Informazione



All’attenzione di ANPI e ANVRG: SULLA ONORIFICENZA A TITO

Posted on 1 ottobre 2013 by admin
 

Da: Dieci Febbraio <diecifeb @ diecifebbraio.info>

Oggetto: All’att.ne di ANPI e ANVRG

Data: 25 luglio 2013 09.48.27 GMT+02.00

A: info @ anpi.it, comitatonazionale @ anpi.it, anpisegreteria @ libero.it, ufficiostampa @ anpi.it, camiciarossa @ virgilio.it, annita.garibaldi @ fastwebnet.it

 
 
Spett.li 
Ass. Naz. Partigiani Italiani (ANPI)
Ass. Naz. Veterani e Reduci Garibaldini (ANVRG)

Riportiamo in calce il documento recentemente prodotto dalla ANVGD (Ass. Naz. Venezia Giulia Dalmazia) con il quale si richiede “al Presidente Napolitano, al Presidente del Consiglio Letta e all’Ufficio Cerimoniale del Quirinale” di revocare la onorificenza di Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana a suo tempo (1969) conferita al maresciallo TITO, rectius Josip BROZ, dall’allora presidente Saragat.

L’iniziativa della ANVGD va respinta e denunciata nella maniera più energica per i motivi di merito, di metodo e di opportunità che andiamo sinteticamente ad esporre nel seguito.

Riteniamo che le vostre Associazioni siano le più titolate a rispondere nella necessaria maniera a questa operazione di riscrittura revisionista della Storia, che è motivata da cieco furore ideologico. Nel porre una questione apparentemente solo specifica e simbolica, la ANVGD getta invece generale discredito sul movimento antifascista e partigiano più forte e massiccio che si sia sviluppato in Europa nel corso della II Guerra Mondiale, quello jugoslavo, e colpendone il leader politico e militare infanga l’insieme dei valori e delle speranze che quel movimento ha rappresentato. Nello specifico jugoslavo la ANVGD sceglie di schierarsi dalla parte dei perdenti, dalla parte dei nazionalismi, che allora come oggi hanno minato la convivenza delle genti balcaniche. La ANVGD insulta così non solo i valori di Fratellanza e Unità cui la Resistenza jugoslava si richiamò sempre, sia testualmente che nella realtà dei fatti, ma anche proprio lo spirito unitario, internazionalista e anti-nazionalista che la Resistenza Europea nel suo complesso ha inverato.

Le vostre Associazioni hanno per finalità istituzionale quella di tutelare le memorie ed i valori delle Resistenze europee, di sottolinearne il carattere unitario e di ribadire le ragioni delle parti che, in quel conflitto disumano voluto dal Fascismo e dal Nazismo, si allearono assieme per la vittoria della libertà e della giustizia sociale. In particolare per quanto riguarda l’Italia, è vostro compito istituzionale-statutario quello di tramandare la memoria del sacrificio dei combattenti “garibaldini”, partigiani italiani in Jugoslavia, che dopo l’8 Settembre a decine di migliaia scelsero di stare dalla parte giusta, coordinando le proprie azioni con quelle dell’Esercito Popolare di Liberazione della Jugoslavia guidato da Tito. In proposito ha scritto opportunamente Sandro Pertini:

« La nascita del nuovo esercito italiano “inteso come esercito democratico antifascista e parte integrante della coalizione antihitleriana nella seconda guerra mondiale” deve essere anticipata, alcuni mesi prima della storica battaglia per la conquista di Monte Lungo a Cassino, al 9 ottobre 1943, quando il Generale Oxilia, Comandante della Divisione di Fanteria da montagna “Venezia”, forte di dodicimila uomini, dette ordini alle sue truppe di attaccare i nazisti, coordinando le azioni militari con l’esercito popolare di liberazione della Jugoslavia.

(…) Emerge l’imponente contributo offerto dagli italiani alla lotta per la liberazione della Jugoslavia: per numero, perchè si è parlato di circa 40mila italiani coinvolti nella lotta partigiana; per mezzi, ricordo l’armamento, l’assistenza tecnica e logistica offerta dalle unità italiane all’esercito di liberazione jugoslavo. Con commozione rilevo sopra a tutto il grande sacrificio di vite umane compiuto dagli italiani: di 24mila soldati italiani che l’8 settembre 1943 costituivano gli effettivi delle divisioni “Venezia” e “Taurinense” furono meno di 3500 i sopravvissuti.

Il contributo italiano, dunque, alla liberazione della Jugoslavia si colloca tra i maggiori che le Nazioni alleate e cobelligeranti fornirono a quelle forze partigiane e ripete un momento particolarmente significativo per l’amicizia e la collaborazione italo-jugoslava(…) L’avventura fascista aveva interrotto la fratellanza tra i due popoli che si era instaurata non soltanto negli anni duri della prima guerra mondiale, ma nel pieno del Risorgimento italiano, quando Giuseppe Mazzini nel 1857 pubblicò le sue “Lettere slave” e previde con estrema lucidità che il moto d’indipendenza degli Slavi del Sud sarebbe stato il più importante, dopo l’italiano, per l’Europa futura. » [Introduzione di Sandro Pertini a “Il contributo italiano alla Resistenza in Jugoslavia”, Atti del convegno di studi tenuto a Lucca il 21 giugno 1980. Istituto Storico Provinciale Lucchese della Resistenza. Lucca: Maria Pacini Fazzi Editore, 1981.]

Il carattere mistificatorio e anti-partigiano della operazione della ANVGD impone probabilmente dei passi formali e simmetrici, inclusa forse la scrittura di una memoria o contro-istanza da presentare agli stessi referenti istituzionali e da pubblicizzare ampiamente. Tale contro-istanza dovrebbe a nostro avviso evidenziare almeno le seguenti MOTIVAZIONI:

DI MERITO

Le gravissime accuse rivolte dal dr. Antonio Ballarin contro la figura di Tito sono tutte grossolanamente false.

Non è mai esistito piano jugoslavo per la “pulizia etnica” degli italiani, ma viceversa il movimento di liberazione jugoslavo, così come la Repubblica federativa che da esso scaturì, ebbero carattere eminentemente multinazionale e internazionalista.

Ad attestare questo è anche la semplice logica dei numeri: nel caso di Gorizia, cosa abbia a che fare l’arresto di 650 persone su circa 40.000 abitanti con una ipotetica “pulizia etnica”, in un contesto in cui tutta l’Europa era falcidiata da massacri di enormi proporzioni, è un mistero. La permanenza in Istria e Dalmazia di decine di migliaia di italiani dopo la seconda guerra mondiale e fino ad oggi, con tutte le loro prerogative culturali ed il pieno godimento dei diritti politici, sta a dimostrare l’insussistenza delle velenose accuse di Ballarin.

Il dr. Ballarin omette ogni riferimento concreto per un presunto ordine di «eliminazione degli elementi legati al fascismo e/o dichiaratisi antititoisti»: in effetti non può indicare alcun documento, perché non esiste nessun ordine del genere. Da quale fonte deriverebbero queste «stime più acceditate» e in base a quali elementi? La stessa categoria dei “titoisti” è dal punto di vista storiografico insussistente fino al 1948, quando con la rottura tra la Jugoslavia ed il Cominform si determinò effettivamente uno schieramento, che nulla però aveva a che fare con le nazionalità, ma divise invece i comunisti tra tendenze opposte.

Il suddetto ipotetico “ordine di eliminazione” non è mai esistito e peraltro non esiste alcun elemento che possa indicare Tito quale ispiratore di simili politiche di sterminio “etnico” o “politico”. La “presunzione di colpevolezza” della ANVGD nei confronti di Tito è una abiezione dal punto di vista storiografico ed è un puro pregiudizio ideologicamente connotato.

D’altronde, il 4 luglio 1941 non venne affatto proclamata una generica mobilitazione, ma il PC jugoslavo chiamò i popoli jugoslavi all’insurrezione, da condurre peraltro per gradi e inizialmente con azioni limitate: fu cioè l’atto con cui si diede inizio alla Resistenza antifascista in tutte quelle terre. Il modo sospettoso ed ingiurioso con cui il dr. Ballarin vi fa riferimento parla da solo in merito alle convinzioni ed alle finalità dell’estensore.

DI METODO 

L’istanza del dr. Ballarin non a caso si sofferma su possibili trucchi legali che consentano il ritiro dell’onorificenza. Trucchi legali, perché una tale eventualità non è contemplata dalla normativa specifica per un soggetto defunto, defunto peraltro dopo anni di governo pacifico caratterizzato da ottimi rapporti nel difficile contesto internazionale, e specialmente ottime relazioni di vicinato con l’Italia. I due paesi rafforzarono ulteriormente la loro amicizia negli anni successivi alla attribuzione dell’onorificenza, risolvendo annose questioni e dilemmi confinari che avevano avuto origine ben prima della II G.M. e si erano protratte ancora negli anni della Guerra Fredda. Con il Trattato di Osimo nel 1975 Italia e Jugoslavia pervenivano ad accordi storici con mutuo vantaggio: l’onorificenza attribuita da Saragat preludeva a quel clima di collaborazione e di fratellanza che ad Osimo avrebbe trovato una sanzione diplomatica. Il ritiro della onorificenza, legalmente insostenibile, sarebbe un atto di grave scorrettezza postuma non motivato da fatti successivi al 1969, ed il tradimento di quei sentimenti e aspirazioni alla pace che al tempo di presidenti come Saragat e Pertini si cercò di realizzare.


(slovenscina / italiano)

Iniziative segnalate

1) Roma-Firenze: "Ivo Andrić – scrittore e/o diplomatico"
2) Trieste-Trst 7/10/2013: INCONTRO SULLA SITUAZIONE DELLA RICERCA NEL CAMPO DEL PATRIMONIO STORICO / SREČANJE NA TEMO STANJA NA PODROČJU RAZISKOVANJA ZGODOVINSKEGA IZROČILA


=== 1 ===

Esposizione all’Ambasciata serba a Roma

26. 09. 2013. - L’esposizione del Museo della città di Belgrado “Ivo Andrić – scrittore e/o diplomatico” verrà aperta stasera a Roma alla galleria dell’Ambasciata di Serbia. All’apertura della mostra prenderanno parte l’ambasciatrice Ana Hrustanović, la professoressa dell’Università “La Sapienza” Francesca Bernardini, il professore dell’Università “Roma Tre” Mauro Miccio e l’autrice dell’esposizione Tatjana Korićanac. La prossima tappa dell’esposizione sarà Firenze, in occasione delle Giornate della cultura balcanica nel mese di ottobre. La mostra è stata aperta con l’appoggio del Ministero della cultura e dell’informazione...

---

http://ansamed.ansa.it/ansamed/it/notizie/rubriche/cultura/2013/09/27/Italia-Serbia-Ivo-Andric-ponte-Roma-Belgrado_9368373.html

Italia-Serbia: Ivo Andric ponte tra Roma e Belgrado

Ambasciata dedica mostra a scrittore. Dassù, sempre più uniti

(ANSAmed) - ROMA, 27 SET - Ivo Andric, scrittore, diplomatico e intellettuale europeo. Giunge nella sede dell'ambasciata di Serbia a Roma la mostra itinerante dedicata all'intellettuale jugoslavo premio Nobel nel 1961 per Il ponte sulla Drina. Una esposizione documentaria che ripercorre la vita e la carriera dello scrittore "nato in Bosnia, di fede cattolica, serbo per adozione e jugoslavo per appartenenza", come lo stesso Predrag Matvejevic lo definì, che tra il 1922 e il 1923 soggiornò a Trieste, dove lavorava al consolato del Regno dei Serbi, Croati e Sloveni. Curata da Tanja Koricanac e organizzata dal Museo della città di Belgrado, la mostra storico-documentaria è stata presentata per la prima volta a Gorizia nel 2010. Ad accompagnare il visitatore lungo il percorso, testimonianze inedite di Andric e riflessioni tratte dai suoi taccuini. Un'occasione per ribadire i forti legami che esistono tra Roma e Belgrado, ha ricordato inaugurando ieri sera la mostra l'ambasciatore di Serbia in Italia, Ana Hrustanovic. "Ivo Andric - ha detto - si mosse da Est a Ovest, da Bucarest a Madrid, da Parigi a Ginevra, da Berlino a Roma e questa mostra segue i suoi passi. Non a caso, però, il suo itinerario inizia e finisce proprio qui, in Italia, ponte naturale con l'Unione europea".
Concretamente, "speriamo che entro la fine dell'anno o all'inizio dell'anno prossimo la Serbia possa iniziare formalmente i negoziati con l'Ue". La certezza di potere contare su "di un ponte affidabile come l'Italia", ha proseguito la diplomatica, "rende il tragitto molto più facile e se vogliamo piacevole". Auspicio condiviso anche dal viceministro degli Esteri, Marta Dassù, che si è detta convinta della data di apertura dei negoziati prevista per gennaio. "Siamo sempre più uniti - ha ribadito - non soltanto per i nostri legami passati, ma anche presenti e futuri". Prossima tappa, ha concluso Dassù, il vertice bilaterale di Ancona del 10 ottobre.(ANSAmed).


=== 2 ===

Da:  Trieste USB <trieste@ usb.it>

Oggetto:   invito a incontro pubblico sulla situazione della conservazione e della ricerca nel campo del patrimonio storico /vabilo na javno srečanje na temo stanja na področju ohranjanja in raziskovanja zgodovinskega izročila

Data:  18 settembre 2013 10.39.45 GMT+02.00



http://www.diecifebbraio.info/2013/09/trieste-trst-7102013-incontro-sulla-situazione-della-ricerca-nel-campo-del-patrimonio-storico-srecanje-na-temo-stanja-na-podrocju-raziskovanja-zgodovinskega-izrocila/


Trieste-Trst 7/10/2013: INCONTRO SULLA SITUAZIONE DELLA RICERCA NEL CAMPO DEL PATRIMONIO STORICO / SREČANJE NA TEMO STANJA NA PODROČJU RAZISKOVANJA ZGODOVINSKEGA IZROČILA


Trieste/Trst 12.9.2013
 
Spoštovani 
naša sindikalna organizacija - Temeljna sindikalna zveza / Unione Sindacale di Base - prireja v ponedeljek, 7. oktobra 2013, ob 17h, v dvorani A3 (3. nadstropje) Višje šole modernih jezikov za tolmače in prevajalce (bivši Narodni dom), ul. F. Filzi 14, v Trstu, javno srečanje na temo stanja na področju ohranjanja in raziskovanja zgodovinskega izročila, s posebnim ozirom za primer Odseka za zgodovino Narodne in študijske knjižnice (zaprtje prostorov, nedostopnost gradiva, odpust zadnjega zaposlenega, izničenje osebja). Po mnenju našega sindikata je nujno, da se razvije široka in razvejana javna razprava o ohranjanju zgodovinskega spomina in kulturnih dobrin, o zaposlovanju in delu na področju kulture in znanosti ter o zapletenih odnosih med skupnostjo (manjšinsko in širšo), njenimi predstavniškimi organizacijami ter političnimi institucijami tudi v vidivku možnih rešitev sedanje precej kritične situacije. Na srečanju so predvideni kratka posegi odgovornega vsedržavnega vodstva USB za področje raziskovanja in USB Trst o primeru Odseka za zgodovino Narodne in študijske knjižnice ter drugi posegi o pomenu ohranjanja zgodovinskega bogastva slovenske manjšine, o realnosti dela na področju zgodovinskega raziskovanja, o stanju nekaterih pomembnejših zgodovinsko raziskovalnih in arhivskih ustanov in o stvarnoti zasebnih zbirk in muzejev.  Sledila bo debata. Poskrbljeno bo za simultano prevajanje iz slovenščine v italijanščino in obratno. Vljudno vas vabimo, da se udeležite našega srečanja.
Lep pozdrav
za USB – Zaposleni v zasebnem sektorju
Willy Puglia
 
Spettabile
L' Unione Sindacale di Base (USB) di Trieste organizza lunedì 7 ottobre 2013, alle ore  17, a  Trieste in via Filzi 14 (Scuola Superiore di Lingue Moderne per Interpreti e Traduttori, ex Narodni dom), aula A3 (3° piano) un incontro pubblico sulla situazione della conservazione e della ricerca nel campo del patrimonio storico, con un particolare riguardo alla vicenda della Sezione storia della Biblioteca nazionale slovena e degli studi (chiusura dei locali, inaccessibilità del materiale, licenziamento dell'ultimo dipendente, azzeramento del personale). E' opinione di questo sindacato che si imponga un'ampia ed articolata riflessione pubblica sulle questioni della conservazione della memoria storica, delle istituzioni culturali e scientifiche, del lavoro in campo culturale e scientifico e dei complessi rapporti fra comunità (slovena e non), le sue articolazioni rappresentative e le istituzioni anche al fine di individuare possibili soluzioni alla non rosea situazione attuale. L'incontro prevede l'intervento di un responsabile nazionale USB del settore ricerca, un intervento di USB Trieste sulla situazione della Sezione storia della Biblioteca nazionale slovena e degli studi nonché altri interventi sull'importanza della tutela del patrimonio storico della minoranza slovena, sulla realtà del lavoro nel campo della ricerca storica, sulla situazione di alcuni dei maggiori enti regionali di conservazione e ricerca e sulla realtà di musei e raccolte privati, il tutto seguito da un dibattito. Sarà assicurato il servizio di traduzione simultanea dall'italiano allo sloveno e viceversa. Vogliate accogliere il nostro cordiale invito a partecipare al nostro incontro. 
Cordiali saluti
per USB – Lavoro privato
Willy Puglia



===

Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia - ONLUS
https://www.cnj.it/
http://www.facebook.com/cnj.onlus/

=== * ===



Invita i tuoi amici e Tiscali ti premia! Il consiglio di un amico vale più di uno spot in TV. Per ogni nuovo abbonato 30 € di premio per te e per lui! Un amico al mese e parli e navighi sempre gratis: http://freelosophy.tiscali.it/


(francais / italiano)

Ispettori dei miei stivali

1) L'inganno degli "ispettori internazionali" (G.Zambon)
2) Moscou accuse les inspecteurs de l'ONU de "parti pris" sur l'attaque chimique en Syrie (AFP 18/9/2013)
3) L’attacco chimico a Ghuta: dove sono finiti i bambini?
4) Haisam detto Abu Omar, il "nuovo italiano" che piace tanto a Bersani e al PD


LINK: 

Bachar al-Assad gagne la bataille de la communication

Al-Qaeda en Siria disfrutando de una carpa de USAID!


=== 1 ===


L’INGANNO DEGLI „ISPETTORI INTERNAZIONALI“
 
La storia delle cosiddette ispezioni internazionali è molto istruttiva.

Tutti ricordiamo come gli „ispettori internazionali“ durante la guerra decisa dalla NATO con l’obiettivo dello smembramento della Federazione Jugoslava dettero un esempio da manuale di come si possa ingannare l’opinione pubblica.
Non solo si prestarono spudoratamente a omologare come stragi di civili imputate ai serbi diversi fatti d’arme dove i serbi erano innocenti o addirittura vittime (primo bombardamento al mercato di Sarajevo, secondo bombardamento al mercato di Sarajevo, Racak, Srebrenica)  ma si spinsero sino a comunicare alla NATO le coordinate GPS degli obiettivi militari serbi da colpire.

La tattica seguita durante i preparativi della guerra in Iraq fu ancor più raffinata.
Gli agenti dei servizi segreti dei paesi occidentali che operarono in Iraq nelle vesti di ”osservatori internazionali”, dopo aver setacciato il paese in lungo e in largo, non avendo trovato traccia alcuna delle armi di distruzione di massa con le quali “la libera stampa” continuava incessantemente a terrorizzare l’opinione pubblica mondiale, decisero di abbandonare improvvisamente il paese dichiarando davanti alle telecamere di essere costretti a farlo, perché le autorità irachene non collaboravano e anzi ostacolavano i loro movimenti.
Interrogato dieci anni dopo sulle ragioni che lo avevano spinto a mentire in maniera tanto plateale, il signor Butler, capo degli osservatori internazionali, dichiarò candidamente: “non potevo deludere i miei superiori”.
 
E che dire oggi dell’operazione di inganno cui si prestano gli osservatori internazionali in Siria?
Abbiamo atteso, giorno dopo giorno, il loro verdetto.
Eravamo soggettivamente convinti, sulla base di ragionamenti induttivi, che mai e poi mai il governo siriano sarebbe stato tanto sciocco da far coincidere con l’arrivo degli osservatori internazionali l’uso di quelle armi chimiche che, sin dall’inizio del conflitto, esso si era solennemente impegnato a impiegare soltanto contro le truppe straniere se queste avessero tentato di invadere il paese.
Ma la nostra non era –come si suol dire- una “certezza matematica”. Per questo attendevamo con ansia il “verdetto” degli osservatori.
Ma i giorni passavano e gli “osservatori” tacevano. Già questo loro prolungato silenzio era motivo di dubbio e preoccupazione. A quali enormi pressioni politiche venivano essi sottoposti? Nessuno è in grado dirlo.
Ed ecco finalmente con una decina di giorni di ritardo la “notizia bomba”: gli osservatori internazionali dichiarano di aver trovato traccia di sostanze chimiche proibite nei dintorni di Damasco! Che prodezza, che temerarietà!
Gli osservatori internazionali confermano dunque, nientepopodimeno... un fatto di cui siamo a conoscenza e che entrambi i partiti in lotta erano concordi sin dall’inizio di denunciare!
Una simile “incredibile” notizia è stata accompagnata dalla solita stampa di regime con l’ineffabile commento “...agli osservatori internazionali non era stato assegnato il compito di stabilire la responsabilità dell’uso delle armi chimiche”.
 
Kafka era solo un dilettante. Una simile assurdità può solo essere spiegata nel senso che i veri responsabili dell’uso delle armi chimiche non possono e non devono venir denunciati.
 
Saranno governi “democratici” e le agenzie di stampa imboccate dal Mossad, a trarre, dalle scarne dichiarazioni dei miopi osservatori internazionali, le necessarie conseguenze.
Giorno dopo giorno, aumentando il proprio “volume di fuoco” le fonti d’informazione hanno lavorato l’opinione pubblica e i “non addetti ai lavori”, cioè la maggioranza della popolazione è convinta che a usare i gas sia stato Assad.
 
Lontane e indistinte sono le dichiarazioni di Carla Del Ponte, risalenti ad alcuni mesi or sono e subito dimenticate: “tutto fa credere che siano stati i “ribelli” ad usare le armi chimiche”.
Quella stessa Carla Del Ponte che compariva tre volte al di’ sui teleschermi per condannare la brutalità e le colpe dei serbi e  di Milošević dal pulpito di un tribunale NATO con sede all’Aja, viene invece ora sistematicamente oscurata e ignorata dagli zelanti giornalisti dell’impero...
 
Giuseppe Zambon


=== 2 ===


Moscou accuse les inspecteurs de l'ONU de "parti pris" sur l'attaque chimique en Syrie

 MOSCOU, 18 sept 2013 (AFP) - La Russie a accusé mercredi de "parti pris" les inspecteurs de l'ONU qui ont enquêté sur une attaque chimique en Syrie, et a affirmé avoir reçu de Damas des éléments appuyant la thèse d'une provocation des rebelles.
 "Nous sommes déçus, c'est le moins qu'on puisse dire, de l'approche qui a été celle du secrétariat de l'ONU et des inspecteurs de l'ONU qui se trouvaient en Syrie, qui ont préparé leur rapport de manière sélective et incomplète, sans prendre en compte des éléments que nous avions à plusieurs reprises signalés", a déclaré le vice-ministre russe des Affaires étrangères Sergueï Riabkov, cité par les agences depuis Damas.
 "Sans avoir un tableau complet de ce qui se passe ici, on ne peut considérer les conclusions auxquelles sont parvenues les inspecteurs de l'ONU que comme des conclusions politisées, de parti pris et unilatérales", a-t-il déclaré.
 Le diplomate russe, arrivé à Damas mardi soir, a souligné que les inspecteurs avaient rédigé leur rapport sur l'attaque du 21 août près de Damas "sans chercher d'éléments sur trois autres cas, ce à quoi les appelait la partie syrienne, et ce à quoi nous les appelions nous-mêmes".
 Il a ajouté que des "éléments" avaient été transmis aux Russes par la Syrie pour appuyer la thèse d'une provocation des rebelles. 
"Les éléments (de preuve) correspondants ont été transmis à la partie russe", a-t-il déclaré.  "Il nous a été dit qu'ils témoignaient du fait que les rebelles sont impliqués dans l'attaque chimique", a ajouté M. Riabkov. 
"La Russie a commencé l'analyse de ces informations complémentaires. Nous ne pouvons pour l'instant faire de conclusions, mais (...) nous sommes enclins à considérer avec le plus grand sérieux les éléments de la partie syrienne sur l'implication des rebelles dans l'attaque du 21 août", a-t-il encore déclaré.
 "Les experts russes se chargent de l'analyse (de ces éléments). Nous considérons que cela va permettre de renforcer les témoignages et les preuves de l'implication des rebelles dans le recours à l'arme chimique", a encore déclaré M. Riabkov.


=== 3 ===


L’attacco chimico a Ghuta: dove sono finiti i bambini?

RETE VOLTAIRE | MOSCA (RUSSIA)  | 21 SETTEMBRE 2013

Il rapporto delle Nazioni Unite, pubblicato all’inizio di questa settimana, sul presunto utilizzo di armi chimiche nella zona di Ghuta a Damasco, il 21 agosto 2013, ha chiarito molte questioni ma ha lasciato senza risposta le domande fondamentali: chi ha compiuto l’attacco e chi sono le vittime?
Il gruppo di ispettori delle Nazioni Unite guidato dal prof. Ake Sellstrom, sostiene di aver raccolto “prove convincenti dell’utilizzo di razzi superficie-superficie contenenti gas nervino Sarin...”, razzi del calibro di 140 mm sarebbero stati lanciati da una località non specificata, da qualche parte “nel nord-ovest.” [1] Il rapporto indica che il gruppo di ispettori fosse protetto da forze dell’opposizione nei siti di indagine e che tali aree “…erano state visitate da altri individui, sia prima che durante l’indagine“. Si afferma inoltre che “frammenti e altre possibili prove sono chiaramente state manipolate prima dell’arrivo della squadra investigativa.” Gli esperti si sono inoltre lamentati del “periodo di tempo assai limitato per condurre un’indagine dettagliata”.
Secondo una ricerca di New Oriental Outlook, il calibro dei razzi suggerisce che un lanciarazzi multiplo di fabbricazione sovietica BM-14, da 140 mm, sia stato probabilmente utilizzato per bombardare Ghuta orientale. Questo lanciarazzi, progettato nel 1951, in precedenza faceva parte dell’arsenale dell’esercito siriano, fino a quando non fu sostituito decenni fa dai più recenti lanciarazzi BM-21 (Grad, calibro 122 mm, progettato nel 1963) e Tipo 63 (da 107 mm) di fabbricazione cinese. Tuttavia, solo i vecchi BM-14 sono ampiamente disponibili nella regione e sono stati utilizzati, per esempio, dai ribelli algerini negli anni ’90 e dai taliban nel 2000. Sono molto compatti e potrebbero facilmente esser stati segretamente trasportati in una qualsiasi posizione, quella notte fatale, anche nella zona controllata dalle forze governative. Pertanto la posizione presunta della piattaforma di lancio è insignificante, quando si sarebbe potuto utilizzare un qualsiasi punto della periferia abbandonata di Damasco, che si trovasse entro il suo raggio d’azione.
Un altro dettaglio è stato reso pubblico, l’etichetta trovata su una testata. Mikhail Barabanov, esperto del Centro russo per l’analisi delle strategie e delle tecnologie, ha commentato che questa etichetta corrisponde a quelle dei razzi prodotti nel 1967 a Novosibirsk (Russia). Ci si potrebbe giustamente chiedere perché l’esercito siriano avrebbe lanciato un razzo vecchio di 46 anni, quando ha abbondanti scorte di armi moderne e molto più affidabili. E’ anche interessante notare che la produzione di armi chimiche in Siria ha avuto inizio nel 1990, quando impianti chimici furono costruiti presso Damasco, Homs, Hama e Aleppo. Così, quei razzi, pieni di agenti chimici, devono essere datati alla stessa epoca o successiva. Se la data di produzione di un razzo non corrisponde alla data di produzione del suo agente chimico, è ovvio che la testata sia stata riempita in un laboratorio sotterraneo, o anche in un luogo improvvisato. Ciò è pienamente in linea con la prima prova riguardante l’uso di armi chimiche rudimentali da parte dei ribelli in Siria. Quindi, nonostante le affermazioni affrettate di Washington secondo cui il Rapporto delle Nazioni Unite accusa le forze governative siriane quali unici possibili responsabili dell’attacco chimico a Ghuta orientale, il 21 agosto, i veri dati del rapporto sembrano dimostrare il contrario: l’attacco è stato condotto dai ribelli e dai loro mandanti, in un classica operazione false flag volta ad attirare le forze militari straniere in un intervento in Siria. Elaborando le notevoli osservazioni di George Galloway durante la storica sessione del parlamento inglese sulla Siria, a fine agosto, vorremmo affermare che “lanciare un attacco con armi chimiche a Damasco, il giorno in cui il gruppo di ispettori chimici delle Nazioni Unite arrivava a Damasco, usando un lanciarazzi obsoleto, dovrebbe portare a una nuova definizione della follia.”
E ora, le vittime chi sono? Il rapporto della Squadra di Supporto Internazionale di Musalaha (Riconciliazione), in Siria (ISTEAMS) [2], sostiene che basandosi sulle testimonianze oculari e prove video, le zone colpite fossero state in gran parte abbandonate dai residenti locali, nei giorni precedenti l’attacco. Eppure, il filmato diffuso mostra un gran numero di vittime molto giovani. Il rapporto analizza a fondo quasi tutti i video rilevando che furono postati su YouTube il giorno dell’attacco, rivelando anche una serie di fatti che sfidano la versione nota di questa tragedia. Per esempio, perché ci sono così tanti bambini non identificati tra coloro che furono colpiti, in quei video? Perché non ci sono quasi donne? Perché alcuni dei video mostrano chiari segni di sofisticate sovrapposizioni? Perché, in molti casi, gli stessi individui vengono indicati sia morti che vivi? Dove sono i 1458 cadaveri, oltre agli otto la cui sepoltura è stata documentata? Finora non abbiamo avuto dirette e chiare risposte a queste domande.
Tuttavia, la relazione dell’ISTEAMS fornisce la prova terribile che potrebbe far luce sulla vera storia oscura dietro la spaventosa manipolazione mediatica di Ghuta orientale. Si parla del rapimento di decine di civili alawiti poco prima degli attacchi chimici, a Lataqia, da parte di Jubhat al-Nusra, la più potente organizzazione terroristica che opera in Siria. Il 4 agosto, circa 150 donne e bambini furono rapiti da 11 villaggi nelle montagne di Lataqia. Finora non c’è stata alcuna informazione sulla loro condizione e il loro destino. Di seguito è riportato l’elenco completo dei nomi dei bambini sotto i 15 anni rapiti:
Muhammad Qamal Shihad (9), Rand Qamal Shihad (11), Nasr Qamal Shihad (7), Nagham Jawdat Shihad (13), Nathalie Jawdat Shihad (5), Bashar Jawdat Shihad (2), Hamza Ahmad Shihad (9), Amer Ghassan Yahya (8), Haydar Nazim Shihad (12), Zein Nazim Shihad (3), Mehrez Baraqat Shihad (13), Bachar Imad al-Sheiq Ibrahim (12), Ahmad Imad al-Sheiq Ibrahim (13), Jafar Imad al- Sheiq Ibrahim (14), Jafar Adam Ismail (2), Yazan Haydar Haydar (11), Dua Wail Mariam (neonato), Ala Wail Mariam (neonato), Ahamad Ayman Mariam (neonato), Farah Ayman Mariam (neonato), Marah Ayman Mariam (neonato), Mohammad Ayman Mariam (neonato), Dala Ayman Mariam (neonato), Haydar Fayyad Mariam (neonato), Qodor Mazen Traybush (neonato), Dina Munzer Darwish (neonato), Bana Munzer Darwish (neonato), Sham Munzer Darwish (neonato), Ali Baraqat Darwish (neonato), Abdel Qarim Baraqat Darwish (neonato), Abir Baraqat Darwish (neonato), Taym Hani Shquhi (1), Luqman Bassam Fatim (9), Nibal Bassam Fatim (8), Sylvia Bassam Fatim (6), Ghaydak Wafiq Ibrahim (10), Moqdad Wafiq Ibrahim (14), Alaa Nazim Selim (neonato), Rima Nazim Selim (neonato), Rasha Nazim Selim (neonato), Limar Ramiz Selim (neonato), Salim Ramiz Selim (neonato), Shamas Ramiz Selim (neonato), Sali Ramiz Selim (neonato), Tim Azab Selim (neonato), Batul Samir Selim (14), Luqain Talal Selim (15), Wajad Talal Selim (neonato), Jawa Talal Selim (neonato), Hanin Talal Selim (neonato), Rima Talal Selim (neonato), Hussein Ayman Ibrahim (3), Zahra Ayman Ibrahim (8), Mariam Ayman Ibrahim (5), Batul Ghassan al-Qusayb (15), Wakar Ghassan al-Qussayb (14), Sandas Ghassan al-Qussayb (13), Zeina Adnan Fatima (6), Hussein Adnan Fatima (4).
Nel caso in cui almeno uno di loro sia identificato da parenti sopravvissuti, nel materiale video di Ghuta orientale, ci dovrebbe essere una base legale sufficiente per includere Jabhat al-Nusrah e altri gruppi ribelli in Siria, nelle liste per le sanzioni dell’ONU e per una procedura giudiziaria nazionale ed internazionale.

Fonte 
Oriental Review (Russia)

       

Traduzione di Alessandro Lattanzio (Sito Aurora).


=== 4 ===

*** non conosciamo gli autori del blog e giriamo solo per opportuna conoscenza ***

---


 
SE MARTIN LUTHER KING FOSSE ISCRITTO AL PD AVREBBE UN INCUBO.....NON UN SOGNO (MATTEO RENZI)
 
[VAI ALLA URL ORIGINALE PER LE FOTO: http://informare.over-blog.it/m/article-120013911.html
 

Parliamo di Hasam Abu Omar, legato alla famiglia di Nour Dachan presidente emerito dell’Unione delle Comunità Islamiche d’Italia, la famigerata UCOII che è dietro alla costruzione di tutte le moschee italiane. La stessa associazione alla quale, solo due giorni fa, Kyenge ha promesso l’8 per 1000.  E Nour Dachan ha interessanti frequentazioni con il Pd, nel quale con altri, sponsorizza lo Ius Soli e la cosiddetta rete G2, quella delle ‘seconde generazioni’ alla Balotelli.E una delle espressioni della rete G2 è un personaggio che della UCOII – della sua organizzazione giovanile – è stato presidente: l’attuale parlamentare democratico Khalid Chaouki. Quello che vuole lo Ius Soli e il cibo halal alla bouvette di Montecitorio. Parte della attuale maggioranza di governo.E’ lo stesso Abu Omar immortalato in compagnia di Bersani ad una manifestazione romana insieme ad altri 10 “attivisti” legati al “Coordinamento dei siriani liberi di Milano”  che avevano attaccato l’ambasciata siriana   

 Haisam detto Abu Omar arrestato e subito dopo rilasciato a Roma il 10 febbraio 2012 dopo che insieme ad Ammar Bacha , legato alla famiglia di Nour Dachan presidente emerito dell’Unione delle Comunità Islamiche d’Italia, immortalato in compagnia di Bersani ad una manifestazione romana e altri 10 “attivisti” legati al “Coordinamento dei siriani liberi di Milano” avevano attaccato l’ambasciata siriana nella capitale come si puo vedere in questo video; qui il terrorista rilascia dichiarazioni dopo la sua scarcerazione; qui l’attacco all’ambasciata ripreso dagli stessi e caricato sui canali degli oppositori siriani in Italia.Dopo quei fatti, i militanti “pro democrazia” furono identificati, interrogati e infine ascoltati dal giudice monocratico Marina Finiti che li ha rinviati a giudizio per direttissima il 15 marzo 2012 imponendo loro l’obbligo di firma, essendo infatti indagati per danneggiamento aggravato, violazione di domicilio e violenza privata aggravata. Quest’ultima imputazione si riferiva all’aggressione dei due vigilanti in servizio all’interno dell’ambasciata.Intanto a Roma il ginecologo Feisal al Mohammed dissidente siriano capitolino a capo dell’Unione dei coordinamenti per il sostegno della rivoluzione in Siria, dopo essere stato avvertito da una telefonata alle sei del mattino dei “fratelli milanesi”, si occupo’ anche della loro difesa, rintracciando gli avvocati Simonetta Crisi e Amedeo Boscaino. Qui in seguito i commenti della giornalista anconetana e figlia del presidente emerito dell’Unione delle Comunità Islamiche d’Italia: “Il prossimo 15 marzo a Roma verrà giudicato il gruppo di attivisti per i diritti umani in Siria che il 10 febbraio scorso ha assalito l’ambasciata di Damasco nella capitale italiana. Il gesto, dall’alto valore simbolico, è stato fatto in nome del diritto alla vita del popolo siriano ed è stato dedicato alle donne, ai bambini, ai giovani, all’intero popolo, che sta pagando con la vita la scelta della libertà e della democrazia. L’ambasciata siriana rappresenta il governo siriano, quindi coloro che stanno massacrando il nostro popolo e, di conseguenza, non rappresenta chi crede nel diritto alla sacralità della vita umana. La bandiera dell’indipendenza, invece, ci rappresenta, mi rappresenta, rappresenta il futuro di pace e libertà della Siria. Asmae Dachan”.Dopo il 15 marzo non si hanno notizie certe sull’esito della sentenza delle autorità italiane ma poco dopo come si puo’ notare in questo video alcuni dei 12 attivisti si recarono in Siria per imbracciare le armi al fianco dei terroristi che la insanguinano con i loro massacrando la popolazione civile.Nel video ottenuto dal “The New York Time” girato vicino Idlib in Siria nell’aprire 2013  dove si vedono sette uomini a torso nudo, inginocchiati e con la faccia rivolta verso il suolo. Sono ufficiali dell'Esercito siriano, dietro di loro, altri nove uomini tra i quali si può notare sulla sinistra Haisam “Abu Omar”. Inizia così il video che un ex ribelle siriano ha fatto recapitare al New York Timesalcuni giorni fa. Le immagini mostrano in diretta l’esecuzione di sette soldati dell’esercito di Assad. Nelle immagini si vede il leader di questo commando, il trentasettenne Abdul Samad Issa, ordinare ai suoi compagni l’uccisione dei sette ufficiali.Ci chiediamo come sia stato possibile che le nostre autorità  abbiano permesso la fuga di questo terrorista dal  territorio nazionale permettendogli di continuare a commettere crimini. Ci chiediamo inoltre se la nostra magistratura sta indagando su questo assassino e infine ci chiediamo se Bersani, la Kyenge e tutto il PD non si vergognano. Almeno un pò.  Almeno si rendono conto di avere a che fare con degli assassini ? Sono questi i nuovi italiani di cui farnetica la ministra Kyenge?

 

Continua su:  Ed ecco le foto di Hasam Abu Omar e Bersani insieme...

http://informare.over-blog.it/article-ed-ecco-le-foto-di-hasam-abu-omar-e-bersani-insieme-120014522.html

THU 12 SEP 2013


---


Thursday 12 september 2013

SE MARTIN LUTHER KING FOSSE ISCRITTO AL PD AVREBBE UN INCUBO.....NON UN SOGNO

(MATTEO RENZI)



Nel caso i nostri "amici" del PD intendessero negare quanto contenuto nell' articolo: 

Spara alla nuca dei prigionieri: il nuovo italiano che piace tantoa Bersani e al PD

http://informare.over-blog.it/article-spara-alla-nuca-dei-prigionieri-il-nuovo-italiano-che-piace-tanto-a-bersani-e-al-pd-120013911.html

 

  

ECCO DELLE BELLE FOTO DI HASAM E BERSANI INSIEME
HASAM E' QUELLO CON GIACCA SCURA E T-SHIRT BIANCA

GIACOMO FILIBECK SCRIVE IN UN COMUNICATO STAMPA A SUA FIRMA: 
"Si sostiene nell'articolo che sul palco con Bersani ci fosse tal Hasan Abu Omar, personaggio che si sarebbe distinto per efferati omicidi nel conflitto che sconvolge da più di due anni la Siria. 
Il problema è che la persona indicata, “quello con la giacca scura e la t-shirt bianca”, sarei io, al tempo responsabile per il Medio Oriente del partito. 


GLI ABBIAMO RISPOSTO QUI:  

Caso Hasam "Abu Omar": il Pd non ci sta e si spiega...ci spieghiamo pure noi

http://informare.over-blog.it/article-articolo-senza-titolo-120041197.html

(deutsch / italiano / english)


SYRIAN REPETITION OF “KOSOVO WAR” PUTS MANKIND UNDER THREAT


1) Slobodan Milosevic International Committee: SYRIAN REPETITION OF “KOSOVO WAR” PUTS MANKIND UNDER THREAT / DIE WIEDERHOLUNG DES "KOSOVO-KRIEGES" IN SYRIEN BEDROHT DIE GANZE MENSCHHEIT

2) Andrew Levine: DALLA RUSSIA SENZA AMORE / FROM RUSSIA WITHOUT LOVE


Vedi anche / see also:

VIDEO: Assad Interview
Charlie Rose was granted exclusive access to interview Syrian President Bashar al-Assad about the alleged use of chemical weapons and his response to threat of war from the United States... (Aired: 09/09/2013 - 58'28")
http://video.pbs.org/video/2365076639/


=== 1 === 


*** ENGLISH:

http://milosevic.co/231/syrian-repetition-of-kosovo-war-puts-mankind-under-threat/

SYRIAN REPETITION OF “KOSOVO WAR” PUTS MANKIND UNDER THREAT


Friday, 20 September 2013 09:31


Statement by the Slobodan Milosevic International Committee

The world is facing one of the gravest threats in its history. Aggression against Syria by hordes of terrorists trained, supplied and paid by the Western Corporate Empire – US with its NATO, Zionist and Wahhabite proxies, threatens to turn into full scale war that will ignite a powder keg in the Middle East and trigger a nuclear war between America and Russia.

The American and western propaganda machine has used the phrase “positive Kosovo experience” to try to justify its aggression. Indeed, the aggressions against Yugoslavia/Serbia and Syria have many things in common – from sending extremists from abroad to destabilize harmonic multiethnic societies, to lies about the “regime” disseminated by Western media and politicians, turning the treatment of the nation’s leader from respected partner and “factor of peace” into “butcher” and “dictator”.  Finally, when the terrorists are almost defeated, the threat of massive use of American and vassal state military force appears, bypassing the UN Security Council. The false stories of massacres of civilians by the regime, were used to demonise Serbia as we saw at Racak, just as they have been used at Ghouta to demonise the Syrian government. These propaganda techniques are themselves war crimes and are designed to generate support for the planned aggression. In addition, the Syrian people, like the Serbian people who bravely resisted the US&NATO aggression in 1999, are united around their government and its determined resistance.

But there is a major difference – the world is not the same as it was in 1999.  The financial mechanisms that western imperialist capital has used to exploit the world for its profit are broken. The USA and the EU are experiencing severe economic, social and moral convulsions. Another major war is needed to maintain America’s supremacy as the armed enforcer of western capital. If America can kill and destroy with impunity, the collapse of western finances would be delayed, and countries in fear of its power would keep using the worthless dollars and taking credits from the vampire-banks. The attempt at world dictatorship of western oligarchy would continue. But the balance of forces has shifted.  China, India, Brazil have grown quickly into sovereign economic, political and military powers. America and its principal ally Britain are in steep decline. In spite of the controlled western mainstream media, people around the globe reject imperialist aggression and war propaganda, influencing their governments to distance from the dangerous American war threat, so even the British Parliament voted against the war for the first time in more than 200 years. And most importantly, Russia has recovered its ability and determination to act again as a sovereign superpower, and has accepted the challenge of facing and resisting the monster empire, not only for its own interests, but on behalf of mankind threatened by a new fascism.

The “democratic” face of Dr. Jekyll is revealed, once again, as the capitalist, imperialist, “neo-liberal”  mask of Mr. Hyde in all its depravity. The imperialists, acting through all their various secret societies, Trilateral commissions, Bilderberg groups, banksters, narco-mafias, are now openly acting in favor of death and against the people of the world and the people of America itself in order to save their power. Their true aims are exposed. Their empire is doomed. All free nations and free people everywhere from Latin America to China, have found their voices long suppressed by fear. They must unite now, resist and win – a just World, based on International Law, and the respect for humanity that we all had hoped would be established after the victory over fascism in 1945. One cannot serve good and mammon.



*** DEUTSCH:

Die Wiederholung des "Kosovo-Krieges" in Syrien bedroht die ganze Menschheit.
 
Stellungnahme des Internationalen Komitees Slobodan Milosevic
 
Die Welt sieht sich einer der größten Bedrohungen der Geschichte ausgesetzt. Die Aggression gegen Syrien, verübt durch Terrorbanden, die vom westlichen Monopolimperium -- den USA und ihren Lakaien: der NATO, den Zionisten und Wahabiten -- ausgebildet, ausgerüstet und bezahlt werden, droht in einen regulären Krieg umzuschlagen, der das Pulverfaß des Nahen Ostens entzünden und einen Atomkrieg zwischen den USA und Rußland auslösen könnte.

Zur Rechtfertigung des bevorstehenden Angriffs hat die westliche Propagandaindustrie sich der Phrase von den "positiven Erfahrungen im Kosovo" bedient. Tatsächlich haben die Angriffe gegen Jugoslawien, bzw. Serbien und Syrien viele Gemeinsamkeiten -- angefangen mit der Einschleusung ausländischer Extremisten zur Destabilisierung harmonischer mulitethnischer Gesellschaften bis hin zu Lügen über das "Regime", mit denen westliche Medien und Politiker ehemals respektierte Partner und "Friedensmacher" in "Schlächter" und "Diktatoren" verwandeln. Wenn die Terroristen schließlich fast besiegt sind, wird unter Umgehung des UNO-Sicherheitsrates mit militärischer Gewalt seitens der USA und ihrer Vasallen gedroht. Falsche Massakeranschuldigungen wie im Fall Racak wurden zur Dämonisierung Serbiens benutzt, so wie jetzt Ghouta zur Dämonisierung der syrischen Regierung benutzt wird. Diese Propagandamethoden stellen selbst Kriegsverbrechen dar und sollen die Unterstützung der Öffentlichkeit für die geplanten Angriffe sichern. Zudem steht das syrische Volk geschlossen hinter seiner Regierung, die entschlossen Widerstand leistet, so wie das serbische Volk 1999 heldenhaft dem US-NATO-Angriff standhielt.

Allerdings gibt es einen entscheidenden Unterschied: Die Welt ist heute eine andere als 1999. Die finanziellen Hebel, die der westliche Imperialismus zur Ausbeutung der Welt angewandt hat, funktionieren nicht mehr. Die USA und die EU erleiden schwere wirtschaftliche, soziale und moralische Erschütterungen. Die USA brauchen wieder einen großen Krieg, um ihre Rolle als bewaffneter Vollstrecker der westlichen Kapitalherrschaft zu beweisen. Solange die USA unbehelligt töten und zerstören können, kann der Zusammenbruch des westlichen Finanzsystems aufgeschoben werden, die anderen Länder verwenden aus Angst den wertlosen Dollar und nehmen Kredite bei den Blutsaugerbanken auf. Die westliche Oligarchie greift weiter nach der Weltherrschaft.  Aber das Kräfteverhältnis hat sich verschoben. China, Indien und Brasilien haben schnell wirtschaftliche, politische und militärische Macht, und damit Souveränität erlangt. Die USA und ihr wichtigster Verbündeter Großbritannien sind im Niedergang begriffen. Trotz der Propaganda der gleichgeschalteten westlichen Medien lehnen die Menschen auf der ganzen Welt die imperialistischen Aggressionen und die mit ihnen einhergehende Propaganda ab. Selbst das britische Unterhaus hat zum ersten Mal in mehr als 200 Jahren gegen einen Krieg gestimmt. Und vor allem hat Rußland seine Fähigkeit und Entschlossenheit wiedergefunden, wie eine souveräne Supermacht zu agieren. Es nimmt die Herausforderung an, dem Monsterimperium Widerstand zu leisten -- nicht nur im eigenen Interesse, sondern stellvertetend für die gesamte Menschheit, die sich von einem neuen Faschismus bedroht sieht.

Wiedereinmal kommt hinter dem "demokratischen" Gesicht Dr. Jekylls die kapitalistische, imperialistische, "neo-liberale" Fratze Mr. Hydes in all ihrer Obszönität zum Vorschein. Die Imperialisten, vertreten durch Geheimgesellschaften wie Trilaterale Kommission, Bilderberger, Bankster, Drogenmafia, treten nun offen für den Tod ein und gegen die Völker der Welt, ja sogar gegen das US-amerikanische Volk selbst, um ihre Macht zu erhalten. Ihre wahren Ziele sind enthüllt. Ihr Reich ist dem Untergang geweiht. Die freien Nationen und Völker von Lateinamerika bis nach China haben ihre lange unterdrückte Stimme wiedergefunden. Sie müssen sich vereinigen, Widerstand leisten und eine gerechte Welt erkämpfen, die auf dem Völkerrecht und dem Respekt vor dem Menschen gründet, auf dessen Triumph wir schon 1945  nach dem Sieg über den Faschismus gehofft hatten. Man kann nicht zugleich dem Guten und dem Mammon dienen.


=== 2 ===


*** ITALIANO:

http://www.marx21.it/internazionale/pace-e-guerra/22824-dalla-russia-senza-amore.html

Dalla Russia senza amore

di Andrew Levine* | da www.rebelion.org Fonte www.counterpunch.org
Traduzione di Sandro Scardigli per Marx21.it

Il deus ex machina che ha salvato Obama e il mondo

Nei drammi dell’antichità greca e romana, i drammaturghi che scoprivano di aver portato i loro personaggi a situazioni senza uscita ricorrevano talvolta ad un colpo a effetto drammatico chiamato Deus ex Machina. Apparendo dal nulla, un Dio entrava in scena calando da una macchina simile a una gru e risolveva il problema.

Nè Vladimir Putin nè Sergei Lavrov (ministro degli Esteri russo) assomigliano molto alle divinità greche (nonostante la vanità di Putin) ma Barack Obama, essendosi cacciato in una situazione disperata simile a quelle dei personaggi tragici di Euripide, adesso farebbe bene ad offrire a entrambi uno o due sacrifici non tanto per gratitudine (visto che lo hanno fatto passare da fesso), ma perché lo hanno tirato fuori, come facevano gli dei delle tragedie, da una situazione apparentemente disperata, salvando il mondo da una sorte peggiore.

Ovviamente la soluzione prospettata da Putin e Lavrov potrebbe fallire; non dovremmo mai “mal-sottostimare”, per citare George Bush, l’inettitudine della diplomazia statunitense Clinton-Kerry. Ma forse (e ripetiamo forse) Obama non verserà altra benzina sulle fiamme dell’incendio siriano.

L’uso di gas nervini in guerra è vietato dal diritto internazionale ed è giusto che sia così. Anche le numerose orribili armi apparse dopo la Prima Guerra Mondiale – bombardieri, missili da crociera, prodotti chimici che bruciano la pelle umana, proiettili all’uranio impoverito, droni armati, ecc. – dovrebbero venire proibite.

Ci sono inoltre le armi nucleari, armi di distruzione di massa per antonomasia, di gran lunga più orribili di tutte le altre messe assieme.

Trasformare in un feticcio un divieto in vigore da quasi un secolo e cercare di fermare il progresso morale su questo punto è, a dir poco, singolare. Ma non importa: a differenza dell’indignazione morale simulata, trarre le conseguenze logiche e morali non è il punto forte del nostro Presidente.

Le prove addotte a dimostrazione della presunta violazione, da parte del governo siriano, del divieto di usare armi chimiche in guerra non dimostrano niente. Ne esistono anche a carico dei gruppi ribelli che combattono il governo, ma anche queste non sono schiaccianti. Vale la pena notare che l’Amministrazione di Obama ha molto da guadagnare se il mondo, o per lo meno l’opinione pubblica statunitense ed europea, pensano che Washington abbia le mani pulite e che il vero colpevole sia Assad.

Il piano di Obama era in ogni caso quello di scatenare una guerra non provocata e non dichiarata contro la Siria, uno Stato sovrano.

Secondo il Codice di Norimberga sui crimini di guerra, iniziare una guerra d’aggressione è “il supremo crimine internazionale, che si differenzia dagli altri crimini di guerra in quanto ne è la precondizione e li comprende tutti”.

In altre parole, Obama vorrebbe punire un ipotetico crimine di guerra commettendone uno molto più grave.

L’incoerenza di questa posizione fa addirittura passare in secondo piano quanto sia ridicola l’idea che proprio gli USA, fra tutti i Paesi, godano del prestigio necessario per imporre il rispetto del diritto internazionale.

Obama se ne rende conto? Forse si perché, a differenza del suo predecessore, non è un ignorante e nemmeno stupido od ottuso. Ma non c’è traccia di questa consapevolezza nel suo discorso televisivo del 10 settembre, pronunciato nella Sala Est della Casa Bianca.

Va quindi detto che la palese insostenibilità della sua posizione non ha niente a che vedere con il suo benvenuto voltafaccia, operato approfittando dell’opportunità. È quasi certo che le ragioni di questa mossa siano state più banali.

Forse temeva che i pretesti addotti a giustificazione dell’attacco potessero avere un effetto boomerang, magari non subito, ma abbastanza presto da danneggiare la sua politica e il resto del suo mandato presidenziale. Quel che successe a G. W. Bush potrebbe accadere anche a lui.

Forse temeva l’opposizione della gran parte dell’opinione pubblica. Senza dubbio lui e i suoi accoliti disprezzano l’opinione pubblica al pari dei capitalisti dei quali fanno gli interessi. Ma a tutto c’è un limite.

E deve averlo preoccupato anche il fatto che, dopo aver chiesto l’approvazione del Congresso, ci sarebbe voluto molto tempo ad ottenerne il voto favorevole. Doveva quindi accettare, o affrontare una crisi costituzionale.

Dal momento che l’unico motivo che lui e l’impero che dirige avevano per minacciare la Siria era la salvaguardia del loro prestigio, l’accettazione della proposta russa non è stata una scelta piacevole. L’alternativa però dev’essere certamente apparsa molto peggiore ad un politico che si nutre dell’adulazione delle anime belle liberal, volutamente cieche.

Quando Lavrov ha esposto la sua proposta è apparso chiaro a quasi tutti che la guerra aveva a che vedere con la “credibilità” e niente altro. Nessuno, al di fuori della ristretta cerchia di stupidi interventisti umanitari che circonda Obama, era così sciocco da credere che il vero obiettivo fosse aiutare il popolo siriano o, almeno, di far rispettare il diritto internazionale.

Nessuna delle parole pronunciate martedì sera da Obama nella Sala Est può servire a far cambiare opinione a chicchessia su ciò che è assolutamente ovvio.

Possiamo solo fare ipotesi su quel che è successo dietro le quinte. Non lo sapremo con certezza finché non verranno scritte le memorie o fino a quando il buon esempio di Edward Snowden non sarà seguito da qualcuno che ha accesso a documenti riservati che interessino l’opinione pubblica. Tutto quel che possiamo dire per il momento è che Obama si è visto miracolosamente offrire una scappatoia dal vicolo cieco in cui si era cacciato da solo.

Ora non ha altra scelta che approfittarne.

La diplomazia russa si sta dimostrando in questo frangente ad un livello molto più alto della nostra. Sa cogliere le opportunità che le si presentano, stabilire dei punti fermi, usare l’astuzia. I nostri dirigenti sanno solo commettere errori. Se rimangono a galla è solo fortuna.

I russi sono un gradino sopra di noi anche nel rispetto dei diritti e dei doveri internazionalmente riconosciuti. Sicuramente il motivo per cui un arrabbiatissimo Obama ha ostentatamente rifiutato i precedenti sforzi di Mosca per trovare una soluzione diplomatica alla situazione da lui creata, (quando parlò di una “linea rossa” che Assad non doveva azzardarsi ad oltrepassare) è stata la concessione da parte della Russia dell’asilo umanitario a Snowden .

Le informazioni fornite da Snowden hanno evidenziato quanto lo spionaggio e il controllo sociale siano dilagati nell’Era di Obama. Ma c’è di più: hanno messo in imbarazzo il regime di Obama, o “Amministrazione”, come i nostri ideologi e lacchè si ostinano a chiamarla.

Dal punto di vista del Presidente è una cosa imperdonabile. Pertanto qualsiasi Stato si rifiuti di consegnare Snowden alla “giustizia” statunitense dev’essere indotto a sottomettersi con le minacce o, se queste si dimostrano inutili, deve essere messo all’indice, come ha fatto esplicitamente con la Russia, Stato che si è dimostrato all’altezza delle circostanze.

Ma la condotta ipocrita e insinuante di Obama costituisce un ennesimo esempio della sua inettitudine che ha vanificato, ancora una volta, i suoi sforzi. Venendo in aiuto a lui e al mondo, i russi hanno finora dimostrato un tatto impressionante. Si tratta, insieme ad altri aspetti dell’arte della diplomazia, di una virtù sconosciuta al Dipartimento di Stato Clinton-Kerry.

I professionisti del pregiudizio e gli sponsors mediatici di Obama stanno lavorando duramente per far passare lo sconsiderato passo falso di John Kerry – oggetto di molte battute sarcastiche dietro le quinte – come un’apertura verso una soluzione.

Sostengono, come ha fatto lo stesso Obama, che il regime di Assad ha accettato (di distruggere il suo arsenale di armi chimiche, ndt) soltanto grazie alla ferma determinazione degli USA di ricorrere alla forza. Sono perfino arrivati a dire che la loro intenzione era questa fin dal principio. La loro mancanza di senso del ridicolo non ha limiti.

Il Cremlino li ha per ora lasciati dire le loro insensatezze ed ha dichiarato che la proposta di porre le armi chimiche siriane sotto il controllo internazionale per poi distruggerle è nata durante la recente riunione del G20 a San Pietroburgo (nei colloqui Obama-Putin e negli incontri Kerry –Lavrov precedenti e successivi al vertice).

Probabilmente è andata così, ma certamente non è mai stata presa in considerazione da parte del nostro Presidente, intento a sguinzagliare i suoi droni, un uomo al quale non importa un fico secco di salvare i bambini o di far rispettare il diritto internazionale. Per Obama si tratta di mantenere la credibilità. Questo è tutto. Il resto è chiacchiericcio buono per le pubbliche relazioni.

Dal momento che i russi capiscono perfettamente che se Obama non salva la faccia tutto è perduto, perchè non lo hanno lasciato rivendicare meriti che non ha? Se è quel che serve per prevenire tutti i disastri che deriverebbero dall’attacco militare “limitato” alla Siria che stava per sferrare…che così sia. Lasciategli il suo momento di gloria da “Missione Compiuta”: nessuno gli crederà in ogni caso.

Putin ha vinto questo round e gli apologeti di Obama possono girare la frittata come vogliono ma il loro uomo ha perso e alla grande.

Magari la prossima volta che Washington riterrà urgente rimodellare la geografia politica del Medio Oriente gli istigatori, neocons, interventisti umanitari, politici militaristi, imperialisti al suo servizio, ci penseranno due volte. Se ciò avvenisse, qualcosa di buono sarebbe venuto da questo deplorevole episodio.

*Andrew Levine è Senior Scholar nel Institute for Policy Studies. Autore di The American Ideology (Routledge) e Political Key Words (Blackwell), così come di molti altri libri di filosofia politica. Il suo libro più recente è In Bad Faith: What’s Wrong With the Opium of the People E’ stato professore di Filosofia della University of Wisconsin-Madison e professore ricercatore de filosofia nella Università del Maryland-College Park. Ha collaborato a Hopeless: Barack Obama and the Politics of Illusion (AK Press).</

(Message over 64 KB, truncated)


Scarica in formato pdf:
STRATEGIA DELLA TENSIONE IN ISTRIA: LA STRAGE DI VERGAROLLA
di Claudia Cernigoi - settembre 2013

---




LETTERA DELLA REDAZIONE A “IL PICCOLO”, 16 SETTEMBRE 2013:

 
Scriviamo in merito alle lettere pubblicate su “Il Piccolo” del 12 settembre scorso riguardanti la Conferenza Stampa che la nostra Redazione ha organizzato il 7 settembre a Trieste, per presentare il saggio recentemente apparso sul nostro sito internet intitolato “Strategia della tensione in Istria. La strage di Vergarolla, alla presenza dell’autrice Claudia Cernigoi e della storica Alessandra Kersevan.
Non ci soffermiamo sull’intervento di Gianclaudio de Angelini che ha definito le nostre collaboratrici “famigerato duo negazionista Kersevan-Cernigoi”, espressione sulla quale le dirette interessate valuteranno se agire a termini di legge. Riteniamo più interessante la lettera di Renzo de’ Vidovich, presidente dell’Associazione dalmati italiani nel mondo delegazione di Trieste, che dopo avere definito Kersevan e Cernigoi “due note sostenitrici della propaganda titina”, usando un frasario che sembra riesumato pari pari dagli anni ’40, ha citato un articolo pubblicato nel giornale da lui diretto (“Il Dalmata”) in cui sono nominati alcuni presunti responsabili della strage di Vergarolla. È molto interessante quella citazione di de’ Vidovich, perché a pag. 64 del libro Top Secret, indicato come fonte, non si fa parola né dell’808° Battaglione di Controspionaggio da lui nominato (che, come spiegato nell’articolo di C. Cernigoi, dipendeva dal SIM, ma non faceva parte dei Carabinieri, benché molti agenti ed ufficiali fossero carabinieri, ed oltretutto, secondo il ricercatore Giuseppe Casarrubea, tale organismo sarebbe stato tra quelli controllati da James Jesus Angleton, il dirigente dell’OSS, poi CIA), né tantomeno vi sono riportati i nomi dei presunti responsabili trascritti da de’ Vidovich, i quali peraltro non sono menzionati in alcuna pagina di quel libro, a giudicare dall’Indice dei nomi.
Dunque, de’ Vidovich non può avere letto in Top Secret quanto ha scritto nella sua lettera. Le domande che si pongono allora sono: qual è la sua vera fonte? e perché non la cita correttamente?
Riteniamo peraltro che queste due lettere pubblicate da “Il Piccolo” – l’una inaccettabile per toni e per l’assenza di contenuti di merito, l’altra dai contenuti quantomeno strani, come testé spiegato – , così come il lungo articolo di Paolo Radivo, ripreso da “L’Arena di Pola”, eludano completamente le questioni poste dalle nostre collaboratrici in Conferenza Stampa. Questo è probabilmente anche la conseguenza della carenza di informazione da parte del vostro giornale, che nella cronaca di lunedì 9 settembre (a firma Ugo Salvini) non ha evidenziato quello che era l’oggetto della conferenza stampa (l’articolo su Vergarolla pubblicato nel nostro sito), preferendo presentare l’iniziativa - della quale esiste registrazione audio – come una mera polemica con la presidente Serracchiani, mentre le relatrici avevano subito chiarito che lo scopo dello studio non era fare un attacco politico a Serracchiani ma piuttosto fare un chiarimento storiografico su di una tragedia che viene ancora oggi strumentalizzata a scopi politici: tale intento ha evidentemente messo in agitazione i sostenitori di “verità conclamate” mai dimostrate che sembrano ispirarsi al goebbelsiano “ripeti cento volte una menzogna e diventerà una verità”.
Chiediamo pertanto al Direttore de “il Piccolo” di pubblicare questa nostra nota esplicativa, sia per diritto di replica alle lettere di cui sopra, sia ai sensi dell’art. 8 della legge n. 47 d.d. 8/2/48, in quanto nell’articolo pubblicato risultano attribuite alle due relatrici affermazioni contrarie a verità.

La Redazione del sito www.diecifebbraio.info




(srpskohrvatski / italiano)

70 ANNI FA in Jugoslavia nasce l'Esercito dell'Italia democratica

1) Pljevlja: Obilježena godišnjica formiranja divizije „Garibaldi“ – Sjećanje na italijanske partizane
2) Lando MANUĆI (LANDO MANUCCI): DIVIZIJA „GARIBALDI” U CRNOJ GORI

---

Nel 70.mo anniversario del passaggio della Divisione di fanteria da montagna «Venezia» nel II Korpus dell'Esercito Popolare di Liberazione della Jugoslavia, cioè della unione dei soldati italiani ai partigiani di Tito, a Rabitlje presso Pljevlja (Montenegro) l'organizzazione locale della Associazione Partigiani ha deposto una corona di fiori al monumento che fu inaugurato esattamente il 21 settembre 1983 alla presenza del presidente Sandro Pertini. Si veda la foto nell'articolo del quotidiano Pobjeda: http://www.pobjeda.me/2013/09/21/pljevlja-obiljezena-godisnjica-formiranja-divizije-garibaldi-sjecanje-na-italijanske-partizane

L'accordo tra il generale Gian Battista Oxilia e l'eroe nazionale jugoslavo Peko Dapčević porta la data del 9 ottobre 1943. Presso Pljevlja nei mesi successivi sarà mantenuta la base operativa degli italiani; si unirà anche la Divisione alpina «Taurinense» al completo, dando vita così alla Divisione Partigiana Italiana «Garibaldi», che nel 1945 rientrerà in patria con poco più di cinquemila uomini, quasi tutti insigniti di Medaglie al Valore della Resistenza jugoslava.

Ha scritto Sandro Pertini (*):

<< Ha perfettamente ragione Giacomo Scotti quando sostiene nella sua relazione che la nascita del nuovo esercito italiano "inteso come esercito democratico antifascista e parte integrante della coalizione antihitleriana nella seconda guerra mondiale" deve essere anticipata, alcuni mesi prima della storica battaglia per la conquista di Monte Lungo a Cassino, al 9 ottobre 1943, quando il Generale Oxilia, Comandante della Divisione di Fanteria da montagna "Venezia", forte di dodicimila uomini, dette ordini alle sue truppe di attaccare i nazisti, coordinando le azioni militari con l'esercito popolare di liberazione della Jugoslavia. >> 

Sulle vicende della Divisione italiana Garibaldi in Jugoslavia si vedano anche i documenti e le fonti al nostro sito:
https://www.cnj.it/PARTIGIANI/garibaldi_scotti.htm

(*) Introduzione a Il contributo italiano alla Resistenza in Jugoslavia, Atti del convegno di studi tenuto a Lucca il 21 giugno 1980. Istituto Storico Provinciale Lucchese della Resistenza. Lucca, Maria Pacini Fazzi Editore, 1981. 
L'Introduzione di Pertini è disponibile anche in formato PDF: https://www.cnj.it/PARTIGIANI/pertini_lucca81.pdf 


=== 1 ===


Objavljeno: sub, 21. sep, 2013. 

Pljevlja: Obilježena godišnjica formiranja divizije „Garibaldi“ – Sjećanje na italijanske partizane


PLJEVLJA -  Polaganjem vijenaca Opštinska organizacija boraca NOR-a podsjetila je na formiranje italijanske partizanske divizije „Garibaldi“, u selu Rabitlje u blizini Pljevalja, i na otkrivanje spomenika italijanskim borcima, koje se desilo 21. septembra prije trideset godina.

- Na dan kapitulacije Italije u Crnoj Gori su se zatekle dvije italijanske divizije: „Venecija“ sa sjedištem komande u Beranama sa oko 12.000 vojnika i „Taurinense“ sa oko.14 000 vojnika sa sjedištem komande u Gornjem Polju, kod Nikšića. Od djelova ovih jedinica je formirana italijanska partizanska divizija „Garibaldi“ u jesen 1943. godine sa sjedištem komande u reonu Pljevalja, ovdje kod Rabitlja i stavljena pod komandu Vrhovnog štaba NOVJ – rekao je Vidoje Despotović, predsjednik Opštinske organizacije boraca NOR-a.

A.S.


=== 2 ===


Lando MANUĆI (LANDO MANUCCI):
DIVIZIJA „GARIBALDI” U CRNOJ GORI

 

Priča o antifašističkoj diviziji „Garibaldi” koja je formirana u Pljevljima prije šest decenija, i borila se osamnaest mjeseci na partizanskoj strani

Prevod: Savo Barović

Priredio: Dragan Mitov Đurović

       O ratnim strahotama u Drugom svjetskom ratu ispisane su velike biblioteke da se od zaborava sačuva borba protiv fašizma i žrtve dostojne poštovanja. Antifašistički pokret u Crnoj Gori od 13. - julskog ustanka, koji, zapisao je Žan Pol Sartr, ... može služiti na ponos narodima Evrope, do konačne pobjede ima posebno mjesto u međunarodnom pokretu otpora. Prilika je da se osvijetli jedna velika stranica, kada je nakon kapitulacije Italije formirana divizija "Garibaldi", koja se srčano, skoro dvije godine, znači do kraja rata borila na partizanskoj strani. Velike gubitke i izraženu hrabrost posebno je u svom naučnom radu obradio dr Radoje Pajović koji zapisuje: "Što se tiče oficira stvari ovako stoje: 166 oficira ostalo je u sastavu divizije "Garibaldi" do 8. marta 1945. god, kada se divizija vratila u domovinu, 126 oficira je palo u borbi, 118 je nestalo, 164 su zarobili Njemci, od njih se 159 vratilo u domovinu po završetku rata a 169 se vratilo u domovinu u toku rata, usljed bolesti i iscrpljenosti. Vojnici su doživjeli ovakvu sudbinu: 3146 vojnika i podoficira je poginulo, 2954 nestalo u borbi, 123 je umrlo u zarobljeništvu, 4028 je zarobljeno od Njemaca i vratilo se u domovinu 3977 je u toku rata stiglo u Italiju". U znak sjećanja na junačku borbu i veliki doprinos pobjedi nad fašizmom prije dvije decenije u Mrzovićima kod Pljevalja podignut je spomenik koji je otkrio tadašnji italijanski predsjednik Sandro Pertini. I tom prilikom istaknute su vjekovne veze italijanskog i crnogorskog naroda, kao i zajednički doprinos pobjedi antifašističkog pokreta. Kratku istoriju divizije Garibaldi napisao je Lando Manuci njen borac, tada kapetan sada pukovnik i duže od dvije decenije predsjednik Nacionalnog udruženja veterana i preživjelih antifašista, koji je i tokom minule decenije, a posebno potonjih pet godina podržao stremljenja naroda Crne Gore na putu povratka državnosti. Inače brojna delegacija Garibaldinaca posjetiće uskoro Crnu Goru i tokom petodnevnog hodočašća proći ratnim putevima divizije "Garibaldi", o kojoj svjedoči naš feljton. 

Važan je cilj 

Drugog decembra 1943. je osnovana u Pljevljima italijanska partizanska divizija "Garibaldi", koja se borila u Jugoslaviji, kao jedinica italijanske vojske u Jugoslovenskoj narodnooslobodilačkoj armiji, za oslobođenje Jugoslavije od njemačkog okupatora, boreći se tako protiv nacifašizma koji je prolivao krv po Evropi i po svijetu, sa svojom demonskom težnjom da dominira narodima. 
Njoj su se pridružili odeljci planinske pješadijske divizije "Venecija" i alpske divizije "Taurinense", koje nisu prihvatili njemačke uslove. Odmah pošto je Italija dobila primirje od anglo-američkih snaga, zauzeli su antifašistički stav i odbijali naredbe njemačkih oružanih snaga. Bili su smatrani ilegalcima i nisu imali mnogo pristalica jer je većina antifašista radije bježalo u planinu i pridruživalo se partizanima u Grčkoj, Albaniji i Jugoslaviji. 
Nije ni do tad izostajalo slučajeva ponosa, herojstva i požrtvovanja: valja pomenuti primjer divizije "Akvi" u Grčkoj koja se samouništila, jer nije htjela da se preda okupatoru. I u Jugoslaviji, u raznim krajevima, prisustvovalo se značajnim događajima koji svjedoče kako italijanski vojnik zna da se bori i da umre kad se pojavi ispravan cilj i kakav bi oblik poprimio rat na Balkanu da je bilo malo više jasnoće u ciljevima Vrhovne Komande i Visokih Komandi koji su tad bili izgubljeni. 

Neočekivana vijest 

Vijest o primirju došla je neočekivana u italijanske komande, preko radija, lakonskom izjavom generala Badolja, koji je izazvao nesigurnost ne navodeći precizne direktive o ponašanju, bilo prema Njemcima bilo prema Jugoslovenima, u jednom vojno - političkom trenutku nimalo jednostavnom za orijentisanje. 
Prve dana je okarekterisala nesigurnost, koja se povećavala jer nisu stizale ne samo loše direktive, već i vrlo nerazumljive, i velikim dijelom kontradiktorne među sobom. Njemački komandanti, koji su predvidjeli razne mogućnosti, pokušali su odmah da aktiviraju predviđeni plan, adaptirajući se strateškim i taktičkim situacijama koje su se polako razvijale. Postojala su i dva jugoslovenska vojno-politička pokreta, četnički na čelu sa Mihajlovićem i Titov pokret, koji su, puni međusobnog antagonizma, priželjivali italijansko oružje i životne namirnice. 
Njemci su bili brzi u svojoj akciji, koristeći ne toliko čvrstinu i odlučnost koliko zvjerstvo, jedan slučaj: u triljskom masakru bilo je pobijeno pedeset zvaničnika divizije "Bergamo" koji su odbili da se bore zajedno sa njima. 
Da vidimo sada situaciju dvije divizije koje nas interesuju izbliza, jer su one te koje su osnovale diviziju "Garibaldi" koje su dali najveći italijanski doprinos u borbi za oslobođenje Jugoslavije. 
Divizija "Venecija" sa svojih 12.000 ljudi kontrolisala je sjevero-istočnu Crnu Goru i Sandžak, sa posadom u Beranama (današnji Ivangrad) i sjeištem komandi u Brodarevu, Bijelom Polju, Lijevoj Rijeci, Mateševu i Kolašinu. Komandant je bio general Đovani Batista Oksilija. 
Alpska divizija „Taurinense” sa svojih 14.000 ljudi je bila smještena u Gornjem Polju iznad Nikšića, ka moru (Gornje Polje, Vilusi, Grahovo, Gruda) do linije pod „jurisdikcijom” XIV i VI Korpusa. Komandant brigade je bio Lorenco Vivalda. Sjedište komande je bilo u Nikšiću. 
Osmog septembra 1943. godine obje divizije, koje su zavisile od XIV Korpusa, suprotstavile su se 118-oj Jeger njemačkoj diviziji. 
U svitanje, 9. septembra, njemačke čete bile su već u zaletu da okupiraju jadranske luke Valona i Zadar i vršili su pritisak posebno na diviziju „Taurinense”. Jedan puk 118 Jeger divizije preselio se u Nikšić. Divizija „Venecija” je bila vojno ignorisana ali su odmah preduzeli neke sigurnosne mjere. 
Devetog septembra, u 8.15 časova, na napad Njemaca odgovorili su sa istim žarom borbe odjeljci šestog voda grupe „Aosta”, raštrkane po okolini Nikšića, koji su ispalili prvih pet metaka protiv Njemaca. Tu je počela avantura divizije „Garibaldi” iako se još uvijek nije zvala tako. Njemci su se malo iznervirali a malo su koristili i diplomatiju; uspjeli su da shvate da je divizija „Taurinense” tvrd orah. 
Komandant grupe Istočne armade u Tirani, general Rosi, biva uhapšen od strane njemačkih padobranaca i sproveden za Beograd. Zamijenjen je generalom Dalmacom, koji bio je prinuđen da potpiše predaju kako njegove Devete armade tako i cijele Istočne armade. Zbog tog dokumenta Njemci su smatrali sve članove armade ratnim zarobljenicima. Hitler je naredio da svaki zvaničnik koji pruži otpor, ili ode sa partizanima, bude strijeljan; a Njemci su navikli da slušaju naredbe svog Firera. 

U nedoumici 

Već smo rekli da su prvi dani bili izuzetno teški i za naše dvije divizije jer su morale da shvate kako vrhovne naredbe i lokalnu vojno-političku situaciju, tako i kretanje Njemaca i njihove naredbe koje su bile mnogo jasnije od naših: htjeli su da oduzmu Italijanima oružuje da se ne bi okrenulo portiv njih i istih Italijana, korisnim za rad na teritorijama koje su bile pod njihovom kontrolom. Mala nesigurnost primjećivala se i kod Njemaca u manjim izolovanim komandama: nisu mogli da ne uzmu u obzir da je povlačenje Italije iz rata značilo jedan veliki uspjeh Saveznika; u svakom slučaju disciplina Vehrmahta bila je još čvršća sa dodatkom mržnje prema Italijanima zbog njihovog „izdajništva”. 
Počeli su pregovori, skupovi, pretpostavke, među kojima je bila i ulazak Saveznika u Jugoslaviju koja je odgovarala jednoj elementarnoj strateškoj logici, ali nije bila u američkim planovima iako Englezi nisu imali ništa protiv intervencije. Zbog te neodlučnosti su Njemci ubrzano krenuli ka moru, ali krenula je i divizija „Taurinense”. I da je bilo sloge među saveznicima vjerovatno bi se stvar razvila u našu korist. Ali tako nije bilo. 
Divizija „Taurinense” je napustila Nikšić i otpočela svoje kretanje prema Kotoru. 
Iz Tirane je došla operativna naredba potpisana od generala Dalmaca u kojoj, obavještava o obavezi kretanja Devete armade (VI i XIV Korpusa) prema sjevero-istoku, prema Njemačkoj i Poljskoj, navodeći premještaje i svirepe sankcije za neposlušnost, koji su u velikoj mjeri bili apsurdnog karaktera u takvoj situaciji, što je natjeralo generala Oksiliju da posumnja u ispravnost dopisa, ali sumnje nije bilo jer je potpis bio Dalmacov. Ove naredbe, upravo zbog apsurdnosti, bile su i glupe: uspjeli su da ubijede sve pa i one sumnjičave da su naredbe neprihvatljive i da je rizik bio prevelik. 

Istorijski odnos 

Komandanti divizije, u raportu komandantu korpusa - generalu Ronkalji su odbili da prihvate lažne uslove koji su ojačali njihovu volju da ne popuste pred njemačkim težnjama koje su već sproveli sa ostalim zavisnim trupama. Komandanti divizija „Venecija” - Oksilija, „Emilija” - Buta i „Taurinense” - Vivalda bili su već uvjereni i odlučni da dejstvuju protiv Njemaca što je naškodilo najviše diviziji „Taurinense”. 
Naredba komande Devete armade je učinila da se upoznaju svi vojnici divizija „Venecija” i „Taurinense”. I prije nego što su odbili poslušnost, dva velika komandanta su demokratski tražili mišljenje svih njima podređenih vojnika. Tako nešto se ne pamti u istoriji vojske. 
Istorijski je odnos generala Oksilije prema svojim zvaničnicima kojima je dao dozvolu da reaguje prema svom instinktu. Isto to je urađeno i od strane svih komandanata Korpusa. „Odluka da se ne podlegne naredbama punim mržnje i poniženja, pirhvaćena je sa puno entuzijazma od većine članova trupe”. U diviziji „Venecija” su bila sam odva slučaja „diverzije”: šef policije i zvaničnik pošte su pušteni da se priključe Njemcima. 
„Taurinense” je planirala da siđe do Kotora maršrutom Danilovgrad-Čevo-Krstac-Tvrđava Sv. Trojice. Komanda 3. Alpske divizije se od 11 septembra prebacila u Crkvice; a trupa je ojačana sa tri voda iz grupe „Susa”. 
Zona oko Kotora je bila okupirana od 1942. od strane divizije „Emilija” čiji je komandant već izrazio želju da se suprotstavi Njemcima. Prilika za to je ubzro došla. 
Borbe su se rasplamsale 14. septembra žestokim artiljerijskim duelima i povremenim krvavim borbama. prve uspjehe zabilježili su Italijani. Bataljon „Eksiles” napao je utvrđenje na rtu Kobila a bataljon „Pinerolo” je pokušao da osvoji aerodrom u Grudi. Operacija koja je uspješno započeta imala je totalni preokret zbog intervencije snaga Sedme SS divizije i hrvatskih saradnika. Pokušalo se ponovo sjutra dan, ali su „štukasi” uz pomoć Njemaca napravili tragediju. Jedan bataljon divizije „Emilija” znatno redukovan morao je da se preda. Njemci su ubijali po jednog zvaničnika na svakih 50 uhvaćenih ljudi. Divizija „Pinerolo” je uspijela nekako da se izvuče, poslije velikih gubitaka, iz neprijateljskih kandzi i pobjegne u Mrčine i Crkvice. 15. septembra divizija „Eksiles” je ponovo napala, ovoga puta uspješno, tvrđavu Kobila uz pomoć artiljerije divizije „Emilija”. Nažalost, odbijanje divizije „Ferara” da se bori protiv Njemaca, je dovelo alpsku diviziju do velikih poteškoća. Divizija „Emilija” je već” sakupila” 597 mrtva i 963 ranjena vojnika. Njihov komandant je odlučio da pozove u pomoć barem najbliže odjeljke bataljona i da zatraži od brigade „Eksiles”, „Fenestrele” i Mornarice da podrže i zaštite operaciju. Došlo je još 150 alpinaca iz divizije „Fenestrele”. 

Žestoki obračuni 

Njemci su umarširali i počeo je da sijeva žestok obračun. Bataljoni „Eksiles” i „Fenestrele” redukovani i sa malo municije bili su prinuđeni da se predaju 16. septembra ujutro. Mnogi alipinci i pješadija iz redova „Emilije” su odbili zarobljeništvo i kasnije su se našli u našoj diviziji „Garibaldi” ili priključeni jugoslovenskim partizanskim brigadama. 
Komanda divizije „Taurinene” se preselila u Danilovgrad; general Vivalda je stupio u kontakt sa partizanima. U posjeti brigadi „Ivrea” obratio se alpinima da razmotre dilemu: predati se ili se đenuti u planinu, na šta su alpinisti odlučno odgovorili da nikad ne bi predali oružje Njemcima. 
14. septembra vojna grupa „Aosta”, pod komandom slavnog majora Karla Raniča, se sa velikim uspjehom borila protiv Njemaca kod Danilovgrada, pokazujući kako njihova artiljerija zna da se adaptira tipu borbe i pješadijskom poslu. 
16. septembra je divizija „Taurinense” stigla u Čevo, bez obzira na ozbiljne pokušaje sabotiranja od strane neprijatelja. 16. i 17. septembra pokušali smo da napadnemo neprijatelja, jako utvrđenog u odbramenoj liniji, u mjestu Čekanje i Krstac gdje su se već borile grupa „Aosta” i brigada „Ivrea”. Pošto je izostala podrška divizije „Ferara” naša dva odjeljka nisu postigli uspjeh, uz bolne gubitke, zbog jeke intervencije njemačkih „štuka” 
U međuvremenu Kotor je bio okupiran od strane Njemaca i otpor Italijana u Boki je bio na nezavidnom nivou. 
23. septembra je odbijen jedna njemački napad u zoni Ledenice, ali bitka se nastavila izlažući diviziju „Ivrea” i lovce iz 203. samostalnog odjeljka velikim naporima. Najviše su bili izloženi njemačkim napadima divizije „Ivrea”, „Pinerolo” i „Aosta” i bataljon alpinaca kojima se pridružio jedan bataljon desetkovanih divizija „emilija” i „Bijela Gora”. Neki odjeljci su bili bez vode i životnih namirnica. Taktičkom i fizičkom pritisku neprijateljskih snaga priključio se i psihološki teret zbog nemogućnosti otpora manje više konstantnoj intervenciji njemačke avijacije. Ipak su se oduprijeli i natjerali njemačku komandu da zove pojačane i upotrijebi nove snage. 

Veliki gubici 

Komanda divizije „Taurinense” je bila ubijeđena da je sve više potrebna tijesna povezanost i saradnja sa partizanima. Situacija se odvijala negativno po nas. Prvih dana oktobra „Taurinense” je pretrpila velike gubitke dok je pokušavala da se domogne Gornjeg Polja. Njemci su imali vremena, zahvaljujući svestranoj pomoći četnika, da organizuju manevre i da zatvore italijanske odjeljke u „vreće” iz kojih je vrlo teško izaći. 
Odjeljci divizije „Taurinense” bili su jako desetkovani izostankom napadačke grupe „Aosta” koja je ostala integrisana do dolaska u Gornje Polje kad su zvanično zasnovali Brigadu „Aosta”, sastavljena od četiri bataljona, na čelu sa Majorom Ravničem. Dodijeljen im je politički komesar Milan Vuković i još neki iskusni jugoslovenski zvaničnici u funkciji komesara za razne potrebe bataljona. 
Bitka koja je do sad vođena, od divizije „Taurinense”, bila je izuzetno dramatična. Kao epilog toga divizija je imala teške ljudske i materijalne gubitke. Načinila je značajne gubitke Njemcima. Osim što ih je iscrpljivala cijelih mjesec dana, morala je da se bore protiv sile u svakom smislu jače od njih, pogotovo zbog avijacije, tenkova, konsistentne artiljerije i ostalih neželjenih događaja. Ali je „Taurinense” se nije dala pokoriti; ima već jedan teret slave na svojim leđima koji će biti sačuvan za one koji se odluče za bitku za slobodu protiv njemačkog okupatora u Jugoslaviji, ali i Italiji. 
Sad ćemo da propratimo akcije divizije „Venecija” sve do prvih dana oktobra mjeseca. Njihova najveća prednost bila je u tome što nisu išli ka moru i što su u početku bili zaboravljeni od strane njemačkih komandi sa operativne tačke gledišta, ali nisu izostajali pritisci, nagovori, naređenja i prijetnje. U njihovoj zoni bile su aktivne par grupa jakih četnika koji su, kao što smo već vidjeli, željeli da zloupotrijebe situaciju nastalu primirjem da bi ojačali svoju vojno-političku poziciju bilo miješajući se sa Italijanima u njihovoj administraciji, bilo snalazeći se na neki način za oružje. 
Politika komandnog štaba „Venecije” bila je, uglavnom zbog novonastalog primirja, da se ne miješaju u unutrašnju jugoslovensku politiku i da drže na distanci razne lokalne pokrete. 
Uostalom, i „Taurinense” je imala isti tip problema, sve dok im se nije iskristalisala ideja da su pravi borci protiv fašista bili Titovi partizani a da su četnici samo htjeli da ruše komunizam čak i po cijenu saradnje sa neprijateljem. Za početne sigurnosti zaslužna je bila naša politika da se ne koristi sila protiv jugoslovenskog stanovništva iz bilo koje političke ili etničke skupine; zato ih i smatram potpuno opravdanim. To je jedna tačka koju je bolje navesti četrdeset godina kasnije zbog preciznosti istorijskih činjenica. 

Ispravne procjene 

Političku i vojnu akciju generala Oksilije i njegove komande treba definisati kao staloženu i briljantnu. Znao je ispravno da procijeni događaje. Jasno je shvatio situaciju i predvidio je neophodnu borbu protiv Njemaca iz više razloga, tražeći mišljenje cijele divizije za svako pitanje. Odmah je našao način da špijunira kretanje Njemaca; i koncentrisao diviziju u trougao radi lakše odbrane (Berane, Mateševo i Andrijevica) i odakle bi mogao da cilja na liniju Podgorica - Kotor kao što je bila prvobitna zamisao generala Ronkalje; „Venecija” je ulivala sigurnost ostalim italijanskim divizijama i grupama koji su se kupili oko nje. 
Četničke vođe iz oblasti koristile su kao oružje ulizivanje i laskanje, pravili su se prijatelji, i tako „obrađujući” Italijane uspijevali da se domognu oružja i tenkova. Muslimanske bande iz Albanije, napadali su sjedišta Finansijske policije i Carinu, neki od njih su našli utočište u diviziji „Venecija”. Vrijedi pomenuti jedan izdajnički napad muslimanske bande na sjedište finansijske policije koja je pokrivala Berane, kada su imali petnaestak mrtvih i ranjenih. Veoma efikasna je bila reakcija jednog odjeljka (komandant Bazani) „Venecija”. 
Na čelo „Venecije” da poveća neodlučnost došao je Poručnik Bejli, šef britanske misije za saradnju sa četnicima. Pokušao je na svaki način da ubijedi Oksiliju da su saveznici u četnicima prepoznali ljude sa kojima treba tijesno sarađivati. Nastavilo se tako još nekoliko dana slušajući lažne naredbe i čuvajući na odstojanju četničke snage, sve dok događaji nisu doprinijeli razjašnjenju situacije. 
Prema naredbama Vrhovne komande Titovog Drugog korpusa napredovalo se prema Sandžaku. Četničke snage bile su razbijene u zoni Čelebić - Kovren i partizani su zauzeli Pljevlja. Jedna brigada je krenula ka Prijepolju, jedna ka Priboju, a četvrta crnogorska ka Kolašinu. 23. septembra poslije podne napali su Kolašin koji su branili četnici. 

Sukobi sa četnicima 

Na prve poteškoće oko 300 četnika je posustalo i počelo da bježi od italijanskog partizanskog napada. Ubrzanim maršom sedma četa je stigla do Mateševa, gdje je bila rastavljena na djelove da popune slabe tačke odbrane umjesto da je sačuvaju udruženu za kontranapad. U sumrak napad partizanske brigade je bivao sve učestaliji i odlučniji. Panika koja je uhvatila komandanta bataljona i ostale članove komande učinila je da pobjegnu u zonu petog bataljona, štićeni od strane sedmog bataljona, koji je isto pokušao da se povuče u tu zonu da bi se reorganizovali na način da se lakše odupru napadima neprijatelja, ali je komandant neslavno naredio da se svi povuku prema Mateševu. 
Tako je ostao 6-ti korpus, na čelu sa kapetanom Mariom Rivom, u svojoj zoni izolovan da se odupire napadima i da stvara oduševljenje zbog njihove hrabrosti kod Četvrte crnogorske brigade koji su, što se hrabrosti i vrijednosti, mogli svima da posluže za primjer. Ovdje je bio početak saradnje „Venecije” i Druge divizije NOVJ, na čelu sa komandantom generalom majorom Pekom Dapčevićem. Bila je to jedna stranica istorije mnogo bitna za divizije „Venecija” i „Garibaldi”. Mario Riva je uspio ne samo da pokaže vrijednost italijanskog vojnika, već i da djeluje instiktivno ali sa velikom jasnoćom u odlukama. Bila je očita slaba vojna organizacija četnika koje „zbog prethodnih loših iskustava nisu više ni uzimali u obzir polaganje žrtava zbog njih ili protiv njih”. 
Rodila se, pored želje da se bore protiv Njemaca, želja da se priključe NOVJ kao jakoj organizaciji veoma odlučnoj u borbi protiv njemačkog okupatora i koja je kasnije, 1945. godine, oslobodila Jugoslaviju uz velike žrtve i mnogo prolivene krvi. 
Prije dogovora o saradnji sa partizanima bilo je par bitaka u kojima su živote izgubili nekoliko Italijana; za šta su bili u većini slučajeva odgovorni četnici koji su držali pod kontrolom tu zonu. Došlo se do dana kada su se u zoni Maria Rive zajedno zaviorile italijanska i jugoslovenska zastava: 10. oktobra došlo je do definitivnog susreta Peka Dapčevića i Oksilije na kojem je došlo do dogovora o saradnji. U 13 sati toga dana umarširala su u Berane dva partizanska bataljona. Tamo se poslije preselila i komanda Drugog korpusa. 
Devetog oktobra grupa „Aosta”, sad već partizanska brigada, stigla je na partizansku teritoriju u Gornje Polje. Prošlo je mjesec dana od primirja, „Taurinense” i „Venecija” su već, formalno i organski, dio NOVJ-a iako su zadržali status italijanske vojske u zavisnosti od NOVJ-a, preciznije od njenog Drugog korpusa. Suprostavile su se odmah okupatoru ne želeći da se predaju; bili su dio italijanskog otpora od 9. septembra, što im je kasnije priznala i italijanska vlada. 

Dramatičan mjesec 

Bio je to dramatični mjesec pun žrtava za „Taurinense”, koji je pretrpio teške gubitke od prejakih Njemaca; težak mjesec i za „Veneciju” koja je uspjela da se održi kompaktna bez obzira na sve pokušaje neprijeatelja da ih razoruža ostala je odlučna da se bori protiv njemačkog okupatora. U tih mjesec dana desio se važan događaj: 8. oktobra u 8.30 komanda „Venecije” je konačno uspjela da ostvari radio konakt sa vrhovnom italijanskom komandom. 
Događaji su počeli da se nižu laganim ritmom. U noći 12. oktobra prvi odjeljak 83. divizije se premjestio iz Mateševa u Andrijevicu; četnici su se udružili sa Njemcima protiv Italijana i partizana; istekao je ultimatum Njemcima; u 14.20 dva njemačka aviona su bombardovala aviaciono polje, koje je pješadija „Venecije” napravila u veoma kratkom roku, svega nekolika dana; u 15.25 dva italijanska aviona su nadlijećući zonu, poslala šifrovanu poruku vrhovne italijanske komande, potpisanu od strane generala Ambrozija; u Murini je primijećena trupa od 20 tenkova- muslimani i Njemci. Tad je počeo da se vrši još jači pritisak na „Veneciju”. 
Dana 13. oktobra radio je objavio da je Italija proglasila rat Njemačkoj; bila je to potvrda o ispravnosti već donešenih odluka. Sa radija se čula nova himna demokratske Republike Italije (Memelijeva himna), što je napunilo radošću i odlučnošću srca italijanskih boraca. 
U zoni oko Nikšića brigada „Aosta” je, zajedno sa 3. divizijom NVOJ, učestvovala u akciji za manastir Ostrog, uspješno ali i sa malim gubicima. U narednim danima brigada se sve više isticala osvajajući tako simpatije partizanskih komandi. 
Dana 14. oktobra, 6. bataljona 83. divizije (komandant Riva), zajedno sa jednim partizanskim bataljonom je formirao „Bataljon Italija”. 
Alpinisti iz divizije „Taurinense” koji nijesu bili u brigadi „Aosta”, stigli su 15. oktobra, poslije petodnevnog marša po planini, u Kolašin gdje su bili dočekani uz slave od strane komandanta Rive. U Kolašin su stigli i komandanti iz „Taurinense”-a Ćiljieri, Muso, Renijeri i ostali. Tu se desio prvi pravi susret divizija „Venecija” i „Taurinense”. General Oksilija se prvi uputio da pozdravi Rivinu pješadiju i alpiniste, bodreći ih da nastave borbu za čast Italije. Prisutan je bio i general Peko Dapčević. Počela je da se nazire klima koja će da vlada u budućoj diviziji „Garibaldi”. 
Dana 19. oktobra, u Kolašinu, je formirana 2. brigada alpinista „Taurinense”. Komandant je bio major Spirito Renijeri. 

Stižu avioni 

Već 20. oktobra italijanske snage koje su sarađivale sa drugim korpusom bile su sve iz divizije „Venecija”, ali i dvije brigade sastavljene od ljudi iz „Taurinense”-a i bataljon alpinista Genije takođe iz „Taurinense”-a, koji je rekonstruisan za nove operativne potrebe, stigle su u Kolašin. Ovim odjeljcima su se pridružili ljudi iz „Taurinense”-a, oko 200 njih, koji su se borili u Hercegovini, pod komandom komandanta Anfonsa i briljantnog komandanta Piera Zavatra Ardizija, a koji su, iako desetkovani, pokušavali da se domognu divizije „Venecija”. 
A, 16. oktobra jedan italijanski lovac je aterirao u Berane; pilot, poručnik Guzmaroli, dostavio je jednu poruku o odnosima zemalja. Događaj je ostavio pozitivan utisak! Činilo se da su mnogo blizu Italije! Italijanska Vrhovna Komanda i avijacija činili su sve da bi pomogli, sa malim raspoloživim sredstvima, Italijanima iz divizije „Garibaldi” i NOVJ-u. 
Operacija „Balkanšluht” protiv „Venecije” i Drugog korpusa je uveliko otpočela i odvijala se po tri direktive. Kako je operacija odmicala tako su Njemci dobijali sve više pojačanja, a bili su podržani i u velikoj mjeri od strane Luftvafea. 
Na frontu kod Andrijevice borili su se u prvoj liniji prvi bataljon 83. divizije i 2. dalmatinska brigada, dok je u drugoj liniji bio upošljen treći bataljon 83. divizije NOVJ-a. 
Na frontu Rožaje - Petnica borio se treći bataljon 84. divizije. Na frontu Mateševo - Lijeva Rijeka prvi i drugi bataljon borio se 84. divizije i bataljon „Italija”. 
Tri neprijateljske kolone došle su u kontakt sa našim odjeljcima koji su se izvanredno držali, iako je trebalo da se gleda sa svake strane, jer su bili učestali napadi četnika i muslimana. Zasnovale su se mnoge napadačke patrole koje bi vršile smjele „ručne” napade i pravili zastoje na putevima. U ovim patrolama su bili „zaposleni” i ljudi iz finansijske policije. Saradnja sa partizanima je postajala sve tješnija. Zona operacija je bila sve šira. 
16. i 17. neprijateljski napadi su bili sve češći. U akciju se uključila i njemačka dalekometna artiljerija; grad Berane je bio miniran i bombardovan od strane avijacije. Poslali su još jedan dopis u kojem su produžili ultimatum za predaju od 12. do 20. oktobra. 
Osamnaestog oktobra desio se napad 52. lovačke jedinice, prethodno muslimana, na treći bataljon 84. divizije i na jedan odjeljak partizana koji je poklekao. Istog dana u Beranama je jedan italijanski tromotorni avion S73 donio municiju, novac i razni materijal ali nije uspio da uzleti jer je izrešetan, od strane njemačke avijacije, eksplodirao. 
Prvi bataljon 83. divizije je morao dva puta da odstupa pod velikim pritiskom neprijateljskih snaga, ali su pametno i bez panike odreagovali i zavukli se u prirodno jake odbrambene položaje. 

Pod paklenom vatrom 

Neprijateljska artiljerija, uspješno kontrira na od naše, obrušila se na Andrijevicu. Njemačke kolone iz Rožaja i Sjenice su zaustavljene na nekoliko kilometara od Berana, a one koje su dolazile iz Podgorice i Danilovgrada, poremećene i desetkovane, pokušale su da se domognu Mateševa. Velika je bila žestina borbi. U zoni Tara - Vukovet se žrtvovao bataljon „Italija”. Počinio je velike gubitke napadaču, ali pod neprekidnom paklenom vatrom biva desetkovan: 25 mrtvih, 45 povrijeđenih i 73 nestalih vojnika. Umro je kao pravi heroj komandant Mario Riva, kojem će biti dodijeljena zlatna medalja za vojne počasti. Njegova smrt je duboko pogodila generala Peka Dapčevića koji je prenio žaljenje cijelog Drugog korpusa. 
Situacija je postala kritična i naložila je odmah nove strateške i taktičke mjere. Evakuisan je grad Berane počevši od 442. bolnice na polju. Dvadesetog oktobra je palo Mateševo. Efikasna je bila akcija prvog bataljona 84. divizije i četvrte crnogorske brigade podržanih sa dva topa komandanta Manjanija u odbijanju neprijatelja. 

Postojao je rizik od ulaska u „obruč” zato su morali da se rastave. To je učinjeno u velikom redu, ali i sa žrtvama. Prvi bataljon 84. divizije i treći korpus 83. divizije krenuli su ka zoni Mojkovca, sjeverozapadno od Berana, da bi organizovali bazu. U andrijevačkom sektoru su dobili naređenje da nekako izdrže do sumraka sa svojim otporom. Komandant poručnik Muso je odreagovao veoma odvažno i autoritativno diktirajući precizne naredbe u 9.36 sati 20. oktobra. 

Krah njemačke operacije 


Popodne je evakuisano iz Berana sve što se moglo transportovati, uključujući i bolnice, pod zaštitom jednog bataljona formacije CC-FF. Cijelog dana 20. oktobra, njemački pritisak je bio intenzivan i odlučan ali i odbijan uspješno od dva voda komandanta Gracijanija i djelovima dva bataljona 83. divizije. Napadi su bili raznovrsni ali su svi sa uspjehom odbijeni. Jedan hitac iz topa je eliminisao komandu prvog bataljona 83. divizije i komandu jednog dalmatinskog bataljona koji je sarađivao. 
Andrijevački garnizon bio je napušten. Zadnji ga je napustio prvi bataljon 83. divizije, pod komandom komandanta Brambile koji je zamijenio ranjenog majora Bazokija. Napravio je jedan manevar rastavljanja kao po knjizi. Mnogi bombaški napadi su ukočili borce koji su mogli još da se odupiru neprijatelju. Grad Berane je potpuno evaukisan ne ostavljajući ništa korisno Njemcima; tako je bilo i sa Andrijevicom. Manevar je bio veličanstven, komandovan i izveden veoma iskusno, ali su borci bili izloženi značajnom trošku energije. Njemci su okupirali prazno i nebranjeno Berane tek 22. oktobra, ali nisu nastavili. 
Divizija „Venecija” i 2. brigada „Taurinense”-a su se locirali u Pljevljima. Naše snage su se herojski izvukle njemačkom manevru, čija je komanda ocijenila da je operacija „Balkanšluht” propala. 
Ovim se završava jedna prva faza i počinje druga u kojoj dolazi do organske transformacije odjeljaka „Venecije” u prave partizanske brigade adaptirane ratnoj situaciji. 
Divizija „Venecija” je napravila šest brigada, nazvavši ih sve „Venecija”. 
1. brigada zajedno sa prvim Bataljonom 83. divizije i još nekim pojačanjima; komandant je bio kapetan aspinaca Piero Markizio. 
2. brigada sa različitim „sastavnim elementima”: drugi bataljon bataljon „Riva”, drugi bataljon iz divizije „Ferara”, miješani GG-FF bataljon; komandant je bio Leonida Berte inače vođa bataljona GG-FF. 
3. brigada sa trećim bataljonom 83. divizije; komandant je bio major alpinaca Ćezare Piva. 
4. brigada sa prvim Bataljonom 84. divizije; komandant je bio major alpinaca Lionelo Albertini. 
5. brigada sa drugim bataljonom 84. divizije i nekim pojačanjima; komandant je bio kapetan strijelaca poručnik Emilio Maskerpa. 
6. brigada sa trećim bataljonom 84. divizije i pojačanjima; komandant je bio kapetan Luiđi Mari. 
Nije bilo vremena za jednu obuku koja je potrebna da bi se fiksirali neki osnovni principi novog načina upošljavanja odjeljaka koji su postali lakši i pokretniji. Bilo je u interesu Vrhovne partizanske komande da se uđe u Srbiju i da naše brigade budu odmah uključene u akciju. Prvog novembra popodne, u Pljevljima, je italijanska avijacija donijela prvu isporuku raznog materijala: 102 paketa ukupne težine 3700 kg. 

I pobjede i porazi 

Drugog novembra vratio se general Vivalda, koji je nevjerovatno izbjegao hapšenje, na čelo komande odjeljka „Taurinense” - a sada sastavljenih i od brigade „Aosta” i 2. brigade „Taurinense”-a ali i 3. brigade formirane od jednog odreda od 300 ljudi koji su dobili oružje od „Venecije”. 
Od 4. do 9. novembra četiri brigade „Venecije” učestvovale su u akciji čišćenja i obezbjeđivanja odstupnica zbog budućih operacija prema Srbiji. Peta brigada „Venecija” okupirala je Brodarevo. Sedmog novembra dva bataljona koja su pokušala jedan upad u pravcu Stranjana, pali su u zasjedu muslimana i Njemaca i pretrpjeli velike gubitke, iako su pokazali veliku hrabrost. Pomjerile su se dvije italijanske brigade podržane artiljerijom; 6. brigada je stigla do Lima iz Bijelog Polja. Najveći teret podnijela je 3. brigada majora Pive koja je, brzom reakcijom, rastjerala jednu muslimansku formaciju napadajući pri tom jedan njemački vod koji se poslije kraće borbe razbježao. 
Intervenisala je i 2. brigada. Brodarevo je oslobođeno; okuprani su Stranjani i počela je akcija čišćenja terena. Komanda korpusa riješila je da napadne dobro branjenu Sjenicu. Peta brigada je imala velike gubitke; 22 mrtva među kojima 3 zvaničnika i 30 ranjenih ali izgubila je i dosta oružja. 
Sjenicu su napala tri voda sačinjena od 2, 3. i 5. brigade „Venecija”, 2. brigade iz „Taurinense”-a plus 2. dalmatinska brigada i ostali partizanski bataljoni, uz podršku dijela artiljerije kapetana Gracijanija. Komanda „Venecije” je zatražila od italijanske vrhovne komande podršku iz vazduha ali ta pomoć, iako odobrena, nikad nije došla. Ova nepažnja i potcjenjivanje neprijateljskih snaga, pored zime i gladi, su doveli do još jednog poraza. Bilo je početnih uspjeha pa čak i značajnih, ali je njemački kontranapad bio mnogo efikasniji. Što se tiče nabavke prehrambenih proizvoda i ona je bila na nezavidnom nivou. Gubici su bili veliki. Brigade, iako pod strašnim pritiskom njemačkih snaga i stalnih napada muslimana, uspjele su da se snađu i izbjegnu tragediju. Major Piva se pokazao kao komandant od klase i znanja. Borbe su trajale od 11. do 15. novembra bez prekida. 

Gubici u Brodarevu 

Peta brigada „Venecija”, ostavivši jedan bataljon u Brodarevu, dok je marširala ka Bijelom Polju, biva napadnuta od mnogobronih njemačkih i četničkih snaga i samo je jedan dio uspio da se oslobodi. Bataljon koji je ostao u Brodarevu je napadnut od neprijatelja automatskim oružjem i topovima. Sravnili su cijeli garnizon sa zemljom i strijeljali nekoliko preživjelih italijana i partizana. Peta brigada „Venecija”, je izgubila preko 250 ljudi, što poginulh što ranjenih što nestalih. 18. novembra brigada je izbrisana i mali broj preživjelih je prešlo u 2. i 3. brigadu. 
Krajem novembra rasplamtala se borba za Prijepolje. Istakla se 6. brigada „Venecija” (komandant Mari) u Vrnici i Barama (20. i 25. novembar). Učestvovala je i 2. brigada iz „Taurinense”-a u zoni Nove Varoši. 
Vraćajući se malo unazad s vremenom valja pomenuti častan postupak brigade „Aosta” koja se borila za Bjelopavliće trpeći gubitke i gdje se istakao heroizam poručnika veterinara Vilija Paskvalija, koji je, na čelu odeljka, žrtvovao svoj mladi život u Brijetovu 10. novembra u kojem je dodijeljena zlatna medalja za vojne počasti. Zbog velikih poteškoća u zoni, brigada „Aosta” je preseljena, maršom od 200 kilometara, u Sandžak gdje je stigla krajem novembra.
Malo po osnivanju, prva brigada „Venecija” je poslata u Srbiju da pomogne operacije 5. krajinske divizije. 15. novembra poslata je u zonu Vardišta. 17. novembra, osim u prolazu Šargan, zauzela je poziciju ispred Kremne. 18. novembra brigada je sa dva bataljona, akcijom iznenađenja, napadnula bugarski garnizon, što je iskoristio prvi bataljon (poručnik Rizo) u svom finalnom napadu. Bugarske trupe su bile uništene, a ostatak se razbježao u pravcu Užica ostavljajući veliku količinu oružja i ostalog korisnog materijala. Po povlačenju 1. brigade „Venecija” i partizana iz krajinske divizije ka prelazu Šargan, Kremna je ponovo okupirana od par vodova njemačke armije. 20. noembra su ponovo pokušali napad. Napad je bio znatno otežan zbog guste magle koja se spustila na zonu, što je otežalo koordinaciju među odeljcima tako da je akcija izgledala prilično neorganizovana. Takođe zbog guste magle Rizov bataljon je odjednom došao na „tanjir” njemačkoj odbrani koja je lako razbijala redove 1. bataljona; Rizo je pokušao jedan očajnički napad bodreći ljude da herojski krenu naprijed i da se ne povlače. Dao je tako život zajedno sa ostalima koji su ga slijedili. Dodijeljena im je svima zlatna medalja za vojne počasti. Komandanti družine su, dosta hladno, uspjeli da pobjegnu zajedno sa preživjelima. Na prozivci je izostalo više od 40 ljudi. 
Sljedećih dana prva brigada „Venecija” je i dalje, na prelazu Šargan, odbijala njemačke napade. Poslije je premještena u zonuPriboja i u noći na 24. novembar je dobila naredbu da se vrati u Pljevlja, pored pokušaja 5. krajinske divizije da je zadrži pod svojim okriljem. 

Više od mogućeg 

U međuvremenu je jedan vod alpinaca iz „Taurinense”-a, poslije mnogih premještaja, nalazeći se u četničkoj zoni, pokušavao da sustigne i da se pridruži „Veneciji”. Konačno su došli u kontakt sa partizanima iz 27. divizije, koja je zvanično oformila „italijanski bataljon Taurinense” na čelu sa komandantom Zavatrom. Ovaj batljon je učestvovao u raznim borbama u zonama Kalinovika, Šivolja, Dobrog Polja i to pored partizanskih odreda. Brzo su zaradili povjerenje 27. divizije. Zavatro je pokazao jedan čvrsti i inteligentni temperament kojim je uspio da pridobije ne samo svoje alpince već i jugoslovenske borce koji su ga otvoreno obožavali i cijenili. 
Dana 29. novembra stigli su u Pljevlja 12 transportnih aviona sa rezervama iz engleskih lovačkih aviona. Izveli istovar od 22.500 kilograma raznog materijala. 
Krajem novembra dvije italijanske divizije su učinile napor mnogo veći od svojih mogućnosti iz kojeg su časno izašli. „Taurinense” je bila napadnuta prva u jednom vrlo delikatnom psihološkom trenutku za borce tako da su oni pretrpjeli najviše gubitaka. Stigli smo do odlučujućeg momenta. Njemci su se spremali za ofanzivu, sa velikim brojem ljudi i raznim oružjem, od koje se mogao nazrijeti djelić zadnjih dana novembra. 

Datum za istoriju 


Poslije ocjenjivanja situacije poslije vojno-političkih događaja od 8. septembra, koji su duboko izmijenili planove borbe” u cilju bolje upotrebe vojske i racionalnijeg korišćenja oružja i ostalih materijala”, kako je rekao general Oksilija u dopisu vrhovnoj italijanskoj komandi, prestale su da postoje divizije „Venecija” i „Taurinense” na čijim temeljima je, 2. decembra, osnovana Italijanska partizanska divizija „Garibaldi”. 
Komandant je general Oksilija, zamjenik komandanta general Vivalda, šef Glavnog štaba je poručnik pukovnik Ćiljieri. 
U sastavu divizije su: Komanda sa odjeljkom za rezerve; 1. brigada sastavljena od ljudi iz divizije „Taurinense”; 2. brigada sa ljudima iz divizije „Venecija”; 3. brigada sa ljudima iz divizije „Venecija”; jedan odjeljak artiljerije; jedna bolnica. Svaka brigada je imala oko 1300 ljudi. 
Pod direktnu operativnu zavisnost komandnog Korpusa ući će i tenkovska jedinica; artiljerijska jedinica; auto jedinica; jedan bataljon Genije sastavljen od elemenata obje divizije. 
Osoblje koje je van ovih fiksnih jedinica ulaziće u operativne grupe od 200-300 ljudi koje će se koristiti kako u borbenim jedinicama tako i u teritorijalnim komandama oslobođenih zona. Oni koji su imali težak život do sada biće rezervisti za dopunjavanje desetkovanih brigada. 
Partizani su operaciju „Kugelblic” nazvali 6. ofanziva. Bila je jedna od najsurovijih koju je na leđima iznijela NOVJ. Zahvatila je i diviziju „Garibaldi” u trenutku kad se reorganizovala po posljednjim direktivama. Bila je zima. Njemci su zadali jedan strahovit udarac. Iznenadili su sa vodom skijača u bijelim odjećama prijepoljski garnizon koji nije uspio ni da digne u vazduh već minirani most. Prodrli su u Seljašnicu gdje ih je čekala italijanska artiljerija koja se odupirala sve dok je imala municije. Ciljali su poslije na prelaz Jabuka gdje su naišli na odbrambenu liniju, u kojoj je učestvovala divizija „Garibaldi” koja je trebala da obezbijedi odstupnicu iz Pljevalja tj. da se evakuišu komande, bolnice i ostalo. Njemci su napadali iz tri pravca, a napadala nas je artiljerija, tenkovi i avioni kad je vrijeme to dozvoljavalo. 
Situacija je postajala sve tragičnija a evakuacija Pljevalja skoro nemoguća. Bio je izlišan svaki pokušaj otpora. Korpus je naredio povlačenje. Napredovali su iz više pravaca pokušavajući da naprave „obruč” oko Korpusa. 
Ušli su u Pljevlja u 13.30. 5. decembra, dok je jedan mali broj Italijana i partizana očajnički odoljevao napadima u blizini Kuće mladosti. 
Posebno je dramatična bila „odiseja” bolesnih koje su pokušavali na svaki mogući način, čak i na leđima, da odvedu u neke mirnije zone. U čajničama je zarobljena jedna bolnica ali su neki bolesnici uspjeli da pobjegnu. 
Druga brigada se, na svoju inicijativu, razdvojila vremenom. Prva brigada je, 6. decembra uspjela da uspori jedan njemački vod koji je od Pljevalja pratio naše jedinice i boreći se kod Potpeći i Kosanice dozvoli korpusu da se prebaci preko Tare na sigurno. 
I komanda „Garibaldija” je sa svojih 1200 ljudi, zahvaljujući trećoj četi 2. bataljona, uspjela da stigne u zonu oko Bobova i Glibaća i da kasnije, avanturističkim manevrom, pobjegne njemačkim patrolama u sigurnu zonu Mojkovca gdje ih je već čekala prva brigada. 
četvrta brigada (major Albertini) koja je, pored mnogo manje snage nego što je to bilo fiksirano od komande korpusa, uspjela u fazi tranzicije između Berana i Pljevalja da odoli njemačkoj ofanzivi. Uspjevši da pobjegne, već je 9. decembra zauzela svoj borbeni položaj za oslobađanje Bijelog Polja. 
Treća brigada (major Piva) je bez informacija o situaciji, u jednom trenutku odmora dok su dijelili odjeću, iznenađena svirepom ofanzivom njemačkih snaga, koji su svojim blindiranim automobilima i tenkovima proizveli mnoge mrtve i ranjene, među kojima i majora Piva, kome je jedan geler skoro otkinuo nogu, a poginuo je dajući naredbu o razdvajanju brigade u odjeljke i diktirajući poslednju želju vezanu za njegovu ženu. 
Dodijeljena mu je zlatna medalja za vojne počasti. Njegova smrt je izazvala žalost ne samo kod njegovih garibaldinaca već i kod komande korpusa gdje su ga jako cijenili. Komandu nad brigadom preuzeo je kapetan Berte. 

Hladnoća i glad 

Od dana 10 decembra koji se može smatrati krajem ofanzive, prešlo se odmah na akcije ometanja i sabotaže, pokušavajući da time nadoknade izgubljene pozicije. Druga brigada, polazeći kroz neprijateljske vodove, stigla je do svog objektiva - doline Pavino Polje. 10. decembra, iako nisu ništa jeli 56 sati. Prvi bataljon 2. brigade je, nošen snagom duše, napao i osvojio planinu Zuper. 
Ovaj uspjeh je omogućio okupaciju doline i brigada se rasporedila u odbranu obavljajući, pri tom, par napadačkih akcija. 
Treća brigada, pod komandom kapetana Bertea, stigla je u zonu rijeke Komarnice gdje su, formirajući odbrambene redove, ostali da regenerišu velike gubitke, iako je to bila poznata opasna četnička zona. Poslije nekoliko dana brigada je već bila u situaciji da se uspješno bori, zajedno sa 4. sandzačkom brigadom, 21. i 22. decembra, iznudivši pohvale partizanskih komandi. 
Stigao je Božić. A bilo je toliko snijega, toliko hladnoće, toliko gladi i tolio poteškoća koje je trebalo prevazići. Naravno nije izostalo ni akcije. Druga brigada se borila u zoni Pljevalja i Kovrena i zbog toga je pohvaljena u 199 dopisu vrhovne komande NOVJ. 
Treća brigada je nastavila tu cijenjenu aktivnost u zoni Pljevalja i čajniča. Prva brigada je držala desnu obalu Lima pod svojom kontrolom, sjeveroistično od Berana odbijajući neželjene dolaske iz Sjenice, Rožaja i Peći. 4. brigada je odbijala neželjene dolaske iz Peći i Gusinja. 

Sukob do sukoba 

Bataljon (kapetan Zavatro) je pretrpio velike gubitke zbog mnogo sukoba u koje je hrabro ulazio, ali i zbog poteškoća i muka koje su prevaziđene visokim moralom poput Zavatrovog. Ovaj bataljon, pripojen 27. diviziji, uvijek je učestvovao ponosno, iskusno i sa nevjerovatnom voljom, u okrutnim i dramatičnim borbama u Bosni sjeverno od Sarajeva. Posebno se ističu 18. i 19. decembar - bitke za Vareš i Brezu. 
Nije se ispoštovala Božićna noć, al konačno su uspjeli malo da odmore 31. decembra. Umiješani su bili i u operaciji „Kugelblic” i u operaciji „Škraesturm”. 

Zaslužili su jednu svoju istoriju i jednog svog Homera da opjeva njihov ponos i njihov duh koji su unosili u svaku borbu. Priča se završila polovinom januara kad su preživjeli iz tog bataljona bili priključeni u razne odjeljke 27. divizije. 
Trećeg januara jedan bataljon 2. brigade odbio je furiozne napade Njemaca, četnika i muslimana. Brigada je pokušala jedan kontranapad. Prave borbe došle su 6., 11. i 16. januara kada su nanijeli velike gubitke neprijatelju, iako su i sami pretrpjeli istina manje gubitke. 
Meteorološki uslovi su bili veoma nepovoljni zbog gustog i velikog snijega i hladnoće koja je samo pojačavala svoj intenzitet. 
Prva brigada je 5. januara krenula ka Godočelju i biva napadnuta 6. i 7. u mjestu Tucanje i Radulić gdje je slavnu smrt doživio poručnik Boneti, komandant IV bataljona; dodijeljena mu je zlatna medalja za vojne počasti. 11. januara je došlo do nove borbe kod Slatine. 
Treća brigada je bila u akciji, 3. januara u Hočevini, protiv njemačkih skijaša. Istakli su se policajci iz grupe poručnika Bitonija. 17. januara se istakla grupa GG - FF u mjestu Gornje Orlje. Brigada je više puta pohvaljena u dopisima iz komande NOVJ-a. Ujutro 11. januara, njen prvi bataljon je napadnut, u akciji iznenađenja, od strane Njemaca i četnika. Branili su se hrabro i očajnički, vratilo se samo 39 njih. 
Prva brigada je 23. januara, bila i dalje u zoni Godočelja, Tucanja i Petnjice gdje je nanijela značajne gubitke neprijatelju. Gubici brigade: 6 mrtvih, 10 povrijeđenih i 25 nestalih. 
Jedna albanska četa je napala u zoni Andrijevice, ali je bila odbijena od partizana uz pomoć naše 4. brigade (major Albertini). 
Desetog februara, u cilju obnove organskih gubitaka divizije, ukinuta je 3. brigada (kapetan Berte) i njeni ljudi su popunili praznine u ostalim brigadama. četvrta brigada je tako postala 3. brigada „Garibaldi” na čelu sa majorom Spiritom Renijerijem, zamjenikom komandanta kapetanom Berteom. 

Sve teže i teže 

Situacija je postajala sve teža posebno zbog zime koja je bila najoštrija od početka rata. Pred kraj januara još jedan opasan neprijatelj se obrušio na Garibaldince: plućni virus koji je lako obarao neuhranjene ratnike. Zdravstvena organizacija, pored svih uloženih napora, bila je više nego skromna i sredstva za borbu protiv ove epidemije bila su više nego nedovoljna. Padali su ljudi a za njima i doktori, pogođeni i oni titanskim otporom koji su pokušavali da pruže ovom neprijatelju. 
U pokušaju da se informišu i orjentišu Garibaldinci napravljen je neki tip novina u različitim odjeljcima. Poručnik Manući je održao govor u jednoj javnoj sali u Bijelom Polju, uz prisustvo cijele svoje 2. brigade, vlasti i građana. Pričao je o motivima koji su naveli Italijane da se priključe jugoslovenskom narodu a koji potiču iz perioda Macinija i Garibaldija. 
Da bi se olakšala zona Sandzaka već iscrpljena zbog prevelikog snabdijevanja mnogih partizanskih odjeljaka među kojima je bilo i Italijana, odlučeno je da se dvije italijanske brigade prebace u Bosnu. Red je bio na 2. i 3. brigadu koje su krenule 22. i 24. februara. Već je premještaj sam po sebi bio težak sa taktičkog stanovišta; kilometri i klometri visoke planine koje je trebalo preći, sa stazama pokrivenih snijegom i da bi bilo još teže stigla je informacija da je situacija u Bosni, što se snabdijevanja namirnicama tiče, još gora od one u Crnoj Gori, a još jedna otežavajuća okolnost je epidemija plućnog virusa koja je napala dvije brigade, sve u svemu situacija je postala dramatična. 

Bosanska golgota 


Sve im je nestalo, čak i so. Iščekivanja, strah, marševi, hladnoća, patrole, borbe nisu nikako pomagale poboljšanju zdravstvenog stanja naprotiv plućni virus je postao još gori neprijatelj nego što je bio. 
Druga brigada se smjestila u zoni Kalinovnika, na više od 1000 metara nadmorske visine, izložena čestim udarima vjetra i snijega. 
Treća brigada iz Foče je morala da nastavi prema sjeveroistoku, prelazeći prugu Višegrad - Sarajevo i rijeku Praču. Dva bataljona su napadnuta od kojih je jedan, uhvaćen na prepad, potpuno poražen. Naredne bitke su desetkovali brigadu na jedan nezavidan broj efektivnih boraca. Poslije toliko mrtvih, ranjenih i nestalih ostala je jedna grupa dovoljna da se oformi bataljon pod komandom poručnika đufride, ali pod okriljem 6. bosanske brigade. Epidemija je prijetila i ovdje. Razbolio se đufrida i bataljon je još više desetkovan, ali je nastavio da se bori sve dok 5. juna mali broj preživjelih nije popunio gubitke ostalih bataljona 17. majevičke brigade. 
Druga brigada nije bila u boljoj situaciji. Glad je umanjila i moralnu i fizičku snagu boraca; a virus ih je izbacivao iz stroja. Početna ljekarska ekipa su postali bolnica sa 300 bolesnika, čiji se broj svaki dan povećavao. Avio napad Njemaca je bio olakšan snijegom jer su drveća bila rijetka a bataljon nije imao protivavionsko oružje. Dva bataljona su pretrpjeli gubitke. četnici i mali njemački avioni su napadali u raznim pravcima. Mnogi mrtvi i ranjeni su samo povećali već veliku bolnicu. 
Stigao je u brigadu kapetan Zavatro da pomogne komandantu Makiziju i političkom komesaru Manojlu Manojloviću. Učinjen je svaki pokušaj da se reanimiraju pregladnjeli borci i taktička situacija. 27. marta poslat je zvaničnik čak u Crnu Goru da obavijesti komandu divizije „Garibaldi” o nezavidnoj situaciji u kojoj se nalazi njihova brigada. 
Četvrtog aprila Njemci su počeli ofanzivu širokog spektra uz veliku pomoć četnika, muslimana i ustaša. Kalinovnik biva napadnut iz dva pravca. Bilo je potrebno bježati što prije i nije bilo vremena da se transportuju bolesnici i to mnogi bolesnici: njih oko 300. Komandant je imao temperaturu od preko 40 stepeni. Zavatro, koji će se kasnije razboljeti, organizovao je bijeg koji je postao očajnički. Markizio nije htio da napusti svoju brigadu i rekao je da će priuštiti sebi „luksuz da umre” tek kad bude vidio svoju brigadu na sigurnom. I politički komesar Manojlović koji je učinio sve što je mogao za brigadu kasnije se razbolio i ostavljen je nekoj familiji na čuvanje ali mu je smrt došla od četničke ruke. Preživjeli iz brigade su pod vođstvom poručnika Mizitana i doktora Decia Rubinija stigli 18. aprila na Žabljak; prebrojali su se: bilo ih je 221! 40 ljudi koji su bili u najboljem stanju su poslati da pomognu četvrtom bataljonu 1. brigade koja je odbijala neprijateljske napade u zoni Kovrena (28. april). 

Okupljanje poslije gubitaka 

Druga brigada je bila desetkovana, ali ne poražena. Reorganizovana je sa dolaskom novih ljudi iz ostalih brigada, ali i svojih ljudi koji su poslije događaja u Bosni i Crnoj Gori uspjeli da se domognu svoje slavne brigade. Komanda brigadom je dodijeljena kapetanu Robertu Beriju i kapetanu Anđelu Torkiju. 3. jula major Italo Paroli je zamijenio kapetana Berija. A Torkija je zamijenio poručnik Manući. 
„Garibaldi” nije bila sva u tim brigadama. Bila je od izuzetne važnosti i ekipa stručnjaka koji su bili raštrkani svuda da ometaju, da rekonstruišu, da popravljaju puteve i ostalo u nimalo prijatnim situacijama uz prisustvo neprijatelja i uz nedostatak sredstava, što je lako pojmljivo u ratu takvih razmjera. Krajem februara od bataljona stručnjaka pionira je napravljeno pet manjih odjeljaka različitih snaga, pripojenih nekim jedinicama korpusa koje su stizale poslije iscrpljujućih marševa u opasne zone sa malo zaliha hrane i ostalih sredstava. Isto se može reći i za artiljerijsku jedinicu koja je uvijek bila odlučujuća u teškim situacijama i koja je djelovala sa jugoslovenskim jedinicama. Ali plućni virus nije poštedio ni njih. 
Dok se 2. brigada reorganizovala u mjestu Prošćenje, 1. brigada je učestvovala u operacijama koje su težile vraćanju teritorija izgubljenih sedmom ofanzivom. Telekomunikacioni sektor divizije „Garibaldi” je u rekordnom vremenu uspostavio telefonske linije. 11. maja 1. brigada je zauzela lijevu obalu rijeke Lima, dok je u međuvremenu, 2. brigada prešla pod zavisnost od 37 divizija da bi odbijala dolaske iz Pljevalja i Prijepolja. Sljedećih dana su bataljoni 1. brigade, zajedno sa odredima NOVJ, bili upošljeni oko lokalnih sukoba. Često je intervenisala neprijateljska avijacija. 
Prvih dana juna, Njemci su počeli manevre da bi ojačali svoje garnizone. Drugi korpus je preduzeo protiv - mjere, ali je napadnut 19. i 20. juna na frontu kod Lima, gdje je djelovala 1. brigada i koja je morala da prepusti teritoriju. Borbe su trajale nekoliko dana, a pokušaji Njemaca da ojačaju front kod Lima bili su uspješno sputavani od strane 1. brigade koja se borila zajedno sa 3. divizijom NOVJ. 

Neuspjeli „Napadač” 

Drugog jula komandu nad divizijom „Garibaldi” je preuzeo poručnik Ravnič kao zamjena za generala Vivaldu a komandu nad 1. brigadom je preuzeo poručnik Anđelo Prestini. Druga brigada je svedena na tri bataljona sa ukupnom snagom od 600 ljudi. 23. juna kapetan Zavatro, vraćajući se iz Bosne, je preuzeo komandu nad jednim bataljonom alpinista koji će zajedno činiti osnovu za formiranje 4. brigade „Garibaldi”, zvanično osnovane 7. jula. 
Akcija pod komandom Ravniča je težila da se povrate svi Italijani rastureni po raznim mjestima zbog ratnih događaja. Uspjeli su da dodaju dovoljan broj ljudi desetkovanim bataljonima „Mateoti” i „Garibaldi” koji će poslije da postanu dio divizije „Italija”. 
18. jula otpočela je operacija „Draufganger” (Napadač) naređena od komande petog planinskog oružanog korpusa SS-ovaca. 19. jula bombardovani su Kolašin i Berane. Prvi objektivi bili su Andrijevica i Berane. Odmah su poslati I bataljon stručnjaka i ekipe telekomunikacionih stručnjaka. Brigade „Garibaldi” su ostale da brane pozicije sa lijeve strane Lima. 24. jula opala je njemačka ofanziva a njihovi odredi su uhvaćeni zahvaljujući i savezničkoj avijaciji. 
Pred kraj jula mjeseca general Peko Dapčević je prepustio komandu Drugog korpusa generalu Radovanu Vukanoviću da bi otišao na čelo komande divizije koja se kretala prema Srbiji. 
Deseti avgust: neprijateljske snage napadaju I bataljon 2. brigade „Garibaldi”. Bivaju odbijene i sjutra su Garibaldinci prešli u kontra napad koji su okon

(Message over 64 KB, truncated)



I crimini di guerra dei Medici senza Frontiere

1) Médecins sans FrontièresMédecins du Monde: le due ambigue creazioni di Bernard Kouchner
2) Siria 2013: Signori di MSF, stiamo ancora aspettando (F. Santoianni)


=== 1 ===

Médecins sans Frontières e Médecins du Monde: le due ambigue creazioni di Bernard Kouchner

(rassegna a cura di Italo Slavo)

Nel dicembre del 1971, tredici dottori che avevano lavorato in Biafra si staccarono dalla Croce Rossa per costituire Médecins sans Frontières (MSF, Medici senza Frontiere). Bernard Kouchner ne fu tra i fondatori.
Dove volessero andare a parare con la nuova organizzazione fu presto chiaro. Nel dicembre 1979, dopo l'intervento dell'esercito sovietico in Afghanistan, MSF organizzò subito missioni finalizzate all'assistenza medica per i mujaheddin anticomunisti.

Nel decennio successivo lo stesso Kouchner lasciò MSF per creare un gruppo che fosse possibilmente ancora più "politicizzato": Médecins du Monde (MDM, Medici del Mondo), che seguì per anni la linea di Kouchner di abbracciare “l’interventismo umanitario”, cioè gli interventi militari occidentali nei paesi da ri-colonizzare.

Nel gennaio-febbraio 1993, un mese prima della Conferenza sulla Jugoslavia organizzata a Ginevra da Lord David Owen e dallo statunitense Cyrus Vance, a Parigi comparvero grandi cartelloni che mostravano Slobodan Milosević accanto a Hitler, sullo sfondo la torre di controllo di un campo di concentramento. Erano parte di una campagna, articolata anche con interventi televisivi, organizzata da Médecins du Monde con la modica spesa di circa due milioni di dollari: essa richiese qualcosa come 300.000 manifesti e spot televisivi con le stelle del cinema Jane Birkin e Michel Piccoli, allo scopo di identificare il presidente serbo Slobodan Milosevic con Hitler e i campi di prigionia serbo-bosniaci con i campi di sterminio nazisti.

Medecins sans Frontieres venne insignita nel 1999 del Premio Nobel per la Pace. Però lo stesso anno la sua dirigenza internazionale si coprì di vergogna quando espulse la sezione greca perché questa si era... azzardata ad operare in aiuto delle vittime serbe dei bombardamenti della NATO.

Dopo la fine dei bombardamenti il ruolo di MSF non divenne più limpido, al contrario: il 28 gennaio 2000 il quotidiano libico Al Jamahiriya denunciò con parole roventi la complicità di MSF e di Kouchner in prima persona nella "copertura" dei crimini commessi dai terroristi pan-albanesi in Kosovo, tra cui "il massacro di 14 tra donne e bambini nel villaggio di Staro Gacko, vicino alla città di Lipljan."
Le polemiche raggiunsero un livello tale che il 7 agosto dello stesso anno MSF annunciò che avrebbe abbandonato ogni attività nelle enclaves del Kosovo - i veri e propri bantustan creati dalla NATO contestualmente alla instaurazione del regime di apartheid con l'UCK al governo. "The humanitarian organisation refuses to continue its operations on behalf of the ethnic minorities in a context where basic protection for these populations is not being guaranteed by the military and civilian administration of Kosovo": viva l'onestà!

Dopo la sua nomina a Ministro degli Esteri francese, Bernard Kouchner non smise di strumentalizzare le sue due creazioni - MSF e MDM - a fini politici. Al punto che MSF lo invitò pubblicamente a smetterla di usare il suo marchio come mezzo per stabilire le sue credenziali umanitarie.

L'ex presidente di MSF, Rony Brauman, ha riletto criticamente tutta l'esperienza «umanitaria» e «neutralista», con le ONG sempre più subordinate alla realpolitik, in una intervista rilasciata al Manifesto nel 2006.
Negli anni Duemila anche MDM ha apparentemente preso le distanze dal collateralismo neocoloniale e imperialista di cui era stato propugnatore Kouchner. A parere di Pierre Micheletti, direttore di MDM, la dipendenza dai mezzi finanziari dell’UE spinge molte ONG a “partecipare a programmi che le trasformano in autentici prestatori di servizi per così dire strategicamente complementari all’esercito”. Di conseguenza, le ONG vengono identificate con le truppe di intervento dei loro paesi di origine e dichiarate obiettivo militare legittimo da parte degli oppositori dell’occupazione. Nel 2006 ciò è costato la vita a 83 umanitari e, secondo Micheletti, tale cifra corrisponde “al triplo del numero dei soldati uccisi nel corso di missioni di pace dell’ONU”. Il direttore di MDM mette in guardia contro la “costante apparizione insieme di soldati e umanitari” che trasforma in modo definitivo e irreversibile l’immagine delle ONG. “Se l’accostamento [...] tra interessi e apparenze si radicasse nel senso comune, tutta la logica dell’aiuto “senza frontiere” sarebbe messa in discussione”: gli umanitari diverrebbero dei collaborazionisti.


(FONTI: 

Come il partito della guerra arruola le organizzazioni non governative - German Foreign Policy

Negligenza mortale - Paul Polansky

Il bombardamento mediatico all’origine delle bombe - Jean Toschi Marazzani Visconti

Bernard Kouchner. Uno slavofobo amerikano al Quai d'Orsay

Bernard Kouchner: Il dottore mediatico dell’”Intervento Umanitario” - Diana Johnstone

Médecins sans frontières allo specchio. Aiuto umanitario e politiche imperiali
Intervista a Rony Brauman, ex presidente di MSF

Lettera Aperta a "Medici senza frontiere" - Raymond K. Kent

Bernard Kouchner's Legacy of Failure - T.V. & A. Weber

Jamahiriya newspaper - Kouchner violates every day UN Charter


=== 2 ===


Signori di MSF, stiamo ancora aspettando

4 settembre 2013

Signori di Médecins Sans Frontières, stiamo (io, come tanti altri) ancora aspettando da voi uno straccio di documentazione che convalidi il vostro comunicato del 24 agosto: 355 persone morte e 3.600 ricoverate con sintomi neurotossici in tre ospedali nel governatorato di Damasco supportati dalla vostra organizzazione. Un comunicato talmente pieno di incongruenze che non è stato difficile confutare e che ci si aspettava voi smentiste o rettificaste. Così non è stato. E così, anche grazie a voi, la montagna di spazzatura, che sta invadendo il web, ci sta preparando alla guerra.
Guardate, ad esempio, questo video, divulgato in Italia da L’Espresso; ci mostra un cane, verosimilmente randellato a sangue, che sta agonizzando per strada. È la “prova” della immane strage da voi segnalata. Si potrebbero spendere molte parole sull’assurdità di questo video (a cominciare dall’agonia della povera bestia che sta durando da talmente tanto tempo da permettere al gas nervino di disattivarsi e, quindi alle persone di accostarvisi). Ma la questione più importante è un’altra: dove sono i corpi delle 355 persone morte (e delle tante altre, tra i 3.600 ricoverati, verosimilmente decedute in seguito)? Dove sono le testimonianze non anonime dei sopravvissuti, dei parenti delle vittime? Se le avete – signori di Médecins Sans Frontières – tiratele fuori e, così, anche questo video troverà definitivamente la sua “autorevolezza”.
 E guardate pure questo documento. È il rapporto dei servizi segreti francesi pubblicato ieri sul sito dell’Eliseo. Sugli attacchi con gas nervino non riporta nessuna prova; solo, a pagina 7, è citata “come fonte indipendente” – e, quindi, credibile – la vostra organizzazione. Come per il cane, inutile anche qui dimostrare l’avvenuta strage: ci ha già pensato Médecins Sans Frontières.
E di fronte a queste e innumerevoli altre iniziative finalizzate alla guerra alimentate dal vostro comunicato del 24 agosto, voi – il 28 agosto – avete fatto la cosa peggiore: un altrocomunicato, che conferma integralmente il primo, e invita il governo degli Stati Uniti e altri governi a non “strumentalizzare”.
Ma strumentalizzare cosa? L’unico giornalista italiano che, finora, si è recato nell’area del presunto attacco chimico non ha trovato nulla, neanche una testimonianza che potesse confermare la strage. Analogo risultato ottenuto – telefonicamente e via mail – da una serie di blogger e siti internet, tra cui il cattolico Tempi (“Bombardamenti col gas nervino? Abito a 500 metri dal luogo degli attacchi e non ho sentito niente.”) Anche io, nel mio piccolo, ho contattato amici, conoscenti, giornalisti, medici che ancora vivono in Siria: nulla. Nessuna notizia della immane strage denunziata da Médecins Sans Frontières.
E allora, signori di Médecins Sans Frontières, cosa intendete fare?
Prima di suggerirvelo, una ipotesi su quello che può essere successo – su quello che può esservi successo – ad agosto. Si tratta di una ipotesi non mia, ma di uno dei pochi giornalisti degni di questo nome: Dale Gavlak (che dalla Giordania collabora da anni con Associated Press) e Yahya Ababneh, uno dei più attenti studiosi di armi chimiche nel conflitto siriano. Un incidente. Un gravissimo incidente in un tunnel usato dai “ribelli” per stoccare le armi, tra cui uno stock di gas velenosi (non nervini) inviati dall’Arabia Saudita. Armi, per intenderci, che i ribelli usano in questo modo e che questa volta hanno maldestramente maneggiato facendosi colpire. Morti, feriti, intossicati, E, con l’uscita di una parte di gas dal tunnel, anche qualche inerme civile coinvolto. C’era l’esigenza di nascondere questo incidente. Quale cosa migliore che coprirlo diffondendo la notizia di un attacco chimico condotto da Assad? Verosimilmente, qualcuno dei vostri tanti collaboratori invischiati con i “ribelli” vi ha telefonato rifilandovi la polpetta avvelenata. Che, come degli ingenui, avete inghiottito e subito divulgato. E ora avete scelto di non di dire alcunché, se non pigolare “al governo degli Stati Uniti e altri governi” le vostre inconcludenti “precisazioni”, verosimilmente nella speranza che la cosa passi nel dimenticatoio.
 Dottoressa Chiara Palombella – Addetta Stampa di “Medici Senza Frontiere” – non metta “pezze peggiori del buco” precisando (dopo aver ribadito che “….purtroppo per motivi di sicurezza – del personale medico e dei pazienti – non possiamo fornire informazioni più dettagliate riguardo le strutture sanitarie dove sono stati ricoverati i pazienti affetti da sintomi neurotossici.), che “Si tratta di strutture nei sobborghi est e ovest di Damasco. (…)”. Complimenti per la sua abilità nel trasformare gli originari “tre ospedali nel governatorato di Damasco supportati dall’organizzazione medico umanitaria Medici Senza Frontiere” citati nel comunicato di Bernard Kouchner e che nessuno, (mappa di Damasco alla mano) riusciva ad identificare, in evanescenti “strutture”. “Strutture”? Che strutture? Appartamenti? Cantine? Capanni? Dove sarebbero arrivate “3000 persone nell’arco di sole tre ore” e dove sarebbero stati (seppelliti? cremati? ibernati in qualche cella frigorifera…) 355 morti? Sarebbe meglio se lei desse ai tanti sostenitori di MSF che le stanno chiedendo informazioni notizie più convincenti.
Dottor Loris De Filippi – Presidente di Medici Senza Frontiere – so che lei è una persona determinata e impegnata fino allo spasimo nelle, finora, meritorie attività della sua associazione. Non le faccia fare la fine di Amnesty o di Human Rights Watch. Non esiti ad andare a Ginevra, a battere i pugni sulla scrivania di Bart Janssens, direttore delle operazioni di MSF, per chiedere un nuovo risolutivo comunicato.
E lo faccia subito, prima che scoppi la guerra alla Siria.
Dopo sarebbe troppo tardi per chiedere a Obama e a Médecins Sans Frontières di restituire il Premio Nobel per la Pace.

 

Francesco Santoianni
——–
P.S.
Dopo, dopo la pubblicazione del mio articolo (messo on line il 4 settembre 2013 alle ore 16.13), sul sito di Medici Senza Frontiere è apparso un comunicato (sotto integralmente riportato) nel quale  ci si lamenta di presunte informazioni  “false o male interpretate sulle attività di MSF” circolate sul web e sui social media, che voglio sperare non si riferiscano a quanto da me scritto.
 Segue una singolare dichiarazione sui sintomi provocati da agenti  neurotossici che qui MSF dichiara non sapere da quali agenti possano essere stati provocati; concetto che ritengo ben diverso da quanto lasciato intendere nel comunicato del 24 agosto di Medici Senza Frontiere (che riprende pedissequamente quello di Medicins Sans Frontieres:   “(….) indicano chiaramente l’esposizione di massa ad un agente neurotossico. Ciò costituirebbe una violazione del diritto internazionale umanitario, che vieta assolutamente l’uso di armi chimiche e biologiche”).
Segue una, per me significativa, trasformazione del termine “tre ospedali nel governatorato di Damasco” (della versione del 24) e di “strutture” (riportate nella mail dell’Ufficio Stampa di MSF) che nel comunicato di settembre diventano  “tre cliniche supportate da MSF nel governatorato di Damasco”. Ovviamente su queste “cliniche” MSF non  fornisce, ancora una volta,  alcuna informazione.
Francesco Santoianni
---
Comunicato apparso sul sito di Medici Senza Frontiere dopo il 4 settembre

 

“Nei giorni scorsi sul web e sui social media sono circolate informazioni false o male interpretate sulle attività di MSF, dopo quanto dichiarato nel comunicato stampa del 24 agosto in merito ai sintomi provocati da agenti neurotossici.
MSF non è in grado di identificare la causa di tali sintomi riscontrati nei pazienti in tre cliniche supportate da MSF nel governatorato di Damasco, dove l’organizzazione non era e non è direttamente presente e non ha la possibilità né la capacità di determinare o di attribuire responsabilità per l’evento.
Sui siti ufficiali di MSF si trovano le informazioni corrette sulle comunicazioni e le attività di MSF in Siria.”




(Sul movimento nazifascista degli "ustascia" si veda anche la documentazione raccolta alla nostra pagina:
https://www.cnj.it/documentazione/ustascia1941.htm

Sul recente concerto del cantante ustascia Marko Perkovic "Thompson" a Mostar, Bosnia-Erzegovina, accolto da una folla osannante tra slogan razzisti e saluti romani, si vedano gli articoli e le fotografie:

Ko je Thompsonu dozvolio da pjeva na igralištu Veleža i propagira svoju fašističku ideologiju?!
http://www.depo.ba/vijest/99393

Mostar: "To je neofašist, ne želimo ono što je posijalo najveće zlo"
http://www.index.hr/vijesti/clanak/thompson-dolazi-u-mostar-to-je-neofasist-ne-zelimo-ono-sto-je-posijalo-najvece-zlo/700371.aspx

Thompson's concert in Mostar glorified Ustasha ideology - Press review:
http://www.balkaninsight.com/en/article/bosnia-press-review-september-16-2013

Veličanje ustaštva na Thompsonovom koncertu u Mostaru (FOTO)
http://www.avaz.ba/showbiz/estrada/velicanje-ustastva-na-thompsonovom-koncertu-u-mostaru

Otvoreno veličanje ustaštva u Mostaru
http://kozarac.ba/article-print-2285.html )


http://www.beoforum.rs/en/comments-belgrade-forum-for-the-world-of-equals/318-the-wound-of-jasenovac-and-a-plea-to-pope-francis.html

The wound of Jasenovac and a plea to Pope Francis


Christian Today

Published 13 September 2013 | Dr John Meinhold

 

In this photo dated 27 November 2006, a former prisoner of World War II concentration camp Jasenovac cries in front of a photograph at the museum in Jasenovac, Croatia. Between 1941 and 45, thousands of those regarded as "undesirable" by the WWII Croatian puppet state were taken to Jasenovac concentration camp.

Auschwitz and Dachau are known as infamous concentration camps from World War II. But, did you ever hear of the heinous Jasenovac concentration camp in Croatia that existed during World War II?

In the words of Rabbi Jozef Atijas, who lost 153 family members during the Holocaust: "The word Jasenovac which chills the blood and turns one's mouth to stone...is the most painful, the most shameful, the saddest and most morbid place that humankind and history can remember ever."

At Jasenovac and throughout Croatia the Nazi-allied Ustasha regime waged horrific genocidal crimes against Serbian Orthodox Christians, Jews and Roma (Gypsies) to achieve a "pure" Croatian state.

What is shocking is the strong suggestion that some Catholic clergy had actively participated in this genocide. Dr Pal Kolsto wrote in an academic religious journal in 2011 that "In particular among Franciscans ... the Ustasha found willing executioners" (see the article in full here). Does the new Pope, who is honouring the name of St Francis of Assisi, know this dark history for Franciscans and the Catholic Church?

Dr Rory Yeomans, a senior international research analyst at the International Directorate of the UK Ministry of Justice, in his 2013 published book about the Ustasha, "Visions of Annihilation", comments that "relatively little has been written about this subject (the Ustasha) in the English language". I would not know about it either had I not been a naive American tourist that rented a car in Serbia and travelled to Croatia in 2006.

This trip was one of the most frightening experiences in my life. After crossing the border into Croatia drivers of cars blared their horns and flashed their lights at me. Trucks tried to run me off the road. One man even came out of his car at a red light screaming in red-faced rage. What prompted such anger? I had a car with Serbian license plates! The Croats claimed anger over the recent war in the Balkan region in the 1990s but this hatred is tragically much deeper against Serbs. The primary "enemy" of the Ustasha were the Serbs living within Croatia. They were hated for their ethnicity and for their Orthodox Christian faith. The exact number of victims killed by Ustasha at Jasenovac will never be known, but historians do agree that hundreds of thousands of people were brutally killed by the Ustasha regime in Croatia. According to the Jasenovac Memorial website almost a quarter of the known victims at Jasenovac were children.

The Ustasha also established for the first time in history concentration camps only for children. These camps were run mainly by Catholic nuns.

Dr Yeomans, in his new book, states, "Ustasha militias and death squads swept through the countryside, burning down whole villages and indiscriminately killing thousands of ordinary Serbs in a variety of sadistic ways. Armed with axes, knives, scythes and mallets, as well as guns, they slaughtered men, women and children, who were hacked to death, thrown alive into pits and down ravines, or locked into churches that were then set on fire."

Yeomans further says Ustasha "closed Serb Orthodox churches and cathedrals en masse and transferred their assets to the Catholic Church or the state". Some 200,000 Serbian Orthodox Christians were forced to convert to the Catholic faith. Historical photos show Ustasha also beheaded Serbian Orthodox priests. According to Yeomans, "Jews were forced by law to wear a 'Z' (Zidov - Jew) insignia on their back and front...Serbs to wear a 'P' (Pravoslavac - Orthodox)."

What is alarming today is the rise of neo-Ustasha. I found photos online of young neo-Ustasha dressed in Ustasha uniforms adorned with a rosary - see here. One of the most popular rock groups in Croatia today is the Thompson band - named after the Thompson machine gun. On July 11, 2007, Dr Efraim Zuroff, Israel Director for the Simon Wiesenthal Center, wrote an open letter to the leader of the band, Marko Perkovic, in the Croatian Globus newspaper and asked, "...why so many young people feel that your concerts are an appropriate place to appear in Ustashe uniforms and display Ustashe symbols".

Zuroff points out that Perkovic had sung lyrics in the song "Jasenovac/Stara Gradiska" that "glorify Ustasha murderers, (and) call for the elimination of Serbs".

The Jasenovac Holocaust Memorial site has a large stone flower monument. Under the Flower Monument is a crypt of human remains of some victims exhumed from a nearby mass grave. Kolsto wrote in 2011: "The leadership of the Croatian (Catholic) Church has so far refused to send official representatives to the Jasenovac commemorations that take place on 22 April or the closest Sunday each year."

The commemorations take place at the Flower Monument. Croatian journalist Jelena Lovric described Jasenovac as "an open wound" because the Church has not properly commemorated the victims. In 2009 a large contingent of Catholic clergy did go to Jasenovac but not on the commemoration day. Cardinal Josip Bozanic did not go to the Flower Monument and pray at the crypt of victims. Slavko Goldstein, a Croatian Jew who had been incarcerated at Jasenovac, sharply criticised the Church leadership in the press for not following the example set by Pope John Paul II and Pope Benedict XVI who had knelt in prayer at Auschwitz.

Argentina, where Pope Francis is from, is where some 20,000 Ustasha are believed to have fled to after the war was over. This included Ante Pavelic, the leader of the Ustasha, who was never tried for war crimes.

Jasenovac continues to be an open wound between Catholic and Orthodox Christians. Pope Francis has said he wants to "build bridges" to people. He has also called the patriarch of the Orthodox Church, Bartholomew I, "my brother." My hope is that Pope Francis will be the first pope to go and pray at the Jasenovac Holocaust Memorial site. Matthew 5:16 says "Let your light shine before men, that they may see your good works, and glorify your Father which is in heaven."

May the Holocaust cry of "Never again!" be heard at Jasenovac and echo around the world.


This article was originally published at http://www.seacoastonline.com/articles/20130407-OPINION-304070348

and,  http://www.christiantoday.com/article/the.wound.of.jasenovac.and.a.plea.to.pope.francis/33963.htm




===

Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia - ONLUS
https://www.cnj.it/
http://www.facebook.com/cnj.onlus/

=== * ===



Invita i tuoi amici e Tiscali ti premia! Il consiglio di un amico vale più di uno spot in TV. Per ogni nuovo abbonato 30 € di premio per te e per lui! Un amico al mese e parli e navighi sempre gratis: http://freelosophy.tiscali.it/



Milano, 21 settembre 2013
ore 20:45, Via Cadamosto 2

DRUG GOJKO 

MONOLOGO DI PIETRO BENEDETTI
REGIA DI ELENA MOZZETTA
UNO SPETTACOLO PRODOTTO DAL CP ANPI VITERBO

TRATTO DAI RACCONTI DI NELLO MARIGNOLI, PARTIGIANO VITERBESE COMBATTENTE IN JUGOSLAVIA

la scheda dello spettacolo: https://www.cnj.it/CULTURA/druggojko.htm



(castellano / italiano)

La guerra mediatica e chimica dell'imperialismo

0) LINKS (deutsch / francais / srpskohrvatski / english / italiano)

1) Siria: "armi chimiche" e fotomontaggi
2) Entrevistas/ Entretiens avec Bashar El Assad
3) Razionalità occidentale (Thierry Meyssan)
4) La guerra mediatica dell’imperialismo e del sionismo (Josè Reinaldo Carvalho)
5) Armi chimiche, le verità nascoste sugli arsenali e sulla «Convenzione» (Manlio Dinucci)


=== 0: LINKS ===

Industrie du mensonge et guerre impérialiste
par Domenico Losurdo
L'industria della menzogna quale parte integrante della macchina di guerra dell'imperialismo
di Domenico Losurdo

---

Elitejournalisten (Journalismus und Kriegspropaganda)

LEIPZIG (Eigener Bericht) - Ein Wissenschaftler der Universität Leipzig wirft deutschen Spitzenjournalisten die Übernahme von Techniken und Begriffen der Kriegspropaganda vor. Laut Uwe Krüger vom Institut für Praktische Journalismus- und Kommunikationsforschung der
sächsischen Hochschule spielt "Frieden als Wert an sich" in führenden deutschen Printmedien "keine Rolle". Vielmehr erachteten die dort
beschäftigten Redakteure und Ressortchefs den "Einsatz und Verlust von Menschenleben" als "hinnehmbar und sogar geboten". Insgesamt herrsche
eine "starke Identifikation mit dem Westen" und seinen militärpolitischen Organisationen vor, die dazu führe, dass Gegner als "Barbaren" erschienen, denen mit "kalter Entschlossenheit" begegnet werden müsse. Entsprechende Überzeugungen sollen Krüger zufolge durch "gebetsmühlenartige" Wiederholungen und die Anwendung "argumentativer Tricks" in der Bevölkerung verankert werden. Hintergrund ist nach Auffassung des Wissenschaftlers die "Einbettung" der Autoren in Netzwerke des "transatlantischen Elitenmilieus"...

http://www.german-foreign-policy.com/de/fulltext/58688

Rezension: 
Uwe Krüger: Meinungsmacht. Der Einfluss von Eliten auf Leitmedien und Alpha-Journalisten - eine kritische Netzwerkanalyse,
Köln (Herbert von Halem Verlag) 2013

Der vorliegende Band stellt der Berichterstattung deutscher Spitzenjournalisten über Fragen von Krieg und Frieden ein geradezu vernichtendes Zeugnis aus. Das "Bild von Bedrohungen und Konflikten", das sie entwerfen, ist dem Autor Uwe Krüger zufolge "ebenso eindimensional und nicht reflexiv wie das in den offiziellen Doktrinen". Doch damit nicht genug: Chefredakteure und Ressortleiter deutscher "Leitmedien" bedienen sich laut Krüger teilweise klassischer "Propagandatechniken"; ihre Argumentation müsse insgesamt als "unkritisch bis persuasiv" qualifiziert werden.

http://www.german-foreign-policy.com/de/fulltext/58687

---

I video manipolati del "massacro" di Ghuta

Des vidéos de l’attaque chimique de Damas ?
Bahar Kimyongür, 18 septembre 2013

Siria: il veleno nella coda. Il Rapporto degli ispettori ONU sui gas a Ghouta

ŠOKANTNO IZVJEŠĆE Časna sestra iz Sirije tvrdi: 'Snimke otrovane djece u Damasku su lažne!'
Časna sestra Agnes Mariam De la Croix publicirala je šokantno izvješće o pozadini kemijskog napada u predgrađu Damaska...

---

Digest: U.S. Syria War To Repeat 1999 War On Yugoslavia: Russian MP

---

Ramsey Clark & Cynthia McKinney lead IAC anti-war delegation to Syria
Hear delegation member Sara Flounders' firsthand account in the Left Voices interview:
http://ec.libsyn.com/p/b/f/0/bf0392084a54bb21/2013-09-17_Flounders_Syria.mp3?d13a76d516d9dec20c3d276ce028ed5089ab1ce3dae902ea1d01cf8e33d9c954dfba&c_id=6154324


=== 1 ===

Siria: "armi chimiche" e fotomontaggi

Su «La stampa» del 12 settembre, p. 10, l'articolo di Erica Giraudo riporta un'interessante testimonianza di una suora impegnata a Damasco in un ospedale italiano:
 
«Sulle armi chimiche la mail di suor Anna Maria Scarzello contiene una riflessione, senza risposte, ma con tante domande aperte: "Speriamo che l'Onu dica la verità. Qui sentiamo parlare di fotomontaggi. Hanno preso tanti bambini per ucciderli insieme senza gente grande... e quelli che li soccorrevano perché non sono morti?». I dubbi sono tanti perché "arrivano da fuori orde di terroristi, che non parlano l'arabo, mandati e sostenuti dagli oppositori. Commettono atrocità, sequestri, uccisioni, fanno esplodere bombe. I soldati di Assad non fanno altro che difendere la popolazione".
La Siria è un paese dall'eccezionale tolleranza religiosa, spiega la religiosa che da Damasco ha seguito la vicenda di Domenico Quirico e la liberazione dell'inviato de "La Stampa" domenica sera».

PUBBLICATO DA DOMENICO LOSURDO 


=== 2 ===

A lire aussi:
ENTRETIEN DE BACHAR EL-ASSAD À RUSSIE 24
http://www.voltairenet.org/article180229.html
ESPAÑOL  
http://www.voltairenet.org/article180230.html
РУССКИЙ  
http://www.voltairenet.org/article180231.html
ENGLISH
http://www.voltairenet.org/article180232.html

---

L'article originel, en francais: 

La mise en garde d'Assad à la France
par Malbrunot, Georges - Le Figaro, 02/09/2013
INTERVIEW - Notre envoyé spécial à Damas Georges Malbrunot a interviewé en exclusivité mondiale le président syrien Bachar el-Assad...

Entrevista del diario francés LE FIGARO con el Presidente de Siria, el Dr. BASHAR AL-ASSAD, 2 de septiembre de 2013



Traducción castellana por Tamer Sarkis,

DIARIO UNIDAD



MALBRUNOT (periodista gabacho): Los americanos y los franceses le han acusado a usted de perpetrar un ataque químico el 21 de agosto en Ghoutta, que llevó a la muerte de cientos de personas. ¿Acaso tiene usted alguna evidencia que le permita afirmar que su ejército no llevó a cabo el ataque?.


PRESIDENTE AL-ASSAD: Ya para empezar, es quien acusa quien debe ser también responsable de proveer las evidencias sustentatorias de su acusación. Hemos retado a los acusadores a presentar siquiera un ápice de prueba legitimadora, algo que no han sido capaces de hacer. Ya que su Política Exterior debería ser trazada con arreglo a los intereses de sus propios Pueblos respectivos, les hemos retado a mostrar pruebas reales para sustentar sus afirmaciones, no ya ante nosotros, sino ante su propia opinión pública. Tampoco en este segundo caso han sido capaces de aportar nada.

En segundo lugar: ¿dónde reside la lógica de que nosotros hubiéramos llevado a cabo un ataque de dicha naturaleza?: tras dos años de crisis, le aseguro a usted que la situación sobre el terreno es mucho mejor ahora que hace un año?. ¿Quién puede concebir, pues, que un ejército realizando avances significativos sobre el terreno con armamento convencional, vaya a recurrir a armas de destrucción masiva?.

Por cierto, yo ni confirmo ni niego que tengamos ese tipo de armas (esto no es tema de discusión con ustedes). En lo que nos ocupa, y suponiendo que las tuviéramos y decidiéramos emplearlas, ¿sería concebible usarlas precisamente en esas áreas donde nuestras tropas se hallan operando?. ¿Qué lógica tendría?. Además, ¿es plausible que el uso de esas armas en un área densamente poblada residencial damascena no mate a decenas de miles de personas?; ese tipo de sustancias se propagan en el aire.


PERIODISTA: ¿Resultaron heridos soldados del ejército sirio a causa de esas armas?.


PRESIDENTE AL-ASSAD: Sí, en la zona de Baharia, en Damasco. Los Inspectores de la ONU los visitaron en el hospital.


PERIODISTA: Algunos difunden que ha habido cierto avance del ejército sobre el terreno. De todos modos, en otras áreas los rebeldes también han avanzado y usted está tratando de combatirlos.


PRESIDENTE AL-ASSAD: De nuevo, se trata de áreas residenciales. El uso de armas químicas en esas zonas mataría a decenas de miles de personas. Todas las acusaciones están “basadas” en afirmaciones carentes de sustancia formuladas por los terroristas, así como en fotografías sin relación real con el contexto geográfico y videos subidos a internet.


PERIODISTA: Los americanos han declarado que han interceptado una conversación telefónica entre un cuadro de su círculo próximo y oficiales del ejército ordenando el uso de las armas químicas.


PRESIDENTE AL-ASSAD: Si los americanos, los franceses y los ingleses poseyeran una sola brizna de prueba la habrían mostrado desde el primer día. No vamos a responder a rumores ni a alegaciones sospechosas de tendenciosidad. Solamente vamos a discutir a partir de verdades fundamentadas. Si ellos tienen alguna, deberían exponerla.


PERIODISTA: ¿Es posible que alguien de su círculo próximo u oficiales del ejército sirio tomaran la decisión sin su conocimiento?.


PRESIDENTE AL-ASSAD: De nuevo -y no le estoy diciendo con ello que poseamos esas armas-, en cualquier país del Mundo donde se tuvieran esas armas, la decisión de uso suele estar centralizada. Y, de cualquier manera, eso sería información militar clasificada.


PERIODISTA: Pero eso es lo que declaró Jihad Makdisi.


PRESIDENTE AL-ASSAD: No, en absoluto. Lo que dijo el señor Makdisi fue que, si las tuviéramos, no las usaríamos. Si las tenemos o no es por entero un asunto sirio.


PERIODISTA: El Presidente Obama ha pospuesto la intervención militar en Siria. ¿Cómo lo explicaría usted?.


PRESIDENTE AL-ASSAD: Algunos han visto a Obama como a un líder débil a causa de su decisión de retrasar o de suspender por días o semanas un ataque. Y otros han visto en él a un líder fuerte de un país poderoso, en el hecho de llevar a cabo una guerra en Siria.

Desde mi perspectiva, el poder descansa en la habilidad para prevenir guerras, y no para prenderlas. El poder deriva de la habilidad que uno tenga para estar alerta de los propios errores y extraer lecciones a partir de ellos. Si Obama fuera fuerte, se habría plantado para afirmar la ausencia de evidencia en relación al uso de armas químicas por parte del Gobierno sirio. Se habría plantado para afirmar que el proceder correcto consiste en aguardar los resultados que las investigaciones de Naciones Unidas extraiga, y ponerse a trabajar a través del Consejo de Seguridad de la ONU. En cambio, tal y como puedo ver, se trata de alguien débil, que ha sucumbido a las presiones internas ejercidas por grupos reducidos, quienes le llevaron a amenazar con una acción militar. Tal y como he dicho, los líderes fuertes son aquellos que previenen guerras, y no aquellos que provocan su estallido.


PERIODISTA: ¿Qué le diría usted a los miembros del Congreso estadounidense cuyo voto determinará si habrá o no intervención militar?.


PRESIDENTE AL-ASSAD: Antes de votar, deberían preguntarse una cuestión sencilla: ¿qué han reportado las guerras previas a los Estados Unidos o incluso a Europa?. ¿Qué ha logrado el Mundo con la guerra contra Libia y la extensión del terrorismo en la posguerra?. ¿Qué ha logrado el Mundo con las guerras de Irak y de otros lugares?. ¿Qué logrará el Mundo con el apoyo al terrorismo contra Siria?.

Los miembros del Congreso estadounidense operan desde la expectativa de mejor servir a los intereses de su país. Antes de votar, deberían sopesar su decisión a la luz de los intereses de su propio país. Perpetuar la inestabilidad y el extremismo en Oriente Medio no responde a los intereses estadounidenses. No va en pro de su interés el hecho de continuar la campaña iniciada por Bush relativa a extender las guerras a lo ancho del Mundo.

Si piensan con lógica y de acuerdo a los intereses de su propio país, no hallarán beneficio alguno en estas guerras. No obstante, muchos de esos congresistas aún no han puesto el arte de la lógica a regir sobre su toma de decisiones políticas.


PERIODISTA: ¿Cómo responderá usted a estos ataques?. ¿Van a producirse?.


PRESIDENTE AL-ASSAD: Si pensamos en Oriente Medio a modo de un barril de explosivos cada vez más cerca de explotar, entonces se vuelve claro que la cuestión no queda remitida a cuál sea la respuesta siria, sino a qué pasará -en un contexto amplio- tras el primer ataque. Los arquitectos de la guerra son capaces de determinar su primer ataque -en otras palabras, pueden determinar su propia acción-, pero, más allá de la misma, es imposible para cualquiera predecir qué seguirá. Una vez el barril explota, todo el mundo pierde el control. Nadie tiene capacidad para determinar los resultados, aunque lo cierto es que el caos, las guerras y el extremismo en sus diversas formas se extenderá por doquier.


PERIODISTA: ¿Hay peligro de que derive en conflicto regional?.


PRESIDENTE AL-ASSAD: Por supuesto: éste es el riesgo más palpable. La cuestión no es hoy reductivamente Siria, sino una región íntegra que alberga en su seno vínculos sociales, políticos y militares. Cualquier horizonte a plantear o a esperar es, por ende, de carácter regional, y no solamente sirio.


PERIODISTA: ¿Es probable que Israel se convierta en uno de sus objetivos?.


PRESIDENTE AL-ASSAD: No esperará usted que le revele nuestros pensamientos de respuesta... No es realista pretender que anunciemos nuestros planes, pero, tal y como he afirmado, existen numerosos actores involucrados en este proceso y, por tanto, restringir el análisis a un solo actor rebaja el alcance de aquello que ocurriría.


PERIODISTA: ¿Qué le diría a Jordania, actor conocido por entrenar en su territorio a los rebeldes?. ¿Qué riesgos comportaría para Jordania el hecho de que el ataque se resolviera en favor de los rebeldes y los terroristas?.


PRESIDENTE AL-ASSAD: Nuestra política siempre se ha caracterizado por no exportar nuestros problemas a los países vecinos. Lo que hemos estado haciendo es responder a los miles de terroristas que han estado entrando a Siria vía Jordania. Por su parte, Jordania a declarado que no prestará bases para un ataque militar contra Siria. Sin embargo, si se diera el caso de que nosotros no tuviéramos éxito en nuestra lucha contra el terrorismo en Siria, no habría más que esperar una extensión del mismo a países terceros, con su caos y extremismo inherentes.


PERIODISTA: Así que está usted advirtiendo a Jordania y a Turquía...


PRESIDENTE AL-ASSAD: Hemos afirmado anteriormente lo que acabo de decir y se lo hemos comunicado a ellos directa e indirectamente. Creo que Jordania está totalmente alerta de la situación real, a pesar de las presiones que recibe en pro de continuar prestándose a ser una ruta de tránsito del terrorismo señalado. En lo que respecta a Erdogan, no creo que sea consciente en absoluto respecto de lo que está haciendo. En cuanto a nosotros, nuestra prioridad ahora es combatir el terrorismo en suelo sirio.


PERIODISTA: ¿Cómo responderán a un ataque sus aliados, Hezbu Allah e Irán?. ¿Cuentan ustedes con su respaldo si son atacados?.


PRESIDENTE AL-ASSAD: No soy quien para hablar por ellos, y ya ellos han hablado claro. Nosotros somos todos conscientes de que la cuestión que nos afecta es una cuestión de índole regional, que no permite separar artificialmente los intereses de Siria, de los de Irán, los de Hezbu Allah y de otros países que nos dan apoyo.

Hoy, la estabilidad regional depende de la situación en Siria, hecho que Rusia tiene claro. Rusia, no está defendiendo al Gobierno ni al Estado sirio, sino que defiende la estabilidad en la región, desde el conocimiento preclaro de que, de otro modo, la propia Rusia acabará siendo afectada. Abordar la situación desde el estrecho prisma de la alianza Siria-Irán es una visión tan naive como simplista. Nos enfrentamos a una situación cuyo significado va mucho más lejos.


PERIODISTA: ¿Le han tranquilizado a usted los rusos con que se han dirigido a los estadounidenses a fin de intentar atenuar su ataque?.


PRESIDENTE AL-ASSAD: Creo que no se puede confiar en los Estados Unidos. No creo que exista país alguno en el Mundo capaz de asegurar que los estadounidenses no vayan a emprender uno u otro tipo de acción contra un país tercero, así que perseguir esa “promesa” es insubstancial.

Los Estados Unidos adoptan una posición por la mañana, para dar un giro copernicano al caer la noche. Dado que los Estados Unidos ni acatan la ONU ni la escuchan, no veo por qué debiéramos estar “tranquilizados”.


PERIODISTA: ¿Cómo parar la guerra; esta crisis siria que se prolonga ya por más de dos años y medio?. Usted ha sugerido un Gobierno de Unidad Nacional. La comunidad internacional ha sugerido la Conferencia de Ginebra II. ¿Cómo podemos detener el baño de sangre en Siria?.


PRESIDENTE AL-ASSAD: Hay honda diferencia entre discutir entorno a una solución al inicio de la crisis, y discutir una solución en el contexto presente. He estado enfatizando desde el primer momento, que a una solución sobre Siria podía llegarse solamente con diálogo. A través del diálogo se habría llegado al establecimiento de soluciones materializables con la adopción de medidas políticas.

Hoy la situación es distinta: estamos combatiendo terroristas cuya composición pertenece a Al-Qaeda en un 80% o 90%. Estos terroristas no tienen como interés nada que tenga que ver con legislación, política o reforma. No hay otro trato hacia ellos que el combatirlos. Si combatirlos, no podemos hablar después de dar pasos políticos adelante. Así que, en respuesta a su pregunta, hay que decir que hoy día la solución solo puede darse a partir de conseguir parar el flujo entrante de terroristas hacia Siria, así como a partir de detener todo el apoyo que estos reciben, tanto financiero y militar como de cualquier otro tipo.


PERIODISTA: ¿Quién les da apoyo?.


PRESIDENTE AL-ASSAD: Principalmente, Arabia Saudí, seguido por Jordania y Turquía, que pasan a los terroristas a suelo sirio, así como los Estados Unidos, Gran Bretaña y Francia.


PERIODISTA: ¿Tiene usted prueba alguna de que Francia haya armado a los terroristas?.


PRESIDENTE AL-ASSAD: La postura política mantenida por Francia lo dice todo, así como su papel de provocadores belicistas en la coyuntura en curso, función que sigue el Dictado directo por parte de Qatar y de terceros países.


PERIODISTA: ¿Piensa usted invitar a la oposición a venir a Siria y garantizar su seguridad a fin de que puedan todos ustedes sentarse entorno a una mesa y hallar una solución?.


PRESIDENTE AL-ASSAD: En enero de este mismo año formulamos una iniciativa donde se incluían eso que usted menciona, sumado a otros puntos, con objeto de dar pasos adelante hacia una solución política. Sin embargo, esa oposición a la que usted se refiere, ha sido manufacturada desde el exterior, es decir, desde Francia, Qatar y demás. No es, por tanto, una oposición siria. Se trata de una oposición sujeta a las órdenes dictaminadas por sus Amos, quienes le han prohibido tomar parte en la iniciativa mencionada. A esto hay que sumar su carencia de apoyo popular interior. Y, a pesar de todas estas contrariedades, les invitamos a venir y ellos no respondieron.


PERIODISTA: De todos modos, algunos de ellos no respondieron por miedo en relación a su propia seguridad, temiendo ser encarcelados tal y como lo fue Abdul Aziz Al-Khayer. ¿Puede usted darles garantías?.


PRESIDENTE AL-ASSAD: Lo cierto es que hemos provisto garantías. He hablado con anterioridad de puntos políticos en los que se incluyen garantías de seguridad para cualquier miembro de la oposición que quiera venir a Siria con el propósito de tomar parte en el diálogo.

No obstante, jamás han tenido pretensión de venir, o no se les ha dado permiso. Nosotros no hemos matado ni detenido a ningún miembro de la oposición: todos los amigos de Abdul Aziz Al-Khayer están en Siria; ¿por qué íbamos a encarcelar a uno y dejar el resto en libertad?. ¿Qué lógica tendría?.


PERIODISTA: ¿Cómo explica la postura actual de Francia hacia ustedes?. Habían sido amigos durante el periodo de Sarkozy y usted, que gozaba de una relación amistosa con Francia, la visitó en varias ocasiones. ¿Cómo explica este vuelco?.


PRESIDENTE AL-ASSAD: Jamás fue una relación de amistad. Desde el principio estuvo claro que Francia, respondiendo a “peticiones” estadounidenses, estaba tratando de manipular la política siria. Incluso el giro positivo de 2008 se interrumpió al son de la influencia Qatarí sobre Francia, condición que explica también el vuelco negativo de 2011. Es evidente que la política gala hacia Siria refleja por entero los deseos estadounidenses y qataríes.


PERIODISTA: El parlamento francés se reunirá el miércoles, coincidiendo con un gran debate que actualmente atraviesa Francia, y donde algunos creen que Hollande ha ido, en este asunto, demasiado lejos. ¿Qué mensaje dirigiría a los parlamentarios franceses antes de que reúnan y voten el ataque?.


PRESIDENTE ASSAD: Hace escasos días el Ministro de Interior francés se retrató afirmando textualmente que “la participación francesa depende de lo que diga el Congreso estadounidense”, es decir, no haciendo mención al parlamento francés. Permítame preguntarle: ¿ante quién responde el Gobierno francés?; ¿ante el parlamento francés o ante el Congreso de los Estados Unidos?. Desde 2003, al hilo de la invasión de Irak “superada” la posición francesa primigenia anterior a la guerra, Francia ha renunciado a su independencia y ha devenido parte de la política exterior estadounidense. Esto caracterizó a Chirac tras la guerra de Irak, luego a Sarkozy y ahora a Hollande.

De modo que la verdadera cuestión es: ¿devolverá la reunión parlamentaria la independencia de Francia y devolverá a los franceses sus decisiones?. Esperamos que así sea. Ya que se supone que los parlamentarios trabajan en pro de los intereses franceses, ¿afrontarán, los representantes del Pueblo francés, al extremismo y al terrorismo?. ¿Darán apoyo a quienes cometieron los atentados del 11 de septiembre en Nueva York o quienes volaron el tren en España?. ¿Darán, los representantes del Pueblo francés, apoyo a quienes asesinan a personas inocentes en la misma Francia?.

¿Cómo se les hace posible estar contra individuos como Mohammed Merah en Francia y apoyar a otros como él en Siria?. ¿Cómo puede Francia luchar contra el terrorismo en Mali y apoyarlo contra Siria?. ¿Adoptará el modelo estadounidense de “doble rasero”?. ¿Cómo pueden decirle a su Pueblo que Francia es un país laico mientras al mismo tiempo dan apoyo al sectarismo y al extremismo en otro lugares del Mundo?. ¿Cómo puede Francia erigirse en abogada de la democracia cuando uno de sus principales aliados -Arabia Saudí- vive hoy en plena Edad Media?.

En definitiva, mi mensaje a los parlamentarios galos es: re-encuentren ustedes los principios de la Revolución francesa; esos principios de los que el Mundo entero está orgulloso: Libertad, Justicia, Igualdad.


PERIODISTA: Se ha referido usted a los intereses nacionales franceses. Si Francia interviene militarmente, ¿resultarían dañados sus intereses en Siria o en la región?.


PRESIDENTE AL-ASSAD: Eso no puedo saberlo yo, porque dependerá de los resultados de la guerra. Pero lo más probable es que Francia vería efectivamente truncados sus intereses. Existe hoy en Siria ira e indignación generales con la política francesa, hecho que inevitablemente afectaría a los intereses franceses en la región. Además, y a diferencia de lo que sucedió en tiempos anteriores, países significativos en la región han empezado a dar la espalda a Europa en lo que se refiere a establecer sociedades económicas y cooperación, y hace tiempo miran, en cambio, hacia el Este, donde existe una reciprocidad de respeto entre países.


PERIODISTA: ¿Así que está usted llamando a la cordura y a la Razón?.


PRESIDENTE AL-ASSAD: Al sentido común y a la ética.


PERIODISTA: ¿Tiene pensado presentarse a las próximas elecciones presidenciales sirias? (previstas a celebrar en 2014, NOTA DEL TRADUCTOR).


PRESIDENTE AL-ASSAD: Eso dependerá de la voluntad del Pueblo sirio. Si me consta que hay un deseo popular extendido en relación a mi candidatura, no me opondré a presentarme, y viceversa. No podemos consolidar dispositivos y medidas necesarias a la celebración de elecciones, dado cómo está ahora el panorama en Siria, pero poseemos indicadores prospectivos de que éstas podrán ser celebradas. Por otra parte, el mayor indicador de que existe respaldo a una hipotética decisión mía de presentarme de nuevo como candidato, es que no puedes continuar a menos que el Pueblo te apoye, cuando estás enfrentando una invasión terrorista multi-nacional -procedente de unos 80 países distintos- apoyada por “Occidente” y por varios Estados árabes. Sin embargo, Siria lleva resistiendo por más de dos años y medio, hecho que en sí es un indicador significativo de la fortaleza del apoyo popular.


PERIODISTA: ¿De modo que combatiría y sacrificaría usted su vida por Siria?.


PRESIDENTE AL-ASSAD: El Pueblo, cuando es necesario defender su país, lo hace; no importa si el Presidente o los ciudadanos. Esta no es una cuestión individual, sino que atañe a la nación. ¿Qué sentido tiene vivir si otros han matado a tu país?.


PERIODISTA: ¿Asume usted la responsabilidad por los errores cometidos tanto por el ejército como por las fuerzas de seguridad?. ¿Asume que ha habido errores?.


PRESIDENTE AL-ASSAD: Todo ser humano erra en su actividad. Si no cometes errores, o no eres humano, o bien no haces nada. Y yo soy humano y trabajo. Sin embargo, cuando queremos evaluar nuestros errores, lo hacemos a la luz de los hechos y de sus resultados patentes. Ahora nos hallamos justo en el corazón de la batalla. Cuando ésta haya concluido, podremos abordar los resultados y determinar nuestros aciertos y nuestros errores en relación a asuntos particulares.


PERIODISTA: ¿Tiene usted confianza en vencer en la batalla?.


PRESIDENTE AL-ASSAD: La historia de nuestra región nos enseña que cuando el Pueblo libra su auto-defensa, vence inevitablemente. La guerra que nos asedia no es una guerra contra el Gobierno o contra el Presidente, sino contra Siria, y Siria vencerá.


PERIODISTA: A pesar de su afirmación, el ejército ha perdido el control de ciertas áreas al Norte como al Sur y al Este. ¿Cree usted que puede recuperar esas áreas?.


PRESIDENTE AL-ASSAD: La cuestión no es etiquetar territorios como “bajo control del ejército” o “bajo control de los terroristas”. No hay un sólo área donde el ejército se haya propuesto entrar y no lo haya hecho. El reto real es detener el continuo flujo de terroristas a través de las fronteras y detener los estragos sociológicos y poblacionales que los terroristas cometen en aquellas áreas que logran tomar por asalto.


PERIODISTA: Moratinos, un previo amigo suyo, me decía el otro día que no puede entender qué hay en la mente de Bashar Al-Assad; como puede estar supuestamente perpetrando tanta violencia en su país.


PRESIDENTE AL-ASSAD: Hay aquí una analogía subrayable a través de la siguiente pregunta: ¿Cómo puede Francia estar permitiendo que los terroristas que asesinan a ciudadanos franceses, asesinen en Siria?. ¿Y cómo si no calificar de terrorista el comportamiento de la policía británica durante los disturbios del pasado año?. ¿Por qué sacaron los Estados Unidos a su ejército a las calles de Los Ángeles en la década de los noventa?. ¿Y por qué otros países terceros hallan legitimidad para defenderse del terrorismo, y no Siria?. ¿Por qué no fue posible para Mohammed Merah quedarse vivo en Francia y seguir asesinando civiles, mientras debería permitirse a esos mismos terroristas quedarse en Siria para asesinar a la gente?.


PERIODISTA: ¿Cómo ha cambiado su rutina gubernamental desde el inicio de la “crisis”?. Hay quien sugiere que, tras dos años y medio, está usted hoy dirigiendo Siria en solitario.


PRESIDENTE AL-ASSAD: Pues eso es precisamente lo que antes ponía yo en cuestión: si “occidente” está en mi contra, y también lo estuviera el Pueblo sirio, ¿entonces cómo puede concebirse que siguiera yo gobernando el país?. Eso es ilógico. Puedo seguir gobernando gracias a la fortaleza del apoyo popular y a la fortaleza del Estado sirio. Desgraciadamente, las personas que hacen tales conjeturas no perciben con objetividad esta realidad que le expongo.


PERIODISTA: Cierto número de periodistas franceses han sido secuestrados en Siria. ¿Posee usted información respecto de cómo se encuentran?. ¿Los tienen secuestrados las autoridades sirias?.


PRESIDENTE AL-ASSAD: ¿De verdad cree que somos nosotros?.


PERIODISTA: Lo cierto es que fueron secuestrados al Norte de Siria. ¿Están al corriente de su situación?.


PRESIDENTE AL-ASSAD: Si es que esos secuestrados lo han sido por los terroristas, debería usted preguntarles a ellos. Pero, si es que alguno de ellos ha sido arrestado por haber entrado en el país de forma ilegal, será llevado a juicio en lugar de ser mantenido en una celda. Si ése fuera el caso, la persona afrontaría los cargos acordes a las leyes sirias y, por tanto, el caso sería de conocimiento público y general.


PERIODISTA: ¿Está planteándose cooperar con las autoridades francesas en materia de seguridad?. Eso es algo que funcionó en el pasado...


PRESIDENTE AL-ASSAD: Cualquier cooperación, no importa si en materia de seguridad, económica o militar, requiere de consenso político. No es posible mantenerse en cooperación de seguridad con un país que a su vez mantiene un “conflicto de intereses” con respecto a uno mismo.


PERIODISTA: Tras haber fallecido su padre, usted viajó a Francia y fue recibido por el Presidente Chirac. Todo el mundo le veía como un Presidente joven y prometedor, además de un oftalmólogo de éxito. Hoy, desde el inicio de la crisis, la imagen ha cambiado. ¿Hasta qué punto ha cambiado usted como persona?.


PRESIDENTE AL-ASSAD: Pero la cuestión fundamental es: ¿ha cambiado esta persona en su substancia?. En un instante, los medios de comunicación pueden manipular la imagen de una persona, aunque en realidad esa persona permanezca invariante. Yo pertenezco al Pueblo sirio; defiendo sus intereses e independencia, y jamás sucumbiré a presión exterior. Puedo cooperar con terceros siempre y cuando dicha cooperación tenga un sentido de promover los intereses de mi país.

Eso es precisamente lo que nunca pudieron entender; creyeron que podrían manipular fácilmente a un Presidente joven, y que, al haber estudiado en “occidente”, habría olvidado mi cultura de origen. Tal actitud y expectativa es naive e infantil. No es que yo haya cambiado; es que, por el contrario, fueron ellos quienes desde el principio me supusieron distorsionadamente, pues lo deseaban. Pero ahora sería bueno para ellos el aceptar la imagen real de un Presidente que afirma la independencia de su país.


PERIODISTA: ¿Se ha convertido Francia en enemiga de Siria?.


PRESIDENTE AL-ASSAD: Todo aquél que da apoyo financiero o militar a los terroristas es objetivamente enemigo del Pueblo sirio. Todo aquél que facilita el asesinato de un soldado sirio, o que trabaja contra los intereses del país y de su Pueblo, es enemigo de Siria. No me refiero con ello al Pueblo francés, ya que creo que es el Gobierno francés quien trabaja contra los intereses y contra la voluntad de su propio Pueblo. Entre los conceptos de Gobierno adverso y de nación adversa hay diferencia cualitativa. El Pueblo francés no es nuestro enemigo, pero sí su política gubernamental, adversa al Pueblo sirio.


PERIODISTA: ¿Es, el Gobierno francés, enemigo de Siria?


PRESIDENTE AL-ASSAD: Cuanto más adversas al Pueblo sirio son las políticas gubernamentales francesas, más enemigo del Pueblo sirio es el Gobierno francés. Las actuales políticas adoptadas por el Gobierno francés, como las que he mencionado anteriormente, son hostiles hacia Siria. Así pues, la hostilidad objetiva podrá ser dejada atrás sólo cuando el propio Gobierno francés redefina sus políticas.



TRADUCCIÓN CASTELLANA:

Tamer Sarkis Fernández, DIARIO UNIDAD



=== 3 ===

FRANÇAIS  
DEUTSCH  
PORTUGUÊS  
ESPAÑOL  
ENGLISH 
 عربي 
РУССКИЙ
---


Razionalità occidentale


di Thierry Meyssan

Vi sono piaciuti l’incidente del Golfo del Tonchino e la guerra del Vietnam, le incubatrici del Kuwait e la prima guerra del Golfo, il massacro di Račak e la guerra del Kosovo, le armi di distruzione di massa e la seconda guerra del Golfo, le minacce su Bengasi e la guerra di Libia, vi piacerà la gasazione di civili di Ghouta e il bombardamento della Siria.

RETE VOLTAIRE | DAMASCO (SIRIA)  | 9 SETTEMBRE 2013

In un comunicato diffuso dalla Casa Bianca, il direttore dell’Intelligence Nazionale USA, James Clapper, afferma che 1.429 persone sono state uccise in un massiccio attacco chimico su una dozzina di località, il 21 agosto 2013, nell’oasi della Ghuta di Damasco [1].
I servizi francesi non hanno potuto procedere a una conta delle vittime in loco, si precisa in una nota desecretata del coordinatore dell’intelligence Alain Zabulon [2]. Tuttavia, ne hanno individuato circa 281 su dei video, mentre l’organizzazione "non governativa" francese Médecins sans frontières da parte sua ne ha contato 355 presso gli ospedali.
I servizi alleati fanno tutti riferimento a dei video. Così gli statunitensi ne hanno raccolto un centinaio su YouTube, mentre i francesi ne hanno trovato solo 47. Washington e Parigi li considerano tutti come autentici. Tuttavia, alcuni di essi sono stati postati alle sette del mattino, ora di Damasco (il che spiega il motivo per cui siano datati 20 agosto su YouTube, che ha sede in California), ma con un sole quasi allo zenith, il che implica che siano stati girati prima di allora [3].
Tutti gli osservatori hanno notato l’alta percentuale di bambini tra le vittime. Gli Stati Uniti ne hanno contato 426, ossia più di un terzo. Alcuni, ma non i servizi statunitensi né i loro omologhi francesi, sono rimasti colpiti dal constatare che avevano quasi tutti la stessa età e non avevano una famiglia che li piangesse. Ancora più strano, i gas avrebbero ucciso i bambini e gli uomini adulti, ma avrebbero risparmiato le donne.
L’ampia diffusione sui canali satellitari di immagini delle vittime ha consentito a delle famiglie alauite dei dintorni di Latakia di riconoscere i loro figli rapiti due settimane fa dai "ribelli". Questa identificazione è stata lunga perché ci sono pochi sopravvissuti al massacro perpetrato dagli alleati degli Stati Uniti, del Regno Unito e della Francia presso i villaggi lealisti dove è stato scoperto oltre un migliaio di corpi di civili in fosse comuni.
Statunitensi, britannici e francesi concordano sul fatto che le vittime sono state uccise da un gas neurotossico che potrebbe essere sarin o contenere sarin. Essi sostengono di basarsi sulle proprie analisi, effettuate nei loro laboratori su campioni raccolti da ciascuno dei loro servizi.
Tuttavia, gli ispettori delle Nazioni Unite, che sono venuti sul posto a raccogliere altri campioni, daranno il loro verdetto soltanto fra una decina di giorni. In effetti, le analisi praticate da americani, inglesi e francesi sono sconosciute al mondo scientifico, per il quale la coltura dei campioni richiede un periodo assai più lungo.
Benché sia chiaro che dei bambini sono morti di intossicazione chimica, non è affatto certo che siano stati gasati. I video che li mostrano in agonia lasciano vedere una bava bianca mentre il sarin ne provoca una gialla.
Le tre potenze occidentali hanno inoltre convenuto nell’attribuire la responsabilità di questo avvenimento dalle dimensioni variabili all’esercito arabo siriano. Il direttore dell’Intelligence Nazionale USA precisa che i suoi servizi hanno osservato i militari siriani durante i quattro giorni precedenti, mentre stavano mescolando le componenti chimiche. Il presidente della Commissione britannica sui servizi segreti, Jon Day, assicura che per l’esercito arabo siriano non si trattava della sua prima volta e che anzi esso ha utilizzato i gas ben 14 volte dal 2012 [4], cioè altrettante quanti i casi comprovati di uso di armi chimiche da parte degli Stati Uniti durante la seconda guerra del Golfo.
Le rivelazioni dei servizi statunitensi, britannici e francesi sono corroborate da un’intercettazione telefonica. Un alto funzionario della difesa siriano avrebbe chiamato in preda al panico il capo dell’unità dei gas chimici a proposito del massacro. Tuttavia, questa intercettazione non è stata effettuata da statunitensi, britannici né francesi, ma è stata loro fornita dall’unità 8200 del Mossad israeliano [5].
In sintesi, i servizi statunitensi, britannici e francesi sono certi al 100% che l’esercito arabo siriano ha gasato un numero imprecisato di civili: 
 1. Esso ha utilizzato per far questo una nuova variante del vecchio gas sarin che non tocca le donne. 
 2. Gli Stati Uniti hanno osservato per quattro giorni la preparazione del crimine senza intervenire. 
 3. Alla vigilia del suo utilizzo, questo gas magico ha ucciso bambini che erano stati rapiti dagli jihadisti due settimane prima a più di 200 chilometri da lì. 
 4. Gli eventi sono conosciuti attraverso dei filmati autentici girati, e talvolta pubblicati, tempo prima su YouTube . 
 5. Sono confermati da un’intercettazione telefonica realizzata dal nemico israeliano. 
 6. I servizi segreti occidentali hanno un procedimento segreto per identificare il gas sarin senza dover coltivare i tessuti umani. 
 7. Poiché si tratterebbe della quindicesima operazione di questo tipo, il "regime" avrebbe violato una "linea rossa" e dovrebbe essere "punito" da bombardamenti che lo privino dei suoi mezzi di difesa.
Nel diritto internazionale, la propaganda di guerra è il crimine più grave perché rende tutti gli altri crimini possibili.

Traduzione 
Matzu Yagi

Fonte 
Megachip (Italia)

       

(srpskohrvatski / castellano / italiano)

Gli ustascia dell'Unione Europea

1) Croazia: proteste a Vukovar per introduzione "bilinguismo" (grafìa cirillica)
2) Dos meses tras entrar en la UE Croacia vive tensiones nacionalistas
3) Vukovar, sequela di manifestazioni contro il "bilinguismo"
4) Osuda rušenja spomenika stradalim Srbima kod Knina
5) Sono 1.938 i desaparecidos in Croazia, Unione Europea
6) L'UE lo vuole: Zagabria vende sette alberghi di Stato 


Isto procitaj: KONFERENCIJA ZA TISAK SRP-a (Pula, 12. IX 2013.)
http://www.srp.hr/konferencija-za-tisak-srp-a/
(conferenza stampa del SRP a Pola, sui temi: nazionalismo e revisionismo in Croazia, minacce contro la Siria, armi chimiche)


=== 1 ===

Croazia: proteste a Vukovar per introduzione bilinguismo

ANSA - 2 settembre 2013. Le prime tabelle bilingui, scritte in caratteri latini e in cirillico, sono state poste stamane su alcuni edifici pubblici a Vukovar, nell’est della Croazia, città martire della guerra per l’indipendenza croata, ma alcune decine di manifestanti appartenenti ad associazioni di veterani di guerra croati e organizzazioni di destra hanno prontamente bloccato l’operazione.
Ha preso il via in questo modo polemico e controverso l’introduzione del bilinguismo, ovvero dell’uso pubblico della lingua croata [SIC] e di quella serba [SIC], quasi [SIC] identiche, ma scritte la prima in caratteri latini e l’altra in cirillico, nella città che nel 1991 fu teatro di una delle più sanguinose battaglie tra serbi e croati durante la guerra per l’indipendenza della Croazia da Belgrado. Le prime tabelle bilingui sono state poste ancor prima delle sei di stamane (ora locale e italiana) sull’edificio della questura. Presto però una trentina di manifestanti hanno ostacolato l’accesso a un secondo edificio, sede dell’amministrazione centrale. Intanto sono state dispiegate anche ingenti forze di polizia in tenuta anti-sommossa per evitare possibili scontri.
L’ipotesi di istituzionalizzare l’uso della lingua serba e dell’alfabeto cirillico si e’ posta dopo i risultati del censimento del 2011, che mostrano come la città sia composta dal 57,4 per cento di croati e dal 34,9 per cento di serbi. La Legge costituzionale per i diritti delle minoranze etniche prevede l’istituzione obbligatoria del bilinguismo nel caso un gruppo etnico conti piu’ del 33 per cento della popolazione di un comune o città. Il governo di centro-sinistra, guidato dal premier Zoran Milanovic, ha a varie riprese confermato che a Vukovar verrà in pieno applicata la legge, voluta, tra l’altro dai governi di centro-destra.
La questione è pero molto controversa, perché proprio a Vukovar nell’autunno del 1991 le forze serbe commisero alcuni dei più atroci crimini di guerra a danno dei civili croati. [IN MERITO A QUESTA DISTORSIONE DELL'ANSA SI VEDANO:
Il dramma bellico di Vukovar (PDF, 26MB)
https://www.cnj.it/documentazione/Vukovar_bg95.pdf
Milena Gabanelli a Vukovar
https://www.cnj.it/documentazione/interventi/gabanelli1993.htm ]
Inoltre, dopo mesi di assedio la città fu rasa al suolo [SIC] e ripulita dalla popolazione croata [SIC], poi ritornata alla fine della guerra nel 1997. Alcuni mesi fa, in due riprese, in molte città della Croazia si erano tenute manifestazioni contro l’introduzione del cirillico, alle quali avevano preso parte circa 40 mila persone, chiedendo che a Vukovar con una legge speciale fosse proclamata una moratoria di almeno trent’anni sull’introduzione del bilinguismo.

---

Croazia, a Vukovar manifestanti distruggono tabelle bilingui 

ANSA - 2 settembre 2013. I manifestanti che a Vukovar si oppongono all’introduzione del bilinguismo nella città martire della guerra per l’indipendenza croata hanno distrutto con l’uso della forza tutte e quattro le tabelle in caratteri latini e in cirillico serbo poste stamane sugli edifici sedi di istituzioni pubbliche.
Secondo quanto riportano i media croati, un gruppo di una cinquantina di persone, perlopiù veterani di guerra croati, ha distrutto con martelli le tabelle bilingui. Le forze di polizia, dispiegate dall’alba nella città per proteggere l’operazione e impedire incidenti, non hanno usato la forza, ma nello scompiglio due poliziotti sono stati graffiati. In prima fila, con un martello, c’era Marijan Zivkovic, ex soldato croato di Vukovar che nell’assedio serbo della città nel 1991 ha perso due figli. Le tabelle sono state rimosse con forza dall’edificio dove si trova la questura, l’ufficio del fisco e di altre due istituzioni statali.
“Entro venerdì prossimo Vukovar sarà piena di gente, stanno giungendo manifestanti da tutte le parti della Croazia e noi continueremo a togliere tutte le tabelle bilingui”, ha dichiarato ai media Tomislav Josic, presidente di un’associazione formata alcuni mesi fa proprio per opporsi all’introduzione del cirillico nella città. A una manifestazione contro il bilinguismo tenuta alcuni mesi fa a Zagabria, circa 50 mila persone avevano chiesto una moratoria di almeno trent’anni sull’uso del serbo e del cirillico a Vukovar.


=== 2 ===

http://www.semanarioserbio.com/?p=6439
http://www.elcomercio.es/agencias/20130903/mas-actualidad/sociedad/meses-tras-entrar-croacia-vive_201309031459.html

Vesna Bernardic
Zagreb, 3 sep (EFE).- Apenas dos meses después de entrar en la Unión Europea (UE) Croacia se encuentra en medio de un conflicto interno en relación con letreros bilingües (serbios/croatas) en la ciudad oriental de Vukovar, lo que ha desatado la ira de veteranos de guerra y croatas ultranacionalistas.
La situación seguía hoy tensa en la ciudad de la Eslavonia oriental después de que grupos ultranacionalistas croatas destrozaran ayer a martillazos los primeros cuatro letreros bilingües colocados poco antes por las autoridades en cumplimiento de las leyes locales.
La policía ha desplegado fuertes unidades en Vukovar, destruida por las fuerzas serbias durante la guerra en 1991, mientras crece el número de manifestantes y asociaciones de veteranos que quieren viajar a la ciudad para impedir la colocación de más letreros.
"La situación es crítica. Los cuarteles de veteranos están reunidos en toda Croacia. Autobuses llenos están listos para ir rumbo a Vukovar", declaró hoy Vlado Iljkic, del "Cuartel para la defensa de Vukovar", creado para impedir la introducción del cirílico como segunda letra oficial.
El presidente del "Cuartel", Tomislav Josic, se encuentra detenido tras los incidentes violentos de ayer, cuando tres policías sufrieron lesiones al enfrentarse a los estimados 350 manifestantes.
Los ultras, apoyados por algunos frailes católicos, demandaron hoy la puesta en libertad de Josec y anunciaron que están decididos a quitar otros dos letreros bilingües que las autoridades colocaron ayer por la tarde en Vukovar.
La Ley Constitucional de los derechos de las minorías nacionales de Croacia prevé que los centros urbanos con al menos un tercio de población serbia pueden introducir el bilingüismo.
Según datos oficiales, en Vukovar la población serbia supera el 34 por ciento, lo que los ultranacionalistas ponen en duda, alegando que muchos serbios empadronados en la ciudad viven en realidad en la vecina y cercana Serbia.
"El cirílico es un símbolo de la agresión serbia", aseguran los nacionalistas croatas y piden como mínimo una moratoria de varios años a su introducción oficial en Vukovar.
Recuerdan que unas 3.000 personas murieron en los ataques serbios de 1991 y que 300 personas siguen desaparecidas hasta hoy.
Tras caer en manos serbias, Vukovar y la circundante Eslavonia oriental llegaron a formar parte de la rebelde "República Serbia de Krajina", donde se cometieron numerosas matanzas entre la población croata local.
Cuando el ejército croata logró recuperar en 1995 el grueso de "Krajina", los serbios aceptaron que bajo auspicios de la ONU la Eslavonia oriental y Vukovar fueran reintegradas pacíficamente en Croacia, entre 1996 y 1998.
El serbio y el croata son idiomas tan similares que muchos las consideran un idioma único, y en Vukovar ambos grupos hablan el mismo dialecto local, de modo que las letras latina y cirílica son uno de los pocos distintivos.
El gobierno socialdemócrata de Croacia condenó ayer enérgicamente la violencia de las manifestaciones y tachó a los protagonistas de los incidentes de "chovinistas".
El ministro del Interior, Rajko Ostojic, está decidido a colocar y asegurar los letreros bilingües sobre una veintena de edificios estatales en Vukovar.
Anoche insistió en que se repetirá la colocación "cuantas veces sea necesario" y que "no se tolerarán ataques contra la policía".
Mientras, los ultranacionalistas aseguran que no permitirán la colocación de letreros en cirílico a cualquier precio.
El líder de los serbios de Croacia, Milorad Pupovac, considera "vergonzosa" que se "estigmatice" el cirílico como "letra enemiga" y pidió una decisión del Estado para asegurar el respeto de la ley.
La campaña contra el cirílico está liderada por el "Cuartel" y apoyada no solo por asociaciones de veteranos de guerra y ultranacionalistas, sino también por el principal partido opositor, la conservadora "Unión Democrática Croata" (HDZ).
A pesar de la fuerte campaña ultranacionalista en las elecciones locales de mayo pasado triunfó en Vukovar el alcalde socialdemócrata Viktor Sabo, que hoy acusó a la HDZ de estar detrás de los desordenes, para desestabilizar el gobierno.
"Vukovar no debe ser un nuevo Beirut", advirtió en relación a los barrios étnicamente separados de la capital libanesa. EFE

=== 3 ===

Vukovar, sequela di manifestazioni contro il bilinguismo

di Erika Blečić
su La Voce del Popolo del 5 settembre 2013

Non c’è pace a Vukovar. Anche ieri per le vie della città martire sul Danubio hanno sfilato centinaia di contestatori, che si sono fermati dinanzi agli edifici delle istituzioni statali su cui sono state affisse le tabelle bilingui. Ma non vi sono stati nuovi tentativi di rimuovere o danneggiare le insegne scritte a caratteri cirillici, difese ancora da cordoni di polizia. Oggi i rappresentanti delle associazioni dei reduci di guerra di tutta la Croazia decideranno, nel corso di una sessione congiunta, se continuare o meno con le proteste contro l’introduzione del bilinguismo visivo a Vukovar.

Il premier Zoran Milanović ha ribadito, però, che lo Stato non rinuncerà all’affissione di scritte a caratteri cirillici, in quanto questo è un obbligo previsto dalla Legge costituzionale sui diritti delle minoranze nazionali. Il presidente del Sabor, Josip Leko, da parte sua, ha bocciato la richiesta di convocazione di una sessione straordinaria del Parlamento dedicata ai fatti di Vukovar.

Circa 500 persone hanno sfilato, come rilevato, a Vukovar per protestare contro le tabelle bilingui poste sugli edifici che ospitano le istituzioni statali. Nella serata di martedì è stata rimessa in loco la tabella in Questura, portando così a 6 le istituzioni in cui sono state affisse (Ispettorato di Stato, Istituto per la previdenza sociale, Ufficio di collocamento e Centro per la tutela sociale). Dopo essersi radunato in piazza della Repubblica, il corteo ha sfilato per le vie cittadine in maniera ordinata e pacifica.

A guidare la protesta era il presidente del Comitato per la difesa di Vukovar croata, Tomislav Josić, il quale si trovava in custodia cautelare da lunedì scorso a martedì pomeriggio. Questi ha sottolineato che la polizia si è comportata più che correttamente nei suoi confronti e ha lodato l’atteggiamento mantenuto dagli agenti nei confronti dei manifestanti. Josić ha espresso disponibilità a incontrarsi con i rappresentanti del governo e con il premier per risolvere la questione delle tabelle bilingui. La protesta, iniziata ieri alle ore 10, è terminata alle 12,30 con l’invito a radunarsi di nuovo l’indomani mattina. “Per esprimere il nostro malcontento, ma in pace, senza attaccare né offendere nessuno”, ha puntualizzato Josić.

Tra le varie dichiarazioni a favore o contro la protesta, comprese le accuse di istigazione alla violenza, una spicca per la sua dualità. Infatti, il ministro dei Difensori Predrag Matić ha dichiarato martedì sera che “la legge è legge, ma i sentimenti umani sono importanti”. Rilevando il suo passato (Vukovar è la sua città ed è un ex difensore), Matić ha sottolineato il suo presente – è un ministro, ha giurato di rispettare le leggi –, per cui ha dichiarato che in questa situazione è pervaso da sentimenti opposti.

“Saranno esclusi dalle insegne in cirillico quelli che per noi sono i ‘santuari’ di Vukovar, cioè l’Ovčara e via Trpinja. Però nelle sedi delle istituzioni statali saranno affisse le tabelle bilingui in un termine per noi accettabile. Le leggi sono più forti delle emozioni, sebbene queste talvolta prendano il sopravvento. Il cirillico come tale non è pericoloso – chi ha mai visto che una scrittura ha ucciso qualcuno – ma la connotazione che reca con sé... capisco i miei concittadini, però sono un membro del governo e ho giurato di mettere in atto le leggi”.

Dieci di 17 membri che compongono il consiglio del ministro dei Difensori hanno emesso un comunicato in cui valutano “molto pericolosa ed esplosiva” la situazione a Vukovar. Al fine da impedire che deteriori ulteriormente, hanno chiesto al ministro dell’Amministrazione Arsen Bauk di ripetere il censimento in questa città.

Tra coloro i quali le leggi le propongono e le attuano c’è il premier Zoran Milanović, il quale è rimasto irremovibile sulla messa in sito delle tabelle bilingui a Vukovar. “Non c’è possibilità di posporre l’affissione. Posso capire ed accettare il fatto che qualcuno non ne sarà entusiasta. Ma se vogliamo essere uno Stato civile che tutela le minoranze e rispetta la legge, lo dobbiamo fare e lo faremo”. Il premier si è poi rivolto a tutti quelli che nei giorni scorsi hanno agito in maniera impropria, sia secondo lui sia secondo la legge, ad accettare che la guerra è finita e che sono passati più di vent’anni dal varo della Legge sull’amnistia. “La Croazia deve mostrare magnanimità nella vittoria, ma in pace deve dimostrare buona volontà e rispettare le leggi”.

Che le tabelle “non sono degne di contrasti né conflitti” è il parere del ministro degli Interni Ranko Ostojić, il quale è convinto che “vincerà la ragione e chi è colpevole subirà sanzioni. La polizia ha identificato quelli che hanno frantumato le tabelle. Cose così non si ripeteranno”. Il ministro ha sottolineato che “a Vukovar si deve costruire una vita, non una coabitazione. Delle insegne bilingui non devono essere causa di scontri. Abbiamo atteso più di dieci anni per appurare che i serbi in questa città sono più di un terzo della popolazione. Perciò il bilinguismo deve essere introdotto per legge”.

Contro la messa il loco delle tabelle bilingui a Vukovar si sono schierate anche le associazioni dei difensori di Zagabria e di Sinj, mentre la richiesta del gruppo parlamentare dell’HDSSB, di indire una sessione straordinaria del Sabor, è stata respinta dal presidente del Parlamento, Josip Leko.

“Vukovar non merita di essere coinvolta in sterili dibattiti politici. Problemi come questi si devono risolvere nelle istituzioni statali. Non ci sarà una sessione straordinaria perché la possono indire solamente il presidente, il governo o la può richiedere la maggioranza del Sabor (almeno 76 parlamentari)”.


=== 4 ===

(un ulteriore atto vandalico contro i monumenti ai serbi della Krajina, massacrati per la creazione dello Stato croato "indipendente")

da www.glassrbije.org

Osuda rušenja spomenika stradalim Srbima kod Knina

Sub, 14/09/2013 

Koalicija udruženja izbjeglica i Zavičajno udruženje "Golubić" najoštrije su osudili rušenje spomenika srpskim žrtvama koje se u noći između četvrtka i petka dogodilo u selu Golubiću, kod Knina. Rušenje tog spomenika predstavlja jedan u nizu događaja u Hrvatskoj koji su upereni protiv svega što je srpsko, a imaju za cilj da šire nesigurnost i strah kod srpskog stanovništva, navedeno je u saopštenju. Od državnih organa Hrvatske se zahteva da što pre pronađu počinioce tog vandalskog čina i procesuiraju ih u skladu sa zakonskim propisima. Spomenik kao znak sećanja na srpske žrtve iz sela Golubić koje su stradale u ratu 1991.-1995. godine podignut je 2011. u porti crkve Svetog arhiđakona Stefana, koja je prošle godine obeležila 530 godina postojanja. Spomen ploču sa krstom i natpisom "Sjećanje na Golubićane stradale u ratovima" podigli su meštani tog sela.



=== 5 ===

Ex Jugoslavia: quasi 12 mila i dispersi guerre anni '90 

ANSA - 30 agosto 2013. Sono quasi 12 mila le persone che risultano ancora disperse in conseguenza delle guerre degli anni novanta nella ex Jugoslavia. Il dato è stato diffuso dal Comitato internazionale della Croce rossa oggi a Belgrado, in occasione della Giornata internazionale dedicata agli scomparsi.
Nel corso di una conferenza stampa è stato sottolineato che un terzo del totale delle persone scomparse, per la precisione 11.859, sono serbi. Secondo la commissione governativa serba che si occupa del problema, sono fra 3.500 e 4 mila i serbi di cui non si è più avuto notizia dopo i conflitti. Di essi, 1.938 sono scomparsi in Croazia, 530 in Kosovo e il resto in Bosnia-Erzegovina. Gli esponenti delle associazioni serbe che rappresentano le famiglie delle persone scomparse hanno sollecitato con forza un maggiore impegno e più forte volontà politica nelle ricerche di tutti coloro che mancano all'appello. Il numero delle identificazioni, è stato sottolineato, si riduce di anno in anno e di questo passo trascorreranno molti decenni prima che le famiglie possano conoscere con certezza la sorte dei loro cari.
“Mancano informazioni sulle fosse comuni e individuali, le riesumazioni vanno a rilento, le identificazioni prendono troppo tempo e in tanti casi vengono fatte in modo poco accurato”, ha detto Natasa Scepanovic, presidente del coordinamento delle associazioni serbe delle persone scomparse. A questo riguardo è stata auspicata la collaborazione anche di Unione europea e altre organizzazioni internazionali.
A Pristina la missione europea Eulex ha detto da parte sua che sono 1.726 i dispersi del conflitto armato in Kosovo del 1998-1999, che fece in totale 13 mila morti e centinaia di migliaia di profughi. I conflitti in Bosnia e Croazia provocarono rispettivamente 100 mila e 20 mila morti con un numero complessivo di circa 2,5 milioni di profughi.


=== 6 ===

Zagabria vende sette alberghi di Stato 

di Andrea Marsanich
su Il Piccolo del 5 settembre 2013

Sta diventando sempre più esiguo il numero delle aziende alberghiere di proprietà della Repubblica di Croazia. In autunno si assottiglieranno ulteriormente le file perché lo Stato procederà alla vendita di sei imprese, tutte dislocate in Dalmazia e da anni in uno stato di abbandono e rovina. Il primo complesso ad essere privatizzato sarà quello di Kupari, ex gioiello posizionato nel comune di Zupa Dubrovacka (Ragusa) e gravemente devastato durante il conflitto che dal 1991 al 1995 oppose la Croazia ai ribelli serbi.

Dal ministero del Turismo è giunta l’informazione che il concorso internazionale per la vendita dell’ insediamento sarà bandito con tutta probabilità il mese prossimo, mentre la scelta dovrebbe avvenire entro la fine di quest’anno. L’interesse nei riguardi di Kupari non manca e finora a farsi ufficialmente vivi sono stati il turco Rixos, che ha già alcune strutture turistiche a Ragusa, un anonimo investitore dell’Azerbaigian e la Karisma Hotels Adriatic.

Quest’ultima appartiene al gruppo Agrokor del tycoon croato Ivica Todoric, al tour operator Tui e all’azienda messicana per il management alberghiero Karisma Resort International.

Ad essere prossimo alla privatizzazione è anche l’ex complesso turistico dell’Armata popolare jugoslava, il Duilovo, situato poco a sud-est di Spalato. Da 20 anni a questa parte, il Duilovo appartiene al ministero croato della Difesa e può vantare quale impianto più rappresentativo l’albergo Zagreb, con 250 posti letto.

I responsabili del ministero del Turismo hanno inoltre confermato il prosieguo delle trattative con potenziali investitori interessati all’acquisto delle imprese alberghiere Orebic, Korcula, Medena e Zivogosce, ubicate rispettivamente a Sabbioncello, Curzola, Traù e Svogoschia.

Nota importante: sono in tutto 14 le aziende alberghiere in cui lo Stato croato detiene la maggioranza del pacchetto azionario, per un valore complessivo di 1 miliardo e 200 milioni di kune, circa 159 milioni di euro. Tra esse vi è l’Imperial di Arbe che assieme agli Alberghi Makarska è l’unico caso di ottimo funzionamento delle imprese di proprietà statale. L’Imperial appartiene allo Stato nella misura del 52 per cento e il piano di privatizzazione prevede l’applicazione del metodo Esop. Si tratta di azionariato dei lavoratori.

Tornando a Karisma Hotels Adriatic, questa ha privatizzato alla fine della scorsa primavera gli Alberghi Kolocep, azienda che si trova nell’arcipelago raguseo delle Elafiti. Costo dell’operazione, sui 4 milioni e 820 mila euro, ai quali andranno aggiunti 9 milioni per la ristrutturazione e abbellimento degli impianti.



===

Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia - ONLUS
https://www.cnj.it/
http://www.facebook.com/cnj.onlus/

=== * ===



Invita i tuoi amici e Tiscali ti premia! Il consiglio di un amico vale più di uno spot in TV. Per ogni nuovo abbonato 30 € di premio per te e per lui! Un amico al mese e parli e navighi sempre gratis: http://freelosophy.tiscali.it/



Inizio messaggio inoltrato:

Da: Claudio Cossu <claudio.cossu @...>
Data: 14 settembre 2013 22.32.29 GMT+02.00
Oggetto: La promulgazione delle leggi razziali-settembre 1938.
Rispondi a: Claudio Cossu <claudio.cossu @...>


.Con preghiera di cortese diffusione

Verrà proiettato , inoltre, il filmato "La Risiera di S.Sabba" di Alessio Zerial.
  Cittadini liberi ed eguali                                                           liberieguali@...                                    
                                                    Trieste, settembre 1938- settembre 2013

 ( cell. + 39-333.27.37.624 )    
                                                                            

TRIESTE E IL FASCISMO RAZZISTA

In occasione dei 75 anni dell’annuncio delle leggi razziali (Trieste, 18 settembre 1938) il Comitato spontaneo “Cittadini Liberi ed Eguali” promuove il Convegno Trieste e il fascismo razzista che si svolgerà presso il “Circolo della Stampa” di Corso Italia n. 13 in data

giovedì 19 settembre 2013 dalle ore 17 alle 20.


I relatori saranno, nell’ordine:

Tullia Catalan: Dalla Trieste tollerante alla Trieste xenofoba. Antislavismo e antisemitismo

Silva Bon: La persecuzione antiebraica a Trieste

Anna Maria Vinci: Il razzismo nel fascismo di confine

Gaetano Dato: Il passaggio della memoria della Risiera

Simone Rorato: Trieste 1961. La stampa locale di fronte al processo Eichmann


Sarà proiettato un video, curato da Claudio Sepin, sul discorso di Mussolini in Piazza Unità.

Di fronte al mare e alla folla delirante in Piazza Unità, il dittatore disse, tra l’altro: “Il problema di scottante attualità è quello razziale. Anche in questo campo noi adotteremo le soluzioni necessarie (...). Il problema razziale non è scoppiato all’improvviso”.

L’annuncio delle leggi razziali consacrava istituzionalmente una componente del fascismo che aveva radici lontane, in certo nazionalismo locale degli inizi del Novecento. Nel 1920 e 1922 Mussolini aveva visitato le terre al confine orientale esaltando ripetutamente la superiorità della civiltà latina e italiana su quella slava e non solo.

Il discorso del settembre 1938 fu una sfida alla storica multiculturalità mitteleuropea della città dove risiedeva una delle più numerose comunità ebraiche d’Italia, parte integrante del locale tessuto economico e culturale. Lo stesso Podestà, carica di nomina governativa, Paolo Salem, era fascista della prima ora e di padre ebreo. La sua conversione alla religione cattolica e il cambiamento del cognome nel più ariano D’Angeri non gli permisero di evitare le gravi conseguenze dell’antisemitismo legalizzato.

A 75 anni da quegli eventi proponiamo di analizzare e discutere, oltre che ricordare, il significato locale e nazionale dell’avvio, su decisione autonoma, di una collaborazione più stretta del regime fascista con l’antisemitismo nazista. Fu l’intensa attività istituzionale italiana a preparare, anche a Trieste, lo sterminio successivo. Ricostruire la memoria di quei fatti può aiutare ad evitare che tragedie simili possano ripetersi.


FIP – p.le Europa, 1

Cittadini Liberi e Eguali

Trieste, 12 settembre 2013