Informazione

Diritti dell'uomo o diritto del più forte ?

Intervista a Jean Bricmont,
autore di « Impérialisme humanitaire »
(Traduzione di Curzio Bettio di Soccorso Popolare di Padova)

Nel suo nuovo lavoro, « Impérialisme humanitaire », Jean Bricmont
denuncia l'utilizzazione dei diritti dell'uomo come pretesto per
giustificare le aggressioni contro i paesi del Sud del mondo.
Incontro con un pacifista ed un intellettuale impegnato.

Intervistano: Joaquim Da Fonseca & Michel Collon


In che modo un professore di fisica teorica è arrivato a scrivere un
libro sull'imperialismo ?

Jean Bricmont. Mi sono sempre interessato di politica, comunque in
modo non attivo. Faccio risalire l'inizio del mio impegno al 1999 : è
stato suscitato dalla guerra contro la Jugoslavia. I motivi umanitari
invocati dagli Stati Uniti per giustificare questa aggressione mi
hanno reso perplesso. In modo identico sono stato colpito dalla
mancanza di opposizione della sinistra - e la medesima cosa, in parte,
vale per l'estrema sinistra - di fronte a questa aggressione. Sono
stato invitato a tenere delle conferenze in tutti i tipi di ambienti:
chiese protestanti, movimenti musulmani, circoli studenteschi,
Attac... Il mio lavoro « Impérialisme humanitaire » è, fra l'altro,
una reazione alle preoccupazioni e ai discorsi manifestati dalle
persone e dai gruppi incontrati allora in quelle conferenze. Questo
libro è anche una risposta all'atteggiamento di certi militanti
politici che si definiscono di sinistra. In nome dei diritti
dell'Uomo, costoro legittimano le aggressioni contro paesi sovrani. O
limitano a tal punto la loro opposizione che questa diventa
puramente simbolica.

I diritti dell'uomo, nella spazzatura ?

Jean Bricmont. Difendo le aspirazioni contenute nella Dichiarazione
universale dei diritti dell'Uomo del 1948. Questa comprende un insieme
di diritti economici, sociali, politici ed individuali. Il problema
sopraggiunge quando il non-rispetto, reale o supposto, di questi
diritti serve a legittimare la guerra, l'embargo e altre sanzioni
contro un paese. Quando i diritti dell'Uomo divengono pretesto di una
ingerenza violenta. Di più, la Dichiarazione spesso viene letta con
una visione parziale. Quando si parla di rispetto dei diritti
dell'uomo, i diritti economici e sociali sono spesso considerarti
relativamente poco importanti in confronto ai diritti individuali e
politici. Consideriamo la qualità delle cure per la salute a Cuba. Si
tratta di uno sviluppo del tutto ragguardevole di un diritto
socio-economico. Purtroppo questo viene del tutto ignorato. Ammettiamo
che Cuba corrisponda perfettamente alla descrizione molto critica che
ne fanno Reporters sans frontières; questo non sminuisce per nulla
l'importanza della qualità delle cure per la salute. Quando si parla
di Cuba, se si esprimono delle riserve sul rispetto dei diritti
politici ed individuali, bisognerebbe, almeno, fare menzione
dell'importanza dei diritti economici e sociali di cui i Cubani
beneficiano. Allora, potremmo domandarci, cosa sono più importanti: i
diritti individuali o le cure per la salute? Tuttavia, nessuno ragiona
in questo modo. I diritti alla casa, all'alimentazione, alla sicurezza
dell'esistenza o alla salute sono in generale ignorati dai difensori
dei diritti dell'uomo.

Esattamente, il suo libro indica che questi elementi sono ignorati
nelle campagne mediatiche contro i paesi socialisti, come Cuba o la
Cina. Lei scrive che quattro milioni di vite avrebbero potuto essere
salvate se l'India avesse adottato la via cinese.

Jean Bricmont. Gli economisti Jean Drèze e Amartya Sen stimano che,
partendo da una base similare, la Cina e l'India hanno seguito
percorsi di sviluppo differenti e che la differenza tra i sistemi
sociali di questi due paesi ha comportato 3,9 milioni di morti in più
in sfavore dell'India.
In America latina, ogni anno si sarebbero salvate 285.000 vite se il
sistema cubano per la sanità e la nutrizione fosse stato applicato. Io
non affermo che le buone prestazioni nei campi sociali ed economici
possono giustificare le deficienze di altri diritti. Ma non si
affermerà l'inverso: il rispetto dei diritti individuali e politici
non può giustificare che i diritti sociali ed economici siano beffati.
Perché i difensori dei diritti dell'uomo non tengono mai conto di
questo assunto? Ritorniamo a Cuba. La mancanza di libertà individuali
può essere giustificata dai buoni risultati delle cure per la salute?
Discutiamo di questo. Se, a Cuba, fosse in carica un regime
filo-occidentale, sicuramente non si sarebbero ottenuti così buoni
risultati per le cure sanitarie. Per lo meno, questo è quello che si
deduce se si va a constatare lo stato sanitario nei paesi
'filo-occidentali' dell'America latina.
Dunque, in pratica ci si trova davanti ad una scelta: che tipo di
diritti sono i più importanti, i socio-economici o i politici e
individuali? Sarebbe auspicabile usufruirne di tutti allo stesso
tempo. Il presidente venezuelano Chavez, per esempio, tenta di
conciliarli. Ma la politica d'ingerenza americana rende difficile
questa conciliazione nel terzo mondo.
Quello che voglio sottolineare, è che non spetta proprio a noi
Occidentali, che beneficiamo dei due tipi di diritti, a fare questa
scelta. Piuttosto, noi dovremmo dedicare le nostre energie per
permettere uno sviluppo indipendente dei paesi del terzo mondo.
Sperando che al limite lo sviluppo favorisca l'emergenza di questi
diritti.

La sensibilità per i diritti dell'uomo e la percezione del dovere di
ingerenza si presentano con forti differenze, a seconda che si guardi
al Nord o al Sud del mondo ?

Jean Bricmont. Nel 2002, poco prima della guerra contro l'Iraq, mi
sono recato a Damasco (Siria) e a Beirut (Libano). Vi ho incontrato un
certo numero di persone. Dire che queste erano tutte contrarie alla
guerra contro l'Iraq rileva un puro eufemismo. E questo valeva anche
per l'università americana di Beirut. L'anti-americanismo, e
l'opposizione feroce contro Israele, si potevano tagliare con il
coltello ! Quando sono ritornato in Belgio, non ho percepito nessuna
eco proveniente da laggiù! Consideriamo la questione del disarmo
dell'Iraq. Alcuni membri del CNAPD [Coordinamento Belga anti-guerra]
mi affermavano che bisognava imporre questo disarmo, certamente non
dal punto di vista militare, ma attraverso mezzi pacifici. Se tali
dichiarazioni venissero espresse in Medio Oriente, la gente vi
risponderebbe direttamente: 'E Israele, perché non è necessario
disarmare questo paese?'
In America latina e soprattutto nel mondo arabo-musulmano, la
percezione del diritto internazionale è totalmente differente dalla
nostra, anche da quella della sinistra e dell'estrema sinistra. Queste
ultime non sembrano interessate molto a ciò che pensano le popolazioni
direttamente interessate dalle nostre ingerenze.

Perché questo? Perché ci crediamo l'ombelico del mondo, per etnocentrismo?

Jean Bricmont. Al momento della decolonizzazione e della guerra del
Vietnam, la sinistra ha proposto una nuova riflessione, ed ha difeso
un punto di vista anti-imperialista in materia economica, militare,
sociale. In seguito, questa riflessione è stata resa sottile
dall'ingerenza in nome dei diritti dell'uomo. L'opposizione al
neo-colonialismo è stata sostituita dalla volontà di aiutare i popoli
del Sud a lottare contro i loro governi dittatoriali, inefficaci,
corrotti... I difensori di questa opzione non si rendono conto
dell'ampiezza della voragine che li separa dai popoli del terzo mondo.
Questi non accettano generalmente l'ingerenza dei governi occidentali
nei loro affari interni.
Certamente, molti di loro aspirano a governi più democratici o più
onesti. Ma con quali obiettivi? Innanzitutto perché i loro dirigenti
assicurino una gestione razionale delle loro risorse naturali, per
ottenere i prezzi più favorevoli per le loro materie prime, perché i
loro governanti li proteggano dalla dominazione esclusiva e tirannica
delle multinazionali ed anche per costruire degli eserciti efficaci.
Quando, da noi, alcuni parlano di governi più democratici, non è
proprio a questo che fanno completamente riferimento. Dei governi
verosimilmente democratici al Sud rassomiglierebbero di più a quello
di Chavez che all'attuale governo Iracheno.

Allora, ci sarebbe ancora un fondo d'ideologia coloniale?

Jean Bricmont. Può essere, ma in un quadro di un linguaggio
post-coloniale. La colonizzazione, tutti la condannano. Quelli che
difendono le guerre attuali affermano che le ingerenze umanitarie sono
'completamente differenti' dal colonialismo. Perciò è giocoforza
constatare la continuità nel cambiamento.
Le ingerenze sono state dapprima legittimate dal cristianesimo, poi da
una missione civilizzatrice. Ed anche dall'anti-comunismo. In ogni
tempo, la nostra pretesa superiorità ci autorizza a commettere una
serie di azioni mostruose.

Qual è il ruolo dei media nella diffusione di questo «imperialismo
umanitario»?

Jean Bricmont. Fondamentale. Nel caso della guerra in Jugoslavia, i
media si sono impegnati a preparare l'opinione pubblica a tale
aggressione. Rispetto all'Iraq, i giornalisti ripetono senza posa:
'Nondimeno, è stato bene che Saddam Hussein sia stato rovesciato.' Ma
in quale misura è legittimo che gli Stati Uniti abbiano rovesciato
Saddam Hussein? Ecco una domanda che non viene mai posta dai giornali.
Gli Iracheni considerano questa ingerenza come benefica? Se sì, perché
sono più dell'80% a sostenere la partenza degli Stati Uniti ? La
stampa critica gli Stati Uniti, ma la critica è rivolta soprattutto ai
mezzi utilizzati nel corso della guerra e dell'occupazione, non al
principio stesso dell'ingerenza.

Con un presidente democratico, gli Stati Uniti sarebbero meno inclini
a condurre delle guerre ?

Jean Bricmont. Questo dipenderà molto dal modo in cui andrà a
terminare l'occupazione dell'Iraq. Negli Stati Uniti, si levano molte
voci per il ritiro delle truppe. Un clima di panico si è impiantato in
numerosi settori della società. Se, come nel Vietnam, la guerra
Irachena terminerà con una catastrofe per gli Americani, i fatti
potrebbero assumere una piega significativa in un certo tempo. Se si
arrivasse ad un ritiro non traumatico, senza rimetterci troppo le
penne, gli USA allora potrebbero in tempi molto brevi ripartire verso
una nuova guerra. Però, è una illusione, molto viva, credere che i
democratici siano meno aggressivi o che non esaltino gli interventi
militari.

Perché la risposta dei progressisti europei alla guerra è così debole?

Jean Bricmont. Effettivamente, gli ecologisti, la sinistra socialista,
i partiti comunisti tradizionali, i trotskisti e la maggior parte
delle ONG hanno dato prova di una opposizione debole. Queste correnti
sono state ridotte di spessore dall'ideologia dell'ingerenza
umanitaria, abbandonando nel loro programma qualsiasi serio
riferimento al socialismo. Una parte di questa sinistra ha sostituito
i suoi obiettivi iniziali di miglioramenti o di rivoluzioni sociali
con la lotta per i diritti dell'uomo. Dato che è difficile, per questi
movimenti, difendere una guerra degli USA contro la Jugoslavia o
l'Iraq, essi adottano questa posizione, assai comoda, del «Ne', Ne'».
Questa permette di evitare tutte le critiche: «Ne' con Bush, ne' con
Saddam». Io posso comprendere, evidentemente, che Saddam Hussein non
sia amato. Ma il «Ne', Ne'» va ben al di là di questa constatazione.
In primo luogo, questa posizione non riconosce la legittimità del
diritto internazionale. Non si fanno distinzioni fra aggressori e
aggrediti. Per fare un paragone, sarebbe stato difficile, durante la
seconda guerra mondiale, fare affermazioni del tipo «Ne' Hitler, Ne'
Stalin» senza essere considerati dei collaboratori.
In secondo luogo, questa formula se ne infischia della forza nociva
degli Stati Uniti dopo il 1945. Dopo la fine della seconda guerra
mondiale, gli USA sono intervenuti in tutte le parti del mondo per
sostenere o installare forze della conservazione, reazionarie, dal
Guatemala al Congo, dall'Indonesia al Cile. In ogni dove, si sono
impegnati ad uccidere la speranza di cambiamento sociale dei poveri.
Sono loro, e non Saddam Hussein, che vogliono abbattere Hugo Chavez.
La guerra del Vietnam, non l'ha fatta mica Saddam. Anche se si fanno
concessioni sui discorsi di demonizzazione contro Milosevic o Saddam
Hussein, metterli sullo stesso piano, sul palcoscenico mondiale, degli
USA è completamente ingiusto e falso.
Infine, quello che mi disturba di più in questo «Ne', Ne'» è la
posizione che noi assumiamo a fronte della nostra stessa
responsabilità nell'adottare questi slogans. Quando noi vediamo dei
politici del terzo mondo che non ci piacciono, è necessario cominciare
a discuterne con le persone che vivono laggiù, e farlo con delle
organizzazioni che rappresentano le masse, non con dei gruppuscoli o
con degli individui isolati. Bisogna vedere se le loro priorità sono
le stesse delle nostre. Io mi auguro che il movimento altermondialista
metterà in atto dei canali che permettano una comprensione migliore
dei punti di vista del Sud. Per ora, la sinistra occidentale ha la
tendenza a rimanere nel suo angolo, e così esercita scarsa influenza
là dove agisce, facendo indirettamente il gioco dell'imperialismo, con
la demonizzazione dell'Arabo, del Russo, del Cinese... in nome della
democrazia e dei diritti dell'uomo. Di questo noi siamo principalmente
responsabili, questo è l'imperialismo dei nostri paesi! Dunque,
cominciamo da noi a concentrarci su questo. E in modo efficace.


Jean Bricmont. « Impéralisme humanitaire. Droits de l'Homme, droit
d'ingérence, droit du plus fort? », ed. Aden, 2005, 253 pagine, 18 euros.

Si può farne richiesta alle edizioni Aden :
http://www.rezolibre.com/librairie/detail.php?article=98

Vedere anche la biografia di Jean Bricmont a :
http://www.michelcollon.info/bio_invites.php?invite=Jean%20Bricmont

Jean Bricmont - Qualche riflessione sulla violenza, la democrazia e la
speranza:
http://www.michelcollon.info/articles.php?dateaccess=2005-03-16%2017:32:42&log=invites

Jean Bricmont - Europei, ancora uno sforzo se desiderate unirvi al
genere umano!
http://www.michelcollon.info/articles.php?dateaccess=2003-02-16%2018:24:22&log=invites

Jean Bricmont & Diana Johnstone - Le due facce della politica americana
http://www.michelcollon.info/articles.php?dateaccess=2001-11-07%2018:35:48&log=invites

SULLA GUERRA IN IRAQ E LE SUE CAUSE, VEDERE ANCHE
il nuovo libro "Bush, le cyclone" :
http://www.michelcollon.info/bush_le_cyclone.php

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MORE LINKS (CASTILLANO/FRANCAIS/ENGLISH/ITALIANO):

Axis for Peace - In Defence of International Law
(Jean Bricmont*, Voltaire.net)

A figure of the anti-imperialist movement, Jean Bricmont, opened the
round table discussion on humanitarian interference during the
conference Axis for Peace 2005. In this text, taken from his most
recent book, "Impérialisme humanitaire. Droits de l'homme, droit
d'ingérence, droit du plus fort?" ("Humanitarian imperialism. Human
rights, right of interference, law of the strongest? "), he explains
that peace can only be based on international law and that the right
to interfere, like the manipulation of human rights, serves as a
disguise for the law of the jungle...

http://www.uruknet.info/?s1=1&p=19753&s2=20
http://www.voltairenet.org/article134093.html

Axis for Peace - Défense du droit international
(par Jean Bricmont)

http://www.voltairenet.org/article132463.html

Axis for Peace - Defensa del derecho internacional (Jean Bricmont)

http://www.voltairenet.org/article133618.html

HUMANITARIAN IMPERIALISM, interview with Jean Bricmont

http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/4690

Droits de l'Homme ou droit du plus fort?
Interview de Jean Bricmont, auteur d'Impérialisme humanitaire

http://www.michelcollon.info/articles.php?dateaccess=2006-01-06%2010:02:17&log=articles
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/4686

Le « devoir d'ingérence », nouvel habit de l'expansionnisme (par Jean
Bricmont)

http://www.voltairenet.org/article131461.html
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/4664

Il "dovere di ingerenza", nuova veste dell'espansionismo

http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/4664

Présentation de l'ouvrage:
"Impérialisme humanitaire. Droits de l'homme, droit d'ingérence, droit
du plus fort ?"
par Jean Bricmont (Éditions Aden, 2005)

http://www.rezolibre.com/librairie/detail.php?article=98
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/4615
http://www.michelcollon.info/articles.php?dateaccess=2005-11-07%2011:27:10&log=invites
http://www.legrandsoir.info/article.php3?id_article=2845

Da: Promemoria
Oggetto: gravissima provocazione a Trieste
Ricevuto il: 20/01/2006 21:54

A Trieste provocazione gravissima: il vicesindaco di AN, Paris
Lippi, con notevoli precedenti missini, proibisce al Coro Partigiano
Triestino P. Tomazic, di avolgere la propria celebrazione in
Risiera, ex lager nazista, per la Giornata della memoria. Oltre al
fatto che un (ex) fascista si arroga il diritto di decidere chi
possa o non possa accedere alla Risiera è gravissima la motivazione,
che vuole criminalizzare la Resistenza, quella vera, quella che fa
ancora paura e da fastidio.
Vi allego il comunicato del Coro Partigiano Triestino con la
preghiera di diffonderlo il più possibile
Sandi Volk

[Vedasi anche il manifesto del Coro, "incriminato" dal vicesindaco
fascista: https://www.cnj.it/immagini/coro201105.jpg ]

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Trieste,20 gennaio 2006


Comunicato stampa
(con preghiera di pubblicazione)


Il Coro Partigiano Triestino Pinko Tomazic ha
deciso di organizzare anche quest'anno in occasione della " GIORNATA
DELLA MEMORIA " l'ormai tradizionale " Fiaccolata per la pace, la
convivenza e la memoria ". La fiaccolata dovrebbe concludersi
all'interno della Risiera di San Sabba - Monumento Nazionale, dove
il Coro Partigiano canterà alcune canzoni dedicate alle vittime del
nazifascismo.
A tale proposito, il direttivo del Coro ha
richiesto all'amministrazione comunale di Trieste di poter
prevedere, come era già avvenuto in passato, che l'apertura della
Risiera fosse prolungata in modo da favorire lo svolgimento della
parte conclusiva dell'iniziativa, in quanto l'orario normale arriva
fino alle ore 19.00.
In risposta alla richiesta sopra citata, il coro
riceveva un diniego al prolungamento dell'orario di apertura e
quindi del relativo concerto all'interno della Risiera. Considerando
che il problema fosse di natura prettamente burocratica, il Coro ha
riformulato la propria richiesta, prevedendo l'anticipo della
Fiaccolata e quindi facendo coincidere la conclusione della
celebrazione con il normale orario di apertura.
Quest'oggi però il Vicesindaco di Trieste Paris
Lippi ha comunicato al Coro, che non avrebbe nessuna difficoltà
nell'assicurare la presenza del Coro Partigiano alle celebrazioni
della Giornata della Memoria, ma che alcune cose davvero gravi
accadute nel corso dell'ultimo anno influivano su tale decisione.

Riportiamo letteralmente quanto scritto dal Vicesindaco:

"Alla luce dei manifesti che avete affisso qualche mese fa in città
in occasione della ricorrenza della Vostra fondazione, che
riportavano l'immagine di truppe titine, comuniste, infoibatrici e
criminali, portatrici di odio, di distruzione e di morte e che hanno
riaperto nel cuore e nella mente della cittadinanza lo sgomento per
il ricordo di quanto commesso, non si ritiene auspicabile la Vostra
presenza in una simile ricorrenza e in un luogo sacro qual è la
Risiera di San Sabba che testimonia a tutti e a ognuno il monito
affinché l'odio del passato,la sua istigazione e i crimini commessi
non abbiano più a ripetersi."

Il Coro Partigiano Triestino Pinko Tomazic
comunica alla cittadinanza, che la Fiaccolata per la pace, la
convivenza e la memoria ed il breve concerto in ricordo di tutte le
donne ed i tutti gli uomini che hanno sofferto e sono morte/i per
colpa del nazismo e del fascismo, si svolgerà comunque.

Pertanto tutte e tutti che credono negli
ideali di pace e di eguaglianza sono invitate/i a partecipare alla
Fiaccolata che si svolgerà il 26 gennaio con ritrovo alle ore 17.30
davanti allo stadio Rocco da dove alle 18.00 partirà il corteo che
proseguirà fino alla Risiera di San Sabba.


Il direttivo del Coro Partigiano Triestino Pinko Tomazic


Prime adesioni: ANPI, SKGZ, COMITATO PER LA PACE, LA SOLIDARIETA' E
LA CONVIVENZA DANILO DOLCI, PROMEMORIA, ZASTAVA TRIESTE, COMITATO
PER ILMONUMENTO AI CADUTI DI SERVOLA, SANT'ANNA E COLONCOVEZ,
PARTITO DELLA RIFONDAZIONE COMUNISTA.

Informazione-ideologia-guerra

Un momento di confronto nel movimento no war con il mondo
dell´informazione

Un omaggio al lavoro di Cynthia D´Ulizia

Forum
Roma, 28 gennaio, ore 10.00-18.00
(centro congressi Cavour, via Cavour 50/A)

Partecipano

Giulietto Chiesa (eurodeputato, fondatore di Megachip), Maurizio
Torrealta (Rai News 24) Umberto Zona (autore de "L´Impero
invisibile" e "Mercenari"), Paolo Serventi Longhi (Segretario della
FNSI), Jurgen Elsaesser (autore di "Menzogne di guerra"), Alberto
Burgio, Vladimiro Giacchè (autori di "Escalation. Anatomia della
guerra infinita"), Antonello Petrillo (Università S.Orsola
Benincasa, Napoli), Piero Sansonetti (direttore di Liberazione),
Stefano Chiarini (giornalista de "Il Manifesto"), Maurizio Musolino
(giornalista de "La Rinascita"), Sergio Cararo (Radio Città Aperta),
Roberto Taddeo (Red link) Valter Lorenzi (Comitato contro Camp
Darby), Vainer Burani (legale di Mohammed Daki), Alberto Tarozzi
(Comitato Scienziati/e contro la guerra), Rita Pennaiola e Andrea
Cinquegrana (voce della Campania), mediattivisti e attivisti del
movimento contro la guerra.

Sul piano dei mezzi di comunicazione di massa, anche nei movimenti e
nella sinistra c´è spesso una posizione consolatoria e remissiva. Ci
si lamenta della disinformazione e si addebita a questa molte che
invece sono responsabilità della "politica"
La questione che sta emergendo non è solo quella delle menzogne di
guerra. In alcuni casi queste si rivelano una
contraddizione/debolezza politica di gestione dei governi della
guerra e della informazione "arruolata". La maggioranza
dell´opinione pubblica, infatti, nonostante l´
informazione "embedded", continua ad essere contro la guerra e vuole
il ritiro delle truppe dall´Iraq. Il problema resta dunque la
politica e non l´informazione. Nel nostro paese esiste ed opera un
sistema di guerra bipartizan che sta lavorando per mantenere la
presenza militare straniera in Iraq, ha abbondantemente
metabolizzato la guerra contro la Jugoslavia, sta metabolizzando la
preparazione e la gestione di nuove possibili guerre contro l´Iran e
la Siria, sta sperimentando una "operazione umanitaria" in Darfur e
dopodomani chissà dove. Su tutto grava poi la consapevolezza del
rischio di uno scenario londinese o madrileno anche in Italia. Sulla
capacità del movimento di giocare d´anticipo su questi scenari,
possiamo anche noi sperimentare una capacità di autonomia,
resistenza e contrattacco politico sul piano dell´informazione che
inchiodi il governo della guerra (e i suoi alleati nell´opposizione)
alle proprie responsabilità?

Possiamo cominciare a delineare una strategia di attacco dei
movimenti anche sul piano dell´informazione?

Il primo problema è l´autonomia critica rispetto a quello che ci
viene propinato.
Il secondo problema attiene alla resistenza contro quello che
Giulietto Chiesa definisce lo "tsunami informativo". Anche qui è la
politica che decide. Allo tsunami si resiste o ci si lascia
trascinare sulla base del posizionamento politico.
Il forum che intendiamo promuovere, intende essere un momento alto
di confronto tra movimento contro la guerra e quei pezzi del mondo
dell´informazione più avanzati ed autonomi, sia per delineare
un´alleanza importante sia per cominciare a fornire alcuni strumenti
di crescita culturale e politica dell´autonomia dei movimenti stessi.

Comitato nazionale per il ritiro dei militari italiani dall'Iraq -
Radio Città Aperta

viadalliraqora @... ; segreteria @...

tel. 334-9294167; tel.06-4393512

[ Misterioso incidente aereo ieri sera attorno alle 19:30 in Ungheria,
con strage di soldati ed altro personale slovacco della KFOR di
rientro dal Kosovo. Le vittime sarebbero 42, ma le versioni, a più di
mezza giornata dall'incidente, continuano a divergere (vedi sotto). I
media ed i portali online italiani non riportano nemmeno la notizia -
cosa incredibile visto che si tratta di un grave incidente aereo, e
della morte di circa un terzo delle truppe slovacche impegnate in
Kosovo. In ogni caso, un tributo troppo alto da pagare per un piccolo
paese come la Slovacchia, costretto dalle "compatibilità" UE e NATO a
partecipare alla discutibile missione coloniale in atto in Kosovo. (a
cura di I. Slavo) ]


Misterious airplane crash kills several Slovak KFOR troops

LINK: News Agency of the Slovak republic

http://www.tasr.sk/indeng.php

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http://news.bbc.co.uk/2/hi/europe/4629890.stm
Last Updated: Friday, 20 January 2006, 06:43 GMT

Slovak plane crash leaves 42 dead

Forty-two people died when a Slovakian military aircraft came down in
a remote mountain area in northern Hungary.

Only one person survived when the Soviet-designed An-24 crashed near
Telkibanya on the Slovak border.

The plane was carrying Slovak peacekeeping troops from Pristina in
Kosovo to Kosice in Slovakia.

It crashed at about 1930 (1830 GMT) on Thursday. Originally the death
toll was given as 44, but it was revised downwards by the Slovak
authorities.

The heavily wooded mountainside where the plane came down and bitter
winter temperatures contributed to the destruction and hampered rescue
efforts, officials added.

"It's minus 18 degrees Celsius here. The plane's fuselage is
completely burnt out. It is absolutely inconceivable that there could
be other survivors," said Hungarian chief police spokesman Laszlo
Garamvolgyi.

The sole survivor was critically injured in a Slovakian hospital and
was not expected to survive, Mr Garamvolgyi added.

The wife of one of the Slovak soldiers on board, Michaela Farkasova,
told Slovak television that her husband called her shortly after the
crash.

"He told me that the aircraft had crashed and was on fire and was
somewhere in the forest. He told me that he was alive and to alert the
rescue services and police. Then the line went dead."

Grim search

According to the Hungarian Disaster Management Agency, the plane
sliced through the tops of trees before crashing.

It then caught fire and emergency crews battled to put out the blaze.

Helicopters were reportedly unable to reach the crash site, and
wreckage and bodies were scattered over a wide area.

A spokesman for the Hungarian interior ministry, Tibor Dobson, said
the aircraft burst into flames as it approached the border.

"We are trying to piece together the bodies of the victims which were
scattered over a very large area," he said.

"It's very grim."

Slovakia has some 100 troops stationed in Kosovo as part of the
Nato-led peacekeeping force.

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http://www.afp.fr/english/news/stories/060120002313.2uq9uow4.html

Slovak military plane crashes in Hungary, killing 16: ministry
20/01/2006 00h23

BUDAPEST (AFP) - A Slovak military plane with 45 people on board
crashed in northeastern Hungary, killing at least 16 people, interior
ministry spokesman Tibor Dobson told AFP, revising down a previous
toll of 44.

He said there was at least one survivor, who an emergency services
spokesman said was in critical condition and taken to the hospital of
Kosice, on the Slovakian side of the border.

"We know of at least 16 dead and at least one survivor so far," Dobson
said, adding that rescue efforts were being slowed because the wooded
area where the crash took place was difficult to access by vehicles.

Dobson said the AN-24 military plane, which was en route from Kosovo
to Slovakia carrying Slovak peacekeeping troops, burst into flames at
the crash site near Telkibanya, close to the border with Slovakia.

Dobson said there were 45 people on board including eight crew members.

Slovakian defence sources meanwhile reported there were 43 people on
board, adding that between 10 and 16 people had died.

Hungarian news reports said the plane had crashed into a mountain, but
Dobson could not confirm this.

More than 10 ambulances raced to the scene of the crash, emergency
services spokesman Pal Gyorfi told AFP.

"Our staff are searching for the plane passengers," Gyorfi said.

He said the search and rescue effort was being slowed by the difficult
terrain.

Helping in the rescue efforts were border guards as well as 100
military troops dispatched from two nearby Hungarian bases.

Several Slovak ambulance cars and firefighters were also given
permission to enter Hungary and access the crash site.

Slovakia convened an emergency cabinet meeting after learning of the
crash.

"It is a great misfortune but I do not want to comment on the number
of victims," Slovakian defence minister Gjuraj Liska said after the
emergency meeting.

Hungarian Prime Minister Ferenc Gyurcsany personally informed his
Slovak counterpart Mikulas Dzurinda about the accident.

The plane was carrying Slovak troops from Pristina, where they were
serving as peacekeepers, to Kosice in Slovakia, defence ministry
spokesman Istvan Bocskai said.

He said the plane disappeared off the radar screen at 1938 local time
(1838 GMT) and was noticed by both Hungarian and Slovak air traffic
controllers.

"Slovakia immediately dispatched a rescue helicopter to the area,
where they saw fire," Bocskai told AFP.

Bocskai said the Hungarian defence ministry's troops at the scene
included reconnaissance teams as well as soldiers equipped with night
vision glasses to aid in the rescue effort overnight.

LA CNN FALSIFICA LE TRADUZIONI


Propagande : « CNN », pris sur le fait, s'excuse auprès de l'Iran

La chaîne de télévision états-unienne CNN s'est excusée auprès de la
république islamique d'Iran pour avoir, lors d'une conférence de
presse du président Mahmoud Ahmadinejad, retransmise en direct le 14
janvier 2006, falsifié les propos du président iranien.
L'interprète de CNN lui avait fait dire : « nous croyons que toutes
les nations doivent être autorisés à posséder les armes nucléaires »
et que l'Occident ne devrait pas « empêcher l'Iran d'avoir des armes
nucléaires » , alors que ce dernier avait déclaré que « l'Iran a le
droit à l'énergie nucléaire » . Le président iranien avait pourtant
bien précisé que l'Iran était une nation suffisamment « riche
culturellement et historiquement » pour ne pas avoir à se doter
d'armes nucléaires. La chaîne de télévision estime cependant qu'il
s'agit d'une simple « erreur de traduction » .
Les États-Unis tentent de persuader la communauté internationale que
l'Iran cherche à se doter secrètement de l'arme nucléaire, mais les
inspecteurs de l'Agence internationale de l'énergie atomique (AIEA)
attestent qu'aucun élément concret ne corrobore cette accusation.
La communauté chiite d'Iran s'est toujours opposée au développement, à
la détention et à l'usage de la bombe atomique qui est, selon elle,
contraire à l'Islam.

Ossama Lotfy - 17 janvier 2006

SOURCE: http://www.voltairenet.org/article133869.html

IL CCP ESATTO PER IL VERSAMENTO A FAVORE DELL'OSPEDALE ONCOLOGICO DI
CARDENAS È 50591007

PER CHI VUOLE DARE UN ULTIMO SALUTO A PUGNO CHIUSO A CYNTHIA:
L'appuntamento è OGGI giovedì 19 gennaio alle 13.30 a Radio Città Aperta
oppure dalle 8 alle 13.00 alla camera mortuaria dell'ospedale S. Giovanni
Dopo questo saluto Cynthia verrà portata a Frosinone, la sua città

http://www.radiocittaperta.it

---

In JUGOINFO, "Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia" ha scritto:

Appello urgente

Per Cynthia e per l'ospedale oncologico di Cardenas


Abbiamo saputo che in tantissimi stanno ordinando fiori, cuscini e
corone per i funerali di Chynthia.

I compagni di Radio Città Aperta lanciano un appello che ci teniamo
che venga raccolto.

Non spendete soldi per fiori che in gran parte dureranno poche ore e
verranno buttati.

La Radio insieme ad altre associazioni è impegnata nella raccolta
fondi per un padiglione oncologico infantile dell'ospedale di Cardenas
a Cuba.

Questi soldi possono essere molto più utili per combattere in un paese
amato da Chyntia come Cuba la stessa malattia che ce l'ha sottratta.

Inviate questi fondi sul conto corrente postale di Radio Città Aperta
50591007 [CORRETTO!] intestato alla radio e con la causale:
ospedale oncologico di Cardenas

grazie
la redazione di Radio Città Aperta

http://www.radiocittaperta.it

---

E' morta Cynthia D'Ulizia,una militante giornalista.

Lunedi 16 gennaio è morta la nostra direttrice responsabile della
rivista PROTEO e della rivista NUESTRA AMERICA, è morta la nostra
compagna di tante battaglie. Cynthia aveva contribuito in maniera
determinante a rendere le riviste PROTEO e NUESTRA AMERICA realmente
indipendenti, lavorando sempre affinchè si affermassero come "voci
fuori dal coro" di una informazione sempre più omologata. La sua
battaglia per l'informazione libera e indipendente come strumento di
lotta politica l'ha vista sempre schierata in prima fila come
direttrice di Radio Città Aperta, come direttrice delle nostre
riviste, come compagna che si è spesa fino all'ultimo momento per
mantenere gli spazi di libertà in un mondo editoriale e
dell'informazione sempre più "strozzato" dalle verità dei potenti.

Come Centro Studi CESTES, come redazione delle riviste PROTEO e
NUESTRA AMERICA la sentiremo sempre parte del nostro percorso per
affermare i valori di una cultura che sappia esprimere i bisogni dei
lavoratori e dei movimenti per la trasformazione economica e sociale.

Ci stringiamo con grande affetto al suo compagno Roberto e e tutti i
compagni che le hanno voluto bene

Ciao Cynthia

Centro Studi CESTES, le redazioni delle riviste PROTEO e NUESTRA AMERICA

---

E' morta Cynthia D'Ulizia, una compagna a testa alta


Lunedì 16 gennaio è morta la nostra compagna Cynthia D'Ulizia.

Abbiamo condiviso i momenti migliori e peggiori di una militanza
comunista che ha attraversato ventitre anni di storia recente del
conflitto di classe nel nostro paese.

Con largo anticipo aveva segnalato come l'informazione fosse diventato
un fronte di lotta politica importante né più né meno di quello
sindacale o sociale. In questo senso Cynthia è stata una militante
giornalista più che una giornalista militante e su questo ha costretto
tanti di noi a misurarsi su un terreno di lotta nuovo ma decisivo per
i tutti i movimenti che si battono per una alternativa sociale.

Cynthia è stata una delle compagne che hanno dato vita al nucleo
originario della Rete dei Comunisti convinta che – nonostante gli
arretramenti degli anni Novanta – proprio i comunisti avessero ancora
un ruolo decisivo nel rimettere in campo una alternativa ad un sistema
che sta nuovamente trascinando l'umanità nell'abisso della guerra e
della miseria.

In tempi di ambiguità, liquidazioni e reticenze ha sempre rivendicato
con orgoglio la propria identità politica guadagnandosi la stima di
tutti, inclusi gli avversari politici. Il suo contributo politico,
sindacale, editoriale nel mondo dell'informazione ha consentito spesso
di tenere aperti degli spazi che sarebbero stati chiusi dalla tenaglia
tra poteri forti e voglia di omologazione.

Intorno a Cynthia e al suo compagno Roberto si stringe oggi
l'abbraccio delle compagne e dei compagni della Rete dei comunisti e
di tutti coloro che l'hanno conosciuta.


La Rete dei Comunisti

http://www.contropiano.org

--- Fine messaggio inoltrato ---

Da un accordo tra Italia, Francia, Spagna, Portogallo e Olanda

Nasce la gendarmeria europea

Sarà comandata dai carabinieri e avrà la base a Vicenza
Il presidente di turno Ue: "E' una pietra miliare"

A margine del vertice informale dei ministri della Difesa dell'Ue che
si è tenuto a Noordwijk in Olanda il 17 settembre, cinque paesi
membri, Italia, Francia, Spagna, Portogallo e Olanda, hanno siglato un
accordo che segna la nascita della gendarmeria europea. Un primo
nucleo di polizia militare, battezzato "Eurogendfor", a cui potranno
aderire in seguito tutti gli altri paesi, nella logica delle
"cooperazioni rafforzate".
Saranno 800-900 i gendarmi europei attivi dal 2005, che
progressivamente saliranno a 3.100, con quartier generale a Vicenza,
nella caserma Chinotto, attuale scuola allievi brigadieri dell'Arma, e
verranno impiegati nella "gestione delle crisi". Nasce così una forza
di reazione rapida in grado di intervenire in un tempo massimo di 30
giorni in zone dove è impegnato militarmente l'imperialismo europeo.
La gendarmeria sarà alle dirette dipendenze dell'Ue, ma potrà
rispondere a chiamate dell'Onu, della Nato o dell'Osce a seconda del
cappello imperialista dell'intervento. Per il ministro della Difesa
olandese Henk Kamp, presidente di turno del vertice, l'accordo a
cinque è "una pietra miliare" nello sviluppo delle strutture di
sicurezza Ue.
Nonostante la gendarmeria l'abbiano inventata i francesi e nel 2003
era stato proprio il ministro francese Michelle Alliot-Marie a
proporne una a carattere europeo, ad avere partita vinta su tutta la
linea è stata l'Italia. Oltre alla sede, il comando spetterà ai
carabinieri. Questo anche perché il modello di struttura prescelto è
stato la Msu, Multinational Specialized Unit, che è ormai da anni il
fiore all'occhiello imperialista e guerrafondaio dei carabinieri
italiani. Sono costoro gli specialisti dell'"ordine pubblico" nelle
"situazioni di crisi". Le Msu sono attualmente tre: una in Bosnia, una
in Kosovo e una in Iraq, a Nassiriya. Tutte comandate dai carabinieri
ma a seconda dei casi formate anche da rumeni, portoghesi, estoni,
ungheresi, sloveni e austriaci.
"L'istituzione di questa nuova forza è molto importante per l'Italia -
ha affermato l'ammiraglio Giampaolo Di Paola, comandante dello Stato
maggiore della Difesa - per due motivi. Il primo ci riguarda
direttamente. L'intesa testimonia che le Forze armate del nostro Paese
sono protagoniste in ambito europeo, ma nello stesso tempo permette
loro di crescere confrontandosi con i vari partner del continente;
tutto ciò si colloca appieno nel progetto di riforma delle Forze
armate. Il secondo motivo è che non a caso è stata scelta Vicenza come
quartier generale della forza. Ciò sta a testimoniare quanto grande
sia la stima a livello europeo, ma non solo, nei confronti delle Forze
armate italiane".
Il ministro della Difesa Martino, gongolante, ha dichiarato che la
nuova forza europea servirà ad assistere le missioni in tutte le loro
fasi di svolgimento, sia in quella iniziale, più propriamente
militare, sia in quella "intermedia" del "mantenimento della
sicurezza", sia nella "fase finale del trasferimento dei poteri alle
autorità civili locali". "è un passo avanti importante - ha proseguito
Martino -. L'Europa della difesa ha dimostrato di fare sul serio. Di
un contingente come questo oggi si ha bisogno in tutte le missioni
internazionali. è un successo che dà corpo concretamente all'idea di
una difesa comune".
Ma in Olanda i ministri della Difesa dell'Ue hanno fatto un altro
passo avanti sul terreno del potenziamento militare della superpotenza
europea. I quattro maggiori paesi Ue, Germania, Francia, Gran Bretagna
e Italia, hannoinfatti perorato la causa dei "Battle-group", le unità
di intervento rapido interforze, precisando la loro intenzione di
allestire il maggior numero di queste unità che sono composte da 1.500
uomini in grado di essere impiegati fuori continente in tempi
rapidissimi. Martino ha anche firmato con i suoi colleghi diUngheria e
Slovenia una lettera d'intenti per la creazione di una "Battle-group"
a tre con questi paesi e ha annunciato che si sta "studiando a fondo
la costituzione di un gruppo di reazione rapida esclusivamente
nazionale". Per quanto riguarda un terzo gruppo anfibio, gli
imperialisti italiani stanno lavorando con Spagna, Portogallo e
Grecia. Il ministro della Difesa tedesco Peter Struck, a nome della
presidenza del vertice, ha affermato che anche Francia, Germania e
Gran Bretagna realizzeranno tre "Battle-group" ciascuno e questo
consentirà di raggiungere e probabilmente di superare l'obiettivo,
nove unità d'intervento rapido interforze, che era stato fissato per
il 2007.
L'imperialismo europeo, insomma, va alla carica, per non essere
secondo agli Usa nella difesa dell'espansione dei suoi monopoli in
tutto il mondo.

---

Accordo tra Francia, Italia, Spagna, Olanda e Portogallo. Carabinieri
al comando

Gendarmi di tutta Europa unitevi

I. B. su Liberazione del 18 settembre 2004

Gendarmi di tutta Europa unitevi. L'idea era nell'aria da un pezzo,
ma ieri ci hanno messo la firma i ministri degli Esteri di Francia,
Italia, Spagna, Portogallo e Olanda. A Noordwijk, nei Paesi Bassi,
Antonio Martino e colleghi hanno battezzato ufficialmente la
dichiarazione diintenti del progetto Eurogenfor, se si preferisce Fge
(all'italiana, Forza di gendarmeria europea) oppure "battle group", in
soldoni la creazione di una forza mista di gendarmeria europea. O
meglio, composta dai cinque Paesi dell'Ue che contemplano l'esistenza
delle unità diordinamento militare o paramilitare specializzate nella
sicurezza. Ovvero i carabinieri, ovvero la gendarmérie in Francia o la
guardia civili in Spagna.

Circa 3mila unità, sede a Vicenza, il marchio dei carabinieri italiani
è anche nel comando, che dovrebbe essere affidato al tenente
colonnello Barbano. I compiti di questa nuova creazione non dovrebbero
essere di sicurezza interna (c'è già la controversa Europol), bensì
tipiche operazioni diintervento rapido a cavallo tra l'azione militare
pura e il mantenimento di sicurezza e ordine pubblico, modello
sperimentato nei Balcani. «La Fge è dispiegabile in tempi rapidi per
condurre operazioni in sostegno della lotta contro il crimine e la
protezione di missioni civili - si legge in una nota della Difesa -
può essere allocata non solo nell'Unione Europea, ma anche nell'Onu,
nell'Osce e nella Nato».

L'idea era stata lanciata a Roma nel 2003 dal ministro della Difesa di
Parigi Michèle Aliot-Marie, per una forza che dovrebbe essere
costituita da circa 3.000 uomini, di cui circa 900 pronti
all'intervento rapido (un mese) e i carabinieri pescheranno nel
serbatoio dei circa 4.000 militari dell'Arma in riserva per operazioni
internazionali. E non tutte, a giudicare dallo stallo dell'idea difesa
europea testimoniato dagli schieramenti (diversi) dell'Ue in Iraq.

Sottratta al controllo delle istituzioni politiche dell'Ue, la Fge
nasce senza dibattiti al Parlamento europeo né ispirazione della
Commissione grazie alla cooperazione rafforzata, che permette a Paesi
membri iniziative bilaterali (o multilaterali) autonome purché nello
spirito dei trattati e sperimentata in passato con varie forme di
collaborazione tra carabinieri e colleghi europei. Sinistro, su tutti,
il ricordo dell'addestramento di alcuni reparti dell'Arma nella
caserma della gendarmérie di Bordeaux, prima del G8 di Genova.

---

Eurogendfor, la nuova gendarmeria europea

«Di un contingente come questo si ha bisogno in tutte le missioni
internazionali. La risposta al terrorismo non è più la Difesa ma
l'organizzazione della sicurezza». Sono parole del Ministro della
Difesa Antonio Martino, pronunciate all'annuncio della costituzione di
Eurogendfor (Egf), Forza di sicurezza europea, modellata sui gendarmes
francesi e sulle Msu dei Carabinieri italiani. L'annuncio è stato dato
a conclusione della riunione dei Ministri della Difesa europei,
tenutasi nel settembre scorso a Noordwijk, vicino l'Aja.

Questa Forza, con quartiere generale a Vicenza, nella Caserma
"Chinotto", già sede del Comando Reggimento Allievi Brigadieri, sarà
operativa nei prossimi mesi. Ne fanno parte Italia, Francia, Spagna,
Olanda e Portogallo, cioè i Paesi che hanno Forze di Polizia a status
militare. Altri Stati, come la Germania, non partecipano alla Forza di
Gendarmeria Europea in quanto non hanno Corpi di Polizia militari. «La
Forza servirà ad assistere le nostre missioni in tutte le loro fasi di
svolgimento», spiega il Ministro Martino, «sia in quellainiziale, più
propriamente militare, sia in quella intermedia, sia nella fase finale
del trasferimento dei poteri alle autorità civili».

La Forza potrà disporre di ottocento uomini entro trenta giorni
dall'inizio dell'esigenza, e di altri duemilatrecento come secondo
approntamento di riserva. Una Forza «abbastanza consistente», ha
commentato il Comandante Generale dei Carabinieri Luciano Gottardo,
soddisfatto per il riconoscimento internazionale all'Arma; e un
«successo concreto del Governo italiano» per il Ministro Martino, in
quanto questa nuova Forza europea rappresenta un primo passo verso
«l'idea di una Difesa comune» dei Paesi della Ue, al cui vertice
militare è stato designato un italiano, ex Capo di Stato Maggiore
della Difesa. Dal 9 aprile 2004, infatti, ha assunto l'incarico di
Presidente del Comitato Militare dell'Unione Europea a Bruxelles il
generale Rolando Mosca Moschini.

L'Italia fornirà all'Egf il maggior contributo diuomini, cioè di
Carabinieri. La Forza è in particolare formata da una componente
operativa, da una specializzata nella lotta contro il crimine e da una
di supporto logistico. Il coordinamento politico-militare spetta a un
Alto Comitato Interministeriale, composto dai rappresentanti dei
Ministri responsabili dei cinque Paesi partecipanti.

LaEgf potrà essere impiegata nelle aree di crisi per impedire il
sorgere di conflitti, per supportare le operazioni militari o per
assicurare la transizione all'amministrazione civile. Avrà quindi il
compito di esercitare azione di coordinamento, comando, controllo e
pianificazione delle unità dispiegate nelle aree di conflitto dai
cinque Paesi per fronteggiare le necessità connesse alle operazioni di
sostegno della pace.

Il comando dellaEurogendfor sarà assegnato a rotazione a ciascuno dei
cinque Paesi che ne concorrono al mantenimento. Il primo Comandante
sarà il général de brigade Gérard Deanaz della Gendarmeria francese.

Assieme al Quartier Generale della Gendarmeria Europea, Vicenza
ospiterà un'altra importante Istituzione internazionale: il Center of
Excellence for the Stability Police Units (CoESPU). I Paesi del G8,
nel meeting di Sea Island del giugno 2004, hannoinfatti avallato un
apposito progetto italiano per la costituzione di un Centro capace di
diffondere la dottrina e l'esperienza delle "Carabinieri/Gendarmerie
like forces", unità di cui è stata riconosciuta la duttilità di
impiego. I Carabinieri, infatti, così come la Gendarmeria francese o
simili forze di polizia militare, possono schierarsi o fungere da
supporto in interventi standard e, allo stesso tempo, attuare le
operazioni di polizia che spesso risultano urgenti e necessarie per
riportare l'ordine e ripristinare lo stato di diritto in zone colpite
da gravi crisi belliche e/o politiche.

Il CoESPU di Vicenza, diretto dal generale dei Carabinieri Pietro
Pistolese, ha il compito di addestrare gli "istruttori per l'attività
di stabilizzazione", ossia di formare ufficiali di Polizia di Paesi
esteri, dalle provenienze più disparate. Questo personale verrà messo
in grado, al termine dei corsi previsti, di rientrare in patria ed
indottrinare a sua volta i membri delle unità nazionali per affrontare
al meglio le più eventuali e disparate crisi internazionali,
costituendo ed inviando, su richiesta dell'Onu, le Unità di Polizia
così preparate.

Il CoESPU si proporrà anche come serbatoio di pensiero per lo sviluppo
di dottrine, ricerche e studi specifici, tenendo in considerazione
anche le esperienze maturate da tutte le missioni di pace condotte
nelle aree di crisi dalle Forze nazionali ed estere, in particolare dalle

Msu, nonché i contributi dottrinari di altri Istituti di ricerca, come
lo Staff College delle Nazioni Unite e il George Marshall Center.

Allo scopo, il CoESPU organizzerà corsi di diritto internazionale
umanitario, diritto penale, cooperazione civile-militare, contrasto
alla criminalità organizzata, sicurezza delle prigioni, vigilanza
delle frontiere, arresti ad alto rischio eccetera. La coesistenza
diEgf e CoESPU, due Organizzazioni di così ampio respiro e rilevanza
internazionale, farà probabilmente della Caserma "Chinotto" di Vicenza
uno dei più importanti Centri per la Pace nel mondo.

Mario Gargano

---

Vicenza - Appello contro la Gendarmeria Europea

No all'inaugurazione della Gendarmeria Europea!

Global Project Vicenza - Lunedì 16 gennaio 2006

Giovedi' 19 gennaio 2006
Manifestazione contro l'inaugurazione della Gendarmeria Europea
Vicenza Piazzale Stazione FS ore 10.00

Il 19 gennaio Vicenza sarà protagonista dell'ennesima tappa dello
sviluppo della guerra globale permanente e della progressiva
militarizzazione del territorio berico.
Sarà il giorno dell'inaugurazione del comando centrale della
Gendarmeria Europea (Eurogendfor), nuova forza intranazionale
istituita dall'Unione Europea allo scopo di condurre "missioni di
polizia in operazioni di crisi".
Questa nuova forza militare Europea avrà quindi il preciso compito di
agire nei contesti sanguinosi delle cosiddette "guerre umanitarie" e
sarà il nuovo strumento per esportare la "democrazia occidentale" e la
"libertà duratura" nelle varie regioni del globo.
Questa Gendarmeria sarà composta solamente dalle forze di polizia
militarizzata dialcuni paesi Europei, quindi non le semplici forze di
polizia ma i reparti militari con compiti e addestramenti di guerra.
A coinvolgere le proprie forze nella Gendarmeria Europea sin dalle
prime fasi sono poi solamente 5 Paesi (Italia, Francia, Spagna,
Portogallo e Olanda) e a farne parte sono alcuni tra i reparti di
polizia militarizzata più noti per la loro brutalità: dalla
Gendarmeriè Francese protagonista recentemente della repressione delle
proteste nelle banlieus, alla Guardia Cìvil Spagnola, fino ai
Carabinieri nostrani, quelli di Genova, della Val di Susa, che hanno
ucciso Carlo Giuliani e "annichilito" iracheni.
Costruire una forza Europea di polizia militarizzata fa parte della
volontà dei governi europei di essere sempre più presenti sui vari
scenari della guerra globale e del business per il controllo delle
risorse e della ricostruzione.
Ma la Gendarmeria Europea non ha solo compiti "internazionali"; si
addestrerà ogni anno a Saint Astier in Francia:148 ettari di terreno
collinoso dov'è ricostruita, come in un set cinematografico, una vera
e propria città. Fra negozi, piazze e stradine - in un contesto simile
a quello di un qualsiasi centro occidentale - vengono sperimentate
tecniche di guerriglia urbana, viene affinato l'uso di lacrimogeni, ci
si prepara a reagire all'uso di bombe a mano. Secondo una tecnica
organizzativa consolidata, gli agenti da addestrare simulano di essere
manifestanti, con tanto di fazzoletti al collo e caschi in testa.
Tutti agenti, di diverse nazioni, per settimane gli uni contro gli
altri, ad apprendere l'arte della guerriglia.
All'interno della Caserma "Chinotto" di Vicenza il quartier generale
della Gendarmeria Europea andrà ad aggiungersi al Centro diEccelenza
per le Stability Police Units (COESPU), l'isitituto finalizzato
all'addestramento di istruttori di polizia con status militare
provenienti in prevalenza da Paesi in via di sviluppo. Questo vuol
dire che nei prossimi cinque anni al centro del COESPU si
addestreranno 3.000 ufficiali e sottufficiali provenienti ad esempio
da Camerun, Giordania, Senegal, che ritorneranno ai loro Paesi a
costituire le forze di polizia locali del tipo "carabinieri/gendarmerie".
A comando di questa "scuola" c'è il generale di brigata dei
carabinieri Leonardo Leso, lo stesso che a Genova durante il G8 era
comandante del quartier generale alla Fiera, dove stavano i mezzi dei
plotoni di P.zza Alimonda, lo stesso che si è reso protagonista delle
torture in Somalia, lo stesso che era comandante del Reggimento
Carabinieri Paracadutisti "Tuscania", lo stesso che vanta una lunga
esperienza nelle missioni in Bosnia e in Kossovo.

Non possiamo accettare che tutto questo passi sotto silenzio, a tutto
questo noi vogliamo urlare il nostro più totale dissenso e la volontà
e determinazione di opporci alla trasformazione della nostra città in
un centro strategico-gestionale e di adddestramento per l'esportazione
dell'orrore della guerra globale.
Infatti la Gendarmeria Europea e il Coespu si andranno ad aggiungere a
Camp Ederle, la base Usa da cui partono i parà per l'Afghanistan e
l'Iraq, al deposito di armi più o meno legali di Lerino, ai missili
nucleari nascosti per anni nei colli Berici fino alla recente
concessione di gran parte dell'aereoporto civile Dal Molin
all'esercito americano con l'arrivo di altri 2500 militari e la
costruzione di un altro villaggio americano.
Resisteremo a chi ci vorrebbe"embedded", silenziosi e conniventi con
chi organizza nuovi miliziani per proseguire le aggressioni e le
speculazioni nelle varie parti del mondo.
Giovedi 19 Gennaio sarà la giornata di contestazione
dell'inaugurazione della Gendarmeria Europea perchè non vogliamo delle
milizie europee pronte ad esportare la guerra globale spacciandola per
"operazioni di pace e di polizia militare internazionale" e perchè
vogliamo che Vicenza diventi una città libera, aperta e solidale e non
un territorio di servitù militare.

Nuovo Capannone Sociale,
Associazione Ya Basta! Vicenza,
Coordinamento Studentesco Vicenza,
Coordinamento Liberazone Altovicentino
Cantieri Monteciorock

INTELLIGENT HURRICANE

Anche il sindaco di New Orleans si sintonizza sulla lunghezza d'onda dei
fondamentalisti religiosi USA.

USA: GLI URAGANI SONO UNA 'PUNIZIONE DIVINA'
17/01/2006 18.25.00


(ANSA) - WASHINGTON, 17 GEN - Il sindaco di New Orleans, Ray Nagin, non ha
dubbi sulle cause della recente inondazione: Dio punisce l'America per la
guerra in Iraq. Secondo Nagin, la rabbia divina e' causata da diverse ragioni.
"Sicuramente non approva la nostra presenza in Iraq con falsi motivi. Ma
e' certamente arrabbiato anche con l'America nera perche' non riesce a prendersi
cura dei suoi problemi". Il sindaco, che e' un afro-americano, ha promesso
che New Orleans "diventera' di nuovo una citta' cioccolata".

Appello urgente

Per Cynthia e per l'ospedale oncologico di Cardenas


Abbiamo saputo che in tantissimi stanno ordinando fiori, cuscini e
corone per i funerali di Chynthia.

I compagni di Radio Città Aperta lanciano un appello che ci teniamo
che venga raccolto.

Non spendete soldi per fiori che in gran parte dureranno poche ore e
verranno buttati.

La Radio insieme ad altre associazioni è impegnata nella raccolta
fondi per un padiglione oncologico infantile dell'ospedale di Cardenas
a Cuba.

Questi soldi possono essere molto più utili per combattere in un paese
amato da Chyntia come Cuba la stessa malattia che ce l'ha sottratta.

Inviate questi fondi sul conto corrente postale di Radio Città Aperta
50581007 intestato alla radio e con la causale ospedale oncologico di
Cardenas

grazie
la redazione di Radio Città Aperta

http://www.radiocittaperta.it

---

E' morta Cynthia D'Ulizia,una militante giornalista.

Lunedi 16 gennaio è morta la nostra direttrice responsabile della
rivista PROTEO e della rivista NUESTRA AMERICA, è morta la nostra
compagna di tante battaglie. Cynthia aveva contribuito in maniera
determinante a rendere le riviste PROTEO e NUESTRA AMERICA realmente
indipendenti, lavorando sempre affinchè si affermassero come "voci
fuori dal coro" di una informazione sempre più omologata. La sua
battaglia per l'informazione libera e indipendente come strumento di
lotta politica l'ha vista sempre schierata in prima fila come
direttrice di Radio Città Aperta, come direttrice delle nostre
riviste, come compagna che si è spesa fino all'ultimo momento per
mantenere gli spazi di libertà in un mondo editoriale e
dell'informazione sempre più "strozzato" dalle verità dei potenti.

Come Centro Studi CESTES, come redazione delle riviste PROTEO e
NUESTRA AMERICA la sentiremo sempre parte del nostro percorso per
affermare i valori di una cultura che sappia esprimere i bisogni dei
lavoratori e dei movimenti per la trasformazione economica e sociale.

Ci stringiamo con grande affetto al suo compagno Roberto e e tutti i
compagni che le hanno voluto bene

Ciao Cynthia

Centro Studi CESTES, le redazioni delle riviste PROTEO e NUESTRA AMERICA

---

E' morta Cynthia D'Ulizia, una compagna a testa alta


Lunedì 16 gennaio è morta la nostra compagna Cynthia D'Ulizia.

Abbiamo condiviso i momenti migliori e peggiori di una militanza
comunista che ha attraversato ventitre anni di storia recente del
conflitto di classe nel nostro paese.

Con largo anticipo aveva segnalato come l'informazione fosse diventato
un fronte di lotta politica importante né più né meno di quello
sindacale o sociale. In questo senso Cynthia è stata una militante
giornalista più che una giornalista militante e su questo ha costretto
tanti di noi a misurarsi su un terreno di lotta nuovo ma decisivo per
i tutti i movimenti che si battono per una alternativa sociale.

Cynthia è stata una delle compagne che hanno dato vita al nucleo
originario della Rete dei Comunisti convinta che – nonostante gli
arretramenti degli anni Novanta – proprio i comunisti avessero ancora
un ruolo decisivo nel rimettere in campo una alternativa ad un sistema
che sta nuovamente trascinando l'umanità nell'abisso della guerra e
della miseria.

In tempi di ambiguità, liquidazioni e reticenze ha sempre rivendicato
con orgoglio la propria identità politica guadagnandosi la stima di
tutti, inclusi gli avversari politici. Il suo contributo politico,
sindacale, editoriale nel mondo dell'informazione ha consentito spesso
di tenere aperti degli spazi che sarebbero stati chiusi dalla tenaglia
tra poteri forti e voglia di omologazione.

Intorno a Cynthia e al suo compagno Roberto si stringe oggi
l'abbraccio delle compagne e dei compagni della Rete dei comunisti e
di tutti coloro che l'hanno conosciuta.


La Rete dei Comunisti

http://www.contropiano.org

(english / francais)

Balkans-Infos
N° 106 - Janvier 2006

http://www.istina.at/index.php?option=content&task=view&id=989&Itemid=62

Недеља, 15. I 2006.

TWO FASCIST IDEOLOGISTS AND CRIMINELS OF WAR
PROMOTED FOUNDING FATHERS OF UN ANTI-SERB MONTENEGRO

By KOMNEN BECIROVIC

Translated by Francesca Gillon

It is truly prejudicial to the Montenegrins' honour and dignity as
well as insulting to the memory of all those victims of the fascist
scourge in ex Yugoslavia and elsewhere, to see how for many years now
and without international public opinion noticing it two fascist
ideologists and criminals of war have been rehabilitated in their own
country, namely: Sekula Drljevic , a barrister and a politician, born
in 1884 in Moraca and Savic Markovic going by the name of Stedimlija ,
a publicist, born in 1906 in Piperi. This rehabilitation which is now
done was first started and conducted in Zagreb at the time of the
nationalist enthusiasm in Croatia before the harmful secession of that
Republic from the Yugoslav Federation in 1991, taken up and slyly
pursued in Montenegro in the nineties by the anti-Serb weekly Monitor
, impudently and ostentatiously continued since Milo Djukanovic
established his personal power in 1997 by the half-monthly Crnogorski
knjizevni list , the Montenegrin literary newspaper edited by Jevrem
Brkovic , the poet and crank writer who spent eight years in Zagreb as
a militant for the Croat and Islamic-Bosnian cause. The texts written
by Drljevic and Markovic-Stedimlija and pulished in Zagreb and
Podgorica, have in fact become founding texts of the anti-Serb
Montenegrin state being established by the reigning team of
ex-communists led by Djukanovic expecting its consecration on the
occasion of the referendum to be held willy-nilly next spring and
considered as already won.

It is for quite mean reasons that those two characters changed sides
during the thirties of the last century, their anti-Serb attitude
being all the more extreme as they had until then acknowledged their
serbity; Drljevic had failed to get the ministerial position he
coveted in king Alexander's government after the creation of
Yugoslavia in 1918, and Markovic-Stedimlija had failed to find a
place for his wild imaginings on the Croat nature of Montenegrins in
the Serb-Montenegrin press forcing him to make do with
ultra-nationalist Croat publications. On Yugoslavia being invaded by
nazi Germany and fascist Italy in April 1941, the two creatures
straight away put themselves at the disposal of the occupier; Drljevic
had volunteered to be the president of an allegedly sovereign
Montenegrin state which was proclaimed by the Italians but lasted only
a single day, as the result of the general popular insurrection that
took place the following day; Stedimlija had been personally chosen by
Ante Pavelic , the poglavnik, the head of the Ustashi Croat state ,
who considered him as the best writer in Zagreb, to be the main
apologist and propagandist of the genocide which that state was to
carry out on the Serbs as well as the Jews and the Gypsies for four
years in Croatia and Bosnia-Herzegovina, this last province being
included by Hitler in his puppet creation. Drljevic was soon abandoned
by the Italians for want of any support in the country and exiled by
them to San Remo where he lived freely before going illegally to
Zagreb to found with Stedimlija a hypothetical " Montenegrin national
council ", the two traitors relying then on Pavelic and through him on
Hitler to free Montenegro from Serbia under the nazi domination. As
early as May 1941, in a letter to the foreign minister of the so
called " Independent State of Croatia ", Mladen Lorkovic ,Stedimlija
expressed the hope that Croatia, his "second native land", would
support an independent Montenegro putting forward the long standing
sympathies of Sekula Drljevic in favour of the Ustashi Croat movement
and furthermore praising " Poglavnik Dr Ante Pavelic's wise and heroic
conduct ". The further Hitler's monstrous creation sunk into magnum
crimen , to use the title of the famous work by the Croat historian
Victor Novak on that gloomy period, the more Stedimlija praised the
bloody Pavelic as can be seen in the following lines chosen among so
many similar ones:

"For the first time in the life of the Croat people the guide and
leader of the people are united in a single person. The Poglavnik, Dr.
Ante Pavelic, having spent the most difficult times in fighting for
the liberation of Croatia and the recovery of its independence and
having made the greatest efforts has succeeded thanks to his specific
virtues and his spiritual strength. He has most deeply understood the
Croat people's destiny, has perceived its qualities and capabilities,
realized the meaning of its way through history and has discovered the
mystery of its suffering so that he has decided to satisfy its
greatest need by the means that the very people will give Him when He
will ask for it. He has thus become the supreme Guide in whose will
and thought the whole people's will and thought are to be found.
Through his determination and relying on what is best in his people
when it was most necessary, the Poglavnik has by a revolutionary act
liberated Croatia from the foreign yoke and re-established its
independence thereby laying the basis for its development in liberty,
happiness and well-being… Thanks to His clairvoyance, He has been able
to see the advent of the New European Order proclaimed by fascism and
nazism and to understand how the system put in place by Hitler's
Germany and Mussolini's Italy perfectly coincides with the wishes of
the Croat people by offering it the means to develop into a great,
powerful and civilized people within its own State which will occupy
its due place in the new European order …"

Beyond those blaring words one will notice that the man who praises
Pavelic the executioner writes the personal pronouns with capital
letters whenever he refers to the latter as it was done in the past
for the names of kings, emperors or God himself. And while hundreds of
thousands of orthodox Serbs were perishing under the knives of the
Ustashi Croats , ended up at the bottom of mountain abysses or in the
death camp of Jasenovac or were forced to convert to Catholicism, the
impious Stedimlija , acting as the deputy of the fake Serb bishop
Germogen appointed by Pavelic and as director of a so-called Orthodox
calendar rejoiced: " The souls of orthodox Croats are overjoyed
according to the many letters written both by the congregations and
the members of the clergy. Their hearts are filled with happiness and
gratitude for the Poglavnik's work. They say in their letters that
with joyful tears they invoke Him who governs the world and the
centuries to bless Poglavnik and the Ustashi Croat state having
understood the path taken by the Poglavnik and the independent Croat
state ."

Drljevic greeted the occupation of Montenegro by Mussolini's army as a
liberation from the Serbs and in the presence of the military governor
Serafino Mazzolini , surrounded by black shirts exclaimed on July 12th
1941 in Cetinje, the day when the so-called sovereignty of Montenegro
was re-established: " God bless His Majesty, Victor-Emmanuel III, the
glorious King and Emperor of the powerful and friendly Italian Empire.
The Montenegrin people are proud of the fact that the advent of a free
Montenegro is associated with the immortal work of the Duce, the
inspired creator of the fascist Empire, and with the exploits of the
glorious and victorious Italian army ." It is to be remembered that
when Yugoslavia was shared between Hitler and Mussolini in 1941,
Montenegro had been awarded to Italy as a sort of belated dowry for
queen Helene ,Victor-Emmanuel's wife and daughter of king Nicolas of
Montenegro whom Drljevic had betrayed when opting, against the wish of
the old king who had appointed him minister, for the integration of
Montenegro into Yugoslavia, option he was later to fight against. And
yet when the Italians let him down, the unsavoury individual who
believed himself to be Montenegro providential man turned to other
masters, the nazis, praising them at the very moment when Europe was
transformed into the theatre of their crimes, when extermination camps
were working at full capacity and when bruised peoples were bleeding
and moaning in their superhuman fight against the curse. Drljevic was
writing in particular:

"The national-socialist revolution will have been by far less bloody
than any other previous significant revolutions because the
national-socialist ideology was not imposed by terror or blood upon
the people but accepted by the great majority of the people prior to
becoming a prevailing ideology. Adolph Hitler, the guide of the
national-socialist revolution became the Fuhrer of the German people
prior to becoming the Fuhrer of the Great German Reich."And when a
group of officers dared on July 20th 1944 raise their hands to their
idol, Drljevic could not stop wondering: "Is it possible that in the
German army whose fate would be envied by the greatest heroes of any
century could be found officers determined to commit a crime just for
the sake of taking hold of power? And what makes the conjurors' crime
all the more serious is the moment chosen by them to make an attempt
on the Fuhrer's life with all the resulting consequences. According to
their own confessions, they were thus ready to transform a people of
one hundred million men into European slaves who would have made their
sweat bear profit to Jewish capitalism free of charge for another
century at least ."

And the Fuhrer's flatterer congratulates himself that the saved life
of the former will be his rampart as he persevered in his adulation
for Hitler and Ante Pavelic , the hideous satrap of his. The latter
gave Drljevic au audience as late as the end of February 1944 to
confirm the support and assistance of the Ustashi Croat government to
his " Montenegrin council " and make it possible to publish and
distribute his anti-Serb pamphlet entitled Balkan Conflicts which the
Croats will hastily republish in 1990 just before the break-up of
Yugoslavia by them. Drljevic was not only in favour with Pavelic but
also with Ustashi Croat dignitaries and particularly with Andrija
Artukovic , in charge of home affairs and so successful at it he was
nicknamed " the death minister ", obviously for as well as by the
Serbs and Jews alike. Whenever Andrija Artukovic visited Zemun, the
town where Drljevic officially lived in the street Adolph Hitler , the
latter embraced him at the station.

However the Montenegrin Quisling committed a most hideous crime in
collusion with his Croat masters when at the beginning of April 1945
thousands of Montenegrin royalist combatants, the Tchetniks, under the
leadership of Pavle Djurisic , retreating before Tito's communist
troops arrived in northern Bosnia in the plain of Lijevac at the
bottom of mount Kozara and were confronted with Ustashi troops more
numerous than themselves. Drljevic offered them an armistice or even a
safe conduct to the West if they surrendered and signed an agreement
with them to this effect. They believed him but as soon as they had
handed their arms over some three hundred officers along with Djurisic
, their commander, were taken to Jasenovac to be murdered there while
the sinister clown proclaimed himself commander of the remains of this
army of distressed men which he believed himself capable of leading,
within the framework of the Croat army and the Wehrmacht, to liberate
Montenegro from the so-called Serb slavery so obsessed had he been by
the myth of Nazi Germany's invincibility. He however never got the
time to prove his talents as man of war which would have proved even
more pitiful than his talents as politician since the just retribution
did not fail to catch up with him in the middle of the general rout at
Judenburg in Austria where one of survivors of the massacre he had
plotted against him served him back the same fate.

His associate Stedimlija , a skilful and sly individual not without
wit and speaking German well was sent towards the end of the war as
Croat diplomatic representative to the Reich headquarters for Balkan
affairs in Vienna to give a new life to Germany's weakening support to
Croatia as well as to Montenegro such as Drljevic and himself
conceived it. His very detailed reports sent to Zagreb show how the
Germans who were assailed from everywhere, cared little about it. On
the contrary, when Stedimjila insisted upon Theodor Wuhrer , a high
dignitary, for greater assistance to Croatia he was openly reminded
that the Croats were responsible for their self-inflicted disaster as
the Germans had never ordered the murder of seven hundred thousand
Serbs committed by the Ustashi Croats thus provoking the Serb
uprising. Coming from a German dignitary, this assertion is most
interesting for all kinds of revisionists and negationists of the
genocide carried out against the Serbs in Ustashi Croatia.

When Vienna was occupied by the Russians, Stedimlija was taken
prisoner and remained there for ten years before being extradited
towards Yugoslavia where he was judged and sentenced as a criminal of
war by the Zagreb tribunal to eight years imprisonment, a sentence he
did not serve benefiting from complicities within the Croat communist
power. From then on he adopted a low profile and signed his texts,
mainly essays, under pseudonyms although he made himself heard with
his usual vehemence and under his real name of Savic Markovic on the
occasion of the affair of the Mount Lovcen sanctuary in 1970. In the
Zagreb daily Vjesnik he made his contribution to the profanation and
destruction undertaken by the communist regime of the chapel at the
top of the Mount Lovcen sheltering the ashes of the greatest Serb
poet, Peter Petrovich Niegosh , the metropolitan prince of Montenegro.
It had already been desecrated and destroyed as national symbol a
first time by the Austrian-Hungarians during World War I but restored
by king Alexander on the liberation and creation of Yugoslavia. On
restoring the sanctuary on Mount Lovcen and returning Niegosh's ashes
to the solitary place chosen by the poet prince, king Alexander had
simply carried out a national as well as a familial duty, Niegoch
being his maternal great-great-uncle. And yet the humble chapel of
Lovcen representing the seal of the famous grand-Serb hegemony in the
perverse mind of the fascist old campaigner Stedimlija and his
associates as well as in that of the communists, they had no
difficulty in agreeing in some monstrous solidarity to having it
destroyed and replaced instead by the dismal blockhouse designed by a
Croat artist which since stands on the disfigured summit of the Lovcen
as the symbol of the most perfect fusion of the two totalitarian evils
of the twentieth century, the fascist and communist, ones which have
tormented the Serb people among others. This crime, which was
committed simultaneously against nature, history and culture and which
such eminent people as Andrй Malraux ,Gabriel Marcel ,Jean Cassou
,Pierre Emmanuel and others vainly tried to prevent by a direct appeal
to Tito, was a spectacular blow dealt to the Serb identity of
Montenegro. Obviously the present Montenegrin political leaders, as
faithful heirs of their elders are proud of this monstrous building
which the elements never fail to damage, and refuse the idea of giving
back something of its original aspect to the summit of Mount Lovcen.

However, even if Stedimlija , who died in 1970, and Drljevic had both
been flattered, rewarded and honoured while being kept in check by
their Croat masters, they did not enjoy a similar treatment from the
Germans despite their flattering gesticulations in praise of Hitler
and the third Reich. On the contrary they never failed to express
their contempt for the two renegades as Rastislav V. Petrovic , the
historian, has proved it in his well documented book entitled The
Ustashi Croat Montenegrins published in Belgrade in 1997 which is the
basis for this present text. Thus Hermann Neubacher , the Reich
minister for south eastern European affairs, would qualify Drljevic of
"insignificant and villainous individual first in the pay of the
Italians, then the Croats and even of a Croatian whore "; Hans Helm ,
the German representative to the Ustashi Croat government treated
Stedimlija similarly when the latter was chosen for the key role of
the genocide propaganda, wondering ironically what possibly could be
his name and surname. And even though, according to Antoine Sidoti,
the author of Montenegro and Italy during World War II, published by
CNRS in 2004, Mussolini himself had ended up feeling compassion for
the fate of the Croatian Serbs, declaring he would never forgive
Pavelic for having killed one million of them, the two Ustashi Croat
mercenaries, the only ones Montenegro ever to have produced, remained
to the very end indifferent to such massacre and immured in their
inhumanity fed on the cursed food of treason.

Unfortunately, these are the two unfortunate devils, Sekula Drljevic
and Savic Markovic , the master and the disciple, that the present
determined anti-Serb regime, by-passing the most illustrious
Montenegrins including Niegosh himself precisely on account of their
Serb identities, has gone and fetched on the rubbish pile of history
to be the forerunners, the theoreticians " the coryphaei of the
Montenegrin nation ", to use the term employed by Jevrem Brkovic, the
most zealous of their followers. Their infamous writings are today
used as a reference in the fields of politics, history, ethnology,
linguistics as well as theology. Besides the popular poem plagiarized
by Drljevic , an even more pitiful poet than politician, Ф, luminous
down of Montenegro ! , is raised to the status of "national anthem"
being daily sung on Montenegrin television. In number 84 dated June
1st 2004 of the more slanderous and heinous than literary sheet edited
by Brkovic and financed by public funds, one can also read an appeal
by the fanatically separatist historian Novak Adzic for the
repatriation of Drljevic's remains from Austria to Montenegro so that
they may be solemnly inhumed. With due proportions, this reminds us
that Croat president Franjo Tudjman had formerly suggested to have
Pavelic's remains transferred to Zagreb and given national funerals.

In short, Drljevic and Stedimlija have truly become the henchmen of
present Montenegro. Needless to say that most Montenegrins whose names
in history is identified with liberty and dignity resent this
revisionist charade making the already unwholesome climate in the
country even worse, considering it not only humiliating but even worse
prejudicial to their millenary Serb identity. Besides the fact that
they cannot accept their country to be haunted by the ghosts of a
monstrous past despite this nightmarish propaganda, they find their
union with their brothers in Serbia almost a century old all the more
natural as they share a common history, language, culture and religion
not to mention the multitude of Montenegrins having migrated and
become Serbian citizens. And even if one had to accept a sovereign
Montenegrin state, such a state having existed on several occasions in
the past but always as a Serb state, one cannot but be indignant and
anxious at the idea that may see the light a state whose pillars would
not be illustrious Montenegrin figures but those two poor devils
instead with their sorrowful inheritance of criminal, chauvinistic and
racist acts and phantasms having thrived in the shade of nazi
abomination.

To consecrate such a state, whose failings are not limited to the
above, by giving it international recognition would be a grievous
mistake, an act against nature, ethics, history.

Translated by Francesca Gillon
B. I. (Balkans-Infos)
N° 106, janvier 2006
See also by Komnen Becirovic : La serbite des Montenegrins, B.I. n°
54, avril 2001 ; La grande figure du prince-poete Niegoch, B.I. n° 52,
fevrier 2001 ; Montenegro : les aberrations du separatisme antiserbe,
B.I. n° 94, decembre 2004. http:// www.b-i-infos.com


http://www.b-i-infos.com/art_komnen_becirovic_montenegro_et_fascisme.php

Deux fascistes honorés au monténégro

De Komnen Becirovic

C'est une véritable atteinte à l'honneur et à la dignité des
Monténégrins en même temps qu'une insulte à la mémoire des victimes du
fléau fasciste en ex-Yougoslavie et ailleurs, que de voir s'opérer
depuis des années dans leur pays, sans que l'opinion publique
internationale s'en aperçoive, la réhabilitation de deux idéologues
fascistes et criminels de guerre locaux, Sekula Drljevic avocat et
politicien, né en 1884 à Moraca, et Savic Markovic dit Stedimlija,
publiciste, né en 1906 à Piperi.
Entamée et menée d'abord à Zagreb à l'époque de l'euphorie
nationaliste en Croatie, qui préluda à la sécession néfaste de cette
République de la Fédération yougoslave en 1991, reprise et poursuivie
subrepticement au Monténégro par l'hebdomadaire Monitor durant les
années 90, poursuivie avec ostentation et impudence depuis
l'instauration du pouvoir personnel de Milo Djukanovic en 1997, par le
bimensuel Crnogorski knjizevni list, journal littéraire monténégrin,
dirigé par le poète et écrivain hurluberlu Jevrem Brkovic, qui passa
huit ans à Zagreb en tant que militant de la cause croate et
islamo-bosniaque : cette réhabilitation est aujourd'hui chose faite.
De sorte que les écrits de Drljevic et de Markovic-Stedimlija, édités
à Zagreb et à Podgorica, sont devenus en fait des textes fondateurs de
l'État monténégrin antiserbe qui est en train d'être construit par
l'équipe régnante d'anciens communistes avec Djukanovic en tête, et
qui n'attend que sa consécration par le référendum décidé par le
pouvoir, contre vents et marées, pour le printemps prochain, et qu'il
estime gagné d'avance.
C'est pour des raisons tout à fait mesquines - Drljevic n'ayant pu
obtenir le poste ministériel qu'il convoitait dans le gouvernement du
roi Alexandre au lendemain de la création de la Yougoslavie en 1918,
et Markovic-Stedimlija n'ayant pu trouver dans la presse
serbo-monténégrine une tribune pour ses élucubrations sur la croatité
des Monténégrins et devant se rabattre sur les publications
ultranationalistes croates - que ces deux personnages ont basculé, au
cours des années 30 du siècle passé, dans un antiserbisme d'autant
plus outrancier qu'ils professaient jusqu'alors leur serbité. Dès
l'invasion de la Yougoslavie par l'Allemagne nazie et l'Italie
fasciste en avril 1941, les deux créatures se sont attelées au service
de l'occupant : Drljevic en tant que président d'un État monténégrin
prétendument souverain proclamé par les Italiens, mais qui ne dura
qu'un seul jour, l'insurrection populaire générale l'ayant fait
crouler le lendemain ; Stedimlija, engagé personnellement par Ante
Pavelic, le poglavnik, chef de l'État oustachi croate, qui le
considérait comme "la première plume de Zagreb", en tant que principal
apologiste du génocide qu'allait perpétrer cet État sur les Serbes et
avec eux sur les juifs et les Roms durant quatre ans en Croatie et en
Bosnie-Herzégovine, cette dernière se trouvant englobée par Hitler
dans sa création fantoche.
Bientôt, abandonné par les Italiens, faute d'un soutien quelconque
dans le pays, et exilé par eux à San Remo où il vivait librement,
Drljevic passa illégalement à Zagreb pour y fonder avec Stedimlija un
hypothétique Conseil national monténégrin, les deux parjures comptant
désormais sur Pavelic et, par son intermédiaire, sur Hitler pour
assurer sous la botte nazie l'indépendance et la liberté du Monténégro
par rapport à la Serbie. Au fur et à mesure que la monstrueuse
création hitlérienne s'enfonçait dans le magnum crimen, pour reprendre
le titre du célèbre ouvrage de l'historien croate Victor Novak sur
cette sombre période, Stedimlija, n'en devenait que davantage
laudateur, comme le témoignent ces lignes, entre mille autres, écrites
à la gloire du sanguinaire Pavelic :
"Il se passe que pour la première fois dans la vie du peuple croate se
trouvent réunis dans une même personne le chef et le guide du peuple.
Le Poglavnik, Dr. Ante Pavelic, ayant passé dans le combat pour la
libération de la Croatie et pour la restauration de son indépendance,
les moments les plus difficiles et, ayant accompli les plus grands
efforts, a triomphé grâce à ses vertus particulières et à sa force
spirituelle... Il est ainsi devenu le Guide suprême dans la volonté
et dans la pensée duquel se trouvent concentrées la volonté et la
pensée du peuple tout entier. Par sa détermination et s'appuyant sur
ce qu'il y a de meilleur dans son peuple, au moment où cela a été le
plus nécessaire, le Poglavnik a, par une action révolutionnaire,
libéré la Croatie du joug étranger et a restauré son indépendance
étatique, jetant en même temps la base de son développement dans la
liberté, dans le bonheur et dans le bien-être... Par son œil
clairvoyant, Il a su voir l'avènement du Nouvel Ordre Européen qu'ont
proclamé le fascisme et le nazisme, et comprendre que le système
instauré par l'Allemagne de Hitler et par l'Italie de Mussolini,
correspondait parfaitement aux aspirations du peuple croate en lui
offrant des possibilités afin qu'il se développe en un grand peuple,
puissant et civilisé, au sein de son propre État qui occupera la place
qui lui convient dans le nouveau cadre européen..."
Et alors que des centaines des milliers des Serbes orthodoxes
périssaient sous le couteau oustachi, finissaient au fond des gouffres
de montagnes ou dans le camp de la mort de Jasenovac, ou subissaient
des conversions forcées au catholicisme, l'impie Stedimlija, en tant
que bras droit du faux évêque serbe Germogen, nommé par Pavelic, et
directeur d'un soi-disant Calendrier orthodoxe, exultait : "Dans l'âme
des Croates orthodoxes s'est faite une grande joie, comme en
témoignent de nombreuses lettres qu'écrivent aussi bien les fidèles
que leur clergé. Leurs cœurs sont pleins de bonheur et de gratitude
envers l'œuvre de Poglav-nik. Ils disent dans leurs lettres qu'ils
invoquent avec des larmes de joie la bénédiction de Celui qui gouverne
les mondes et les siècles sur le Poglavnik et sur l'État oustachi tout
entier, ayant compris quel chemin ont pris le Poglavnik et l'État
Indépendant Croate."
Drljevic, lui, salua l'occupation du Monténégro par l'armée de
Mus-solini, comme une libération des Serbes. En présence du gouverneur
militaire Stefano Mazzolini, entouré de chemises noires, il s'est
félicité, le 12 juillet 1941 à Cetinje, jour du rétablissement de la
prétendue souveraineté du Monténégro, en ces termes : "Que soit louée
sa Majesté, le glorieux roi et empereur du puissant et amical empire
italien, Victor-Emmanuel III. Le peuple monténégrin est fier du fait
que l'avènement du Monténégro libre soit lié aux œuvres immortelles du
Duce, créateur génial de l'empire fasciste, ainsi qu'aux exploits de
la glorieuse armée italienne victorieuse."
Cependant, lorsque les Italiens le laissèrent tomber, le triste sire
qui se prenait pour l'homme providentiel du Monténégro, se tourna vers
d'autres maîtres, les nazis, en se faisant leur chantre. Au moment
même où l'Europe était transformée en théâtre de leurs crimes, où les
camps d'extermination tournaient à plein, où saignaient et gémissaient
les peuples meurtris livrant un combat surhumain contre le fléau,
Drljevic écrivait notamment : "La révolution national-socialiste aura
été incomparablement moins sanglante que toutes les grandes
révolutions jusqu'à présent. C'est parce que l'idéologie
nationale-socialiste n'a pas été imposée au peuple par la terreur et
le sang, mais acceptée par l'immense majorité de peuple, avant de
devenir une idéologie régnante. Le guide de la révolution
nationale-socialiste, Adolphe Hitler, est devenu d'abord le Führer du
peuple allemand et ensuite le Führer du Grand Reich Allemand." Et
lorsqu'un groupe d'officiers osa, le 20 juillet 1944, lever la main
sur son idole, Drljevic n'en finit pas de s'en étonner, en se
demandant : "Est-il possible que dans l'armée allemande, dont la
gloire serait enviée par les plus grands héros de tous les siècles, se
soient trouvés des officiers décidés à commettre le crime uniquement
pour s'emparer du pouvoir ? Et ce qui rend le crime des conjurés d'une
gravité sans exemple, c'est le moment choisi par eux pour attenter à
la vie de Führer avec toutes les conséquences qui en découleraient.
D'après leurs propres aveux, ils étaient prêts à ce que les étendards
victorieux de la fière armée du Grand Reich, finissent dans la boue de
la capitulation devant les mercenaires de la juiverie mondiale. Ils
étaient prêts à transformer ainsi un peuple de cent millions d'hommes
en nègres européens qui par leur sueur auraient fertilisé gratuitement
le capitalisme juif au moins pour un siècle encore."
Et le thuriféraire de Führer de se féliciter de sa vie sauve en
persévérant dans son adulation pour lui et pour son hideux satrape
Ante Pavelic. Ce dernier reçut Drljevic en audience aussi tard que fin
février 1944, pour lui confirmer le soutien et l'aide du gouvernement
oustachi à son Comité monténégrin et rendre possible la publication et
la diffusion de son pamphlet contre les Serbes, "Conflits
balkaniques", que les Croates se hâteront de rééditer la veille de
l'éclatement de la Yougoslavie en 1990. Outre les faveurs de Pavelic,
Drljevic jouissait de celles d'autres dignitaires oustachis notamment
d'Andrija Artukovic, chargé des affaires intérieures, tâche dont il
s'exécutait si bien qu'il fut surnommé "le ministre de la mort", des
Serbes et des juifs évidemment.
Cependant, le Quisling monténégrin perpétra, toujours en collusion
avec ses maîtres croates, un crime effroyable : lorsque, au début
d'avril 1945, des milliers de combattants royalistes monténégrins, les
tchetniks, avec le voïvode Pavle Djurisic, battant en retraite devant
l'avancée des troupes communistes de Tito, arrivèrent en Bosnie
septentrionale, dans la plaine de Lijevac au pied du mont Kozara, et
s'y affrontèrent avec des forces oustachies bien supérieures, Drljevic
leur proposa un armistice, voire la garantie d'un passage libre à
l'Ouest moyennant leur reddition, et signa avec eux un accord à cet
effet. Ils le crurent, mais à peine leurs armes déposées, environ 300
officiers avec le voïvode Djurisic furent conduits à Jasenovac pour y
être massacrés, tandis que le sinistre pitre, obnubilé par le mythe de
l'invincibilité de l'Allemagne nazie, s'autoproclamait commandant du
reste de cette armée de malheureux qu'il croyait toujours pouvoir
conduire, dans le cadre de l'armée croate et de la Wermacht, pour
libérer le Monténégro du soi-disant esclavage serbe. Cependant, le
châtiment juste ne tarda pas à l'atteindre, au milieu de la débâcle
générale, à Judenburg en Autriche où l'un des survivants du massacre
qu'il avait ourdi, lui réserva le même sort.
Quant à son acolyte Stedimlija, individu habile et retors, et parlant
bien l'allemand, il fut envoyé vers la fin de la guerre comme
représentant diplomatique croate auprès de la Direction du Reich pour
les affaires balkaniques à Vienne, afin de revigorer le soutien de
plus en plus fléchissant de l'Allemagne à la Croatie en même temps
qu'au Monténégro tel qu'il le concevait. Cependant ses rapports forts
détaillés adressés à Zagreb, montrent que les Allemands, assaillis de
toutes parts, n'en avaient point cure. Bien au contraire, devant
l'insistance de Stedimlija auprès du haut fonctionnaire Theodor
Wührer, d'aider davantage la Croatie, il lui fut vertement rappelé que
les Croates étaient les fauteurs de leur propre désastre, les
Allemands n'ayant jamais ordonné le meurtre de 760.000 Serbes, commis
par les oustachis, provoquant ainsi le soulèvement des Serbes.
Affirmation fort intéressante, venant de la part d'un responsable
allemand, pour les révisionnistes et les négationnistes de tous bords
du génocide commis sur les Serbes en Croatie oustachie.
Suite à l'occupation de Vienne par les Russes, Stedimlija restera dix
ans en leur captivité, avant d'être extradé en Yougoslavie, jugé et
condamné en tant que criminel de guerre par le tribunal de Zagreb à
huit ans de réclusion qu'il ne purgea point, bénéficiant de
complicités au sein de la direction communiste croate. Il prendra
désormais un profil bas et ne signera ses textes, principalement des
essais, que sous divers pseudonymes, sans pour autant résister à se
faire entendre avec son ancienne véhémence et sous son vrai nom de
Savic Markovic, lors de l'affaire du sanctuaire du mont Lovcen en
1970. Il apporta son obole, dans l'hebdomadaire zagrebois Vjesnik, à
l'entreprise du régime communiste de profanation et de destruction de
la chapelle au sommet du Lovcen, abritant les cendres du plus grand
poète serbe, prince-métropolite du Monténégro, Pierre Petrovitch
Niégoch. Elle avait été profanée et détruite, en tant que haut symbole
national, déjà une première fois par les Austro-Hongrois durant la
Première guerre mondiale, mais restaurée par le roi Alexandre à la
libération et à la création de la Yougoslavie. Pourtant l'humble
chapelle du Lovcen représentant, aussi bien dans l'esprit pervers du
vétéran fasciste Stedimlija et de ses comparses que dans celui tout
aussi pervers des communistes, le sceau de la fameuse hégémonie
grand-serbe au Monténégro, ils n'eurent nulle difficulté à s'entendre
pour la détruire et pour ériger à sa place la lugubre casemate, conçue
par un artiste croate, qui occupe depuis le sommet défiguré du Lovcen.
Si, cependant, Stedimlija, mort en 1970, et Drlejvic avaient été
flattés, récompensés et honorés, tout en étant tenus en bride, par
leurs maîtres croates, ils ne bénéficiaient point d'un tel traitement
de la part des Allemands, malgré leurs gesticulations flagorneuses à
la gloire de Hitler et du Troisième Reich. Bien au contraire, comme
l'a démontré l'historien Rastislav V. Petrovic dans son livre fort
documenté "Les oustachis monténégrins", paru à Belgrade en 1997, et
qui a servi de base au présent texte, ils ne manquaient pas de
manifester leurs mépris envers les deux renégats. Ainsi le ministre du
Reich chargé des affaire de l'Europe sud-est, Hermann Neubacher,
qualifiait Drljevic d'individu sans intérêt et crapuleux, d'abord à la
solde des Italiens, puis des Croates, et même de "putain croate",
tandis que le représentant allemand auprès du gouvernement oustachi,
Hans Helm traitait pareillement Stedimlija, lors du choix de celui-ci
pour le personnage-clé de la propagande génocidaire, ironisant sur ce
que pourrait bien être son nom et son prénom. Et alors que, d'après
Antoine Sidoti, auteur de "Le Monténégro et l'Italie durant la Seconde
guerre mondiale", édité au CNRS en 2004, Mussolini lui-même avait fini
par s'apitoyer sur le sort des Serbes de Croatie en ayant déclaré
qu'il ne pardonnera jamais à Pavelic d'en avoir fait tué un million,
les deux mercenaires oustachis, les seuls qu'avait produit le sol du
Monté-négro, demeurèrent jusqu'au bout insensibles à une telle
hécatombe et emmurés dans leur inhumanité.
Malheureusement, ce sont ces deux pauvres diables, Sekula Drleje-vic
et Savic Markovic, le maître et le disciple, que le régime actuel
farouchement antiserbe, négligeant les plus grands hommes du
Monténégro dont Niégoch lui-même précisément parce qu'ils se
considéraient tous Serbes, est allé chercher sur le fumier de
l'histoire afin d'en faire les précurseurs, les théoriciens, "les
coryphées de la nation monténégrine", pour employer le terme du plus
zélé de leurs suiveurs, le précité Jevrem Brkovic. Leurs infâmes
écrits servent aujourd'hui de référence aussi bien dans le domaine de
la politique et de l'histoire que dans celui de l'ethnologie, de la
linguistique et même de la théologie. Qui plus est, le plagiat d'un
poème populaire par Drljevic, encore plus piètre poète que politicien,
"Ô, lumineuse aurore du Monténégro !", est élevé au rang "d'hymne
national" que l'on chante quotidiennement à la télévision
monténégrine. On peut lire aussi dans le numéro 84 du 1er juin 2004 de
la feuille bien davantage calomniatrice et haineuse que littéraire
dirigée par Brkovic, financée par le pouvoir, un appel, rédigé par
l'historien fanatiquement séparatiste Novak Adzic, pour le
rapatriement des restes de Drljevic d'Autriche au Monténégro afin d'y
être solennellement inhumés.
En bref, Drljevic et Stedimlija se sont mués en une véritable âme
damnée du Monténégro actuel. La plupart des Monténégrins, dont le nom
dans l'histoire s'identifie à celui de la liberté et de la dignité,
ressentent ce guignol révisionniste, qui aggrave le climat déjà
malsain dans le pays, non seulement comme une humiliation mais, plus
grave encore, comme une atteinte à leur identité millénaire serbe.
Outre qu'ils n'admettent pas, malgré une propagande qui tourne au
cauchemar, que leur pays soit en proie aux spectres d'un passé
monstrueux, ils estiment que l'union avec leurs frères de Serbie, dans
laquelle ils vivent depuis près d'un siècle, est d'autant plus
naturelle qu'ils ont avec eux une histoire, une langue, une culture,
une religion communes s'y ajoutant une multitude, suite à des
migrations, de ressortissants de la Serbie originaires du Monténégro.
Et même si l'on consent à l'existence d'un État monténégrin souverain,
celui-ci ayant après tout existé à plusieurs reprises dans le passé,
mais toujours comme un Etat serbe, on ne peut qu'être indigné et
inquiet à l'idée que puisse voir le jour une création dont les piliers
seraient, auprès tant de hautes figures du Monténégro, les deux
pauvres bougres avec leur triste héritage d'actions et de phantasmes
criminels, chauvinistes et racistes, ayant prospéré à l'ombre de
l'abomination nazie.
Consacrer un tel État, dont cela est loin d'être le seul manquement,
par une reconnaissance internationale, serait une lourde erreur, un
acte contre nature, contre l'éthique et l'histoire.

Komnen BECIROVIC

Voir les articles de Komnen Becirovic : "La grande figure du
prince-poète Niégoch", B. I. n° 52 , février 2001 ; "La serbité des
Monténégrins", B. I. n° 54, avril 2001 ; "Monténégro : les
aberrations du séparatisme antiserbe", B .I. n° 94, décembre 2004.

Il Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia esprime il cordoglio di tutti
i suoi aderenti per la scomparsa di Cinzia Dulizia e si unisce al dolore
della redazione di Radio Città Aperta.


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A causa della morte improvvisa della compagna e amica Cynthia di Radio
Città Aperta, oggi, martedì 17 gennaio non verrà trasmessa "Voce
jugoslava".

La Redazione di "Voce jugoslava" esprime le più profonde condoglianze.

Zbog smrtnog slucaja, danas 17. januara nece biti emitirana emisija
"Jugoslavenski glas".

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Cynthia ci ha lasciati


Lunedì 16 gennaio Cynthia ci ha lasciato. Ha affrontato la malattia a
testa alta e con determinazione, come ha sempre fatto anche tutte le
altre cose.

Cynthia ha sempre opposto la fiducia nella scienza all'oscurantismo
religioso oggi di nuovo incombente, come una nebbia, sulla nostra società.

Ma talvolta la scienza deve fare i conti con l'inadeguatezza e la
superficialità degli uomini e delle donne chiamati a trasmetterla ad
altri uomini e ad altre donne.

Per le compagne e i compagni di Radio Città Aperta si è aperto un buco
emotivo e politico che non sarà certo facile riempire, ma che ha già
cominciato a riempirsi con tanti giovani compagni e compagne che in
questi anni si sono avvicinati a Radio Città Aperta e che hanno sempre
trovato in Cynthia un solido punto di riferimento e di crescita.


La nostra radio e Cynthia si erano reciprocamente sintonizzati durante
i blocchi contro i missili nucleari alla base di Comiso. Nasce in
quegli anni un rapporto intenso e consolidato che ha retto come una
roccia anche durante i giorni della malattia. Cynthia era la
direttrice di Radio Città Aperta perché questo ha assicurato a tutti e
a tutte un punto di riferimento anche nei momenti difficili, quando
bisogna fare i salti mortali oppure nei giorni di routine, nelle fasi
in cui il conflitto sociale ristagna e bisogna andare a scavare dietro
le apparenze per portare alla luce – spesso in anticipo e in
controtendenza - le contraddizioni ancora invisibili del sistema
sociale e politico del nostro paese.

Cynthia in questi mesi era tornata a dare uno scossone a tutti,
segnalando con rabbia e con forza come i diritti delle donne andassero
nuovamente difesi con le unghie e con i denti dall'offensiva
reazionaria del Vaticano e delle destre. Se avesse potuto sarebbe
stata in piazza sabato scorso a Milano, come aveva già fatto tante
volte a metà degli anni '90 animando il Comitato 8 marzo, suonando la
sveglia anche attraverso la radio per segnalare che "la festa era
finita e che andava ripresa subito la lotta per l'autodeterminazione
delle donne" e insieme a migliaia di donne volle arrivare fino alle
soglie del Vaticano per riaffermarlo senza timidezze e con decisione.

Le parole si comprano soltanto se qualcuno è disposto a venderle.
Contro questa logica Cynthia ha fatto dell'indipendenza politica ed
economica di Radio Città Aperta il punto di forza dei ragionamenti e
dei progetti che hanno reso possibile la vita di questa radio da
ventotto anni a questa parte.

E' stata decisiva nel dare vita all'Associazione delle Radio
Comunitarie per tutelare le radio di informazione dentro un settore
dominato dai grandi network e dalle radio commerciali ed ha portato la
voce delle radio indipendenti anche dentro i vertici della Federazione
Nazionale della Stampa Italiana.

Cynthia era una giornalista militante ed era una militante comunista.
Lo è sempre stata a viso aperto. La coerenza politica e l'identità
dichiarata le hanno valso la stima della sinistra ma anche il rispetto
degli avversari politici.

La compagna Cynthia D'Ulizia non mancherà solo a noi.


Le compagne e i compagni di Radio Città Aperta

http://www.radiocittaperta.it