnola soccombeva, anche in Francia cadeva il governo del Fronte Popolare. Il governo reazionario che lo sostituì mise fuori legge il Partito Comunista Francese e rese dura la vita degli esuli antifascisti in Francia, nonché dei reduci antifranchisti che sfuggivano alla repressione al di là dei Pirenei
Ora era chiaro, l’Unione Sovietica era isolata e caddero nel vuoto i suoi tentativi di suggellare un patto con le potenze europee di difesa contro la Germania nazista. Altresì era chiaro che Francia ed Inghilterra, avrebbero tollerato che le prossime mire espansioniste di Hitler fossero dirette ad est, ossia contro la Russia. Stalin comprese che doveva prendere tempo, aggiornare e rafforzare le sue forze armate a livello di quelle tedesche e, anche, che avrebbe potuto sperare di realizzare una coalizione anti tedesca solo dopo l’inizio della guerra ad ovest, anzi dopo aver dimostrato che. quando fosse arrivato il suo turno, la Russia non si sarebbe arresa, ma avrebbe continuato a combattere. Il patto Ribbentrop-Molotov concesse all’URSS del tempo prezioso, ma i tedeschi colsero l’occasione per invadere la Francia e tentare di piegare l’Inghilterra
Condotta da un capo prestigioso, Winston Churchill e forte di un popolo tenace e determinato, l’Inghilterra non cadde nelle mani di Hitler. Il capo nazista, ritenendo prematura l’invasione dell’isola britannica difesa ancora dalla più forte marina da guerra dell’epoca, volse la sua attenzione alla Russia. Accelerò, quindi, l’attacco all’Unione Sovietica, che con le sue immense risorse minerarie e agricole costituiva un obiettivo strategico fondamentale per il proseguire la guerra. Quella contro la Russia non si poneva solo compiti strategici contingenti ma doveva coronare il sogno di sottomettere in schiavitù gli “slavi”, per la gloria del III Reich, una quantità immensa di uomini e risorse, come aveva scritto, qualche anno prima Hitler su Mein Kampf, teorizzando la necessità per la Germania di avere un suo Impero ad est. Inoltre i rapporti del suo ramificato Servizio Segreto segnalavano che l’URSS era ancora impreparata sul piano militare, quindi, stracciando il trattato di non belligeranza firmato due anni prima iniziò l’aggressione al paese del socialismo. L’operazione Barbarossa avrebbe dovuto conquistare Mosca prima dell’inverno del 1941. Effettivamente l’URSS fu colta di sorpresa, ma al prezzo di perdite enormi, col sacrificio di milioni di soldati, civili, villaggi e città distrutte, la resistenza sovietica fu enormemente superiore a quella che i generali tedeschi si aspettavano sulla scorta delle precedenti conquiste nell’Europa occidentale. Pur avanzando, dovettero modificare i loro piani di invasione, disperdere il loro esercito su un fronte che andava da Leningrado al Caucaso. Solo dopo che l’esercito sovietico – i cui reparti erano sfilati nella Piazza Rossa nel XXIV anniversario della Rivoluzione (novembre 1941) –, ricacciò le truppe tedesche di fronte a Mosca, all’inizio del 1942 fu ufficializzata l’alleanza tra Inghilterra, Stati Uniti e Unione Sovietica e arrivarono aiuti dagli Stati Uniti. L’alleanza fu chiamata delle Nazioni Unite. I sovietici bloccarono il piano strategico tedesco di impadronirsi dei giacimenti petroliferi del Caucaso (cosa che anche gli angloamericani temevano perché avrebbe dato nuova linfa alla guerra in Europa occidentale) e passarono al contrattacco. La storia della riconquista dei territori russi, ucraini e bielorussi occupati dai nazisti, la sconfitta e la resa di intere armate tedesche è cosa ben nota, il contrattacco degli angloamericani in Africa seguì l’allentamento del pericolo sul fronte russo e le loro truppe sbarcarono in Sicilia. Siamo nel 1943. Dopo lo sbarco degli alleati in Sicilia caddero il governo Mussolini ed il fascismo ed iniziò la guerra partigiana per la difesa della Patria invasa dai tedeschi.
Le vittorie dell’Armata Rossa e la Guerra di Liberazione
Mette ora il caso di ricordare quello che disse e scrisse Sergio Ricaldone, medaglia d’oro della Resistenza Italiana. “In quei giorni eravamo incollati alla radio per seguire gli esiti della battaglia di Kursk (sett. 1943), la più grande battaglia tra carri armati mai combattuta, in cui i carri del III Reich furono sconfitti e l’URSS dimostrò al mondo di aver recuperato il suo gap tecnologico nei confronti della Germania. E non era la curiosità a mantenerci incollati alla radio, ma la comprensione della portata galvanizzante delle straordinarie vittorie delle armate sovietiche, sul morale e la determinazione dei gruppi partigiani, le cui fila si stavano ingrossando attendendo ogni momento propizio per partire all’azione”. E così avvenne, che ogni progresso della lotta partigiana era legato alle vittorie delle armare di Stalin, alla demoralizzazione dell’avversario, che pur ferito reagiva con inaudita ferocia.
Trovo su Wikipedia una breve ma sufficientemente completa Storia della Resistenza Italiana dalla quale riporto un brano. “A giudizio delle stesse autorità alleate, la Resistenza italiana giocò un ruolo importante per l\'esito della guerra in Italia e, a costo di grandi sacrifici umani, cooperò attivamente ad indebolire le forze nazifasciste, a minarne il morale ed a renderne precarie le retrovie, impegnando notevole parte delle unità militati o paramilitari del nemico. Anche le fonti tedesche documentano che le forze partigiane furono causa di problemi e difficoltà militari per i comandi e le truppe della Wehrmacht. Secondo il Center for the Study of Intelligence della Central Intelligence Agency, i partigiani italiani \"tennero sette divisioni tedescheoccupate lontano dal fronte [con gli Alleati], e con l\'insurrezione finale dell\'Aprile 1945 ottennero la resa di due divisioni tedesche, che portò direttamente al collasso delle forze tedesche entro ed attorno Genova, Torino e Milano”.
Lo stesso succedeva in Francia, in Yugoslavia, nei Balcani, in Polonia, in Norvegia e, in varia misura, in tutti i paesi occupati di tedeschi. La molla del moto insurrezionale furono le vittorie degli eserciti dell’URSS. Per tutti, l’esempio più importante e iniziale del movimento partigiano internazionale fu quello che si era sviluppato in Russia, in Ucraina, in Bielorussia, in Crimea ed in altre regioni dove i massacri delle armate tedesche sulle popolazioni civili non arrestarono mai, ma non intaccarono né la determinazione a colpire l’invasore, né la fiducia in Stalin. Quel che ci preme sottolineare ora, è che con i successi dell’Armata Rossa e la sua marcia verso ovest, anche la direzione strategica del conflitto passò nella sue mani. Gli angloamericani organizzarono un imponente sbarco sulle coste francesi, quello che Stalin aveva chiesto con insistenza ma di cui, spesso, si esagera l’importanza sul piano militare dal momento che la Wermacht impegnò sul fronte occidentale solo un decimo delle divisioni che manteneva su quello orientale, e la resistenza dei tedeschi alla pressione angloamericana fu ancora piuttosto efficace per circa un anno. Si decise a Yalta che la Russia poteva avere la sua sfera di influenza su molti paesi europei ed in Germania che avrebbe dovuto proteggere l’URSS dal pericolo di una nuova e aggressiva “cintura sanitaria” a suo danno. La guerra in Europa finì con la conquista di Berlino da parte delle truppe sovietiche. In Italia finì prima, perché tutte le principali città del nord furono liberate dai partigiani prima dell’arrivo degli Alleati.
Conclusioni
In queste brevi note mi sono sforzato di parlare non tanto della guerra e della guerra partigiana che l’antifascismo preparò nell’esilio, nella prova della Guerra civile spagnola, nelle galere fasciste, ma delle premesse politiche che precedettero la II Guerra Mondiale ed ne accompagnarono gli eventi tragici e gloriosi. Lascio ad altri, ben più capaci di me, l’analisi più completa e circostanziata. Certo che in quel periodo ci furono anche ombre, fatti oscuri, furono commessi gravi errori, con conseguenze negative immediate e nel dopoguerra. Ma ciò non basta certo a cancellare la verità storica, che la Resistenza e la Lotta di Liberazione in tutte le parti del mondo (in Cina, ad esempio) devono molto alla Rivoluzione d’Ottobre.
In senso stretto il rapporto tra la Resistenza e la Rivoluzione d’Ottobre non è Stalin, ma non si esaurisce neppure nell’elenco delle loro consonanze ideologiche. Tali consonanze divennero motivazioni importanti (non le uniche, naturalmente) alle scelte personali per cui combattere e morire di milioni di uomini, man mano che il mondo scopriva il ruolo rilevante dell’URSS e di Stalin prima e durante la II Guerra Mondiale.
Ambedue gli eventi furono grandi movimenti di popolo animati dalla speranza di conquistare un futuro migliore, di giustizia e di pace. Speranze che molti chiamarono utopie, quelli, ad esempio, che pur avendo sofferto le privazioni della guerra, lo stress dei pericoli nei fronti in cui avevano combattuto, le case distrutte dai bombardamenti trovarono, tuttavia un “accomodamento” con la loro coscienza attraverso una visione pessimistica della razionalità della storia che, ripetitivamente è storia di ingiustizie contro le quali non c’è niente da fare se non attendere che la bufera passi. Stiamocene nascosti e aspettiamo che gli Alleati ci liberino! In questo senso questi eventi hanno segnato una divisione nel popolo, grosso modo tra chi non aveva niente da perdere e chi manteneva ancora qualcosa, almeno la speranza di riprendere, dopo la guerra, una vita dignitosa, come prima della guerra. I primi, quelli cui la guerra dava una sola certezza, che se avessero vinto i nazisti si sarebbero trovati più schiavi di prima, sempre ultimi nella scala sociale, accettarono più facilmente – anche quelli che non avevano mai sentito parlare di socialismo, di comunismo e di democrazia – il messaggio di liberazione di uomini usciti dalla galere fasciste o che venivano dall’esilio e che parlavano della necessità di continuare la lotta, per costruirselo il futuro. Lo stesso messaggio che animò la Rivoluzione d’Ottobre. Ma bisognava vedere i frutti di quella Rivoluzione, e questi furono il coraggio del popolo russo, il suo attaccamento alle conquiste sociali e le vittorie dell’Unione Sovietica, la sagacia strategica del suo capo, l’umiliazione dei superuomini tedeschi e dei loro lacchè fascisti. Ecco di cosa parlavano, oltre che di preparazione di attentati contro i nazisti, i dirigenti partigiani del PCI nelle riunioni clandestine nei casolari del Polesine in cui si ritrovava mezzo paese mentre fuori pattugliavano le SS; ecco l’animo degli operai delle fabbriche del milanese che stampavano e distribuivano i fogli clandestini che incitavano alla lotta contro i fascisti o che costruivano le armi per l’insurrezione. Tanto per citare alcuni degli infiniti esempi di coraggio degli operai e dei contadini nella Guerra di Liberazione.
Altri, più acculturati, capirono anche prima da che parte stare. Una grande spinta fu quella della scelta unitaria di tutti i partiti democratici, il cui valore doveva essere mantenuto dopo la guerra. Ma tutti riconoscevano il valore del sacrificio e della lotta dei popoli dell’Unione Sovietica. Con questo spirito, oltre ad un forte senso della dignità nazionale, ufficiali di un esercito portato allo sbaraglio in terre straniere, che avevano negli occhi l’orrore delle repressioni germaniche, diedero un importante contributo nell’organizzazione militare partigiana.
Come abbiamo scritto all’inizio, oggi la narrazione di quei fatti e dei loro rapporti è mistificata da una propaganda miserabile in cui si capovolgono anche gli esiti della guerra (vinta, naturalmente dagli americani…), si denigra l’Unione Sovietica, si irride alla Rivoluzione d’Ottobre. Noi dell’ANPI non abbiamo il diritto di aderire a tali mistificazioni, ma a me pare che finché non avremo il coraggio di ricordare completamente, nelle scuole e tra i giovani, ciò che successe realmente in quegli anni, non avremo fatto appieno il nostro dovere.
In occasione del centenario della Rivoluzione d\'Ottobre, riteniamo opportuno riproporre l\'emozionante intervento del compagno Sergio Ricaldone all\'iniziativa del 7 novembre 2012, svoltasi presso il Centro Culturale “Concetto Marchesi” di Milano, rendendo omaggio alla splendida e indimenticabile figura di dirigente comunista che, con tanta passione e fino agli ultimi giorni della sua leggendaria vita di rivoluzionario e internazionalista, ha partecipato da protagonista di primo piano all\'iniziativa del nostro sito.
Compagne e compagni, siccome appartengo ad una specie in via di estinzione e non ho i titoli per proporre analisi storiche raffinate, mi limiterò a ricordare un paio di passaggi che considero altamente simbolici per il peso che hanno avuto sui cambiamenti geopolitici del 20° secolo e che hanno tuttora all\'alba del nuovo secolo.
Il primo di questi passaggi, chiedo scusa per la mia impudenza, lo recupero direttamente dal “museo degli orrori” del comunismo novecentesco nel quale molti di noi, io tra questi, siamo stati rinchiusi come inguaribili stalinisti.
La Rivoluzione d\'Ottobre è stata per la mia generazione il grande arsenale di idee rivoluzionarie dal quale abbiamo attinto la forza di combattere contro i moderni cavalieri dell\'Apocalisse che hanno sconvolto il pianeta : due guerre mondiali, il nazifascismo, la fame, il colonialismo e l\'imperialismo in tutte le sue espressioni.
Non mi risulta che altre culture politiche, il riformismo socialdemocratico, il liberalismo, l\'ecologismo, il terzomondismo, il pacifismo, la non violenza, né tanto meno le sacre scritture, pur con i meriti che hanno, possano esibire bilanci storici e di progresso neanche lontanamente paragonabili con quelli ottenuti dalle grandi lotte sociali e politiche del movimento operaio internazionale che si è ispirato alla Rivoluzione d\'Ottobre.
Ripensando a quegli anni mi sono spesso domandato quali siano stati i momenti cruciali che hanno segnato la vita di milioni di comunisti della mia generazione.
Il 7 novembre 1941, 24° anniversario dell\'Ottobre, è stato uno di quei momenti, di cui conservo, 70 anni dopo, un ricordo indelebile. Questo il primo dei due passaggi che voglio ricordare.
Tutto sembrava perduto in quei giorni. Le “democrazie” europee stavano crollando come cartapesta sotto i colpi delle divisioni corazzate del Terzo Reich e le croci uncinate dilagavano ovunque. Il fascismo e il terrore non conoscevano ostacoli e i regimi di Hitler e Mussolini sembravano destinati a durare mille anni.
Le speranze che l\'eroismo dell\'Armata Rossa e del popolo sovietico ci aiutassero a cambiare anche il nostro futuro di operai oppressi dal fascismo sembravano svanire di fronte al dramma che si stava consumando a pochi chilometri da Mosca. La macchina bellica tedesca sembrava invincibile. In pochi mesi le armate hitleriane avevano compiuto un\'avanzata travolgente in territorio sovietico e nell\'ottobre 1941 i panzer di Von Guderian si trovavano a 20 chilometri dal centro di Mosca.
La campagna di Russia sembrava dovesse concludersi come le altre guerre lampo condotte in tutta Europa da un esercito in apparenza invincibile. La stampa e la radio di Berlino – e quella di Roma – annunciavano come imminente la conquista della capitale sovietica, la sfilata dei panzer sulla piazza Rossa e la capitolazione dell\'URSS. In officina non si discuteva d\'altro. Incollati a Radio Mosca seguivamo con angoscia l\'esito di quella battaglia.
Poi improvvisamente, quando tutto sembrava perduto, il 7 novembre, il popolo sovietico e la generazione “di come fu temprato l\'acciaio”, trascinati dal loro leader, celebrano a loro modo l\'anniversario della Rivoluzione : si alzano in piedi come un gigante che spezza le catene, e trasmettono a tutti i popoli dell\'Europa oppressa dal nazifascismo un grande messaggio di speranza.
La sera di quel giorno udimmo per la prima volta la voce di Stalin tradotta in simultanea per l’Europa intera occupata dai nazisti. Traduttore un certo Ercoli alias Palmiro Togliatti. Devo dire che in quelle ore la mia modesta preparazione di operaio comunista, che mi ha poi sorretto per tutta la vita, ha subito un impulso straordinario, incancellabile. Le poche virtù che posseggo credo di averle imparate quasi tutte quella sera.
Stalin solo dentro al Cremino, con i tedeschi alle porte di Mosca, resta nella storia del secolo 20° (qualunque sia il giudizio su Stalin) come il migliore esempio su come un leader sappia guidare il suo popolo nei momenti più difficili. Persino Churcill lo ricorda nelle sue memorie.
Per ben due volte quel giorno, mentre Mosca era sotto il fuoco dei bombardieri tedeschi, Stalin fece sentire la sua voce. Al mattino, in una stazione della metropolitana di Mosca, davanti ai quadri del Partito e del Komsomol. Poi, più tardi, dopo che i caccia sovietici avevano ripulito il cielo dagli Junker tedeschi, dall’alto del mausoleo di Lenin davanti alle truppe di riserva dell’Armata Rossa e ai reparti di operai delle officine di Mosca che si apprestavano a raggiungere il fronte, distante pochi chilometri, pronunciò uno dei discorsi più celebri, mescolando in una stupefacente simbiosi i passaggi gloriosi della storia russa con quelli della Rivoluzione d’Ottobre.
“Compagni soldati e marinai rossi, comandanti e lavoratori politici, partigiani e partigiane! Il mondo intero vede in voi una forza capace di annientare le orde dei banditi tedeschi. I popoli asserviti d’Europa, caduti sotto il giogo degli invasori tedeschi guardano a voi come dei liberatori. Una grande missione liberatrice vi attende. Siatene degni. Quella che state conducendo è una guerra di liberazione, una guerra giusta. Possa ispirarvi in questa guerra il glorioso esempio dei nostri antenati, da Alexander Nevskij che sconfisse gli invasori svedesi, a Michail Kutuzov che sconfisse sulla nostra terra l’armata di Napoleone”
Dopo quel discorso, ai suoi collaboratori che lo scongiuravano di abbandonare Mosca e di partire per Kuibiscev, Stalin rispose tranquillo: “Nessuna evacuazione. Resteremo qui fino alla vittoria e voi tutti resterete con me”. Fu cosi che la battaglia di Mosca diventò per i nazisti l\'inizio della fine.
Per evitare di essere frainteso, ricordando quel lontano episodio che ha marchiato a fuoco la mia coscienza di giovane militante (e milioni di altre), non intendo dire che dopo l’Ottobre l’intera storia sovietica sia stata sempre una serie di lotte nobili ed eroiche e men che meno un pranzo di gala.
Tuttavia, da operaio comunista, cresciuto e trascinato dai grandi ideali dell\'Ottobre sovietico, la considero pur sempre la mia storia, quella che ha alimentato il mio impegno ideale e politico anche nelle condizioni più estreme, nella Resistenza nei lager nazisti e nelle mani della Gestapo.
Mi rendo conto quanto sia difficile, coi tempi che corrono, riproporre passaggi di quella storia che si cerca di distruggere in tutti i modi con furia iconoclasta. Capisco anche che difendere la memoria e le ragioni del comunismo e dei comunisti del 20° secolo sia un po come proporre diete vegetariane ai cannibali della Nuova Guinea.
Mi sono tuttavia chiesto tante volte come sarebbe finita l’Europa e il mondo intero se quel 7 novembre 1941 le cose fossero andate in modo diverso e se al posto del tanto detestato georgiano ci fosse stato il Mahatma Gandhi (o peggio, Fausto Bertinotti).
Sono convinto che i “dieci giorni che sconvolsero il mondo” siano stati e rimangano l\'inizio della nostra storia e che non sia per nulla osceno rivendicarne la continuità.
Però attenzione! Dobbiamo anche saperci sottrarre alle tentazioni apologetiche di chi pretende di ridurla ad una serie ininterrotta di lotte immacolate, senza errori, senza eccessi e senza macchia. Nessuna rivoluzione (pensiamo ai giacobini di Robespierre) è stata compiuta in modo indolore. E non è certo l\'imperialismo che può darci lezioni su questo tema.
Abbiamo subito sconfitte enormi e arretramenti politici dolorosi. Ma sappiamo anche che quella storia ha prodotto cambiamenti sociali e geopolitici grandiosi chiaramente visibili nei nuovi modelli scaturiti dalle esperienze creative di altre rivoluzioni, cinese, vietnamita, cubana. Modelli di sviluppo che stanno trascinando altri continenti come l\'Africa e l\'America Latina fuori dalla schiavitù e dalla miseria.
Dunque un bilancio storico di tutto rispetto. Proprio per questo dobbiamo essere in grado di accogliere e fare nostre, insieme alle rose che ne esaltano i momenti più gratificanti, anche le spine, e dunque anche i lati oscuri, deprecabili, condannabili, che pure accompagnano e sono parte di quella storia.
Se rifiutassimo questo tipo di lettura materialistica e cedessimo all\'ipocrisia del buonismo e alle semplificazioni retoriche finiremmo per avallare in qualche modo la valanga di manipolazioni e di luoghi comuni che il revisionismo e il negazionismo ci stanno propinando da anni. Il modo migliore di celebrare la Rivoluzione d\'Ottobre è quello di continuare a interrogarci senza dogmi e senza nostalgie, ma cercando risposte nel grande potenziale creativo del marxismo e del leninismo.
Sebbene siano giorni molto lontani, c\'è materia su cui meditare per capire che posto occupa, nel diverso contesto geopolitico di oggi la nozione di comunismo. Facendo innanzitutto la necessaria distinzione tra quando questa parola viene usata come aggettivo del partito al potere, da quando viene usata come sostantivo di un sistema tutto da costruire.
Non mi risulta che ci sia mai stato a tutt\'oggi un solo paese al mondo che si possa definire comunista. Non basta che il partito al potere usi questo aggettivo per definire anche la natura dello Stato. E il Vietnam, come del resto la Cina non fanno eccezioni. Entrambi non sono paesi comunisti. Non ancora. Almeno in questa fase storica del loro sviluppo.
E\' perciò comprensibile che questi paesi non offrano le chiavi di accesso al paradiso. Il comunismo non è una scatola di montaggio, pronta all\'uso, chiavi in mano, ma un sistema sociale tutto da costruire e rimane, per il partito al potere, la prospettiva di un lungo e non facile processo storico tutto da sperimentare.
E\' più corretto dire che, correggendo errori precedenti e ripartendo dalle intuizioni leniniste della NEP (intuizione uscita dall\'esperienza compiuta dalla neonata rivoluzione), i comunisti hanno rimodulato la lunga marcia per il superamento del capitalismo – chiamata transizione – a partire da una rottura politica con un sistema di sottosviluppo pre-capitalistico (ereditato da secoli di mandarinato e di dominio coloniale), superando l\'illusione, a loro spese, di poter colmare la distanza tra quel medio evo e la fase socialista, saltando la fase intermedia. Quella del mercato, appunto.
E\' stato in apparenza un passo indietro. Detto questo credo che a nessuno possano sfuggire – dopo quel passo indietro – i sorprendenti passi in avanti compiuti da questi paesi le cui rivoluzioni sono state ispirate dalla Rivoluzione d\'Ottobre. Questa e non altra è stata la forza propulsiva dei loro sorprendenti risultati economici e politici.
Fino a qualche anno fa, prima della crisi devastante che ci sta travolgendo, sembravamo destinati, dopo la proclamata “morte del comunismo”, a vivere nel mondo rutilante del “grande sogno americano” descrittoci da Fitzgerald nel suo “Grande Gatsby”, simbolo dei ruggenti anni 20, l\'illusione di uno sviluppo senza fine.
Ma anche allora, nemmeno il tempo di un sospiro, e il “Furore” di Steinbeck ci ha restituito il clima della grande depressione degli anni 30 e la discesa nell\'inferno della povertà di milioni di persone senza lavoro e senza speranza. Esattamente quello che sta succedendo oggi in questa parte del mondo, con l\'aggravante dell\'assenza di una forza comunista organizzata simile al PCI degli anni 30
In questi anni ci siamo scontrati e logorati in sedi diverse, rifondate e non, sul significato da dare ad alcune parole : partito, imperialismo, stato nazione, socialismo, rivoluzione. Ci siamo a lungo interrogati e scontrati su quale esperienza trarre dal bilancio storico del comunismo nato dalla Rivoluzione d\'Ottobre. Ci siamo accorti quanto sia difficile portare a sintesi il pensiero di Gramsci e Togliatti con quello di Trotzki e di Bettelheim. Ora è arrivato il momento di chiudere quella stagione e di aprirne un altra.
Il momento è molto difficile, e noi ci troviamo caricati di una enorme responsabilità : quella di ricostruire un partito comunista che restituisca la fiducia dei salariati nella politica, nella lotta (di classe), nel cambiamento.
Il PCI di Gramsci, Togliatti, Longo, Secchia ha dato molto al mondo. Le opere di Gramsci le ho trovate tradotte ovunque : in Egitto e in tutto il mondo arabo, in Vietnam, persino in Nepal. Ora è arrivato il momento di ricambiare l\'interesse e di osservare con attenzione le esperienze dei partiti comunisti il cui peso politico cresce ogni giorno in ogni angolo del pianeta : in Brasile, India, Sudafrica, ma anche in Europa, in Ucraina, Russia, Belgio, Repubblica Ceca, Cipro, Portogallo, Grecia.
A tutti coloro che ci considerano dei cascami residuali di una ideologia seppellita sotto le macerie del \'900 e ci chiedono di rinnegare la nostra storia ricordo un passaggio del Don Chisciotte di Cervantes che provo a riassumere a memoria : mentre cavalcano nella notte Don Chisciotte e Sancho Panza sono inseguiti e molestati dal latrare dei cani. Sancho Panza vorrebbe fermarsi ed aspettare che i cani si calmino ma Don Chisciotte gli risponde : lasciamoli latrare e continuiamo a cavalcare nella notte. Anche noi dovremmo occuparci meno dei cani che abbaiano e continuare a cavalcare nella notte.
Il centenario della rivoluzione russa dovrebbe essere una celebrazione per la pace.
Infatti una pietra miliare della Rivoluzione d’ottobre (avvenuta in realtà il 7 novembre) fu l’uscita dalla prima guerra mondiale. “La Rivoluzione bolscevica fu una rivoluzione contro la guerra”, ci spiega una trasmissione di Telesur, Empire Files.
La rivoluzione d\'Ottobre del 1917 avvenne perché quella borghese di febbraio continuava a sottostare al ricatto delle potenze belligeranti europee e non si ritirava dal macello della Prima guerra mondiale. L’”inutile strage”, la chiamò papa Benedetto XV, nella sua lettera a “tutti i capi dei popoli belligeranti”.
Ebbene nel 1917, un paese entra nel crimine della guerra e un altro se ne sottrae, chiedendo a gran voce la pace. Il primo paese: gli Stati Uniti che, tempestivi, si fanno avanti per non rimanere fuori dalla spartizione della torta.
E invece, uno dei primi atti del governo bolscevico nato dalla Rivoluzione d\'ottobre in Russia, è la proposta rivolta a tutti i belligeranti di un immediato armistizio generale, per giungere entro breve tempo a una conferenza per una pace \"giusta e democratica». Lenin legge la risoluzione davanti ai soldati sopravvissuti alle trincee, e a un popolo affamato e mutilato: «Il governo operaio e contadino, creato dalla rivoluzione del 24 e 25 ottobre e basato sui soviet dei deputati operai, soldati e contadini, propone a tutti i popoli belligeranti e ai loro governi di iniziare immediatamente trattative per una pace giusta e democratica».
La rivoluzione si rivolge ai governi perché, senza quelli, la pace tarderebbe troppo ad arrivare, ma sostiene soprattutto che occorre «aiutare gli altri popoli a intervenire nelle questioni della guerra e della pace». Lenin spiega che la rivoluzione sarà accusata di violare i trattati ma ne è fiera: «Rompere le alleanze di sanguinose rapine è un grande merito storico». La Russia repubblicana e rivoluzionaria offre la disponibilità a esaminare qualunque proposta, senza precondizioni. Inascoltata, salvo che dalla Germania, la Russia esce dalla guerra unilateralmente, accettando dure condizioni.
Ma anziché imitare la saggezza rivoluzionaria, le potenze capitalistiche aggrediscono la Russia appoggiando, nella tremenda guerra civile che segue, i conservatori locali, i cosiddetti bianchi. Con i quali purtroppo combattono, contro i bolscevichi, anche sedicenti gruppi rivoluzionari…
La storia si ripete!
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U toku je suđenje KP Poljske zbog širenja komunističke ideologije na svojoj web-stranici i partijskoj štampi.
Učesnicima na XIX. Međunarodnoj konferenciji KP i RP u Petrogradu ponuđena je, među ostalim, i rezolucija kojom se osuđuje progon poljskih komunista. Tu rezoluciju je potpisala i delegacija SRP-a, a objavljena je na stranicama Solidneta.
U nastavku, donosimo vam prijevod teksta rezolucije na hrvatskom jeziku:
31. ožujka 2016. godine, četiri člana Komunističke partije Poljske osuđeni su od regionalnog suda Dąbrowe Górnicze na 9 mjeseci uvjetne kazne uz obavezni društveno korisni rad i novčane kazne.
Pravni postupak, na račun Komunističke partije Poljske i njenih članova, koji traje već dvije godine, ponovno će početi 27. studenoga s optužbama za „širenje komunističke ideologije“ u novinama „Brzask“ i na Internet stranicama KP. Ako ih sud proglasi krivima, prijeti im do dvije godine zatvora.
U isto vrijeme, Komunistička partija Poljske suočena je s novim nasrtajem poljske kapitalističke klase i vladajuće stranke Zakon i Pravda (PIS) koji pokušavaju staviti KP Poljske izvan zakona uz objašnjenje da je „program KP Poljske u suprotnosti s Ustavom“.
Komunističke partije, koja su prisutne na Međunarodnoj konferenciji komunističkih i radničkih partija, osuđuju pokušaje stavljanja komunističke ideologije van zakona u Poljskoj i osuđujemo progon naših poljskih drugova.
Ovi progoni, kao i progoni u drugim državama članicama EU, idu ruku pod ruku sa sve intenzivnijom ofanzivom kojoj je cilj izjednačiti komunizam s monstruoznošću fašizma. Cilj im je izbrisati postignuća socijalizma iz kolektivnog sjećanja naroda.
Sto godina nakon Oktobarske revolucije, narod može i mora donijeti zaključke na osnovu sve žešćih antikomunističkih političkih pozicija EU i buržujskih vlada. Narod mora vjerovati komunistima i tražiti zadovoljenje svojih potreba u suvremenom svijetu, vjerovati komunistima u organiziranju narodne borbe protiv kapitalističkog sustava i monopola te njihove moći.
Sve optužbe protiv KP Poljske i njenih članova moraju odmah biti odbačene!
Ne dirajte u poljske komuniste, komunističku ideologiju i omogućite im nesmetano djelovanje!
Solidarnost s KP Poljske!
Antikomunizam neće proći!
Il 27 novembre è ripreso il processo contro il Partito Comunista della Polonia. Da due anni, i compagni del PCP sono oggetto di una campagna persecutoria, con la pretestuosa accusa “di propaganda dell\'ideologia comunista” nelle pagine del loro giornale \"Brzask\".
La repressione anticomunista delle autorità di Varsavia, che non ha mai suscitato la benché minima condanna da parte delle istituzioni di governo dell\'UE, di cui la Polonia fa parte, è stata denunciata in una dichiarazione sottoscritta da 67 partiti comunisti, nel corso del 19° Incontro Internazionale dei Partiti Comunisti e Operai, tenutosi a San Pietroburgo. (...)
Continua la persecuzione anticomunista contro il Partito Comunista di Polonia (KPP). Il 27 novembre riprenderà il procedimento giudiziario, che continua da due anni, che si basa sull’accusa di propaganda dell’ideologia comunista sul quotidiano “Brzask” e sul sito web del partito. Un processo che fa parte della campagna realizzata dal governo per rendere illegale il KPP.
Questa persecuzione sta avvenendo simultaneamente alla politica anticomunista di riscrivere la storia e rimuovere i monumenti e nomi delle strade associati al comunismo e al movimento operaio dallo spazio pubblico. Il KPP rivolge un appello ad organizzare proteste di solidarietà contro la persecuzione politica alle ambasciate polacche in tutto il mondo il 27 novembre.
La repressione anticomunista in Polonia è stata condannata da 67 partiti partecipanti al 19° Incontro Internazionale dei Partiti Comunisti e Operai attraverso una dichiarazione congiunta che riportiamo di seguito:
Denunciamo le persecuzioni contro i nostri compagni polacchi. Questa persecuzione, così come le persecuzioni portate avanti da altri stati membri dell’Unione Europea, va di pari passo con l’intensificazione dell’offensiva antipopolare, all’equiparazione del comunismo con il mostro fascista, e mira a cancellare le conquiste del socialismo dalla memoria collettiva dei popoli.
100 anni dopo la Rivoluzione d’Ottobre, i popoli possono e devono trarre delle conclusioni dalle anticomuniste posizioni politiche dell’UE e dei governi borghesi che divengono sempre più intense. Devono avere fiducia nei comunisti e esigere la soddisfazione dei loro bisogni moderni, organizzando la loro lotta contro il sistema capitalista, i monopoli e il loro potere. Tutte le accuse contro il PC di Polonia e i suoi quadri devono esser rimosse immediatamente. Giù le mani dai comunisti polacchi, dall’ideologia comunista e la loro azione.
Solidarietà con il PC di Polonia!
L’anticomunismo non passerà!
- Partito Comunista d’Australia
- Partito del Lavoro d’Austria
- Partito Comunista d’Azerbaijan
- Tribuna Progressista del Bahrein
- Partito Comunista del Bangladesh
- Partito Comunista di Bielorussia
- Partito Comunista del Brasile
- Partito Comunista Brasiliano
- Nuovo Partito Comunista della Gran Bretagna
- Partito Comunista di Bulgaria
- Partito dei Comunisti Bulgari
- Partito Socialista dei Lavoratori di Croazia
- Partito Comunista di Cuba
- Akel, Cipro
- Partito Comunista di Boemia e Moravia
- Partito Comunista Egiziano
- Partito Comunista d’Ecuador
- Partito Comunista d’Estonia
- Partito Comunista Unificato di Georgia
- Partito Comunista Tedesco
- Partito Comunista di Grecia
- Partito dei Lavoratori Ungheresi
- Partito Comunista dell’India
- Partito Comunista dell’India (Marxista)
- Partito Comunista Iracheno
- Partito Comunista del Kurdistan
- Partito Tudeh d’Iran
- Partito Comunista d’Irlanda
- Partito dei Lavoratori d’Irlanda
- Partito Comunista d’Israele
- Partito Comunista (Italia)
- Partito Comunista Giordano
- Movimento Socialista del Kazakistan
- Partito dei Comunisti del Kirghizistan
- Partito dei Lavoratori di Corea
- Partito Socialista di Lettonia
- Fronte Popolare Socialista (Lituania)
- Partito del Congresso per l’Indipendenza del Madagascar
- Partito Comunista del Messico
- Partito dei Comunisti della Repubblica di Moldavia
- Partito Comunista del Nepal
- Partito Comunista di Norvegia
- Partito Comunista Palestinese
- Partito Comunista Paraguayano
- Partito Comunista del Perù (Patria Rossa)
- Partito Comunista Peruviano
- Partito Comunista Filippino (PKP-1930)
- Partito Comunista Portoghese
- Partito Socialista Rumeno
- Partito Comunista della Federazione Russa
- Partito Comunista Operaio Russo
- Nuovo Partito Comunista di Jugoslavia
- Comunisti di Serbia
- Partito Comunista dei Popoli di Spagna
- Comunisti di Catalogna
- Partito Comunista dello Sri Lanka
- Partito Comunista Sud Africano
- Partito Comunista Sudanese
- Partito Comunista di Svezia
- Partito Comunista Siriano
- Partito Comunista Siriano (Unificato)
- Partito Comunista del Tajikistan
- Partito Comunista di Turchia
- Partito Comunista d’Ucraina
- Unione dei Comunisti d’Ucraina
- Partito Comunista d’Uruguay
- Partito Comunista del Venezuela
U sedištu Nove komunističke partije Jugoslavije (NKPJ) u Beogradu ugošćena je delegacija Komunističke partije Poljske koju je predvodila potpredsednica partije, drugarica Beata Karon, a uz nju je u delegaciji bio prisutan i drug Piotr Drosd.
Naši prijatelji iz Poljske posebno su se zahvalili na podršci koju je na NKPJ pružila povodom farsičnih pokušaja zabrane simbola socijalizma i progresa, što se posebno teško prenelo na KP Poljske. Obavešteni smo da sudski procesi još nisu gotovi i da se 27. novembra proces nastavlja pred poljskim tužilaštvom.
Predstavnicima NKPJ je dostavljen ovom prilikom zvanični poziv za učešće u zajedničkim aktivnostima koje sprovode Poljski, Češki i Nemački komunisti jednom godišnje na velikom tradicionalnom komunističkom skupu na Poljsko-Češkoj granici koji se održava svake godine u avgustu.
Takođe, naši predstavnici su konstatovali i potvrdili važnost naše soliarnosti, saradnje i nastavka zajedničkog delovanja u okviru Inicijative komunističkih i radničkih partija Evrope, kao i u okviru Međunarodnog komunističkog pokreta. Značaj susreta ogleda se i u kontekstu internacionalističke važnosti momenta u kom je održan, neposredno po obeleženoj stogodišnjice Velike oktobarske socijalističke revolucije, čemu smo i mi i naši drugovi iz Poljske dali veliki značaj.
Sekretarijat NKPJ,
Beograd, 21.11.2017.
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Presiding Judge Alphons Orie said the court found that Mladic’s actions during the war were “among the most heinous known to humankind” and amounted to genocide. The court sentenced the Serb to life in prison.
Mladic heard the verdict from a separate room, having been ousted by bailiffs after an outburst of criticism against the judges. The former general said in the courtroom that everything the judges said was a lie, the general’s son, Darko, told TASS. According to Darko, his father said: “This is all lies, this is a NATO court!”
The tirade came in response to the court’s rejection of a request by Mladic’s lawyer to postpone the hearings due to the defendant’s high blood pressure. Darko added that he was not surprised by the ruling, saying: “The court was totally biased from the start.”
Only a handful of Serbs, including politician Milan Milutinovic, General Momcilo Perisic and Yugoslav army captain Miroslav Radic were acquitted by the tribunal, compared to well over a dozen defendants of other nationalities. The tribunal insists the statistics reflect the actual crimes committed during the hostilities.
The case of Mladic, 74, was the last for the ICTY to pass a verdict on. Among the crimes he was found guilty of were the killings of an estimated 8,000 Muslim males in the UN-designated safe zone in Srebrenica and the 43-month siege of the Bosnian capital, Sarajevo, during which over 11,000 civilians are estimated to have been killed. Mladic’s defense team said it would appeal the verdict, with his case joining some two dozen others pending new rulings.
Belgrade and Moscow have on various occasions criticized the tribunal for a perceived anti-Serb bias. In 2015, Russia used its UN veto right to block a resolution on the 20th anniversary of the Srebrenica tragedy, saying that the draft document depicted the Serbian people as the sole guilty party in the complex armed conflict in Yugoslavia.
By Christopher Black
Global Research, November 29, 2017
“All that is a lie. This is a NATO-style trial.”
The defiant words of General Mladic to the judges of the NATO controlled ad hoc war crimes tribunal for Yugoslavia rang out loud and clear the day they pretended to convict him. He could have added ‘but history will absolve me” and a lot more but he was thrown out of the room by the chief judge, Orie, in his condescending style, as if he was dealing to a truant schoolboy, instead of a man falsely accused of crimes he did not commit.
The Russian Foreign Ministry spokeswoman, Maria Zakharova, echoed the general’s words on November 23,
“We have again to state that the guilty verdict, delivered by the International Criminal Tribunal for the former Yugoslavia against Mladic, is the continuation of the politicized and biased line, which has initially dominated the ICTY’s work.”
Both General Mladic and the Russian government are correct. The document called a “judgment” proves it for it reads like a propaganda tract instead of a court judgment. In just over 2500 pages the trio of “judges” recite the prosecution version of events nonstop, from the first paragraph to the last. The defence is mentioned only in passing.
The ICTY rejects claims that it is a biased court, a NATO court but they proved it with the very first witnesses they called to set the stage for what was to follow. A man named Richard Butler was called to testify on general military matters and the political structure in Bosnia and the Republic Srpksa. He was introduced as a “military analyst” which he is, but not an independent one. No, at the time of his testimony he was a member of the United States National Security Agency, seconded to the ICTY as a staffer. So, the first witness against General Mladic was biased on two counts. He worked for the American intelligence services that supported the enemies of General Mladic and Yugoslavia, and he was part of the prosecution staff. It is as if the NSA and the prosecutor had, at the same time, stepped into the box to testify against the accused. Butler’s testimony plays a large role in the trial; the same role he played in the trial of General Krstic.
Another military analyst expert then appears, Reynaud Theunens, also working on the staff of the prosecution. Experts in criminal trials are supposed to be completely neutral. But not only was he acting on behalf of the prosecutor, he was at the same time a Belgian Army intelligence officer. So there we have it right at the opening of the trial. The stage is set; NATO is in charge of the case.
NATO officers work inside the tribunal. It is a NATO tribunal in UN disguise. Accordingly, throughout the judgment NATO crimes, and the crimes of the opposing Bosnian forces are never referred to. The context is deliberately constricted to give a very narrow and distorted picture of events.
The judgment continues with detailed recitations of prosecution witness testimony. Defence witnesses, on the few occasions they are referred to, never have their testimony set out in like detail. One line is devoted to a witness and all of them are dismissed as biased if their testimony is at odds with the testimony of the prosecution witnesses.
And of what does the prosecution evidence consist?
It consists of some oral testimony of NATO military officers involved in events and who were working in the UN forces against General Mladic and his forces, the testimony of opposing Bosnian Army soldiers or their families, and witness statements and “adjudicated facts,” that is “facts” held to be so by another set of judges in another case no matter whether true or false. A number of times, the judges state something to the effect that, “the defence claims X did not happen and relied on certain evidence to support that claim. Where this evidence conflicts with the adjudicated facts we reject it.”
There are many instances of reliance on hearsay. Time and again, a paragraph in the judgment begins with the words, “The witness was told…” Thanks to corrupt jurists like Canadian former prosecutor Louise Arbour, the use of hearsay, even double hearsay was allowed in as evidence in these trials when it is forbidden in the rest of the world because hearsay testimony cannot be verified or checked for reliability and accuracy.
I was not able to observe much of the trial and only by video from time to time so, I am not able to comment on all the factual findings of the trial judges set on in their long judgment in which they condemn General Mladic and his government in page after tedious page. Those who are aware of the real history of events will realize that every paragraph of condemnation is neither more nor less than the same NATO propaganda put out during the conflict but made to look like a judgment.
For it is not a judgment. A true judgment in a criminal trial should contain the evidence presented by the prosecution, the evidence presented by the defence, and the arguments of both sides about the evidence. It must contain references to witness testimony both as witnesses testified in chief and in cross-examination. Then there must be a reasoned decision by the judges on the merits of each party’s case and their reasoned conclusions. But you will be hard pressed to find a trace of any of the defence evidence in this document. I could find none except for a few references in a hand full of paragraphs and some footnotes in both of which testimony of a defence witness was briefly referred to in order to dismiss it and to dismiss it because it did not support the prosecution version of events.
Even more shocking is that there is little reference to verbal testimony, that is, witness testimony. Instead there are references to “experts” connected to the CIA or State Department, or other NATO intelligence agencies who set out their version of history, which the judges accept without question. There is no reference to any defence experts.
Consequently, there are no reasoned conclusions from the judges as to why they decided to accept the prosecution evidence but not the defence evidence. From reading this one would think no defence was presented, other than a token one. That is not a judgment.
But there is something even more troubling about this “judgment.” It is not possible to make out if many of the witnesses referred to testified in person because there are few references to actual testimony. Instead there are countless references to documents of various kinds and “witness statements.”
This is an important factor in these trials because the witness statements referred to are statements made, or are alleged to have been made by alleged witnesses to investigators and lawyers working for the prosecution. We know from other trials that in fact these statements are often drafted by prosecution lawyers as well as investigators, and then presented to the “witnesses” to learn by rote. We know also that the “witnesses” often came to the attention of the prosecution by routes that indicate the witnesses were presenting fabricated testimony and were recruited for that purpose.
At the Rwanda tribunal, we made a point in our trial of aggressively cross-examining these “witnesses” and they invariably fell apart on the stand, since they could not remember the scripts assigned to them. We further made a point of asking the “witnesses” how they came to meet with prosecution staff and how the interviews were conducted and how these statements were created. The results were an embarrassment to the prosecution as it became clear they had colluded with investigators to manipulate, pressure and influence “witnesses” and that they were complicit in inventing testimony.
Further, it is important for anyone reading this “judgment” to be able to refer to the pages in the transcripts at which the witnesses testified, what they testified to, and what they said in cross-examination, because a statement is not testimony. It is just a statement.
A statement cannot be used as evidence. That requires the witness to get in the box and to state under oath what they observed. Then they can be questioned as to the reliability as observers, their bias if any, their credibility and so on. But in this case we see hundreds of references to “witness statements.” This indicates that the judges based their “judgment” not on the testimony of the witnesses (if they were called to testify) but on their written statements, prepared by the prosecution, and without facing any cross-examination by the defence.
It is not clear at all from this judgment that any of the witnesses referred to in the statements actually testified or not. If they did then their testimony should be cited, not their statements. The only valid purpose the statements have is to notify the lawyers what a witness is likely to say in the trial, and to disclose the prosecution case to the defence so they can prepare their case and then use the statements in the trial to cross examine the witness by comparing the prior statement with their testimony under oath in the witness box.
The formula is a simple one. The prosecution witness gets in the box, is asked to state what he observed about an event and then the defence questions the witness,
“Mr. Witness, in your statement dated x date you said this, but today you say that. …Let’s explore the discrepancy.”
That’s how it is supposed to go. But where is it in this case? It is nowhere to be found.
It would take a book to recite the problems with the “trial” as exposed by this judgment. But there is one example which highlights the rest relating to Srebrenica and concerns a famous meeting that took place at the Fontana Hotel on the evening of July 11, 1995 at which General Mladic meets with a Dutch peacekeeper colonel to arrange the evacuation of the civilians in the Srebrenica area and the possible laying down of arms of the 28th Bosnian Army Division. There is a video of that meeting available on YouTube.
I paraphrase but it shows General Mladic asking why NATO planes were bombing his positions and killing his men. He asks why the UN forces were smuggling weapons to the Bosnian military. He asks why the UN forces tried to murder him personally. To each question he receives an apology from the Dutch officer. He then asks the Dutch officer if he wants to die and he says no. Mladic replies, nor do my men want to die, so why are you shooting at them? No answer.
The rest of the video concerns discussion of a plan to evacuate the town during which Mladic offers the UN men cigarettes, and offers some wine to ease the tension. For me, as a defence lawyer, it is a crucial element of the defence to the charges concerning Srebrenica. But no reference to this video is made in the judgment. Instead the judges refer to the testimony of several UN-NATO officers who were at the meeting in which they totally distort and twist what was said. There is no clue that the defence cross-examined those liars using the video; “Sir you state that this was said, but here in the video it shows that you are wrong. What do you say?”
It is nowhere. Was it used and ignored by the judges or not used? I have no idea. But it is clear that the prosecution chose not to use it because it would mean the collapse of their case. For even on the prosecution evidence it is clear that the men of the 28th Division refused to lay down their arms and fought their way to Tuzla. Most were killed in the fighting on the way. Many were taken prisoner. A handful of Bosnian witnesses claim these prisoners were massacred. But their testimony is of the “I was the lone miraculous survivor of the massacre” variety they tend to use in these trials.
I won’t enter into the heavy use of the bogus legal concept of joint criminal enterprise to attach criminal liability to the general, guilt by association and without intent. That they used it shows they know they had no case against him.
In summary this document contains within it little sense of the defence case or what the facts presented by the defence were, what the defence arguments were on the facts, nor their full legal arguments.
But most importantly we have no idea what the testimony was of most of the prosecution witnesses and no idea what the testimony was of defence witnesses. It is as if there was no trial, and the judges just sat in a room sifting through prosecution documents writing the judgment as they went. We must suppose that this is not far from the truth.
This “judgment” and the trial are another humiliation of Yugoslavia and Serbia by the NATO alliance since it is clear from its creation, financing, staffing and methods that the ICTY is a NATO controlled tribunal. This is confirmed by the statement of the NATO Secretary-General, who said,
“I welcome the ruling…. the Western Balkans are of strategic importance for our Alliance…”
In other words, this conviction helps NATO to consolidate its hold on the Balkans by keeping the Serbs down and out. General Mladic is a scapegoat for the war crimes of the NATO alliance committed in Yugoslavia, which the ICTY covers up and so assists NATO in committing more war crimes, as we have seen since.
The ICTY has proven to be what we expected it to be, a kangaroo court, using fascist methods of justice that engaged in selective prosecution to advance the NATO agenda of conquest of the Balkans as a prelude to aggression against Russia. NATO uses the tribunal as a propaganda weapon to put out a false history of the events in Yugoslavia, to cover up its own crimes, to keep the former republics of Yugoslavia under its thumb, and to justify NATO aggression and occupation of Yugoslavian territory. It is a stain on civilization.
Christopher Black is an international criminal lawyer based in Toronto. He is known for a number of high-profile war crimes cases and recently published his novel “Beneath the Clouds. He writes essays on international law, politics and world events, especially for the online magazine “New Eastern Outlook.” where this article was originally published.
Featured image is from the author.
The original source of this article is Global ResearchCopyright © Christopher Black, Global Research, 2017
Портпаролка руског Министарства спољних послова Марија Захарова поновила је генералове речи 23. новембра:
„Морамо опет истаћи да је пресуда Међународног кривичног суда за бившу Југославију против Младића наставак политизованог и пристрасног односа који од почетка доминира радом Хашког трибунала“.
Младић и руска влада су у праву. Документ под називом „пресуда“ то доказује будући да звучи као пропагандни летак, а не процена једног суда. На преко 2.500 страна трио „судија“ непрекидно рецитује своју верзију догађаја од прве до последње странице. Одбрана се помиње само успутно.
Хашки трибунал (ICTY) одбацује тврдње да је пристрасни NATO суд, али то доказује од позивања првог сведока, који је поставио позорницу за оно што ће уследити. Човек по имену Ричард Батлер (на слици испод) позван је да сведочи о војним питањима и политичкој структури у Босни и Републици Српској. Представљен је као „војни стручњак“, што и јесте, али није независан. У тренутку свог сведочења био је члан Националне безбедносне агенције (NSA) САД, додељен Хашком трибуналу у својству сарадника. Тако је први сведок у случају против генерала Младића био двоструко пристрасан – радио је за америчке обавештајне службе, које су подржавале непријатеље генерала Младића и Југославије, и био члан особља тужилаштва. То је као да су NSA и тужилац истовремено сведочили против оптуженог. Батлерово сведочење имало је важну улогу у судском процесу, а исту улогу одиграо је и у суђењу генералу Крстићу.
ОД ЧЕГА СЕ САСТОЈЕ ДОКАЗИ ТУЖИЛАШТВА?
Потом се појављује други војни стручњак Рејнод Тионенс, такође члан особља тужилаштва. Експерти у кривичним поступцима требало би да буду потпуно неутрални. А он није говорио само у име тужилаштва; истовремено је био и обавештајни официр белгијске војске. NATO официри раде у Трибуналу. Ради се о NATO суду под маском УН. Сходно томе, у пресуди се не помињу злочини NATO и супротстављених босанских снага. Контекст је намерно постављен тако да пружа врло уску и искривљену слику догађаја.
Пресуда се наставља детаљним сведочењима сведока оптужбе. У исказима сведока одбране – у пар наврата где се помињу – не улази се у детаље. Сви сведоци одбране су одбачени као пристрасни ако се њихово сведочење не поклапа са сведочењима сведока оптужбе.
А од чега се састоје докази тужилаштва? Од вербалног сведочења NATO војних официра, који су тада радили за УН против генерала Младића и његових снага; од сведочења бошњачких војника и њихових породица; и од изјава сведока о „потврђеним чињеницама“, односно „чињеницама“ које доказале судије које су радиле на другим случајевима, без обзира да ли су тачне или нису. У великом броју случајева судије су рекле нешто типа – „одбрана тврди да се то и то није догодило и износи одређене доказе за ту тврдњу, али ти докази нису у складу са потврђеним чињеницама и због тога смо их одбили“.
У много случајева пресуда се ослања на гласине. Изнова и изнова, параграфи пресуде почињу речима „Сведоку је речено…“. Захваљујући корумпираним правницима, попут бившег канадског тужиоца Луиз Арбур, докази из друге или чак треће руке на овим суђењима узимани су за легитимне, док су у остатку света забрањени, јер сведочење из друге руке не може бити потврђено, односно не може бити проверена његова поузданост и прецизност.
Нисам био у могућности да посматрам велики део суђења – изузев с времена на време путем видео линка – па не могу да коментаришем све чињеничне налазе судија који се појављују у њиховој дугачкој и монотоној пресуди, којом се осуђују генерал Младић и српска влада. Они који су упознати са правом историјом догађаја разумеће да се у сваком параграфу пресуде налази ни мање ни више него иста она NATO пропаганда која је изношена још за време конфликта, само прилагођена да личи на пресуду.
ОЗБИЉАН ПРОБЛЕМ СВЕДОЧЕЊА
Јер то и није пресуда. Права пресуда у кривичном поступку требало би да садржи доказе тужиоца, доказе одбране и аргументе обе стране о тим доказима. Мора садржати упућивање на исказе сведока, како на оне изнете самостално, тако и на доказе изнете током унакрсног испитивања. Затим мора постојати образложена одлука судија о валидности сваке стране и њихових образложених закључака. Али тешко ћете успети да пронађете било какав траг доказа одбране у овом документу (мисли се на пресуду; прим. прев.). Нисам успео да пронађем ништа осим неколико референци у гомили параграфа и пар фуснота у којима се искази сведока одбране кратко помињу само да би били одбачени јер се не слажу са тужиочевом верзијом догађаја.
Још шокантније је што има мало референци о вербалним сведочењима, тј. исказима сведока. Уместо тога помињу се искази „експерата“ повезаних са CIA, Стејт департментом или неком другом NATO обавештајном агенцијом која је изнела своју верзију историје, коју судије безусловно прихватају. Не постоји ниједна референца о било каквим експертима одбране.
Сходно томе, од судија нема образложених закључака о томе зашто су одлучили да прихвате доказе оптужбе, али не и доказе одбране. Читајући ово, намеће се закључак да одбрана није ни била присутна, осим визуелно. То није пресуда.
Али постоји нешто још проблематичније у вези са овом „пресудом“. Није могуће закључити да ли су многи сведоци на које се пресуда позива сведочили лично, јер је мало референци о самом суђењу. Уместо тога, имамо безбројна позивања на разне документе и „изјаве сведока“.
То је важан фактор на оваквим суђењима јер се поставља питање да ли су изјаве сведока заиста постојале или се ради о наводним изјавама које су наводни сведоци дали истражитељима и адвокатима који раде за тужилаштво. Из других случајева познато је да ове изјаве често конструишу адвокати за кривично гоњење, као и истражитељи, и потом их представљају као „сведочења“ по сећању. Такође знамо да „сведоци“ често доспевају у центар пажње тужилаштва због индиција да су унајмљени за изношење лажног сведочења.
На Руандском трибуналу смо вршили агресивна унакрсна испитивања оваквих „сведока“, који би неизбежно бивали раскринкани јер нису могли да запамте скрипте које су им додељене. Такође смо их испитивали о састанку са особљем тужилаштва, како су рађени интервјуи и како су настале њихове изјаве. Резултат је био срамотан за тужилаштво, јер је постало очигледно да су били у дослуху са истражитељима с циљем да манипулишу, изврше притисак и утичу на „сведоке“, односно да су саучесници у лажном сведочењу.
Даље, важно је да свако ко чита ову „пресуду“ има могућност да се позове на странице у транскриптима где се налазе искази сведока, шта су сведочили и шта су рекли у унакрсном испитивању. Јер изјава није исто што и сведочење; то је само изјава.
САСТАНАК У ХОТЕЛУ ФОНТАНА
Изјава не може бити коришћена као доказ. За то је потребно да сведок уђе у судницу и под заклетвом каже шта је видео. Они тада могу бити испитивани како би се проверила поузданост сведока, евентуална пристрасност, кредибилитет итд. Али у овом случају имамо стотине референци на „изјаве сведока“. То указује да судије своју „пресуду“ нису засновале на сведочењима сведока (као што би био случај да су позивани да сведоче), већ на њиховим писаним изјавама које је припремило тужилаштво, без икаквог унакрсног испитивања одбране.
Из пресуде се уопште не може закључити да ли је иједан од реферисаних сведока заправо сведочио или није. Ако јесу, онда би требало да буде цитирано њихово сведочење, а не изјаве. Једина ваљана сврха изјава јесте да адвокате обавесте шта ће сведок вероватно рећи у судници и да представе случај тужилаштва како би одбрана могла да се припреми и те изјаве искористи током унакрсног испитивања сведока, упоређујући их са сведочењем под заклетвом.
Формула је једноставна. Сведок тужилаштва улази у судницу, бива замољен да каже шта је видео о одређеном догађају и потом одбрана испитује сведока.
„Господине Сведок, у вашој изјави, дана тог и тог, рекли сте то и то, али данас кажете ово. Хајде да истражимо ову противречност“.
Тако би требало да иде. Али у овом случају од тога нема ни трага.
Требало би написати књигу да се наведу сви проблеми са „суђењем“ који проистичу из ове пресуде. Један од репрезентативних примера односи се на Сребреницу и познати састанак који се у хотелу Фонтана у Братунцу одржао 11. јула 1995, на којем се генерал Младић срео са пуковником холандских миротвораца (ради се о Томасу Каремансу, заповеднику холандског батаљона; прим. прев.) како би се организовала евакуација цивила на подручју Сребренице и потенцијално полагање оружја 28. дивизије Армије БиХ. Постоји видео запис са тог састанка доступан на сајту Youtube.
Парафразирајући садржај снимка, види се како генерал Младић пита због чега су NATO авиони бомбардовали његове позиције и убијали његове људе. Пита због чега су снаге УН кријумчариле оружје за босанску војску. Пита због чега су снаге УН покушале лично да га убију. На свако од питања добија извињење од холандског официра. Потом га Младић пита жели ли да умре, на шта овај одговара одрично. Младић му реплицира да ни његови људи нису желели да умру и пита због чега је на њих пуцао. Нема одговора.
„ПРЕСУДА“ ЈЕ NATO ПОНИЖЕЊЕ ЗА СРБИЈУ
У остатку видеа дискутује се о плану за евакуацију града. Током дискусије Младић официрима УН нуди цигарете и вино да се спусти тензија. За мене као адвоката ово је кључни елемент одбране од оптужби за Сребреницу. Али у пресуди се ниједном не помиње тај видео. Уместо тога, позива се на сведочења неколико УН-NATO официра присутних на састанку који су тотално изокренули све што је речено. Нема индиција да је одбрана унакрсно испитала ове лажове уз помоћ снимка, по принципу „Господине, кажете да је речено то и то, али из снимка се види да нисте у праву. Како то коментаришете?“ Тога нема нигде. Да ли је то искоришћено па игнорисано од стране суда или уопште није коришћено? Не знам, али је јасно да се не налази у пресуди зато што би оборило цео случај. Јер чак и из овакве пресуде је јасно да су борци 28. дивизије одбили да положе оружје и да су почели да се пробијају ка Тузли. Већина их је погинула у борби. Многи су узети за затворенике. Део босанских сведока тврди да су ови затвореници масакрирани. Али њихово сведочење је било једно од оних „једини сам чудом преживео масакр“
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https://www.facebook.com/ucraina.antifascista.bo/posts/1601116269910924
Comitato Ucraina Antifascista Bologna, 27/11/2017
APPELLO IMPORTANTE IN ITALIANO E RUSSO
Cari compagni, per il prossimo Natale vi chiediamo un aiuto speciale:
Misha (Mihail Matvienko) è un giovane uomo di 22 anni, è nato e cresciuto a Donetsk, allevato dalla mamma e senza il papà. Studente del liceo e sportivo, nel maggio del 2014 si unisce al Battaglione Vostok per combattere il fascismo. Nel settembre del 2014 rimane gravemente ferito a causa dell\'esplosione di una mina e subisce l\'amputazione di entrambi i piedi e di una mano, purtroppo Misha perde anche la vista. Si trasferisce a Mosca, dove lo abbiamo incontrato, aiutato da alcuni volontari per sottoporsi a cure mediche. Attualmente frequenta l\'Università e coltiva il sogno di ritornare a Donetsk, crearsi una famiglia ed aprire una scuola che formi i ragazzi alla educazione e al rispetto per gli altri.
Misha è solito ripetere: \" finché avrò sangue nelle vene non sono finito, la pace in Ucraina tornerà solo quando il popolo avrà consapevolezza che c\'è la guerra.\"
Decorato con due medaglie al valore per il suo coraggio e la difesa dello storico monumento di Saur Mogila, ha un animo cosacco che lo aiuta ad affrontare le durezze della vita.
Misha ha bisogno della nostra solidarietà, una importante operazione all\'occhio potrebbe ridonargli la vista.
Compagni, sottoscrivete, contattateci in privato o versate un aiuto concreto sul conto:
CONTO BANCOPOSTA n. 88411681 intestato a JUGOCOORD ONLUS, Roma
IBAN: IT 40 U 07601 03200 000088411681. Causale \"Per Misha\".
Grazie
Миша (Mihail Matvienko) - молодой человек, 22-ух лет. Родился и вырос в Донецке. До войны учился, работал и занимался спортом, как и большинство молодых людей, его возраста.
В мае 2014 вступил в батальон \" Восток \" и воевал против фашистов. В сентябре того же года, в результате минно - взрывного ранения, Миша получил тяжелые увечья : ампутация обеих нижних конечностей, ампутация правой кисти, потеря зрения , частичная потеря слуха. Благодаря неравнодушным людям, с целью получения медицинской помощи, Миша был приглашен в Москву, где и проживает вместе с мамой. В этом году он поступил в один из Московских вузов на факультет психологии.
Награжден двумя медалями : \" За боевые заслуги \", \" Защитнику Саур-Могилы \".
Справляться с жизненными трудностями Мише помагает козацкий дух, вера в добро и справедливость. Мечтает вернуться в Донецк, снова видеть, создать семью.
Сейчас Мише необходима наша поддержка и солидарность. Товарищи, друзья подписывайтесь или пишите в личные сообщения.
Спасибо!
\"Война на Украине закончится тогда, когда люди наконец поймут, что идет война \". ( Миша )
Il programma: https://www.facebook.com/events/1589719677755710/
★ Alle 17.00 interverrà la redazione della rivista #Antitesi con la presentazione della seconda parte del nuovo numero \"Comunisti: imparare dal passato, agire nel presente, trasformare il futuro\", all\'interno dell\'assemblea-dibattito \"La Rivoluzione d\'Ottobre e noi\" sull\'attualità degli insegnamenti dell\'esperienza sovietica nella fase attuale.
★ Alle 20.00 saremo in compagnia dell\'Associazione Nova Harmonia per una cena popolare, il cui ricavato sarà devoluto in solidarietà alle popolazioni del Donbass. (Per la cena è gradita la conferma della partecipazione entro venerdì 1).
★ Alle 21.30 si terrà una performance audio-visiva: verrà proiettata la pellicola \"Ottobre\" del maestro Sergej Michajlovič Ėjzenštejn con la risonorizzazione live a cura del Collettivo Foa Boccaccio 003.
La memoria di ieri per la lotta di oggi!
Partecipa e diffondi.
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