Informazione
– Kommentar von Kaspar Trümpy
* НАТО заснован на лажи (Јевгениј Примаков Млађи, Русија)
2) FLASHBACK: Le responsabilità vaticane nel conflitto balcanico: alcuni elementi (1999)
[english / italiano / deutsch / srpskohrvatski]
Covid-19 na Balkanu
1) Rajka Veljović: Lettera da Kragujevac - Serbia
2) Die "Politik der Grosszügigkeit" / The "Politics of Generosity" (GFP 12.5.2020)
3) Perché la Serbia è il centro della guerra degli aiuti nei Balcani / Zašto je Srbija centar sukoba oko pomoći na Balkanu (E. Pietrobon, 11.4.2020.)
Vedi anche / Pogledaj takodjer:
COVID-19 BALKANS
Regionalna centralizovana platforma posvećena borbi protiv pandemije COVID-19 na zapadnom Balkanu! / regional centralized platform dedicated to fighting COVID-19 pandemic in the Western Balkans!
OTTO AEREI DI AIUTI DALLA SERBIA ALL'ITALIA PER IL CORONAVIRUS, ZERO ARTICOLI SUI GIORNALI, ZERO SERVIZI SULLE RETI TELEVISIVE, ZERO INFORMAZIONI SUI PORTALI INTERNET ITALIANI DEDICATI AI BALCANI [25 Aprile 2020]
1) COMUNICATO AMBASCIATA D’ITALIA A BELGRADO
2) VUČIĆ ISPRATIO MEDICINSKU OPREMU ZA RIM / VUČIĆ NA AERODROMU NIKOLA TESLA
3) SERBIA: CORONAVIRUS, PARTITI DA BELGRADO 4 AEREI CON AIUTI SANITARI PER L'ITALIA / IL PRESIDENTE SERBO: «SIAMO CON I NOSTRI I FRATELLI ITALIANI» ...
KORONAVIRUS [JUGOINFO 31.3.2020.]
1) Lettera dalla Serbia (Rajka Veljović / Non Bombe ma Solo Caramelle ONLUS)
2) Il Presidente serbo sull'emergenza Coronavirus: "La solidarietà europea non esiste. Solo la Cina può aiutarci"
3) SRP: Konferencija za medije Socijalističke Radničke Partije: bauk COVID-19
4) Zajedničko saopštenje 73 komunističke i radničke partije sveta povodom pandemije koronavirusa
https://www.cnj.it/home/it/informazione/jugoinfo/9274-9135-koronavirus.html
BOSNIA-ERZEGOVINA: UN PAESE, DUE ENTITÀ, TRE MODI CONTRADDITTORI DI LOTTARE CONTRO LA PANDEMIA (Alfredo Sasso, 11/5/2020)
... Due grandi scandali stanno concentrando l’attenzione pubblica, gettando ombre inquietanti sulla responsabilità delle istituzioni durante l’emergenza. Il primo riguarda l’acquisto di cento respiratori... l’ordine era stato gestito da un’azienda agricola di Srebrenica specializzata nella produzione di lamponi, la “Srebrena Malina”... Il titolare della “Srebrena Malina” è Fikret Hodžić, un ex-presentatore tv e scrittore, che fu già al centro di una vicenda molto discussa nel 2016, quando promosse la commercializzazione di magliette riportanti i simboli del genocidio di Srebrenica...
La sera del 4 maggio, mentre restavano chiusi i luoghi di ritrovo, vietate le concentrazioni e obbligatorie le mascherine anche all’aperto, le pagine online dei media e dei social bosniaci venivano invase dalle foto e dai video di un locale affollato da volti noti, con canti, abbracci, tavole imbandite. Le immagini provenivano dal Golf Klub, un ristorante della Sarajevo facoltosa, e documentavano la presenza di esponenti della politica, dell’economia, dello spettacolo e della sanità a una festa organizzata da un illustre chirurgo della capitale...
https://www..linkiesta.it/2020/05/coronavirus-europa-bosnia-erzegovina-covid-19/
FINALE DISASTROSO PER LA MISSIONE DEI MEDICI ALBANESI A BRESCIA: MULTE E DENUNCE PER IL FESTINO IN HOTEL (di Giovanni Ruggiero, 30 aprile 2020)
Torneranno in Albania sicuramente più ricchi nello spirito ma meno nel portafogli i medici e gli infermieri albanesi arrivati un mese fa in Lombardia, spinti da un orgoglioso discorso del premier Edi Rama, per aiutare i colleghi nell’emergenza Coronavirus. Una decina di operatori sanitari albanesi è stata multata infatti ieri sera, 29 aprile, a Brescia alla fine di una festa improvvisata in hotel...
MEDICI ALBANESI A BRESCIA PER AIUTARE: MA PRIMA DI RIPARTIRE FANNO FESTA IN ALBERGO (E VENGONO DENUNCIATI) (30 aprile 2020)
Il gruppo di specialisti, che oggi deve tornare a Tirana dopo un mese passato in corsia per emergenza Covid, è stato denunciato dalla Polizia con multe fino a 500 euro
CORONAVIRUS, MEDICI E INFERMIERI INVIATI DALL’ALBANIA FESTEGGIANO LA FINE DELLA MISSIONE CON UNA FESTA IN ALBERGO: DENUNCIATI E MULTATI (1 maggio 2020)
Mercoledì sera, da una camera dell'albergo in cui erano ospitati il volume della musica e dei festeggiamenti si è alzato e una decina di operatori arrivati da Tirana hanno brindato dopo un mese impegnati in prima linea. Ma il proprietario ha chiamato la polizia. Loro: "Ci scusiamo"
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La lettera seguente ci è stata girata da Non Bombe Ma Solo Caramelle ONLUS:
LETTERA DA KRAGUJEVAC - SERBIA
Nei mesi passati il mondo si era concentrato sul Covid, e ora che, almeno in Europa, è passato il picco dell’epidemia, si cominciano a fare i conti. Il mondo non sarà più come prima e il futuro non ci offre buone prospettive. All’inizio si cantava dai balconi, ora si comincia con le critiche ai rispettivi governi.
Sul Covid in realtà non si sa ancora molto, ma quello che sappiamo è che i ricchi saranno più ricchi e i poveri più poveri. E come sempre sarà la classe operaia a subirne le conseguenze.
In Serbia il 1. maggio siamo arrivati ai 9.205 contagiati e 179 deceduti. Per contenere il numero dei contagiati il governo ha fin da subito introdotto misure piuttosto restrittive, mirate in primis a salvare gli over 65. Per loro, quarantena di 24 ore, per gli altri coprifuoco, scuole on-line, aperti solo ospedali e farmacie, lavoro da casa ove possibile e massima sorveglianza nei centri per anziani. Quindi, tutte misure per limitare al minimo i contatti e nel frattempo attrezzare gli ospedali per ricevere futuri contagiati.
Alla nostra richiesta d'aiuto l’Europa, con ogni Paese chiuso nel suo cortile, è rimasta sorda. La prima a rispondere è stata la Cina, e poi la Russia. Gli aiuti arrivati dalla Cina, consistenti in materiale sanitario (respiratori, laboratori, tamponi e sostegno logistico) sono il risultato del partenariato strategico firmato tra i nostri due Paesi. D'altro canto, la Serbia è l'unico Paese europeo che non ha votato sanzioni contro la Russia. Nel frattempo, dalla Cina sono arrivati gli impianti per la produzione delle mascherine che poi abbiamo potuto donare anche ad altri Paesi.
Il paziente zero e' arrivato da Milano, e poi l’epidemia si è estesa con l'arrivo di 400.000 persone che lavoravano all’estero. Sono tutti cittadini serbi, in maggioranza quelli che lavoravano senza assicurazione sanitaria e positivi al Covid. Però la nostra sanità non e' crollata, grazie alla buona organizzazione. Il 19 aprile la Serbia ha deciso di non seguire più il protocollo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sui tamponi, che prevede 1 tampone negativo e 14 gg di isolamento a casa. Lo studio cinese dimostra che nel 15% dei casi, dopo 2 tamponi negativi i sintomi sono tornati. Il motivo del protocollo OMS deriva dal costo dei tamponi e tende all’alleggerimento del lavoro del personale sanitario.
Infine e' arrivato anche l'aiuto dalla UE. Si tratta di un aiuto a compensazione. Il nostro Paese e' candidato per l'accesso alla UE, le cui esportazioni in Serbia non sono gravate dai dazi doganali, mentre non vale il contrario; per noi quindi si tratta di una perdita secca. Ci hanno inviato ambulanze prodotte in UE, che noi avremmo potuto acquistare in Corea in quantità doppia, pagando la stessa cifra. Così non abbiamo avuto l'aiuto economico a cui abbiamo diritto come candidato, e i soldi sono praticamente ritornati in UE.
E' successo l’inimmaginabile; Cina, Russia, Cuba e Vietnam stavano salvando il mondo, il capitalismo ha chiesto aiuto al socialismo, Paesi “non democratici” hanno aiutato Paesi “democratici’'. (Seguiranno varie teorie complottiste). La Serbia, che dopo i bombardamenti del '99 ha subito danni per almeno 100 miliardi di dollari, con 800.000 Serbi arrivati da altre Repubbliche jugoslave in un Paese devastato, che da anni riscontra un sempre maggior numero di malati di carcinoma, causato dalle bombe che ci ha regalato la Nato, ha dovuto fare un’altra battaglia contro un nemico invisibile. Mi chiedo: cosa sarebbe successo in un altro Paese in tali condizioni? La popolazione ha rispettato tutte le misure di protezione, pur molto restrittive, perchè ha già avuto una prova nella storia recente, ricorda ancora com'è stare chiusi in casa, il coprifuoco, le privazioni, la mancanza di lavoro, ecc., ma ora che e' passato il picco, tra i giovani, stufi di essere chiusi in casa, cresce il malcontento.
Ogni sera alle ore 20.00 tutti applaudono al personale sanitario, alle 20.05 si batte sulle pentole protestando contro il governo, mentre alle ore 20.30 si fischia contro quelli che battono sulle pentole (secondo la maggioranza dei mass media questi delle 20.05 sono orchestrati dall’opposizione). Chi sarà a prevalere lo vedremo alle elezioni, che erano indette per il 19 aprile, poi sospese fino a fine emergenza..
A Kragujevac 68 contagiati, deceduti 5. I lavoratori FCK [Fiat-Chrysler] tutti a casa, e in ciò non vi è nessuna novità, erano a casa anche prima del Covid, idem l'anno scorso con sole 40.000 auto prodotte. Poche fabbriche hanno continuato la produzione riducendo il personale, compresa la Siemens con 800 lavoratori, la seconda per numero di addetti dopo FCK. Tutto l'indotto FCK è fermo. Più in crisi saranno le piccole e medie imprese, molte non apriranno più, nonostante il programma del governo - salari minimi garantiti per loro nei prossimi 3 mesi. E come già detto a risentire le conseguenze dell’epidemia saranno i lavoratori.
Il nemico virus ha costruito muri in Europa, che non è stata in grado di superare l’esame. Noi lavoratori dobbiamo continuare ad abbattere muri e costruire ponti di solidarietà, perchè anche questa volta, durante la pandemia, abbiamo potuto verificare quanto sia preziosa la solidarietà. Noi uniti dobbiamo ricostruire un’Europa più solidale, con migliori prospettive per le generazioni future.
Rajka Veljović
10 maggio 2020
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Originaltext auf Deutsch: DIE "POLITIK DER GROSSZÜGIGKEIT" (GFP 12.5.2020)
https://www.german-foreign-policy.com/news/detail/8274/
https://www.german-foreign-policy.com/en/news/detail/8276/
THE "POLITICS OF GENEROSITY"
13.5.2020.
Countering China's influence in South Eastern Europe, EU demands "public acknowledgement" of its assistance in combating the pandemic.
BERLIN/BELGRADE(Own report) - The Western Balkan states, including Serbia, should publicly acknowledge the EU's support in combating the Covid-19 pandemic, the EU demands in the final declaration at its Zagreb Western Balkan Summit last Wednesday. The summit had been preceded by harsh criticism of Chinese aid deliveries to Serbia, which have aroused strong resentment in Berlin and Brussels. EU Foreign Affairs Commissioner Josep Borrell accused Beijing of waging "a struggle for influence" with its "politics of generosity." The EU's Foreign affairs Commissioner Josep Borrell had accused Beijing of its "struggle for influence" with "politics of generosity." For years, Germany and the EU have been trying to counter the growing influence of other powers in the Southeastern European non-EU countries. This pertains to the Turkish, Russian and Chinese cultural and military policies and their economic activities. The EU dominance over the Western Balkan countries' economy has only drained these countries of billions of euros and rendered their recovery impossible. This is why they are turning also to China.
Dependent and Drained
The current struggle for influence over the six non-EU countries in Southeastern Europe, Serbia, Montenegro, Bosnia-Herzegovina, Northern Macedonia, Albania and Kosovo - which had seceded from Serbia in violation of international law - is based on the fact that they have been unable to benefit from their long and rather one-sided orientation towards the European Union. On the contrary: "The 'transition model' propagated by the EU and international financial institutions such as the World Bank" did not "bring them the desired rapid alignment with Western Europe," according to Dušan Reljić, expert on Southeastern Europe at the German Institute for International and Security Affairs (SWP) in Berlin.[1] They have even become largely economically dependent. For example, the Western Balkans transacts "nearly 75 percent of their foreign trade with the EU, even more than some EU members." The pan-EU average for foreign trade with other EU member countries is at 63.8 percent - roughly on a par with that of Germany. The Western Balkan states' trade policy focus on the EU is accompanied by highly unequal relations. Between 2008 and 2018, the countries concerned accumulated a trade deficit with the EU of around €100 billion. Therefore, they cannot achieve a growth of 6 to 8 percent that would be necessary to match the EU by mid-century, Dušan Reljić notes. In addition, "foreign investments, bank capital, remittances from labor migrants" are mainly coming from the EU - but "no substantial free financial aid to economically catch up and remedy the structural deficits with the EU."
"New Silk Road", "Slavic Shield"
For years, the obvious lack of opportunities to significantly enhance living conditions in their countries, by exclusively tying themselves to the EU, has been motivating the Western Balkan states to improve their relations with powers beyond the EU. Bosnian Muslims, for example, are closely cooperating with Turkey, which is seeking more influence in Kosovo and Albania. Serbia, on the other hand, is strengthening its cooperation with Russia in the economic field - including the purchase of Russian gas - and militarily. Only last fall, Russia and Serbia held their joint "Slavic Shield" maneuvers.[2] At the same time, Serbia and other countries in the region are expanding their cooperation with China, primarily within the framework of the "New Silk Road" ("Belt and Road Initiative", BRI). The People's Republic of China is also pressing ahead with a transportation corridor linking the Greek port of Piraeus through North Macedonia and Serbia to Hungary - therefore into the EU. Just recently, following the EU's March 19, ban on exports of medical protective gear to the Western Balkan countries, as well, Belgrade expanded its cooperation with Beijing even further. Serbia's President, Aleksandar Vucic, welcomed the arrival of protective gear from the People's Republic of China with flamboyant gestures. Reljić noted that "in the region, with hopes of larger investments, the gaze is turning more in the direction of Asia - particularly China.[3]
Encircled by NATO Countries
For years, the EU has been attempting to weaken Russian and Chinese influence in Southeast Europe. So called Western Balkan Conferences with representatives of interested EU countries and those of the six western Balkan nations, have been held since 2014.[4] The EU holds also Western Balkan Summits.[5] NATO plays an important role in insuring influence. In the meantime, three of the six Western Balkan countries have been integrated into NATO - Albania in 2009, Montenegro in 2017, and most recently North Macedonia on March 27 of this year. Their admission was not so much motivated by their military contributions to the alliance - which can be seen as negligible - but rather due to geostrategic considerations. Serbia is still cooperating closely with Russia - even militarily - and NATO's war on that country in 1999 remains unforgotten, which is why joining the war alliance is out of the question. In Bosnia-Herzegovina, the Bosnian Serbs are strictly opposed to an eventual NATO membership. Kosovo, on the other hand, cannot be admitted because even some NATO member countries, such as Spain, do not recognize its secession from Serbia. The admission of the three other Western Balkan countries has now led to a situation described by one correspondent as "the non-alliance trio ... is now surrounded in all directions by NATO countries." "Moscow's attempts to prevent this have failed."[6]
Foreign Policy Adjustment
Because not only the conferences and summits, but NATO activities as well, prove insufficient to roll back particularly China's growing economic influence in Southeast Europe, the EU finds itself forced to regularly dangle an offer of EU-membership to the countries of the Western Balkans. The EU has been in negotiations with Montenegro since 2012 and with Serbia since 2014. Last March - following acrimonious internal disputes [7] - North Macedonia and Albania were promised membership negotiations. These membership negotiations serve primarily to adjust the candidates' economic and legal systems' standards to those of the EU. Of course the negotiations do not necessarily lead to Union membership, which not all EU members find desirable. As Union members, they would qualify for transfer payment claims and participation in decision making processes. Accordingly, last week, the EU prevented the term "enlargement" from being used in the Zagreb summit final declaration. The main ones preventing its use, according to a report in the Croat journal Jutarnji List, were Germany, the Netherlands and France.[8] On the other hand, the Union calls on the Western Balkan states to have full alignment with EU foreign policy positions, and to act accordingly.[9]
"That Deserves Public Acknowledgement"
In the summit's final declaration, the EU also reacted to the fact that Serbia has accepted assistance in its battle against the Covid-19 pandemic from China. The aid deliveries had aroused strong resentment particularly in Germany. EU Foreign Affairs Commissioner Josep Borrell accused the People's Republic of China of waging "a struggle for influence" with its "politics of generosity."[10] Shortly before the Western Balkans Summit in Zagreb, the EU felt compelled to relax its ban on exports of medical protective gear, thereby also providing assistance to the Western Balkan countries. At the summit, it also agreed to €3..3 billion in financial aid. However, €900 million of those funds had been reoriented from funds already promised. The rest largely consists of refundable credits destined to aid private companies. Because the Western Balkan countries' reactions were not all that enthusiastic, the summit's final declaration was intended to do a bit of prompting. In the declaration, the EU insists that ostentatious gratitude be shown: The fact that this "support and cooperation" by the EU, "goes far beyond what any other partner has provided to the region" the document states, "deserves public acknowledgement."[11]
[1] "Alle zwei Minuten emigriert ein Mensch aus dem Westbalkan in die EU". swp-berlin.org 02.02.2020.
[2] Russland schickt Raketensysteme nach Serbien. dw.com 24.10.2019.
[3] Dušan Reljić: Geopolitik und Kredite: Die EU möchte den Westbalkan nicht verlieren. swp-berlin.org 05.05.2020.
[4] See also The Hegemony over Southeast Europe.
[5] See also Ein Schwarzes Loch in Südosteuropa.
[6] Michael Martens: Endlich in der Nato. Frankfurter Allgemeine Zeitung 27.03.2020.
[7] See also Kollateralschäden im Führungskampf.
[8] Thomas Gutschker, Michael Martens: Ewiges EU-Vorzimmer? Frankfurter Allgemeine Zeitung 07.05.2020.
[9] Zagreb Declaration, 6 May 2020.
[10] The Coronavirus pandemic and the new world it is creating. eeas.europa.eu 23.03.2020. See also The New Global Health Powers.
[11] Zagreb Declaration, 6 May 2020.
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PERCHÉ LA SERBIA È IL CENTRO DELLA GUERRA DEGLI AIUTI NEI BALCANI
Emanuel Pietrobon
11 APRILE 2020
La Serbia è il secondo paese più colpito dall’epidemia di Covid-19 dei Balcani, dopo la Romania. A differenza di Bucarest, però, a Belgrado si sta assistendo ad una vera e propria gara a chi offre la quantità maggiore di aiuti, alla quale stanno partecipando attivamente Russia, Turchia e Cina, ed è proprio quest’ultima a guidare la competizione.
Dai medici ai laboratori
Con 3.105 infezioni accertate e 71 morti nel bollettino del 10 aprile, la Serbia è il secondo paese più colpito dalla pandemia nell’area balcanica, ma è anche quello che sta ricevendo il maggior numero di aiuti dalla Cina sotto forma di tonnellate di donazioni di beni igienico-sanitari, squadre di medici volontari, e “diplomazia dei laboratori”.
Pechino è stata la prima potenza a raccogliere le richieste di aiuto serbe, in largo anticipo rispetto a Mosca, e il 21 marzo, su esplicita richiesta del presidente Aleksandar Vucic, ha inviato il materiale medico di cui i paesi dell’Unione Europea avevano bloccato l’esportazione e sei esperti volontari per dare manforte negli ospedali. Beni e personale, arrivati a bordo di un Airbus A330 nell’aeroporto di Belgrado, erano stati ricevuti da Vucic in persona, il quale aveva colto l’occasione per invitare Xi Jinping nel paese.
Da allora, gli esperti cinesi stanno guidando le operazioni anti-epidemiche nel paese: hanno coordinato la costruzione di grandi ospedali da campo in tutto il paese e rinvigorito gli sforzi delle strutture sanitarie per l’aumento dei tamponi giornalieri. Politica e società civile hanno reagito molto positivamente all’esposizione in prima linea di Pechino ed il governo ha pagato l’affissione di poster ritraenti Xi Jinping per le strade di Belgrado, mentre il video del presidente Vucic che bacia la bandiera cinese ha fatto il giro dei social network cinesi. Anche i personaggi pubblici sono scesi in campo per manifestare gratitudine alla Cina, come il tennista Novak Djokovic.
Infine, il 9 aprile è stato annunciato che il gigante cinese della biotecnologia, il Beijing Genomics Institute, aprirà due laboratori di diagnostica nel paese con tempistiche estremamente celeri. I centri, che saranno costruiti a Belgrado e Nis e saranno riforniti di mezzi e personale da Pechino, potenzieranno enormemente la capacità diagnostica giornaliera poiché, secondo il governo, “la capacità diagnostica addizionale sarà più del triplo di quella attuale”. I lavori stanno procedendo a ritmi serrati: il centro di Belgrado sarà operativo nei prossimi giorni, mentre quello di Nis dovrebbe essere ultimato entro 45 giorni.
Belgrado parla cinese
Nei giorni precedenti al 21 marzo, Vucic aveva dichiarato che “[Xi] non è soltanto un amico, ma un fratello. Non mio, personale, ma un amico e un fratello di questo paese” e, a proposito dell’atteggiamento europeo, che “la solidarietà europea non esiste. Era una fiaba su un foglio. Quella decisione è stata presa dalle persone che ci dicono che non dovremmo comprare beni cinesi”.
L’entrata in scena di Pechino ha infine spinto l’UE a tornare su suoi passi: dopo le critiche di Vucic, Bruxelles ha promesso l’invio di 93 milioni di euro di aiuti a Belgrado, dei quali 7 milioni e 500mila liberati immediatamente. Il dietrofront in extremis, però, per quanto ben accetto alla luce dell’emergenza, non ha fatto altro che confermare la visione di Vucic: ipocrisia, non solidarietà. L’UE avrebbe dovuto aiutare Belgrado a priori, in luogo di attendere l’incursione di Pechino, palesando la natura arbitraria e politica del proprio operato..
Il protagonismo cinese sta contribuendo a migliorare la reputazione di Pechino nel paese, che è già molto alta ed è superiore a quella dei paesi occidentali. Nell’immaginario serbo, la Cina è un benefattore al pari della Russia che, contrariamente all’UE, viene ritenuta fonte di aiuti incondizionati, offre supporto nella questione kosovara e ha acquistato diversi impianti industriali abbandonati, riportandoli alla produzione, creando e recuperando migliaia di posti di lavoro.
I due paesi hanno attivato un partenariato strategico nel 2009, potenziato nel 2016, che ha legato in maniera profonda l’economia serba alla Cina, che oggi è il terzo rifornitore più importante di beni per il paese, dietro Germania e Italia. Belgrado è diventata l’hub sperimentale di Huawei nei Balcani meridionali, che si è occupata della sua telecamerizzazione nell’ambito del progetto “Città Sicura”, e compagnie cinesi stanno costruendo la linea ferroviaria Belgrado-Budapest e la rete metropolitana della capitale. Inoltre, quest’anno dovrebbe avere luogo la prima esercitazione militare congiunta con la Cina.
L’aumento dell’esposizione cinese nel paese balcanico ha finalizzato la diversificazione delle entrate di Belgrado, la cui dipendenza da Mosca è stata superata: sono i paesi UE e la Cina i principali mercati per l’import-export serbo, perché il ruolo russo si è ridotto alle questioni di sicurezza ed è rivestito di un significato sempre più simbolico.
Nel dopo-Covid19 si potrebbe assistere ad un allontanamento di Belgrado dall’orbita euroamericana in favore di quella cinese, non soltanto russa, e i recenti sforzi dell’amministrazione Trump di riattivare i tavoli negoziali con il Kosovo, adottando una linea apparentemente più “filoserba”, sono l’espressione della consapevolezza che il percorso verso l’occidentalizzazione del paese è, oggi, ostacolato anche dal dinamismo di Pechino. Avere il controllo, od una voce in capitolo, negli affari interni di Belgrado è essenziale perché è qui che, da secoli, si scrivono e passano i destini dei Balcani e dell’Europa, e lo ha compreso anche la Cina.
--- PREVOD:
Emanuel Pietrobon
Zašto je Srbija centar sukoba oko pomoći na Balkanu
- april 2020
Zbog posledica epidemije Covid 19, Srbija je među balkanskim državama na drugom mestu, tj. posle Rumunije. Za razliku od Bukurešta, Beogradu pružaju pomoć, utrkujući se bukvalno u tome, Rusija, Turska i Kina, i upravo je Kina ta koja predvodi.
Od lekara do laboratorija
Zvanični izveštaj od 10. aprila pokazuje da je 3105 zaraženih i 71 preminuo, što Srbiju svrstava na drugo mesto na Balkanu, ali je istovremeno i država koja od Kine dobija najveću pomoć: tone doniranog higijensko-sanitarnog materijala, ekipe lekara volontera i „diplomatiju laboratorija“.
Peking je prva sila koja je odlučila da pruži pomoć Srbiji, mnogo pre Moskve, i 21. marta, na izričitu molbu samog predsednika Aleksandra Vučića, poslala medicinski materijal - pomoć koju su zemlje EU uskratile zabranom izvoza - kao i šest stručnjaka volontera ne bi li bili od pomoći u bolnicama. Donaciju i stručno osoblje sačekao je na beogradskom aerodromu lično predsednik Vučić, koji je tom prilikom uputio i zvanični poziv predsedniku Kine Si Đinpingu da poseti Srbiju.
Od tog momenta, kineski eksperti predvode anti-epidemiološku akciju na celoj teritoriji Srbije: koordiniraju izgradnju velikih poljskih bolnica i pojačavaju sanitarne strukture kako bi se obavilo dnevno što više testova. Političari i gradjanstvo su veoma pozitivno reagovali na ovakvo kinesko eksponiranje, te je srpska vlada platila postavljanje postera po ulicama Beograda sa likom kineskog predsednika Si Đinpinga a video, koji prikazuje predsednika Vučića kako ljubi kinesku zastavu, preplavio je sve kineske društvene mreže. I javne ličnosti su, sa svoje strane, Kini izrazile zahvalnost, poput svetskog prvaka u tenisu Novaka Djokovića.
I, konačno, 9. aprila je najavljeno da će kineski gigant biotehnologije Beijina Genomics Institute otvoriti u Srbiji dve laboratorije u ekstremno brzom roku. Ti centri, koji će biti sagradjeni u Beogradu i Nišu, i opskrbljeni sredstvima i personalom iz Pekinga, uveliko će uvećati dnevni dijagnostički kapacitet koji će, po mišljenju vlade, „biti trostruko veći od aktuelnog“. Radovi se već obavljaju u veoma brzom ritmu, tako da će centar u Beogradu za koji dan proraditi, dok će onaj u Nišu biti završen otprilike za 45 dana.
Beograd govori kineski
Nekoliko dana pre 21. marta Vučić je izjavio da „Si Đinping nije samo prijatelj već i brat. Ne lično moj, već prijatelj i brat naše države“, i dodao povodom evropskog stava kako „evropska solidarnost ne posroji. Bile su to samo lepe reči na papiru. Ovu odluku doneli su upravo oni koji nam govore da ne treba da kupujemo kinesku robu“.
Kinesko stupanje na scenu nagnalo je konačno EU da se pokrene: posle Vučićeve kritike, Brixelles je obećao da će Beogradu poslati pomoć u iznosu od 93 miliona evra, od kojih prenaimenovanih sedam i po miliona za isplatu ubrzo. Ali, taj ekstremno nagli zaokret, iako bi bilo koja pomoć dobrodošla u vanrednoj situaciji, samo je potkrepio Vučićevo mišljenje: hipokrizija, nikakva solidarnost. EU je trebalo da pomogne Beogradu a priori, a ne da čeka uplitanje Pekinga, ispoljavajući samovolju i politiku sopstvenog delovanja.
Kineski protagonizam doprinosi poboljšanju reputacije Pekinga, koja je već veoma visoka i nadmašuje zapadnjačku. Za Srbe je Kina dobročinilac, poput Rusije, jer im, za razliku od EU, pruža pomoć bez uslovljavanja, daje podršku po pitanju Kosova a otkupila je i nekolika propala industrijska postrojenja koja je obnovila i u njima pokrenula proizvodnju, povrativši tako hiljade radnih mesta.
Kina i Srbija su 2009.. pokrenule strateško partnerstvo pospešeno 2016, što je čvrsto vezalo srpsku ekonomiju za Kinu, koja je danas treći snabdevač robe po važnosti za ovu zemlju, odmah posle Nemačke i Italije. Beograd je postao probni stožer sistema Huawei na južnom Balkanu koji se pobrinuo za njegovu telekamerizaciju u okviru projekta „Siguran grad“, a kineske firme upravo grade železničku liniju Beograd – Budimpešta, kao i beogradsku metro mrežu.. Osim toga, ove godine treba da se održi i prva vojna vežba zajedno sa Kinom.
Porast kineskog eksponiranja u ovoj balkanskoj zemlji usmerio je diverzifikaciju prihoda Beograda, nadmašivši tako zavisnost od Moskve: zemlje EU i Kina su najvažnija tržišta za srpski import – eksport, budući da se uloga Rusije svela na pitanje sigurnosti i poprima sve više simbolično značenje.
U periodu post-Covid 19 moglo bi da dođe do udaljavanja Beograda iz evroameričke orbite u korist kineske, a ne samo ruske, i nedavni napori Trampove administracije da obnovipregovore sa Kosovom, prihvatajući naizgled više „prosrpski“ stav, izraz su shvatanja da je put evroamerikanizacije ove zemlje, danas, zaprečen i dinamizmom Pekinga. Imati kontrolu ili uticati na unutrašnje poslove Beograda je od prevashodnog značaja budući da se upravo tu, već vekovima, piše i odvija sudbina Balkana i Evrope, a to je shvatila i Kina.
[Prevod: Mirjana Pisani]
AMSTERDAM, 28. MAR 2018
Ollongren has made the fight against Russian fake news and disinformation a top priority, and previously stated that she wanted to provide extra means and funding for EUvsDisinfo.
That's why the parliamentarians added that if she would not make the Dutch case properly, they would send prime minister Mark Rutte to Brussels to do the job.
I think the Dutch parliamentarians are right and I will explain why.
The state should not interfere with the free media.
EUvsDisinfo.eu is a website that reports about disinformation fake news spread by Russian state or private actors.
It maintains an extensive and constantly-updated online database of currently 3,500 media reports that, according to EUvsDisinfo, constitute "disinformation".
The website is published by the East Stratcom Task Force, an official EU body that was set up in 2015 by the European heads of state.
In other words, EUvsDisinfo is a state publication that not only spreads its own news, but also passes judgements whether a publication in the free media contains the correct views or not.
If your publication ends up in its database, you're officially labeled by the EU as a publisher of disinformation and fake news.
That is a problem which should not be underestimated.
Since the birth of the Enlightenment, most of us have not only come to accept the principle of democracy as a form of government where citizens – who are principally seen as equals – have the final say in politics, but also the principle of freedom of speech, meaning the natural right of free individuals to freely spread information and absorb information by others without interference by the state.
Freedom of speech is closely associated with other classical citizen rights such as the right to run free media, to free assembly, free association, free education, and on.
The democratic state should not interfere in these areas because if it does, it makes it impossible for the truth to emerge in the public debate leading up to democratic votes. Also, by crippling the mentioned citizen rights the state would kill the source for its own regeneration.
A curtailing by the state of the mentioned individual rights does not become more legitimate when it is democratically decided – even by referendum - because even 99 percent of citizens do not have the natural right to prevent the other one percent from free speech, free association, free education, and so on.
How EUvsDisinfo operates
The above is not an abstract academic discussion. When state bodies interfere with the free media, things quickly go wrong as demonstrated below.
The Dutch parliamentary action against EUvsDisinfo results from the controversy that emerged after three Dutch media outlets – regional newspaper De Gelderlander and two Eurosceptic news websites GeenStijl.nl and TPO.nl with a large cult following - discovered in January that they had been accused of spreading disinformation and fake news by the EU body because of one article published by each of them.
Sadly, there is no space here to describe the cases in detail. But anyone who wants to know exactly how EUvsDisinfo distorted the Dutch media articles, falsely accused them of spreading pro-Kremlin propaganda, refused to fully rectify its obvious errors, and tried to get away with it by offering apparently false excuses, should read the English subpoena of the court case started by the Dutch media outlets against the European Union (as this is the official publisher of EUvsDisinfo).
Only after receiving the subpoena, EUvsDisinfo removed the three articles from their database, without a real rectification and without informing the three media outlets about it.
After their attorneys advised them that their chances in the court room had now severely reduced, the media outlets dropped the case and continued to defend themselves just by words.
Meanwhile, other Dutch media, puzzled by its bizarre accusations, contacted EUvsDisinfo and investigated into its operations. The EUvsDisinfo spokesperson told them they could not visit its headquarters nor were they allowed to speak to its team members.
EUvsDisinfo claims that it is informed by a volunteer network of more than 400 experts, journalists, government officials, NGOs and think tanks.
In reality, Dutch public broadcaster NOS discovered that of the claimed 400 volunteers, only 10 are really active.
Together they reported 75 percent of blacklisted articles, while one single jobless volunteer has been responsible for reporting no less than 25 percent of all 3,500 supposed cases of disinformation.
Even more worrisome is the fact that, long after EUvsDisinfo has removed the three Dutch media reports from its blacklist, EUobserver last week quoted anonymous EU officials involved who still maintain that the Dutch media reports were, in fact, disinformation.
This means EU officials have not changed their attitude at all and apparently plan to keep going on the old way.
How disinformation should be combatted
Of course, the free media should be watched critically just like any other societal institution.
This is the job, however, of other free media, experts, NGOs and non-state media watchdogs. The media should check on the state, not the other way around.
If the media publish libel or slander, then affected individuals or organizations can sue them under the libel and slander laws existing in virtually all European countries.
If state actors run disinformation campaigns meant to manipulate other countries, then governments have highly-sophisticated secret and intelligence services that can track down and counter such campaigns – if only by publishing about them.
There are many claims these days that Russian disinformation threatens our democracies.
In a January 2018 meeting in the European Parliament in Strasbourg, the security commissioner of the European Commission, Julian King, told MEPs and the public that Russia has been "extremely successful" in spreading disinformation.
As evidence he quoted EUvsDisinfo's 3,500 cases. Danish MEP Jeppe Kofod stated: "Next year the citizens of Europe will elect a new European Parliament. This raises an uncomfortable question: how many seats will Russia get?"
I think we should keep our heads cool and look at the facts.
First, even if we assume that the quoted 3,500 cases (typically online articles of one webpage each) really are disinformation, then we should still remember that there are currently an estimated 130 trillion (130,000,000,000,000) single webpages, the bulk of which are from Europe and the USA.
So the percentage of (claimed) disinformation pages is near zero. Could they really have the extreme effects predicted by EU officials?
Second, Russian state attempts manipulate the democratic process of European countries have been in full swing since at least the 1917 Communist grab to power.
And each year, tens of thousands of elections and referendums are held in Europe on all levels of government – France alone has 35,000 municipalities.
Still, the first hard evidence that even a single political seat or a single referendum vote in Europe was won or lost because of hidden interference by any foreign actor, still has to be produced.
That also goes for the Brexit plebiscite.
Scaring the public with unproven stories that our European democracies are being derailed through hidden manipulation by agents of the enemy, comes uncomfortably close to promoting classical conspiracy theories.
History has shown the destruction caused by them and responsible officials and commentators should refrain from employing them.
In any case, we do not defend democracy, freedom and truth by taking over the methods of those who would like to destroy them.
Mentre il mondo intero è impegnato a lottare contro quella che molti hanno definito essere la più grave pandemia della storia, sembra che a impensierire l’Unione Europea sia un altro tipo di virus: l’infida, onnipresente e onnicomprensiva “disinformazione russa”.
Il caso di EUvsDisinfo, progetto di punta della task force East StratCom, istituzione creata e finanziata dall’Unione Europea con lo scopo di combattere la disinformazione, e che invece la disinformazione ha usato a sua volta, mostra quanto scivoloso e aleatorio sia il tema che comunemente passa sotto il nome di fake news, e quanto gli strumenti utilizzati per contrastarlo siano potenziali armi a doppio taglio.
Disinformazione e contro-disinformazione
Non si può negare che una delle ragioni per cui vengono adottate misure di contro-disinformazione è che esse offrono l’opportunità di guadagnarsi il dominio della discussione e cambiarla in qualcosa più favorevole ai propri scopi. L’analisi di informazioni contraddittorie è però un processo complesso che richiede rigorosa ricerca e un attento esame dei messaggi veicolati, nonché dei canali mediatici utilizzati.
La disinformazione, come un virus, sconquassa l’ecosistema mediatico nella sua totalità, foraggiandolo con notizie ingannevoli più e meno plausibili. A un tempo, trova nutrimento da questo stesso ambiente “infettato”, arrivando a proporsi all’utente sotto sempre nuove sembianze, giungendo infine alla sua forma antitetica: la contro-disinformazione, ovvero la proposta di una verità alternativa e, nella sua essenza, vera, che va a smontare le altre, definendole “disinformazione”.
Si arriva quindi al paradosso: la disinformazione che esibisce con orgoglio la patente di contro-disinformazione. Ne segue che, se il processo di contro-disinformazione risulta essere di scarsa qualità poiché affidato a mani poco esperte, ci si espone al rischio che tale diventi, a sua volta, una campagna di disinformazione. Un rischio che Bruxelles pare si sia dimostrata incline a correre. Il prezzo da pagare: trovarsi nel mirino di una dirompente tempesta politica.
Sotto l’occhio di bue questa volta ci è finito EUvsDisinfo: il progetto di punta della task force East StratCom del Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE), istituito dal Consiglio europeo nel 2015 per rispondere alle campagne di disinformazione da parte della Russia. Ad analizzare il materiale prodotto dalla Task Force sono stati Stephen Hutchings e Vera Tolz, entrambi professori di cultura russa presso l’Università di Manchester. In un recente studio i due studiosi hanno esaminato oltre un centinaio di report su presunte teorie del complotto legate al coronavirus e attribuite al Cremlino, scoprendo come questi siano coinvolti in una vera e propria manipolazione mediatica. Gli articoli prodotti da EUvsDisinfo miravano a confutare in maniera allarmante la validità di tali teorie sulla base di prove accertate, o quasi.
La modesta verità dei fatti
Secondo quanto riportato, pare che, oltre a lasciare dichiarazioni parzialmente false, i metodi di lavoro utilizzati da EUvsDisinfo siano particolarmente problematici. Frasi estrapolate dal contesto e riformulate in modo inflazionato – spiegano Hutchings e Tolz – incoraggiano una lettura errata e corroborano in maniera pericolosa una narrazione mediatica che diventa virale nel giro di pochi giorni. Un esempio fornito dai due autori fa riferimento a una dichiarazione che mette in cattiva luce il programma russo di discussione politica “The Big Show” (БОЛЬШАЯ ИГРА), accusandolo di aver trasmesso una teoria complottista secondo cui il virus sarebbe stato creato nei laboratori di Porton Down nel Regno Unito. Tuttavia, la dichiarazione non specifica che, in realtà, tale teoria sia respinta dal co-moderatore dello spettacolo, il quale, durante il programma, afferma ripetutamente di non credervi.
Un altro problema che si presenta è legato all’utilizzo ingiustificato della vaga nozione “propaganda pro-Cremlino” (pro-Kremlin propaganda), con la quale si identificano, erroneamente, programmi web di fatto indipendenti dallo stato. Questi ultimi, tra l’altro, includono siti di estrema destra che in realtà sono, spesso e volentieri, estremamente critici nei confronti del regime di Putin. L’uso errato di questa nozione già in passato aveva spinto la Commissione a sospendere l’attività di EUvsDisinfo a seguito di ripetute critiche mosse da parlamentari e giornalisti sul fatto che l’operato della piattaforma violasse la libertà di parola.
I problemi di fondo
Com’è possibile che un’istituzione creata e finanziata dall’Unione Europea con lo scopo di combattere la disinformazione, finisca lei stessa col produrla? Due sono le principali ragioni riportate dallo studio in esame. Da un lato vi è un profondo fraintendimento di come funzionino i media nei sistemi neo-autoritari: spesso le affermazioni di giornalisti europei sulla Russia si basano sulla falsa percezione che il Cremlino controlli costantemente ogni canale mediatico, quando in realtà numerosi sono i mezzi di comunicazione in lingua russa che rimangono indipendenti: tra questi in primo luogo Novaja Gazeta, ma anche Meduza (la cui redazione, composta da giornalisti russi, ha però sede in Lettonia).
Dall’altro lato vi è la tendenza a esternalizzare servizi statali a terze parti – le quali, il più delle volte, risultano peccare delle qualifiche e competenze necessarie a svolgere i compiti richiesti. Inoltre, i presunti 400 volontari a cui la task force di East StratCom si affida operano in uno spazio post-sovietico comprensibilmente saturo di sentimenti russofobi dai quali, a volte, può risultare difficile svincolarsi.
Non è la prima volta che EUvsDisinfo finisce sotto i riflettori. La sua reputazione, infatti, aveva già subito un duro colpo nel 2018 a seguito di una controversia sorta dopo che tre emittenti televisive olandesi erano state accusate dall’Unione Europea stessa di aver diffuso presunte fake news sulla situazione politica in Ucraina. I media olandesi, appoggiati dal governo, vinsero la causa sostenendo che le relazioni prodotte fossero inequivocabilmente fattuali e oggettive. Da allora EUvsDisinfo sembrava aver ricalibrato la propria attitudine. A quanto pare, però, il lupo ha perso il pelo ma non il vizio.
BERLIN/BRÜSSEL(Eigener Bericht) - Berlin und Brüssel intensivieren mitten im Kampf gegen die Covid-19-Pandemie ihre Negativkampagne gegen China. Während Bundesgesundheitsminister Jens Spahn rät, Kritik an der Krisenpolitik der Bundesregierung zu unterlassen, indem er erklärt: "Wir werden ... wahrscheinlich viel einander verzeihen müssen", halten die Schuldzuweisungen an China bezüglich des Ausbruchs der Pandemie an. Bemühungen chinesischer Stellen, gegen die Schuldzuweisungen westlicher Staaten vorzugehen, werden von einer EU-Stelle, die sich offiziell der Abwehr östlicher Propaganda widmet, als "Desinformation" eingestuft. Die Einrichtung erklärt es auf ihrer Website ("EUvsDisinfo") zudem zur "Desinformation", wenn man aufgrund des EU-Exportverbots für medizinische Schutzausrüstung vermutet, die EU kehre in der Coronakrise "dem westlichen Balkan 'den Rücken zu'", wenn man urteilt, die EU verrate in der Krise "ihre eigenen Werte", und wenn man vom "Scheitern" und "der fehlenden Solidarität in der EU" spricht. Die EU-Stelle, die Kritik als "Desinformation" denunziert, wird mit Millionensummen finanziert.
Mediale Sprachregelungen
Die jüngste Negativkampagne gegen China hatte in etwa Mitte März begonnen. Damals zeichnete sich deutlich ab, dass Deutschland voll von der Covid-19-Pandemie erfasst werden würde - wohl sogar noch härter als die Volksrepublik, da die Bundesregierung auch nicht annähernd zureichende Vorkehrungen getroffen hatte, sie abzuwehren. Prominentestes Symbol dafür ist der bis heute nicht beseitigte Mangel an elementarer Schutzausrüstung, etwa Gesichtsmasken - bemerkenswert in einem der reichsten und wirtschaftlich stärksten Länder der Welt. Gleichfalls Mitte März begannen Experten darauf hinzuweisen, wegen des absehbaren ökonomischen Einbruchs im Westen könne China unter Umständen sogar - im Vergleich zu anderen Staaten - gestärkt aus der Coronakrise hervorgehen.[1] Hatten interessierte Kreise in Deutschland bis dahin hoffnungsvoll spekuliert, die zunächst vor allem in China grassierende Epidemie könne womöglich die Regierung in Beijing ins Wanken bringen, so wurde nun ein potenziell schwerer Einflussverlust der Mächte Europas und Nordamerikas denkbar. Zu jenem Zeitpunkt begannen deutsche Leitmedien sowie einige Politiker, China als angeblichen "Verursacher der Krise" zu porträtieren. Mittlerweile gehört zumindest der Hinweis, die Covid-19-Pandemie habe ihren Ursprung "in China" oder "in Wuhan", zu den Standard-Sprachregelungen deutscher Medien.
Doppelte Standards
Das ist nicht bedeutungslos, weil die Etikettierung der Pandemie als "aus China stammend" einerseits Schuldzuschreibungen begünstigt, andererseits aber bisherigen Gepflogenheiten nicht entspricht. So ist es unüblich, die Ebola-Epidemie, die 2013 in Westafrika wütete und deren erster Fall in Guinea verzeichnet wurde, in Berichten regelmäßig als "aus Guinea stammend" zu beschreiben. Ebenso wird zum Beispiel die Zikavirus-Epidemie von 2015/16 nicht regelmäßig als "in Französisch-Polynesien" oder "in Brasilien" entstanden bezeichnet; Schuldzuschreibungen werden hier nicht gewünscht. Das gilt auch für andere Krisen. So hat kürzlich Jim O'Neill, der Vorsitzende des renommierten Londoner Think-Tanks Chatham House, daran erinnert, dass 2008, als die globale Finanzkrise um sich griff, kaum jemand den USA die Alleinschuld zugeschoben habe, obwohl die Krise ihren Ursprung eindeutig dort gehabt und viele Länder weltweit schwer geschädigt habe. O'Neill wirft denjenigen, die nun China die Schuld an der Pandemie zuschieben, "doppelte Standards" vor [2]; er empfiehlt, die Schuldzuweisungen umgehend einzustellen und stattdessen den Kampf gegen das Covid-19-Virus gemeinsam zu führen.
EUvsDisinfo
Die Bundesregierung fordert dies lediglich für sich selbst ein: "Wir werden in ein paar Monaten wahrscheinlich viel einander verzeihen müssen", lässt sich Bundesgesundheitsminister Jens Spahn zitieren. Spahn ist maßgeblich für den deutschen Umgang mit der Pandemie verantwortlich.[3] Vergangene Woche haben sich mehrere Berliner Regierungsmitglieder den - gänzlich unbelegten - Verdächtigungen angeschlossen, das Covid-19-Virus könne einem Labor in Wuhan entsprungen sein; Beijing müsse diesbezüglich "Transparenz" an den Tag legen, forderte Bundeskanzlerin Angela Merkel.[4] Bestrebungen der Volksrepublik, die Schuldzuschreibungen zurückzuweisen, werden mittlerweile von der EU attackiert. Mittel der Wahl ist zur Zeit die Website "EUvsDisinfo" ("EU gegen Desinformation"), auf der eine eigens geschaffene EU-Stelle ("East StratCom Task Force") angebliche "russische Propaganda" offenlegt. Dort werden Bemühungen "chinesischer Quellen", "jede Beschuldigung für den Ausbruch der Pandemie abzuwehren und bilaterale Hilfen hervorzuheben", unter dem Stichwort "Desinformation" rubriziert.[5] Demnach darf man es als "Desinformation" bezeichnen, wenn chinesische Medien positiv über Hilfslieferungen der Volksrepublik im Kampf gegen die Covid-19-Pandemie berichten.[6]
"Desinformation": "Sanktionen lähmen Gesundheitssystem"
Auf "EUvsDisinfo" befasst sich die "East StratCom Task Force", deren von der EU finanziertes Budget im vergangenen Jahr von 1,1 Millionen Euro auf 3 Millionen Euro erhöht wurde, zur Zeit vor allem mit "Desinformation" im Zusammenhang mit der Coronakrise. Dabei listet EUvsDisinfo es zwischen abstrusen Behauptungen abseitiger Onlinepublikationen wie der Aussage, "Medien" hätten "Covid-19 fabriziert", auch als "Desinformation" auf, dass in "chinesischen Nachrichten ... Dankbarkeitsbekundungen einiger europäischer Politiker für die chinesische Hilfe hervorgehoben" werden. Als Maßnahme der "Desinformation" muss es demnach auch eingestuft werden, dass "der Kreml ... Internetplattformen im Land dazu auf[fordert], 'Fake News' zu COVID-19 zu entfernen".[7] "Desinformation" ist es laut EUvsDisinfo ebenfalls, wenn Berichterstattung über die Covid-19-Pandemie mit der "Darstellung verknüpft" werde, "die EU kehre dem westlichen Balkan 'den Rücken zu'".[8] Tatsächlich hat die EU im März ein Ausfuhrverbot für Schutzausrüstung verhängt; Serbien etwa war deshalb auf Hilfslieferungen aus China angewiesen. Interessante Zuordnungen finden sich auch bezüglich der EU-Sanktionen gegen Syrien. Demnach macht sich, wer behauptet, die Sanktionen "lähmten das Gesundheitssystem" des Landes, und das wirke sich negativ auf den Kampf gegen die Pandemie aus, gleichfalls der "Desinformation" schuldig.[9]
"Desinformation": "fehlende Solidarität in der EU"
Als "Desinformation" muss laut EUvsDisinfo auch Kritik an der EU eingestuft werden. Genannt wird etwa die Aussage: "Die EU ist egoistisch und verrät ihre eigenen Werte". Derlei Äußerungen waren - vor allem in Südeuropa - verbreitet zu hören, als zunächst Italien und Spanien von der Covid-19-Pandemie überrollt wurden und kein einziger EU-Staat Unterstützung leistete, während die Bundesrepublik ein nationales Exportverbot für Schutzausrüstung verhängte und diverse EU-Länder, auch Deutschland, ihre Grenzen schlossen. Die East StratCom Task Force ordnet Kritik daran allerdings als "Desinformation" ein, die insbesondere "von kremlfreundlichen Quellen" und ungenannten "inländischen Netzwerken/Quellen in EU-Mitgliedstaaten" verbreitet werde.[10] Dasselbe gilt demnach für die Einschätzung, die EU sei "nicht in der Lage, mit der Krise fertig zu werden". Die "Darstellung des Scheiterns und der fehlenden Solidarität in der EU" sei ebenfalls "Desinformation"; die Aussage habe "nach der Bereitstellung russischer Hilfsgüter für Italien deutlich an Fahrt aufgenommen".[11] Keine zulässige Meinungsäußerung, sondern ein Resultat erfolgreicher "Desinformation" ist es demnach auch, dass laut einer Umfrage mittlerweile rund 52 Prozent aller Italiener China als "Freund" ihres Landes einstufen, während nur 27 Prozent der EU "Vertrauen" entgegenbringen.[12]
"Hydroxychloroquin-Behandlung:" "Besonders bösartige Desinformation"
Nicht genannt werden bei EUvsDisinfo unbelegte Behauptungen zum Covid-19-Virus, die in westlichen Ländern von einflussreichen Medien und teils auch von führenden Politikern verbreitet werden. Dabei handelt es sich etwa um die Behauptung, das Covid-19-Virus sei in einem Labor in Wuhan zuerst aufgetreten und dort womöglich sogar gezüchtet worden. Wer dies behauptet, muss demnach nicht damit rechnen, von EUvsDisinfo der Desinformation beschuldigt zu werden. Desinformation lag der East StratCom Task Force zufolge allerdings vor, als in Iran mehrere Menschen starben, da sie der Behauptung Vertrauen geschenkt hatten, man könne das Virus durch den Genuss von Industriealkohol zerstören. Die Aussage, man habe nichts zu verlieren, wenn man "Hydroxychloroquin nutze, um Covid-19 zu behandeln", ist EUvsDisinfo zufolge sogar "eine besonders besorgniserregende und bösartige Kategorie von Desinformation".[13] Als deren Quelle benennt EUvsDisinfo "RT English". Unerwähnt bleibt der prominenteste Vertreter der erwähnten Aussage: der Präsident der mit der Bundesrepublik und der EU eng verbündeten Vereinigten Staaten, Donald Trump.
[1] S. dazu Die Pandemie und die Mächte.
[2] Jim O'Neill: Blaming China Is a Dangerous Distraction. chathamhouse.org 15.04.2020.
[3] "Wir werden viel verzeihen müssen", sagt Jens Spahn. welt.de 22.04.2020.
[4] S. dazu Die Verdächtigungskampagne.
[5] EEAS Special Report Update: Short Assessment of Narratives and Disinformation around the COVID-19/Coronavirus Pandemic (Updated 2 - 22 April). euvsdisinfo.eu 24.04.2020.
[6], [7], [8] EAD-Sonderbericht, Update: Kurzbewertung der Narrative und Desinformation zur Covid-19-Pandemie. euvsdisinfo.eu 01.04.2020.
[9] EEAS Special Report Update: Short Assessment of Narratives and Disinformation around the COVID-19/Coronavirus Pandemic (Updated 2 - 22 April). euvsdisinfo.eu 24.04.2020.
[10] EAD-Sonderbericht, Update: Kurzbewertung der Narrative und Desinformation zur Covid-19-Pandemie. euvsdisinfo.eu 01.04.2020.
[11] Welche Desinformationen zum Coronavirus finden die größte Resonanz? euvsdisinfo.eu 07.04.2020.
[12] EEAS Special Report Update: Short Assessment of Narratives and Disinformation around the COVID-19/Coronavirus Pandemic (Updated 2 - 22 April). euvsdisinfo.eu 24.04.2020. S. auch Die Verdächtigungskampagne.
[13] EEAS Special Report Update: Short Assessment of Narratives and Disinformation around the COVID-19/Coronavirus Pandemic (Updated 2 - 22 April). euvsdisinfo.eu 24.04.2020.
A top German Journalist and Editor Dr. Udo Ulfkotte has just gone public with some shocking admissions...
Arriva, finalmente, nelle librerie italiane “Giornalisti comprati” scritto da Udo Ulfkotte : uno dei più famosi giornalisti tedeschi; il 13 gennaio 2017 trovato morto, a 56 anni, “di infarto” e, ancora più inspiegabilmente, senza alcuna autopsia, cremato immediatamente. Un libro zeppo di nomi e cognomi di giornalisti (tra i quali lo stesso Ulfkotte) che si sono venduti pubblicando “notizie” inventate da servizi di sicurezza, governi, aziende, lobby… Un libro che, dopo un successo straordinario in Germania nel 2014, per anni, non è stato più ristampato (lo trovavate, usato, sul web a cifre elevatissime) e che ora viene pubblicato in Italia dall’editore Zambon.
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Che fare?
Inizio messaggio inoltrato:Da: Comitato Contro la Guerra Milano <comitatocontrolaguerramilano @ gmail.com>Oggetto: Il punto sull’attacco mercenario contro la Repubblica Bolivariana del VenezuelaData: 12 maggio 2020 18:28:10 CEST
All’alba della scorsa domenica 3 maggio, un gruppo di 10 mercenari pesantemente armato proveniente dalla Colombia con veloci imbarcazioni, è stato affrontato e smantellato dalle forze speciali della Polizia Bolivariana (FAES) e da reparti della Forza Armata Nazionale Bolivariana (FANB), mentre cercava di sbarcare presso Macuto, a pochi chilometri dall’aeroporto internazionale di Caracas e dal porto di La Guaria, nella regione di Vargas. Questo è stato il primo atto della cosiddetta “Operazione Gedeòn”. Tale azione aveva lo scopo di eliminare il Presidente Nicolas Maduro, i suoi più stretti collaboratori, tra cui Diosdado Cabello, i generali dello stato maggiore della Forza Armata Nazionale Bolivariana e attaccare le istituzioni del Paese con l’obbiettivo di distruggere l’ordine costituzionale vigente. In ogni suo aspetto: politico, istituzionale, economico, giuridico, sociale e militare.
Lunedì 4 maggio una seconda imbarcazione è stata intercettata e neutralizzata sulle coste della regione di Aragua (regione confinante con Vargas), in località Chuao con 8 mercenari a bordo, tra cui il figlio dell’ex generale Baduel (ex ministro della difesa del governo Chavez, in carcere dal 2009 per corruzione ed organizzazione di un golpe militare), due mercenari statunitensi contrattati dalla SilverCorp (agenzia di mercenari di cui parleremo più avanti) ed ex Berretti Verdi delle forze speciali dell’esercito statunitense, il comandante sul campo dell’operazione capitano Sequea, disertore venezuelano e protagonista, insieme a Leopoldo Lopez e Juan Guaidò del fallito colpo di stato del 30 aprile 2019 dove provarono a prendere l’aeroporto militare de La Carlota a Caracas.
L’operazione denominata “Operazione Negro Primero” per smantellare questo nuovo tentativo terroristico di abbattimento del legittimo Governo venezuelano, è tuttora in corso sotto ogni punto di vista: civico-militare,investigativo, giudiziario. La cellula terrorista sembra fosse formata da 54 mercenari divisi sulle due imbarcazioni, 10 sulla prima e 44 sulla seconda. Dovrebbero essere tutti disertori della polizia e dell’esercito bolivariano, tranne i due statunitensi che sono stati anche i loro istruttori militari nei campi di addestramento in Colombia.
Dal primo tentativo di sbarco presso Macuto di domenica 3 maggio ad oggi, sono 8 i terroristi abbattuti e 31 gli arrestati (catturati in varie località della costa tra Aragua e Vargas nei giorni successivi), tra cui anche alcuni complici che li attendevano sulla costa venezuelana. Sono state anche sequestrate armi da guerra ed equipaggiamenti militari. Saranno giudicati dal tribunale penale civile con le seguenti imputazioni:
-cospirazione in complicità con governo straniero
-terrorismo
-tradimento alla patria
-ribellione
-traffico illecito di armi da guerra
-finanziamento al terrorismo
-associazione a delinquere
Ai due mercenari statunitensi non verranno contestate le imputazioni di tradimento alla patria, ribellione e finanziamento al terrorismo.
Altri 4 mercenari sono stati catturati nella giornata di sabato 9 maggio sulle montagne tra la costa di Aragua e Vargas.
Dalle indagini in corso si sta sempre più delineando la gravità del quadro. Questa è la ragione principale per cui il nostro “mainstream” sta censurando il tutto. Semplicemente dovrebbero smentire ciò che per anni hanno raccontato agli italiani sul Venezuela.
Le prove e le confessioni raccolte sono già così ampie, che il Venezuela denuncerà gli USA alla Corte Penale Internazionale, alle Nazioni Unite e al Movimento dei Paesi Non Allineati(MNOAL), come il Paese che ha ordinato, pianificato e appoggiato l’azione dei terroristi. Inoltre non ci sono dubbi sul ruolo complice svolto dal governo colombiano. Anche la Colombia sarà denunciata alla Corte Penale Internazionale. Si sta indagando anche sull’eventuale coinvolgimento del Brasile.
Già nei mesi scorsi durante una sessione dell’Assemblea delle Nazioni Unite, il Venezuela aveva fornito al governo di Ivan Duque le coordinate dei 3 campi in Colombia dove si stavano addestrando i mercenari. Nulla è stato fatto dalle autorità di Bogotà. I prigionieri hanno confessato che il governo colombiano sapeva tutto e ha fornito aiuto logistico. Alcuni organi d’informazione colombiani stanno ipotizzando la liberazione di alcuni narcotrafficanti in cambio di aiuti finanziari e logistici all’”Operazione Gedeon”.
A rafforzare questa ipotesi ci sono anche le confessioni dei prigionieri: in procinto di salpare per il Venezuela sono stati ospitati ed accolti nella tenuta del noto narcotrafficante Elkin Javier Lopez Torres detto “Doble Rueda” (“Doppia Ruota“ perché costretto sulla sedia a rotelle dopo aver subito un attentato). Avrebbe dovuto trovarsi in carcere per scontare la sua pena, in realtà era libero e tra i finanziatori dell’operazione.
La stessa DEA (Drug Enforcement Administration, l’agenzia anti-droga degli Stati Uniti) è coinvolta. Josè Alberto Socorro Hernandez detto “Pepero”, agente DEA venezuelano arrestato lo scorso 3 maggio a Macuto (luogo del primo sbarco da parte del gruppo mercenario), ha confessato che la DEA si è occupata di trovare una parte dei finanziamenti dell’”Operazione Gedeon” tra i narcotrafficanti colombiani , ha organizzato l’accoglienza dei terroristi in Venezuela, si è occupata della fornitura di pick-up blindati con porta mitragliatrici pesanti (sequestrati a Macuto la stessa notte del 3 maggio) e ha organizzato un’azione di “distrazione” avvenuta nella notte del 3 maggio scorso a Petare, un popoloso quartiere nell’est di Caracas: hanno inscenato uno scontro a fuoco tra due bande rivali criminali, con il fine di concentrare a Petare la Polizia Nazionale Bolivariana ed avere l’accesso libero per lo sbarco.
Inoltre non c’è alcun dubbio che per il lancio di questa operazione “segreta”, sia stato stipulato un contratto firmato da Juan Guidò,”presidente ad interim” autoproclamato in una piazza di Caracas, Jordan Goudreau, proprietario della SilverCorp, un’agenzia di mercenari statunitensi, Sergio Vergara, Juan Josè Rendòn e Manuel Retureta.
Sergio Vergara è un uomo di fiducia di Guaidò, colui che ha gestito i fondi raccolti durante il “concerto umanitario per il Venezuela” organizzato a Cucuta in Colombia nel febbraio 2019. Questi fondi erano stati promessi per il mantenimento dei disertori scappati dal Venezuela alla Colombia. Il gruppo di traditori sarebbe dovuto diventare il nucleo base del “nuovo esercito” del presidente autoproclamato. Soldi che sono invece finiti nelle sue tasche, in quelle di Guaidò e di altri personaggi della loro ristretta cerchia.
JJ Rendòn è invece il consulente politico-strategico di Guaidò e viene definito un “esperto in guerre sporche”. A testimonianza dell’accordo c’è la firma di Manuel Retureta, noto avvocato di origini cubane e cittadino statunitense, difensore di narcotrafficanti.
Nel contratto sono anche specificati i compiti dei 3 rappresentanti del cosiddetto “governo ad interim”:
Guaidò “comandante in capo”, Vergara “supervisore generale del progetto”, Rendòn “capo della strategia”.
Nel contratto viene specificato che 5 giorni dopo la stipula, avvenuta il 16 ottobre 2019, la SilverCorp avrebbe dovuto ricevere un anticipo di 1 milione e 500 mila dollari da parte dei 3 rappresentati del “governo ad interim”, ma pare che solo 50 mila dollari siano entrati nelle casse dell’agenzia mercenaria.
A causa di questa inadempienza il mercenario ex Berretto Verde, guardaspalle del presidente Trump, responsabile della sicurezza del già menzionato “concerto umanitario” di Cucuta e proprietario di SilverCorp, Jordan Godreau (che ha anche rivendicato la paternità dell’operazione Gedeòn), ha ingaggiato uno studio legale che ha inviato una lettera (che è stata pubblicata) a Guaidò, Vergara e Rendòn, oltre che a Carlos Vecchio, ambasciatore a Washington del “governo ad interim”, in cui si annuncia una denuncia al tribunale statunitense per non aver onorato le clausole economiche del contratto.
Jordan Godreau ha reso pubblico l’intero contratto, con le 42 pagine siglate e firmate, facendolo pubblicare sul Washington Post. Ha inoltre reso pubblico l’audio che ha registrato durante la firma dello stesso. Il contratto e l’audio inchiodano Guaidò, Vergara e Rendòn.
Il ministro venezuelano della Comunicazione, Turismo e Cultura, Jorge Rodríguez, durante una conferenza stampa venerdì 8 maggio ha analizzato nel dettaglio questo contratto, ha mandato in onda l’audio registrato di Juan Guidò durante la firma del contratto ed un’intervista di JJ Rendòn in cui confessa di aver firmato il contratto. Qui la conferenza stampa integrale:
https://videos.telesurtv.net/video/821986/venezuela-muestra-el-contrato-entre-la-oposicion-y-silvercorp
Cosa hanno firmato questi rappresentanti del “governo ad interim” e leaders dell’opposizione venezuelana? Nella sostanza hanno firmato per l’assassinio del Presidente Nicolas Maduro e dei suoi più stretti collaboratori, tra cui Diosdado Cabello e i generali dello stato maggiore della Forza Armata Nazionale Bolivariana. Secondo uno dei due statunitensi catturati, Luke Alexander Denman, il Presidente e i dirigenti bolivariani avrebbero dovuto essere catturati e trasferiti negli Stati Uniti dove, da fine marzo 2020 pende una taglia sulla loro testa tra i 10 e i 15 milioni di dollari per l’accusa di narcotraffico. Ad ottobre 2019 l’accusa di narcotraffico e la taglia non erano ancora in campo. Ciò significa che firmarono affinché venissero assassinati. Inoltre hanno firmato l’autorizzazione all’uso di qualsiasi arma convenzionale utile a raggiungere l’obbiettivo, per la distruzione del Paese, per la rinuncia alla sovranità, per la deroga della Costituzione Bolivariana, per l’annullamento dell’ordine giuridico vigente. Hanno dato così carta bianca ad un gruppo di terroristi mercenari, l’impunità nell’ esercitare il monopolio della violenza, anche “letale” contro i civili, senza rendere conto a nessuno, se non allo stesso Guaidò. Si arriva al punto che le Forze Armate venezuelane debbano dipendere dall’ex Berretto Verde Jordan Godreau. Un para-Stato di fatto. Un altro paragrafo rende bene l’idea di cosa sarebbe il Venezuela con l’opposizione al governo: si prevede per i finanziatori dell’operazione Gedeòn un trattamento di favore nelle scelte economiche del governo. Se si pensa che una parte di questi finanziamenti arrivino dal narcotraffico…
A contratto l’intera operazione è stata valutata 212 milioni e 900 mila dollari. C’è un aspetto curioso nella parte economica del contratto: Una volta caduto Maduro, si prevede da parte del nuovo governo il pagamento con il 55% di interessi dei costi sostenuti e anticipati dalla SilverCorp per la buona riuscita dell’operazione. Appare evidente che i beneficiari della spartizione di questo “surplus” siano gli stessi firmatari.
Questa operazione Gedeòn è solo la punta dell’iceberg dell’aggressione politica, economica, paramilitare, terroristica e mediatica che l’imperialismo statunitense sta portando avanti contro la Repubblica Bolivariana del Venezuela. L’Unione Europea e gli stati satellite degli USA in Latino America sono complici di questa continua aggressione che non si ferma nemmeno di fronte ad una pandemia mondiale.
Il Venezuela è la prima riserva mondiale di petrolio ed in proporzione all’estensione del suo territorio è il Paese più ricco di risorse naturali al mondo. L’obiettivo dell’imperialismo è fare del Venezuela una colonia da saccheggiare. In una situazione di grave crisi economica mondiale diviene una preda molto ambita nella corsa all’egemonia mondiale.
Per raggiungere questo obiettivo va eliminata la Repubblica Bolivariana, perché è un “cattivo esempio” per il continente Latino Americano e per quei Popoli che hanno cara la propria sovranità ed indipendenza.
Il nuovo Venezuela che dovrebbe sostituire quello Bolivariano e che non è difficile da vedere nel contratto stipulato, è quello di uno stato mafioso narcotrafficante e paramilitare sul modello della Colombia, fedele e totalmente subalterno ai desiderata di Washington. E’ abbastanza chiaro che si svilupperebbe con una costituzionalizzazione del fascismo.
Si è sottovalutata la Repubblica Bolivariana del Venezuela. Il Chavismo in questi 22 anni si è radicato in profondità nella società venezuelana e nessuno dall’esterno può pretendere di abbatterlo attraverso operazioni di privatizzazione e terziarizzazione della guerra sul modello delle aggressioni contro la Libia e la Repubblica Araba di Siria. La Repubblica Bolivariana è organizzata per la sua difesa con una forte unione civico-militare, studiata sul modello di Ho Chi Minh e del generale Giap. Ha dato ottima prova di se nello sgominare questa operazione della “disperazione” dell’imperialismo e tutte le operazioni di aggressione precedenti che avevano lo stesso fine. Il Popolo venezuelano e la sua Forza Armata Nazionale Bolivariana (FANB) sono ben guidati, organizzati e di gran lunga più motivati di qualsiasi esercito abbia l’idea di violare i suoi confini. Chiunque si azzardi a farlo, dovrà affrontare una guerra contro un intero popolo che è pronto a combattere per difendere il proprio legittimo Governo, la propria sovranità e indipendenza, la sua autodeterminazione e le sue risorse.
Giovedì 8 maggio il Procuratore generale della Repubblica, Tareck William Saab ha annunciato di aver sollecitato 22 nuovi mandati di cattura di persone implicate nell’operazione Gedeòn. Tra questi i mandati di cattura internazionale per i firmatari del contratto Juan José Rendón, Sergio Vergara e il proprietario della SilverCorp Jordan Goudreau.
Difficile dire cosa la giustizia e il Governo venezuelano abbiano in serbo per Juan Guaidò. In qualsiasi Paese non sottoposto alla violenta aggressione imperialista statunitense sarebbe già agli arresti dall’anno scorso. In Venezuela l’Assemblea costituente non gli ha ancora revocato l’immunità parlamentare e ufficialmente per gli Stati Uniti è ancora il Presidente del Venezuela. E’ facilmente intuibile che l’imperialismo auspichi un arresto di Guaidò. Sarebbe un’altra giustificazione per proseguire nei suoi piani e che potrebbe portare anche ad un’eventuale risposta militare punitiva, come potrebbe esserlo un “bombardamento mirato”.
Nel caso il Governo e la giustizia venezuelana non prendano provvedimenti contro di lui, per l’imperialismo Guaidò varrebbe molto più da morto che da vivo. Una sua morte violenta in Venezuela, di cui sarebbe accusato immediatamente il “dittatore narcotrafficante Maduro”, non farebbe altro che aumentare la tensione e l’interventismo statunitense.
Rispetto ad “illustri” oppositori venezuelani che sono scappati nel corso degli ultimi 20 anni in Colombia e negli Stati Uniti, Guaidò avrebbe qualche problema in più, viste le promesse non mantenute ai cartelli della droga in Colombia rischierebbe di non uscirne vivo, mentre negli USA se procedesse l’iter della denuncia di Jordan Godreau rischierebbe di dover risarcire la SilverCorp; inoltre l’Amministrazione Trump non gli crede più.
Forse seguirà le orme del suo padrino politico, Leopoldo Lopez e finirà con il rifugiarsi in un’ambasciata di un Paese dell’Unione Europea a Caracas.
Il dato incontrovertibile è che Guaidò, lasciato libero per più di un anno dal Governo e dalla giustizia venezuelana, si è scavato la fossa da solo. Nemmeno il genio del Comandante Chavez era riuscito a portare gli stessi risultati che in un solo anno ha portato Juan Guaidò: negli ultimi 22 anni l’opposizione venezuelana non è mai stata così screditata, così denigrata dai suoi stessi sostenitori e così in basso nei consensi. Un vero capolavoro.
Si vedrà, l’auspicio è che sia fatta giustizia e che Guaidò non si goda ciò che ha rubato al Popolo venezuelano.
Qui il contratto della SilverCorp e gli allegati del contratto
Comitato Contro La Guerra Milano
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