Informazione

PEACEKEEPERS STATUNITENSI UBRIACHI SPARANO CONTRO CENTRO TURISTICO NEI
PRESSI DI SARAJEVO - TURISTI ILLESI PER MIRACOLO


BOSNIA: SFOR, MILITARI USA UBRIACHI SPARANO VICINO A CHALET
(ANSA-AFP) - SARAJEVO, 19 GEN - Tre militari americani della Sfor in
stato di ubriachezza hanno oggi aperto il fuoco nei pressi uno chalet
di Bjelasnica, una stazione sciistica bosniaca nei dintorni di
Sarajevo. L'incidente e' avvenuto nel pomeriggio. Secondo la
televisione, uno dei tre e' una donna soldato. Un portavoce della Sfor
ha detto che i militari sono stati arrestati dalla polizia bosniaca e
consegnati al comando della Forza multinazionale di pace. Un inchiesta
e' in corso. La televisione ha riferito che al momento dell'incidente
nello chalet c'erano sette persone, tra cui due bambini. Non contenti
della loro bravata, secondo l'emittente, i tre hanno danneggiato a
colpi di bastone l'auto di un cittadino bosniaco. (ANSA-AFP). ZU
19/01/2003 23:25
http://www.ansa.it/balcani/bosnia/20030119232532446624.html


Novosti
January 20, 2003
TOURIST BASE ON THE OUTSKIRTS OF THE BOSNIAN CAPITAL
WAS FIRED AT
SOFIA, 20 January. /RIA Novosti correspondent Yuri
Kovalenko/. According to the report of the RIA Novosti
correspondent, a tourist base on the outskirts of the
Sarajevo, the Bosnian capital was fired at.
According to the report of the Bosnian TV, the ski
center of Balasica was fired at by three drunk
American soldiers, including a servicewoman, from the
composition of peace-keeping forces.
At the moment of the incident 7 people were staying in
the center, including two children.
Casualties are not reported.
According to the information of the Bulgarian "Focus"
agency, a representative of the KFQR peace-keeping
forces in Bosnia and Herzegovina stated that
perpetrators were detained by Bosnian police and
transferred to peace-keeping forces' command.
http://en.rian.ru/rian/index.cfm?prd_id=160&msg_id=2982347&start
row=11&date=2003-01-20&do_alert=0

I NOSTALGICI DEL KAISER

Il serbo-bosniaco Gavrilo Princip - l'autore dell'attentato contro
l'Arciduca Francesco Ferdinando, che forni' il pretesto per lo scoppio
della Prima Guerra mondiale - e' sempre stato una figura molto odiata
in Austria e Germania. Ma recentemente, nel contesto della riscrittura
della storia che sta accompagnando il processo di revisione delle
frontiere interne dell'Europa, la figura di Princip sta diventando
controversa anche tra i popoli Slavi del Sud. Poiche' infatti a
questi, con lo scippo del loro paese (la Jugoslavia unitaria) e' stata
sottratta anche la memoria del loro Risorgimento nazionale, una figura
come quella di Princip, simbolo della liberazione e della identita'
comune, puo' diventare molto scomoda.
<<A Sarajevo i serbi, i croati e i musulmani ricordano l'evento in
modo molto diverso. Almeno a giudicare dalle conseguenze della
decisione delle autorita' cittadine di affiggere sul luogo
dell'attentato una targa di bronzo dedicata a Princip: non c'e'
accordo su cosa scriverci sopra. L'ipotesi piu' probabile, che non
dovrebbe indispettire nessuno, e' una placca neutra: ''In questo
posto, il 28 giugno 1914, Gavrilo Princip uccise l'arciduca Francesco
Ferdinando e sua moglie Sofia'', hanno detto i responsabili del
comune. Sicuramente i serbi preferirebbero una targa che mettesse in
luce Princip come ''l'espressione della rivolta dei popoli contro la
tirannia''. Scritta che peraltro campeggiava sul luogo dell'attentato
prima del 1992, data in cui la ex-jugoslavia si sfascio' sotto i colpi
della guerra. Per i croati di Bosnia, d'altra parte, Princip altro non
e' che un assassino.>> Come se in Italia la Carboneria fosse definita
"organizzazione terroristica" e Garibaldi "brigante sanguinario".
(Benche', con i tempi che corrono, tra il rientro dei Savoia, la Lega
al governo ed il baciamano al papa nel Parlamento della Repubblica,
noi italiani abbiamo ben poco da insegnare agli altri. I.S.)

(Fonte: Sito ANSA Balcani,
http://www.ansa.it/balcani/bosnia/20030102194632430828.html )

DJINDJIC NELL'INTERNAZIONALE SOCIALISTA

Il Partito Democratico del premier Zoran Djindjic ed il Partito
Socialdemocratico, suo alleato politico, verranno a breve inseriti
nell'Internazionale Socialista, cui partecipano gia' i criminali di
guerra D'Alema, Schroeder e Jospin. E' questa la ricompensa a Djindjic
e all'attuale classe dirigente serba per l'appoggio prestato alla NATO
durante i bombardamenti su Belgrado e per le politiche ultraliberiste
che hanno causato nel paese oggi una devastazione sociale mai vista
prima, causando livelli di disoccupazione record e dismettendo o
svendendo agli stranieri tutte le strutture produttive e strategiche
del paese. (I.S.)

DEMOCRATIC PARTY AND SOCIAL DEMOCRATIC PARTY BECOME MEMBERS OF
SOCIALIST INTERNATIONAL
BELGRADE, Jan. 19 (Beta) - A committee of the Socialist International
decided on Jan. 19 to accept the Democratic Party and the Social
Democratic Party as its new members. In a telephone statement to BETA
from Rome, one of the Social Democratic Party co-presidents, Slobodan
Orlic, said the decision will be formally confirmed at a Socialist
International congress scheduled to take place in the middle of 2003.
"This is a great recognition not only for the Social Democratic
Party, but also for all representatives of the democratic [sic] left
[sic] in Serbia, especially because this year a 100th anniversary
from the forming of the first socialdemocratic party in Serbia will be
marked," Orlic said, adding that this was a major step in the
strengthening of the social democratic bloc which Serbia "greatly
needs at this moment."

From: "glr" <glr.y@...>

Data: Mon, 20 Jan 2003 10:12:57 -0000
Da: "thetresh2000"
Oggetto: Uranio impoverito in più di 200 località

Uranio impoverito in più di 200 località

Pubblicati i risultati di una prima rilevazione dell'UNEP in Bosnia
Erzegovina

(11/01/2003) Una storia che doveva essere dimenticata per sempre.
Quella dell'uranio impoverito e della sua presenza nei Balcani. Sono
trascorsi esattamente due anni da quando è emersa la notizia di
alcuni militari italiani ammalatisi di diversi tipi di tumore, dopo
aver trascorso un periodo in Bosnia Erzegovina.
Tanto rumore per nulla, subito dopo si disse che i tumori non
c'entravano niente con l'uranio e con la Bosnia.

La commissione delle Nazioni Uniti per l'ambiente (UNEP) nel
frattempo ha aperto una indagine, una lunga ricerca per capire se le
munizioni sparate durante i raid della NATO contro i Serbo Bosniaci
nel giugno 1995 siano ancora pericolose per la popolazione.
Proprio in questi giorni, cioè due anni dopo il grande clamore,
l'UNEP rende pubblica la sua ricerca. L'organizzazione ha registrato
la presenza di uranio impoverito in 18 località della Bosnia ed
Erzegovina - sei nella Federazione e 12 in Republika Srpska.

I primi a reagire a questo rapporto sono stati i rappresentanti della
Protezione civile federale (PCF) che hanno convocato subito, il 6
gennaio scorso, una conferenza stampa a Sarajevo. Il direttore della
PCF, Alija Tihic, ha dichiarato di ritenere la situazione sotto
controllo, spiegando di avere già formato un comitato per le ricerche
sulla presenza di uranio impoverito. In Bosnia siamo abituati ad
avere tutti i comitati separati, ma in questo caso non dobbiamo
ripetere la vecchia regola secondo la quale vanno fatti organismi
separati e identici in Federazione e in Republika Srpska. In questo
caso - ha dichiarato Tihic - ci occorre un comitato unico per tutta
la Bosnia ed Erzegovina.(Dnevni Avaz, 07.01.2002)

E' anche vero che in passato era molto difficile indagare su questo
caso, per la mancanza di dati. La SFOR e la NATO non hanno mai dato
informazioni sui luoghi dove hanno operato, giustificando la
questione come un segreto militare. E' stato solamente nel corso
dell'anno passato che si sono riuscite ad individuare le duecento
località dove la NATO ha scaricato le munizioni. Tra quelle duecento
ora ne sono state censite 18 nelle quali è stata rilevata la presenza
di uranio impoverito. Adesso anche il governo Federale ha deciso di
sostenere gli sforzi per scoprire le località con uranio, mettendo a
disposizione speciali detector e aiutando il lavoro della squadra di
esperti che ha già preparato un piano di decontaminazione. Queste
attività continueranno fino a marzo, quando l'UNEP presenterà un
dossier finale con tutte le analisi relative alla problematica
dell'uranio impoverito in Bosnia ed Erzegovina.


» Fonte: da Mostar, Dario Terzic © Osservatorio sui Balcani

Sex Slavery / La tratta delle bianche nei Balcani

(sull'argomento si veda anche:
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/2128
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/2035
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/1831 )

---

Excerpts from:
"So Many Fronts, So Little Sense"
by Christopher Deliso in Kumanovo (January 18, 2003)
http://www.antiwar.com/orig/deliso66.html


(...) One of our favorite Balkan commentators, Dr. Sam
Vaknin, raises the issue of America's blemished record
abroad in terms of peacekeeping missions in an
incendiary piece on the old Central European Review.
Using the example of the rape and murder of a 13 year-old
Albanian girl by American sergeant Frank Ronghi,
Vaknin touches on the root of the problem - a colonizer
mentality whereby "natives come cheap, their lives
dispensable": "Ronghi, described as a
wholesome American phenomenon by friends,
family and commanders, blamed the day: "I don't know
what went wrong that day," he said. He might as well have
been discussing a scorched omelette.

Devoid of all emotion or compunction, he added
stolidly, reading from a crumpled piece of paper his
lines of what evidently was, to him, merely a bad script. "I
apologize from the bottom of my heart to the family. I ask
them for my forgiveness" (sic! How Freudian!). He added:
"I never did anything wrong before. I know what I did was
very wrong. That's why I pleaded guilty." In other
words: I am a good and upright man, who can tell
right from wrong and who assumes responsibility for his
wrongful acts. The brutal rape and thrashing to death
of a pre-adolescent girl is the exception in an otherwise
commendable life and virtuous conduct.

But Ronghi was unfazed by what he did. To bury Merita's
body, ensconced in two UN flour sacks, under the
staircase in the basement, Ronghi took with him another
soldier, a private, who finally turned him in. He told him:
"(it was) easy to get away with something like this in a
Third World country." Sergeant Christopher Rice,
who was on duty the night Ronghi murdered the child,
added: "he knew because he'd done it before in the
desert (in operation 'Desert Storm' in Iraq)."

(...)

On another level, as Dr. Vaknin points out, is the role
of peacekeepers in local crime and corruption. Indeed,
international peacekeepers may prop up local service
industries, but they also help retard the development of a
legal economy in transition countries. The Balkans, to cite
one example, is absolutely spilling over with sordid
stories, most of them unpublished. Worst of all is
the "untouchable" mentality that military (and military
liaison) employees develop, a natural result of having
enormous salaries in impoverished lands. Take the
Dyncorp boys in Bosnia
[http://www.insightmag.com/main.cfm/include/detail/storyid/163052.html%5d,
with their 13 year-old imported sex slaves. In Kosovo
[http://www.converge.org.nz/pma/sslav.htm%5d,
American KFOR troops were reported to be helping the
Albanian mafia smuggle in girls from Eastern European
countries.

Macedonia is bursting with such stories. Preston
Mendenhall of MSNBC [
http://www.msnbc.com/news/725802.asp?pne=msn&cp1=1]
investigated the role of KFOR soldiers in the prostitution
business here [http://www.msnbc.com/news/842092.asp?0cv=NA01&cp1=1].
It is common knowledge that American
(and Macedonian) employees of Brown & Root made small
fortunes on corrupt dealings involving military and logistic
supplies. This not only drains American tax dollars, it also
perpetuates Macedonia's current colonization, by
pushing the reliance on easy money. Macedonians and
Albanians alike learn to ingratiate themselves with the
colonizers - thus stripping themselves of the time and
ability to do anything positive for their country.

(...)

Che cosa c'entra Elie Wiesel? (1) DUE PESI DUE MISURE

Secondo il noto "guru dell'Olocausto" Elie Wiesel, "le nazioni che
tacquero" durante l'Olocausto "dovrebbero star zitte anche adesso"
dinanzi al genocidio attuato contro il popolo palestinese dal governo
di Ariel Sharon. Vale a dire: la politica criminale del governo
israeliano non si puo' criticare.
Lo stesso personaggio, insignito del premio Nobel per la Pace nel
1986, e' stato invitato al "Tribunale" dell'Aia per i crimini commessi
sul territorio della ex-Jugoslavia a meta' dicembre 2002, con una
funzione evidentemente solo simbolica e mediatica. Elie Wiesel ha
partecipato volentieri al grande show auto-assolutorio sulla
Jugoslavia, organizzato dalla NATO all'Aia, puntando il dito
accusatore esclusivamente contro le dirigenze politiche serbe. I serbi
svolgono oggi infatti per l'opinione pubblica occidentale la stessa
funzione che gli ebrei svolsero per l'opinione pubblica tedesca sotto
il nazismo: quella dei capri espiatorii. Stavolta pero' Goebbels si
chiama Wiesel.

(I. Slavo)



----- Original Message -----
From: <falasteensadiqa04@...>
To: <Ova adresa el. pošte je zaštićena od spambotova. Omogućite JavaScript da biste je videli.>
Sent: Sunday, January 19, 2003 12:39 AM
Subject: [AL-AWDA] Re: Elie Weisel says world has no right to
criticize Israel


>
> An article appeared one month ago on December 17 in the Jerusalem
> Post (as seen below) where Elie Wiesel stated that "nothing can
> justify a crime against humanity" and that crimes against humanity
> are unpardonable. At the time, he was testifying from Paris at the
> trial of a Bosnian Serb political leader who was being tried before
> a UN court for "crimes against humanity", which included the
> following:
>
> "...forced transfer or deportation, unlawful detention and killing,
> cruel and inhumane treatment and inhumane conditions in detention
> facilities, destruction of cultural and sacred objects, plunder,
> wanton destruction, forced labor and use of human shields."
>
> Practically all of the above are exactly the crimes which Israel
> commits against the Palestinian people, yet Mr. Wiesel feels that
> these crimes are pardonable and justified as long as it is the state
> of Israel who is committing them. For this, Mr. Wiesel is a
> hypocrte of the worst kind who has no moral conscience and is
> certainly no humanist. His comments are unpardonable.
>
>
*********************************************************************
>
> Holocaust scholar Elie Wiesel testifies at sentencing of former
> Bosnian Serb president
> By THE ASSOCIATED PRESS
> December 17,2002
>
>
> Elie Wiesel, who survived the horrors of Nazi death camps, told a UN
> court Monday crimes against humanity are unpardonable, and the
> sentence handed down against a Bosnian Serb political leader will
> set a standard for centuries.
>
> The Noble Peace laureate, testifying at a sentencing hearing by the
> UN war crimes tribunal for the former Yugoslavia, said the remorse
> expressed by Biljana Plavsic must be balanced against the suffering
> of hundreds of thousands of victims of "ethnic cleansing" in Bosnia.
>
> Plavsic, once known as Bosnia's "iron lady," pleaded guilty to the
> persecution of Muslims and Croats during the 1992-95 Bosnian war. In
> exchange, prosecutors dropped seven other war crimes charges,
> including two counts of genocide.
>
> "If all the pain and suffering of all the victims were to be placed
> on one set of scales, how many years of prison would it take on the
> other to achieve justice?" Wiesel asked the three-judge panel who
> will hand down their sentence some time next year.
>
> "Nothing can justify a crime against humanity," he said, speaking by
> a live video link from Paris.
>
> Wiesel warned the judges their decision would "reverberate across
> national and ethnic borders ...(and) be studied and remembered far
> beyond frontiers and far across the centuries."
>
> Plavsic, 72, listened intently to Wiesel from the dock, with her
> head high, her lips pursed, and her jaw firmly set.
>
> Former US Secretary of State Madeleine Albright and Alex Boraine,
> former vice chairman of South Africa's Truth and Reconciliation
> Commission, were scheduled to testify later in the three-day
> hearing.
>
> Wiesel, a US citizen who grew up in Romania, won the Nobel Peace
> Prize in 1986.
>
> Plavsic, a wartime leader of the Bosnian Serbs, was indicted for
> planning the purge of non-Serbs from Serb-dominated areas of Bosnia
> along with her friend Radovan Karadzic, who is now the tribunal's
> most wanted fugitive.
>
> But Plavsic, who had been a biology professor before the war, broke
> with Karadzic and became a key figure in implementing the 1995
> Dayton peace agreement that ended the bloodiest conflict in Europe
> since World War II.
>
> Plavsic was president of the Serb region of Bosnia created under the
> Dayton plan, in 1996-1998, and became friends with Albright while
she
> was touring the region.
>
> After Wiesel testified, Plavsic's lawyer Eugene O'Sullivan called
> Milorad Dodik, a former prime minister of the Bosnian Serb republic,
> to testify that Plavsic had risked her political career to save the
> Dayton agreement in early 1998 by dissolving parliament and calling
> for early elections.
>
> Plavsic, the only woman among more than 100 men indicted by the
> tribunal, faces possible life imprisonment. The UN tribunal does not
> issue death sentences.
>
> In changing her plea in October, she acknowledged
> responsibility for the crimes listed in the indictment,
> including "forced transfer or deportation, unlawful detention and
> killing, cruel and inhumane treatment and inhumane conditions in
> detention facilities, destruction of cultural and sacred objects,
> plunder, wanton destruction, forced labor and use of human shields."
>
> At the time, Plavsic "fully and unconditionally"
> expressed remorse in a written statement and said she hoped it
> would "offer some consolation to the innocent victims - Muslim,
Croat
> and Serb."
>
> In an interview published Sunday in Belgrade, she denied she had
> struck a deal with prosecutors to receive a reduced sentence in
> exchange for her guilty plea, and rejected speculation she had
> agreed to testify against former Yugoslav President Slobodan
> Milosevic, the tribunal's highest ranking defendant. Milosevic is
> being tried separately on war crimes charges in Croatia, Bosnia and
> Kosovo.
>
> "What's a 10-year sentence to me? It is the same as a life in
> prison," she told a reporter for Politika during her flight from
> Belgrade to The Hague on Saturday. "My only condition was that I
> don't testify in other cases."
>
> UNchief prosecutor Carla Del Ponte told the court in opening remarks
> that Plavsic's admission of guilt was an "important step" toward
> establishing the truth about atrocities committed by Serb forces in
> a war where over 200,000 Bosnians died.
>
> O'Sullivan urged the court to consider several mitigating factors,
> including her voluntary surrender for trial, her guilty plea, and
> her remorse.
>
> Plavsic gave herself up immediately after her secret indictment was
> unsealed in January 2001. For nine months, she was kept in a special
> wing of the UN detention unit separate from male detainees.
>
> She was then released under her own recognizance and allowed to
> await her trial at home. Last October, she was allowed to change her
> plea by video linkup from Belgrade.
>
> Presiding judge Richard May cautioned her that her provisional
> freedom was no indication of leniency when it came to sentencing.
>
> Sentences have ranged from 5 years to 40 years in other cases at the
> tribunal where suspects have pleaded guilty.
>
> http://www.jpost.com/servlet/Satellite?
> pagename=JPost/A/JPArticle/ShowFull%26cid=1040011601060
>
>
>
>
> --- In Ova adresa el. pošte je zaštićena od spambotova. Omogućite JavaScript da biste je videli., Hanini <Hanini@c...> wrote:
> >
> > Elie Weisel says world has no right to criticize Israel
> >
> > Occupied Jerusalem: 16 January, 2003 (IAP News)
> >
> > Elie Weisel, a fervent defender of Israeli oppressive measures
> > against the Palestinian people, has criticized the modest
> > international efforts
> > aimed at protecting the defenseless Palestinian people from
> > Israel's American-supplied death machine.
> >
> > In an interview published in the latest issue of the Jewish
> > magazine, Tikkun, Weisel, who markets himself as a "humanist,
> > moralist, and universalist," was quoted as saying that " the
> > nations that kept silent
> > during the holocaust ought to keep silent now as well."
> >
> > Weisel added that the international community had no right to
> > judge Israeli irrespective of what Israel is doing to the
> > Palestinians.
> >
> > "The world that then condemned itself by its silence has lost all
> > right to judge Israel now."
> >
> > Weisel has constantly and consistently defended Israel's Nazi-like
> > repression of the Palestinians, suggesting that this was necessary
> > for Israel's survival.
> >
> > Many Jewish intellectuals around the world have castigated the
> > present Israeli rampage of murder and terror against Palestinian
> > population centers.
> >
> >
> >
> > Mike..." A seed in the Fruit of Palestine"
> >
> > http://www.pcwf.org/ The link to the website of Palestine
> > Children's Welfare Fund
> >
> > Click to buy Palestinian embroidery online, sponsor a Palestinian
> > child, buy a flag or a Kuffiya to feed one, or donate books for
> > the children of the refugee camps and BirZeit University.
> >
> > "Be ashamed to die until you have won some victory for humanity,"
> > ,Horace Mann " We can not educate for freedom with methods of
> > slavery."Horace Mann
> >
> > STOP the Occupation NOW ! NO SETTLEMENTS =NOSETTLERS=PEACE...Human
> > RIGHTS are for all NOT just the "chosen few"...
>
>
>
> West Bank and Gaza Emergency Relief Fund:
> http://al-awda.org/wb_fund.htm
> Write your representative today!:
> http://congress.cfl-online.org
> =================================================================
> TERRORIST ASSETS!
> FREEZE AID TO ISRAEL NOW!!
> Sign the protest letter online at:
> http://al-awda.org/terminate_aid_petition.htm
> =================================================================
Al-Awda, The Palestine Right to Return Coalition, is the largest
network of grassroots activists dedicated to Palestinian human rights.
Al-Awda develops, coordinates, supports and guides as needed global
and local grassroots initiatives for action related to Palestinian
refugee rights.
Unless indicated otherwise, all statements posted represent the views
of their authors and not necessarily those of Al-Awda. This list's
management may be reached anytime at Ova adresa el. pošte je zaštićena od spambotova. Omogućite JavaScript da biste je videli.
To subscribe, send a blank message to
Ova adresa el. pošte je zaštićena od spambotova. Omogućite JavaScript da biste je videli. To unsubscribe,
send a blank message to Ova adresa el. pošte je zaštićena od spambotova. Omogućite JavaScript da biste je videli. To find
out how to join an Al-Awda action committees in your area, please
visit our website at http://al-awda.org

http://www.pasti.org/losurdo8.htm

Il 'che fare?' dei comunisti contro la guerra

Intervista a Domenico Losurdo

Nel tuo articolo su "L'Ernesto", per il centesimo anniversario del
Che fare?, richiami l'attenzione su un'importante lezione di
Lenin: un progetto autenticamente rivoluzionario presuppone la
comprensione e la capacità di utilizzazione di ogni
contraddizione e persino di ogni "incrinatura" nel campo
nemico. E' un'indicazione ancora oggi attuale?

Ancor prima di Lenin, è già Marx a farsi beffe della visione del mondo
che vorrebbe contrapporre la "classe operaia" ad un'unica e
indifferenziata "massa reazionaria". Sembrerebbe una visione del
mondo assai radicale: i suoi sostenitori si atteggiano a rivoluzionari
inflessibili che combattono con lo stesso rigore ogni frazione e ogni
settore delle classi sfruttatrici. In realtà - fa notare la Critica
del programma di Gotha -, questa notte in cui tutte le vacche sono
nere consente a Lassalle e ai suoi seguaci di praticare e giustificare
patteggiamenti coi settori più reazionari delle classi sfruttatrici, e
cioè coi ceti feudali e con l'assolutismo monarchico. Ai giorni nostri
Hardt e Negri contrappongono la "moltitudine" ad un Impero planetario
unificato. E, di nuovo, la notte in cui tutte le vacche sono nere
consente operazioni che più difficilmente potrebbero essere compiute
alla luce del giorno. In teoria, la "moltitudine" è chiamata a
rovesciare l'"Impero" nel suo complesso; in realtà, il bersaglio
principale della polemica di Hardt e Negri sono "gli ultimi
sciovinisti della nazionalità", e cioè coloro che si ostinano a
difendere la sovranità nazionale contro la pretesa di interventismo
universale di Washington.
Non a caso, a suo tempo, Hardt ha giustificato la guerra contro la
Jugoslavia: "Dobbiamo riconoscere che questa non è un'azione
dell'imperialismo americano. E' in effetti un'operazione
internazionale (o, per la verità, sovranazionale). Ed i suoi obiettivi
non sono guidati dai limitati interessi nazionali degli Stati Uniti:
essa è effettivamente finalizzata a tutelare i diritti umani (o, per
la verità, la vita umana)" ("Il manifesto" del 15 maggio 1999).
Indipendentemente peraltro da questa o quella presa di posizione,
Impero è una chiara apologia degli USA.

Fra le tante critiche che sono state rivolte a Hardt e Negri, questa
è la critica o meglio l'accusa più pesante. E' realmente
giustificata?

Ai giorni nostri, autorevoli studiosi statunitensi di orientamento
liberal descrivono la storia del loro paese come la storia di una
Herrenvolk democracy, cioè di una democrazia che vale solo per il
"popolo dei signori" (per usare il linguaggio caro poi a Hitler) e
che, per un altro verso, non esita a schiavizzare i neri e a
cancellare i pellerossa dalla faccia della terra. Hardt e Negri,
invece, parlano sempre in tono compunto di una "democrazia americana"
che rompe con la visione "trascendente" del potere, propria della
tradizione europea. Né l'apologia si ferma qui. Prendiamo una figura
centrale della storia dell'imperialismo americano, e cioè Wilson. Nel
momento in cui egli inizia la sua carriera politica il Sud, da cui
proviene, vede lo scatenarsi delle squadracce del Ku Klux Klan contro
i neri: i linciaggi, spesso dopo torture prolungate e feroci,
diventano uno spettacolo di massa, che è preannunciato sui giornali
locali e al quale assistono anche donne e bambini. Ma il futuro
presidente degli USA prende la parola, con un articolo dell'Atlantic
Monthly del gennaio 1901, per pronunciare una requisitoria contro le
vittime: i neri, anzi i "negri" - come sprezzantemente vengono
chiamati - sono "eccitati da una libertà che non comprendono", sono
"insolenti e aggressivi, sfaticati e avidi di piaceri"! A questa
piattaforma ideologica e politica Wilson rimarrà sempre fedele.
Divenuto presidente, mentre intensifica gli interventi militari in
America Latina, dopo essersi fatto eleggere promettendo che avrebbe
impedito il coinvolgimento del popolo americano nel massacro in atto
in Europa, interviene nella prima guerra mondiale in nome della
missione democratica universale degli Stati Uniti e stronca con pugno
di ferro ogni tentativo di propaganda pacifista. Così esaltata è
l'idea di missione e di primato degli USA, che la guerra da essi
condotta si configura letteralmente come una "crociata", come una
"guerra santa": a questo punto, i dissidenti interni, oltre che
traditori, risultano essere degli infedeli o uno strumento di Satana.
Ma ora leggiamo Hardt e Negri: a caratterizzare Wilson è "un'ideologia
pacifista internazionalista", ben lontana dall'"ideologia imperialista
di marca europea"! Da sempre gli ideologi della missione planetaria e
unica degli Stati Uniti insistono sul primato morale e politico degli
americani, sull'eccezione ovvero sull'"eccezionalismo" rappresentato
da un paese, che è l'unica isola di libertà in uno sconfinato oceano
di dispotismo: questo è il punto di vista anche di Hardt e Negri.

Ma, allora, come spiegare il successo del loro libro a sinistra?

Per la verità, il loro successo è stato in primo luogo consacrato da
giornali quali The New York Times e Time. Per quanto riguarda la
sinistra, si può fare una riflessione: negli ultimissimi anni, in
Italia, i libri che hanno suscitato maggior attenzione e entusiasmo
sono Oltre il Novecento (di Marco Revelli) e, ora, Impero. I due libri
si completano a vicenda: il primo liquida la storia iniziata con la
conquista del potere da parte dei bolscevichi come una storia
criminale; il secondo celebra la storia degli Stati Uniti come storia
della libertà. Lo dico senza gridare allo scandalo: dopo la sconfitta
strategica da essi subita, i comunisti devono percorrere una strada
lunga e tortuosa prima di potersi scrollare di dosso la subalternità
rispetto all'ideologia dominante. Se trova la sua espressione più
compiuta nel libro di Hardt e Negri, la teoria dell'unica "massa
reazionaria" fa sentire la sua infausta presenza ben al di là della
cerchia dei loro amici e dei loro fedeli. Anche tra le file di coloro
che realmente si richiamano al marxismo e al leninismo, la lotta
contro l'imperialismo perde la sua efficacia a causa di una diffusa
visione che vede moltiplicarsi le potenze imperialiste, messe tutte
sullo stesso piano. Si assiste così ad una banalizzazione che confonde
la categoria di imperialismo con la categoria di grande potenza.

Quali distinzioni bisognerebbe operare?

In primo luogo, è necessario non perdere di vista il ruolo peculiare
della Cina, e non solo per il fatto che essa è diretta da un Partito
Comunista: chi non è frastornato dal bombardamento multimediale
dell'ideologia dominante non dovrebbe avere difficoltà a comprendere
che si tratta di un paese impegnato ad uscire definitivamente dal
sottosviluppo e a difendere l'indipendenza nazionale e l'integrità
territoriale. L'imperialismo americano non ha rinunciato ai suoi
progetti di smembramento della Cina. Ma le speranze di poter
conseguire tale obiettivo mediante una sovversione dall'interno, che
pure sembravano assai prossime alla realizzazione nel 1989, ora sono
diventate decisamente più fragili. Ed ecco che gli Stati Uniti
intensificano il loro espansionismo militare, cercando di completare
l'accerchiamento. Il grande paese asiatico però risponde dando
ulteriore impulso al suo sviluppo economico e tecnologico e
rafforzando i suoi rapporti, grazie anche a tale sviluppo, coi paesi
ad esempio del Sud-Est asiatico, che pure sono chiamati, nel progetto
strategico di Washington, a isolare e "contenere" la Cina. Tutto ciò
può sembrare banale e prosaico a quanti sono capaci di entusiasmarsi
per una lotta di emancipazione, solo quando essa è perdente o
condotta in condizioni disperate. Ma a coloro che hanno un minimo di
memoria storica non può sfuggire un elemento fondamentale:
l'odierna politica dei comunisti cinesi ha alle spalle l'esperienza
storica della lotta delle zone rosse per consolidarsi sul piano
economico e politico e rompere l'accerchiamento imposto dalla reazione
interna e dall'imperialismo giapponese. Ma lasciamo pure da parte la
Cina, i paesi che si richiamano al socialismo e il Terzo Mondo nel suo
complesso. Dobbiamo considerare come un'unità indifferenziata
l'Occidente, il mondo capitalistico in quanto tale?

La superpotenza americana non può essere messa sullo stesso piano
neppure delle altre grandi potenze capitalistiche. Diamo uno sguardo
alle modalità con cui oggi si svolge la corsa al riarmo: nel 2003 gli
Stati Uniti spenderanno da soli più dei 15-20 paesi inseguitori messi
assieme. Incolmabile sembrerebbe essere il vantaggio di cui
dispongono gli aspiranti padroni del mondo, i quali, tuttavia,
continuano ad accelerare: solo per il settore della Ricerca e dello
Sviluppo militare Washington destina risorse finanziarie superiori ai
bilanci militari complessivi della Germania e della Gran Bretagna
messi assieme. Per quanto riguarda la NATO, la situazione prima
dell'ultimo allargamento era la seguente: gli USA spendono per la
Difesa quasi il doppio dell'insieme degli altri membri dell'Alleanza.
L'odierna situazione internazionale è in primo luogo caratterizzata
dall'ambizione di una superpotenza di costruire un impero di
dimensioni planetarie. Se tale ambizione incontra il suo principale
ostacolo nel rapido sviluppo di un grande paese asiatico per di più
diretto da un Partito Comunista, essa suscita diffidenza,
preoccupazione e allarme anche nei paesi capitalistici. Ignorare
questo dato di fatto significare fuorviare e condurre in un vicolo
cieco la mobilitazione e la lotta antimperialista.

L'Unione Europea è però una risposta rilevante alla sfida
americana.

Certamente. Epperò, si commette un grave errore quando, a partire dal
tendenziale mutamento dei rapporti di forza sul piano economico tra
Unione Europea e Stati Uniti, si afferma che un processo analogo è
all'orizzonte anche sul piano militare. In realtà, è privo di senso un
confronto tra due grandezze così eterogenee: l'Unione Europea non è
uno Stato! Da che parte si schiererebbe l'Inghilterra nella
fantomatica ipotesi di un conflitto tra le due rive dell'Atlantico? E
da che parte si schiererebbe l'Italia di Berlusconi? E riuscirebbe a
sopravvivere l'odierno, malfermo, asse franco-tedesco all'eventuale
ritorno al potere in Germania dei democristiani e in Francia di un
partito socialista dai forti legami con Israele? In questo come in
altri casi l'economicismo si rivela fuorviante. Ai dati già riportati
precedentemente ne aggiungo un altro che desumo da un autorevole
storico statunitense (Paul Kennedy): "Tutte le altre Marine del mondo
messe insieme non potrebbero minimamente intaccare la supremazia
militare americana". E non si dimentichi che lo strapotere navale,
sommato al controllo delle aree più ricche di petrolio e di gas
naturale, dà agli USA la possibilità di tagliare le vie di
rifornimento energetico ai potenziali nemici. Ciò costituisce un
motivo di ulteriore debolezza per i paesi europei e, in misura ancora
maggiore, per il Giappone. Una conclusione s'impone: gli Stati Uniti
sono in grado di stritolare anche i loro "alleati" e, in caso di
necessità, non esiteranno a farlo. Ancora una volta, è da questo dato
di fondo che i comunisti devono prendere le mosse se vogliono
analizzare e contrastare adeguatamente l'imperialismo.

Sì, torniamo al punto di partenza. In che modo è possibile oggi
attualizzare l'insegnamento di Lenin, secondo cui si è
rivoluzionari nella misura in cui si è capaci di individuare e
utilizzare le contraddizioni e le incrinature esistenti nel campo
nemico?

Oltre che da Lenin (e da Marx), dobbiamo saper imparare dalla storia
del movimento comunista nel suo complesso. A suo tempo, esso ha
pagato a caro prezzo il ritardo con cui ha imparato a distinguere tra
nazifascismo da un lato e normali regimi borghesi dall'altro. Nel suo
memorabile rapporto al VII Congresso dell'Internazionale Comunista,
Dimitrov definisce il fascismo come "la dittatura terroristica aperta
degli elementi più reazionari, più sciovinisti e più imperialisti del
capitale finanziario", come "lo sciovinismo e la guerra di conquista
più sfrenati". Più sfrenato che mai, lo sciovinismo di Washington ha
oggi di mira il mondo intero, come risulta immediatamente non solo sul
piano diplomatico-militare (l'invio di truppe e l'installazione di
basi militari in tutto il mondo), ma anche sul piano ideologico. Diamo
la parola a Clinton: l'America "deve continuare a guidare il mondo";
"la nostra missione è senza tempo". E ora ascoltiamo Bush jr.: "La
nostra nazione è eletta da Dio e ha il mandato della storia per essere
un modello per il mondo". Nell'analisi di Dimitrov, oltre lo
sciovinismo a caratterizzare il fascismo è anche "la dittatura
terroristica aperta".
Mentre sul piano interno scatenano la caccia all'arabo e all'islamico,
gli Stati Uniti, imitando Israele, non esitano a condannare a morte
senza processo, ogni individuo sospettato di "terrorismo" e, in
realtà, di resistenza al reale terrorismo di Stato statunitense e
israeliano. Lo squadrismo nazifascista dei giorni nostri imperversa
non coi manganelli, i pugnali e le pistole, ma in modo più micidiale e
più vile, lanciando missili da aerei e da elicotteri, senza curarsi
troppo delle vittime "collaterali". Soprattutto, gli Stati Uniti si
riservano il diritto di colpire col loro mostruoso potenziale militare
ogni paese ribelle e di assassinare o "processare" i loro dirigenti
politici; non esitano neppure ad agitare la minaccia del primo colpo
nucleare. "La dittatura terroristica aperta" ha ormai assunto
dimensioni planetarie.
Naturalmente, non bisogna dimenticare che la storia non è mai la
ripetizione dell'identico; ma se c'è qualcosa che oggi rassomiglia al
nazifascismo, questo è l'asse che unisce Bush e Sharon: nel governo e
nello schieramento del primo ministro israeliano non mancano coloro
che professano un esplicito e odioso razzismo antiarabo e che esigono
la deportazione dei palestinesi. E' questo asse che bisogna in primo
luogo isolare e denunciare.

Ma quale atteggiamento, allora, i comunisti, devono assumere nei
confronti dei governi borghesi europei?

Non c'è dubbio che non possiamo rinunciare alla critica, alla denuncia
e alla lotta nei confronti dell'ideologia e del potere dominanti. Ma,
ancora una volta, dobbiamo sapere distinguere. Berlusconi e Prodi
sono equipollenti? I dirigenti e il popolo palestinese certamente non
sottoscriverebbero questa assimilazione. In Germania, abbiamo da un
lato Stoiber che punta il dito contro Schroeder, colpevole di non
appiattirsi completamente sulla politica di provocazione e di guerra
di Washington; dall'altro abbiamo non solo Schroeder, ma, soprattutto
l'ex-cancelliere Schmidt che condanna come "unilateralista" e
"imperialista" la politica statunitense. Qual è lo schieramento più
pericoloso e più succube nei confronti dell'asse imperialista di Bush
e Sharon? A suo tempo, al momento dello scoppio della guerra fredda,
Stalin ha chiamato i partiti comunisti dell'Europa occidentale a
"risollevare" la "bandiera dell'indipendenza nazionale e della
sovranità nazionale [...] gettata a mare" dai governanti borghesi.
Questi, cioè, venivano soprattutto criticati non già in quanto
imperialisti in prima persona ma in quanto succubi dell'imperialismo
americano. Ai giorni nostri, appoggiando la guerra contro l'Irak, i
governanti europei possono sì sperare di partecipare alla spartizione
del ricco bottino petrolifero di quel paese. Per un altro verso, però,
rafforzando il controllo militare statunitense sulle risorse
energetiche da cui dipende l'economia dell'Europa, finiscono con lo
stringere ulteriormente il cappio che Washington ha già predisposto al
collo dei suoi "alleati" europei e giapponesi. Di ciò non si preoccupa
un personaggio come Berlusconi, la cui massima aspirazione è di
diventare un Quisling coccolato e protetto dalla superpotenza
americana; ma di ciò chiaramente si preoccupano statisti come Schmidt.
Disagio e allarme per la guerra infinita che si profila all'orizzonte
esprime anche la Chiesa cattolica, e non solo per ragioni religiose e
ideologiche, della cui sincerità, peraltro, non c'è motivo per
dubitare. C'è un'ulteriore motivazione. La politica di provocazione e
di guerra degli Stati Uniti e di Israele non può non provocare nel
Medio Oriente e nel Terzo Mondo una gigantesca contro-ondata islamica
e antioccidentale, dalla quale i cattolici rischiano di essere
travolti. Si diffonde la coscienza della gravità dell'odierna
situazione internazionale: mentre devono preoccuparsi di mantenere una
rigorosa autonomia ad ogni livello, i comunisti devono saper costruire
un fronte anti-imperialista il più ampio possibile. Se i teorici
dell'unica e indifferenziata "massa reazionaria" finiscono
inconsapevolmente al rimorchio della superpotenza che oggi incarna il
più sfrenato sciovinismo e il più brutale terrorismo di Stato, i
comunisti, enunciando con chiarezza e alla luce del sole le
distinzioni che s'impongono, devono impegnarsi in primo luogo per
smascherare e contrastare il nemico principale.

(tratto da "Aginform" Numero 31, gennaio 2003)

http://www.icdsm.org/jasenovac/witness-email.htm

Subscribe to our email list at
http://emperor.vwh.net/MailList/icdsm.php
*Receive articles from the ICDSM Website*

Please forward this text to a friend and re-post
anywhere!

**********************************
"Witness To Jasenovac's Hell"
by Ilya Ivanovic
[Posted 17 January 2003]

This text includes:
* Comments by Jared Israel
* Comments by editor of "Witness," Wanda Schindley
* Link to sample chapter ('Great Escape') * Order
information

**********************************
Comments by Jared Israel:

Croatian President Franjo Tudjman was one of twelve
foreign leaders honored at the opening of the
Holocaust Museum in Washington, DC in 1993. This is
remarkable. *Who* invited him?

Tudjman was a Holocaust denier, a Serbophobe and an
apologist for the Croatian clerical fascists, the
Ustashas. [1] During World War II, their
'Independent' State of Croatia set up the first
Nazi death camp in Europe. It was called
'Jasenovac'.

An Associated Press dispatch reported that Tudjman
wrote: "...the 'main characteristics' of Jews were
'selfishness, craftiness, unreliability,
miserliness, underhandedness and secrecy."'

Who invited this anti-Semite to the Holocaust
Museum?

The same Associated Press dispatch reported:
"...Naomi Paiss, communications director for the
[Holocaust] museum, said the State Department
recommended that Tudjman, as a democratically
elected leader, be given an invitation." (AP,
21/4/93)

Ahh, "recommended." As in: they recommended; she
obeyed.

Two points about this.

First, even if Tudjman had been elected
democratically, which is highly debatable, [2] why
would that be relevant? It was no secret he was a
racist thug. This was obvious long before the
summer of 1995, at which time Croatian troops, led
by US 'advisers', drove the entire Serbian
population, mostly farmers, out of the Krajina area
of Yugoslavia. Tudjman went on a train tour to
celebrate. His racism - grimly reminiscent of
Nazism - was made clear in this excerpt from a
speech, broadcast by Croatian radio and monitored
by the BBC:

"And [applause] there can be no return to the past,
to the times when they the Serbs were spreading
cancer in the heart of Croatia, cancer which was
destroying the Croatian national being and which
did not allow the Croatian people to be the master
in its own house and did not allow Croatia to lead
an independent and sovereign life under this wide,
blue sky and within the world community of
sovereign nations." [3]

"Cancer destroying the heart of the Croatian
national being..." If this sounds like
anti-Semitism, it should be no surprise. In
Tudjman's 1989 book, "Wastelands - Historical
Truth," he endorsed the amazing claim that in the
Jasenovac death camp, Jewish prisoners:

"...jealously kept the monopoly of the management
inside the camp and took the initiative in
provoking not only individual but also mass
slaughters of the non-Jews, Communists, partisans
and Serbs..."
-- Franjo Tudjman, 1989, Wastelands--Historical
Truth, Zagreb, Croatia: Nakladni zavod Matice
Hrvatske

Only a handful of people survived Jasenovac to
contradict Tudjman's infamous lie. For example,
most of the 80,000 Yugoslav Jews were murdered.

So if Tudjman was a Nazi apologist/thug, *why* was
he invited to the opening of the *Holocaust*
Museum?

Which brings us to the second point: he who decides
the guest list runs the party.

Ms. Paiss' comment, quoted by Associated Press,
above, communicated with eloquence who had the
ultimate power. For the State Department to use the
opening of the Museum to whitewash Tudjman, who
blamed Jews for the deaths at Jasenovac, was
audacious. To be sure, some well-known Jewish
leaders were quoted in the days before the opening,
objecting to Tudjman's presence. But their
objections were flexible, like a safety valve; they
relented. On the night of the opening, they were
silent.

Outside the building, Holocaust deniers picketed.
Were they stupidly unaware that Mr. Tudjman, King
of the deniers, was inside, on stage? Or were they
there precisely to divert attention from the fact?

The Holocaust had been seized by State and would
henceforth be a weapon of US policy to glorify or
denigrate; the Museum was the showcase. That of
course is why the US government wanted it built in
Washington. Handy when needed.

Mr. Tudjman was on the 'to-be-glorified' list.

The Serbs, who had lost hundreds of thousands to
the Nazi death machine, were on the denigrated
list. Thus President Milosevic was conspicuously
*not* invited to the opening. And not only that;
President Clinton and Holocaust scholar Elie Wiesel
spoke, implicitly comparing the Serbian people to
the Nazis. Clinton threatened war against the
Serbs.

And while the Serbian people, whom the Ustashas had
slaughtered alongside the Jews, were denounced and
threatened with slaughter, no one spoiled the State
Department's show by mentioning that an heir to the
Ustashas, whom Hitler once called "our Nazis,"
shared the stage.

Why? Why did *nobody* object? Why was Elie Wiesel
silent? Is it because the dead lack clout? If they
do, it is not for lack of numbers. As many as one
million people (Serbs, Jews, Gypsies and Partisans)
were slaughtered at Jasenovac by Mr. Tudjman's
friends, slaughtered so terribly that the German
Nazis expressed shock.

Lest we forget, the camp was called 'JASENOVAC'.

*****

To read comments by the editor of "Witness," Wanda
Schindley, see below. To order go to end of this
email.

Read Sample Chapter - We have posted Chapter 38 of
the book. It describes the heroic escape of the
male prisoners. Go to
http://emperors-clothes.com/jasenovac/escape-text.htm

***************************************
Comments by Editor of
"Witness to Jasenovac's Hell"
***************************************

In the area of northern Bosnia and what was
Krajina, virtually every family was devastated by
internments in the Jasenovac prison camp and the
subsequent slaughter that happened there. On April
21, 1945, nine days before Hitler committed
suicide, and as Allies moved toward Berlin, the
Ustasha worked to destroy evidence of the camp and
witnesses to the horror. They blew up camp
buildings and burned the 760 surviving women until
well into the night. On the morning of April 22,
1,060 men and boys broke down the doors of their
prison, fought the Ustasha guards with their bare
hands, and ran for their lives. Eighty survived.
Ilija Ivanovic, a retired teacher, was one of the
eighty and is now one of eight witnesses who still
lives to tell the story of the escape.
-- Wanda Schindley, Editor

To read part of the chapter on the 1945 escape go
to http://www.icdsm.org/jasenovac/escape-text.htm

*Footnotes and Further Reading Follow the Order
Information*

*******************************
Order Direct from the the ICDSM!
"Witness from Jasenovac's Hell"
*******************************

Shipped within the US - $27.95, including shiping.

Shipped outside the U.S. - $35.95, including
shipping.

If you can donate more, it will help us cover
expenses!

Here's how to order:

BY PHONE - ICDSM, USA 1 617 916-1705

BY MAIL - ICDSM
831 Beacon St.,
#295 Newton Centre, MA 02459 (USA)
(If your check includes an extra donation, please
indicate how many copies of "Witness" you are
ordering.)

BY SECURE SERVER - Go to
https://emperor.securesites.com/transactions/index.php
Pay the appropriate amount as a donation. Then
email us at emperors1000@... so we know you
ordered "Witness."

BY PAYPAL

If book is to be shipped *Within* USA, go to:

https://www.paypal.com/xclick/business=icdsm%40aol.com&item_name=%22Witness+to+Jasenovac+Hell%2C%22+by+Ilija+Ivanovic+%28Shipped+in+the+US%29&amount=27.95&no_note=1¤cy_code=USD

If book is to be shipped *Outside* USA, go to:

https://www.paypal.com/xclick/business=icdsm%40aol.com&item_name=%22Witness+to+Jasenovac+Hell%2C%22+by+Ilija+Ivanovic+%28Shipped+to+OUTSIDE+the+US%29&amount=35.95&no_note=1¤cy_code=USD

*************************
Footnotes and Further Reading
*************************

1) See, "Meet The Nazis The CIA Married: The
Croatian Ustashi," by Petar Makara And Jared Israel
at
http://emperors-clothes.com/docs/backin.htm

2) Tudjman was elected amidst a reign of terror by
his neo-Fascist Croatian Democratic Union (HDZ).
The HDZ was supported by a worldwide network of
Ustasha veterans. Wanted for heinous crimes in
Yugoslavia, these Ustashas were maintained in
comfort by governments in Europe and the Americas.
Many Ustashas and their children were brought back
to Croatia in the late 1980s and early 1990s to
assist Mr. Tudjman's 'democratic' efforts. The
Western media suppressed the story of what was
going on in Croatia in the early 1990s because it
contradicted the official line that 'a democratic
Croatia is rising from the ashes of communism,' and
so on. Sometimes a *hint* of the truth leaked out.
See for example the (London) Independent article at
http://emperors-clothes.com/cos/useful2.htm

3) BBC Summary of World Broadcasts
August 28, 1995, Monday
Part 2 Central Europe, the Balkans; FORMER
YUGOSLAVIA; CROATIA; EE/D2393/C
HEADLINE: PRESIDENT'S SPEECHES ON TRAIN JOURNEY
FROM ZAGREB TO SPLIT VIA KNIN;
Tudjman says Serbs fled Knin thanks to the Croatian
Army
Source: Croatian Radio, Zagreb, in Serbo-Croat 1340
gmt 26 Aug 95

Subscribe to our email list at
http://emperor.vwh.net/icdsm/maillist.htm
*Receive articles from the ICDSM Website

Send the link to this text to a friend. (Or just
forward the entire text!)

www.icdsm.org

Nota: per aderire rivolgersi ai numeri di telefono riportati in fondo
oppure via email a <moda@...>

---

PROTI PREVRACANJU ZGODOVINE, PROTI IZENACEVANJU BORCEV ZA SVOBODO IN
TLACITELJEV

CONTRO LA MISTIFICAZIONE DELLA STORIA, CONTRO L'EQUIPARAZIONE DI
COMBATTENTI PER LA LIBERTA' E OPPRESSORI

Trzaska obcinska uprava namerava izpeljati novo pobudo za prevracanje
zgodovine. Na osrednjem trgu Goldoni namerava postaviti spomenik, ki
bo posvecen "zrtvam totalitarnih rezimov". S tem bodo vsi, ki so padli
v boju proti fasizmu in nacizmu izenaceni z fasisti, SS-ovci in
kolaboracionisti vseh narodnosti, ki so bili usmrceni po koncu vojne.
Kot dedici nekaterih padlih za svobodo ne nameravamo dopustiti, da bi
nase prednike izenacili z njihovimi preganjalci in krvniki. Pozivamo
vas, da bi nas podprli s tem da podpisete prilozeno izjavo, ki jo
nameravamo oddati trzaskemu zupanu


L'amministrazione comunale di Trieste intende portare a compimento una
nuova iniziativa di mistificazione della storia. Intende infatti porre
nella centralissima piazza Goldoni un monumento dedicato alle "vittime
dei regimi totalitari". Con questo monumento tutti coloro che sono
caduti nella lotta contro fascismo e nazismo verranno equiparati e
parificati ai fascisti, alle SS e ai collaborazionisti di tutte le
nazionalità che furono uccisi alla fine della guerra. Come discendenti
di alcuni dei caduti per la libertà non intendiamo consentire che i
nostri cari vengano equiparati ai loro persecutori ed assassini. Vi
chiediamo di sostenerci firmando la dichiarazione allegata, che
intendiamo consegnare al Sindaco di Trieste.


Neva Blasina - Volk
Tea Volk
Pavel Volk
Sandi Volk
Mara Blazina
Lucijan Malalan
David Malalan
Emilia Cok
Giorgio Braicovich
Jordan Jakomin
Igor Juren
Diomira Fabjan Bajc

---

Il foglio raccolta firme per la petizione si puo' scaricare alla URL:

http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/
files/petiztrieste.doc

---

Trzaskemu zupanu
Izjavljamo, da nasprotujemo namenu trzaske obcinske uprave, da na trgu
Goldoni v Trstu postavi spomenik posvecen "zrtvam totalitarnih
rezimov". Smatramo, da bi tak spomenik bil huda zalitev za vse, ki so
darovali zivljenje v boju proti fasizmu in nacizmu, ker bi jih
izenaceval z njihovimi krvniki, s fasisti, nacisti in njihovimi
pomagaci vseh narodnosti, ki so bili usmrceni ob koncu vojne. Pozivamo
zato zupana Trsta, kjer ni v mestnem srediscu nobenega spomenika vsem
padlim v boju za osvoboditev izpod fasisticnega in nacisticnega jarma,
da se odrece temu nacrtu in spomenik posveti cemu ali komu drugemu.

Al Sindaco di Trieste
Dichiariamo di essere contrari all'intenzione dell'amministrazione
comunale di Trieste di dedicare il monumento che dovrebbe essere
eretto in piazza Goldoni a Trieste alle "vittime dei regimi
totalitari". Un tale monumento sarebbe infatti un grave insulto alla
memoria di coloro che hanno dato la vita nella lotta contro il
fascismo ed il nazismo perché li metterebbe sullo stesso piano dei
loro carnefici, dei fascisti, dei nazisti e dei loro collaboratori di
tutte le nazionalità che sono stati uccisi alla fine della guerra.
Invitiamo perciò il Sindaco di Trieste, città nel cui centro cittadino
non esiste un monumento dedicato a quanti sono caduti nella lotta per
la liberazione da nazismo e fascismo, a rinunciare a tale progetto e
dedicare il monumento a qualcuno o qualcosa d'altro.

---

Con preghiera di pubblicazione

Gentile direttore
Le scriviamo in relazione alla prevista erezione in piazza Goldoni di
un monumento "alle vittime di tutti i totalitarismi", ovvero "alle
vittime dei regimi totalitari". Un monumento voluto dalla precedente
amministrazione comunale con intenti "pacificatori", per ricordare
tanto coloro che furono perseguitati e uccisi da fascismo e nazismo
che coloro che vennero uccisi dagli "slavocomunisti".
Si tratta di una cosa che ci tocca personalmente in quanto
apparteniamo a una famiglia in cui le "vittime del totalitarismo" sono
state parecchie. Ci limiteremo a citare Giusto Blasina e suo fratello
Rodolfo, uccisi dai nazisti rispettivamente in via Ghega e a Opicina
in quanto militanti del movimento di liberazione sloveno. Crediamo
quindi rientrino a pieno titolo tra coloro cui dovrebbe essere
dedicato il monumento in questione. Assieme a loro il monumento
dovrebbe però ricordare anche le vittime del c.d "totalitarismo
comunista" nella sua versione "titoista". E tra questi naturalmente in
primo luogo le c.d. vittime delle foibe, p. es. l'agente di PS nonché
membro della banda Collotti Santo Camminiti, lo squadrista Arrigo
Chebat e la SS Ottocaro Crisa. E questo non intendiamo tollerarlo. Non
intendiamo tollerare che i nostri cari siano ricordati assieme a
coloro che combattevano, che li hanno perseguitati e uccisi. Perché
sarebbe per loro una beffa, una irrisione al loro sacrificio.
Nè intendiamo tollerare che i nostri cari vengano utilizzato per
mistificare la storia a scopo propagandistico. Perchè è questo l'unico
scopo di quel monumento. Mistificazione che inizia dall'utilizzo di
termini vaghi e ambigui come "vittime" e "totalitarismo". I nostri
cari non sono stati vittime di nulla, se non di qualche spiata, ma
hanno scelto di combattere per degli obiettivi in cui credevano,
consapevoli dei rischi che ciò comportava. E' solo per i motivi per
cui combattevano che la collettività può ricordarli. Il resto sono
affari privati dei suoi discendenti. Il "nostro" monumento dovrebbe
invece ricordare delle persone non per i motivi positivi per cui sono
morti, ma solo perché sono morti. Con l'aggiunta del piccolo
particolare che alcune delle persone a cui è dedicato il monumento
potrebbero essere gli assassini materiali di altre "vittime dei
totalitarismi". Quindi il monumento ricorderebbe assieme assassini e
assassinati. Legittimando così gli obiettivi ed i motivi per cui
combattevano squadristi, aguzzini, SS e altri personaggi del genere
facendoli passare quali vittime di una presunta "intolleranza
ideologica", come dei pacifici dissidenti uccisi solo per le loro
opinioni. È un falso e anche un insulto alla loro memoria - perché
come i nostri cari non si sono limitati ad avere delle opinioni, ma
agivano, ed è per le loro azioni che sono stati uccisi, lo
stesso vale per chi stava dall'altra parte.
Il termine totalitarismo, preso a prestito dalla storiografia e
peraltro ritenuto da buona parte degli storici tutt'altro che
scientificamente valido, serve invece solo a scaricare su dei regimi,
su delle idee, tutte le colpe di quanto accaduto. In particolare le
colpe di coloro che appartenevano alla stessa classe tanto del sindaco
precedente che di quello attuale, e che i programmi e la pratica di
Mussolini e Hitler li conoscevano molto bene, e che proprio per questo
li hanno appoggiati e finanziati, perché da loro si attendevano ed
hanno avuto lauti profitti. Perché Mussolini e Hitler al potere non ci
sono andati per intervento della Provvidenza, ma grazie al denaro dei
vari Agnelli e Krupp.
Dietro gli intenti "pacificatori" c'è invece la volontà, mettendo
sullo stesso piano i loro sgherri e chi li combatteva, di far passare
l'idea che chiunque abbia combattuto non semplicemente per il ritorno
all'epoca prefascista, ma per una società profondamente diversa, era
un criminale.
Tutto questo viene fatto per il presente, perché i monumenti sono dei
messaggi per l'oggi, non per il passato. Un presente tutt'altro che
pacificato, in cui le ragioni ed i motivi per cui hanno combattuto i
nostri cari sono tutt'altro che esauriti.
Siamo decisi ad impedire con tutti i mezzi che il monumento riguardi
anche le persone da cui con orgoglio discendiamo e rivolgiamo un
appello ai parenti e discendenti di caduti della guerra di
liberazione, di vittime della deportazione e della repressione
nazifascista e a tutti coloro che non intendono far passare una
operazione del genere perché vogliano unirsi a noi. Possono
contattarci allo 3495015941 o allo 3400802508.

Neva Blazina - Volk
Tea Volk
Pavel Volk
Sandi Volk

(za verziju na srpskohrvatskom:
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/2198)


Dalla rivista PATRIOT (Banja Luka)

L'ex presidente della Repubblica Serba di Bosnia, Biljiana Plavsic,
insieme ai suoi complici politici nazionali e stranieri, ha dato nuovo
vigore al Tribunale per i crimini di guerra dell'Aia:

Uno strumento contro la giustizia e la riconciliazione

di Zoran Zuza

Crimini certo, ci sono stati, è indiscutibile, ma la Plavsic,
nel citato documento, si spinge oltre dichiarando che i crimini
venivano decisi e istigati dalle più alte cariche statali. Ciò
rappresenta la tesi essenziale dell'accusa al tribunale dell'Aia, ma
non solo questo non corrisponde a verità, anzi si può dimostrare il
contrario.

La firma della Plavsic sul citato documento, che certamente la Del
Ponte userà come prova scritta in tutti i futuri processi contro gli
accusati serbi, non si può comprendere se non come una forma di
frustrazione vendicativa e come la continuazione della resa dei conti
iniziata tra i contendenti politici all'interno della Repubblica Serba
di Bosnia.
"La confessione di B. Plavsic non solo indica il tipo di crimine nel
quale è lei stessa coinvolta, ma conferisce anche legittimità al
tribunale dell'Aia e alle sue funzioni", ha detto Alex Borejn (ex
presidente della Commissione sudafricana per la verità e la
conciliazione) nella fase finale del processo contro la presidentessa
della RS di Bosnia.
Sembra che proprio questa frase definisca l'essenza e gli obiettivi
dell'inganno politico e giuridico che si è svolto durante la scorsa
settimana nel tribunale dell'Aia di fronte a tutto il mondo.
Riconoscendo la colpa ma anche le pesanti accuse contro altri leaders
serbi, uniti nell'azione criminale, come dicono gli accusatori, la
Plavsic ha terminato la sua missione politica come "insider" serbo
[infiltrata, ndT], iniziata già nella primavera del 1997, quando si è
incontrata a Sistri, cittadina portoghese, con il proprio riflesso
nello specchio - l'allora segretario di stato Usa Madeleine Albright.
Le due, spinte ognuna dai propri scopi, ma entrambe guidate dall'odio
e dalla ripicca - e determinate nei propri obiettivi politici - hanno
dato una nuova boccata d'aria al Tribunale dell'Aja, istituito dalla
Albright e dai suoi lobbisti nel 1993, la cui credibilità stava
vacillando anche presso il Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite.
La Albright, come pure la Procuratrice generale Carla Del Ponte (terzo
personaggio importante in questo scenario politico) userà questa
vergognosa confessione della Plavsic per dare legittimità al suo
sporco lavoro ed eseguire così la funzione essenziale del tribunale,
il cui scopo non è di affermare la giustizia e la riconciliazione nei
paesi della ex Jugoslavia, ma di falsificare la storia ed indicare dei
presunti colpevoli per le guerre e le sofferenze del popolo in
questi territori.
Quando lo farà, avrà concluso la sua "storica missione" e cesserà di
esistere, mentre sottratti alla giustizia - perché anche questo è
lo scopo del tribunale - rimarranno tra gli altri i veri istigatori
della guerra e i fondatori di questo tribunale.
La confessione della Plavsic ha di certo escluso per sempre la
possibilità che davanti a qualsiasi tribunale appaia ad esempio il
diplomatico Warren Zimmermann, l'uomo che persuase Alija Izetbegovic a
ritirare la sua firma dal piano di pace di Josè Cutillero.

La propaganda di una marionetta

Potete comprendere quale imbarazzo e quale panico, tra gli attori di
questo processo nel quale anche domande e risposte erano già
prestabilite, abbia suscitato la parola "marionetta" incautamente
pronunciata in tribunale nel contesto dei rapporti tra la Albright e
la Plavsic. La Albright non si è lasciata confondere, sicura che
nessuno in quella sala le avrebbe chiesto come fosse possibile che la
"propaganda belgradese collaborasse strettamente" con la Plavsic,
sapendo che era accusata per crimini di guerra. La domanda non è stata
posta ma la risposta è arrivata da Carla Del Ponte, definendo la
strada e la sorte finale di ogni marionetta! "La confessione della
colpevolezza di Biljana Plavsic non ci ha sorpreso. E' stata la
continuazione del suo nuovo percorso intrapreso nel 1995, subito dopo
la firma degli accordi di Dayton. Questo però non diminuisce
minimamente la sua responsabilità per aver partecipato ai peggiori
delitti commessi contro l'umanità".
La Del Ponte ha recitato magistralmente la sua parte in questa
spudorata commedia internazionale. Il suo compito era sicuramente di
recitare con severità e di proporre una pena quanto più alta per la
settantaduenne donna politica, a favore della quale si sono schierati
sia i giudici sia gli accusatori, per varie "circostanze attenuanti".
L'accanita Carla Del Ponte doveva persuadere l'opinione pubblica che
la Plavsic aveva rifiutato di cooperare, cioè di testimoniare
direttamente contro Slobodan Milosevic e Momcilo Krajisnik [Krajisnik
fu presidente della RS di Bosnia dopo la Plavsic, e forzatamente
trasferito al tribunale dell'Aia, ndT]. Tale testimonianza non
sarebbe stata presentata come tradimento del movimento da lei
rappresentato e degli scopi perseguiti fino al 1996, ma come
sacrificio perché al suo popolo venisse cancellata la colpa
collettiva. "Non sono ancora riuscita a persuaderla ad entrare
nell'ultima fase dell'assunzione delle proprie responsabilità, perché
si presentasse quale testimone agli altri processi", ha sottolineato
Carla Del Ponte, chiedendo per la Plavsic una pena non inferiore ai
quindici anni e non superiore ai venticinque di reclusione.

Il collaboratore più significativo del Tribunale

La verità vera sul ruolo della Plavsic viene rivelata dal suo avvocato
Robert Pavic, considerando che la confessione e la dichiarazione resa
davanti alla Corte dell'Aia martedì scorso rappresenta "la
massima cooperazione". Come denominare altrimenti il documento
intitolato "I concetti basilari dell'affermazione di colpevolezza" che
dal 15 settembre 2002 fino a lunedì scorso era rimasto sigillato?
Tolto il sigillo e messo in luce il documento, apparve chiaro cosa
fece la Plavsic e perché i suoi avvocati sono riusciti il 2 ottobre
2002 ad accordarsi facilmente con la Procura. A seguito di tale
accordo, sono stati ritirati tutti i punti d'accusa (anche quello di
genocidio e partecipazione ad un genocidio), eccetto quello che si
riferisce alla persecuzione razziale e religiosa, per la quale la
Plavsic ha confessato la sua colpa.
Nel documento, composto di 22 punti, che oltre alla Plavsic hanno
sottoscritto anche Eugene O'Sullivan e Robert Pavic, si tenta di
togliere vergognosamente gran parte delle responsabilità della Plavsic
e addossarle invece a Slobodan Milosevic, Radovan Karadzic, Momcilo
Krajisnik e al generale Ratko Mladic. "Lo scopo principale dell'SDS
[il partito di Karadzic, ndT] e anche della leadership dei Serbi
di Bosnia era che tutti i Serbi della ex Jugoslavia rimanessero nello
stesso stato". Uno dei metodi per raggiungere questo obiettivo era la
divisione su base etnica della popolazione della Bosnia. Fino
all'ottobre del 1991, tutti i capi serbo-bosniaci, inclusa la signora
Plavsic, ne erano consapevoli e intendevano includere anche
l'espulsione definitiva di determinati gruppi etnici, sia con
l'accordo che con la forza, quindi applicando una politica
discriminatoria verso la popolazione non serba per allontanarla dai
territori ai quali aspiravano i serbi.
Questa politica di divisione forzata della popolazione sarà menzionata
ulteriormente nei documenti, come obiettivo al quale contribuirono
molte figure, inclusi Slobodan Milosevic, Radovan Karadzic, Momcilo
Krajisnik e Ratko Mladic.
Tra queste persone esistevano delle differenze in quanto a
consapevolezza dei dettagli di questo obiettivo. La signora Plavsic ha
accettato e sostenuto il piano di divisione forzata dei gruppi etnici
e ha contribuito alla sua realizzazione. Ella però rivestiva un ruolo
meno importante degli altri.

La Costituzione violata

Nel documento si sottolinea che "i due capi più importanti dei
serbo-bosniaci" R. Karadzic e R. Mladic spesso andavano a consultarsi
da Milosevic a Belgrado, dal quale ricevevano indicazioni e sostegno
per raggiungere gli obiettivi previsti.
Si dice inoltre che la VRS (Esercito della RS di Bosnia) riceveva
aiuti finanziari e sostegno logistico dal vertice politico e
militare di Belgrado. Nel testo, pieno di mezze verità e di falsi, la
Plavsic e i suoi avvocati citano il 14 e il 15 ottobre del 1991,
quando l'Assemblea [Parlamento] della Repubblica di Bosnia ed
Erzegovina, in assenza dei deputati serbo-bosniaci, ha approvato il
Memorandum per la creazione della Bosnia ed Erzegovina sovrana; ma
sottolineano che in questo modo "per così dire è stata violata la
Costituzione della Bosnia ed Erzegovina". Si cita l'avvertimento di
Karadzic ai musulmano-bosniaci che saranno sconfitti se si arrivasse
alla guerra, ma si omette la "famosa" frase di Izetbegovic, "che verrà
sacrificata la pace per una Bosnia ed Erzegovina sovrana". Si citano
le persecuzioni subite dalla cittadinanza non serba, spietati
attacchi contro villaggi e cittadine, forzati trasferimenti,
carcerazioni illecite, la distruzione di obiettivi culturali e
religiosi, i saccheggi, i lavori forzati e l'uso di scudi umani.
Questi crimini furono certamente commessi e gli esecutori devono
essere puniti, ma la Plavsic, nel succitato documento, va anche oltre
a questo, e afferma ciò che per il tribunale dell'Aia è il dato
essenziale: che i crimini sono stati ordinati e istigati dai vertici
più alti. Questo non solo non corrisponde alla verità, ma è possibile
dimostrare il contrario - anche tra le mani della stessa Plavsic sono
passati centinaia di documenti, ordini e decisioni, con i quali si
chiedeva alle forze di polizia e dell'esercito della RS di Bosnia il
rispetto della Convenzione di Ginevra e si richiedeva l'arresto e la
condanna di tutti coloro che avrebbero commesso crimini di guerra e
contro l'umanità. Perciò la firma della Plavsic sul documento citato,
che siamo certi verrà usato dalla Del Ponte come deposizione scritta
in tutti i futuri processi contro i Serbi accusati, non si può
ritenere altro che la vendetta di una persona frustrata e la
continuazione di una disputa iniziata tra gli avversari politici della
RS di Bosnia.
"Credo sia chiaro che io mi sono allontanata da questi leaders, ma
troppo tardi. Eppure questa dirigenza, senza alcuna remora, continua a
chiedere la fiducia e il sostegno del nostro popolo. Ciò si ottiene
suscitando la paura, dichiarando mezze verità, nella convinzione che
tutto il mondo sia contro di noi. Ma i frutti del lavoro di questa
dirigenza sono chiari: le tombe, i profughi, l'isolamento e
l'esasperazione contro tutto il mondo che ci ha respinto proprio a
causa di questi leaders", dice Biljiana Plavsic, il cui odio cieco ha
trasformato l'aula del processo all'Aia nel balcone di Banski Dvor
[residenza del presidente croato a Zagabria, ndT].

La "verità" di Dodik

Proprio questo - la trasformazione del tribunale in un palcoscenico
politico contro l'SDS, iniziato prima contro il movimento del popolo
serbo e poi in seguito contro il partito politico - è stato
l'obiettivo conclusivo di questo processo.
Ecco il motivo per cui su questo palcoscenico dovrebbero sfilare le
Madeleine Albright, i Carl Bildt, i Robert Frowick, tutti i personaggi
che, usando la posizione e l'influenza di B. Plavsic, hanno spaccato
l'unità del popolo serbo nella RS di Bosnia ed hanno tracciato così
gli obiettivi politici. Nel ricordare questo triste e infelice
periodo, un vero e proprio vespaio che rischio' quasi di portare ad un
conflitto armato tra gli stessi Serbi, si è inserita anche la
testimonianza di Dodik [ex presidente della RS di Bosnia, ndT], che
dicendo "la verità, tutta la verità e nient'altro che la verità" ci
ha riportato addirittura all'anno 1992?! Il leader della SNSD non ha
spiegato - e nemmeno gli hanno chiesto - come mai lui stesso,
quale ex delegato nel Parlamento della Repubblica di Bosnia ed
Erzegovina, si sia aggregato alla maggioranza dei delegati serbi, i
quali oggi vengono dichiarati dal tribunale dell'Aia "gruppo
ribelle con lo scopo di creare la grande Serbia". Come è possibile che
durante tutta la guerra in Bosnia abbia mantenuto rapporti politici e
di affari con Milosevic, il quale ora è accusato di essere "il
principale artefice del crimine intrapreso"? Come è possibile che
proprio a questa B. Plavsic, che durante il 1993-94 "si
scontrava con il resto della guida dell'SDS", R. Karadzic prima del
suo definitvo addio alla vita pubblica abbia trasmesso gran parte dei
poteri?

Né giustizia, né conciliazione

Quanto sia difficile capire le azioni della Plavsic lo dimostra il
fatto che lei, oltre ad avere accettato di diventare un'arma nelle
mani del tribunale, è profondamente consapevole che si tratta di un
tribunale politico, il quale sicuramente non eseguirà la missione per
cui è stato istituito, cioè giustizia e conciliazione dei paesi della
ex Jugoslavia. "Fate tutto ciò che è in vostro potere per essere
giusti di fronte a tutte la parti in guerra. Facendo ciò, forse sarete
nella possibilità di espletare la missione per la quale questo
tribunale esiste", ha raccomandato la Plavsic ai giudici accusatori e
procuratori del tribunale. In questa frase risiede tutto ciò che non
era neanche previsto dal ruolo che la ex presidentessa della RS di
Bosnia ha interpretato sul palcoscenico del tribunale. Malgrado
qualsiasi cosa abbiano confessato gli accusati, o che confesseranno
nel prossimo futuro, giustizia e conciliazione non ci saranno su
questi territori finché non si attesterà la responsabilità politica e
militare dei leaders delle altre due parti in causa, come anche dei
faccendieri internazionali nelle guerre e nella distruzione della ex
Jugoslavia.
Purtroppo, la storia di questi territori viene ancora dettata dai
potenti del mondo. La Plavsic ha recitato la sua parte alla perfezione
e per questo sarà adeguatamente ricompensata o condannata, a seconda
della prospettiva dei giudici del tribunale. Quello che non entrerà
nella storia scritta dai vincitori restera' nel ricordo popolare, e
diverrà un racconto o un poema e, dopo un certo periodo, leggenda e
mito. Non c'è da meravigliarsi se i cantori di queste leggende, in cui
sono entrati durante la vita o anche in seguito, invece del cognome
Brankovic [il traditore della battaglia di Kosovo Polje, che vide la
sconfitta dei serbi contro gli ottomani nel 1389, ndT] useranno il
cognome Plavsic.


[A cura di Ivan e Manuela, per il CNJ]

Artel Geopolitika
by www.artel.co.yu
office@...
Datum:17 januar 2003


Prof. dr SMILJA AVRAMOV: DESTRUKCIJA JUGOSLAVIJE

Izlaganje na okruglom stolu
BEOGRADSKOG FORUMA ZA SVET RAVNOPRAVNIH
Medija Center
Beograd, 12. decembra 2002. godine

Moram da obavestim ovaj auditorijum, da ja nisam pripremila
nikakav referat, niti je to bilo predvidjeno. Sa najve?im
zadovoljstvom prihvatila sam poziv da u?estvujem na ovom
Okruglom stolu. Ovo utoliko pre sto smatram da se danasnji
trenutak odnosa Srbije i Crne Gore ne mo?e posmatrati izolovano,
jer u biti svojoj nista tu nema novo. To je samo deo jednog
procesa koji je otpo?eo 1991. godine. Idejni temelji ovog Ustava -
za koga mi mislimo da su ga pisali nestru?njaci, nestru?na lica, ja
mislim da nisu i da im temelji po mom dubokom ubedjenju i po
ovom sto je danas pred nama, sa svim nelogi?nostima koja su
briljantno opisali referenti, postavleani su u ?uvenom
Karingtonovom papiru i onom sto je kasnije sledilo: Badinterovoj
komisiji. Tu je temelj i tu mo?emo povu?i jednu liniju. Taj proces
je otpo?eo u Hagu onog 18. oktobra 1991. kada nam je predo?en
Karingtonov papir, koji u novijoj istoriji civilizovanog sveta
predstavlja najte?u prevaru, prevaru utoliko pre sto je Brionska
deklaracija objavljena kao veliki domet koji obe?ava budu?nost.
Kroz Brionsku deklaraciju Evropska unija se obavezala da ?e
posredovati u cilju zastite teritorijalnog integriteta dr?ave
Jugoslavije. Umesto posrednika, umesto tra?enja izlaza unutar
granica Jugoslavije, na nase veliko zaprepas?enje, a danas su tu i
drugi u?esnici tog kriti?nog dana, kada smo u Hagu 18. oktobra
1991. godine bili suo?eni sa predlogom raspada Jugoslavije.
Raspada po modelu koji nam je sa?inio Karington, a kasnije ga
doradio Badinter.

Dakle, imamo od tog doba razloga da se pitamo sta je pozadina
toga? Jer, u to vreme, Evropa se pripremala za Mastriht. Dakle,
na jednoj strani Evrope imamo totalnu dezintegraciju, a na drugoj
strani imamo integraciju Evrope. U jednom, kako se kasnije mo?e
videti iz dokumentacije koja nam je danas pristupa?na, nosimo i
deo krivice. Kada ka?em krivice mislim, pre svega, na
intelektualnu elitu ove zemlje koja je do?ekala prelomne istorijske
trenutke potpuno nespremna, ne poznavaju?i infrastrukturu
tadaseg sveta i bez alternative za promene koje su nam nudili, a
koje su bile po nas pora?avaju?e. Stekao se ovde jedan ?udan
sticaj okolnosti koji je izazvao nasu definitivnu tragediju. Bio je
to,
s jedne strane, trenutak kada je Nema?ka ?elela da ostvari svoje
vekovne geostrategijske i geopoliti?ke interese i izasla otvoreno na
pozornicu sa zastavom. Takodje i Vatikan. Samo bih vas podsetila
da je Vatikan zahtevao jos davne 1982. godine - ?ak je to i
pismenim putem izmedju Regana i Pape Vojtile zabele?eno -
izdvajanje Hrvatske i Slovenije iz Jugoslavije, kao dveju katoli?kih
teritorija. Tre?e podizanje Austrije na jedan visi nivo sto smo i
do?ekali kasnije i stvaranje jednog mo?nog katoli?kog bloka u
Evropi. To nije odgovaralo amerikancima u to vreme, ali to je bila
cena koju je Amerika morala da plati za ustupke koje je Vatikan
u?inio Americi u Ju?noafri?koj Uniji i u razbijanju isto?nog bloka.

Naime Regan je sa svojom ekipom dosao do zaklju?ka da je na
vojnom polju isto?ni blok nepobediv. Da se na vojnom polju ne
mo?e resiti sudbina Istoka i Zapada, nego da je potrebno pomo?u
duhovnih snaga, pomo?u podzemnih metoda i?i na razbijanje
isto?nog bloka i to se zaista i dogodilo. Amerika suo?ena sa
jednim predlogom, sa jednim planom koji joj nije odgovarao,
uklju?ila je taj prostor u svoj eksperimentalni poduhvat, poduhvat
dekonstrukcije dr?ava i utapanja u siri proces globalizacije. Mi
smo, dakle, ?rtva vrlo heterogenih politi?kih procesa do kojih je
doslo, a sami smo do?ekali taj trenutak nespremni.

I da je taj proces jos uvek u toku, vidi se najbolje po tome sto se
tradiciionalno, nakon ratova, nakon prestanka rata, postavljaju
trajni temelji budu?osti jednog regiona, jedne dr?ave, a kod nas je
okon?an rat, a stabilnosti nema. Mi nismo imali sest ratova, to je
velika greska nase zvani?ne politike koja je to prihvatila, pa govori
o ratu u Sloveniji, ratu u Hrvatskoj, ratu u Bosni, neznam koliko
sad na Kosovu. Nema ratova, ima samo jedan jedini rat. Samo
jedna jedina agresija: to je rat protiv suverene dr?ave Jugoslavije,
to je i agresija koja je izvrsena na zemlju kombinovanim
unutrasnjim i spoljnim snagama. To je, ako ho?ete, empirijski i
teorijski jedini zaklju?ak, jedina istorijska istina, da se tako
izrazim. To sto se danas odstupilo od Povelje UN od Finalnog
akta u Helsinkiju, od Pariske povelje, to nikoga apsolutno danas
ne interesuje. Jer, ustvari, UN su opstale kao jedna skleroti?na
ustanova koja slu?i danas isklju?ivo ameri?kim ciljevima. Isto
onako, samo mo?da jednu paralelu, da napravim, ali da ne budem
krivo shva?ena, kao Drustvo naroda.

Drustvo naroda nestalo je onda kada je Engleska, posle invazije
Italije na Etiopiju, rekla: "Pa nemam ja nikakvih obaveza prema
toj zemlji", a zaboravila je obaveze koje je, preko Drustva naroda,
nametao Pakt Drustva naroda. I Hitler je vrlo posteno istupio tad i
rekao je: "Nema?ka istupa iz Drustva naroda jer u tim okvirima ne
mo?e ostvariti svoju politiku". Na kraju tada ?asno ako ho?ete.
Danas se desilo podlo, podmuklo, nisko. Ujedinjene nacije su
srusene, a ostala je neka fasada, obmana jedna pred svetom. I taj
poredak UN koji je vegetirao kroz hladni rat definitivno je srusen i
istorija ?e ga, duboko sam ubedjena, tako i zabele?iti. Srusen je na
terenu Jugoslavije i na rusenju originarnog ?lana UN, to ?e re?i
zemlje utemeljiva?a kroz Atlantsku povelju, kroz Deklaraciju UN,
koju smo potpisali 1. januara 42. godine, a zatim Povelju itd.

Slusaju?i briljantna izlaganja mojih predhodnika, mog uva?enog
kolege Perazi?a, koji je otvorio neku optimisti?kiju sliku ovih
dvaju sukoba izmedju Srbije i Crne Gore, podsetila bih ga na nase
ranije razgovore o tom pitanju. Na?alost, ja ne delim njegovo
misljenje i ne mislim da ?e se ista mo?i promeniti u onom sto je
sada. Jer mi smo deo, i ta Povelja je samo deo, tog destruktivnog
procesa koji je u toku. Destrukcija ove zemlje se dalje nastavlja i
ako je rat zavrsen i ako, kao sto sam rekla, posle mirovnih
ugovora dolazi do stabilizacije. Ovde rat nije zavrsen, odnosno rat
je kobajagi u Bosni zavrsen. Medjutim, destabilizacija regiona se
nastavlja, ?itava. I mi imamo ovde jedan specifi?an oblik rata koga
je nemogu?e uklju?iti u one tradicionalne pojmove rata. Nisam
sklona tom optimizmu, mnogo sam vise sklona da prihvatim
pesimisti?kije zaklju?ke kolege Kova?a koji ka?e nema dr?ave. I ja
mislim u ovoj fazi, eksperimentalnoj fazi, dr?ava nije
konstituisana i mi njen identitet nemamo. Ne mo?emo ocrtati
identitet te zemlje. Medjutim, ja sam optimista dugoro?no
posmatraju?i situaciju i to duboko ubedjeni optimista. Odmah ?u
vam re?i na ?emu zasnivam moj optimizam.

20-ti vek istori?ari, poznati, veliki istori?ari sveta, nazvali su
"vekom groblja imperija". Tako su ?ak i naslovili neke knjige koje
opisuju 20-ti vek. Krajem Prvog svetskog rata nestale su Ruska
imperija, Otomanska i Austrougarska. U Drugom svetskom ratu
nestaje Nema?ka imperija, ali nestaje i imperije Velike Britanije,
nestaje imperija pobedni?kih sila, dolazi do procesa
dekolonizacije. Hladni rat dovodi do poraza Sovjetske imperije i na
svetskoj sceni ostaje samo jedna imperija, odnosno ostaje SAD,
koje su savez koga su imali na neki na?in bacili pod tepih i
proglasili sebe liderom sveta; imperijom, jednom novom
imperijom.

Jedna od karakteristika svih imperija sveta je da ne priznaju
nikakve zakone, sem zakona svoje sile. Amerika danas ima silu
bez presedana u istoriji - 37 puta mo?e razoriti svet, ona ima
u?asnu destruktivnu mo? u svojim rukama. Ona mo?e da razori
zemlju, ona mo?e da pokori vojske, ali kao sto se pokazalo do
sada u toku te njene imperijalne vladavine koja traje od 90-tih
godina, ona nema mo? da vlada svetom. Znate, jos je poznati
Rimski vojskovo|a Demiskijus 385 g. pre nove ere, posle velikih
pobeda, rekao: "Nemojte se zavaravati, veli?ina Rima ne le?i u
gvozdenim oklopima ni u sabljama, ne le?i ni u ogromnoj masi
ljudi i vojske, veli?ina Rima le?i u razumu". A to je upravo ono sto
u ovom trenutku nedostaje Americi, toj novoj imperiji, zato
verujem u njenu vrlo skoru propast.

No, ostavimo se tih dugoro?nih stvari i posmatranja u perspektivi.
Mi patimo u?asno, mi smo dosli i nalazimo se u jednoj
katastrofalnoj situaciji. Ustvari, jedan paradoks je na delu tzv.
medjunarodne snage - KFOR, UNMIK i neznam kako sve i koje
su sve skra?enice imale - su stavljene u funkciju ne da stite ovaj
narod, ne da zavedu mir, nego da stite paravojne snage, da stite
teroristiske bande, da dr?e neuralgi?nim stanje na ovom delu
kugle zemaljske. Mi moramo biti svesni te ?injenice, i da smo
pokoreni narod, pora?eni smo, ne na vojnom polju. Rekla bih ?ak
vidite, da nismo pora?eni, ono sto narod naro?ito isti?e ni na
ideoloskom polju. Znate zasto? Mi do sada nemamo nijednu
temeljitu studiju o odnosu Kardeljizam - Titoizam - Marksizam
- mi to nemamo. Mi nemamo nijednu verifikovanu studiju koji bi
nam u tom smislu pomogla. Sem toga paradoks je jos jedan, koga
moram ista?i. Ta ?itava Jugoslavija je bila uklju?ena u
bezbedonosni sistem NATO-a. Ja sam dosla do tog originalnog
ugovora iz 1960. godine, kada je Gr?ka, u ime NATO-a,
zaklju?ila sporazum sa Jugoslavijom na osnovu koga je data
mogu?nost NATO trupama na prolaz kroz nasu teritoriju, ukoliko
budu napadnuti sa Istoka.

Par dana po smrti Josipa Broza, NATO je izvestio Predsednistvo
SFRJ da taj ugovor smatra i dalje va?e?im. Da li je to jedan
paradoks? Vi nigde na Zapadu nemate napad na re?im koji smo
mi imali 50 godina, re?im Brozovsko-Kardeljevski, vi imate
napad na Milosevi?a. Dakle to je dokaz da za njih nisu uopste
bitne te re?imske promene, a to dokazuje najbolje i oktobarski
izbori i dovodjenje na ?elo zemlje gospodina Kostunice. Nista se
promenilo nije. Sistem je i dalje na snazi.

Dakle, mi smo u jednom procesu, u procesu gde imamo jako
su?en manevarski prostor. Mi moramo jako oprezno, vrlo
studiozne korake povla?iti danas, vode?i strogo ra?una o tim
mdj|unarodnim tokovima, uz svest da nemamo i da ne postoji
jedna izgradjena i opste usvojena ideologija ili jedan
medjunarodno pravni model za 21. vek. Protivre?nosti unutar
samog zapadnog sveta danas postoje i one su ogromne. Mi tu ne
mo?emo da se takmi?imo, niti u te tokove da ulazimo, ali ima
jedino sto mo?emo ' da sa oprezom pratimo sve te tokove. A ja
duboko verujem u srpski narod (ili ako ho?ete srpsko-crnogorski,
nek me izvinu ovi crnogorci, jer ja sam u?ila gimnaziju pre
Drugog svetskog rata, tamo 30-tih godina, i jos sam malo
profesionalno deformisana u tom pogledu). Uvek u prelomnim
trenucima istorije, srpski narod je pokazao i dokazao da poseduje
jedan emancipatorski kapacitet. Ja duboko verujem da ?e ga
iskazati i ovoga puta.

http://www.apisgroup.org/article.html?id=1065

Kosovo i Metohija

Pocinje privatizacija firmi na Kosovu i Metohiji
po modelu UNMIK-a

Sladjan Nikolic

Uvod

Jedan od brojeva casopisa za geopoliticka
i strateska istrazivanja "Geopolitika", uz
aktivno ucesce autora ovog teksta, imao je
za temu najavljenu privatizaciju na KiM,
pisuci o njenim stetnim posledicama po
drzavu Srbiju a u cilju upozorenja i
stvaranja osnovne informacione podloge
koja bi omogucila donosenje kvalitetnih
politickih odluka. Sasvim je ocigledno da
do kvalitetnih politickih odluka nije doslo i da proces
privatizacije na KiM pocinje. O tom problemu
su pisali i analiticari APIS/group.org
pre izvesnog vremena, a problem je bio
i na dnevnom redu rasprava mnogih
politickih stranaka i koalicija u Srbiji..

U narednom delu teksta bice dati osnovni
elementi kojim drzava Srbija moze da se
sluzi kao argumentima, a u cilju
sprecavanja reazlizacije ovog projekta sa procenom
kakva nas steta moze zadesti ako se
ovakva privatizacija realizuje. Velicina stete
koju ovim projektom mozemo da pretripimo,
ako drzava Srbija nista ne ucini da spreci
njegovu realizaciju zavisice onda samo
od dobre volje onih koji projket realizuju.

UNMIK-ov model privatizacije nije primeren
nijednom poznatom svetskom standardu

UNMIK-ov model privatizacije predstavlja
model koji nije primeren poznatim
svetskim standardima u toj oblasti. Naime,
taj koncept projektovan u modelu spin-ofa
preporucuje prodaju neto-aktive, odnosno
imovine kosovskometohijskih firmi bez
dugova. Drugim recima, od majke-firme
preporucuje se stvaranje firmi-kceri, tako
sto se sva aktiva prenosi na kcerku a sva
dugovanja ostaju firmi-majki. Umesto efekta
obrtanja Stajnerov model privatizacije
imace za efekat "oguliti firmu-majku".
Ovakav jednostrani koncept koji resava
interese duznika a zapostavlja, ili bar privremeno
ostavlja po strani interese poverilaca
i vlasnika je nespojiv sa trzisnom logikom.
Ovakvim konceptom ne postoji sansa da
se formira stecajna masa koju ce naplatiti
poverioci, i sasvim je sigurno da on na
zapadu nigde ne bi mogao da bude sproveden
jer bi bio ocenjen kao cista prevara.

Iz takvog jednog koncepta proizilazi
da ce se devizni dugovi kosovskometohijskih
preduzeca vracati iz budzeta Srbije,
jer je NBJ bila supergrant kreditima koji su
nesebicno uzimani. Drzavi preostaje da
sa predstavnicima svetske banke nastavi
pregovore u kojima ce biti iznete nase
primedbe na UNMIK-ov koncept privatizacije.
Ono sto zabrinjava jeste to sto je Stajner
Uredbu o privatizaciji potpisao u prisustvu
predstavnika Svetske banke i ona kao da
ima za jedan od ciljeva da se Srbija uz
pomoc Svetske banke dovede do "prosjackog stapa".

Potpuno je nejasno da li ce Srbija moci da
koristi novac od prodaje imovine u koju je
minulih decenija ulozila cak 17 milijardi
dolara. Po svemu sudeci Srbija ce ostati
bez tog novca. Osim toga, u tom UNMIK-ovom
preuranjenom i diskutabilnom projektu nema
ni reci o socijalnom programu i brojnim
drugim pitanjima koja iskrsavaju u
procesu privatizacije. U njemu ocito nisu
zasticeni ni Srbi ni Siptari koji su nekad
radili u propalim i unistenim fabrikama.

Krsenje Rezolucije broj 1244 SB UN i
nepostojanje pravne utemeljenosti za
realizaciju modela privatizacije UNMIK-a

Privremena misija UN-a, kakvo joj je i
ime, ima pravo da privremeno upravlja i
administrira, ali po rezoluciji 1244 SB
UN, nema ingerencije da donosi odluke koje
izazivaju trajne posledice. Proces privatizacije
je proces u kome dolazi do promene titulara
svojine, i koji izaziva trajne posledice.
Prema tome misija UN-a, otpocinjanjem
procesa privatizacije izlazi izvanih svojih
ingerencija i time direktno krsi rezoluciju
1244 SB UN.

U konceptu privatizacije UNMIK-a ne postoji
ni pravna utemeljenost. Na osnovu
Ustavnog okvira, to bi se resavalo uredbama.
Uredbe i sam Ustavni okvir su privremeni
dokumenti. Uz to, ne moze se privatizovati
imovina nad kojom vlasnistvo nemaju ni
UNMIK ni privremeni organi samouprave.
Znatan deo imovine predvidjene za
privatizaciju je drzavno vlasnistvo SRJ
i Srbije ili je u vlasnistvu preduzeca iz
centralne Srbije.

Nepostojanje ukupnog ambijenta za otpocinjanje
procesa privatizacije

Ovakav projekat privatizacije se ne moze
staviti na red jer privremena misija UN-a
nije ispunila svoje obaveze iz rezolucije
1244 SB UN sto za direktnu posledicu ima ne
postojanje ambijenta za realizaciju jednog
ovakvog projekta. Nisu reseni osnovni
problemi - imovinska prava, povratak
prognanih, bezbednost, infrastruktura,
komunikacije, suzbujanje kriminala.
Projekt privatizacije se moze sprovesti samo u
regularnim trzisno uredjenom prostoru,
gde se oseca vladavina zakona, u
konkurentskom ambijentu, gde se pojavljuje
vise zainteresovanih kupaca. Na KiM ni
izdaleka nema tog ambijenta, nema
slobodnog kretanja osnovnih faktora proizvodnje

- ljudi i kapitala., pokiaden su sve
poslovne veze i kooperativni aranzmani izmedju
preduzeca i trziste je na najvecem stepenu
ekonomskog i politickog rizika. Na KiM
cveta kriminal, trgovina narkoticima,
sverc oruzja, ljudi cigareta... U odsustvu
investitora iz nase zemlje i inostranstva,
postojece firme bi kupovali samo samo
Siptari, i to najvise oni koji su do
kapitala dosli na kriminalan nacin.
Time bi oni oprali novac i ubacili ga u
legalne tokove. Tako bi se desilo da
siptarski kriminalci na KiM kontrolisu
legalnu ekonomiju.

Preovladjujuce stanoviste

Kod nas, medju ekonomistima koji se ovom
temom bave, a kojih je nazalost jako
malo, provladava misljenja da "stajnerova
privatizacija" nece uspeti, odnosno da
UNMIK, nece uspeti da proda vise od pet,
sest preduzeca. Smatram de je ova
procena pogresna, Siptari ce aktivno
ucestovati u procesu privatizacije, narocito oni
iz miljea organizovanog kriminala,
smatrajuci kupovinu firmi patriotskim cinom
i jos jednom merom kojom se drzava Srbija
proteruje sa prostora KiM, odnosno kidaju
veze s njom i njenim ekonomskim sistemom.

Informacije koje dolaze iz izvora bliskih
siptarskim separatistickim vrhovima govore
da ce oni kao jedne od kljucne argumenata
u prilog svojoj sepataristickoj ideji u
buducim pregovorima koji ce uslediti o
statusu pokrajine koristiti - vlasnistvo nad
zemljistem, zato je trend etnickog zaposedanja
teritorije KiM nastavljen i u porastu, i

privatno vlasnisto nad privrednim objektima.

Nematerijalne posledice privatizacije -
dalje iseljavanje i otezavanje povratka
prognanih

Doktorka Rada Trajkovic, bivsi sef Poslanicke
grupe Srba u Kosovskom parlamentu
u intervjuu objavljenom u listi "Identitet"
od 16.01.2003 godine. - tekst "Covic hteo da
me uhapsi" u kome iznosi niz optuzbi na racun
sefa koordinacionog centra za KiM u
ciju istinitost autor ovog teksta nece da
ulazi, izmedju ostalog kaze da je pogon
"Jumka" u Kosovu Polju na licitaciji. "Bez
posla ce ostati oko 200 srpsku radnika,
sto ce sasvim izvesno imati za posledicu
novi talas iseljavanja" kaze dr. Rada
Trajkovic. Gospodin Covic u odgvoru - tekst
"Neuspela afera" u istom listu
odgovara da Koordinacioni centar nema
informacija da je pogon "Jumka" prodat, jer
ovaj centar niti je konsultovan niti je zaduzen
za izdavanje bilo kakvih dozvola ove vrste.

Ako zanemarimo srpske medjusobne optuzbe,
dr. Rada Trajkovic je sasvim u pravu
da ce privatizacija pogona "Jumka" koji
postoji u Kosovu Polju imati za posledicu
novi talas iseljavanje Srba sa tog prostora
u potrazi za osiguranjem egzistencije i
prezivljavanja u uslovima sve jaceg
psiholoskog pritiska. Kad je rec o odgovoru
gospodina Nebojse Covica, tacno je da
Koordinacioni centar nema informacija da je
pogon "Jumka" prodat jer je bio na licitaciji,
a takodje je tacno i to da Koordinacioni
centar nije zaduzen za izdavanje bilo kakvih
dozvola te vrste. Osim pogona "Jumka",
na licitaciji je, izmedju ostalih privrednih
objekata, i dobro razradjen i opremljen
hotel na Brezovici. U sklopu svojih predizbornih
aktivnosti ovaj slucaj, a u vezi sa
iseljavanjem Srba sa prostora Brezovice i
Strpca ako on bude prodat Siptaru, pominjao
je gospodin Velimir Ilic, jedan od lidera
vladajuce koalicije u Srbiji, DOS-a.

Sve ukupno, ovo pokazuje da nadlezni drzavni
organi nisu uspeli da definisu pojavu
privatizacije i njene nematerijalne posledice,
kao i da je komunikacija izmedju
nadleznih drzavnih organa koji se sve ukupno
bave pitanjima vezanim za KiM na
izuzetno niskom nivou. Zato je zbog posledica
koje privatizacija na KiM moze da
donese a koje su vezane za dalji opstanak
Srba i njihov povratak na ovaj prostor cak
i da u najgorem slucaju UNMIK-ov koncept
privatizacije ostane ovakav kakv jeste,
investitori iz Srbije po svaku cenu u ime
nacionalnih interesa moraju biti animirani
od stane vlade Srbije da u toj privatizaciji
ucestvuju. Osim toga i vlada Srbije treba
da se pojavi kao kupac pojedinih vaznih firmi,
jer je to najbolji put povratka Srba na
KiM koji bi u tim firmama mogli da se
zaposle i na taj nacin obezbedjuju svoju
egzistenciju, jer je potpuno iluzorno
ocekivati da se Siptari koji budu postali vlasnici
firmi u njih zaposljavati Srbe.

Zakljucak

Ukoliko bi se ovakav jedan diskriminatoriski
projekt privatizacije koji nista ne
uvazava a omogucava Siptarima da prljavim
novcem otkupe sva preduzeca realizovao, on bi
na direktan nacin dezavuisao i obesmislio
sve price i resenja UN-a i UNMIK-a o
povratku Srba, ljudskim pravima, pravu na
egzistenciju i prosperitet. To bi bio jos
jedan element koji bi doprineo da prica o
multieticnom dustvu ostane samo mrtvo slovo na
papiru. Uz to, postoje velike sanse da
otplata kosmetskog duga inopoveriocima
padne na teret Srbije a firme iz Srbije
budu ostecene za milionske iznose.
Privatizacija u kojoj ce Siptari postati
vlasnici frimi, gde ni u jednoj firmi nece biti
vlasnik Srbin, direktno ce uticati na dalje
iseljavanje Srba sa KiM i bice jedan od elemenata
koji ce onemogucavati njihov povratak.

Sve cinjenice govore bi nam ovakvim projektom
privatizacije bila naneta orgomna
drzavna i nacionalna steta, zato drzava
Srbija po svaku cenu mora da zaustavi njegovu
realizaciju ili bar utice na to da se pojedini
delovi ovog koncepta koji mogu da prouzrokuju
direktnu stetu izmene. Takodje vlada Srbije
cak i da koncept privatizacije ostane takav
kakv jeste mora da uzme ucesceu njemu, ali i
u animiranju privrednika da u njemu ucestvuje
u ime buducnosti Srba na prostoru KiM.

Za sve to imamo jos izuzetno malo vremena i
prostora a ono sto izaziva dodatnu
zabrinutost jesu trenutna desavanja u
koaliciji "Povratak", sukobi na
relaciji pojedini poslanici te koalicije
Koordinacioni centar za KiM, pitanjem
privatizacije na KiM se ne bavi ni jedna
Skupstina, u medijima privatizaciju
na KiM niko vise i ne pominje...

I na kraju autor ovog teksta koji po
svojoj sustini predstavlja sintezu radova
razlicitih eksperata koji su drustvenu
pojavu privatizacije preduzeca na KiM,
razmatrali svako sa svog aspekta, i procenu
posledica koje tako realizovna privatizacija
moze da ima, bi bio najsretniji ako se
njegove procene nikad ne bi obistinile.


14. januar 2003. godine